Cassazione Penale, Sez. 4, 08 novembre 2024, n. 41172 - Crollo della parete e decesso del lavoratore. Responsabile del datore di lavoro della impresa esecutrice dei lavori
- Contratti d'appalto, d'opera e di somministrazione
- Piano operativo di sicurezza
- Rischio da Interferenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a P il (omissis);
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, LIDIA GIORGIO, che si è riportata alla memoria scritta e ha concluso per il rigetto del ricorso.
È presente l'avvocato SALVATORI FRANCESCA del foro di ROMA in difesa della parte civile INAIL ENTE GENERICO che si riporta alla memoria in atti e alle conclusioni scritte e nota spese che deposita.
È presente l'avvocato CHINNICI ROCCO del foro di PALERMO in difesa di A.A. il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'Appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa l'08/02/2021 dal Tribunale di Termini Imerese e con la quale A.A., nella qualità di amministratore unico dell'Impresa "Costruzioni Edili B.B. soc. Coop" e perciò nelle veste di datore di lavoro, era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di C.C., commesso in P (PA) il 7 novembre 2013, con contestuale condanna al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile INAIL, da liquidarsi in separato giudizio.
Con la stessa sentenza è stata confermata anche la condanna di D.D. nella qualità di amministratore unico della Ecology E Trasporti Soc. Coop in ordine allo stesso reato, mentre in riforma della sentenza di primo grado, è stato assolto E.E., originariamente imputato nella qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione.
1.1. Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro ricostruito nelle sentenze di merito, tra di loro conformi quanto alla posizione dell'imputato, nel modo seguente: F.F. aveva affidato i lavori di ristrutturazione edilizia, previa demolizione, di un precedente immobile su un terreno di sua proprietà con contratto di appalto all'Impresa Costruzioni Edili B.B. Soc. Coop. amministrata da A.A., il quale aveva subappaltato i lavori di scavo e trivellazione alla impresa Ecology E Trasporti, amministrata da D.D.; nel corso di detti lavori erano state demolite le due pareti dell'edificio preesistente, privo di copertura, prospicienti alla strada ed era stata lasciata in piedi la parete di confine con un magazzino, poi crollata; detta parete, dopo la demolizione delle altre due e dopo l'esecuzione di lavori di trivellazione e il collocamento di pali di fondazione che ne avevano pregiudicato la stabilità, era stata consolidata unicamente con una rete elettrosaldata, senza tenere conto del fatto che era completamente priva di fondazioni e che il terreno non era compatto ed era ancora umido a causa delle infiltrazioni piovane dei giorni precedenti; il giorno dell'infortunio, nel corso dei lavori di scavo lungo la sua base, la parete, rimasta priva di puntellamenti, era crollata ed aveva investito (oltre allo stesso A.A. cagionandogli lesioni), il dipendente della Costruzioni Edili, C.C., cagionandone il decesso.
1.2. Nei confronti di A.A. sono stati individuati, da parte del giudice di primo grado, quali profili di colpa, la negligenza, l'imprudenza e l'imperizia e l'inosservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in relazione alla mancata predisposizione del POS, all'assenza di ogni verifica sulle condizioni di sicurezza dei lavori affidati in appalto, alla mancanza di coordinamento con l'impresa subappaltatrice, al non avere tenuto conto delle cautele da adottare per la presenza di lavoratori in area di cantiere, alla mancata adozione di ogni misura volta al consolidamento del terreno in prossimità dello scavo che era stato eseguito al di sotto della parete poi crollata anche in ragione delle condizioni del terreno stesso (reso instabile dalle piogge dei giorni precedenti), alla mancata predisposizione delle opere di puntellamento della parete medesima, peraltro risultata priva di opere di fondazione, nonché per non avere adeguatamente valutato il ruolo destabilizzante della vibrazioni propagatesi in cantiere a seguito della realizzazione degli scavi e della modifica dello stato dei luoghi per le piogge dei giorni antecedenti; il tutto in violazione delle specifiche norme del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 indicate nel capo di imputazione.
1.3 La Corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo di appello proposto dalla difesa di A.A. e con il quale era stata chiesta l'assoluzione per non aver commesso il fatto o in quanto il fatto non costituisce reato, sul presupposto che gli eventi lesivi non fossero riconducibili alla condotta dell'esecutore dei lavori, avendo il committente incaricato un direttore dei lavori e un coordinatore per la sicurezza sia per la fase di progettazione e sia per la fase di esecuzione (individuato nel E.E.), soggetto al quale sarebbero state da ascrivere gli eventi in ragione di un'errata progettazione, deducendo altresì che il POS era presente nel cantiere.
Premesso che nessun dubbio sussistesse sulla posizione di garanzia rivestita dall'imputato nei confronti delle persone offesa, la Corte ha rilevato che del tutto infondate dovevano ritenersi le deduzioni inerenti alla mancanza di colpevolezza in ragione della "percepita" funzione di coordinatore nella figura del E.E., nei confronti del quale la Corte d'Appello aveva invece ritenuto che lo stesso avesse solo operato quale direttore dei lavori e progettista delle opere e non anche come coordinatore dei lavori in fase di progettazione e esecuzione ed era, conseguentemente, stato assolto dagli addebiti imputati; ciò in ragione della qualità di datore di lavoro dell'imputato e di destinatario degli obblighi descritti nell'atto di esercizio dell'azione penale.
Ha quindi ritenuto pienamente sussistenti i contestati profili di colpa specifica, in riferimento agli artt. 95, 96, 118, 119, 151 e 159 del D.Lgs. n. 81/2008; ritenendo, specificamente, che la prova della colpevolezza si desumesse dai rilievi fotografici in atti, dalla testimonianza del G.G. e dalle osservazioni del consulente tecnico oltre che dalla comprovata assenza del piano operativo per la sicurezza; evidenziando, in ordine alle argomentazioni della difesa dell'odierno ricorrente, che non sussisteva alcuna figura di coordinatore e che - quand'anche esistente - questa non sarebbe stata comunque idonea a escludere la responsabilità del datore di lavoro, altresì non emergendo alcun errore di progettazione a monte dello scavo, così come doveva ritenersi imputabile ai H.H. il difetto di coordinamento tra le due imprese esecutrici.
La Corte ha altresì ritenuto infondato il motivo inerente alla dosimetria della pena, con specifico riferimento al giudizio di bilanciamento tra la contestata aggravante e le già riconosciute circostanze attenuanti generiche.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., tramite il proprio difensore, formulando due motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo - ai sensi dell'art.606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. - ha dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata in riferimento agli artt. 41 e 589 cod. pen. e all'art. 530 cod. proc. pen.
Il ricorrente ha argomentato che le sentenze di merito avevano ritenuto responsabile il ricorrente per la mancata adozione del POS, che invece era presente in cantiere anche se non rinvenuto e nella disponibilità del direttore dei lavori; trattandosi, quindi, di documentazione sicuramente presente anche se non rinvenuta; ha dedotto che tutti i testi escussi avevano individuato nel E.E. la figura che aveva assunto la qualifica di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, come comprovato dall'istruttoria, atteso che il teste I.I. aveva precisato come ogni indicazione in ordine alla esecuzione dei lavori gli venisse impartita da tale soggetto e come la scelta di predisporre sulla parete crollata la rete elettrosaldata fosse a lui attribuibile; così come pure analoga versione era stata resa dai testi J.J. e K.K.
Ha dedotto che un altro elemento di anomalia era rappresentato dalla nota di credito successiva a fattura - posteriore al verificarsi dell'infortunio - che comprovava l'assunzione di tale incarico.
Ha quindi dedotto che il ricorrente, dunque, non aveva alcuna responsabilità in ordine all'infortunio, essendosi limitato a eseguire i lavori secondo le direttive impartite in loco dal tecnico E.E. e che l'infortunio era stato causato dall'interferenza tra i lavori eseguiti dalle due imprese, su cui avrebbero dovuto vigilare il coordinatore per la sicurezza nonché il coordinatore per la progettazione, a cui carico doveva essere ricondotta la responsabilità per il sinistro verificatosi, attesa anche la mancata sospensione dei lavori al momento del riscontro del mancato rispetto delle regole di sicurezza; ha quindi dedotto il difetto del necessario nesso di causalità tra la condotta del ricorrente e l'evento letale.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto - ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed), cod. proc. pen. - la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 69, 62-bis e 133 cod. pen., in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti e non già equivalenti alla contestata aggravante.
Ha dedotto che la Corte, nel motivare il giudizio di bilanciamento, avrebbe usato mere formule di stile e non avrebbe tenuto conto della giovane età del ricorrente e del fatto che anch'egli era persona offesa, avendo riportato lesioni a seguito del crollo della parete.
3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La parte civile INAIL ha depositato memoria nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità o, comunque, per il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è infondato.
2. Va premesso che, vertendosi - in punto di valutazione di responsabilità dell'odierno ricorrente - in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui "Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
3. Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584; Sez. 6, a n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
Rimangono, quindi, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti ' al merito, che non possono essere stimati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601)).
4. Cosi delineato il perimetro del sindacato di legittimità, il primo motivo è infondato e comunque riproduttivo di censure già proposte di fronte al giudice di secondo grado e da questi smentite con coerente motivazione.
Va premesso che deve ritenersi pacifica e non contestata la ricostruzione dell'infortunio nella sua dinamica, ovvero che la sua causa fosse stata determinata da una non corretta attuazione dei lavori di demolizione e dal mancato raccordo con l'impresa esecutrice degli scavi.
Ciò posto, nel ricorso è stata censurata la individuazione, da parte dei giudici di merito, della responsabilità in capo al datore di lavoro, e non già in capo a colui che - nella prospettazione difensiva - era stato nominato coordinatore per la sicurezza in sede di progettazione e esecuzione.
Le censure del ricorrente, in quanto appunto incentrate sulla valutazione del compendio probatorio operata dalla Corte di Appello, in base alla quale la stessa aveva ritenuto che E.E. avesse operato solo come progettista e direttore dei lavori e non anche come coordinatore, da un lato, sono infondato in quanto non si confrontano con il percorso argomentativo delle sentenze di merito, che hanno fondato il giudizio di responsabilità di A.A. sulla sua qualità di datore di lavoro e, dunque, di titolare di una specifica posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dipendenti.
Già nella sentenza di primo grado era difatti stato osservato (pag. 54 e ss) che A.A., in quanto datore di lavoro della impresa esecutrice, era destinatario dell'obbligo della predisposizione delle misure da prevedere a tutela della sicurezza e della salute dei dipendenti, misure da compendiare nel piano operativo di sicurezza che aveva l'obbligo di predisporre ai sensi dell'articolo 96 del D.Lgs. n. 81 del 2008, che egli aveva omesso di adottare; che egli aveva omesso di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati in appalto e aveva altresì omesso di coordinarsi con l'impresa di D.D. che, nella veste di responsabile della Ecology E Trasporti Soc. Coop., aveva operato in subappalto per realizzazione degli scavi; che aveva omesso di adottare misure volte al consolidamento del terreno in prossimità dello scavo eseguito al di sotto della parete poi crollata; che aveva omesso di predisporre opere di puntellamento della parete risultata priva di opere di fondazione.
In coerenza con la sentenza di primo grado, la Corte territoriale ha quindi ribadito che il ricorrente aveva violato specifici obblighi previsti dalla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e in particolare: non aveva redatto il POS (art. 96 comma 1 lett. g) del D.Lgs. 81/08), atteso che la presenza di tale documento in cantiere era stata sola affermata dall'imputato, ma in realtà non era mai stato rinvenuto; non aveva provveduto a puntellare la parete crollata; non aveva provveduto al coordinamento tra le due imprese, così come sarebbe stato necessario in ragione della compresenza nel cantiere di diversi soggetti, con conseguente necessità di gestione del c.d. rischio interferenziale.
La Corte d'Appello, con adeguata motivazione, ha affrontato i profili oggetto del ricorso, osservando, in primo luogo, che la colpevolezza dell'imputato non poteva ritenersi esclusa o attenuata in virtù della "percepita" funzione di coordinatore dei lavori nella figura del E.E.
In ogni caso, ha osservato la Corte come permanessero in capo al datore di lavoro gli obblighi connessi alla propria posizione di garanzia, la cui violazione era stata causale rispetto all'evento.
La motivazione della Corte di Appello, oltre che coerente con le risultanze istruttorie e non manifestamente illogica, è altresì coerente con la normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e con la relativa elaborazione giurisprudenziale.
In primo luogo, spettava al datore di lavoro la redazione del piano operativo di sicurezza, ovvero il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice dei lavori in campo edile redige per ogni singolo cantiere; si tratta di uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell'attività e, pertanto, deve contenere disposizioni specifiche in relazione alle diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro (Sez. 3, n. 28136 del 13/07/2012, Villa, non massimata).
Il POS difatti rappresenta, nei cantieri edili, il documento di valutazione del rischio e deve contenere, fra l'altro, come previsto nell'allegato XV al D.Lgs. n. 81 del 2008, l'individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel piano di sicurezza e coordinamento quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle lavorazioni.
L'attività in appalto nei cantieri è, invero, connotata da particolari tipologie di rischio dovute alla compresenza o avvicendamento nell'ambito di uno stesso luogo di lavoro di una pluralità di imprese.
La sovrapposizione tra più sfere organizzative e la presenza di più imprese generano rischi che si aggiungono a quelli specifici delle singole lavorazioni ovvero rischi innescati dall'azione congiunta oppure della interferenza di due o più soggetti imprenditoriali, ragione da cui deriva moltiplicazione di debitori di sicurezza: alle figure generali previste dalla disciplina di base (datore di lavoro, dirigente, preposto), il titolo quarto del D.Lgs. n. 81/2008 ne affianca difatti di speciali, ovvero committente, responsabile dei lavori, coordinatore della sicurezza, proprio allo scopo di far fronte ai rischi aggiuntivi.
Deve quindi ritenersi del tutto coerente con la normativa di settore il richiamo da parte della Corte al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in tema di omicidio colposo da infortunio sul lavoro nell'ambito di appalto in cantiere edile, i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, allorquando, anche a fronte di competenze altrui, egli destini gli stessi a mansioni oggettivamente pericolose in ragione del generale contesto in cui esse si svolgono (Sez. 3, n. 23140 del 26/03/2019 Rv. 276755 - 02); ragione per la quale non può attribuirsi alcuna valenza esimente alla dedotta individuazione di un coordinatore in materia di sicurezza e salute, la cui identificazione con il E.E. è stata comunque negata dalla Corte territoriale.
In forza di tale principio, la Corte di appello, correttamente, ha ritenuto che l'eventuale presenza di altri soggetti titolari di posizioni di garanzia non avrebbe escluso la responsabilità del datore di lavoro, in quanto in tema di infortuni sul lavoro, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia (Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252149; Sez. 4 n. 6507 dell'11/01/2018, Caputo, Rv. 272464; Sez. 4, n. 928 del 28/09/2022, dep. 2023, Bocchio, Rv. 284086).
D'altra parta, la prospettazione difensiva in base alla quale l'esercizio di fatto di compiti di direzione da parte di soggetto diverso dal datore di lavoro varrebbe a escludere la responsabilità di quest'ultimo è smentito dal tenore testuale dell'art.299 del D.Lgs. n. 81/2008, in base al quale "1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti"; disposizione che, attraverso l'utilizzo del termine "altresì", deve interpretarsi nel senso che le responsabilità del soggetto investito di fatto di determinate funzione datoriali non escludono la responsabilità del datore medesimo in ordine agli obblighi sullo stesso gravanti in relazione alla normativa antinfortunistica (Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181; Sez. 4 n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, /Baccalini, Rv. 282568; Sez. 4, n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv. 284828).
Conseguendone che - come ritenuto dai giudici di merito - ogni valutazione in ordine alla presenza di un coordinatore "di fatto" non era in alcun modo idonea a escludere gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, la cui elusione - a propria volta - è da porre in diretto rapporto causale con l'evento contestato.
4. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha ritenuto di confermare il giudizio di bilanciamento tra le circostanze compiuto in primo grado "valutati i criteri di cui all'art. 133 c.p. ed in particolare la gravità del danno cagionato e l'intensità della colpa in ragione dei plurimi profili di colpa contestati, nonché la gravità della circostanza aggravante di cui all'at. 589 comma 2 cod. pen.", con una motivazione che, anche in ragione della lettura complessiva della sentenza impugnata, appare adeguata.
D'altronde in tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall'art. 133 cod. pen., senza che occorra un'analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838 - 02) e salvo il caso in cui le valutazione medesime siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico ed essendo sufficiente che le stesse siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450).
5. Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile INAIL in questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL in questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro tremila, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria l'8 novembre 2024.