Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORINO
SEZIONE LAVORO


VERBALE dell'UDIENZA di DISCUSSIONE (art. 420 c.p.c.) nella causa iscritta al r.g.l. n. 5873/2009, promossa da:
B. A., assistito dagli avv. ti Francesco e Pietro D'Onofrio
- PARTE RICORRENTE -

contro

A. srl in persona del legale rapp.te pro - tempore, assistita dall'avv.***
- PARTE CONVENUTA -

Oggetto: pagamento somma

Svolgimento del processo e motivi della decisione


All'udienza del 5 novembre 2009, avanti il Giudice del Lavoro, dr.ssa Aurora FILICETTI, assistito dal sottoscritto compaiono il ricorrente assistito dall'avv. D'Onofrio, quale esibisce ricorso notificato alla convenuta il 18.6.2009 in via Exilles 31 Torino, mediante consegna di copia dell'atto a dipendente

Il giudice invita parte ricorrente a produrre visura camerale aggiornata della società convenuta al fine di verificare la regolarità della notifica e rinvia per tale incombente al 19.11.2009 ore 12.50.

All'udienza del 22 aprile 2010, avanti il Giudice del Lavoro dr.ssa Aurora Filicetti, compare per il ricorrente l'avv. P. D'Onofrio.

Il Giudice pronuncia la presente sentenza ex art. 429 V comma c.p.c, dando lettura in udienza del dispositivo e della seguente esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione:

Il Giudice del Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, considerato che:

- il ricorrente conveniva in giudizio la A. s.r.l. deducendo di aver lavorato alla sue dipendenze con tre distinti rapporti (il primo dal 7.7.1997 al 15.7.2001 regolarizzato il 7.7.1998, il secondo dal 4.11.2002 al 30.9.2003 ed il terzo mai regolarizzato dal 15.5.2006 al 24.6.2008), di aver svolto mansioni di autista, di addetto alla saldatura e al montaggio dei serramenti; di aver svolto lavoro straordinario; di essersi infortunato in data 18.12 2000 mentre su un furgone della convenuta stava trasportando dei serramenti; che il furgone si era ribaltato a causa del mal posizionamento del carico; di aver riportato un'invalidità biologica del 5%;

- ciò premesso, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento della somma di euro 20.369,90 per le differenze retributive dettagliatamente indicate in ricorso relative al terzo rapporto di lavoro, nonché a risarcirgli il danno, nella misura indicata in ricorso;

- l'esistenza del rapporto di lavoro, la sua durata e le mansioni svolte risultano adeguatamente provati in base alla valutazione congiunta delle deposizioni testimoniali acquisite e della mancata comparizione di parte convenuta a rendere l'interrogatorio formale in base alla quale, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., valutati gli altri elementi di prova presenti in atti, i fatti dedotti da parie ricorrente possono ritenersi ammessi;

- in particolare le deposizioni del teste B. (che ha dichiarato di aver lavorato con il ricorrente per 6/7 mesi a cavallo tra il 2007 e il 2008) e del teste C. (che ha lavorato insieme al ricorrente per una quindicina di giorni a inizio estate del 2008) consentono di ritenere provato che il rapporto di lavoro del ricorrente sia iniziato nel settembre del 2007 (non già nel maggio del 2006 come dedotto dal ricorrente) e sia terminato il 24 giugno 2008, così come allegato in ricorso;

- l'istruttoria ha altresì confermato che il ricorrente svolgeva mansioni di montatore dei serramenti in alluminio, le quali, si ritiene, debbono essere ricondotte al secondo livello del CCNL metalmeccanici (cui appartengono "i lavoratori che svolgono attività por abilitarsi alle quali occorrono un breve periodo di pratica e conoscenze professionali di tipo elementare, i lavoratori che, con specifica collaborazione, svolgono attività amministrative che non richiedono in modo particolare preparazione, esperienza e pratica di ufficio Lavoratori che conducono alimentano sorvegliano una o più macchine operatrici automatiche o semiautomatiche attrezzate"), non già al terzo rivendicato, in quanto il ricorrente non è riuscito a provare, né d'altra parte ha dedotto, le caratteristiche salienti di tale livello (ossia lo svolgimento di attività richiedenti una specifica preparazione risultante da diploma di qualifica di istituti professionali o acquisita attraverso corrispondente pratica di lavoro;

- né d'altra parte le mansioni di montatore di serramenti paiono riconducibili ai profili professionali propri della terza categoria, bensì a quelli della seconda categoria che espressamente contempla la figura professionale del "montatore";

- quanto alla domanda relativa al compenso per lavoro straordinario: le risultanze istruttorie appaiono invece insufficienti a far ritenere raggiunta la relativa rigorosa prova: per pacifica giurisprudenza, infatti, "il diritto al compenso per lavoro straordinario è configurabile quando ne siano provati l'effettivo svolgimento e la relativa consistenza, essendo ammissibile il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 432 cod. proc. civ., solo per determinare la somma spettante per prestazioni lavorative straordinarie di cui sia stata accertata l'esecuzione e non anche per colmare le deficienze della prova concernente l'esecuzione di tali prestazioni" (Cass. 1801/1992);

- orbene, la relativa prova in base alla generale regola di ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2687 c.c. e grava sul lavoratore e deve rigorosamente riguardare sia l'orario normale di lavoro, ove diverso da quello legale, sia la prestazione di lavoro asseritamele eccedente quella ordinaria nonché la misura relativa, quanto meno in termini sufficientemente concreti e realistici senza possibilità per il giudice di determinarla equitativamente, ma soltanto con sua facoltà di utilizzare, con prudente apprezzamento, presunzioni semplici;

- sebbene dunque sia possibile, in base a quanto emerso dalla deposizione del teste B. che il ricorrente abbia lavorato più dell'orario contrattuale settimanale, non vi sono tuttavia elementi utili per stabilire né per quante ore, né quando ciò sia avvenuto nell'arco del complessivo rapporto di lavoro;

- il conteggio depositato all'udienza del 14.4.2010 appare conforme alla normativa del settore applicabile e correttamente redatto e correttamente redatto in relazione ai dati di fatto accertati ed in ogni caso non è stato contestato da parte convenuta;

- parte convenuta non ha allegato né tanto meno provato di aver pagato in tutto o in parte a parte ricorrente le spettanze risultanti da tale conteggio, come era suo onere in base alla generale regola sull'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c.;

- parte convenuta va dunque condannata a corrispondere al ricorrente l'importo lordo di euro 7.046,09;

- dal giorno di maturazione del diritto spettano altresì a parte ricorrente gli accessori di cui all'art. 429 c.p.c. e precisamente la rivalutazione monetaria sul capitale sopra indicato e gli interessi al tasso legale calcolati sul capitale annualmente rivalutato;

- deve invece essere respinta la domanda di risarcimento del danno biologico, del danno da inabilità temporanea biologica e del danno morale derivanti dall'infortunio occorso al ricorrente in data 18.12.2000;

- il ricorrente, conformemente alle previsioni dell'art. 13 del d.lgs. 36/2000, rivendicava nei confronti del datore di lavoro, non già dell'I.n.a.i.l., i danni sopradetti ricollegandoli ad una percentuale di invalidità pari al 5%;

- tale prospettazione è tuttavia contraddetta dalla documentazione versata in atti dall'Inail su ordine dello scrivente giudice, dalla quale si ricava che in conseguenza dell'infortunio per cui è causa al ricorrente fu riconosciuta dall'Istituto una percentuale di invalidità biologica del 6% con conseguente pagamento di un'indennità di Inabilità temporanea lavorativa dal 22.12.2000 al 7.4 2001 e di un indennizzo pari complessivi euro 5.838,55;

- orbene, ciò premesso, in astratto il ricorrente nei confronti del datore di lavoro avrebbe potuto pretendere esclusivamente il pagamento dei danni non risarciti dall'I.n.a.i.l. ossia  quindi del danno biologico differenziale, del danno da inabilità temporanea biologica e del danno morale;

- nel ricorso introduttivo sono tuttavia assenti specifiche deduzioni volte a spiegare perché nel caso di specie non operi la regola generale dell'esonero del datore di lavoro da responsabilità di cui all'art. 10 del DPR 1124/1965, ossia perché il datore di lavoro sarebbe responsabile dell'infortunio;

- parte ricorrente omette di allegare e di provare quali misure di sicurezza (specifiche o generiche) la convenuta avrebbe dovuto porre in essere al fini di evitare il lamentato danno; orbene, è assolutamente consolidato in giurisprudenza l'orientamento secondo cui l'art. 2087 c.c. pone a carico del datore di lavoro un obbligo particolarmente gravoso di tutela dell'incolumità del lavoratore;

- la violazione di tale obbligo rende il datore di lavoro contrattualmente responsabile degli eventi dannosi (infortuni o malattie professionali) che si possono verificare nello svolgimento del rapporto di lavoro. Ciononostante, la responsabilità dell'impresa per violazione dell'obbligo di sicurezza sancito dall'art. 2087 c.c. non ha natura oggettiva e pertanto l'onere della prova del nesso causale tra danno ed inadempimento resta a carico del lavoratore mentre il datore di lavoro può liberarsi solo dimostrando la non imputabilità dell'evento. Il carattere contrattuale dell'illecito e l'operatività della presunzione di colpa stabilita dall'art 1216 c.c. non escludono che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c. in tanto possa essere affermata in quanto sussista una lesione del bene tutelalo che derivi causalmente dalia violazione di determinati obblighi di comportamento, imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche. Dal che deriva che la verificazione dell'evento lesivo non è di per sé sufficiente per far scattare a carico dell'imprenditore l'onere probatorio di aver adottato ogni sorta di misura idonea ad evitare l'evento, atteso che la prova liberatoria a suo carico presuppone sempre la dimostrazione, da parte del ricorrente, che vi è stata omissione nel predisporre le misure di sicurezza necessarie ad evitare il danno e non può essere estesa ad ogni ipotetica misura di prevenzione a pena di trasformare la responsabilità per colpa in una responsabilità oggettiva (ex plurimis Cass. 3162/02 cit., nella sentenza impugnata, Cass. 23 luglio 2004 n. 13887, Cass. 12 luglio 2004 n 12863);

- peraltro, la dichiarata dipendenza del danno derivato al ricorrente da "causa di servizio" non significa necessariamente che gli eventi dannosi siano derivati dalle condizioni di insicurezza dell'ambiente di lavoro, potendo esse dipendere piuttosto da altre cause (ad esempio da una disattenzione del lavoratore nella guida ovvero dal cattivo stato della strada), restandosi così fuori dall'ambito di applicazione dell'invocato art. 2087 c.c.;

- perché sia affermata la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., dunque, non è sufficiente che sussista l' "occasione di lavoro" richiesta dal T U 1124 del 1965 per l'indennizzabilità da parte dell'INAIL dell'infortunio sul lavoro, ma è necessario che l'evento fosse prevedibile ed evitabile con una condotta esigibile dal datore di lavoro ed invece da quest'ultimo omessa;

- deve quindi essere respinta la domanda ai sensi dell'art. 2087 c.c. che, come quella di specie, si limita ad allegare l'esistenza di danni, ma non contiene gli elementi di fatto necessari a far apprezzare dal giudice il nesso di causalità tra la condotta datoriale e danni né le cautele che avrebbero dovuto essere adottate e sono state Invece omesse - e cioè a far verificare l'esistenza o meno di un inadempimento all'obbligo di tutela di cui all'art 2087 c.c.;

- le spese liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza;

P.Q.M.

Visto l'art. 429 c.p.c, definitivamente pronunciando,

condanna parte convenuta a pagare al ricorrente la somma lorda di Euro 7,046,09 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sui singoli importi annualmente rivalutati dalla loro maturazione al saldo nonché a rimborsare al ricorrente le spese di causa liquidate in Euro 1500, oltre Iva e Cpa.

Depositata in cancelleria il 22 aprile 2010