Corte dei Conti Puglia, Sez. Giurisdiz., 02 dicembre 2024, n. 230 - Accertamento della esposizione ultradecennale ad amianto dell'operatore per le lavorazioni motoristiche e meccaniche
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA
Consigliere dott.ssa Rossana De Corato, all'esito dell'udienza del 25 giugno 2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 34577 del registro di segreteria, sul ricorso presentato da XXX, nato a XXX l'XXX (XXX), rappresentato e difeso, dagli avv.ti Rachele Ramellini e Laura di Santo elettivamente domiciliati in Bari, al Viale della Repubblica 112, presso lo studio dell'avv. Roberta Rubino
contro:
- I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Ilaria De Leonardis ed elettivamente domiciliato presso gli Uffici dell'Avvocatura Regionale, Via Putignani, n. 108 - Bari
VISTO il D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174;
VISTO il ricorso;
ESAMINATI tutti gli atti e i documenti di causa;
UDITI, alla pubblica udienza del 25 giugno 2024, l'avv. Laura Di Santo per il ricorrente e l'avv. Ilaria De Leonardis per l'INPS.
Fatto
1.- Con ricorso depositato in data 22 ottobre 2018, il sig. XXX -patrocinato dall'avv. Annachiara Putortì (che ha rinunciato al mandato nel corso del giudizio ed è stata sostituita dagli avvocati in epigrafe) - dipendente civile del Ministero della Difesa dal 10 gennaio 1983 presso l'arsenale della Marina Militare di Taranto (ed ancora in servizio all'epoca del deposito del ricorso), ha adito questa Corte a seguito di pronunzia declinatoria di giurisdizione resa dal Giudice del lavoro presso il Tribunale di Taranto con sentenza n.1700/2010, per l'accertamento della esposizione ultradecennale ad amianto al fine di conseguire la rivalutazione dei contributi previdenziali in misura dell'1,5 % ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 13 co. 8 L. n. 257 del 1992, come modificata dalla L. n. 271 del 1993, con conseguente obbligo dell'INPS di aggiornare la posizione contributiva accreditando in suo favore i contributi previdenziali rivenienti dall'applicazione del predetto coefficiente all'intero periodo lavorativo.
Nello specifico, il ricorrente ha allegato:
- di aver sempre svolto le mansioni di operaio con la qualifica di "operatore per le lavorazioni motoristiche e meccaniche" e di essere stato addetto, sino al 1997, al reparto "Congegnatori" e dal 1 agosto 1997 al reparto "Sommergibili";
- di essere stato impiegato con servizio continuativo "...a bordo di unità navali..." come da certificazione, in atti, relativa al periodo 1984/1997 e 1997/2002;
- di essere stato, nello svolgimento della propria attività professionale, costantemente a stretto contatto con manufatti e apparati meccanici contenenti o rivestiti da amianto (guarnizioni, pannelli, tubi, tubolature, serbatoi e linea di alimentazione del carburante, collettori di scarico fumi, apparati motore ecc.);
- di aver operato, pressoché esclusivamente, come manutentore sulle "...unità navali della Marina Militare..." i cui rivestimenti "...erano completamente ... di amianto e le relative pannellature erano oggetto di riparazione che prevedevano la c.d. spannellatura (ossia toglieva i pannelli di amianto) per cui l'amianto deteriorato si sgretolava e veniva inalato...", senza che fosse a conoscenza della "...sua pericolosità...".
Inoltre, nel corpo del ricorso - a cui si rinvia per completezza espositiva - il XXX si è dilungato nel descrivere dettagliatamente le modalità di svolgimento del suo servizio all'interno delle navi militari a cui era assegnato, soffermandosi, in particolare, sulla descrizione degli ambienti angusti ed insalubri (vani motore, vano di scarico delle turbine ecc.) in cui era costretto ad operare abitualmente, e rappresentando che la sua "...attività lavorativa...non si è mai interrotta...ed è proseguita anche durante le operazioni di bonifica (scoibentazione ed asportazione di tutti i pannelli di amianto deteriorato) e senza alcuna delimitazione di zone...".
Dalla copiosa documentazione versata in atti, risulta che il ricorrente:
- in data 3 febbraio 2000, ha avanzato, per "...tramite gerarchico..." richiesta di rilascio del proprio "Curriculum per attività prestata a bordo di UU.NN. e SMG al fine di presentare istanza di riconoscimento dei benefici previdenziali";
- in data 19 settembre 2000, ha trasmesso all'INPDAP e all'INAIL (per il tramite del sindacato "Snad/Cisal") l'istanza per ottenere la rivalutazione del periodo contributivo derivante dall'esposizione all'amianto con riferimento al periodo dal 20 luglio 1984 al 12 giugno 2000";
- in data 12 dicembre 2001, ha sollecitato, con nota indirizzata all'INPDAP - Direzione provinciale di Taranto, il riconoscimento dei benefici previsti dalla L. n. 257 del 1992 di cui alla precedente comunicazione del 19 settembre 2000;
- ha inoltrato, nell'aprile 2005, istanza all'INAIL volta ad accertare l'esposizione all'amianto per un periodo ultradecennale, a cui l'INAIL ha dato riscontro, con nota in data 14 gennaio 2015, attestando l'esposizione all'amianto del XXX, quale "035-Operatore per le lavorazione motoristiche e meccaniche", dal 20 luglio 1984 al 31 dicembre 1992;
- in data 9 maggio 2005, ha presentato ricorso presso il Tribunale di Taranto, Sezione Lavoro chiedendo che fosse riconosciuta l'esposizione ultradecennale all'amianto, il cui processo, come detto, si è concluso con sentenza n. 1700/2010 che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo la controversia de qua devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti.
Da qui, l'odierno ricorso depositato presso questa Sezione giurisdizionale in data 22 ottobre 2018.
2.- Si è costituito l'INPS con memoria depositata il 2 ottobre 2020, eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione passiva in considerazione della permanenza in servizio del ricorrente, nonché la prescrizione del diritto ad usufruire dei benefici pensionistici, oltreché, sotto diversi profili, l'inammissibilità per intervenuta decadenza e concludendo, in ogni caso, per l'infondatezza della pretesa.
Nel merito, l'INPS ha contestato la fondatezza della domanda sull'assunto dell'insussistenza, in capo al XXX, dell'esecuzione di attività lavorativa per la quale la legge riconosce il beneficio previdenziale de qua, e della mancanza di prova "...in ordine alla durata ed alla concentrazione dell'esposizione all'amianto, così come richiesto dalle disposizioni in materia...".
3.- In prossimità della prima udienza di discussione, il difensore del ricorrente ha depositato, in data 5 novembre 2020, note difensive contrastando punto per punto le eccezioni preliminari e le deduzioni dell'Istituto previdenziale.
4.- Venuto il giudizio in discussione, per la prima volta, all'udienza del 10 novembre 2020, questo giudice ha disposto, con successiva ordinanza n. 81/2020, depositata il 10 dicembre 2020, una CTU sulla controversa questione, affidandola all'Ufficio Medico Legale presso il Ministero della Salute (UML), all'uopo formulando i seguenti quesiti: "...a) se il ricorrente nel corso della sua attività lavorativa sia stato esposto al rischio morbigeno (polveri e fibre di amianto), in base alla specifica lavorazione praticata e all'ambiente ove essa si è svolta, per più di dieci anni (elemento temporale);
b) se l'effettiva esposizione al rischio morbigeno di cui sopra sia stata di intensità tale da superare i limiti di concentrazione media annua previsti dalla normativa vigente come valore medio su otto ore al giorno (soglia di rischio), per ciascun anno singolarmente considerato in relazione alle specifiche mansioni indicate e documentate nel ricorso, ed alle caratteristiche dell'ambiente ove le mansioni si sono concretamente svolte, specificando per quanto possibile il momento di presumibile cessazione della detta esposizione...".
5.- Nelle more della trasmissione della relazione definitiva da parte dell'officiato CTU, questo giudice ha disposto un rinvio della trattazione del ricorso all'udienza del 10 luglio 2023 fissando nuovi termini alle parti.
6.- In data 7 marzo 2024, l'UML ha depositato l'elaborato peritale nella sua versione definitiva (la bozza del parere medico-legale era stata depositata il 15 febbraio 2024), unitamente alle osservazioni formulate dal consulente tecnico di parte (CTP) dott. Vito Totire, dando seguito, pertanto, a quanto disposto con la suindicata ordinanza n. 81/2020), evidenziando che "...il ricorrente risulterebbe aver raggiunto undici anni di esposizione..." e precisando, nei seguenti testuali termini, che: "...si ritiene di poter concludere, con elevato grado di probabilità, che il ricorrente, in base alla qualifica lavorativa che comportava un'interazione diretta con amianto e/o materiali contenenti amianto, abbia raggiunto livelli di esposizione superiori al valore di 100 fibre/litro previsto come limite-soglia per la concessione dei benefici previdenziali ex art. 13 L. n. 257 del 1992...",
7.- All'udienza del 25 giugno 2024, l'avv. Laura Di Santo per il ricorrente e l'avv. De Leonardis per l'INPS si sono riportate alle argomentazioni e conclusioni formulate nei rispettivi atti scritti, chiedendo che il giudizio venga deciso.
8.- Il giudizio è stato definito, come da dispositivo letto nella stessa udienza e di seguito trascritto.
Diritto
1.- Con il ricorso all'esame, il XXX, dopo la statuizione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario (sent. n.1700/2010 del Tribunale civile di Taranto), ha chiesto dinnanzi a questa Corte il riconoscimento del diritto a conseguire la rivalutazione dell'anzianità contributiva, a fini pensionistici, ai sensi dell'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, come modificata dalla L. n. 271 del 1993, attraverso l'applicazione del coefficiente di 1,5% all'intero periodo lavorativo di esposizione ultradecennale all'amianto.
2.- Prima di procedere all'esame del merito, vanno vagliate, in primo luogo, le eccezioni preliminari sollevate dall'INPS in sede di costituzione in giudizio, partendo dall'asserita carenza di "...legittimazione passiva..." dell'Istituto sul rilievo che il ricorrente risulterebbe ancora in servizio alla data di presentazione del ricorso.
Al riguardo, in disparte l'ormai pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la giurisdizione di questa Corte si incardina anche nei confronti del personale ancora in servizio per le controversie che attengono alla concessione dei benefici di cui all'art. 13 comma 8 della L. 27 marzo 1992, n. 257 (alla luce della sentenza della Corte di cassazione civ. Sezioni Unite, n. 23733 in data 8/11/2006, nella considerazione che la giurisdizione della Corte dei conti non può essere esclusa dall'attuale pendenza di un rapporto di lavoro e dalla conseguente mancanza di un provvedimento di liquidazione della pensione), va precisato che la normativa di cui s'invoca l'applicazione (segnatamente l'art. 13 co. 8, della L. n. 257 del 1992) prevede un riconoscimento figurativo aggiuntivo dell'anzianità contributiva, utile sia per il diritto (ossia, per una maturazione anticipata del diritto a pensione, per chi sia ancora in servizio), che per la misura della pensione, per chi sia già titolare di trattamento pensionistico. Ne consegue, all'evidenza, la totale infondatezza e l'assoluta inconferenza, nel caso di specie, dell'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata, dall'INPS, essendo questo l'istituto previdenziale detentore della posizione contributiva e pensionistica del lavoratore che agisce in giudizio.
2.1- Si rivela del tutto infondata l'eccezione d'inammissibilità/improcedibilità del ricorso per sopraggiunta decadenza ex art. 47, comma 5 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito con L. n. 326 del 2003).
L'eccezione proposta dall'INPS si fonda sulla previsione dell'art. 47, comma 5, del D.L. n. 269 del 2003 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della L. n. 326 del 2003), a norma del quale "i lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 1 ottobre 2003, devono presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici".
Poiché il decreto interministeriale richiamato, il D.M. 27 ottobre 2004, è stato pubblicato il 17 dicembre 2004, la decadenza sarebbe maturata per tutti i lavoratori che non abbiano presentato la domanda all'INAIL entro il termine del 15 giugno 2005.
Ed invero, risulta dalla documentazione incartata al fascicolo processuale, che il ricorrente ha presentato tempestivamente la domanda all'INAIL in data 12 maggio 2005, così come, d'altra parte, riportato nella nota di riscontro dell'INAIL indirizzata allo stesso XXX, anch'essa depositata agli atti del presente giudizio e, in ogni caso, come già esposto in parte narrativa, aveva già in precedenza inoltrato la richiesta de qua all'INAIL (per il tramite del patronato "Snad/Cisal" nel gennaio 2000).
2.2- Parimenti destituita di giuridico fondamento è l'eccezione volta a contestare la tempestività della domanda di rivalutazione dell'anzianità contributiva inoltrata dal ricorrente all'INPS per la prima volta nel "..2016...", considerato che il XXX, sin dal 2000 (cfr. nota in atti del 19 settembre 2000), aveva avanzato istanza di rivalutazione del periodo contributivo, in applicazione del succitato art. 13, comma 8 della L. n. 257 del 1992, all'INPDAP di Taranto (all'epoca, istituto previdenziale deputato alla liquidazione dei trattamenti di quiescenza dei dipendenti dello Stato, competenza attribuita all'INPS, a seguito della soppressione, dal 1 gennaio 2012, dell'INPDAP, ex art. 21 comma 2 bis, D.L. n. 201 del 2011).
2.3- Analogamente infondata, si profila l'eccepita decadenza dell'azione giudiziaria riferita all'asserita applicazione, al caso di specie, dell'art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 (secondo cui "...per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione..."), ed infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, la richiamata norma è riferita esclusivamente all'ordinamento previdenziale di pertinenza dell'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) di competenza del giudice ordinario e, dunque, non riconducibile nell'alveo dei giudizi pensionistici devoluti al giudice contabile (ex multis: Sez. giur. Puglia, sentt. nn. 690/2022 e 164/2023, Sez. giur. Friuli-Venezia-Giulia, sent. n. 23/2016; Sez. giur. Piemonte, sent. n. 64/2020; Sezione giur. Campania, sent. n. 1293/2021).
2.4- Non coglie, infine, nel segno l'eccepita intervenuta prescrizione quinquennale ex art. 3, comma 9 della L. 8 agosto 1995, n. 335, formulata dall'Istituto convenuto nel contesto della memoria di costituzione, sul rilievo che "... al momento del deposito del ricorso era già decorso il termine quinquennale di prescrizione introdotto dalla L. n. 335 del 1995...", ivi previsto (decorrente dal 1 gennaio 1996), e riferito alle "...contribuzioni di previdenza...".
Sul punto specifico, va evidenziato che la fattispecie all'odierno esame riguarda la rivalutazione contributiva prevista ex lege per i dipendenti che sono rimasti esposti per un periodo ultradecennale alle polveri di amianto, rivalutazione che prescinde, all'evidenza, dal versamento dei contributi previdenziali a cui si riferisce la fattispecie su evocata; pertanto, il richiamo normativo operato dall''INPS si rivela, nel caso di specie, del tutto inconferente (cfr. Sez. giur. Puglia, sent. n. 575/2015).
2.5- Infine, è appena il caso di evidenziare che alcuna rilevanza può conferirsi all'eccezione di "...nullità..." avanzata dall'INPS in relazione all'asserita "...indeterminatezza..." della "...domanda..." del ricorrente, in quanto si evince indubitabilmente dagli atti che sia il ricorso introduttivo, sia la copiosa documentazione ivi allegata contengono esaurientemente tutti gli elementi di cui all'art. 152 del Codice di giustizia contabile (CGC).
3.- Il ricorso è fondato e, come tale, merita accoglimento.
3.1- Ritiene, infatti, questo giudice che il parere espresso dal CTU (Ufficio medico Legale- UML presso il Ministero della Salute) secondo cui il ricorrente, in base alla qualifica lavorativa caratterizzata da una diretta interazione con amianto e/o materiali contenenti amianto, è stato esposto ("...con elevato grado di probabilità...") per undici anni a livelli superiori al valore di 100 fibre/litro (previsto come limite-soglia per la concessione dei benefici previdenziali ex art. 13 L. n. 257 del 1992), è pienamente condivisibile in quanto risulta completo, esaustivo, immune da vizi logici, adeguatamente motivato sia dal punto di vista medico-legale, sia tecnico-scientifico e si rivela coerente con gli atti incartati al fascicolo processuale.
Ed invero, la deduzione dell'INPS circa la carenza della prova di tale esposizione da parte dello stesso ricorrente non può essere condivisa posto che costui ha prodotto documentazione atta a dimostrare l'effettiva attività lavorativa svolta nell'ambito dell'Arsenale della Marina Militare di Taranto, la presenza di materiali contenenti amianto con cui veniva a contatto e l'intervenuta successiva opera di bonifica dall'amianto effettuata sulle unità navali della Marina Militare. Parimenti, l'effettiva sussistenza dell'esposizione qualificata all'amianto è stata motivatamente ammessa anche dall'UML, all'uopo incaricato nell'ambito del presente giudizio.
3.2- L'officiato CTU, nella relazione depositata agli atti del giudizio - a cui si rinvia per completezza espositiva - ha, per un verso, dettagliatamente individuato e descritto (cfr. pagg. 3 e 4) gli ambienti lavorativi dove sussisteva il concreto (o anche soltanto probabile o possibile) pericolo per i dipendenti della Marina Militare, di venire a contatto con fibre di amianto o con manufatti contenenti amianto (apparato motore, sistemi di climatizzazione, impianto elettrico, impianti di servizi a bordo delle unità navali, sistemi di manovra cavi, locali tecnici, nei depositi ecc.), concludendo che "...inoltre, l'amianto poteva essere presente come "materiale di consumo" quindi presso il Magazzino e in tutte quelle Officine e/o Locali in cui, i dipendenti per svolgere le proprie mansioni, utilizzavano e manipolavano amianto e/o MCA (materiali contenenti amianto) con naturale conseguenza di produzione anche di rifiuti contenenti amianto (RCA)..." e, per l'altro, si è ampiamente dilungato sull'analisi della "...potenziale esposizione all'amianto sulle Unità Navali..." (cfr. pagg. da 5 a 7).
3.3- Su tal ultimo profilo si riporta, quanto è stato evidenziato, trascrivendo soltanto i passaggi più salienti dell'articolato parere reso dall'officiato CTU.
"...Le lavorazioni su MCA (n.r.d.:) a bordo delle UU.MM. potenzialmente a rischio di esposizione consistevano, in genere, nella rimozione e successivo ripristino di rivestimenti, manipolazione di tessuti e corde, manipolazione di materiali d'attrito, taglio e sagomatura a misura di guarnizioni, cartoni e pannelli di Marinite o simili (a mano o a macchina), pulizia e soffiatura di residui di lavorazione. Anche operazioni apparentemente sicure, quali la rimozione di pannelli dei locali, potevano in taluni casi comportare aerodispersione di polvere contenente fibre di amianto derivanti da coibentazioni di cavi, tubi, strutture portanti o di contenimento con fini antirombo, di comfort termico o tagliafuoco. Queste operazioni venivano eseguite, nei limiti della potenzialità concessa dalle attrezzature di bordo e dalla disponibilità di parti di rispetto, in navigazione o con la nave ferma in porto, a seguito di momentanee anomalie, guasti e malfunzionamenti vari (scoppi, urti, perdite vapore). In particolare, quando l'operatività e l'efficienza della nave poteva essere pregiudicata, questi interventi assumevano carattere di urgenza ed obbligavano ad agire con apparati funzionanti, anche con pressioni e temperature elevate e spesso in quei locali ristretti con alta concentrazione di impianti, come le sale motori e generatori. Gli interventi di maggiore complessità e quelli che senza carattere di urgenza, venivano demandati agli Arsenali. Quindi si ritiene che, nella normale pratica di navigazione, le lavorazioni più gravose ed anche più rischiose (alta probabilità di produrre un alto inquinamento da fibre di amianto) siano risultate eccezionali. Nelle valutazioni tecniche, quindi, l'attenzione va focalizzata piuttosto verso le piccole riparazioni locali o la manutenzione ordinaria (sostituzione di una flangia, riparazione di tubolature e condotte coibentate, rimozione di pannelli tagliafuoco etc.) verosimilmente più frequenti e di routine, che con molta probabilità impegnavano regolarmente il personale addetto per periodi fino a qualche ora giornaliera...".
3.4- Per quel che concerne, specificamente "...la potenziale esposizione all'amianto negli Arsenali Militari..." (cfr. pagg. da 7 a 9), l'UML ha individuato gli ambienti e locali dove ricondurre la presenza di amianto con conseguente potenziale esposizione degli addetti civili e militari che svolgevano la propria attività lavorativa sia all'interno della stessa struttura, sia recandosi a bordo delle Unità Navali ferme per la manutenzione.
In particolare, ha riferito: "...Le strutture che ospitano le diverse officine non sono variate sostanzialmente nel corso del tempo, pertanto i vari sopralluoghi hanno permesso di avere una panoramica degli ambienti di lavoro che rappresentano in maniera soddisfacente anche le situazioni passate, non riproducibili. Negli arsenali la presenza di amianto è riconducibile sostanzialmente a due situazioni in cui gli addetti potevano essere potenzialmente esposti: interventi su strutture e manufatti con particolari in cemento amianto e/o impianti di servizio con coibentazione in amianto; lavorazioni sugli apparati e sui componenti delle navi trasportate eventualmente a terra presso le varie officine, quando richiesto da necessità logistiche ed operative. (...) La tipologia dei MCA presenti all'interno degli arsenali come componente strutturale, era generalmente in forma compatta per cui le fibre risultano legate in matrici cementizie o resinose annullando le dispersioni in atmosfera e quindi tali da non costituire fonte di inquinamento significativo (a meno di disturbi ed aggressioni meccaniche). La sola e semplice presenza all'interno dell'Arsenale di questa tipologia di materiali non è, generalmente, condizione determinante l'esposizione qualificata nella misura richiesta dalle norme per accedere ai benefici previdenziali di legge. Si esclude pertanto l'inquinamento generalizzato degli ambienti di lavoro. Per quanto riguarda invece le operazioni svolte negli Arsenali esse potevano essere molto varie anche se sostanzialmente riconducibili a lavorazioni di carpenteria, interventi meccanici, interventi agli impianti elettrici (apparecchiature e congegni elettronici) ed interventi su tubolature e valvole dei diversi impianti presenti a bordo. Nell'Arsenale venivano eseguiti interventi da una serie di categorie professionali che potevano operare o direttamente o nelle immediate vicinanze su apparati che presentavano parti in amianto in varie forme e quantitativi. Inoltre, le lavorazioni a rischio svolte dagli addetti potevano essere eseguite chiaramente sia all'interno delle officine ma anche sulle Unità Navali sottoposte a manutenzione e/o controllo. Le principali attività che generalmente avvenivano negli Arsenali e che potevano comportare una esposizione qualificata del personale (in quanto prevedevano una manipolazione diretta e continua di MCA sia a terra che a bordo delle UU.MM.) erano:
- coibentazione/scoibentazione di caldaie e tubi presso l'Officina calderai-tubisti;
- rimozione e ripristino di cuscini isolanti costituenti le coibentazioni mobili di turbosoffianti, flange di accoppiamento di segmenti di condotte, flange di accoppiamento di turbine sia a vapore che a gas; - tornitura di flange e tubi precedentemente scoibentati presso le Officine calderai-tubisti e congegnatori;
- sostituzione di componenti in amianto da interruttori elettrici, forni e cucine, commutatori e avviatori presso l'Officina I.E.B. e Reparto Servizi e Impianti;
- sostituzione di guarnizioni e dischi di attrito da turbomacchinari, motori a combustione interna e impianti asserviti, elettrofreni, giunti a frizione, tubi di scarico presso l'Officina Congegnatori e/o l'Officina Motori;
- taglio, saldatura e lavorazioni varie su componenti metallici precedentemente scoibentati presso l'Officina Costruzioni in Ferro;
- prove funzionali a caldo di turbomacchine e componenti collegati (valvole, parti di circuito vapore etc.) con utilizzo di teli e cuscini protettivi contro l'irradiazione di calore presso la Sala Prove;
- ricevimento, stoccaggio, movimentazione e distribuzione di MCA presso il Magazzino;
- manutenzione e conduzione caldaie e relativa impiantistica.
Altre lavorazioni che potevano comportare esposizione ad amianto anche se di modesta entità (quindi attività non ad elevato rischio), vista la tipologia di MCA, la ridotta frequenza di lavorazione e/o specifici tempi di utilizzo, presenti negli Arsenali erano:
- collaudo di qualità di rispondenza ai requisiti contrattuali dei MCA in approvvigionamento, collaudo interruttori e materiale tecnico vario con componenti in amianto (Laboratorio Tecnologico/Termometria, Laboratorio Elettrotecnico);
- attività di revisione, messa a punto e collaudo di componenti facenti parti dei sistemi di artiglieria, missilistici e lanciasiluri (per i quali è stata comprovata la presenza di amianto da parte della ditta costruttrice) quali riduttori di brandeggio ed elevazione, relè termici di comando, badernature e coibentazione delle canne (Settori Artiglierie pesanti e leggere, Settori missili e lanciarazzi, Settore Reti lancio e impianti di movimentazione);
- lavorazioni a caldo su dispositivi ottici con utilizzo di forni e apparecchiature termiche coibentate in amianto nonché pannelli protettivi contenenti lo stesso materiale;
- demolizione e ricostruzione di elementi costruttivi in cemento-amianto, tra cui canne fumarie, coperture, cassoni e tubature (Direzione Supporto Arsenale - DSA ex Supporto Generale);
- manutenzioni agli automezzi di servizio con interventi su materiali d'attrito o protezioni termiche di collettori e scarichi...".
3.4- Sulla scorta di quanto esaurientemente su esposto, ed individuate le qualifiche del personale civile (come il ricorrente) da ritenersi soggetto ad esposizione all'amianto, tra le quali viene annoverata quella di "Operatore per le lavorazioni motoristiche e meccaniche - Codice 035", rivestita dal XXX, il CTU, avvalendosi anche del supporto della letteratura scientifica nella soggetta materia (espressamente richiamata alle pagg. 13 e 14) e della documentazione incartata al fascicolo processuale ha ritenuto che "...le mansioni svolte dal ricorrente risultano quindi aver provocato un'esposizione qualificata all'amianto per aver svolto lavorazioni pericolose...dovendo provvedere alla manutenzione e alla riparazione dell'apparato motore e dei sistemi meccanici delle UU.MM....con il compito di smontare, revisionare e rimontare componenti con rivestimenti coibentati ormai deteriorati...".
Conclusivamente, giunge ad affermare, in piena coerenza con l'analisi svolta, che il XXX risulta essere stato "...sicuramente..." esposto ad un'alta concentrazione di fibra di amianto durante lo svolgimento delle sue mansioni da operaio dal 1984 al 1995, maturando, quindi, il periodo ultradecennale previsto dalla legge su richiamata.
4.- Alla luce di quanto ampiamente su riferito e documentato dagli atti incartati al fascicolo processuale, questo giudice in totale condivisione delle conclusioni a cui è pervenuto l'officiato CTU, ritiene che il XXX sia destinatario del beneficio contributivo discendente dall'accertata esposizione qualificata ultradecennale alle polveri di amianto, ai sensi della disciplina recata dall'art. 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, sostituito dall'art. 1, comma 1, D.L. 5 giugno 1993, n. 169, secondo cui per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5.
In proposito è appena il caso di rilevare che le domande amministrative indirizzate all'INPDAP (del 19 settembre 2000) e all'INAIL (pervenuta all'Istituto in data 20 settembre 2000, come da timbro di ricezione) sono state proposte prima della modifica della predetta disposizione recata dall'art. 47 del D.L. n. 269 del 2003 che ha previsto, a partire dal 1 ottobre 2003, il più contenuto beneficio previdenziale della rivalutazione del periodo di esposizione ultradecennale per il coefficiente di 1,25 ai soli fini della misura della pensione.
Inoltre, la L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, ha previsto, espressamente, che sono fatte salve le disposizioni previgenti alla data del 2 ottobre 2003, in favore dei lavoratori che avessero già maturato, alla predetta data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8 e successive modificazioni e, per coloro che avessero avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL (come il ricorrente) o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate, entro la stessa data.
Conclusivamente, il ricorso va accolto con conseguente riconoscimento a favore del XXX del diritto ad ottenere la rivalutazione contributiva, mediante applicazione del coefficiente dell'1,50%, di cui al già più volte citato art. 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257 e ss.mm.ii..
5.- Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso n. 34577 e, per l'effetto, dichiara:
- il diritto del sig. XXX alla rivalutazione, mediante applicazione del coefficiente dell'1,50%, ai fini pensionistici di cui all'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, del periodo lavorativo ultradecennale di esposizione qualificata all'amianto, svolto presso l'Arsenale della Marina Militare di Taranto.
Condanna l'INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano equitativamente in Euro 400 oltre oneri e accessori di legge da distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
DISPONE
che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52 nei riguardi del ricorrente e degli eventuali danti ed aventi causa.
Così deciso, in Bari, all'esito della pubblica udienza del 25 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2024.
