Cassazione Penale, Sez. 4, 12 novembre 2024, n. 41393 - Cliente scivola sulla soglia di marmo della farmacia: assenza dello specifico presidio di sicurezza delle strisce anti scivolo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. BELLINI Ugo - Consigliere
Dott. CAPPELLO Gabriella - Relatore
Dott. DAWAN Daniela - Consigliere
Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile B.B. nato a C (ARGENTINA) il Omissis
nel procedimento a carico di:
A.A. nato a M il Omissis
avverso la sentenza del 27/11/2023 del TRIBUNALE di PADOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto SABRINA PASSAFIUME, la quale ha chiesto la riqualificazione dell'impugnazione come appello con trasmissione degli atti alla Corte d'Appello di Venezia.
Fatto
1. Il Tribunale di Padova, con sentenza del 27/11/2023, ha assolto A.A., n.q. di titolare di una farmacia, dal reato di cui all'art. 590, cod. pen. ipotizzato ai danni del cliente B.B., il quale aveva riportato delle lesioni uscendo dalla farmacia dopo essere scivolato sulla soglia di marmo, imputandosi al A.A. di non avere adottato tutte le misure necessarie per evitare che la stessa fosse sdrucciolevole e, in particolare, per non avere apposto sulla stessa le opportune e doverose strisce anti scivolo, né adeguatamente segnalato la sua presenza, contravvenendo all'obbligo di adottare tutte le cautele per rendere sicuro il luogo di lavoro (in Selvazzano Dentro, il 3/6/2016).
2. In particolare, il giudice del merito, riassunta la base fattuale emersa dall'istruzione, ha ritenuto accertata la caduta, ma non la dinamica di essa, non avendo i farmacisti presenti osservato la scena perché entrambi di spalle, escludendo comunque che l'evento fosse addebitabile al titolare della farmacia: costui, infatti, aveva adottato un'idonea forma di cautela per garantire la sicurezza dei luoghi anche alle persone che vi accedevano, avendo predisposto due zerbini prima e dopo l'ingresso, allo scopo di asciugare le scarpe. Il Tribunale ha, inoltre, osservato che le posizionate foto cellule consentivano l'apertura della porta solo quando una persona vi si trovava davanti, cosicché l'apertura non era neppure immediata, difettando, sul piano contro fattuale, la prova che l'apposizione delle strisce anti scivolo (presidio la cui mancanza era addebitata al A.A.) avrebbe scongiurato l'evento. Sotto altro profilo, poi, ha ravvisato una condotta imprudente della persona offesa, la quale, nonostante la pioggia, aveva per sua stessa ammissione accelerato il passo all'uscita.
3. La difesa della parte civile B.B. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge in relazione alla individuazione della regola cautelare violata (mancata apposizione delle strisce anti scivolo), avendo il Tribunale confermato l'assenza del presidio e, al contempo, ritenuto lo stesso inutile, per la presenza dei due zerbini, le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicandosi anche a tutela dei terzi che vi accedano.
Con il secondo, ha dedotto vizio della motivazione con riferimento al ragionamento contro fattuale, avendo il Tribunale affermato l'insufficienza della prova della inidoneità dei due zerbini a scongiurare il rischio di cadute accidentali, il teste A.A. (socio nell'impresa familiare della farmacia) avendo affermato che i tappeti avevano la funzione di evitare che i clienti sporcassero il pavimento entrando nei locali dell'esercizio, in ciò ravvisando il deducente una manifesta illogicità, rispetto al ragionamento sopra censurato e, comunque, un travisamento di quanto emerso a proposito della funzione propria di tali zerbini.
Con il terzo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla dinamica dell'evento, avendo il Tribunale statuito che non vi erano incertezze quanto allo svolgimento dei fatti, al nesso di causa materiale e alla caduta, tuttavia ritenendo l'incertezza sulla dinamica dell'incidente, senza valutare congruamente la testimonianza della persona offesa, peraltro confortata anche da quella del figlio del A.A., con conseguente violazione dell'art. 192 cod. proc. pen., le dichiarazioni del B.B. potendo peraltro valere da sole come fonte di prova dei fatti.
Con il quarto motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazionale anche per travisamento, quanto alla valutazione del comportamento della persona offesa, avendo il Tribunale ritenuto l'imprudenza del B.B., il quale avrebbe accelerato il passo all'uscita, pur in presenza della pioggia, le prove smentendo l'assunto, nessun elemento avendo confermato tale condotta ed escluso, nella specie, che il B.B. avesse fatto uno "scatto" o una corsa, egli avendo solo impresso una piccola accelerazione al proprio passo, senza alcun risultato poiché la porta scorrevole si apriva solo dopo che la persona vi si trovava vicino.
Infine, con il quinto motivo, ha dedotto violazione di legge quanto alla valutazione del comportamento della persona offesa che, anche ove imprudente, non comporta esonero di responsabilità in capo al titolare della posizione di garanzia.
4. Il Procuratore generale, in persona della sostituta Sabrina PASSAFIUME, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la riqualificazione dell'impugnazione come appello e la trasmissione degli atti alla Corte d'Appello di Venezia.
Diritto
1. In via preliminare e in risposta alle conclusioni del Procuratore generale, deve intanto rilevarsi che il ricorso è stato correttamente proposto: l'impugnazione è stata proposta avverso una sentenza di proscioglimento relativa a reato punito con pena alternativa (art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. con riferimento a lesioni gravi), ai sensi dell'art. 593, comma 3, ultimo periodo, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), D.Lgs. 150 del 2022, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ai sensi dell'art. 6 del D.L. n. 162/2022 che ha sostituito il riferimento alle contravvenzioni con quello ai reati, comprendendovi, dunque, anche la fattispecie per la quale si procede.
2. Ciò posto, il ricorso merita accoglimento.
Quanto al contenuto delle censure, deve intanto premettersi che, nella specie, si procede per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche, stante il chiaro riferimento alle stesse contenuto nell'imputazione, essendo emerso che, nella farmacia teatro dell'incidente, erano certamente presenti, per svolgere la propria attività lavorativa, il A.A. e il figlio, anch'egli farmacista, come emerso dall'istruttoria e riconosciuto dallo stesso Tribunale.
Orbene, è già stato chiarito che, nella nozione "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (sez. F. n. 45316 del 27/8/2019, Giorni, Rv. 277292), finalità che possono anche essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro (sez. 4, n. 12223 del 3/2/2015, dep. 2016, Delmastro, Rv. 266385; sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, Rv. 258435) e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività (sez. 4; n. 43840 del 16/5/2018, Rv. 274265).
Pertanto, la farmacia presso la quale è avvenuto l'evento deve considerarsi luogo di lavoro per la semplice considerazione che vi si svolgeva attività lavorativa, al momento del fatto essendosi certamente trovati al suo interno il titolare e il figlio, dipendente della stessa, come precisato dallo stesso Tribunale alla pag. 2 della sentenza impugnata. Con la conseguenza che, rispetto ad essa, trovano applicazione le norme antinfortunistiche, che - si ricorda - sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (sez. 4, n. 32178 del 16/9/2020, Dentamaro, Rv. 280070-01; n. 32899 del 3/1/2021, Castaldo, Rv. 281997 - 01).
3. Tanto premesso, i primi tre motivi, tra loro interconnessi, sono fondati.
In termini coerenti alla ricostruzione normativa per la quale, nella specie, la regola cautelare violata va individuata nelle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e, segnatamente, nell'allegato IV al TU n. 81/2008, la parte ricorrente ha censurato la valutazione condotta dal giudice, il quale ha ritenuto provato che il B.B., nell'occorso, era scivolato sulla soglia di marmo della farmacia, ma senza che l'accaduto fosse rimproverabile al A.A.
Orbene, il par. 1.3.2. dell'allegato IV al TU n. 81/2008 espressamente stabilisce che i pavimenti dei locali di lavoro devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi. Nella specie, è incontestato e pure ritenuto in sentenza che la soglia di marmo apposta all'ingresso della farmacia era priva di strisce anti scivolo. A fronte della affermata assenza dello specifico presidio di sicurezza, il Tribunale ha escluso la penale responsabilità del A.A., per violazione della specifica norma cautelare indicata, ritenendo, da un lato, che la regola cautelare fosse stata comunque osservata mediante la semplice predisposizione di due zerbini, prima e oltre la soglia, quindi attraverso un comportamento equipollente rispetto a quello espressamente indicato dalla norma; dall'altro, che la persona offesa aveva tenuto un comportamento imprudente, escluso altresì la prova che la presenza del presidio mancante fosse idonea a scongiurare l'evento.
Questo incedere argomentativo è errato in diritto.
Il Tribunale ha operato una riscrittura della regola cautelare, della cui violazione si discute: essa, invero, ha un contenuto assai chiaro e preciso e va individuata proprio nella necessaria installazione, sui luoghi di lavoro, di pavimenti che abbiano intrinseche caratteristiche che ne scongiurino la scivolosità. Sicché, non può ritenersi equipollente la presenza di due zerbini che, per loro attitudine e per quanto emerso dalla stessa istruttoria, avevano la diversa funzione di consentire l'asciugatura delle scarpe bagnate, ma non quella di trasformare le caratteristiche di quel tipo di pavimento, ovviando alla scivolosità di una soglia di marmo.
4. Anche il quarto e il quinto motivo sono fondati.
Il Tribunale ha ritenuto provato un comportamento imprudente del B.B. nell'occorso, nel fatto che costui avrebbe accelerato bruscamente il passo all'atto di uscire dalla farmacia, proprio a causa della pioggia, correlandolo, secondo quanto può ricavarsi dal tenore della motivazione, alla adeguatezza dei due zerbini a scongiurare l'evento (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).
Orbene, il Tribunale non ha intanto chiarito a che titolo è stato considerato il comportamento della persona offesa, rilevandosi che, in base al dettato normativo, il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il nesso eziologico tra azione/omissione ed evento (art. 41 comma 1 cod. pen.), potendo al più la disattenzione o l'imprudenza della vittima rilevare ai fini di un eventuale concorso di colpa, con riflessi sull'eventuale liquidazione del danno, ma non anche sulla condotta attribuita al gestore dello specifico rischio. Ma neppure ha affermato che il comportamento del B.B., nell'occorso, era stato abnorme o tale da aver introdotto un rischio del tutto eccentrico rispetto a quello collegato alle norme cautelari violate. E, sul punto specifico, questa Corte di legittimità ha costantemente ammonito sulla rilevanza, in termini di interruzione del collegamento eziologico tra condotta ed evento, del comportamento abnorme o eccentrico del lavoratore (ma i principi possono valere anche per i terzi che, come sopra chiarito, ricevono analoga tutela in campo antinfortunistico, nei limiti sopra precisati): all'interno dell'area di rischio considerata, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603; cfr. sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/1/2018, Bozzi, Rv. 272222).
Nella specie, la condotta del B.B., per avere idoneità interruttiva del nesso di causa tra la violazione della specifica regola cautelare e la sua caduta, avrebbe dovuto tradursi in un comportamento del tutto eccentrico rispetto all'utilizzo della soglia di marmo, ma ciò non può ricavarsi dalla semplice accelerazione del passo in un giorno di pioggia, o da una generica imprudenza o sbadataggine dell'avventore di turno, eventi del tutto prevedibili e per nulla eccentrici rispetto al rischio che il soggetto titolare dell'esercizio-luogo di lavoro è chiamato a gestire.
5. Ne consegue l'annullamento della sentenza ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso l'8 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2024.