Cassazione Penale, Sez. 4, 12 novembre 2024, n. 41389 - Operaio cade di spalle nell'atto di scaricare le tavole di legno dall'autocarro nel cantiere non autorizzato. Omissione di tutti gli obblighi di sicurezza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere
Dott. BRANDA Francesco Luigi - Consigliere
Dott. CENCI Daniele - Consigliere
Dott. CIRESE Marina - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a C il Omissis
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARINA CIRESE;
lette le conclusioni del P.G.
Fatto
1. Con sentenza in data 15.9.2016 il Tribunale di Benevento ha dichiarato A.A. e B.B. colpevoli del reato loro ascritto al capo A) della rubrica (art. 113 e 589 comma 2 cod. pen.) e, riconosciute ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena di anni uno di reclusione ciascuno con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Ha condannato altresì gli stessi in solido tra loro al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede. Ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.C., A.A. e B.B. in ordine al reato di cui al capo B) della rubrica (riqualificato il fatto ai sensi dell'art. 181 comma 1) essendosi estinto per prescrizione.
Ha inoltre assolto C.C. dal reato di cui al capo A) per non aver commesso il fatto e D.D. e E.E. dal reato di cui al capo C) (art. 378 cod, pen.) perché il fatto non sussiste.
2. Interposto appello, la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza in data 25 ottobre 2023, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.B. per essere il reato ascrittogli estinto per morte del reo; ha confermato l'impugnata sentenza nei confronti di A.A. (quale rappresentante della Delta 1 Srl) con condanna al pagamento delle spese di giudizio e di costituzione e di rappresentanza sostenute dalle parti civili.
3. I fatti oggetto del presente giudizio, come ricostruiti dalle sentenze di merito, possono essere così riassunti:
- in data 27.4.2011 intorno alle ore 8 e 30 - 9, F.F., dipendente della Delta 1 Srl, mentre si trovava presso il cantiere "abusivo" di Solopaca, in via Omissis, aperto senza alcuna autorizzazione, per l'esecuzione dei lavori commissionati da B.B., intento a scaricare dall'autocarro del G.G. alcune tavole di legno, che prima aveva prelevato dal cantiere di Telese Terme ed ivi trasportato, era inciampato e caduto all'indietro battendo la schiena su uno spigolo di cemento.
A seguito del grave traumatismo subito, come accertato dal perito nominato, la vittima subiva un intervento chirurgico, tecnicamente riuscito, nel corso del quale si verificava una tromboembolia massiva dell'arteria polmonare nei suoi rami principali, evento prevedibile ma non prevenibile, cui conseguiva il decesso del medesimo.
Dalle dichiarazioni testimoniali rese dai testi di P.G., Maresciallo H.H. e I.I., emergeva che sulla base di una prima segnalazione dell'avvenuto sinistro effettuata all'Inail il 27.4.2011 da un delegato della Delta Srl veniva compiuto un primo intervento presso il cantiere dell'impresa edile, regolarmente autorizzato, sito in Telese Terme, via Scafa, accertando, tuttavia, che la notizia era infondata. Grazie ad una comunicazione del personale del 118 si individuava il cantiere dove effettivamente si era verificato l'infortunio, sito in Solopaca risultando altresì che unica amministratrice della Delta Srl era A.A.
Dall'istruttoria emergeva altresì che il cantiere ove il F.F. era rimasto vittima dell'infortunio, era del tutto privo di autorizzazione e che il dipendente non era dotato di alcun dispositivo idoneo a proteggerlo dai rischi derivanti dall'attività lavorativa in quel momento in corso di esecuzione, ovvero lo scarico di alcune tavole di legno da un furgone della ditta.
3.1. Il giudice di primo grado poneva in risalto gli obblighi gravanti sul datore di lavoro in quanto garante dell'incolumità personale dei lavoratori e tenuto a vigilare sull'attuazione delle misure di sicurezza, richiamando in particolare l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari e di tutti gli strumenti di lavoro alle prescrizioni di legge, di impedire l'utilizzo di quelli che per qualsiasi causa fossero pericolosi per l'incolumità del lavoratore e comunque di garantirne un utilizzo conforme alle norme di sicurezza e di adeguare l'ambiente o l'area di lavoro al fine di impedire rischi adottando tutte le misure idonee sia collettive che individuali.
Specificava che nella specie non era stata adottata alcuna misura idonea ad evitare l'evento né era stata garantita l'utilizzazione da parte del lavoratore delle misure di protezione che avrebbero comunque impedito l'evento in concreto verificatosi (casco e scarpe di sicurezza). Neppure era ipotizzabile ad avviso del giudicante un comportamento abnorme del lavoratore.
Evidenziava quindi la posizione di garanzia assunta dall'imputata A.A., in quanto unica amministratrice ed effettiva responsabile dell'impresa, come tale destinataria delle norme antinfortunistiche dalla cui violazione era derivato il sinistro, non ricorrendo alcun elemento atto a dimostrare che avesse delegato ad altri l'incarico di seguire lo svolgimento del lavoro.
3.2. Il giudice d'appello, dopo aver compiuto un ampio excursus sulle norme e sui principi disciplinanti la posizione di garanzia del datore di lavoro, ha in primis rilevato che l'amministratrice della Delta Srl non aveva predisposto un documento di valutazione dei rischi né un piano operativo di sicurezza per il cantiere di Solopaca né nominato un responsabile del servizio di prevenzione e protezione per l'esecuzione dei lavori. Inoltre dall'istruttoria dibattimentale espletata era emerso che alcuno degli obblighi gravanti sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 18 D.Lgs. n. 81 del 2008 era stato in concreto adempiuto da parte della A.A., quale amministratrice della Delta Srl, non risultando che il F.F. fosse stato adeguatamente formato ed informato dei comportamenti da tenere per impedire o contenere l'insorgenza di rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi né che fosse stato dotato di attrezzature e dispositivi idonei a proteggerlo contro i rischi di caduta dall'alto del tipo di quello verificatosi in concreto. Ha ritenuto altresì il nesso di causalità tra il comportamento ascritto all'imputata e l'evento. Ha pertanto confermato il giudizio di penale responsabilità nei riguardi dell'imputata.
4. Avverso detta sentenza A.A., a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo deduce ex art. 606 lett. e) cod. proc.pen. la motivazione gravemente illogica e contraddittoria circa l'individuazione della dinamica dell'infortunio occorso alla vittima.
Si assume che il giudice d'appello, a fronte delle specifiche censure sollevate con l'atto di gravame afferenti la dinamica del sinistro, ha ritenuto dette censure del tutto smentite dagli esiti istruttori che hanno consentito di ricostruire in termini inequivoci detta dinamica. Si evidenzia, tuttavia, che nel ripercorrere le risultanze istruttorie, la Corte territoriale ha parlato sia di una "caduta di spalle" del lavoratore nell'atto di scaricare le tavole di legno dall'autocarro, che di una "caduta dall'alto" verificatasi mentre il F.F. era impegnato nella movimentazione manuale di carichi pesanti, utilizzando una dizione che sembra fare riferimento a lavori eseguiti in quota.
Ciò tanto più in quanto il teste di P.G. M.llo H.H. aveva riferito di una caduta dall'alto del F.F. specificando che l'infortunio era avvenuto nell'atto di eseguire lavori al piano rialzato in assenza di parapetto.
Con il secondo motivo deduce il travisamento della prova ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen. e la violazione di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione ai contenuti dichiarativi del verbale di sequestro e degli annessi rilievi fotografici, nonché in riferimento ai verbali delle dichiarazioni dei coimputati E.E. e D.D. acquisiti come corpo del reato.
Si assume che per confermare la ritenuta certezza probatoria sulla dinamica del sinistro la Corte territoriale ha valorizzato i rilievi fotografici acquisiti agli atti ed il verbale di sopralluogo del 28.4.2011 che risultano divergenti rispetto agli elementi probatori acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale.
In particolare dalla deposizione del M.llo I.I., redattore del verbale di sopralluogo, emerge che lo stesso non aveva effettuato alcun accertamento avendo appreso le circostanze del sinistro de relato dall'escussione testimoniale. Dalla lettura del verbale di sopralluogo emergeva inoltre che quanto riportato non era stato oggetto di percezione diretta da parte del I.I., trattandosi invece di informazioni apprese da G.G. ed in quanto tali inutilizzabili ai sensi dell'art. 195 cod. proc. pen. Ne consegue che il contenuto dichiarativo del verbale di sopralluogo e quindi la legenda ai singoli rilievi fotografici non potevano legittimamente essere utilizzati come fonte di prova ai fini della decisione.
In tal modo i giudici di appello incorrevano nel vizio di travisamento della prova nella valutazione dei rilievi fotografici e del verbale dì sopralluogo e utilizzavano materiale probatorio diverso da quello legittimamente acquisito nel corso dell'istruttoria ex art. 526 cod. proc. pen.
Inoltre la sentenza di appello risulta viziata laddove valorizza ai fini probatori le dichiarazioni rese dai coimputati E.E. e D.D., rispettivamente geometra e ragioniere della Delta Srl, trasfuse nei verbali redatti dai Carabinieri di Solopaca nell'immediatezza del fatto ed acquisiti al fascicolo per il dibattimento quali corpo del reato in relazione al delitto di cui all'art. 378 cod. pen. ad essi originariamente contestato e dal quale sono stati assolti.
Si tratta all'evidenza di dichiarazioni sottratte ad ogni forma di contraddittorio la cui utilizzabilità era certamente limitata all'accertamento del reato dì cui all'art. 378 cod. pen.
L'acquisizione dei verbali come corpo del reato contestato nello stesso procedimento comportava l'impossibilità per la difesa dell'imputata di confrontarsi direttamente con i citati propalanti e quindi di acquisire la prova con metodo dialettico.
Con il terzo motivo deduce la motivazione gravemente illogica ed il travisamento della prova ai sensi dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione alla verifica della condotta dell'imputata quale datrice di lavoro della vittima nonché alla violazione da parte della medesima delle specifiche regole cautelari in contestazione ex artt. 70 e 77 D.Lgs. n. 81 del 2008.
Si assume che la sentenza impugnata merita censura in ordine all'accertamento della violazione delle norme cautelari essendo stato omesso l'accertamento circa la violazione da parte del datore di lavoro di una regola cautelare/mostrando di desumerla dal carattere abusivo dei lavori in corso.
Non si comprende su quale base probatoria possa affermarsi che in occasione dei lavori nel cantiere di Solopaca il dipendente non aveva avuto la formazione imposta per legge e l'adeguata attrezzatura di protezione, risultando la motivazione del tutto disancorata dall'effettivo compendio probatorio acquisito nel contraddittorio tra le partitosi integrando il vizio di travisamento della prova.
5. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
6. La difesa delle parti civili J.J., K.K., L.L. e M.M. ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Con l'atto di appello la ricorrente aveva dedotto che dall'istruttoria espletata non era emersa una chiara ricostruzione della dinamica del sinistro rappresentando evidenti discrasie tra quanto riferito dai lavoratori presenti in loco e quanto riferito dai testi di P.G. e concludendo che, in assenza di detto accertamento, non essendovi certezza sul fatto verificatosi, non fosse possibile formulare alcun giudizio circa il doveroso comportamento esigibile dalla A.A. Ebbene, il ragionamento seguito dai giudici di merito pare applicare in modo corretto i principi disciplinanti l'attribuzione di responsabilità nel caso di reati omissivi colposi operando una ricostruzione dell'infortunio del tutto coerente dopo avere proceduto ad un giudizio esplicativo in cui sono state accertate tutte le premesse fattuali dell'evento, e puntualmente esaminate nella loro valenza logica, così da pervenire a conclusioni, in punto di causalità materiale. Giova poi evidenziare come, in tema di causalità, a fronte di una giustificazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa, idonea ad inficiare o a caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano "hic et nunc" concretamente probabile (ez.4, n.15558 del 13/02/.2008 Maggini, Rv.239809), considerando altresì che la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell'evento, purché ciascuna tra esse, come nella specie, sia riconducibile all'agente e possa essere esclusa l'incidenza di meccanismi eziologici indipendenti (Sez.4, n.22147 del 11/02/2016, Morini, Rv.266858; n.32216 del 20/06/2018, Capobianco, Rv.273567).
La sentenza impugnata, rispondendo sul punto, ha ritenuto che le censure dell'impugnante circa la dinamica del sinistro "sono totalmente smentite dagli esiti istruttori che invece hanno consentito di ricostruirne in termini lineari inequivoci il contesto di consumazione, la causa primaria, le regole cautelari violate, il nesso causale con l'evento morte".
A suffragare tale conclusione la Corte territoriale ha enumerato le prove acquisite in primo grado e segnatamente i rilievi fotografici ed il verbale di sopralluogo redatto dai Carabinieri di Solopaca il 28 aprile 2011 alle ore 12 e 20, acquisito agli atti del giudizio, da cui emerge in primis che l'infortunio si è verificato nella parte retrostante l'abitazione del B.B., in via della Pr. n. 2, ove erano in atto lavori di costruzione di un massetto per il quale era stato eseguito uno sbancamento profondo circa 50 cm ed in particolare la foto n. 3 che ritrae il punto in cui il F.F., nell'atto di scaricare le tavole di legno dall'autocarro, cadeva di spalle.
Al fine dì ricostruire la dinamica del sinistro, la Corte territoriale ha fatto riferimento alle dichiarazioni del figlio della vittima, J.J., il quale, presente sul posto, riferiva che il padre stava scaricando materiale dal un camion e scivolando era caduto a terra. Nella medesima direzione le dichiarazioni del teste G.G., acquisite al fascicolo del dibattimento su accordo delle parti. A suffragare la tesi difensiva circa la contraddittorietà nella ricostruzione del sinistro non può essere addotta la dizione usata nella sentenza di una avvenuta caduta "dall'alto" che, dalla lettura della motivazione, si riferisce all'evidenza all'operazione di scarico da un camion di assi di legno, quindi comunque dall'alto del pianale verso il basso, e non già all'effettuazione di un "lavoro in quota".
Del pari priva di rilievo è l'asserita contraddittorietà nella ricostruzione del sinistro derivante dall'utilizzo del termine "inciampare" anziché "scivolare", atteso che a prescindere dalla sostanziale sovrapponibilità dei termini (laddove il primo presuppone il mettere un piede in fallo e l'altro lo scivolamento su una superficie), entrambi si riferiscono ad una perdita accidentale di adesione con il terreno così da causare la caduta e si correlano alla violazione della medesima regola cautelare ovvero quella di non aver dotato i dipendenti di presidi individuali quali le scarpe con suola antisdrucciolevole.
2. Il secondo motivo è inammissibile per plurime ragioni.
La censura attiene a profili che non sono stati oggetto di motivo di appello.
Ed invero è inammissibile, ai sensi dell'art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306). Ed inoltre la censura si traduce nella richiesta di una diversa valutazione delle prove acquisite che è preclusa in sede di legittimità.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata con motivazione logica, alla stregua delle acquisizioni processuali, ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo positivamente accertata la responsabilità della A.A., quale datore di lavoro, per la mancata messa a disposizione di dispositivi di protezione essendo emerso il dato incontrovertibile che il F.F. al momento dell'infortunio si trovava in un cantiere non autorizzato privo di qualunque dispositivo di protezione idoneo a proteggerlo dai rischi derivanti dall'attività lavorativa svolta.
Quanto al profilo dell'omessa formazione del lavoratore, è dato incontestato che il F.F. abbia operato in un cantiere non autorizzato in cui il datore di lavoro è venuto meno a tutti gli obblighi sullo stesso gravanti. In primis non è stato redatto un Piano operativo di sicurezza né un Documento di valutazione dei rischi, né era stato nominato un preposto alla gestione ed organizzazione del cantiere di Solopaca. Inoltre dall'istruttoria dibattimentale è emerso altrettanto univocamente come alcuno degli obblighi gravanti sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 81 D.Lgs. n. 81 del 2008 fosse stato in concreto adempiuto dalla A.A. Detto profilo, contrariamente a quanto assume la difesa del ricorrente, è stato contestato nel capo di imputazione laddove si fa riferimento all'osservanza degli obblighi di cui all'art. 15 D.Lgs. n. 81 del 2008 che prevede tra le misure generali di tutela al primo comma lett. n) "la informazione e formazione adeguate per i lavoratori" e risulta esplicitamente esaminato nella sentenza di appello. Peraltro detto aspetto, come del resto quello della mancata messa a disposizione di dispositivi di protezione individuale, non è stato in alcun modo contestato dalla difesa fin dal primo grado del giudizio.
Inammissibile è il denunciato vizio di travisamento della prova. Va premesso che in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e va valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova. (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022 Rv. 283370). Ed inoltre nel caso di cosiddetta "doppia conforme", è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., il motivo fondato sul travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, che sia stato dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione, poiché in tal modo esso viene sottratto alla cognizione del giudice di appello, con violazione dei limiti del "devolutum" ed improprio ampliamento del tema di cognizione in sede di legittimità. Nella specie tale dato non è stato neanche allegato da parte ricorrente.
4. In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Le parti civili non hanno diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, in difetto di un utile contributo, essendosi limitate a chiedere il rigetto del ricorso senza alcun apporto dialettico al contraddittorio e, per il tramite di esso, alla decisione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese alle parti civili.
Così deciso il 24 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2024.