Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2024, n. 40160 - Ribaltamento della piattaforma di lavoro elevabile noleggiata a caldo: plurime e gravi violazioni delle prescrizioni di uso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella - Relatore
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a P il (Omissis)
B.B. nato a P il (Omissis)
C.C. nato a P il (Omissis)
avverso la sentenza del 04/11/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LIDIA GIORGIO che ha richiamato i contenuti della memoria scritta e ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore È presente l'avvocato SABBIA FILIPPO del foro di PALERMO in difesa della parte civile D.D. che si riporta alle conclusioni scritte e nota spese che deposita.
È presente l'avvocato RUSSO ALESSANDRO del foro di ROMA in sostituzione ex art. 102 c.p.p., per delega orale, dell'avvocato AGLIERI RINELLA CRISTINA del foro di TERMINI IMERESE in difesa delle parti civili E.E., F.F., G.G., H.H. che conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata; si riporta alle conclusioni scritte e nota spese che deposita.
È presente l'avvocato DI CESARE J.J. del foro di PALERMO in difesa di C.C. il quale si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'annullamento della sentenza.
È presente l'avvocato BONSIGNORE RAFFAELE del foro di PALERMO in difesa di B.B. il quale conclude per l'annullamento della sentenza.
È presente l'avvocato SANSEVERINO ENRICO del foro di PALERMO in difesa di A.A. il quale insiste nell'accoglimento dei motivi di ricorso.
Fatto
1. La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Palermo del 1.07.2019, pronunciata a seguito di rito abbreviato, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A., B.B. e C.C. in ordine alle contravvenzioni loro ascritte, in quanto le medesime estinte per intervenuta prescrizione e ha rideterminato la pena, con riferimento al reato di omicidio colposo di cui al capo 1, in un anno e mesi quattro di reclusione nei confronti di C.C. e in mesi dieci e giorni venti di reclusione nei confronti di A.A. e B.B. Ha confermato le statuizioni civili.
1.1. Nella ricostruzione in fatto descritta nella sentenza di primo grado si dà atto che in data 10.06.2015 fu stipulato dal condominio di Via (Omissis) a P un appalto a L.M. Costruzioni di A.A. per i lavori di manutenzione ordinaria di rimozione di intonaci pericolanti, trattamento e copertura di armature con sarcitura di eventuali lesioni superficiali, ripristino degli intonaci rimossi dell'edificio condominiale.
Il 13 giugno l'appaltatrice concludeva un contratto di nolo a caldo di una piattaforma di lavoro elevabile con K.K. Group Srl, con manovratore C.C.
Il 19 giugno 2015 intorno alle 7,45 I.I., dipendente della LM Costruzioni, perdeva la vita a seguito del ribaltamento da un'altezza di 24 metri della piattaforma di lavoro elevabile, su cui era intento a lavorare. Il P.L.E. è un carro cingolato munito di braccio articolato telescopico alla cui estremità vi è un cestello per lo spostamento in quota di non più di due persone con un peso massimo di 200 kg.
La causa dell'incidente è stata ricostruita dai giudici di merito nel seguente modo (fai 9 ess sentenza di primo grado, 14 e ss sentenza impugnata):il ribaltamento della piattaforma è avvenuto per il superamento delle condizioni di stabilità perché il momento ribaltante ha superato il valore del momento stabilizzante del mezzo in ragione dei pesi e dell'eccessivo sbraccio trasversale della piattaforma in relazione alla posizione del cestello e al carico presente sullo stesso. È pur vero che il sistema di sicurezza limitatore di momento non ha funzionato ma ciò secondo i "periti può essere imputato o ad un'anomalia del sistema momentanea o a un ritardo della risposta del sistema di sicurezza in considerazione della posizione raggiunta dal cestello borderline per l'esecuzione dei lavori". È stata individuata come causa che ha determinato il ribaltamento la posizione in cui si trovava il cestello, vale a dire a più di dieci metri (distanza tra il centro del cestello e l'asse longitudinale del carro tra i 10,30 metri e gli 11,05 metri fol 11) e quindi ad una distanza superiore allo sbraccio laterale massimo consentito con quel carico e quella posizione degli stabilizzatori. Si è ricostruito infatti che il cestello al momento del ribaltamento si trovava almeno in parte sopra il secondo balcone a destra e infatti su tale balcone ha trovato rifugio il lavoratore che è saltato dal cestello, J.J. (cfr. indagini di PG del 19.06.2015 (fol 11).
2. Agli imputati, veniva contestato il reato di cui agli artt. 113,40 comma 2,589 comma 2 cod. pen. 2087 cc perché, nelle rispettive qualità, cariche, ruoli e mansioni e con le condotte qui di seguito specificati per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e nella violazione delle seguenti disposizioni specifiche antinfortunistiche causavano la morte di I.I.:
C.C. quale manovratore della P.L.E non svolgeva le prove preliminari previste dal Manuale di uso e manutenzione per accertare il corretto funzionamento del sistema di sicurezza del limitatore automatico di momento; posizionava il P.L.E lateralmente e non frontalmente rispetto al prospetto principale dell'edificio che avrebbe consentito di avere il mezzo il più vicino al punto di intervento (pag 16 punto 15 manuale di uso) e quindi faceva raggiungere al P.L.E uno sbraccio superiore ai 10 metri maggiore, come da schema del manuale di uso pag 12, al rapporto tra apertura degli stabilizzatori e il peso caricato e ai movimenti dei lavoratori; manovrava il PLE da terra anziché dal cesto in violazione della prescrizione a pag 16 punto 14 e quindi non poteva verificare le spie di pericolo poste nel pannello di comando del cesto;
A.A. titolare della ditta individuale LM Costruzioni appaltatrice dei lavori non teneva conto dei rischi derivanti dalle modalità di impiego del PLE né verificava le condizioni di sicurezza dei lavori, non provvedeva a fornire a I.I. una formazione sufficiente in materia di rischi specifici derivanti dall'uso della PLE non impediva comunque di salire e lavorare sul cesto nonostante la violazione delle regole cautelari da parte di C.C.;
B.B. legale rappresentante della K.K. Group Srl che aveva concesso il nolo a caldo della PLE e l'utilizzo del manovratore non valutava i rischi specifici del lavoro e non indicava nel piano di sicurezza modalità operative di conduzione della piattaforma, prove giornaliere del sistema di sicurezza, la presenza di un operatore a terra per le manovre di emergenza; misure necessarie perché il manovratore utilizzasse la PLE in conformità delle prescrizioni del manuale di uso e manutenzione e non addestrava specificatamente il C.C. sull'utilizzo e sui rischi specifici ed ometteva di affidare l'utilizzo a due manovratori di cui uno sul cestello e l'altro da terra.
Fatto aggravato perché commesso in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sopra specificate.
Infortunio accaduto in Palermo il 19.06.2015.
3. I ricorsi
3.1. Ha proposto ricorso A.A. tramite l'Avv Enrico Sanseverino, deducendo i seguenti motivi:
- violazione di legge e vizio di motivazione. Lamenta che la Corte di appello, dopo aver riportato alcuni passi della sentenza impugnata di cui a pag 23, 28, 29, 39, 40 e sebbene sia stata accolta l'istanza degli appellanti di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e la richiesta di riesaminare i periti dopo l'esperimento condotto dal consulente della difesa, ha violato il principio secondo cui la condanna deve affermarsi solo quando risulti la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, mentre nel caso di specie in assenza di dati certi in ordine alla posizione del cestello al momento del ribaltamento della piattaforma risultanti dalla perizia e dalle consulenze tecniche la Corte di appello si è arrogata il ruolo di peritus peritorum, concetto ormai abbandonato dalla giurisprudenza della Corte di legittimità.
Lamenta vizio di motivazione con riferimento alla censura effettuata dai Giudici di merito della relazione peritale che non avrebbero tenuto conto delle immagini fotografiche e delle evidenti dichiarazioni contrastanti esistenti con riferimento ai testimoni oculari presenti.
Deduce che dalla elazione tecnica peritale e da quella del consulente del PM risulta che non è possibile affermare in termini di certezza la posizione del cestello al momento del ribaltamento. Inoltre lamenta che la Corte ha disatteso con un personalissimo giudizio gli esiti dell'esperimento giudiziale effettuato dal consulente tecnico della difesa successivamente alla pronuncia del Tribunale con una piattaforma identica a quella oggetto di ribaltamento da cui era derivata la conclusione di un difetto di fabbricazione e progettazione della piattaforma che non attivava il limitatore di momento in certe condizioni date.
3.2. B.B. e C.C., difesi rispettivamente dall'avv. Raffaele Bonsignore e dall'Avv. Giuseppe Di Cesare, hanno dedotto con distinti ricorsi i seguenti motivi sostanzialmente sovrapponibili:
- violazione di legge e vizio di motivazione con particolare riferimento al fatto che in assenza di elementi certi per valutare la posizione del cestello al momento del ribaltamento della piattaforma come affermato nella perizia e nella consulenza del Pm, la Corte si è arrogato il ruolo di peritus peritorum e ha fornito una propria ricostruzione dell'incidente, disancorata dalle conclusioni tecniche dei consulenti. Le dichiarazioni degli unici testi oculari C.C. coimputato di B.B. e manovratore e di J.J. operaio e fratello di altro imputato A.A. sono tra di loro contrastanti in specie il C.C. ha sempre riferito di aver posizionato il cestello all'altezza del primo balcone; A.A. dapprima ha confermato la versione di C.C. poi ha affermato che il cestello sarebbe stato posizionato all'altezza del secondo balcone.
La Corte non ha valutato come concausa del ribaltamento il comportamento anomalo non prevedibile dell'operaio J.J. che è saltato dal cestello per salvarsi né il mancato funzionamento del limitatore di momento, elementi che possono configurarsi come cause da sole sufficienti ad interrompere il nesso di causa e a cagionare l'evento.
Infine la Corte di appello anziché prendere atto dell'unanime giudizio tecnico specialistico condiviso dai periti e consulenti secondo cui il mezzo PLE aveva un difetto di fabbricazione da imputare al tardivo intervento del limitatore del momento ha concluso erratamente che il denunciato difetto è privo di rilievo giuridico in quanto il PLE non avrebbe dovuto essere utilizzato nelle condizioni in cui fu posto il 19.06.2015 in quanto erano abnormi rispetto a quelle di uso indicate dal fabbricante.
- Lamentano che il trattamento sanzionatorio irrogato è eccessivo e non motivato pur discostandosi dai minimi edittali.
4. Il Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.
Diritto
1. I ricorsi sono infondati.
2. Giova ricordare che questa Suprema Corte ha chiarito che il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (tra le altre Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181). Deve poi considerarsi che la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non è consentito alle parti dedurre censure che riguardano la selezione delle prove effettuata da parte del giudice di merito. A tale approdo, si perviene considerando che, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955). Come già sopra si è considerato, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, l'art. 606 cod. proc. pen. non consente alla Corte di Cassazione una diversa "lettura" dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. E questa interpretazione non risulta superata in ragione delle modifiche apportate all'art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen. ad opera della Legge n. 46 del 2006; ciò in quanto la selezione delle prove resta attribuita in via esclusiva al giudice del merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori, quale conseguenza dei limiti posti all'ambito di cognizione della Corte di Cassazione. Ebbene, si deve in questa sede ribadire l'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per condivise ragioni, in base al quale si è rilevato che nessuna prova, in realtà, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui è inserita; che occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile; che il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito e che il giudice di legittimità non può ad esso sostituirsi sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione (Sez. 5, Sentenza n. 16959 del 12/04/2006, Rv. 233464).
2.1. Delineato nei superiori termini l'orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che i ricorrenti invocano, in realtà, con motivi sostanzialmente sovrapponibili, una riconsiderazione alternativa del compendio probatorio, con riguardo alla ricostruzione della dinamica del fatto ed alla affermazione di penale responsabilità alla luce di un preteso travisamento della prova. Giova ricordare che il vizio di travisamento della prova, nel caso in cui i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, può essere dedotto solo nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli, Rv. 258432) ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forme di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della persistente infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine).
2.2. Quanto poi alla ravvisabilità della c.d. causalità della colpa in relazione all'addebito si ribadisce che è necessario accertare se la violazione delle regole cautelari riscontrate abbia o meno cagionato l'evento. L'intera struttura del reato colposo si fonda su questo specifico rapporto tra inosservanza della regola cautelare di condotta ed evento, che viene designato con l'espressione "causalità della colpa". Questo concetto, come è noto, si fonda normativamente sul dettato dell'art. 43 cod. pen., a tenore del quale è necessario che l'evento si verifichi "a causa" di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero "per" inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La causa dell'evento è sempre la condotta materiale, la quale però, nei reati colposi, deve essere caratterizzata dalla violazione del dovere di diligenza. Questo quindi il significato da attribuirsi alla norma in esame: nel richiedere che l'evento si verifichi "a causa " di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi e via dicendo, essa esige, ai fini del rimprovero a titolo - di colpa, la materializzazione del profilo di colpa nell'evento concretamente verificatosi. La verifica se quella specifica violazione della regola cautelare abbia o meno cagionato l'evento (causalità della colpa), in sostanza, non è altro che un giudizio controfattuale compiuto in relazione alla violazione della regola di cautela. Come è stato chiarito dalle Sezioni unite, il giudizio controfattuale va compiuto sia nella causalità commissiva che in quella omissiva, ipotizzando nella prima che la condotta sia stata assente e nella seconda che sia stata invece presente e verificando il grado di probabilità che l'evento si producesse ugualmente (Sez. U., 10 luglio 2002, Franzese).
In specie le Sezioni unite, nella sentenza Franzese, hanno che lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del "condizionale controfattuale" e che il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, comporta l'esito assolutorio del giudizio. Il rimprovero colposo riguarda infatti la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l'osservanza delle norme cautelari violate (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhan).
Il profilo soggettivo e personale della colpa viene generalmente individuato nella possibilità soggettiva dell'agente di rispettare la regola cautelare, ossia nella concreta possibilità di pretendere l'osservanza della regola stessa: in poche parole, nell'esigibilità del comportamento dovuto. Si tratta di un aspetto che può essere collocato nell'ambito della colpevolezza, in quanto esprime il rimprovero personale rivolto all'agente. Si tratta di un profilo della responsabilità colposa cui la riflessione giuridica più recente ha dedicato molta attenzione, nel tentativo di personalizzare il rimprovero dell'agente attraverso l'introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell'oggettiva violazione di norme cautelari ma anche della concreta possibilità dell'agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali e la situazione di fatto in cui ha operato (ex plurimis Sez. 4, n. 12478 del 19-20.11.2015, P.G. in proc. Barberi ed altri, Rv. 267811 - 267815, in motivazione; Sez. 4, 3-11-2016, Bordogna).
2.3. A tal proposito e questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez. 4 n. 46849 del 3.11.2011 Rv 252149; Sez. 4 n. 8593 del 22.01.2008 Rv. 238936).
E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen (Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 Rv 263733-01; sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 Rv 254368-01; sez. 4 n. 1194 del 15.11.2013 Rv 258232).
La identificazione dell'area di rischio e dei soggetti deputati alla sua gestione serve ad arginare la potenziale espansività della causalità condizionalistica, consentendo di imputare il fatto solo a coloro che erano chiamati a gestire il rischio concretizzatosi.
2.4. Vale anche l'ulteriore precisazione, secondo un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che, l'imprenditore, quand'anche frazioni il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali finalizzati ad alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura aziendale, non perde la sua posizione di garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del suo programma lavorativo e produttivo,(così Sez. 4, n. 37588 del 05/06/2007 Ud. (dep. 12/10/2007) Rv. 237771-01 che in applicazione di tale principio ha ritenuto la responsabilità dell'imprenditore che aveva subappaltato i lavori in luoghi esterni all'impresa).
In questa prospettiva, merita di essere ricordato che l'obbligo posto a carico dei titolari delle posizioni di garanzia individuate, da ultimo, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa dei medesimi allorquando non abbiano assicurato tali condizioni, in quanto, al di là dell'obbligo di rispettare le prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l'accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi, in quanto l'obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro si estende anche nei confronti di terzi non dipendenti dall'impresa.
Questa Corte ha più volte ribadito che la fonte dai cui scaturisce l'obbligo giuridico protettivo può essere la legge, il contratto, la precedente attività svolta, o altra fonte obbligante (Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 262440); inoltre, la posizione di garanzia può essere generata non solo da un'investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell'agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015, Rv. 265797).
2.5. Giova ricordare che la Corte di Cassazione, nell'esaminare i rapporti tra la decisione del giudice e le determinazioni derivanti dalla perizia d'ufficio, ha affermato che il giudice ha piena libertà dì apprezzamento delle risultanze della perizia ma che, al contempo, tale libertà è temperata dall'obbligo di motivazione. In presenza di tesi scientifiche contrapposte, l'adesione alle conclusioni del perito d'ufficio può ritenersi adeguatamente motivata ove il giudice ne indichi l'attendibilità, mostrando di non aver ignorato le conclusioni dei consulenti tecnici di parte (Sez. 6, n. 5749 del 09/01/2014, Rv. 25863001; Sez. 1, n. 25183 del 17/02/2009, Rv. 24379101). La Corte di legittimità è, quindi, tenuta a valutare, piuttosto che l'esattezza di una tesi piuttosto che di un'altra, la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, ossia la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto (Sez. 5, n. 6754 del 07/10/2014, dep. 2015, C, Rv. 26272201; Sez. 4, n. 18933 del 27/02/2014, Negroni, Rv. 26213901).
La regola di giudizio introdotta formalmente dall'art. 5 legge 6 febbraio 2006, n. 46, mediante la sostituzione del comma 1 dell'art. 533 cod. proc. pen., impone, per altro verso, al giudice di procedere ad un completo esame degli elementi di prova rilevanti e di argomentare adeguatamente circa le opzioni valutative della prova, giustificando, con percorsi razionali idonei, che non residuino dubbi in ordine alla responsabilità dell'imputato. Si è, infatti, affermato (Sez. 2, n. 7035 del 9/11/2012, dep. 2013, De Bartolomei, Rv. 25402501) che "la previsione normativa della regola di giudizio dell'aldilà di ogni ragionevole dubbio, che trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova, ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell'imputato" (Sez. 2, n. 7035 del 09/11/2012, dep. 2013, De Bartolomei, Rv. 25402501; Sez. 1, n. 20371 del 11/05/2006, Ganci, Rv. 23411101; Sez. 2, n. 19575 del 21/04/2006, Serino, Rv. 23378501).
In tema di valutazione della prova, atteso il principio della libertà di convincimento del giudice e della insussistenza di un regime di prova legale, il presupposto della decisione è costituito dalla motivazione che la giustifica. Ne consegue che il giudice può scegliere, tra le varie tesi prospettate dai periti e dai consulenti di parte, quella che maggiormente ritiene condivisibile, purché illustri le ragioni della scelta operata (anche per rapporto alle altre prospettazioni che ha ritenuto di disattendere) in modo accurato attraverso un percorso logico congruo che il giudice di legittimità non può sindacare nel merito.
In tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato, l'apprezzamento - positivo o negativo - dell'elaborato peritale e delle relative conclusioni da parte del giudice di merito (Sez. 4 -, n. 37785 del 11/12/2020 Rv. 280165-01 Sez. 1, n. 46432 del 19/04/2017 Ud. (dep. 09/10/2017) Rv. 271924-01).
2.6. Il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., legittima il ricorso per cassazione implica che il ricorrente dimostri che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corretti sul terreno della razionalità. Ne consegue che, una volta che il giudice, come nel caso di specie, abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U. 27-9-1995, Mannino, Rv. 202903). La verifica che la Corte di cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e correttezza della motivazione di una sentenza non può infatti essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sulla rilevanza e sull'attendibilità delle fonti di prova, giacché esso è attribuito al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano della razionalità, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità, una volta accertato che, come nel caso in disamina, il processo formativo del libero convincimento del giudice non abbia subito il condizionamento derivante da una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un'imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez. U. , Rv. 203767 del 25-11-1995, Facchini). Dedurre, infatti, vizio di motivazione della sentenza significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già opporre alla ponderata ed argomentata valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, anche se non irragionevole (Sez. U. 19-6-1996, Di Francesco, Rv 205621).
3. Nel caso di specie vi è stata una corposa indagine istruttoria dibattimentale, anche in sede di giudizio di appello e la Corte territoriale ha basato le logiche e coerenti argomentazioni su dati testimoniali, documentali, sui dati obiettivi acquisiti nel luogo e nell'immediatezza dell'incidente e sugli esiti degli accertamenti tecnici peritali.
La Corte territoriale ha articolato, con dovizia di argomenti fattuali e logico-giuridici, una diffusa ricostruzione degli accadimenti, ricavata anche dalla dettagliata analisi del giudice di primo grado, individuando puntuali addebiti di carattere omissivo collegati causalmente all'evento infortunio, e ha effettuato per ciascuna posizione il giudizio controfattuale giungendo alla logica e argomentata conclusione che se gli imputati avessero, ciascuno nelle rispettive qualità, rispettato le prescrizioni di legge e contrattuali l'evento sarebbe stato evitato.
3.1. Va altresì evidenziato che il primo giudice aveva già compiutamente affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa, seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell'esame della posizione dei ricorrenti; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale a fol 14 e ss, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice. In particolare che secondo il manuale d'uso, le cui prescrizioni non sono state messe in discussione dalle parti, l'azionamento del P.L.E avviene tramite il pannello di comando presente all'interno del cestello ovvero da terra con radiocomando esclusivamente da operatore qualificato. Il giorno dell'infortunio il manovratore decise di posizionare gli stabilizzatori nella posizione 1 cioè quella che garantiva il minore ingombro trasversale sulla via (Omissis) ed era altresì quella che garantiva la minore stabilità del mezzo e quindi il minor sbraccio laterale o trasversale; il C.C. fece una prova a vuoto del mezzo senza carico poi salivano nel cestello imbracandosi i due operaio J.J. e I.I. con all'interno gli utensili mentre il manovratore rimaneva a terra e operava con telecomando innalzando il cestello fino al sesto piano lato sinistro del prospetto in prossimità del terrazzo di copertura dell'edificio; iniziarono a lavorare sotto il cornicione; ad un certo punto dopo pochi minuti J.J. mentre picconava con la martellina l'intonaco della parte inferiore del cornicione sentiva un vuoto sotto di lui e udiva grida provenire dal basso da parte del fratello A.A. e quindi rendendosi conto che il braccio si stava piegando si lanciava nel secondo balcone del sesto piano dell'edificio mentre I.I. precipitava da un'altezza di 24 metri a causa del ribaltamento del mezzo perdendo la vita. Il pannello di comando nel cestello è dotato di due spie quella di segnalazione del sovraccarico e quella di segnalazione limitatore di sbraccio non presenti nel radio comando. L'uso del radiocomando che è avvenuto nel caso di specie da parte del manovratore a terra impedisce il funzionamento del pannello di comando nel cestello. Il Giudice di primo grado ha affermato che il ribaltamento della piattaforma è avvenuto con certezza per il superamento delle condizioni di stabilità della stessa in particolare perché il momento ribaltante ha superato il valore del momento stabilizzante del mezzo in ragione dei pesi in gioco e dell'eccessivo sbraccio trasversale della piattaforma in relazione alla posizione del cestello e al carico presente sullo stesso. Il giudice di primo grado aveva evidenziato sul punto le conclusioni dei periti di ufficio che avevano rilevato che lo sbraccio laterale massimo in tale posizione 1 degli stabilizzatori e con il carico di 200 kg non doveva superare 10 mt (fol 18 sentenza impugnata) e ha individuato la posizione del cestello sulla base delle dichiarazione dei testi e dei rilievi nella immediatezza dei fatti ad una distanza superiore a 10 metri pari a 10,30 metri ove si fosse trovato tra i due balconi del sesto piano o pari a 11,05 metri ove si fosse trovato in prossimità del secondo balcone dove ha poi trovato rifugio J.J.
La Corte territoriale nella sentenza impugnata non ha mancato di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni degli imputati appellanti (fol 20 ess) anche alla luce degli ulteriori accertamenti istruttori richiesti dalla difesa ed effettuati in appello: è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ("ex plurimis", Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 - Rv. 197497).
3.2. Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo.
La Corte distrettuale, infatti, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell'infortunio, posizioni di garanzia, nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, comportamento della parte lesa) ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità degli odierni ricorrenti; ha puntualmente ragguagliato il giudizio di fondatezza dell'accusa al compendio probatorio acquisito, a fronte del quale non possono trovare spazio le deduzioni difensive, per lo più finalizzate a sollecitare una lettura del materiale probatorio diversa e volte ad accreditare un' alternativa ricostruzione dei fatti, mediante prospettazioni che risultano formulate in difetto di correlazione con i contenuti della decisione impugnata e si risolvono in mere critiche discorsive a quest'ultima.
3.3. Alcune considerazioni, utili per la ricostruzione dei fatti e la dinamica dell'infortunio, giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso che sostanzialmente sono sovrapponibili.
La Corte di appello a fol 20 21 e ss ha valutato intrinsecamente ed estrinsecamente l'attendibilità delle dichiarazioni del teste J.J. ritenute coerenti logiche e aderenti ai dati obiettivi acquisiti nel luogo dell'incidente nell'immediatezza del fatto e ai rilievi fotografici oltre che alle dichiarazioni del teste L.L., condomino dello stabile il cui appartamento è ubicato al sesto piano e sul cui balcone si buttò il A.A. per salvarsi, facendo un salto dal cestello dove stava lavorando insieme all'operaio che ha perso la vita, allorché percepì che la piattaforma si stava ribaltando.
Ha argomentato e non disatteso le valutazioni dei periti circa la posizione del cestello al momento del ribaltamento in quanto ha corroborato i risultati peritali degli ulteriori elementi fattuali acquisiti agli atti e a disposizione del giudice.
Ha valutato l'esperimento giudiziale fatto eseguire dopo la sentenza di primo grado dal CT della difesa secondo il quale il dispositivo di sicurezza denominato limitatore di momento non aveva funzionato per un difetto di progettazione e i risultati di analogo esperimento effettuato dai consulenti del Procuratore Generale che però hanno posizionato gli stabilizzatori in posizione diversa e superiore alla posizione che gli stabilizzatori avevano al momento dell'incidente e che quindi non ha fornito elementi utili alla ricostruzione delle cause dell'incidente medesimo (fol 24).
3.4. La Corte con giudizio insindacabile logico e argomentato ha evidenziato che, seppure il ribaltamento del mezzo è indice che il limitatore di momento non è intervenuto correttamente per un anomalia momentanea del sistema o per un ritardo di risposta del sistema alle mutate condizioni di stabilità della piattaforma dovute ad una serie di concause che insieme alla posizione borderline raggiunta dal cestello per l'esecuzione dei lavori hanno prodotto ritardo della risposta di sicurezza (così come evidenziato dai periti), occorre tener conto che le prescrizioni fornite dalla casa costruttrice in ordine al posizionamento della PLE, alla prova di sfilo dei bracci con cestello carico e alla corretta area di lavoro, tutte rivolte a prevenire il rischio di ribaltamento mentre gli operai lavoravano in quota all'interno del cestello sono state disattese.
Così come sono state disattese le altre prescrizioni, pure contestate nei capi d'accusa, contenute nel manuale di uso e costituenti le operazioni preliminari rivolte a garantire il corretto e stabile posizionamento in relazione alla concreta situazione di lavoro, in quanto maggiore è l'area che costituisce la base, maggiore è la stabilità dei bracci telescopici alla cui sommità è fissato il cestello(fol 123 manuale di uso).La posizione 1 come rilevato da tutti i tecnici era quella che determinava la minore ampiezza della base di appoggio del carro per effetto della minore estensione e quindi del minor ingombro a terra; in tale condizioni la stabilità era garantita dallo sbraccio massimo di m 10;. inoltre doveva essere garantita la posizione del manovratore, cioè del C.C., non da terra ma dal cestello; il posizionamento laterale e non frontale rispetto al prospetto principale dell'edificio, mentre in concreto vi fu il raggiungimento da parte della PLE di uno sbraccio laterale superiore a 10 metri, eccessivo rispetto all'apertura degli stabilizzatori che si trovavano in posizione 1 e al peso caricato costituito da due operai e le attrezzature (fol 26), che ha determinato il ribaltamento.
La Corte territoriale ha evidenziato come i periti hanno rilevato che la posizione di operatività in sicurezza era da collocarsi a metà del primo balcone e che la proiezione ortogonale del braccio sarebbe stata di 8 metri e che in tali condizioni il limitatore sarebbe entrato in funzione e che la piattaforma non poteva operare con uno sbraccio superiore a 10 metri (fol 7 trascrizione dell'8.11.2018, fol 29 sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha individuato la posizione in cui stava operando il PLE al momento del ribaltamento argomentando dai dati oggettivi acquisiti dalla PG, dai tecnici SpreSAI, dagli agenti della polizia scientifica nel sopralluogo effettuato nell'immediatezza dei fatti, oltre che dai rilievi fotografici da cui risulta che la PLE era posizionata nella strada laterale esistente a sinistra dello stabile e aderente al muretto perimetrale sinistro, il cornicione e la parte sottostante era la zona dell'edificio che doveva essere ristrutturata per prima, applicando cemento alle parti ammalorate; nel balcone del sesto piano infatti furono rinvenute 4 monete, il ballatoio era coperto di polvere di cemento e sassi, la ringhiera imbrattata di schizzi di cemento, il tetto era privo di intonaco, il bordo del balcone del sesto piano presentava chiazze scure identificabili in cazzuolate di cemento fresco (fol 29). Sono stati repertati gli arnesi che erano nel cesto e gli elementi fattuali acquisiti nell'immediatezza del fatto dalle indagini di polizia giudiziaria hanno consentito di affermare oltre ogni ragionevole dubbio che il ribaltamento era avvenuto intorno alle 7,45 del 19.06.2015 quando I.I. e A.A. si erano legati al parapetto del cestello con casco e scarpe e nel cestello avevano la caldarella con l'impasto cementizio, un martelletto e due cazzuole vuote; i due operai avevano iniziato il lavoro dal cornicione del tetto del balcone dell'appartamento del sesto piano posto a destra della facciata nel punto più lontano dal centro della ralla del carro cingolato della PLE.
La Corte territoriale dopo aver ripercorso le dichiarazioni testimoniali alla luce dei reperti fotografici in atti ha affermato che il defunto I.I. e J.J. prima dell'incidente stessero lavorando al tetto del secondo balcone del sesto piano e alla porzione di cornicione corrispondente della facciata; secondo le misurazioni dei tecnici di Spre SAL e hanno determinato in m 10,85 la misura dello sbraccio al momento in cui avvenne il ribaltamento mentre la casa costruttrice, così come i periti, aveva individuato in metri 10 l'estensione dello sbraccio massima con gli stabilizzatori in posizione 1: il cestello quindi era in una posizione superiore a quella prevista dal manuale di uso e tale posizione era stata decisa dal manovratore C.C. che scelse di utilizzare il PLE adottando gli stabilizzatori con il minor ingombro stradale al suolo e però con la minore stabilità (fol 36) così come anche evidenziato dai periti. Argomenta la Corte che nei grafici allegati alla relazione peritale i periti hanno indicato quale fosse l'area in cui la PLE poteva operare in sicurezza con uno sbraccio non superiore a 8 metri che avrebbe consentito di raggiungere la meta del primo balcone di sinistra; mentre il cestello al momento dell'incidente ha operato all'interno dell'area del secondo balcone come risulta dai rilievi fotografici e dal sopralluogo della polizia scientifica fol 37.
Le plurime e gravi violazioni delle prescrizioni di uso della PLE in particolare l'ampiezza dello sbraccio in relazione alla posizione degli stabilizzatori e alla posizione di comando del manovratore nel cestello sono le cause principali e determinati dell'evento infortunio mortale verificatosi (fol 38).
Argomenta la Corte territoriale in modo esauriente logico e coerente che la temporanea anomalia del limitatore di momento o l'inerzia della risposta sono dati privi di rilievo causale in quanto il 19.06.2015 la piattaforma fu utilizzata con gravi violazioni cogenti delle prescrizioni di uso dettate dalla casa costruttrice ed in condizioni talmente di rischio che la caduta era inevitabile; nel manuale di uso infatti era indicato esplicitamente che le prescrizioni dovevano essere integralmente osservate, declinando altrimenti il fabbricante qualsiasi responsabilità (fol 39); né alcuna efficienza causale può aver avuto il salto del J.J. che trovò rifugio nel secondo balcone del sesto piano e che si salvò così la vita.
3.5. Parimenti infondato il motivo attinente al trattamento sanzionatorio.
È appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua" vedi Sez. 4, del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298).
Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie, in quanto la Corte territoriale ha puntualmente argomentato il superamento del minimo edittale in relazione alla gravità delle omissioni e al mancato rispetto delle prescrizioni di sicurezza per C.C. a fol 13 e ha ridotto la pena base nei confronti di B.B., datore di lavoro del C.C., fissandola in anni due di reclusione in relazioni alla gravità dell'omesso controllo del manovratore C.C. suo dipendente (fol 14)
4.AI rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili così come indicato nel dispositivo.
Va disposto ai sensi dell'art. 52 comma 5 D.Lgs. 169 del 2003 l'oscuramento delle generalità e dei dati identificativi da cui possa desumersi la identità dei figli minori della vittima dell'infortunio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili così liquidate; euro 5.700,00 oltre accessori come per legge in favore di F.F., E.E., G.G. e H.H.; Euro 5.700,00 oltre accessori come per legge in favore di D.D. anche in nome e per conto dei minori E.E., M.M. e N.N.
Così deciso il 23 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2024.