Cassazione Penale, Sez. 4, 18 settembre 2024, n. 35016 - Disastro colposo. Cooperazione e principio di affidamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere
Dott. BRUNO Mariarosaria - Dott. D'ANDREA Alessandro - Relatore
Dott. MARI Attilio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a M il (Omissis);
B.B. nato a T il (Omissis);
C.C.;
D.D. nato a T il (Omissis);
E.E. nato a A il (Omissis);
MINISTERO DELL'INTERNO;
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita all'udienza del 05/06/2024 la relazione svolta dai Consiglieri BRUNO MARIAROSARIA e D'ANDREA ALESSANDRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ORSI LUIGI all'udienza del 05/06/2024;
udite le conclusioni delle altri parti presenti all'udienza del 05/06/2024;
alle ore 9,00 la Presidente dichiara aperta la pubblica udienza in prosecuzione di quella del giorno 5 giugno per l'ascolto degli avvocati dei ricorrenti.
È presente l'avvocato CELESTINO FRANCO che deposita nomina a sostituto processuale dell'avv. MENARDO NICOLA del foro di TORINO in difesa di F.F., H.H., I.I., J.J. e K.K.
È presente l'avvocato VERRECCHIA ALESSIA del foro di ROMA che deposita nomina a sostituto processuale dell'avv. RONCO MAURO del foro di TORINO in difesa di E.E.
È presente l'avvocato MARELLI ALBERTO del foro di MILANO in difesa di L.L.
È presente l'avvocato GRIBAUDI GIACOMO del foro di TORINO, in proprio ed in sostituzione dell'avv. GRIBAUDI CARLOTTA del foro di TORINO in difesa di D.D.
È presente l'avvocato GUSMANO ELENA MARIA del foro di TORINO in sostituzione dell'avv. OBERT GINO del foro di TORINO in difesa della CITTÀ DI T.
È presente l'avvocato NICOLOSI FLAVIO del foro di ROMA in difesa di M.M.
L'avv. NICOLOSI FLAVIO sostituisce oralmente l'avvocato BONA MARCO del foro di TORINO difensore della parte civile N.N.; l'avvocato DE SANCTIS ANDREA del foro di NAPOLI difensore della parte civile O.O.; l'avvocato EPIFANI GIACINTO del foro di LECCE in difesa di P.P.; l'avvocato MONDA NICOLA del foro di NAPOLI difensore di Q.Q. ed infine l'avvocato BIAFORA CATERINA del foro di TORINO in difesa delle parti civili R.R., S.S., T.T., U.U., V.V. e W.W.
È presente l'avvocato TURCO MARIA CESARINA del foro di TORINO in proprio ed in sostituzione del codifensore avv. GAZZANO ERIKA del foro di TORINO difensore di B.B., che insiste per l'accoglimento del ricorso.
È presente l'avvocato CHIAPPERO LUIGI del foro di TORINO difensore di A.A., che chiede l'accoglimento del ricorso insistendo sul punto riguardante la competenza del reato, sul nesso causale e sulla imprevedibilità del fatto.
Sono presenti l'avvocato MITTONE ALBERTO del foro di TORINO e l'avv. GIANARIA FULVIO del foro di TORINO entrambi difensori di C.C., che si riportano integralmente ai motivi del ricorso insistendo sul punto procedurale e sostanziale della sentenza impugnata.
È presente l'avvocato COPPI FRANCO CARLO del foro di ROMA difensore di A.A., che chiede l'accoglimento del ricorso ponendo l'attenzione sul punto riguardante la responsabilità di colpa e sulla norma relativa all'esigibilità.
Fatto
1. La Corte d'assise d'appello di Torino, con sentenza del 27 giugno 2023, previa riunione innanzi a sé dei procedimenti definiti con pronuncia del Tribunale di Torino del 27 gennaio 2021 - all'esito di giudizio svoltosi nelle forme del rito abbreviato - e con sentenza della Corte d'assise di Torino del 3 marzo 2022 - in esito a giudizio svoltosi nelle forme del rito ordinario - ha così provveduto: "Nei confronti di E.E., Y.Y., D.D., appellanti avverso la sentenza in data 3.3.2022 della Corte di Assise di Torino nonché nei confronti di Z.Z., A.A.A., B.B.B. in relazione all'appello proposto nei loro confronti dal PM di Torino avverso la medesima sentenza, visto l'art. 605 c.p.p., in parziale riforma della sentenza appellata, assolve Y.Y. dai reati a lui ascritti per non aver commesso il fatto e revoca le relative statuizioni civili; rigetta l'appello proposto nell'interesse degli eredi di C.C.C., U.U. e W.W. che condanna al pagamento delle spese processuali del grado; conferma nel resto e condanna gli imputati E.E. e D.D. al pagamento delle spese processuali del grado nonché gli stessi e i responsabili civili Ministero dell'Interno e Città di T, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di continuata rappresentanza e assistenza delle parti civili costituite che liquida - In favore di Q.Q. (Avv. Monda) Euro 6.214,6, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva ed Euro 632,60 per rimborso spese; - In favore di N.N. (Avv. Bona) Euro 5.404,00, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di G.G. e F.F. (Avv. Matta) Euro 8.078,98, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di M.M. (Avv. Nicolosi) Euro 6.432, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di O.O. (Avv. Villano) Euro 6.214,6, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; In favore di L.L. (Avv. Mareili) Euro 2.680,00 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; In favore di E.E.E. (Avv. Vallone) Euro 2.594,8 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di U.U. (Avv. Biafora) Euro 6.214,6, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di I.I., J.J. e H.H. (Avv. Menardo) Euro 8.670,44 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva.
E nei confronti di A.A., B.B., C.C. e D.D.D. appellanti avverso la sentenza in data 27.01.2021 del GUP del Tribunale di Torino.
Visto l'art. 605 c.p.p., in parziale riforma della sentenza impugnata, assolve D.D.D. dai reati a lui ascritti per non avere commesso il fatto e revoca le statuizioni civili;
visto l'art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti degli imputati A.A., B.B. e C.C. in relazione ai reati di lesioni ai danni di F.F.F., G.G.G., H.H.H., I.I.I., J.J.J., K.K.K., L.L.L., M.M.M., N.N.N. e O.O.O., per essere gli stessi estinti per intervenuta remissione di querela; spese a carico dei querelati;
conferma nel resto e condanna gli imputati A.A., B.B. e C.C. al pagamento delle spese processuali del grado nonché, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di continuata rappresentanza e assistenza delle parti civili costituite che liquida - In favore di Q.Q. (Avv. Monda) Euro 5.551, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva ed Euro 1.144,97 per rimborso spese; - In favore di N.N. (Avv. Bona) Euro 4.270, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di F.F. e G.G. (Avv. Matta) Euro 7.216,3 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di M.M. (avv. Nicolosi) Euro 4.328,8 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di P.P. (Avv. Costantini) Euro 5.551,00, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva e rimborso spese di Euro 5.558,52; - In favore di O.O. (Avv. Villano) Euro 5.551,00, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di V.V. (Avv. Ragghianti) Euro 4.270,00, oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore dell'associazione U.doi.Con-Unione per la Difesa dei Consumatori (Avv. Giancola) Euro 4.019,6 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di L.L. (Avv. Marelli) Euro 2.680,00 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di E.E.E. (Avv. Vallone) Euro 2594,8 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva; - In favore di eredi C.C.C. e U.U. (Avv. Biafora) Euro 6.661,2 oltre al 15% spese forfettarie CPA e Iva".
2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione E.E., D.D., A.A., B.B. e C.C. (i primi due giudicati con rito ordinario, gli altri con rito abbreviato), nonché il Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di T, che ha impugnato, in qualità di responsabile civile, la condanna emessa nei confronti di E.E.
A carico di tutti i ricorrenti erano state elevate, in cooperazione colposa tra loro, le imputazioni di omicidio colposo in danno di S.S.S. ed T.T.T., di lesioni colpose di numerosissime parti offese, di disastro colposo. Ai suddetti era stato contestato di avere agito, nelle rispettive qualità, con negligenza, imprudenza, imperizia ed in violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline.
I capi di imputazione - che si ritiene opportuno riportare per una più precisa ricostruzione degli esiti dei giudizi di merito - contengono un'analitica descrizione delle condotte colpose a ciascuno riferite, fondanti le accuse elevate in ordine alle fattispecie di reato ipotizzate.
E.E., in qualità di Primo Dirigente della Polizia di Stato, comandato come responsabile del servizio di ordine e sicurezza in piazza (Omissis) in occasione dell'evento:
a) ometteva, anche in violazione dell'art. 148 R.D. 6.5.1940 n. 635 (che recita: "Il funzionario e gli agenti di pubblica sicurezza del servizio di sorveglianza sui locali di pubblico spettacolo devono verificare ripetutamente, durante la rappresentazione, l'osservanza della disposizione contenuta nell'art. 145, nonché di tutte le altre prescritte dal presente regolamento, dal regolamento prefettizio di cui all'art. 84 della legge e dalla licenza"; art. 145: "Tutte le uscite dei locali di pubblico spettacolo devono essere, durante la rappresentazione, libere da impedimenti e aperte, oppure chiuse in modo che ognuno possa aprirne agevolmente le porte"), di verificare che le vie di esodo fossero aperte e libere da impedimenti (mentre, al contrario, i pilastrini posti sul lato prospiciente piazza in via (Omissis) - via (Omissis) costituivano intralcio in caso di sfollamento in situazioni di emergenza), e comunque adeguate a garantire il deflusso del pubblico in condizioni di sicurezza per l'incolumità delle persone in caso di emergenza; e comunque trascurando che le modalità di allestimento delle transenne (tra di loro agganciate) avrebbero comunque impedito la loro rimozione in tempi rapidi, compatibili con lo sfollamento della piazza in sicurezza in caso di emergenza e così ometteva di ordinare la sospensione o la cessazione dello spettacolo ai sensi dell'art. 82 TULPS per l'incombente pericolo per la incolumità pubblica per il caso di situazioni di emergenza;
b) ometteva di prendere cognizione del verbale della COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA e di verificare l'ottemperanza all'autorizzazione di pubblico spettacolo emessa dalla Città di T a favore di TURISMO T PROVINCIA (che ne condizionava la validità ALL'OSSERVANZA delle prescrizioni impartite dalla Commissione Provinciale di Vigilanza) in particolare:
1. il rispetto del titolo XVIII del D.M. del Ministero dell'Interno 19.8.1996 (punto 1);
2. che fosse "nominativamente designato dall'organizzatore il responsabile della sicurezza dell'intera manifestazione, che provvederà alla verifica ed all'adozione dei necessari provvedimenti finalizzati al mantenimento delle prescritte condizioni di sicurezza, ivi compresa la puntuale osservanza delle prescrizioni di cui al presente verbale" (punto 2);
3. che "tutto il personale dell'organizzazione e gli operatori" fossero "adeguatamente informati sui rischi prevedibili e sulle misure da osservare per prevenire gli incendi e sul comportamento da adottare in caso di emergenza" (punto 3);
4. che "gli accessi al parcheggio sotterraneo" fossero "presidiati al fine di garantirne l'utilizzo in caso di emergenza" (punto 18), così non considerando l'autorizzazione automaticamente decaduta e permettendo che la manifestazione avesse ugualmente luogo;
c) disponeva che sul lato Sud della piazza, in corrispondenza agli accessi dai porticati di congiunzione con piazza CLN, fossero disposte delle transenne senza valutare che queste avrebbero costituito un impedimento al deflusso del pubblico in caso di emergenza, e comunque senza disporre che le stesse potessero essere rapidamente rimosse;
d) ometteva di considerare la difformità tra l'effettivo transennamento della piazza e le indicazioni contenute nell'ordinanza questorile n. 1678/17 e di prendere cognizione del piano di emergenza e di evacuazione, predisposto dagli organizzatori, non avvedendosi che non era stata data esecuzione alle stesse istruzioni di sicurezza del piano, dove era prevista l'esposizione all'ingresso bene in vista di "precise istruzioni relative ai comportamenti degli addetti e del pubblico in caso di sinistro, e in particolare di una planimetria dell'area della manifestazione ... che indicherà la posizione delle vie di esodo" (punto 6.4), e che le transenne fossero opportunamente presidiate per essere rimosse in caso di emergenza al fine di permettere il più rapido e regolare esodo" (punto 3.1), non valutando che la tempestiva rimozione delle transenne in caso di emergenza era comunque resa impossibile dalla totale mancanza di personale addetto, istruzioni che dovevano essere a sua conoscenza come indicato nella circolare 23 maggio 2017 del Capo della Polizia che sollecita "... una particolare attenzione nella pianificazione della migliore strategia di sicurezza, d'intesa con le autorità locali, secondo un'azione corale che preveda il responsabile coinvolgimento anche degli organizzatori dei singoli eventi ... anche attraverso puntuali sopralluoghi e verifiche congiunte allo scopo di disciplinare tutte le attività connesse allo svolgimento dell'evento ...";
e) ometteva di impedire, attraverso opportune stringenti disposizioni al personale sottoposto, che all'interno della piazza fossero introdotti, anche con l'utilizzo degli accessi del parcheggio sotterraneo alla Piazza, contenitori di vetro e che essi, per conseguenza, si accumulassero al suolo, costituendo ulteriore pericolo per l'incolumità pubblica in caso di emergenza, e comunque aggravandolo, tant'è che questi, per la loro presenza a terra, cagionavano la maggior parte delle lesioni alle persone coinvolte.
D.D., in qualità di Vice Comandante della Polizia municipale di T in servizio come dirigente di turno:
a) ometteva di verificare o far verificare dal personale a lui subordinato, dopo il rilascio del parere favorevole della COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA alla agibilità tecnica delle strutture e relativi impianti allestiti in P.zza (Omissis) per il 3 giugno 2017 per la proiezione sul maxi schermo della partita di Champions League, che fossero osservate le prescrizioni imposte dalla medesima COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA, inosservanza che determinava la decadenza automatica dell'autorizzazione MAN/2017/46 per trattenimenti pubblici all'aperto, che era subordinata all'osservanza delle prescrizioni predette, e di quanto indicato nella concessione di occupazione temporanea di suolo pubblico nr.3298/40/2017 che stabilisce "che la presente concessione sarà immediatamente revocata nel caso di accertati abusi, di violazioni delle norme sopra riportate del Regolamento di polizia urbana o della normativa vigente in materia di occupazione del suolo pubblico, nonché nel caso in cui si verifichino situazioni ritenute ostative ad insindacabile giudizio della Civica Amministrazione";
b) ometteva di accertare che TURISMO T PROVINCIA osservasse le prescrizioni indicate nella concessione n. 3298/40/2017 per l'occupazione del suolo pubblico, nell'autorizzazione MAN/2017/46 per trattenimenti pubblici all'aperto e negli altri atti autorizzativi necessari;
c) ometteva di verificare l'ottemperanza da parte dell'organizzazione TURISMO T PROVINCIA delle prescrizioni imposte dalla Commissione Provinciale di Vigilanza, tra cui quelle inerenti alla incolumità pubblica;
d) ometteva di impedire, impartendo opportune disposizioni al personale sottoposto che, all'interno della piazza, fossero introdotti, anche con l'utilizzo degli accessi del parcheggio sotterraneo alla Piazza, contenitori in vetro e che essi, per conseguenza, si accumulassero al suolo, costituendo ulteriore pericolo per la incolumità pubblica in caso di emergenza, e comunque aggravandolo, tant'è che questi, per la loro presenza a terra, cagionavano la maggior parte delle lesioni alle persone coinvolte.
A.A., in qualità di Sindaco della città di T:
a) designava (per mezzo del proprio Capo di Gabinetto, dr. B.B.) per l'organizzazione dell'evento Turismo T e Provincia, ente strumentale della Città, che agiva in nome e per conto della stessa, omettendo di considerare che il tempo a disposizione per organizzare la manifestazione, di solo quattro giorni (la designazione TURISMO T PROVINCIA come organizzatore avvenne la sera del 26 maggio, venerdì, il 27 e il 28 maggio non erano lavorativi, come il 2 giugno 2017 sicché residuavano il 29, 30 e 31 maggio ed il 1 giugno 2017, prefestivo) non avrebbe consentito un'organizzazione meditata, completa ed efficiente, particolarmente sotto il profilo della sicurezza per la incolumità pubblica;
b) rilasciava o comunque consentiva che venissero rilasciati a TURISMO T PROVINCIA, (che tramite U.U.U., su specifica indicazione della Città di T in persona di P.P.P., richiedeva il patrocinio della Città, l'autorizzazione all'occupazione temporanea del suolo pubblico nelle piazze auliche e l'autorizzazione allo svolgimento di pubblico spettacolo ai sensi dell'art. 68, 69, 80 del RD 773/31 denominato finale Champions League Juventus Real Madrid):
1) il patrocinio della Città di T con delibera di giunta n. 2017-, 0240/001 del 30.5.2017 con deroga all'art. 23 co. 7 del regolamento n. 257 COSAP, per le piazze auliche;
2) la concessione n. 3298/40/2017 del 1.6.2017 all'occupazione di suolo pubblico in Piazza (Omissis);
3) l'autorizzazione n. MAN/2017/46 senza data allo svolgimento di trattenimenti pubblici temporanei all'aperto senza che fosse stato preventivamente acquistato il parere obbligatorio e vincolante della Commissione Provinciale di Vigilanza; come imposto dall'art. 80 TULPS, necessario a verificare le condizioni di sicurezza per la incolumità pubblica; di modo che l'autorizzazione - che deve recepire le condizioni di sicurezza -non avrebbe potuto essere rilasciata, e ometteva di prendere provvedimenti (v. punto e) e dare disposizioni affinché lo spettacolo non si tenesse o fosse interrotto;
c) disponeva o comunque consentiva che la concessione n. 3298/40/2017 del 1.6.2017 all'occupazione di suolo pubblico, fosse rilasciata a TURISMO T PROVINCIA, in violazione dell'art. 23 commi 2 e 3 del Regolamento comunale COSAP n. 257 della Città di T (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale in data 21 dicembre 1998 e successive modificazioni) che dispongono: "... che l'istanza per l'occupazione nelle piazze storiche ed auliche del centro cittadino sia presentata almeno quaranta giorni prima ...", "... e che la domanda sia corredata dal progetto dell'attività, dalla descrizione dell'allestimento, dalla planimetria dettagliata dell'occupazione indicando la durata, specificando i tempi di montaggio, la durata dell'evento ed i tempi di smontaggio", ancorché l'istanza fosse stata presentata il 30.5.2017 (tre giorni prima dell'evento) e senza la documentazione da allegare alla richiesta;
d) ometteva, in violazione dell'art. 50 c. 7-bis D.Lgs. 267/2000 e di quanto disposto nell'autorizzazione n. MAN/2017/46, "al fine di assicurare le esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti in determinate aree delle città interessate da afflusso di persone di particolare rilevanza in relazione allo svolgimento dell'evento in questione", di disporre, con ordinanza non contingibile e urgente, la limitazione di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche;
e) ometteva, in violazione dell'art. 54 co. 4 e 4-bis D.Lgs. 267/2000, quale ufficiale di Governo, di adottare, "provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana", o comunque, in violazione dell'art. 50 co. 5 D.Lgs. 267/2000, di adottare, quale rappresentante dell'autorità locale, ordinanze contingibili ed urgenti, "in relazione all'urgènte necessità di interventi volti a superare situazioni di pregiudizio della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità dei residenti", che avrebbero scongiurato pericoli determinati dall'utilizzo di contenitori di vetro nella piazza, ed evitato l'accumulo al suolo, causa di ulteriore pericolo, tant'è che questi per la loro presenza a terra cagionavano la maggior parte delle lesioni alle persone coinvolte;
f) ometteva di disporre accertamenti al fine di verificare che TURISMO T PROVINCIA, dopo il rilascio del parere favorevole della Commissione Provinciale Vigilanza alla agibilità tecnica delle strutture e relativi impianti allestiti in P.zza (Omissis) per il 3 giugno 2017 per la proiezione sul maxischermo della partita di Champions League, osservasse le prescrizioni imposte dalla Commissione Provinciale Vigilanza stessa. Così non tenendo conto dell'automatica conseguente decadenza dell'autorizzazione MAN/2017/46 per trattenimenti pubblici all'aperto che era subordinata all'osservanza delle prescrizioni predette, e di quanto indicato nella concessione di occupazione temporanea di suolo pubblico nr. 3298/40/2017;
g) ometteva inoltre di disporre accertamenti al fine di verificare che TURISMO T PROVINCIA osservasse le prescrizioni indicate nella concessione numero 3298/40/2017 per l'occupazione del suolo pubblico, e di tutti gli altri eventuali atti autorizzativi necessari, così non facendola revocare o comunque non facendola dichiarare decaduta;
h) ometteva, in violazione dell'articolo 50 co. 2 D.Lgs. 267/2000, di sovrintendere al corretto funzionamento dei servizi e degli uffici e alla corretta esecuzione degli atti quanto all'organizzazione in sicurezza dell'evento, di fatto riferibile alla Città e attuata attraverso suoi funzionari, consentendo che la manifestazione del 3 giugno 2017 per la proiezione in p.zza (Omissis) sul maxi schermo della partita fra Juventus e Real Madrid avesse luogo nonostante la stessa dovesse ritenersi priva dell'autorizzazione per trattenimenti pubblici all'aperto e della concessione per l'occupazione del suolo pubblico, rilasciate rispettivamente con numeri MAN/2017/46 e n. 3298/40/2017, in quanto automaticamente decadute per l'inosservanza delle prescrizioni;
i) ometteva di valutare e verificare o far verificare, anche in violazione dell'articolo 2051 c.c. sulla responsabilità del custode, che l'utilizzo della piazza, in relazione all'afflusso di pubblico, fosse stabilito in maniera compatibile con le sue dimensioni, con le modalità di allestimento (confinamento con transenne) ai fini della sicurezza per la incolumità pubblica, e con la resistenza alle sollecitazioni delle ringhiere di protezione dei varchi di accesso al parcheggio interrato, in conformità alla normativa prevista per il progetto di strutture messe in opera in ambienti soggetti a grande affollamento di cui al DM 14.01.2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni), tant'è che una di tali ringhiere cedeva sotto la spinta del pubblico.
B.B., in qualità di Capo del Gabinetto della Sindaca della Città di T:
a) designava e incaricava dell'organizzazione dell'evento del 3 giugno TURISMO T PROVINCIA, di fatto imponendola imprudentemente a C.C., Presidente di Turismo T e Provincia (ente strumentale della Città), privo di pregresse esperienze nell'organizzare eventi similari paragonabili a quello richiesto, ad eccezione di quello del 2015 relativo alla finale di Champions League Barcellona - Juventus, dove furono utilizzate strutture già in essere nonché tutti i provvedimenti autorizzativi rilasciati per la manifestazione T Jazz Festival, che era cessata tre giorni prima, con modalità irrituale, inconsueta, anomala e al di fuori delle procedure amministrative, telefonandogli la sera del venerdì 26.05.2017, durante una riunione fissata presso il proprio ufficio, a soli otto giorni dall'evento (la designazione di TURISMO T PROVINCIA come organizzatore avvenne la sera del 26 maggio, venerdì, il 27 e il 28 maggio non erano lavorativi, come il 2 giugno sicché residuavano a disposizione di fatto solamente quattro giorni lavorativi, il 29, 30 e 31 maggio ed il 1 giugno prefestivo), ignorando che tale brevissimo tempo a disposizione non avrebbe consentito una organizzazione meditata, completa, ed efficiente, in particolare sotto il profilo della sicurezza per l'incolumità pubblica, nonché omettendo di indicare, in quel contesto, il luogo della manifestazione, le modalità di svolgimento e limitandosi ad una generica indicazione di finanziamento da parte della Juventus, senza una preventiva verifica sulle capacità economiche professionali e organizzative di TURISMO T PROVINCIA, per gestire adeguatamente in sicurezza l'organizzazione della manifestazione;
b) procurava, anche con l'ausilio di P.P.P. e Q.Q.Q., poiché Turismo T e Provincia non aveva risorse economiche proprie per organizzare la manifestazione, il finanziamento da parte di Juventus FC, indicato in un primo momento nella misura di 10.000 Euro e, successivamente, nella misura di 14.000 Euro, facendo anche falsamente credere a Turismo T e Provincia, tramite P.P.P., che vi sarebbe stato ulteriore finanziamento di Fiat Chrysler Automobiles nella misura di 25.000 euro, finanziamento che non era mai stato concordato con la medesima azienda, in tal modo inducendo il citato ente ad accettare l'incarico i cui oneri economici non avrebbero potuto diversamente sopportare;
c) disponeva o comunque consentiva che a TURISMO T PROVINCIA fosse concesso il patrocinio della Città di T con delibera di giunta n. 2017-0240/001 del 30.5.2017 l'occupazione di suolo pubblico in piazza (Omissis) con la concessione numero 3298/40/2017 del 1.6.2017, e lo svolgimento di trattenimenti pubblici temporanei all'aperto con l'autorizzazione n. MAN/2017/46 senza data;
d) disponeva, anche sollecitando il 31 maggio 2017 il responsabile dell'ufficio che gestisce il suolo pubblico, R.R.R., affinché "portasse avanti la pratica" al "tavolo tecnico" (anche in considerazione del brevissimo tempo a disposizione), per il rilascio della concessione a TURISMO T PROVINCIA dell'occupazione suolo pubblico;
e) presiedeva e dirigeva le riunioni organizzative del 30 e 31 maggio 2017, in vista dello svolgimento dell'evento, con i vari soggetti istituzionali coinvolti (TURISMO T PROVINCIA, Questura, AMIAT, Polizia Municipale, e le varie articolazioni organizzative comunali interessate) nell'ambito delle quali, dopo che il 26/5/2017 era stato designato TURISMO T PROVINCIA come ente organizzatore, si affrontarono i temi relativi all'accesso alla piazza (Omissis), alla presenza di steward da posizionare ai varchi di accesso, al numero delle transenne da posizionare per chiudere la piazza e creare varchi di accesso, al posizionamento e costruzione del maxischermo e delle pedane da destinare alle televisioni ed ai giornalisti, senza considerare i problemi connessi al numero delle persone che potevano affluire ed alle vie di fuga necessarie per farle defluire in sicurezza in caso di necessità ed urgenza;
f) nella riunione del 31 maggio 2017, tenutasi presso il proprio Ufficio, alla presenza di Sciascia e W.W.W. (per TURISMO T PROVINCIA), R.R.R., K.K., P.P.P., H.H.H.H., Camera (per la Città di T), T.T.T. e I.I.I.I. (per la Protezione Civile), C.C.C.C. e D.D. (per la Polizia Municipale) e E.E.E. (per la Questura), alla richiesta del rappresentante della Questura che sollecitava la necessità che a presidiare i punti di ingresso della piazza fosse disposta dal Comune la presenza di personale munito di metal detector, rispondeva che la Città non aveva budget e non poteva quindi farsi carico delle questioni di sicurezza che dovevano essere gestite dalla Questura, così confermando che il vero organizzatore dell'evento era la Città;
g) disponeva, con e-mail del 1.6.2017 diretta a Turismo T e Provincia, il contenuto della risposta che la stessa TURISMO T PROVINCIA doveva inviare alla Questura, che richiedeva il presidio dei varchi di accesso da parte di personale privato-stewarding, conformemente a quanto indicato nella circolare del Capo della Polizia del 23.5.2017, in particolare precisando che "Turismo T e Provincia è un Ente strumentale che agisce in nome e per conto della Città di T e, seguendo le direttive da essa impartite, ha ricevuto l'incarico di organizzare l'evento in oggetto, come da deliberazione n. 02040/001 del 30/05/2017. Come è emerso dalla riunione tenutasi in data 31/05/2017, presso l'ufficio del capo del Gabinetto della Sindaca, le risorse reperite consentono unicamente la predisposizione di un servizio di steward di supporto al palco e alle attrezzature. Non ci è possibile, pertanto, sopportare l'onere economico di un servizio di controllo di accessi, verifica di sicurezza e stewardship generalizzata. Per questa ragione la Questura di Torino, nell'ambito delle proprie competenze, nel caso in cui reputi tale controllo fondamentale per la sicurezza dell'evento dovrà farsene carico in termini di uomini e mezzi". Di tal che TURISMO T PROVINCIA non predisponeva il servizio di steward agli accessi ma solamente quello di supporto al palco e alle attrezzature;
h) consentiva che TURISMO T PROVINCIA incaricasse l'architetto W.W.W. di progettare, dirigere i lavori, coordinare la sicurezza in fase di progetto ed esecuzione con anche la predisposizione del piano di emergenza ed evacuazione per la proiezione della finale di Champions 2017 in piazza (Omissis), ancorché, per le pregresse esperienze in materia, egli non assicurasse un livello di professionalità affidabile in relazione al tipo di manifestazione, tant'è che nel piano di sicurezza e coordinamento per i cantieri temporanei e mobili, ad esempio alle pagine 21, 26 e 29, sono presenti refusi in particolare alla p. 26 punto 7.3.4 si fa riferimento ad una classificazione acustica del territorio di C mentre al punto 7.4.3 si fa riferimento agli abitanti dell'edificio oggetto dell'intervento, refusi frutto dell'utilizzo di piani di sicurezza utilizzati per precedenti interventi; ed ancora nel piano di emergenza e di evacuazione dove trattando gli scenari di emergenza, alla pagina 15 facendo riferimento all'allarme per un ordigno esplosivo, indotto anche da uno scherzo, indica che è necessario lo sgombero del fabbricato interessato e quelli limitrofi (mentre la manifestazione si svolgeva all'aperto), ad opera del responsabile dell'emergenza, imperfezioni dovute anche alla fretta connessa al ristretto tempo a disposizione del medesimo per elaborare i predetti piani;
i) ometteva di controllare e verificare, anche in violazione dell'art. 2051 c.c., relativo alla responsabilità del custode, che l'utilizzo della piazza, in relazione all'afflusso di pubblico, fosse stabilito in maniera compatibile con le sue dimensioni e le modalità di allestimento (confinamento con transenne) ai fini della sicurezza per la incolumità pubblica, e con la resistenza alle sollecitazioni delle ringhiere di protezione dei varchi di accesso al parcheggio interrato, in conformità alla normativa prevista per il progetto di strutture messe in opera in ambienti soggetti a grande affollamento di cui al DM. 14.1.2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni), tant'è che una di tali ringhiere cedeva sotto la spinta del pubblico;
j) ometteva, imprudentemente, di controllare e di verificare, anche in violazione dell'art. 2051 c.c., che il piano di emergenza e di evacuazione redatto dall'arch. W.W.W., disponendo il transennamento della piazza, senza adeguate e praticabili vie di esodo del pubblico, in sicurezza e nei tempi rapidi imposti da situazioni di emergenza, creava pericolo per l'incolumità pubblica;
k) ometteva di promuovere presso la Sindaca, comunque tenuta a provvedere in merito, in ragione del proprio ruolo all'interno dell'amministrazione della Città, l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente di divieto di utilizzo di contenitori di vetro nella piazza, e pertanto ometteva di valutare che essi, accumulandosi al suolo, avrebbero costituito ulteriore pericolo per la incolumità pubblica in caso di emergenza, e comunque lo avrebbero aggravato;
l) ometteva di disporre accertamenti e comunque segnalare alla Sindaca, in ogni caso tenuta a provvedere in merito, nonostante egli fosse presente il 3 giugno, unitamente a P.P.P., R.R.R. e Q.Q.Q., al momento del sopralluogo della COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA in Piazza (Omissis), che Turismo T e Provincia, dopo il rilascio del parere favorevole della COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA alla agibilità tecnica delle strutture e relativi impianti allestiti in P.zza (Omissis) per il 3 giugno 2017 per la proiezione sul maxischermo della partita di Champions League, non osservava le prescrizioni imposte dalla medesima COMMISSIONE PROVINCIALE VIGILANZA, senza dunque rilevare la decadenza automatica dell'autorizzazione MAN/2017/46 per trattenimenti pubblici all'aperto, in quanto subordinata all'osservanza delle prescrizioni predette, e di quanto indicato nella concessione di occupazione temporanea di suolo pubblico nr. 3298/40/2017;
m) ometteva di accertare che TURISMO T PROVINCIA osservasse le prescrizioni indicate nella concessione numero 3298/40/2017 per l'occupazione del suolo pubblico, e di tutti gli altri eventuali atti autorizzativi necessari, così non facendola revocare o comunque non facendola dichiarare decaduta;
n) ometteva di segnalare alla Sindaca che, in relazione all'art. 50 co. 2, D.Lgs. 267/2000, sovrintende al corretto funzionamento dei servizi e degli uffici e alla corretta esecuzione degli atti quanto all'organizzazione in sicurezza dell'evento, di fatto riferibile alla Città di T ed attuata attraverso suoi funzionari, che la manifestazione del 3 giugno 2017 per la proiezione in p.zza (Omissis) sul maxi schermo della partita fra Juventus e Real Madrid, non doveva avere luogo, perché da ritenere priva dell'autorizzazione per trattenimenti pubblici all'aperto e della concessione per l'occupazione del suolo pubblico, rilasciate rispettivamente con numeri MAN/2017/46 e 3298/40/2017 in quanto decadute automaticamente per l'inosservanza delle prescrizioni ivi contenute;
o) ordinava, congiuntamente a P.P.P., con formale richiesta del 1.6.2017, protocollo 2791, all'ufficio economato della Città di T le transenne necessarie a chiudere la piazza secondo quanto previsto nel piano di emergenza e di evacuazione redatto dall'arch. W.W.W., e indicava all'ufficio stesso come referente presente in piazza per l'intera giornata del 3 giugno, la P.P.P., che a sua volta impartiva direttive durante la manifestazione, disponendo imprudentemente il posizionamento delle transenne nella piazza, così di fatto operando come responsabile della sicurezza della intera manifestazione e ingenerando la convinzione che ella ricoprisse detto ruolo, tant'è che il dirigente del servizio di ordine pubblico della Questura dr. E.E. le richiedeva ulteriori transenne da posizionare al varco di via (Omissis) angolo piazza (Omissis);
p) ometteva di valutare che l'autorizzazione di pubblico spettacolo MAN/2017/46 era stata rilasciata in assenza del previo parere obbligatorio e vincolante della Commissione Provinciale di Vigilanza, come imposto dall'art. 80 TULPS, necessario a verificare le condizioni di sicurezza per la incolumità pubblica, sicché lo spettacolo doveva considerarsi non validamente autorizzato, e ometteva di dare disposizioni, anche tramite il dirigente di turno della polizia municipale, ovvero segnalando l'irregolarità al rappresentante della Questura in piazza affinché lo spettacolo non si tenesse o fosse interrotto.
C.C., in qualità di Presidente di Turismo T e Provincia:
a) per imprudenza la sera del venerdì 26.5, a soli otto giorni dalla manifestazione connessa alla proiezione in piazza (Omissis) su maxischermo dell'incontro finale di Champions League il 3.6.2017 (il 27 e il 28 maggio non erano lavorativi, come il 2 giugno sicché residuavano a disposizione di fatto solamente 4 giorni lavorativi, il 29, 30 e 31 maggio ed il 1 giugno, prefestivo) dopo che il Capo di Gabinetto della Città di T Dr. B.B., lo convocava d'urgenza presso il suo ufficio e con modalità irrituale, inconsueta, anomala e al di fuori delle procedure amministrative gli chiedeva di organizzare, con i propri funzionari U.U.U. e X.X.X. l'evento del 3 giugno, accettava l'incarico, non considerando che tale brevissimo tempo a disposizione non avrebbe consentito una organizzazione meditata, completa ed efficiente, in particolare sotto il profilo della sicurezza per la incolumità pubblica, e senza che gli fossero indicati, in quel contesto, il luogo della manifestazione, le modalità di svolgimento, avendo solamente contezza di una generica indicazione di finanziamento da parte della Juventus, anche perché TURISMO T PROVINCIA era priva delle capacità economiche, professionali e organizzative, per gestire adeguatamente e in sicurezza l'organizzazione della manifestazione senza che TURISMO T PROVINCIA avesse pregresse esperienze nell'organizzazione di eventi similari paragonabili a quello richiesto di organizzare (ad eccezione di quello del 2015 relativo alla finale di Champions League Barcellona Juventus, dove furono utilizzate strutture già in essere per la manifestazione T Jazz Festival, nonché tutti i provvedimenti autorizzativi rilasciati, manifestazione che era cessata tre giorni prima);
b) incaricava per la gestione tecnico-operativa dell'allestimento del maxischermo e dei palchi destinati ai giornalisti e alle televisioni, l'architetto W.W.W. che, per le pregresse esperienze in materia, non assicurava un livello di professionalità affidabile in relazione al tipo di manifestazione, tant'è che nel piano di sicurezza e coordinamento per i cantieri temporanei e mobili, da quest'ultimo predisposto, ad esempio alle pagine 21, 26 e 29, sono presenti refusi in particolare alla p. 26 punto 7.3.4 si fa riferimento ad una classificazione acustica del territorio di C mentre al punto 7.4.3 si fa riferimento agli abitanti dell'edificio oggetto dell'intervento, refusi frutto dell'utilizzo di piani di sicurezza utilizzati per precedenti interventi; ed ancora nel piano di emergenza e di evacuazione dove, alla pagina 15 trattando dell'allarme per un ordigno esplosivo, indotto anche da uno scherzo, indica che è necessario lo sgombero del fabbricato interessato e quelli limitrofi (mentre la manifestazione si svolgeva all'aperto), ad opera del responsabile dell'emergenza, imperfezioni dovute anche alla fretta connessa al ristretto tempo a disposizione del medesimo per elaborare i predetti piani;
c) ometteva di verificare, anche in violazione dell'art. 2051 c.c., relativo alla responsabilità del custode, che le misure per l'esodo del pubblico fissate nel piano di emergenza e di evacuazione rispetto alla capienza prevista di 40.000 persone, non erano sufficienti e comunque erano inadeguate per l'indicata capienza della piazza in termini di sicurezza rispetto alle sue dimensioni e alle modalità di allestimento della stessa;
d) ometteva di valutare, anche in violazione dell'art, 2051 c.c., l'adeguatezza delle vie di esodo indicate ai punti 4 e 5 nella relazione tecnica di accompagnamento al piano di emergenza e di evacuazione, nella parte in cui era previsto "un accesso controllato tramite transenne e cordone di sicurezza costituito da agenti e steward" e che "la barriera di contenimento in accesso al fine di permettere il controllo del pubblico ... Si tratta di linee modulari sempre presidiate, della lunghezza di 250 cm e altezza 120 cm, che in caso di emergenza vengono prontamente smantellate per permettere un rapido ed ordinato deflusso", senza considerare che tale previsione avrebbe richiesto la mobilitazione di decine di addetti in relazione al numero di transenne perimetrali di cui Turismo T e Provincia non disponeva e che non aveva intenzione o modo di procurare (lettera 1.6.2017); e inoltre senza considerare che non sarebbe stato comunque possibile rimuovere tempestivamente le transenne in caso di emergenza, a causa del loro numero e delle modalità di installazione (agganciate tra loro), e che la capacità di deflusso non era proporzionata alle vie di fuga;
e) l'1.6.2017 inviava alla Questura di Torino lettera, preventivamente concordata con il Capo di Gabinetto della Città di T, dr. B.B., per il tramite di P.P.P., con la quale, rispondendo alla legittima richiesta dell'Autorità di P.S., richiedente un presidio dei varchi di accesso da parte di personale privato-stewarding, conformemente a quanto indicato nella circolare del Capo della Polizia del 23.5.2017, dichiarava che "Turismo T e Provincia è un Ente strumentale che agisce in nome e per conto della Città di T e, seguendo le direttive da essa impartite, ha ricevuto l'incarico di organizzare l'evento in oggetto, come da deliberazione n. 02040/001 del 30/05/2017. Come è emerso dalla riunione tenutasi in data 31/05/2017, presso l'ufficio del capo del Gabinetto della Sindaca, le risorse reperite consentono unicamente la predisposizione di un servizio di steward di supporto al palco e alle attrezzature. Non ci è possibile, pertanto, sopportare l'onere economico di un servizio di controllo di accessi, verifica di sicurezza e stewardship generalizzata. Per questa ragione la Questura di Torino, nell'ambito delle proprie competenze, nel caso in cui reputi tale controllo fondamentale per la sicurezza dell'evento dovrà farsene carico in termini di uomini e mezzi", confermando che TURISMO T PROVINCIA, nonostante avesse accettato l'incarico di organizzare la manifestazione de quo, non aveva né disponibilità economiche né capacità progettuali, e quindi era inadeguata a gestire un evento di simile portata, complessità ed ampiezza, tant'è che il mancato servizio di steward agli accessi ed alle transenne (cosi come previsto nel piano di emergenza ed evacuazione), determinava a seguito del repentino ed incontrollato movimento della folla, sia il decesso di S.S.S. che le lesioni dei soggetti indicati;
f) ometteva di verificare che fosse data attuazione al piano di emergenza e di evacuazione, in cui era prevista l'esposizione agli ingressi della piazza e bene in vista di "precise istruzioni relative ai comportamenti degli addetti e del pubblico in caso di sinistro, e in particolare di una planimetria dell'area della manifestazione ... che indicherà la posizione delle vie di esodo" (punto 6.4.);
g) ometteva di adempiere e comunque di verificare che fossero adempiute le prescrizioni relative alle vie di esodo e quelle di esercizio imposte dalla Commissione Provinciale di Vigilanza, in particolare: 1. il rispetto del titolo XVIII del D.M. del Ministero dell'Interno 19.8.1996 (punto 1), 2. che fosse "nominativamente designato dall'organizzatore il responsabile della sicurezza dell'intera manifestazione, che provvederà alla verifica ed all'adozione dei necessari provvedimenti finalizzati al mantenimento delle prescritte condizioni di sicurezza, ivi compresa la puntuale osservanza delle prescrizioni di cui al presente verbale" (punto 2), 3. che "tutto il personale dell'organizzazione e gli operatori fossero adeguatamente informati sui rischi prevedibili e sulle misure da osservare per prevenire gli incendi e sul comportamento da adottare in caso di emergenza" (punto 3), 4. che "in caso di emergenza fossero impartite al pubblico istruzioni adeguate a garantirne l'incolumità prima e durante la manifestazione attraverso l'uso dell'impianto audio e di megafoni" (punto 9), 5. che "gli accessi al parcheggio sotterraneo" fossero "presidiati al fine di garantirne l'utilizzo in caso di emergenza" (punto 18).
3. I fatti che hanno dato luogo alle articolate imputazioni sopra riportate si verificarono in data 3 giugno 2017, durante la proiezione nella Piazza (Omissis) di T della partita di calcio Juventus-Real Madrid, proiezione realizzata mediante l'installazione di un maxischermo nella piazza, dove si erano radunati, sin dalle prime ore del mattino, numerosissimi spettatori e tifosi, che avevano raggiunto il numero, stimato per approssimazione, di oltre 30.000 persone all'atto della proiezione. Si era osservato, in proposito, da parte dei giudici di merito come non fosse stato possibile addivenire ad un dato certo in ordine al numero dei partecipanti alla manifestazione, non avendo gli organizzatori previsto la stampa di biglietti per l'accesso alla proiezione o la conta dei presenti con dispositivi contapersone.
In seguito all'azione dolosa posta in essere da alcuni rapinatori, tutti identificati e giudicati separatamente con sentenza definitiva, che avevano spruzzato uno spray urticante all'indirizzo della folla, si determinò uno spostamento incontrollato degli spettatori, che, presi dal panico, nel cercare di allontanarsi in ogni direzione, si urtarono e si spinsero, determinando la caduta di un numero elevatissimo di persone, che rimasero gravemente ferite anche a causa della presenza massiccia di vetro infranto sulla pavimentazione, altresì accalcandosi contro le transenne e le mura perimetrali dei portici della piazza. In conseguenza del movimento della calca, S.S.S., che aveva cercato rifugio sotto i portici, rimase schiacciata dal tumulto della folla, decedendo per asfissia meccanica a causa della compressione del collo; T.T.T., venutasi a trovare casualmente nella piazza, subì un politrauma da schiacciamento che la condusse a morte nel 2019.
4. La Corte d'assise d'appello, nel pervenire alla decisione in questa sede impugnata, ha esaminato separatamente il contenuto delle sentenze del Tribunale e della Corte d'assise al dichiarato scopo di definire con chiarezza i confini del distinto materiale probatorio confluito nei due diversi giudizi di primo grado, da utilizzarsi ai fini della decisione.
In relazione al procedimento svoltosi con le forme del rito abbreviato, per il quale avevano optato gli imputati A.A., B.B. e C.C., la Corte di assise d'appello ha sinteticamente richiamato la ricostruzione dei fatti operata dal Giudice per l'udienza preliminare ed i profili di criticità individuati in quel giudizio con riferimento alla fase ideativa ed organizzativa della manifestazione, che avevano condotto, secondo quanto sostenuto in motivazione, alla determinazione degli eventi in contestazione.
Il primo giudice aveva ritenuto che la causa del panico propagatosi tra gli spettatori, alimentatosi progressivamente e a dismisura, diventando un fenomeno fuori controllo, fosse da ricercarsi nel numero eccessivo di spettatori contenuto in uno spazio ristretto e delimitato, per il quale non era stato previsto un agevole deflusso con vie di fuga facilmente individuabili e raggiungibili.
In tale contesto, ad aggravare la situazione si era aggiunta l'erronea collocazione delle transenne, che avevano ulteriormente delimitato l'area ed ostruito le vie di fuga, non facilmente individuabili. La planimetria, riprodotta a pagina 3 dell'ordinanza del Questore n. 1678 del 2 giugno 2017, riportava il transennamento delle vie di accesso, in particolare all'angolo della piazza con via (Omissis), via (Omissis), via (Omissis) e via (Omissis), punti nei quali la Questura aveva previsto di eseguire, attraverso il proprio personale, controlli per l'accesso in Piazza (Omissis).
Nel PEE (Piano di Emergenza ed Evacuazione) redatto dall'Arch. W.W.W., al punto 3.1 era stato descritto lo spazio dedicato agli spettatori ed al paragrafo 4.1 era stata indicata la disposizione delle transenne ai varchi ("Il sistema delle vie di fuga è costituito da varchi sfociatiti sulla pubblica via, con funzione di ingresso/uscita, presidiati da personale addestrato e formato alla sorveglianza. I varchi sono transennati, presidiati e dotati di cordoni di sicurezza realizzati con transenne modulari da 250 cm per altezza 120 cm in tutte le zone perimetrali di accesso alla piazza per permettere il regolare afflusso del pubblico e consentire in caso di necessità, anche l'ingresso dei mezzi di soccorso"). Nella planimetria allegata al PEE erano stati, poi, graficamente rappresentati il transennamento della piazza ed i varchi d'accesso.
In realtà, a dire del primo giudice, i presìdi allestiti presso la piazza riguardavano soltanto il filtraggio delle persone che accedevano all'area dedicata alla proiezione, ed il transennamento era stato realizzato in modo parzialmente diverso da quello descritto nel piano di evacuazione.
Proseguendo nell'illustrare il contenuto della sentenza di primo grado, la Corte di merito ha, quindi, evidenziato come fossero state rilevate gravi carenze da parte degli organi competenti, in termini di sicurezza e salvaguardia della pubblica incolumità, nell'organizzazione dell'evento.
L'Amministrazione comunale aveva attivato le procedure organizzative solo in data 26 maggio 2017, dopo avere individuato, per volontà politica riconducibile alla Sindaca A.A., Piazza (Omissis) quale luogo deputato ad accogliere l'evento. Si era, poi, ritenuto di affidare l'incarico dell'organizzazione della manifestazione all'Agenzia Turismo T e Provincia, e cioè ad un soggetto inidoneo a gestire un simile evento, in quanto non dotato di competenze adeguate e privo di risorse strumentali e finanziarie adatte allo scopo.
Nei pochi giorni che avevano preceduto la manifestazione erano state tenute "improvvisate" riunioni fra appartenenti alle varie Amministrazioni coinvolte (responsabili dei vari servizi comunali che avrebbero dovuto rilasciare le necessarie autorizzazioni o comunque fornire altro tipo di supporto all'evento; personale dell'A.M.I.A.T., che avrebbe dovuto occuparsi della gestione dei rifiuti; componenti della Commissione Provinciale di Vigilanza; funzionari della Questura di Torino; appartenenti al corpo di Polizia municipale ed al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco).
La Questura di Torino, i cui funzionari erano stati delegati a partecipare ad incontri su specifiche tematiche (Comm. Capo Y.Y.Y., funzionario responsabile della sezione ordine pubblico della Questura; Isp. Sup. Z.Z.Z., coordinatore di tale ufficio; dott. Y.Y., Capo di Gabinetto della Questura), non si era fatta carico di promuovere il necessario coordinamento interno ed esterno con gli altri soggetti interessati.
Alla luce di tale portato argomentativo, quindi, il Giudice per l'udienza preliminare aveva ritenuto di individuare profili di responsabilità per i reati in contestazione a carico della Sindaca di T A.A., del Capo di Gabinetto dell'ufficio del Sindaco B.B., del Presidente dell'ente "Turismo T e Provincia" (TTP) C.C.
4.1. In relazione alla posizione di A.A., il primo giudice aveva evidenziato come la decisione di organizzare l'evento in Piazza (Omissis) fosse da riferirsi direttamente a lei. Assunta tale decisione, aveva attivato con ritardo la procedura finalizzata alla realizzazione della manifestazione, considerato che l'introduttiva riunione preliminare si era tenuta soltanto il 26 maggio 2017, a distanza di una settimana dall'evento. Tale aspetto, unitamente alla individuazione di TTP quale ente preposto all'organizzazione non dotato dei necessari requisiti, si erano negativamente riverberati sulla valutazione e le scelte da operarsi in materia di sicurezza.
In qualità di Sindaco della città di T, la A.A., dovendosi attenere alla circolare adottata dal Capo della Polizia A.A.A.A., che imponeva il coinvolgimento di privati nell'organizzazione di eventi pubblici, aveva deciso di affidare la gestione della manifestazione ad un ente strumentale dell'Amministrazione comunale, denominato "Turismo T e Provincia" (brevemente indicato, da qui in poi, con la sigla TTP), il cui oggetto sociale non prevedeva la gestione di eventi di così rilevante entità. Invero, l'attività tipica del consorzio, rilevabile dall'oggetto sociale descritto nella visura camerale, riguardava i seguenti settori: "organizzazione attività promozione, accoglienza, informazione e assistenza turistica con esclusione di agenzia di viaggi"; "servizi e vendita prodotti e materiali turistici". Solo sporadicamente il suddetto ente si era occupato dell'organizzazione di eventi. Tra essi vi era quello riguardante una manifestazione realizzata nel 2015 - in occasione di altra partita calcistica - le cui caratteristiche, tuttavia, non erano assimilabili, secondo quanto evidenziato dal Tribunale, a quella oggetto del presente giudizio (sul punto si veda quanto illustrato dal G.u.p. a pag. 87 della sentenza di primo grado).
Il Sindaco era anche assessore con delega specifica agli eventi. Le attività inerenti alla organizzazione e gestione di manifestazioni del tipo di quella in esame facevano direttamente capo all'Ufficio di Gabinetto del Sindaco, retto da B.B. Fu proprio quest'ultimo, il cui operato era assentito dalla Sindaca in ragione di un'ampia delega in materia, a scegliere l'ente TTP per l'organizzazione dell'evento.
Sotto il profilo soggettivo, alla stregua di quanto sostenuto nella sentenza di primo grado, la Sindaca era perfettamente consapevole dei problemi di ordine pubblico e di sicurezza che avrebbero potuto verificarsi in occasione dalla manifestazione. Infatti, nei messaggi da lei inviati su Facebook, aveva espressamente comunicato: "prevediamo tantissime persone e sono certa che ognuno di noi farà il massimo per rendere questo appuntamento una grande festa di tifo e di civiltà"-, "vi assicuro che tanti cittadini sono al lavoro per garantire sicurezza e ordine per quella che deve essere, comunque vada, una serata di festa ci tengo a ringraziare personalmente loro e ad augurare a tutti noi un bello spettacolo". La manifestazione veniva presentata come "frutto di un intenso lavoro organizzativo finalizzato ad assicurare la sicurezza e l'ordine pubblico".
A tali dichiarazioni d'intento, aveva osservato il primo giudice, non aveva fatto seguito un fattivo impegno nella realizzazione delle misure atte a garantire che l'evento si potesse svolgere in modo sicuro. Invero, alla data del 31 maggio 2017 l'organizzazione dell'evento non era stata ancora completata. A questo proposito, il giudice di primo grado aveva richiamato in sentenza le dichiarazioni dell'architetto W.W.W., il quale aveva osservato come nella riunione del 31 maggio, a pochi giorni dall'evento, avesse notato l'assenza dei Vigili del Fuoco e di personale di G.T.T. deputato alla gestione del parcheggio sotterraneo, oltre che di referenti con cui discutere del piano sanitario, tanto da essere stato lui stesso ad affrontare il problema del posizionamento dei punti di soccorso, senza, tuttavia, conoscere quante unità sarebbero state effettivamente impiegate.
Era stata, invece, esclusa ogni responsabilità dell'imputata con riferimento alla condotta contestata al punto i) dell'imputazione, riguardante il cedimento della ringhiera avvenuto nelle fasi concitate della reazione del pubblico.
4.2. Quanto alla posizione di B.B., anch'egli giudicato con rito abbreviato, la Corte d'assise d'appello, nel richiamare la sentenza di primo grado, dopo avere evidenziato che il funzionario del Comune di T era entrato a fare parte dello staff della Sindaca con mansioni di Capo di Gabinetto e sua portavoce, ha ricordato come il giudice di primo grado avesse posto in rilievo il fatto che l'imputato si fosse adoperato affinché il consorzio TTP assumesse l'incarico di gestire l'evento.
Tale soluzione, pur apparendo al momento la più comoda per l'imputato, essendo il presidente C.C. da lui conosciuto ed essendo questi immediatamente reperibile, si rivelò essere del tutto inappropriata a garantire il sicuro svolgimento della manifestazione.
L'imputato, per come evidenziato dal giudice di primo grado, era perfettamente al corrente delle enormi difficoltà di ordine logistico, temporale e finanziario in cui si sarebbe trovato l'ente TTP nell'espletamento dell'incarico affidatogli. Lo scambio di mail con U.U.U., per la correzione delle risposte da inviare alla Questura, ha rivelato come egli fosse assolutamente a conoscenza della grave insufficienza del budget a disposizione di TTP e dell'impossibilità da parte dell'ente di far fronte alla spesa occorrente per il reclutamento di steward. Tali circostanze, tuttavia, non solo non lo avevano preoccupato in termini di possibili ricadute sulla sicurezza della manifestazione, ma non lo avevano neanche indotto a parlarne con la Sindaca.
Nonostante l'incarico conferito al consorzio di approntare l'organizzazione dell'evento, il B.B. si era ingerito nelle decisioni da assumere per l'allestimento della manifestazione. Ciò era accaduto, in particolare, con riferimento alla decisione di collocare un solo maxischermo nella piazza, con ricadute palesi sulla causazione degli eventi, atteso che tutta la folla, come era prevedibile, si sarebbe accalcata intorno all'unico schermo presente per meglio seguire la partita.
In conclusione, alla stregua di quanto rappresentato dal primo giudice, l'Amministrazione comunale aveva conferito l'incarico al consorzio in maniera frettolosa e superficiale, peraltro ingerendosi nell'organizzazione dell'evento, circostanza questa resa possibile dal fatto che l'ente cui era stato affidato l'incarico era un soggetto giuridico avente finalità di mero servizio degli obiettivi dell'Amministrazione.
4.3. Con riferimento alla posizione di C.C., rileva il fatto che, ai sensi dell'art. 20 dello statuto dell'ente TTP, l'imputato non avrebbe potuto accettare l'incarico in assenza di specifica delibera del consiglio di amministrazione. Da un lato, infatti, era proprio lo statuto dell'ente ad escludere che la carica di Presidente fosse connotata da poteri deliberativi e gestionali, mentre, dall'altro, il Presidente non avrebbe potuto impegnare il consorzio per un incarico esulante dall'oggetto sociale e dall'attività normalmente svolta.
L'imputato, in ragione della qualifica rivestita, era ben consapevole del fatto che TTP non avesse una struttura in grado di realizzare quel tipo di eventi, come desumibile dalle dichiarazioni rese da U.U.U., dirigente dell'ente, che, nel corso del suo interrogatorio, aveva sottolineato come il budget annuale messo a disposizione dalla città di T fosse destinato alla gestione di una serie di attività da svolgere durante l'anno e non avesse lo scopo di finanziare eventi, quanto, piuttosto, azioni di promozione, comunicazione ed accoglienza in campo turistico, non assimilabili a manifestazioni del tipo di quella organizzata in occasione degli infausti accadimenti occorsi. Ed invero, l'ente TTP non era dotato di una struttura apposita per l'espletamento di questa attività.
L'imputato, poi, era ben consapevole che il budget stanziato dall'Amministrazione comunale - ossia 10.000 Euro elargiti da "Juventus Football Club s.p.a" - fosse assolutamente insufficiente ad approntare un'organizzazione adeguata sotto il profilo della sicurezza dell'evento.
5. Sulla base delle argomentazioni così sinteticamente tratteggiate, il G.u.p presso il Tribunale di Torino aveva ritenuto che le scelte adottate dalla Sindaca fossero state il frutto di un approccio frettoloso, imprudente e negligente, avendo trascurato di assicurare il dovuto rilievo agli aspetti connessi alla sicurezza della manifestazione, pur essendo conscia dei pericoli che avrebbero potuto generarsi dall'evento. Quanto a B.B., aveva considerato sussistenti gli addebiti contestati ai punti a) e d) dell'imputazione, per avere l'imputato, al fine di organizzare in tempi ristrettissimi una manifestazione che avrebbe attirato migliaia di persone, incaricato l'ente TTP pur sapendo trattarsi di una struttura priva di adeguata preparazione in rapporto ad un allestimento che poneva complessi problemi di sicurezza. Con riguardo a C.C., infine, aveva ritenuto dimostrati gli addebiti contestati nel capo di imputazione in relazione alle condotte a lui ascritte al punto a), avendo egli accettato l'incarico propostogli pur nella consapevolezza che la manifestazione non rientrasse nelle attività di regola svolte dall'ente e che, stante l'assenza di un'adeguata copertura finanziaria, non fosse in grado di assicurare un regolare svolgimento di essa in termini di sicurezza per l'incolumità degli spettatori.
Tali comportamenti, alla stregua di quanto ritenuto dal primo giudice, avevano avuto rilevanza causale nella determinazione dei tragici eventi.
6. La Corte d'assise d'appello di Torino ha condiviso la ricostruzione dei fatti operata da parte del Tribunale, nella sostanza confermando l'impianto argomentativo contenuto nella suddetta sentenza.
Nel trattare la posizione di A.A., alle pagine 108 e seguenti, dopo avere riepilogato i profili di responsabilità descritti nella imputazione, articolati in nove punti - lettere da a) ad i) del capo 1 della rubrica - ha condiviso le ragioni in base alle quali il primo giudice aveva ritenuto di attribuire rilievo penale, in termini di colpa, alle azioni collegate alla fase ideativa e organizzativa della proiezione in Piazza (Omissis), azioni rimaste prive di una preliminare, seria valutazione circa gli aspetti riguardanti la sicurezza dei partecipanti.
Ulteriore profilo di responsabilità individuato a carico della Sindaca, riconosciuto anche dal primo giudice e suscettibile, alla stregua di quanto sostenuto in sentenza, di avere inciso causalmente Sugli eventi, ha riguardato la mancata adozione di un'ordinanza che prevedesse il divieto di circolazione del vetro e somministrazione di bevande in contenitori di vetro (c.d. "ordinanza antivetro") in concomitanza con l'evento.
La mancata adozione di tale provvedimento, a cui, invece, altri Sindaci della città avevano fatto ricorso in passato, aveva contribuito a realizzare, unitamente agli inefficaci controlli ai varchi ed alla mancata pulizia da parte dell'AMIAT della zona interessata, le conseguenze dannose verificatesi, essendo riconducibili a ferite da taglio le lesioni riportate dalla gran parte dei partecipanti infortunatisi.
Con riferimento al B.B. e al C.C. erano stati confermati i profili di responsabilità già individuati da parte del primo giudice.
7. In relazione al giudizio svoltosi con le forme del rito ordinario, per il quale avevano optato gli imputati E.E. e D.D., la Corte d'assise d'appello, nel ripercorrere la motivazione della sentenza della Corte d'assise, ha osservato come per i primi giudici la decisiva causa di verificazione degli eventi lesivi fosse stata la presenza massiccia di vetro infranto al suolo.
Le bottiglie di vetro, introdotte da venditori itineranti abusivi e dagli stessi spettatori insediatisi nella piazza sin dalle prime ore del mattino, non solo avevano cagionato la maggior parte delle lesioni, ma avevano anche ricoperto un ruolo determinante in relazione al successivo comportamento assunto dalla folla presa dal panico. Ed infatti, frantumandosi sotto i piedi delle persone che si stavano spostando, i vetri avevano provocato dei rumori subito interpretati dai presenti come spari o esplosioni, che avevano ingenerato nelle persone un grandissimo allarme, alimentandone il panico, nonché costituendo un serio intralcio al loro libero movimento, provocando cadute e conseguenti sanguinamenti.
La Corte d'assise aveva ritenuto che la presenza di transenne perimetrali, l'assenza di segnali che indicassero le vie di uscita e di ulteriori delimitazioni volte ad impedire il libero accesso ai portici degli spettatori non avessero avuto alcun ruolo eziologico nella causazione degli eventi.
All'irrilevanza attribuita alla presenza delle transenne era conseguita, per i primi giudici, l'assenza di rilievo della mancanza degli steward, deputati a rimuovere le transenne in caso di emergenza.
Era stata ritenuta provata l'evidente inadeguatezza delle misure predisposte per evitare che fossero introdotti contenitori in vetro nella piazza. L'assenza dell'ordinanza sindacale volta ad interdire il porto di contenitori in vetro aveva assunto un ruolo decisivo sull'avvenuto accumulo di esso sul selciato, cui si era accompagnata l'assenza di azioni sufficienti ad impedire agli abusivi di introdurre e vendere bevande in piazza, oltre alla quasi totale mancanza di un servizio di costante pulizia e rimozione dei vetri abbandonati al suolo. Era risultato provato, infatti, come i numerosi venditori abusivi avessero agito sostanzialmente indisturbati, non essendovi stato alcun adeguato intervento repressivo da parte dei Vigili urbani, sebbene l'abusivismo costituisse - insieme alla viabilità - uno dei due settori di loro specifica competenza.
Nella individuazione della causa degli eventi, la Corte d'assise aveva, altresì, ritenuto dimostrata la totale assenza di gestione del panico che aveva assalito la folla. Dopo il primo movimento della calca, infatti, nessuna informazione era stata comunicata ai presenti.
Non vi era stata alcuna specifica previsione relativa al modo di affrontare un'emergenza del genere e, nel piano predisposto dall'architetto W.W.W., che contemplava alcuni scenari più o meno assimilabili al caso verificatosi, era stato esclusivamente indicato che la competenza ricadesse sul responsabile dell'emergenza fino all'arrivo delle Forze di polizia sul posto.
7.1. Ciò premesso, in relazione alle singole posizioni esaminate, la Corte d'assise era pervenuta alle seguenti conclusioni in relazione alla responsabilità degli imputati.
Quanto a E.E., primo Dirigente della Polizia di Stato, comandato per il servizio d'ordine e sicurezza nella piazza in occasione dell'evento, la Corte d'assise aveva ritenuto il predetto responsabile dei reati a lui ascritti per avere omesso di impedire che venissero introdotti all'interno della piazza dei contenitori in vetro e che essi si potessero accumulare al suolo, costituendo ulteriore pericolo per la pubblica incolumità, oltre che per non avere garantito che il deflusso del pubblico avvenisse in condizioni di sicurezza.
Premesse le carenze osservate nella fase organizzativa dell'evento, aveva rilevato come l'accumulo del vetro al suolo fosse dipeso, oltre che dalla inadeguatezza del servizio di raccolta dei rifiuti svolto dall'AMIAT, anche dal fatto che le bottiglie di vetro, nonostante il filtraggio operato, fossero entrate copiosamente nella piazza, soprattutto ad opera degli abusivi che, per ore, avevano effettuato il loro commercio in maniera sostanzialmente indisturbata. Il totale fallimento delle misure preventive che avrebbero dovuto impedire l'ingresso degli abusivi e del vetro era stato, sia pure in parte, addebitato proprio alla condotta del E.E.
Quale delegato del Questore, deputato a dirigere il servizio in piazza, aveva, infatti, assunto su di sé, in piena adesione al ruolo e alla funzione ricoperta, il coordinamento dei servizi di quel giorno. Pur avendolo correttamente disposto, non aveva verificato in tempi adeguatamente brevi l'esatta esecuzione dei suoi ordini da parte di tutti gli uomini collocati ai varchi di ingresso, perfino giungendo a scoprire solo dopo ore che i Carabinieri non avevano effettuato alcun controllo al varco centrale lato via (Omissis) - Piazza (Omissis). Non aveva fornito, poi, indicazioni precise ai Vigili Urbani affinché si occupassero con serietà degli abusivi che assediavano la piazza e che distribuivano bevande in vetro anche all'interno dell'area recintata. Infine, si era limitato a richiedere alla centrale di inviare generiche sollecitazioni all'AMIAT, senza avere una diretta interlocuzione con il responsabile al fine di comprendere le ragioni della carente attività di raccolta del vetro sui luoghi - sostanzialmente inesistente - e aveva mancato di attivarsi affinché il personale di pulizia venisse scortato all'interno dell'area transennata.
7.2. D.D., Vice Comandante della Polizia Municipale di T, in servizio come dirigente di turno per l'intera settimana in cui era avvenuta la proiezione sul maxischermo della partita, era stato ritenuto responsabile per non avere impedito, impartendo opportune disposizioni al personale sottoposto, che all'interno della piazza venissero introdotti contenitori in vetro, poi accumulatisi al suolo, così costituendo ulteriore pericolo per l'incolumità pubblica, tanto da cagionare la maggior parte delle lesioni alle persone coinvolte.
L'assenza di ogni serio contrasto all'abusivismo era derivato sia dal numero esiguo di personale destinato ad occuparsi del fenomeno in occasione della manifestazione, sia dalla scelta, compiuta dallo D.D. lo stesso giorno dell'evento, di integrare il contingente di sole due unità, peraltro inviando il poco personale a sua disposizione unicamente ad effettuare contravvenzioni amministrative ai furgoni parcheggiati in zone esterne alla piazza, senza imporre che si procedesse al sequestro della merce. Erano stati, pertanto, riconosciuti profili di responsabilità consistiti nell'avere omesso di assumere un'azione di efficace contrasto alla vendita abusiva di bevande contenute in bottiglie di vetro mediante il sequestro della merce.
8. La Corte d'assise d'appello, investita della relativa impugnazione, ha ritenuto che le condotte colpose ravvisate a carico di altri soggetti relativamente alle fasi di ideazione e di organizzazione dell'evento non valessero ad escludere la responsabilità di E.E., in quanto soggetto deputato ai controlli finalizzati allo svolgimento sicuro della manifestazione.
Con l'ordinanza del Questore n. 1678 del 2 giugno 2017 era stato disposto che i servizi di ordine e sicurezza pubblica dovessero essere diretti dal Primo Dirigente dott. E.E., fissando l'inizio del servizio per le ore 13.00. Era stato raccomandato al Dirigente di fare eseguire la preventiva e accurata ispezione dei luoghi, le bonifiche necessarie e gli adeguati controlli di sicurezza con personale dotato di metal detector portatili ai varchi della piazza. Gli era stato attribuito, inoltre, lo specifico compito di verificare il corretto adempimento delle attività proprie dell'AMIAT. Da un lato, era stata invitata la direzione dell'AMIAT ad effettuare entro le 8.00 di sabato 3 giugno 2017, e sino al termine delle esigenze, lo spostamento temporaneo dei contenitori mobili dei rifiuti e la chiusura di quelli fissi, nonché a provvedere ai servizi di pulizia delle aree urbane interessate prima, durante e dopo lo svolgimento degli eventi con particolare riferimento alle bottiglie di vetro; dall'altro, era stato affidato al E.E. l'esplicito compito di verificare il corretto adempimento di quanto richiesto, peraltro comunicandogli il numero di telefono del responsabile dell'AMIAT da contattarsi in caso di necessità.
Ciò premesso, con riferimento alle specifiche disposizioni impartite al ricorrente, la Corte d'assise d'appello ha evidenziato come vi fosse stato un inescusabile ritardo nell'inizio delle operazioni, comprovato dalle testimonianze raccolte e dalla stessa relazione di servizio a firma del funzionario, ove era stato rappresentato che: alle ore 13.00, quando in piazza erano già presenti circa 1.000 persone, era iniziato il lavoro di posizionamento dei varchi; alle ore 14.30 si era proceduto alla bonifica dell'area; alle ore 15.00, terminate le attività di bonifica, era stata impartita la disposizione ai responsabili dei settori di mettere in funzione i varchi per il filtraggio, venendo chiuse per mezzo del personale GTT le entrate del parcheggio.
Ha, quindi, ritenuto dimostrato, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, che i varchi preposti al filtraggio fossero stati attivati solo due ore dopo l'orario previsto, quando all'interno della piazza era già presente un migliaio di persone, molte delle quali in possesso di bottiglie di vetro.
Dal compendio probatorio acquisito era risultato evidente, altresì, l'intento della Questura di evitare, con la predisposizione dei varchi, che vi fosse l'accesso di spettatori recanti contenitori in vetro. Il filtraggio, infatti, aveva lo scopo di impedire anche che venissero portate all'interno dell'area bottiglie di vetro e lattine, le quali, peraltro, avevano finito inevitabilmente per accumularsi ai varchi. Avendo la presenza del vetro nella piazza assunto una significativa rilevanza causale nella determinazione degli eventi, l'omesso controllo capillare degli spettatori e la mancata corretta vigilanza sull'operato dei soggetti preposti al controllo dei varchi avevano contribuito al verificarsi degli eventi.
Sotto altro profilo, pur rientrando la repressione del fenomeno rappresentato dalla circolazione degli ambulanti tra i compiti specificamente attribuiti alla Polizia Municipale, era, altresì, emerso con evidenza come anche tale aspetto fosse stato trascurato dal Dirigente della Questura responsabile dell'ordine pubblico.
Contrariamente alla prospettazione difensiva, infatti, il controllo degli abusivi era anche di pertinenza del Dirigente del servizio, come emergerebbe dalle disposizioni da lui stesso impartite, dal tentativo di contrasto operato dai diversi ufficiali in servizio e dalle comunicazioni rilasciate via radio, nelle quali era stata evidenziata la necessità di evitare l'ingresso incontrollato dei venditori abusivi. Con riferimento ai compiti di controllo nei confronti dell'AMIAT, il Dirigente non si era dimostrato adempiente, non avendo assunto nessuna concreta iniziativa finalizzata ad esigere un più efficace intervento di rimozione del vetro.
La Corte d'assise d'appello ha, invece, ritenuto che nessun addebito dovesse essere elevato a carico dell'imputato con riferimento al profilo riguardante la gestione del panico della folla. In relazione a tale aspetto, considerato il movimento incontrollato delle masse ed il senso di insicurezza generalizzato che si era propagato, il comportamento alternativo richiesto al E.E. non avrebbe significativamente escluso l'evento e le sue drammatiche conseguenze.
8.1. Quanto a D.D., infine, la Corte d'assise d'appello ha confermato nella sua interezza gli addebiti rilevati da parte del primo giudice, confermando che l'azione di contrasto effettuata nei confronti dei venditori ambulanti si era rivelata assolutamente inefficace, risultando gli ordini impartiti ai suoi uomini del tutto inidonei ad impedire la circolazione delle bottiglie di vetro nell'area interessata dall'evento.
9. I motivi di ricorso proposti dagli imputati e dal responsabile civile, alcuni dei quali molto diffusi e articolati, sono riassunti, in ossequio al disposto di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., come segue.
9.1. I difensori di A.A. hanno articolato sette motivi di ricorso, subito chiarendo, in premessa, come le sentenze di merito abbiano stravolto il senso delle dichiarazioni rese dalla Sindaca, la quale, pur rivendicando la scelta di aver fatto svolgere la manifestazione in Piazza (Omissis) - peraltro già utilizzata in passato per eventi simili - ha sempre rimarcato che nessuna delle altre Autorità coinvolte nella preparazione della manifestazione le avesse preventivamente segnalato problemi o perplessità legati alla sicurezza, evidenziando la necessità di sospenderne la realizzazione per la presenza di specifici rischi. Per l'effetto, quindi, la ricorrente sarebbe stata condannata in totale spregio dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, per cui un Sindaco può essere chiamato a rispondere penalmente del suo operato solo laddove vi sia stata la precedente segnalazione, ovvero un "campanello di allarme", che avesse evidenziato la presenza di criticità o di problematiche specifiche.
9.2. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 596, comma 3, cod. proc. pen. a cui era conseguita l'erronea individuazione della Corte d'assise d'appello di Torino quale giudice funzionalmente competente a decidere del giudizio a suo carico.
Il giudizio di primo grado, rammenta la difesa, si era concluso, in ragione delle diverse scelte processuali operate da parte dei vari imputati, con due distinte sentenze, quella emessa dal G.u.p. del Tribunale di Torino in data 27 gennaio 2021, susseguente alla celebrazione del giudizio abbreviato, e quella della Corte di assise di Torino del 3 marzo 2022, all'esito di giudizio svolto con le forme del rito ordinario. Era stata, in particolare, individuata la competenza della Corte di assise con riguardo a tale ultimo giudizio, in applicazione del disposto di cui agli artt. 12 lett. a) e 15 cod. proc. pen., risultando la connessione dei contestati reati colposi con quello di omicidio preterintenzionale di cui all'art. 584 cod. pen., oggetto di separato procedimento.
La Corte di appello di Torino, chiamata a decidere Sulla pronuncia di condanna emessa dal G.u.p. del Tribunale di Torino, aveva accolto, con sentenza del 19 ottobre 2022, la questione sollevata | dal Procuratore generale, declinando, ai sensi dell'art. 596 cod. proc. pen., la propria competenza per essere i reati oggetto di giudizio concessi ad altri di competenza della Corte di assise, cosi rimettendo gli atti alila Corte di assise d'appello di Torino. Tale ultima, richiamando e condividendo le ragioni giuridiche esposte dalla Corte di appello, aveva rigettato con ordinanza, all'udienza del 17 gennaio 2023, la richiesta dei difensori di proporre conflitto di competenza.
La decisione sarebbe erronea per la ricorrente, avendo entrambi i giudici mal interpretato il disposto dell'art. 596, comma 3 cod. proc. pen., sostenendo che la competenza funzionale fosse da ripartirsi secondo il criterio stabilito dall'art. 15 cod. proc. pen., e non già con riferimento al reato sic et simpliciter oggetto del processo.
Ed infatti, secondo i canoni interpretativi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, le norme dettate in materia di competenza, nel libro primo del cod. proc. pen. (artt. 4 ss.), si riferiscono al giudice ed al giudizio di primo grado. La competenza del giudice di appello è, invece, determinata secondo i criteri funzionali scritti nell'art. 596 cod. di rito.
Sarebbe stata, pertanto, funzionalmente competente a decidere sul procedimento definito dal G.u.p. in primo grado con le forme del rito abbreviato la Corte di appello, non già la Corte d'assise d'appello.
9.3. Con la seconda censura la ricorrente ha lamentato vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati ia lei ascritti, con particolare riguardo alla condotta contestatale alla lett. a) bel capo 1) della rubrica, avente ad oggetto la ristrettezza dei tempi per la realizzazione della manifestazione, e poi a quelle di aver scelto TURISMO T PROVINCIA) # quale ente organizzatore e avere individuato Piazza (Omissis) quale luogo di proiezione della partita, altresì lamentando l'erroneità della ritenuta rilevanza causale di tali aspetti rispetto alla verificazione degli eventi.
La Corte d'assise d'appello, lamenta la difesa, h penale responsabilità dell'imputata in relazione alle tre specifiche condotte colpose appena indicate, di cui soltanto la prima aveva formato oggetto di espressa contestazione nella imputazione.
Con riferimento alla condotta di avere voluto la proiezione della partita nonostante i tempi ristretti, la ricorrente deduce, in primo luogo, la genericità dell'addebito, non essendo dato comprendere su quali specifiche circostanze la ristrettezza dei tempi avrebbe in concreto inciso.
Sarebbe del tutto approssimativa la motivazione con cui entrambi i giudici di merito hanno ritenuto l'incidenza causale della ritenuta mancanza di tempo e della fretta nell'espletamento dei preparativi che precedettero il verificarsi dei tragici incidenti.
Erronei sarebbero i riferimenti operati in motivazione a presunte superficialità nelle condotte, prive di convincenti argomentazioni a sostegno, ed a ipotetiche incomprensioni tra gli organizzatori, di cui non risulterebbe provata, invece, un'origine eziologicamente derivante dall'urgenza del decidere per la ristrettezza dei tempi.
D'altro canto, come emerso dalle risultanze processuali, in quel ristretto lasso temporale erano state svolte varie attività riunioni, tali da far ritenere che il tempo, per quanto ridotto, non fosse comunque inidoneo a rendere possibile un'adeguata organizzazione dell'evento.
Secondo la ricorrente, inoltre, sarebbe viziata la sentenza impugnata per avere ritenuto la sussistenza di una sua condotta colposa derivante dal fatto di avere considerato sufficiente il tempo a sua disposizione per organizzare l'evento: tenuto conto, con valutazione ex ante, dello specifico bagaglio conoscitivo derivante da pregresse esperienze nell'organizzazione di eventi simili - almeno quattro - in tempi egualmente ristretti, la sentenza non chiarisce le ragioni per cui la ricorrente non avrebbe dovuto ritenere sufficienti i giorni a disposizione per poter organizzare in sicurezza la manifestazione.
I vizi di contraddittorietà e di omessa motivazione connoterebbero anche la dichiarazione di responsabilità riguardante la scelta della Piazza (Omissis) quale luogo di svolgimento dell'evento, con addebito, peraltro, contestato alla ricorrente in estensione di quanto previsto dall'originaria imputazione.
Si trattava, infatti, di un luogo già varie volte sperimentato in precedenti analoghe occasioni, con esiti sempre molto positivi, per cui si sarebbe trattato di una scelta del tutto logica e congrua. Per altro verso, tutti i soggetti coinvolti nella organizzazione dell'evento - ed in particolare il Questore, mandato assolto - non avevano segnalato nessuna criticità in proposito, non ritenendo neppure necessario un preliminare sopralluogo congiunto nella piazza.
La pronuncia impugnata sarebbe, infine, viziata per omessa motivazione pure con riguardo alla condotta relativa alla scelta di TTP quale ente organizzatore dell'evento.
Tale opzione, infatti, non sarebbe stata né imprudente né superficiale né tanto meno estemporanea, ma del tutto logica e rassicurante, tenuto conto delle pregresse esperienze avute da tale ente nella gestione di eventi simili e considerato, altresì, come lo specifico compito omesso a TTP sarebbe stato solo quello di posizionare il maxischermo e le eventuali strutture finalizzate alla gestione del pubblico.
9.4. Con la terza doglianza la ricorrente ha dedotto erronea applicazione dell'art. 589 cod. pen. e degli artt. 449 e 434 cod. pen., in relazione agli artt. 40 e 113 cod. pen., oltre a vizio di motivazione per mancanza, illogicità e contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, con riferimento all'addebito di cooperazione colposa.
La condotta a lei ascritta, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, dovrebbe intendersi riferita alla sola fase ideativa dell'evento, senza alcun tipo d'interrelazione con le successive fasi della organizzazione e della gestione della manifestazione. L'imputata, cioè, avrebbe limitato la propria contribuzione causale esclusivamente ad un momento temporalmente antecedente e del tutto distinto rispetto a quello di intervento delle condotte degli altri imputati, mancando la prova della sua consapevolezza di operare con altri, e quindi in carenza dei presupposti necessari per integrare la cooperazione nel delitto colposo.
La sentenza impugnata presenterebbe, sul punto, una motivazione contraddittoria, laddove ha ritenuto la ricorrenza della cooperazione colposa in ossequio ad una considerazione unitaria delle distinte condotte antidoverose poste in essere dagli imputati, salvo, poi, necessariamente evidenziare come tali ultime fossero state consumate in momenti non contestuali, così dando rilievo, sotto vari profili (ed in particolare con riguardo a quello della prevedibilità), alle diverse fasi dell'ideazione, dell'organizzazione e della gestione dell'evento.
La diacronicità determinata dall'obiettivo susseguirsi, in momenti distinti, delle condotte degli imputati non consentirebbe, pertanto, con riferimento ai parametri ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimità - in particolare in tema di attività sanitaria di equipe - di ritenere nella specie configurabile la cooperazione colposa con riguardo agli addebiti contestati alla ricorrente, tutti aventi ad oggetto la sola originaria fase ideativa. A fronte di condotte indiscutibilmente ricomprese in una fase antecedente rispetto a quella gestoria, di natura tecnica, sarebbe stato necessario un ben più pregnante sforzo motivazionale da parte dei giudici di merito al fine di poter giustificare la ricorrenza della cooperazione colposa nelle condotte ascritte alla A.A.
9.5. La ricorrente ha, poi, eccepito, con il quarto motivo di ricorso, vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 40 cpv., 41 e 43 cod. pen. in relazione ai presupposti normativi necessari per l'emissione della c.d. "ordinanza antivetro", di cui all'art. 54 TUEL.
Entrambe le sentenze di merito avrebbero, infatti, individuato a suo carico la presenza di una posizione di garanzia ex art. 40, comma 2, cod. pen. discendente dalla inosservanza della regola cautelare di cui all'art. 54 TUEL, in ragione della quale avrebbe dovuto emanare un'ordinanza di natura contingibile ed urgente, che vietasse ogni forma di detenzione di contenitori in vetro da parte di chiunque, ritenuta impeditiva della verificazione degli eventi.
In senso contrario, invece, la difesa rileva come, nel caso di specie, non ricorressero i presupposti oggettivi - come anche considerati nell'interpretazione resa da parte di questa Suprema Corte - per l'adozione della suddetta ordinanza contingibile e urgente.
In modo particolare insussistente sarebbe il requisito della contingibilità, considerato che la notorietà e la consapevolezza del rischio di uno smodato consumo di liquidi e del conseguente eccessivo accumulo di bottiglie di vetro sui luoghi non potrebbero, comunque, essere considerati elementi sufficienti ad integrare detto presupposto, configurabile solo laddove si ravvisi la presenza di situazioni impreviste, non fronteggiabili altrimenti con gli ordinari rimedi apprestati dall'ordinamento.
Tali provvedimenti sarebbero adottabili solo laddove ricorra la necessità di affrontare situazioni di carattere eccezionale e impreviste, non tipizzate dalla legge, costituenti una concreta minaccia per la pubblica incolumità, rispetto alle quali, dopo un'adeguata istruttoria e l'adozione di una congrua motivazione, venga ritenuto impossibile utilizzare strumenti di carattere ordinario.
Ad avviso della ricorrente, il rischio vetro poteva essere adeguatamente affrontato con gli ordinari provvedimenti di competenza della P.A., senza necessità di ricorrere all'ordinanza sindacale "antivetro", come risulterebbe comprovato dalle iniziative congruamente assunte da parte di altre Autorità al riguardo, sfociate nella comunicazione del Questore del 31 maggio 2017 e nell'ordinanza del Questore n. 1678 del 2 giugno 2017, volte a prevenire l'eccessiva presenza di vetro sui luoghi, favorendo l'effettuazione di un'opera di filtraggio, nonché invitando l'AMIAT ad operare una scrupolosa attività di pulizia. Né tale argomento può essere sconfessato valorizzando precedenti ordinanze, di natura simile, adottate da parte di altri Sindaci di T, in quanto comunque insufficienti a consentire di ravvisare, nel caso di specie, la ricorrenza del requisito della contingibilità.
Per come in precedenza osservato, inoltre, l'adozione dell'ordinanza ex art. 54 TUEL presupporrebbe una preventiva adeguata istruttoria e l'adozione di una congrua motivazione.
Nel caso di specie sarebbe stata espletata un'adeguata istruttoria, essendovi stato un incontro il 26 maggio 2017 ed una conferenza di servizi il successivo 31 maggio 2017, in cui era stato trattato anche il problema della presenza delle bottiglie di vetro, senza che, in entrambe le circostanze, fosse stata segnalata alla Sindaca la presenza di rischi imprevedibili ed eccezionali.
Ciò imporrebbe, sulla base di una valutazione ex ante, l'esclusione di ogni tipo responsabilità a carico di A.A. per non avere adottato l'indicata "ordinanza anti-vetro".
9.6. Con la quinta censura sono stati eccepiti erronea applicazione dell'art. 589 cod. pen. e degli artt. 449 e 434 cod. pen., in relazione agli artt. 40 e 113 cod. pen., oltre a vizio di motivazione per mancanza e contraddittorietà estrinseca, anche nella specie del travisamento della prova, in relazione alla ritenuta efficacia causale sugli eventi dell'omessa adozione della c.d. "ordinanza anti-vetro".
Per la difesa sarebbe, in particolare, erronea la valutazione con la quale i giudici di merito hanno ritenuto che la mancata adozione dell'ordinanza ex art. 54 TUEL avrebbe contribuito all'accumulo di vetri sul selciato, determinando il ferimento di gran parte delle persone offese. Tale incidenza causale sarebbe stata, in particolare, individuata con riguardo al vetro entrato in piazza prima della relativa chiusura, nonché in ordine alla presenza dei contenitori di vetro abbandonati ai varchi in occasione dei controlli, ovvero direttamente entrati attraverso gli stessi varchi.
Si ritiene che non possa essere ascritta alla ricorrente la responsabilità dell'avvenuta effettuazione d'inadeguati controlli ai varchi e della imprevedibile decisione di provvedere alla chiusura della piazza senza prima perquisire le persone che vi avevano già fatto ingresso, all'evidenza di pertinenza delle Forze dell'ordine. D'altro canto, che gli spettatori presenti sin dalle prime ore del mattino recassero con sé delle bevande in bottiglie di vetro risulterebbe circostanza solo ritenuta verosimile e giammai compiutamente provata.
In ordine, poi, alla ritenuta rilevanza causale della condotta serbata dalla A.A. con riferimento all'intervenuto ingresso di vetro attraverso i varchi, la ricorrente rileva come le relazioni di servizio redatte da appartenenti alle Forze dell'ordine preposte ai varchi attesterebbero, in termini contrari, che nella circostanza vi fosse stata una valida attività di filtraggio, con il solo accumulo di bottiglie di vetro in prossimità dei varchi, essendo stato inibito il loro trasporto all'interno della piazza. Né l'indicato aspetto potrebbe essere evinto dai contenuti di alcune querele proposte da parte di alcune persone offese, che in un numero assai limitato (solo nove) avrebbero riferito di un omesso controllo ai varchi a fronte di un ben più cospicuo numero di persone (oltre un centinaio) che avrebbero invece attestato l'avvenuto espletamento di adeguati controlli ai varchi.
Il vetro, in realtà, sarebbe entrato in piazza principalmente ad opera dei venditori ambulanti e abusivi, senza, peraltro, che possa ritenersi provato che gli esercizi commerciali avessero provveduto alla vendita di bevande in vetro.
L'insieme degli indicati aspetti, ed in particolare l'affermata impossibilità di configurare in termini certi che il vetro fosse entrato in piazza attraverso i varchi, renderebbe del tutto indimostrata la ritenuta incidenza causale dell'omessa adozione della ordinanza sindacale ai fini della verificazione degli eventi.
9.7. Con la sesta doglianza la ricorrente ha lamentato vizio di motivazione per erronea applicazione dell'art. 43 cod. pen. nonché mancanza di motivazione e contraddittorietà estrinseca, anche nella specie del travisamento della prova, in relazione all'affermata prevedibilità ed evitabilità degli eventi dannosi occorsi, da cui i giudici di merito hanno fatto discendere la responsabilità dei reati a lei ascritti ai capi 1 e 2 di imputazione.
Entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto comprovato come i tragici eventi oggetto di giudizio sarebbero stati originati dalla condotta dolosa (in termini di dolo eventuale) realizzata da parte di rapinatori che, diffondendo uno spray urticante in mezzo alla folla, avrebbero innescato un brusco e imprevedibile movimento a raggiera degli spettatori che ne avevano percepito gli effetti nocivi, provocando lo scatenarsi del panico generalizzato e la conseguente compressione delle persone.
I suddetti eventi, in realtà, sarebbero stati del tutto imprevedibili e non evitabili, stante l'assoluta peculiarità ed originalità della causa dolosa, mai prima verificatasi in concreto, causativa del panico tra la folla.
Avrebbero, pertanto, errato i decidenti dei due gradi di giudizio nel ritenere, invece, la prevedibilità di un simile evento, sul presupposto che esso avrebbe costituito solo l'innesco, e quindi un fatto perfettamente fungibile e non caratterizzante, del percorso causale che aveva condotto al verificarsi degli eventi.
Per come accertato, invece, con pronuncia passata in giudicato, nel processo celebratosi a carico dei rapinatori, l'utilizzo dello spray al peperoncino avrebbe rappresentato una condotta dolosamente preordinata a cagionare il panico collettivo, così rappresentando la causa immediata e diretta dei tragici eventi accaduti.
D'altro canto, le linee guida allegate alla Circolare del Ministero dell'Interno, in quel momento vigenti, individuavano sette differenti scenari di rischio, con relativa specificazione dei corrispondenti piani di emergenza e dei soggetti a ciò incaricati, a riprova di come i possibili incidenti - ed in particolare quello avvenuto in Piazza (Omissis) il 3 giugno 2017 - non potrebbero mai essere considerati fungibili, ma siano sempre connotati da una loro propria tipicità.
Quello determinato dalla diffusione dello spray urticante avrebbe presentato, quindi, caratteristiche tali da non poter essere ricondotto a nessun altra categoria di pericolo, risultando, nella specie, del tutto imprevedibile e non controllabile, in quanto mai verificatosi in precedenza, e non essendo stato neanche percepito nella immediatezza dei fatti da parte dei soggetti incaricati della tutela dell'incolumità pubblica. D'altro canto, a conferma della radicale novità di quanto accaduto a Piazza (Omissis), è di palmare incisività la circostanza per cui solo in data 7 giugno 2017, quattro giorni dopo i fatti, sarebbe stata emessa una Circolare del Ministero dell'Interno regolante questo inedito scenario di pericolo, con individuazione di nuove specifiche regole cautelari e di nuove posizioni di garanzia.
Le risultanze processuali, in particolare le conclusioni rese dal consulente del P.M., consentirebbero, infine, di affermare, in termini di ragionevole certezza, come non vi potesse essere nessun nesso eziologico tra la colpa ascritta all'imputata e la verificazione dei tragici eventi con riguardo al primo brusco movimento avuto dalla folla, trattandosi di accadimento del tutto inevitabile, verificatosi in maniera assolutamente rapida e imprevedibile. Le conseguenze derivate da questo primo movimento di massa non sarebbero state evitate, pertanto, neanche adottando la condotta alternativa lecita individuata dai giudici di merito. Inoltre, il consulente aveva osservato come al primo movimento, assolutamente imprevedibile, ne fosse seguito un secondo, temporalmente distinto dal primo, contenibile attraverso un sistema di monitoraggio in grado di fornire informazioni alle persone in preda al panico, la cui mancanza non può certamente essere ascritta alla ricorrente.
9.8. Con il settimo motivo, infine, la ricorrente ha dedotto violazione della disciplina di cui all'art. 81, comma 1, cod. pen. e vizio di omessa motivazione in ordine all'incremento di pena effettuato per ciascun reato di lesioni personali in contestazione, altresì lamentando violazione dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen. per mancata riduzione di pena nonostante l'intervenuto suo proscioglimento in secondo grado da alcuni delitti di lesioni.
Lamenta, in particolare, l'imputata che la Corte d'assise d'appello, nel confermare la pronuncia di condanna emessa da parte del primo giudice, e quindi l'entità della pena inflittale, sarebbe incorsa in un vizio motivazionale per non avere esplicitato le ragioni dei singoli aumenti di pena previsti per i differenti episodi di lesioni personali oggetto di condanna ex art. 589, ultimo comma, cod. pen. Tale ultima norma, infatti, non prevederebbe un'autonoma figura di reato complesso, ma un'ipotesi di concorso formale di reati, solo unificati "quoad poenam", i quali, tuttavia, mantengono la propria autonomia.
Il vizio riguardante la mancata riduzione della pena acquisterebbe significativa rilevanza ove si consideri che il secondo giudice ha mantenuto la stessa pena inflitta da parte del G.u.p., pur a seguito dell'intervenuto suo proscioglimento da dieci reati di lesioni personali (commessi in danno di F.F.F., G.G.G., H.H.H., I.I.I., J.J.J., K.K.K., L.L.L., M.M.M., N.N.N. e O.O.O.) per essere gli stessi estinti per intervenuta remissione di querela. Ciò avrebbe, conseguentemente, determinato una violazione del divieto di reformatio in peius, con necessità di annullamento della sentenza impugnata anche sotto tale ultimo profilo.
10. B.B. ha dedotto sei motivi di ricorso. Occorre tuttavia precisare, per maggiore chiarezza espositiva e per evitare di incorrere in equivoci, che, mentre nella premessa - pagine 3 e 4 del ricorso - sono elencati i titoli di sette motivi di ricorso, nella parte illustrativa delle doglianze la numerazione risulta essere discontinua: si nota, infatti, l'assenza del paragrafo IV, passando dal paragrafo III (pag. 42) direttamente al paragrafo V (pag. 52). Come premessa metodologica si evidenzia che, per comodità espositiva, si farà riferimento in sentenza anche alla numerazione indicata nel ricorso, preceduta dalla specificazione che i paragrafi V, VI e VII sono denominati tali, pur non corrispondendo, come si è detto, ad una corretta numerazione.
10.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale processuale - nella specie dell'art. 596, comma 3, cod. proc. pen. - in ordine all'individuazione della competenza funzionale della Corte d'assise d'appello di Torino quale giudice deputato a trattare del giudizio di appello a suo carico.
Risultando le argomentazioni a sostegno del rilievo in tutto coincidenti con quelle dedotte dalla coimputata A.A. nel suo primo motivo di ricorso, si fa espresso rinvio a quanto già illustrato in precedenza (cfr. paragrafo 9.2).
10.2. Con il secondo motivo il B.B. ha eccepito mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, anche sub specie del travisamento della prova, della motivazione della sentenza impugnata in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati a lui ascritti, con particolare riguardo alla condotta contestatagli alla lett. a) del capo 1) della rubrica, avente ad oggetto la ristrettezza dei tempi per la realizzazione della manifestazione, la scelta di TURISMO T PROVINCIA quale ente organizzatore, la scelta della individuazione della Piazza (Omissis) quale luogo di proiezione della partita. Ha lamentato, altresì, l'erroneità della ritenuta rilevanza causale di tali aspetti rispetto alla verificazione degli eventi, nonché, infine, l'insussistenza delle condotte di ingerenza fattiva espressamente attribuitegli e della rilevanza causale di queste rispetto ai fatti di cui è stato chiamato a rispondere.
La Corte d'assise d'appello ha confermato la penale responsabilità dell'imputato in ragione di tre specifiche condotte colpose, consistite nell'avere, unitamente alla Sindaca, deciso solo pochi giorni prima la proiezione della partita, scelto TTP quale ente organizzatore, individuato Piazza (Omissis) quale luogo di svolgimento della manifestazione.
Il B.B. - pur chiamato a svolgere, in quanto Capo di Gabinetto, attività di raccordo tra la volontà politica espressa dalla Sindaca e l'apparato amministrativo chiamato ad eseguirla - sarebbe stato ritenuto penalmente responsabile per via della natura prettamente fiduciaria del suo incarico, idoneo a realizzare, secondo la prospettazione dei giudici di merito, una sorta di immedesimazione organica con la Sindaca, soprattutto in esito alla delega conferitagli per la gestione della vicenda, tale da aver determinato la conseguente consapevole assunzione di una posizione di garanzia nella tutela dai rischi derivanti dall'organizzazione della manifestazione. In ragione del ruolo svolto di supplenza della Sindaca, è stata ascritta al B.B. anche la responsabilità di non aver sollecitato l'emissione della c.d. "ordinanza antivetro", la quale, tuttavia, non era stata suggerita neanche dai rappresentanti degli organi tecnici presenti alle riunioni.
Avrebbero errato i giudici di merito nel ritenere che la manifestazione sarebbe stata tragicamente condizionata dalla presunta ristrettezza dei tempi di organizzazione, e dalla relativa conseguente approssimazione, considerato che, in termini inversi, lo spazio di nove giorni aveva consentito di dare corso a tutte le attività preparatorie necessarie, come attestato dal giudice di primo grado in sentenza (pag. 56 e seguenti).
Per come emerso dalle risultanze processuali, in quel lasso temporale erano state svolte varie attività e riunioni, nel corso delle quali nessuna delle Autorità presenti aveva prospettato criticità correlate alla eccessiva brevità del tempo dedicato alla preparazione della manifestazione. L'esame delle decisioni prese e delle varie attività svolte attesterebbero, poi, come il B.B. avesse adempiuto a tutte le incombenze di sua spettanza, soprattutto considerato che trattavasi di soggetto privo di specifiche competenze tecniche.
Proprio le dichiarazioni di U.U.U., riportate a pag. 112 della sentenza impugnata, proverebbero il contrario di quanto sostenuto dalla Corte di merito, avendo costui affermato che, sebbene il tempo a disposizione fosse oggettivamente ridotto, era comunque compatibile con l'organizzazione della manifestazione (di qui la contraddittorietà della motivazione offerta in sentenza).
Il ricorrente lamenta, inoltre, la natura apodittica dell'addebito concernente l'adozione di una sua condotta approssimativa, non essendo dato comprendere, per evidente carenza motivazionale e ribaltamento del giudizio controfattuale, su quali specifiche circostanze la ristrettezza dei tempi avrebbe concretamente inciso e non essendo stato chiarito in che modo l'esistenza di un maggior tempo avrebbe consentito un più adeguato allestimento dell'evento.
Non risulterebbero specificate, ancora, le ragioni per cui, operando una valutazione ex ante e tenuto conto dello specifico bagaglio conoscitivo derivante dalle pregresse esperienze avute nell'organizzazione di altri eventi simili (almeno quattro) in tempi egualmente ristretti, il ricorrente non avrebbe dovuto ritenere sufficienti i giorni disponibili per organizzare in sicurezza la manifestazione. In proposito si evidenzia come nemmeno gli organi deputati alla salvaguardia delle persone, quali il Prefetto, abbiano avanzato dubbi riconducibili al fattore tempo. Lo stesso Questore D.D.D. - assolto nel grado di appello - ha ammesso come dopo la data del 30 maggio 2017 le conoscenze a loro disposizione fossero state tali da rendere superflua la necessità di un sopralluogo congiunto nella piazza.
Parimenti viziata sarebbe, poi, la motivazione posta a fondamento della ritenuta responsabilità del ricorrente per avere, in modo imprudente e con "piglio decisionistico", individuato Piazza (Omissis) quale luogo di svolgimento dell'evento, trattandosi, invece, di scelta del tutto logica e congrua, oltre che condivisa da tutte le Autorità coinvolte. Invero, la suddetta piazza era già stata varie volte utilizzata per lo svolgimento di manifestazioni analoghe, con esiti sempre molto positivi sul piano della gestione del pubblico.
La preferenza accordata a Piazza (Omissis) invece che a Piazza (Omissis) - che i giudici di merito hanno ricondotto apoditticamente al "piglio decisionistico" di B.B. - era stata condivisa da tutti gli interlocutori che avevano partecipato alla riunione del 26 maggio 2017 ed era anche giustificata, come specificato da P.P.P., dalla necessità di evitare che si ripetessero gli episodi di danneggiamento di Palazzo (Omissis) verificatisi in occasione di un'analoga manifestazione ad opera dei tifosi della Juventus.
La pronuncia impugnata sarebbe ulteriormente viziata da illogicità, carenza di motivazione e travisamento del fatto, pure con riguardo alla condotta relativa alla scelta di TTP quale ente organizzatore della manifestazione, ritenuto dai giudici di merito inidoneo a sostenere in via autonoma il compito di allestire un evento di simile rilievo.
In termini inversi, invece, il ricorrente evidenzia come l'opzione ricaduta su tale ente non sarebbe stata effettuata in carenza di vaglio critico, e soprattutto al ritenuto fine di potersi garantire personali ampi margini di autonomia decisionale, bensì, per come si evince dalla copiosa documentazione in atti, perché, nella specie, trattavasi di struttura solida, dotata di adeguate competenze, nota al Comune per essere suo ente strumentale e connotata da una florida situazione finanziaria.
In relazione, a tale ultimo profilo, il primo giudice ha trascurato di considerare i dati oggettivi sottoposti alla sua attenzione, incorrendo nel vizio di totale assenza di motivazione rispetto alla tematica riguardante i bilanci di TTP allegati alle note d'udienza di primo grado e richiamati nell'impugnazione, dai quali si evince una situazione tranquillizzante rispetto alla capacità economica dell'ente.
La proiezione della partita rientrava, sicuramente, nell'oggetto sociale dell'ente, e perciò, avendo avuto già pregresse esperienze nella gestione di eventi simili (in particolare la proiezione nella stessa piazza di un'altra finale di Champions League nel 2015) e godendo di una capacità economica del tutto rassicurante ai fini dell'organizzazione dell'evento, come comprovato dalla lettura dei suoi bilanci pubblici, la scelta ricaduta su TTP sarebbe stata solo logicamente consequenziale, senza presentare, con valutazione ex ante, alcun tipo di anomalia o di criticità al riguardo.
La sentenza impugnata non argomenta sui singoli aspetti addotti dalla difesa a sostegno dell'avversata tesi dell'ingerenza del B.B. nell'organizzazione della manifestazione (in particolar modo per ciò che attiene alle scelte riguardanti il tipo di transenne da utilizzare; l'installazione di un solo maxischermo; l'omessa rimozione dei dehors dei locali pubblici).
Rispetto al tema della ingerenza del ricorrente nelle scelte organizzative, si era evidenziato nei motivi di gravame come il B.B., nel corso delle riunioni, avesse chiarito all'architetto W.W.W. quali fossero le transenne a disposizione del Comune e come tale aspetto non avesse inciso sulle valutazioni e sulle scelte del tecnico all'atto della redazione del piano di emergenza.
Quanto alla decisione di installare un solo maxischermo, il teste F.F.F.F. della soc. Juventus ebbe a riferire che B.B. disse che un secondo maxischermo intorno alla statua equestre non sarebbe stato autorizzato dalla Sovrintendenza per ragioni di tutela del monumento. A prescindere da tale circostanza, la sussistenza dell'incidenza causale del posizionamento di un solo maxischermo nella piazza non poteva che passare attraverso le valutazioni dei tecnici: infatti, la presenza di uno anziché di due maxischermi influiva sulla valutazione da operarsi in ordine alla capienza della piazza, aspetto di sicura spettanza del redattore del piano di evacuazione.
Quanto alla decisione riguardante la mancata rimozione dei dehors, anche a volere ammettere che il B.B. non avesse valutato correttamente la necessità di un'ordinanza sindacale ad hoc, il problema sarebbe stato nei fatti superato dalla Polizia Municipale, dotata delle competenze tecniche necessarie per valutarne l'opportunità.
10.3. Con la terza censura, l'imputato ha eccepito erronea applicazione dell'art. 589 cod. pen. e degli artt. 449 e 434 cod. pen., in relazione agli artt. 40 e 113 cod. pen., oltre a mancanza, illogicità e contraddittorietà intrinseca ed estrinseca della motivazione con riferimento all'addebito di cooperazione colposa.
La doglianza ricalca le argomentazioni già illustrate dalla coimputata A.A. nel paragrafo 9.4 che precede, al cui contenuto si fa espresso rinvio in questa sede.
Sostiene il ricorrente che la condotta ascrittagli si sarebbe realizzata nella sola fase ideativa dell'evento, senza alcun tipo di interrelazione con le successive fasi dell'organizzazione e della gestione della manifestazione.
L'imputato, pertanto, avrebbe limitato la propria contribuzione causale, unitamente alla Sindaca, ad un momento solo temporalmente antecedente e del tutto distinto rispetto a quello di intervento delle condotte degli altri imputati.
La sentenza impugnata presenterebbe, sul punto, una motivazione contraddittoria, laddove ha sostenuto la ricorrenza della cooperazione colposa in ossequio ad una considerazione unitaria delle distinte condotte anti-doverose perpetrate da parte dei singoli imputati, salvo, poi, necessariamente ammettere come tali ultime fossero state consumate in momenti non contestuali, così dando rilievo, sotto vari profili (in particolare con riguardo a quello della prevedibilità), alle diverse fasi dell'ideazione, dell'organizzazione e della gestione dell'evento.
La diacronicità determinata dall'obiettivo susseguirsi, in momenti distinti, delle condotte degli imputati non consentirebbe, pertanto, con riferimento ai parametri ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimità, di ritenere configurabile, nella specie, la cooperazione colposa, in particolar modo con riguardo agli addebiti contestati al ricorrente, tutti aventi ad oggetto la sola originaria fase ideativa. A fronte, quindi, di condotte indiscutibilmente ricomprese in una fase antecedente rispetto a quella gestoria, sarebbe stato necessario un ben più pregnante sforzo motivazionale da parte dei giudici di merito al fine di poter giustificare la ricorrenza della cooperazione colposa nelle condotte ascritte al B.B.
10.4. Con la quarta doglianza (motivo denominato V nel ricorso), il ricorrente ha dedotto erronea applicazione dell'art. 589 cod. pen. e degli artt. 449 e 434 cod. pen., in relazione agli artt. 40 e 113 cod. pen., oltre a mancanza, contraddittorietà estrinseca della motivazione e travisamento della prova in relazione alla ritenuta efficacia causale sugli eventi dell'omessa adozione della c.d. "ordinanza antivetro".
Come sopra evidenziato, è stata ascritta al B.B., per la natura fiduciaria del suo incarico e per il ruolo di supplenza del primo cittadino, anche la responsabilità di non aver sollecitato la Sindaca ad emettere la c.d. "ordinanza anti-vetro", benché tale eventualità non fosse stata neanche prospettata da parte di coloro che avevano precipui compiti tecnici (Polizia Municipale, Dirigente del Comune). Anche con riferimento a tale aspetto, secondo i giudici di merito, l'assenza di rilievi da parte dei tecnici avrebbe dovuto comunque indurre il B.B. a smentire coloro che lo avevano rassicurato in ordine alla sussistenza di un divieto già in essere.
Nell'evidenziare la contraddittorietà esistente tra la decisione di condanna emessa nei suoi confronti e quella assolutoria invece pronunciata nei confronti di soggetti tecnici (in particolare del Questore) in relazione allo stesso addebito, il B.B. ha articolato rilievi di merito e di natura giuridica in gran parte coincidenti con quelli proposti da A.A.
Si evidenzia come la Corte di merito abbia ritenuto valide ai fini assolutori per il Questore le giustificazioni da questi fornite in ordine alla mancata sollecitazione della emissione della c.d. "ordinanza antivetro". Il Questore D.D.D. aveva chiarito in interrogatorio di avere ritenuto sufficiente, allo scopo di garantire l'incolumità pubblica, la disposizione impartita al Dirigente ed ai suoi sottoposti di impedire che le persone che volevano accedere nella piazza portassero con sé contenitori di vetro, in aggiunta alla vigente disposizione del Sindaco che vietava la vendita ambulante nelle piazze auliche. La Corte di merito ha ritenuto che tali circostanze, unitamente al dato normativo per cui egli non era titolato ad emettere l'ordinanza ex art. 54 TUEL, privassero di rilevanza penale "l'omesso esercizio di un mero potere di sollecitazione".
Evidente sarebbe la contraddizione nella quale incorrerebbero i giudici di merito, essendo la situazione del Questore sovrapponibile a quella del B.B.
Ulteriori vizi motivazionali - come già illustrato dai difensori della A.A. - concernerebbero l'efficacia causale attribuita alla mancata adozione della c.d. "ordinanza antivetro". Sul punto la sentenza di secondo grado si discosta dalla prima pronuncia, che aveva definito "minima" la rilevanza causale della omessa adozione di tale provvedimento.
Entrambe le sentenze ritengono provata l'incidenza causale dell'omessa adozione dell'ordinanza in relazione a due profili: il vetro asseritamente entrato in piazza prima della sua chiusura e dell'attivazione dei varchi; la presenza di contenitori di vetro abbandonati all'atto dei controlli. La pronuncia di appello, poi, a differenza di quella di primo grado, ritiene altresì provato un ingresso di bottiglie di vetro ai varchi di ingresso in conseguenza dei mancati controlli.
È indiscutibile che la predisposizione e l'efficace funzionamento dei varchi competessero esclusivamente alle Forze di polizia. Ritenere che il B.B. debba rispondere della mancanza di capillarità dei controlli e della estemporanea ed imprevedibile decisione di chiudere la piazza senza perquisire i tifosi già presenti si porrebbe in palese violazione dell'art. 113 cod. pen., essendo evidente il legittimo affidamento riposto nell'operato altrui in caso di cooperazione colposa c.d. "diacronica".
Mancherebbe la prova della introduzione delle bevande in contenitori di vetro prima della chiusura della piazza. Il giudice di primo grado aveva dato atto in sentenza di avere solo presunto che le persone insediatesi nella piazza sin dalle prime ore del mattino si fossero equipaggiate portando con loro delle bevande.
Le relazioni di servizio e le testimonianze richiamate dalla Corte di merito a sostegno della tesi dell'ingresso delle bottiglie di vetro nella piazza in conseguenza del mancato controllo ai varchi non sarebbero state correttamente interpretate: tutte le citate relazioni e dichiarazioni comproverebbero, infatti, la presenza di ingenti quantitativi di bottiglie di vetro in corrispondenza dei varchi di ingresso, quale conseguenza dell'efficace attività di controllo svolta dalle Forze dell'ordine.
Pur essendo presenti alcune dichiarazioni dissonanti, la maggior parte dei numerosissimi tifosi escussi ha riferito della esistenza di capillari controlli da parte degli uomini della Questura (su un totale di n. 155 dichiarazioni, ben 117 di esse hanno dato atto della presenza di controlli).
Nonostante una preponderanza di prove in tal senso, il giudice di appello ha erroneamente ritenuto dimostrato un mancato controllo ai varchi, piegando al proprio intento un dato probatorio non univoco, senza peraltro fornire alcuna doverosa motivazione in ordine a tale scelta.
I rilevati vizi motivazionali inciderebbero su aspetti decisivi della vicenda, atteso che il vetro sarebbe entrato in piazza principalmente per mano dei venditori abusivi.
L'impossibilità di ritenere provato l'ingresso del vetro prima della chiusura della piazza e attraverso i varchi per effetto dei mancati controlli, imporrebbe, pertanto, di ritenere logicamente provato che la mancata adozione dell'ordinanza sindacale non avrebbe avuto incidenza alcuna sulle conseguenze generatesi per la presenza del vetro all'interno del perimetro della piazza.
10.5. Con il quinto motivo (denominato VI nel ricorso), il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione per erronea applicazione dell'art. 43 cod. pen., nonché mancanza di motivazione e contraddittorietà estrinseca, anche nella specie del travisamento della prova, in relazione all'affermata prevedibilità ed evitabilità degli eventi dannosi occorsi, da cui i giudici di merito hanno fatto discendere la responsabilità per i reati ascrittigli ai capi 1 e 2 di imputazione.
Trattasi di doglianza perfettamente coincidente con quella eccepita dalla Sindaca nel suo sesto motivo di ricorso, per l'effetto rinviandosi a quanto già illustrato nel paragrafo 9.7 della presente parte in fatto.
10.6. Con il sesto ed ultimo motivo (denominato VII nel ricorso), il ricorrente ha lamentato violazione della disciplina di cui all'art. 81, comma 1, cod. pen. e vizio di omessa motivazione in ordine all'incremento di pena effettuato per ciascun reato di lesioni personali in contestazione, altresì lamentando violazione dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen. per mancata riduzione di pena nonostante l'intervenuto suo proscioglimento in secondo grado da alcuni delitti di lesioni.
Anche in questo caso il motivo risulta perfettamente coincidente con quello dedotto dalla A.A. nel suo settimo motivo di doglianza, così inducendo al pieno rinvio ad esso (cfr. il paragrafo 9.8 che precede).
11. C.C. ha dedotto, in seno al suo ricorso, tre motivi di doglianza, con il primo dei quali ha lamentato violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alle censure specificamente dedotte nel proprio atto di appello.
Secondo la difesa, la Corte d'assise d'appello avrebbe acriticamente ribadito le medesime considerazioni espresse da parte del primo giudice, estrapolando lunghi brani dell'interrogatorio di garanzia reso dal ricorrente e dal coimputato U.U.U., senza, tuttavia, analizzarne il contenuto e mancando di vagliare in modo critico le singole doglianze eccepite nei motivi di appello.
Sulle risultanze di tali interrogatori, infatti, erano state incentrate critiche e rese prove contrarie di cui la Corte d'assise d'appello non avrebbe in alcun modo tenuto conto.
Si tratterebbe di vizio che, per la sua particolare pregnanza, non potrebbe comunque essere sanato neanche operando una lettura integrata delle motivazioni rese nelle due sentenze di merito, conformi nel riconoscere la sua penale responsabilità in ordine alle fattispecie criminose ascrittegli.
11.1. Con il secondo motivo il ricorrente ha eccepito violazione di legge, oltre a mancanza, apparenza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alle modalità dell'accettazione dell'incarico ed all'eventuale sua ingerenza nella fase esecutiva della organizzazione della manifestazione.
Avrebbe, in particolare, errato il giudice di secondo grado nel ritenere integrata la sua responsabilità penale per avere accettato l'incarico conferitogli nella riunione del 26 maggio 2017 senza averne i necessari poteri, oltre che in rappresentanza di un ente privo di adeguate risorse finanziarie e del tutto impreparato ad organizzare l'evento di che trattasi.
In termini contrari, invece, la natura complessa dell'ente TURISMO T PROVINCIA, soggetto giuridico strumentale del Comune di T (art. 4 dello statuto), ha correttamente indotto i rappresentanti dell'Amministrazione torinese a convocare il suo Presidente per rappresentargli la richiesta di collaborazione nell'organizzazione della visione collettiva della partita di calcio.
Allo stesso modo, il C.C. avrebbe del tutto correttamente provveduto a trasferire l'assunzione della relativa decisione alla competente struttura gestionale, dopo avere effettuato una sommaria, doverosa delibazione preliminare. Adempiuta tale operazione, l'imputato avrebbe dovuto essere mandato esente da responsabilità, avendo provveduto a trasferire una richiesta di per sé ammissibile (predisporre il maxischermo in sinergia con il Comune di T e con le altre Autorità interessate) alla struttura gestionale funzionalmente competente dell'ente TTP, in particolare al coimputato U.U.U. (Direttore tecnico d'impresa).
Il ruolo di Presidente avrebbe precluso ogni suo coinvolgimento nella fase operativa dell'organizzazione dell'evento, con conseguente esonero da ogni responsabilità in ordine alle successive scelte gestionali adottate da parte dei soggetti funzionalmente competenti.
La manifestazione, d'altro canto, oltre a rientrare nell'ambito delle attività di cui all'oggetto statutario di TTP, era nei fatti del tutto coincidente con l'avvenuta precedente proiezione collettiva realizzata in occasione di altra finale di Champions League, avvenuta il 6 giugno 2015 presso la stessa Piazza (Omissis), sempre sotto la Presidenza del C.C., anche allora organizzata in un arco temporale particolarmente ristretto.
Da ultimo, il disinteresse contestato al C.C. con riguardo alla fase esecutiva dell'organizzazione dell'evento non può essere considerato come espressione di una condotta negligente, non competendo all'imputato alcun dovere di vigilanza e non avendo egli rivestito nessuna posizione di garanzia in ordine alla problematica della sicurezza, rispetto alla quale, peraltro, non gli era stata evidenziata nessuna situazione di sussistente criticità.
11.2. Con la terza censura sono stati dedotti, infine, violazione di legge e vizio di motivazione per omessa riduzione della pena concretamente applicatagli, erroneamente confermata dalla Corte di merito, pure a fronte dell'intervenuta declaratoria di non doversi procedere, ex art. 531 cod. proc. pen., per i delitti di lesioni personali colpose commessi in danno di F.F.F., G.G.G., H.H.H., I.I.I., J.J.J., K.K.K., L.L.L., M.M.M., N.N.N. e O.O.O., per essere gli stessi estinti per intervenuta remissione di querela. Ciò avrebbe dovuto determinare una diminuzione della sanzione inflittagli, per l'effetto applicatagli in misura palesemente incongrua.
12. D.D. ha eccepito, nella sua impugnazione, undici motivi di ricorso.
Con la prima doglianza ha dedotto inosservanza o erronea applicazione di legge, nonché mancanza di motivazione in relazione alla norma di cui all'art. 40, comma 2, cod. pen.
Il ricorrente lamenta che i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che la condotta da lui perpetrata avesse avuto un rilievo causale, ex art. 40, comma 2, cod. pen., nella verificazione dei tragici fatti di Piazza (Omissis), considerato che, nel caso di specie, non avrebbe rivestito alcuna posizione di garanzia che gli imponeva l'obbligo giuridico di impedire l'evento.
Non gli sarebbe pertenuto, infatti, nessun dovere di tutela della sicurezza pubblica, e cioè della c.d. security, rimessa alla competenza della Polizia di Stato, considerato che dalla motivazione della sentenza impugnata risulterebbe come in tale concetto di security fosse stata assorbita, nella peculiarità del caso in esame, la tutela della c.d safety, rimessa alla competenza della Polizia Municipale. In particolare, come evincibile dall'esame della normativa indicata dal ricorrente in sede di appello - la cui rilevanza sarebbe stata trascurata dalla Corte d'assise d'appello ("Documentazione inerente il dirigente di turno"; art. 16 legge 1 aprile 1981, n. 121; Regolamento organico e di servizio del Corpo dei Vigili Urbani della Città di T n. 360; art. 5 n. 4 legge 7 marzo 1986, n. 65) - si evincerebbe in modo inequivoco come nella situazione in esame non gravasse sullo D.D. alcun onere di tutela della sicurezza pubblica, spettando, invece, alla Polizia Municipale, con riguardo ai venditori ambulanti non autorizzati, l'osservanza della sola regola cautelare - condivisa con la Polizia Amministrativa e Sociale - di intervenire per reprimere il commercio abusivo.
Ne conseguirebbe, pertanto, che l'inadeguata attività di repressione del commercio abusivo a lui imputata non sarebbe stata, comunque, idonea a determinare, con correlazione eziologica, i fatti per cui è giudizio, non potendosi ravvisare in tale evento la concretizzazione dello specifico rischio che la regola cautelare violata mirava a prevenire.
12.1. Con il secondo motivo lo D.D. ha lamentato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione ai rapporti intercorrenti tra la Polizia Municipale e la Polizia di Stato, ed alla conseguente pronuncia di condanna emessa nei suoi confronti.
Dall'esame della sentenza impugnata - ed in particolare dalla lettura delle motivazioni di condanna di E.E. e dei criteri di individuazione dei compiti di specifica spettanza rimessi al coimputato e alla Questura nella gestione del vetro e dei venditori ambulanti - risulterebbe comprovato come, durante i fatti, la Polizia di Stato avesse assunto un ruolo di prevalenza rispetto alla Polizia Municipale, ricoprendo quest'ultima una posizione solo subordinata con riguardo alla presenza di problemi di ordine e sicurezza pubblica.
Risulterebbe, allora, del tutto contraddittoria la decisione con cui i giudici di merito avrebbero ritenuto la responsabilità, oltre che del E.E., anche dello D.D., pur a fronte della ravvisata presenza di un ruolo predominante e assorbente avuto dalla Polizia di Stato nel caso di esame, in cui era emersa la necessità di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, e non già solo l'incolumità dei cittadini.
Il ricorrente si sarebbe sin da subito posto agli ordini del E.E., ottemperando alle sue disposizioni, senza, peraltro, avere avuto alcun potere di discuterle, e ciò, di fatto, avrebbe dovuto indurre all'esonero di ogni sua responsabilità, con pronuncia della conseguente decisione assolutoria in suo favore.
12.2. Con la terza doglianza lo D.D. ha eccepito inosservanza o erronea applicazione di legge in riferimento all'istituto giuridico della colpa, ex art. 43 cod. pen., sotto il profilo della prevedibilità e dell'individuazione della finalità della regola cautelare violata.
Lamenta il ricorrente che la Corte d'assise d'appello avrebbe operato una non corretta applicazione dei principi giuridici espressi in tema di colpa, in particolare con riguardo al profilo della prevedibilità, non potendosi affermare che, nel caso di specie, gli eventi tipici realizzatisi, coincidenti con i decessi e le lesioni riportate dalle vittime, rappresentassero la concretizzazione del rischio per la cui tutela era stata posta la regola cautelare. Tale ultima era costituita dall'obbligo per lo D.D. di provvedere, unitamente agli uomini posti alle sue dipendenze, a contrastare e a reprimere il commercio abusivo di bottiglie in vetro, per cui la determinazione degli eventi mortali e lesivi non potrebbe, all'evidenza, costituire la diretta concretizzazione dello specifico pericolo in considerazione del quale era stata dettata la regola cautelare violata.
12.3. Con la quarta censura lo D.D. ha dedotto contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riguardo al ruolo da lui rivestito nella fase di organizzazione dell'evento.
La difesa lamenta la contraddittorietà della motivazione con cui nella sentenza impugnata è stata dapprima ritenuta la cooperazione colposa di tutti gli imputati, e quindi anche la sua, nelle fasi di ideazione e di organizzazione della manifestazione, per poi, invece, affermare, con specifico riguardo alla sua posizione, la ricorrenza della sua responsabilità unicamente con riguardo alla fase di gestione della manifestazione, concretizzatasi nel non avere adeguatamente integrato il personale posto a sua disposizione nel corso dell'evento.
12.4. Con il quinto motivo il ricorrente ha eccepito mancanza di motivazione con riguardo all'elemento soggettivo del reato, sotto il profilo dell'esigibilità e dell'individuazione del comportamento alternativo lecito.
La Corte d'assise d'appello non avrebbe precisato quale comportamento avrebbe dovuto tenere lo D.D., così omettendo di osservare come, in ragione di quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, non sarebbe stata esigibile da parte dell'imputato nessuna condotta alternativa.
Sarebbe, in particolare, carente la motivazione con cui lo D.D. è stato ritenuto responsabile di non aver fatto adeguatamente integrare il contingente dei Vigili Urbani presenti sui luoghi, richiedendo rinforzi solo in maniera timida ed inefficace, nonché agendo con pigrizia e indolenza, ed infine accontentandosi solo dell'incremento di due unità. La Corte di merito avrebbe argomentato sul punto in maniera del tutto apodittica, omettendo di precisare quale specifico comportamento avrebbe dovuto essere adottato, in particolar modo ai fini dell'integrazione del personale.
Le risultanze processuali avrebbero consentito di accertare, poi, come non fosse stato l'imputato, bensì l'Ufficio Servizi e il Comandante C.C.C.C. del Corpo di Polizia Municipale, a stabilire la destinazione di nove Vigili Urbani al servizio di contrasto al commercio abusivo.
Considerato, pertanto, che i Vigili Urbani deputati al controllo dell'abusivismo non sarebbero stati corrispondenti ad un numero illimitato, esistendo specifiche attribuzioni e competenze tra di loro, non sarebbe stato, comunque, possibile ottenere un'integrazione degli agenti destinati a tale servizio in un numero significativamente maggiore rispetto a quello effettivamente avuto.
In ogni modo, risulterebbe processualmente comprovato come lo D.D., nell'eccezionalità della situazione, avesse congruamente richiesto al Commissario A.A.A.A., senza palesare timidezza alcuna, la possibilità di avere del personale di rinforzo, ottenendo, tuttavia, solo l'invio di due agenti debitamente formati per il compito loro specificamente richiesto.
12.5. Con la sesta doglianza è stata lamentata contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in merito alla parte di sentenza riguardante il comportamento tenuto dall'imputato nei confronti dei venditori abusivi.
Sarebbe, in particolare, viziata la sentenza impugnata per avere apoditticamente ritenuto, senza il supporto di motivazione adeguata e in contraddizione con i plurimi elementi probatori acquisiti, che la responsabilità dello D.D. avesse, altresì, riguardato il fatto di avere impartito ai suoi agenti l'ordine di occuparsi solo del commercio abusivo e degli ambulanti posizionati con gli autobanchi, di fatto limitandosi alla sola elevazione di contravvenzioni nei loro confronti, senza disporre l'interruzione dell'attività abusiva in atto.
In realtà, per come ripetutamente esplicato da parte del prevenuto, tale opzione sarebbe stata determinata dalla necessità di garantire la tranquillità e la pace sociale, e quindi l'ordine e la sicurezza pubblica, cercando di evitare di creare allarmi e tensioni tra la gente.
L'esame di plurime evidenze probatorie - per lo più rappresentate da dichiarazioni testimoniali - inerenti alla condotta tenuta dallo D.D. e dalla Polizia Municipale nei confronti degli abusivi, dimostrerebbero, invece, come costoro avessero svolto un'attività adeguata nelle contingenze dell'evento, elevando un considerevole numero di sanzioni per violazioni della normativa in materia di commercio su aree pubbliche; avessero adottato congrue modalità nelle azioni di contenimento dei venditori abusivi; fossero stati nella impossibilità oggettiva di arginare l'attività commerciale svolta da parte degli ambulanti, al pari di quanto avvenuto per gli appartenenti al Reparto Mobile della Polizia di Stato.
12.6. Con la settima censura lo D.D. ha eccepito inosservanza o erronea applicazione di legge in riferimento all'istituto giuridico del nesso di causa nei reati omissivi, di cui agli artt. 40, comma 2, e 41, comma 2, cod. pen.
Lamenta il ricorrente che la Corte d'assise d'appello avrebbe errato nel non considerare l'effettuato utilizzo dello spray al peperoncino, e cioè il fatto doloso costituente l'innesco della diffusione del panico, quale atto interruttivo del nesso causale tra la condotta a lui imputabile e la verificazione degli eventi. La Corte di merito non ha illustrato le specifiche ragioni per cui la propagazione dello spray nella piazza non potesse aver costituito la causa da sola sufficiente a determinare prima l'innesco del panico e poi la verificazione dei decessi e delle lesioni delle vittime.
Né i giudici di secondo grado avrebbero affrontato il tema del giudizio controfattuale, verificando se il comportamento alternativo lecito richiesto allo D.D., e da questi non tenuto, avesse effettivamente e significativamente inciso sulla verificazione degli eventi e sulle relative conseguenze.
12.7. Con l'ottava doglianza lo D.D. ha dedotto mancanza di motivazione con riguardo alla prova del nesso di causa, in relazione all'art. 40, comma 2, cod. pen.
Per il ricorrente sussisterebbe, con riguardo alla sua posizione, un'ulteriore carenza nella parte motiva della sentenza impugnata, per non essere stato precisato da parte dei giudici di merito, pur nel riconoscere come negli eventi in piazza fosse consuetudine abbandonare il vetro a terra, in che termini la ritenuta vendita incontrastata di bottiglie da parte degli ambulanti avesse avuto incidenza causale sull'accumulo di vetro sul selciato.
Risulterebbe, infatti, in vario modo comprovato come nel corso della proiezione della partita buona parte del pubblico, anche per l'elevata temperatura di quel giorno, avesse recato con sé bevande in bottiglie di vetro. La Corte d'assise d'appello, quindi, avrebbe omesso di verificare, in modo maggiormente puntuale, le percentuali di provenienza del vetro, accertando quanta parte di esso fosse stato portato dagli spettatori e quanta, invece, venduta da parte degli abusivi, così verificando, in modo più adeguato, il nesso di causa intercorrente tra la condotta ascritta all'imputato e la verificazione degli eventi.
Con riferimento a questi ultimi, poi, gli avvenuti decessi della S.S.S. e della T.T.T. sarebbero stati eziologicamente ricollegati all'intervenuto spostamento e travolgimento della folla, successivo alla diffusione dello spray urticante, e dunque a condotte palesemente estranee rispetto alla presenza del vetro, con esonero di ogni responsabilità nei confronti del prevenuto.
12.8. Con il nono motivo è stata lamentata inosservanza o erronea applicazione di legge in riferimento all'istituto giuridico della cooperazione nel delitto colposo, di cui all'art. 113 cod. pen.
Sarebbe erronea la motivazione dei giudici di merito per avere riconosciuto anche nei confronti dello D.D. la sussistenza dell'ipotesi prevista dall'art. 113 cod. pen., ritenendo che pure l'imputato avesse cooperato alle fasi di ideazione e organizzazione dell'evento, laddove, invece, come emerso da plurime emergenze probatorie in atti, questi avrebbe partecipato alla sola conclusiva fase della gestione della manifestazione in piazza.
Sotto altro profilo, la Corte d'assise d'appello non avrebbe adeguatamente tenuto conto del principio di affidamento e di autoresponsabilità, ed in particolare del profilo soggettivo di esso, nell'accezione interpretativa resa dalla giurisprudenza di legittimità. In applicazione di tale principio, nessuna responsabilità sarebbe ascrivibile allo D.D., considerato che lo stesso aveva fatto affidamento sulla competenza professionale e l'adeguatezza di persone o organi a lui superiori, dotati di ben altro potere di intervento e coinvolte sin dall'inizio all'organizzazione dell'evento.
12.9. Con la decima censura lo D.D. ha eccepito contraddittorietà della motivazione, in relazione alle argomentazioni poste a sostegno dell'archiviazione della posizione del Prefetto e dell'assoluzione pronunciata in favore del Questore, nonché a fondamento della decisione di condanna emessa nei suoi confronti.
La posizione del Prefetto, infatti, sarebbe stata archiviata per non essergli state segnalate situazioni di particolare allarme riguardanti la manifestazione, mentre il Questore sarebbe stato assolto per il fatto che numerosi venditori ambulanti avessero sfruttato la confusione creatasi per l'accesso incontrollato di numerose persone da un varco non presidiato per accedere alla piazza, senza l'adozione di un'adeguata zona di prefiltraggio.
A fronte di tali argomentazioni, allora, sarebbe del tutto contradditoria la motivazione con cui è stata pronunciata la condanna dello D.D., trovatosi a rispondere di condotte inadeguate riguardanti invece organi e persone a lui superiori, che avrebbero dovuto provvedere a gestire, con adeguatezza e tempestività, l'intervenuto afflusso di così tanta gente.
12.10. Con l'undicesima doglianza, infine, il ricorrente ha dedotto mancanza di motivazione in relazione al disposto dell'art. 539 cod. proc. pen., rubricato "Condanna generica ai danni e provvisionale".
Lamenta il ricorrente che i giudici di secondo grado avrebbero anche errato nel ritenere generiche le censure con cui aveva richiesto l'esclusione in appello del riconoscimento delle somme provvisionali concesse in favore delle parti civili costituite, atteso che tali somme sarebbero state fissate senza dar conto dei criteri utilizzati per la relativa determinazione, della tipologia di danno cui si riferiscono, nonché in carenza di indicazione della prova certa raggiunta.
13. E.E. ha dedotto, a mezzo dei suoi difensori, otto motivi di ricorso, con cui ha lamentato l'insussistenza di ogni profilo di colpa ascrittogli, per essere stata pronunciata la sentenza impugnata in ragione di un'erronea interpretazione delle norme relative alla sfera di competenza del Dirigente del servizio, nonché in carenza di una corretta valutazione dei requisiti di prevedibilità ed evitabilità dell'evento. La Corte d'assise d'appello non avrebbe, poi, individuato nessuna omissione di cautele doverose da riferire alla sua posizione, ritenendolo responsabile per generica negligenza, invero non formulata in modo congruo sul piano fattuale né argomentata con motivazione logica e razionale.
Con il primo motivo la difesa ha eccepito vizio di motivazione e violazione di legge, lamentando che i giudici di merito non avrebbero adeguatamente vagliato la circostanza - congruamente evidenziata con specifico e dettagliato motivo di appello - per cui non avrebbe ricoperto nessuna posizione di garanzia in ordine all'ingresso dei vetri in Piazza (Omissis), così da essere stato condannato, in violazione dell'art. 27, comma 1, Cost, e 43, comma 1, alinea 3, cod. pen., secondo il modello, estraneo al nostro ordinamento, della responsabilità per fatto altrui o posizione.
A fronte, infatti, di una diffusa denuncia in appello dell'erronea mancata valutazione interconnessa delle varie posizioni degli imputati, in quanto reati contestati ai sensi dell'art. 113 cod. pen., e dell'omesso riconoscimento della responsabilità per l'accumulo di vetri in piazza nei soli riguardi dei soggetti competenti per la tutela della safety (incolumità pubblica) - e non quindi del E.E., competente per la sola tutela della security (ordine e sicurezza pubblica) - la Corte d'assise d'appello avrebbe mancato di esprimere una qualsiasi considerazione sul punto, in particolar modo non valutando l'insussistenza di una posizione di garanzia riferibile al E.E. di prevenzione dei rischi derivanti dall'eccessivo accumulo di vetro sul terreno.
I giudici di merito avrebbero mal applicato, cioè, la norma sulla colpa penale, non avendo osservato norme giuridiche - e, in particolare, quelle del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 - indispensabili ai fini della corretta individuazione della posizione di garanzia. Avrebbero, altresì, errato nel riconoscere, per il principio dell'equivalenza causale, una generica responsabilità del prevenuto, unitamente a quella di tutti gli altri soggetti causalmente intervenuti in precedenza, senza tener conto della differenza esistente tra i profili di safety e di security. Si tratterebbe, quindi, di una responsabilità per fatto altrui, gravando su altri la posizione di garante dal rischio conseguente alla circolazione del vetro (ed in particolare: al Sindaco, al Prefetto, alla Città di T o a TTP). Nella specie, pertanto, sarebbe stato ascritto al E.E. un addebito invece a lui non imputabile, dovendo esso essere riferito a soggetti che, ricoprendo la relativa posizione di garanzia, avrebbero avuto l'obbligo giuridico di assumere specifiche misure di prevenzione dirette ad evitare l'accumulo del vetro.
13.1. Con la seconda doglianza il ricorrente ha dedotto violazione di legge, per essergli stata erroneamente applicata la norma del disastro colposo, altresì lamentando carenza, contraddittorietà e grave illogicità della motivazione sul punto.
A dire del ricorrente, infatti, la distinzione esistente tra le posizioni di tutela della safety e della security assumerebbe rilievo anche ai fini della ascrivibilità nei suoi confronti del delitto di disastro colposo, trattandosi di reato inserito tra quelli contro l'incolumità pubblica, e non quindi contro l'ordine pubblico.
Ai due diversi beni giuridici corrisponderebbe una differente individuazione dei rispettivi soggetti garanti, spettando alla Polizia di Stato, ex art. 4 D.P.R. n. 616 del 1977, la tutela dell'ordine pubblico ed ai competenti enti amministrativi la prevenzione dell'incolumità pubblica da possibili disastri.
L'evento verificatosi in Piazza (Omissis) non sarebbe, pertanto, correlato alla violazione di nessuna norma dettata a tutela dell'ordine pubblico, con conseguente esonero da ogni responsabilità dell'imputato dal delitto di disastro colposo, per non essere le sue condotte tipiche ai sensi degli artt. 449 e 434 cod. pen.
Nella specifica circostanza, i servizi di security sarebbero stati organizzati in modo puntuale dalla Questura e ben diretti dal E.E., mentre i responsabili della safety (ed in particolare la Polizia amministrativa del Comune e i Vigili Urbani) avrebbero trascurato i rischi connessi per l'incolumità pubblica.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, altresì, viziata per non aver tenuto conto dei numerosi riscontri che attesterebbero l'estrema diligenza con cui il E.E. avrebbe svolto il suo servizio in piazza, tra l'altre spronando, in vario modo, i responsabili e gli operatori dell'AMIAT ad espletare i compiti loro spettanti.
13.2. Con la terza, quarta, quinta e sesta censura E.E. ha eccepito falsa applicazione degli artt. 27, comma 1, Cost, e 43, comma 1, alinea 3, cod. pen. con riferimento ai diversi profili colposi a lui contestati.
In particolare, con la terza doglianza ha dedotto l'omessa osservanza di norme di cui il giudice avrebbe dovuto tener conto (art. 4 D.P.R. n. 616 del 1977 e art. 4, comma 2, L. 18 aprile 1975, n. 110), oltre a mancanza e grave illogicità della motivazione in ordine agli obblighi su di lui gravanti in esecuzione dell'ordinanza del Questore di Torino n. 1678 del 2017.
Ed infatti, con l'indicata ordinanza - esecutiva di una precedente circolare del Capo della Polizia - era stato per la prima volta disposto che, al fine di prevenire rischi terroristici, anche per manifestazioni di pubblico spettacolo la folla potesse accedere sui luoghi unicamente attraverso varchi controllati dalle Forze di polizia munite di metal detector, al precipuo fine di impedire l'introduzione di armi. Nessuna misura, invece, ara stata prevista per impedire l'accesso di spettatori muniti di bottiglie di vetro, anzi nella specie essendo stato espresso da parte del Questore - in assenza di un divieto esplicito imposto dalla competente Autorità sindacale - un invito specifico agli organizzatori ed ai responsabili dell'AMIAT di provvedere alla pulizia della piazza prima, durante e dopo la proiezione della partita di calcio, soprattutto con la raccolta delle bottiglie di vetro.
Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, le emergenze probatorie, ed in particolare la testimonianza resa dall'Ispettore Superiore Z.Z.Z., avrebbero dimostrato come con la predisposizione dei varchi non fosse stato imposto nessuno specifico obbligò al E.E. di impedire l'accesso di soggetti recanti oggetti di vetro. Quest'ultimo, del resto, avrebbe pure opportunamente impartito, quale misura prudenziale emessa al di fuori dalle sue specifiche competenze, l'ordine ai suoi uomini di invitare il pubblico a lasciare presso i varchi le bottiglie di vetro, altresì favorendo la collocazione presso tali varchi di scatoloni; in cartone ove collocare il vetro abbandonato.
Né, d'altro canto, le suddette bottiglie potrebbero essere considerate, con valutazione ex ante e nella considerazione delle specifiche circostanze di tempo e di luogo sussistenti, come armi o oggetti atti ad offendere, ai sensi dell'art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975, di cui il E.E., quale garante della security, avrebbe dovuto impedire l'accesso in piazza.
Le numerose lesioni personali verificatesi, provocate dal nutrito abbandono di vetri sul selciato, sarebbero state, all'evidenza, determinate dalla mancata adozione di misure di tutela della safety da parte delle Autorità, diverse da quella di Polizia, competenti per la salvaguardia della pubblica incolumità delle persone.
13.3. Con il quarto motivo la difesa ha dedotto con riferimento ad altro profilo di colpa, l'omessa valutazione delle circostanze, di fatto e giuridiche, che avevano determinato l'ingresso del vetro in piazza, lamentando la grave illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza della sua negligenza.
Avrebbero, in particolare, errato i giudici di merito nell'aver riconosciuto la sua responsabilità penale per il ritardo con cui erano state iniziate le operazioni di messa in funzione dei varchi, atteso che il servizio sarebbe dovuto iniziare alle ore 13.00 non con la predisposizione di essi, bensì con la messa in sicurezza di tutti i luoghi di Piazza (Omissis), da effettuarsi con l'intervento degli artificieri e dell'unità cinofili dei Carabinieri, tuttavia giunti sui luoghi con significativo ritardo (alle ore 14.00). Per come precisato dal teste B.B.B.B., la predisposizione dei varchi sarebbe stata, poi, effettuata, in maniera tempestiva, alle ore 15.00, non appena terminate le preliminari operazioni di bonifica dell'area interessata.
Allo stesso modo non sarebbe corretta l'affermazione di responsabilità del E.E. per non avere garantito un controllo capillare ai varchi, alcuni dei quali anche non funzionanti, consentendo un generalizzato ingresso degli spettatori nella piazza. In termini contrari, assumono rilievo le circostanze per cui, in carenza di un espresso divieto disposto con ordinanza dal Sindaco ai sensi dell'art. 54 TUEL, le bottiglie di vetro potevano tranquillamente circolare in Piazza (Omissis); nonché la notevole ampiezza dell'area, con diverse possibilità di scavalcamento delle transenne in più punti, avrebbe, di fatto, reso impossibile agli agenti posizionati ai varchi impedire l'accesso abusivo di persone sui luoghi.
Né le Forze di Polizia avrebbero avuto il potere giuridico di effettuare ispezioni o perquisizioni sulle persone, finalizzate alla ricerca degli oggetti in vetro, non potendo quest'ultimi, all'evidenza, essere considerati come corpo del reato o cose pertinenti al reato.
Tutte le testimonianze rese dai funzionari di Polizia presenti attesterebbero, poi, la condotta pienamente diligente: mantenuta dal E.E., posta in essere con attenzione e adottando ordini puntuali e del tutto pertinenti.
Nessun profilo colposo, pertanto, potrebbe essere ascritto al E.E. al riguardo, avendo costui agito, con valutazione ex ante conformemente alla condotta esigibile da parte dell'agente modello, peraltro non essendo stato esplicato da parte dei giudici di merito quale condotta alternativa lecita, da lui adottabile, avrebbe potuto impedire la verificazione dell'evento.
13.4. Con la quinta censura è stata dedotta, con riferimento ad altro profilo di colpa, la mancanza di valutazione delle circostanze che avevano provocato le lesioni da vetro delle persone offese, non essendo imputabile a sua responsabilità, invece ritenuta dai giudici di secondo grado, il fatto di non avere impedito l'ingresso in piazza dei venditori abusivi.
Tale competenza spettava in via esclusiva ad altre Autorità, per cui, dall'esame della sentenza impugnata, non sarebbe dato comprendere quale specifica responsabilità potrebbe essere ascritta al ricorrente sul punto.
Il mancato divieto di ingresso di contenitori in vetro sarebbe stata la principale causa di incentivazione della presenza sui lunghi di numerosi venditori abusivi di bevande in bottiglie in vetro. A fronte di tale situazione, si sarebbe riscontrata, invece, una totale assenza di mobilitazione sia da parte della Polizia amministrativa del Comune che da parte dei Vigili Urbani, limitatisi a svolgere nella circostanza attività di controllo traffico viario, e cioè di quei soggetti cui normativamente è affidato i|l compito di far rispettare le disposizioni dettate in materia di somministrazione e vendita di bevande in luoghi pubblici ed in forma itinerante.
I Vigili Urbani, presenti sui luoghi in numero particolarmente limitato, avrebbero intrapreso, infatti, solo tardive e limitate azioni, e solo quando a ciò sollecitati da parte del E.E., l'unico ad avere assunto - per come evincibile da plurime risultanze testimoniali - provvedimenti concreti contro gli abusivi, anche facendo svolgere attività suppletiva al riguardo da parte di suoi uomini appartenenti al Reparto Mobile.
Nessun addebito potrebbe essere mosso, dunque, all'imputato, ed in particolare quello, invece ritenuto dai giudici di merito, di non aver sollecitato il Capo dei Vigili Urbani ad affrontare in modo serio il problema della elevata presenza in piazza dei venditori abusivi.
13.5. Con la sesta doglianza il ricorrente ha contestato, con riferimento ad altro profilo di colpa, la contraddittorietà e la grave illogicità della motivazione con cui gli è stato mosso l'addebito di non aver adeguatamente controllato il comportamento dell'AMIAT, deputata alla pulizia della piazza.
Tale addebito risulterebbe in conflitto con il reale svolgimento dei fatti, essendo stati gli organizzatori e i responsabili dell'ente - come comprovato da plurime risultanze processuali - a non aver predisposto alcun servizio di pulizia delle aree interessate prima, durante e dopo lo svolgimento dell'evento, in ossequio a quanto era stato espressamente previsto da una nota del 31 maggio 2017, nonché ribadito da un'ordinanza del Questore del 2 giugno 2017. Con tale ordinanza il Dirigente del servizio organizzato dalla Questura era stato invitato a controllare il corretto adempimento di quanto richiesto ad AMIAT, senza, tuttavia, che gli fosse conferito il potere di impedire l'ingresso di bottiglie in vetro nella piazza.
A tali incombenze avrebbe regolarmente adempiuto il E.E., avendo correttamente sollecitato gli organizzatori e l'AMIAT ad espletare le attività di safety loro espressamente assegnate, in particolar modo ai fini della tutela dal rischio del vetro, invitandoli a portare presso i varchi i contenitori per la raccolta di bottiglie, ovvero reiteratamente sollecitando con numerose chiamate il tempestivo invio di uomini per provvedere alla raccolta immediata delle numerose bottiglie di vetro disperse in terra.
Dalle risultanze processuali, poi, emergerebbe come nel contratto stipulato tra TTP a AMIAT, oltre che nel relativo atto di affidamento, fosse stato previsto il solo conferimento dell'incarico di un servizio di smaltimento dei rifiuti post-partita, senza prevedere nessun compito di pulizia della piazza prima, durante e dopo la partita, con particolari riferimento alla raccolta delle bottiglie di vetro.
Il rimprovero di negligenza elevato a carico del E.E., peraltro fondato sulle inattendibili dichiarazioni rese dal teste interessato Dragone (responsabile del servizio dell'AMIAT), sarebbe stato, pertanto, il frutto di un errore giuridico riguardante la nozione di colpa, non avendo costui potuto prevedere, in ragione del comportamento omissivo tenuto dai responsabili della safety, la verificazione in concreto dell'evento.
13.6. Con il settimo motivo di ricorso è stato dedotto, con riferimento ai delitti (contestati al capo 1) di omicidio colposo di S.S.S. e di T.T.T., nonché di lesioni personali in danno di N.N., violazione degli artt. 40, 41, 43, comma 1, alinea 3, cod. pen., trattandosi di eventi del tutto avulsi dai profili di colpa ascritti al prevenuto, così da rendere insussistente, rispetto ad essi, l'imprescindibile requisito della causalità della colpa.
Il E.E. sarebbe stato ritenuto responsabile di non avere impedito, per condotta negligente, l'ingresso di bottiglie di vetro in Piazza (Omissis), mentre le morti e le lesioni riportate dalle suddette vittime sarebbero state determinate da eventi completamente distinti, non causalmente ricollegati all'eccessiva presenza di vetro in piazza.
13.7. Con l'ultima doglianza, infine, è stata dedotta erronea applicazione di legge in ordine alla disposta condanna al risarcimento dei danni con riguardo alle posizioni di S.S.S., T.T.T. e N.N., sul presupposto che la mancanza di colpa del prevenuto escluderebbe l'adozione di ogni possibile statuizione risarcitoria conseguente alla commissione di un reato.
14. La decisione della Corte d'assise d'appello di conferma della condanna di E.E., in solido con i responsabili civili Città di T e Ministero dell'Interno, al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili è stata, infine, impugnata anche da parte dell'avvocatura dello Stato nell'interesse del responsabile civile Ministero dell'Interno.
Sono stati dedotti sei motivi di doglianza, con il primo dei quali è stata eccepita inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, per violazione dell'art. 41, comma 2, cod. pen. in relazione all'art. 40 cod. pen.
Secondo la difesa del responsabile civile, risulterebbe del tutto erronea la motivazione con cui i giudici di merito hanno riconosciuto la penale responsabilità del E.E., sotto il profilo della mancata adozione di misure idonee ad impedire l'introduzione del vetro in Piazza (Omissis). Si deduce l'inadeguata applicazione del c.d. principio di equivalenza causale, di cui all'art. 41, comma 2, cod. pen., atteso che la condotta dell'imputato sarebbe stata, comunque, l'ultima in ordine di tempo ad avere avuto eventuale incidenza causale nella verificazione dell'evento, in quanto susseguente alle carenze ideative e di progettazione poste in essere dal Comune di T e da TTP.
Del pari erroneo sarebbe, poi, l'accostamento effettuato dalla Corte d'assise d'appello tra la figura del E.E. e quella dei responsabili degli enti organizzatori della serata, quali soggetti tutti parimenti tenuti, in virtù di un confuso riconoscimento di una stessa posizione di garanzia, al comune obbligo di impedire l'ingresso del vetro nella piazza, di contrastare la vendita di bevande da parte degli abusivi e di organizzare e supervisionare l'opera di raccolta del vetro da parte dell'incaricata AMIAT. Ciò rappresenterebbe un'inopportuna commistione di norme giuridiche invece attinenti ai due differenti ambiti della safety (incolumità pubblica) e della security (ordine e sicurezza pubblica), riguardanti sfere di competenza diverse, rimesse a soggetti affatto distinti.
La proiezione della partita di calcio non costituirebbe una riunione in luogo pubblico, per la quale è previsto il preavviso al Questore, bensì uno spettacolo pubblico o un intrattenimento, con conseguente configurazione della competenza del Sindaco per il rilascio della relativa autorizzazione. All'Autorità di Pubblica Sicurezza, ed in particolare alla Questura, spettava il solo compito di assumere condotte preventive e repressive volte a garantire il mantenimento dell'ordine pubblico, senza nessuna specifica competenza in ordine all'adozione di misure finalizzate a tutelare la sfera della safety.
In virtù degli indicati aspetti, nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta alla Questura di Torino per l'abnorme quantitativo di vetro presente in Piazza (Omissis), che aveva determinato le molteplici lesioni fisiche alle persone cadute in terra: ciò era avvenuto in costanza di un evento autorizzato dalla locale Autorità comunale.
14.1. Con la seconda censura il responsabile civile ha dedotto contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, oltre ad inosservanza di norme processuali per violazione del principio di corrispondenza tra imputazione e sentenza, di cui all'art. 521 cod. proc. pen., con riguardo al ritenuto profilo di responsabilità del E.E. derivante dall'"inescusabile ritardo" con cui avrebbe dato inizio all'espletamento delle operazioni di sua specifica competenza (preventiva ispezione e bonifica dei luoghi, predisposizione di adeguati controlli di sicurezza ai varchi di accesso alla Piazza), considerato dai giudici di merito quale causa dell'incontrollata presenza di vetri all'interno di Piazza (Omissis).
Tale addebito risulterebbe non solo infondato, ma anche violativo del principio sancito dall'art. 521 cod. proc. pen., in quanto non contemplato dal capo di imputazione originariamente ascritto al prevenuto, invece comprendente condotte del tutto differenti.
Diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, l'ordinanza questorile n. 1678/2017 non avrebbe previsto l'obbligo per il responsabile del servizio di mettere in funzione i varchi di ingresso a Piazza (Omissis) già a partire dalle ore 13.00, ma solo l'espletamento di alcune attività al cui esito poi attivare i suddetti varchi; ciò, tuttavia, non avrebbero potuto comunque impedire l'introduzione del vetro all'interno della stessa Piazza, essendovi stata l'affluenza di una cospicua folla, anche recante con sé bottiglie di vetro, sin dalle prime ore del mattino.
Quanto, poi, all'addebito contestato al E.E. di aver predisposto un cattivo funzionamento dei varchi di filtraggio, avendo omesso di controllare l'operato del personale incaricato, il Ministero rileva come agli agenti risultasse sostanzialmente preclusa la possibilità di procedere a perquisizioni ovvero di vietare l'ingresso in piazza di spettatori provvisti di contenitori in vetro, potendo, al massimo, solo invitare le persone in via precauzionale ad abbandonare le bottiglie prima di attraversare i varchi. Trattavasi, comunque, di una piazza liberamente accessibile a migliaia idi persone, priva di tornelli e con numerosi edifici di diretto accesso ad essa. Numerose testimonianze comproverebbero come l'operato del E.E. fosse stato del tutto corretto, essendosi lo stesso attivato, per quanto possibile in quelle condizioni obiettivamente complesse, per favorire il migliore filtraggio delle persone. Né, d'altro canto, la Corte d'assise d'appello ha indicato la condotta alternativa lecita che l'imputato avrebbe dovuto adottare per impedire la verificazione dell'evento.
14.2. Con la terza doglianza il Ministero ricorrente ha eccepito violazione e falsa applicazione dell'art. 40 cpv. cod. pen., oltre a contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'addebito mosso al E.E. riguardante il mancato contrasto ai venditori abusivi di bevande. La difesa lamenta, altresì, violazione dell'art. 27, comma 1, Cost., sostenendo l'erronea attribuzione al E.E. di responsabilità invece riferibili ad altrui condotte omissive.
L'attività di contrasto alla vendita abusiva di bevande non sarebbe stata di competenza della Questura, sia in ragione di quanto previsto dalla disciplina normativa di settore che in ragione di quanto evincibile dal materiale probatorio in atti. Il contrasto a tale forma di abusivismo sarebbe compito di esclusiva pertinenza della Polizia Municipale, potendo intervenire la Polizia di Stato solo nel caso di sussistenza di situazioni pericolose, foriere di rischio per la security.
Risulterebbe comprovato, d'altro canto, dalle risultanze processuali come i rappresentanti della Polizia Municipale avessero rassicurato le altre Autorità, nel corso di una riunione preliminare, in ordine al fatto che avrebbero predisposto un servizio capillare di contrasto dell'abusivismo, di fatto, non adeguatamente realizzato, essendo stato predisposto un servizio assai lacunoso, con il supporto di un numero limitato di uomini.
A fronte di tali inefficienze, pertanto, il E.E. non potrebbe rispondere della condotta di mancato allontanamento dei Venditori abusivi, essendosi, al contrario, attivato - come desumibile da plurimi riscontri, soprattutto di natura testimoniale - sia invocando l'aumento del numero di agenti di Polizia Municipale presenti sui luoghi, sia ordinando ai suoi uomini di intervenire in funzione suppletiva dei Vigli Urbani, svolgendo diretta attività di contrasto agli abusivi.
14.3. Con il quarto motivo il responsabile civile ha dedotto vizio di motivazione, eccependo violazione dell'art. 40 cpv. cod. pen. in relazione all'addebito mosso al E.E. di non avere coordinato l'attività di competenza dell'AMIAT, verificandone il relativo corretto adempimento.
Secondo la difesa, si tratterebbe di una censura palesemente generica, in quanto inidonea a chiarire quali specifiche iniziative l'imputato avrebbe dovuto in concreto adottare. Né, d'altro canto, quest'ultimo avrebbe potuto assumere decisione alcuna, trattandosi di attività di safety che l'AMIAT avrebbe dovuto svolgere in favore degli organizzatori della serata, in forza di un apposito contratto stipulato con TTP, nella piena consapevolezza della dimensione e delle caratteristiche dell'evento, nonché della necessità di provvedere a ripulire i luoghi dai vetri.
A fronte dell'inadempiente condotta perpetrata dai responsabili dell'AMIAT - che avevano impiegato poco personale e non previsto l'utilizzo di contenitori di raccolta del vetro - non sarebbe dato comprendere, allora, quali responsabilità potrebbero essere ascritte al E.E. e, in particolare, quale comportamento doveroso alternativo questi avrebbe dovuto concretamente adottare, anche considerato come, invece, risulti comprovato che l'imputato avesse reiteratamente sollecitato il tempestivo intervento dell'AMIAT per rimuovere i numerosi residui di vetro.
14.4. Con la quinta doglianza è stata dedotta erronea applicazione di legge e vizio di motivazione, lamentando la difesa la violazione dell'art. 2043 cod. civ. con riferimento ai capi civili di condanna.
Avrebbe errato il secondo giudice nel confermare le Statuizioni civili di condanna imposte al E.E., in solido con il Ministero dell'Interno, non sussistendo, nella specie, alcun fatto illecito riferibile all'imputato.
In ogni modo, la condotta specificamente ascritta al E.E., consistita nell'aver omesso di assumere misure idonee ad impedire l'introduzione del vetro in Piazza (Omissis), non potrebbe, comunque, essere correlata da alcun tipo di nesso eziologico rispetto ai danni cagionati a quelle parti civili che (come l'N.N. o gli eredi U.U.U.) avrebbero subito lesioni in conseguenza del panico ingeneratosi nella piazza, essendo stato espressamente assolto l'imputato con riguardo al profilo concernente la c.d. gestione del panico.
14.5. Con la sesta censura, infine, il responsabile civile ha dedotto mancanza di motivazione in relazione ai motivi di appello eccepiti in ordine alla disposta condanna alle statuizioni civili.
Lamenta il ricorrente che la Corte d'assise d'appello si sarebbe appiattita sulle ragioni espresse da parte del primo giudice, senza tener conto degli articolati motivi contrari presentati con l'atto di appello.
Ciò, in particolare, con riguardo alla posizione della parte civile N.N., che avrebbe interrotto ogni nesso causale adottando una condotta del tutto abnorme e sconsiderata, frutto di una scelta irrazionale, imprudente e non giustificata dalla specifica situazione fattuale.
Eguali considerazioni varrebbero con riguardo alla disposta condanna al risarcimento dei danni in favore degli eredi di T.T.T., invero assunta da parte dei secondi giudici senza l'adozione di una motivazione pertinente e adeguata, che avesse tenuto conto delle articolate osservazioni espresse con l'atto di appello.
Diritto
1. Per ragioni di ordine sistematico, la trattazione dei ricorsi muoverà dai motivi proposti da A.A., B.B. e C.C., i quali, sulla base della ricostruzione dei fatti offerta dai giudici di merito, si occuparono della fase ideativa ed organizzativa dell'evento.
In relazione a dette posizioni, occorre preliminarmente considerare le doglianze, comuni ai difensori di A.A. e B.B., riguardanti l'inesatta individuazione della competenza funzionale della Corte d'assise d'appello quale giudice deputato a trattare il procedimento celebrato nelle forme del rito abbreviato (motivo primo di entrambi i ricorsi). Tale decisione, lamentano le difese, sarebbe frutto di una erronei interpretazione ed applicazione dell'art. 596 cod. proc. pen.
Come già evidenziato nella parte in fatto, la Corte d'assise d'appello ha provveduto a riunire innanzi a sé i procedimenti celebrati nelle forme del giudizio abbreviato, svoltosi innanzi al Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Torino, e nelle forme del giudizio ordinario, svoltosi innanzi alla Corte d'assise di Torino.
Nei confronti degli imputati che avevano chiesto di definire la loro posizione nelle forme del rito ordinario, il G.u.p. aveva emesso, in data 17 febbraio 2020, decreto di rinvio a giudizio innanzi alla Corte d'assise di Torino, ritenendo la competenza funzionale di questa in forza del disposto di cui agli artt. 12, comma 1, lett. a) e 15 cod. proc. pen.
Risultava, infatti, operante la connessione con il fatto di cui al separato procedimento avente ad oggetto il più grave delitto di cui all'art. 584 cod. pen., all'epoca pendente innanzi alla Corte d'assise di Torino, a carico degli imputati che avevano usato lo spray urticante che aveva determinato il decesso delle vittime in seguito allo spostamento della folla.
Nei riguardi degli imputati A.A., B.B. e C.C., che avevano richiesto di essere giudicati nelle forme del rito abbreviato, era stato emesso il provvedimento di ammissione al rito contratto e disposta la separazione dal procedimento principale.
All'esito del giudizio abbreviato, il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Torino aveva pronunciato sentenza di condanna in data 27 gennaio 2021.
Avverso la suddetta pronuncia, i difensori avevano promosso impugnazione innanzi alla Corte d'Appello di Torino, la quale, sollecitata dal Procuratore Generale d'udienza, con sentenza del 19 ottobre 2022, aveva disposto la trasmissione degli atti alla Corte d'assise d'appello di Torino, ritenendola funzionalmente competente.
La Corte aveva ravvisato la connessione tra i reati oggetto della contestazione elevata a carico degli imputati A.A. e B.B. e quello di cui all'art. 584 cod. pen., definito con sentenza divenuta, nelle more, irrevocabile il 12 gennaio 2022, "trattandosi di unico fatto di reato commesso da alcuni con dolo (art. 584 cod. pen., di competenza della Corte d'assise) e da altri con colpa (art. 589 cod. pen., di competenza "astratta" del Tribunale in composizione monocratica)". Da tale premessa era giunto alla conclusione che, ai sensi dell'art. 15 cod. proc. pen., la competenza a conoscere l'intero processo spettasse alla Corte d'assise d'appello.
1.1. I difensori dei ricorrenti A.A. e B.B., con argomentazioni sovrapponibili, si dolgono della manciata applicazione dell'art. 596, comma 3, cod. proc. pen., avendo i giudici di inerito - la Corte d'appello nel dichiararsi incompetente e la Corte d'assise d'appello nel trattenere presso di sé il procedimento senza sollevare conflitto di competenza, come richiesto dalle difese - fatto erroneamente prevalere nel giudizio di appello il criterio della connessione (art. 15 cod. proc. pen.).
Sostengono i difensori che le norme dettate in materia di competenza (artt. 4 e seguenti cod. proc. pen.) si riferiscono al giudizio di primo grado. La competenza del giudice d'appello è, invece, determinata secondo i criteri funzionali di cui all'art. 596, comma 3, cod. proc. pen.
Sul punto si citano nei ricorsi due precedenti pronunce di questa Corte (Sez. 5, n. 31673 del 13/06/2017 e Sez. 1, n. 6308 del 20/1/2010), che avvalorerebbero, secondo quanto prospettato dalla difesa, l'interpretazione proposta.
Rammentano inoltre i difensori come, secondo consolidato principio espresso dalle Sezioni Unite, la determinazione della competenza debba avvenire sulla base di un'applicazione rigorosa delle norme che disciplinano la materia, che valga a sottrarre la sua individuazione, nella massima misura, a valutazioni d'ordine discrezionale (Sez. U, n. 27343 del 28/2/2013, Taricco).
La corretta applicazione di tali principi imporrebbe, pertanto, una interpretazione dell'art. 596 cod. proc. pen. che mantenga distinto il criterio della competenza funzionale nel grado di appello da quello della competenza per materia determinata da connessione, valevole per il giudizio di primo grado.
Riportando questa esegesi al caso specifico, si afferma che sulla sentenza del G.u.p. torinese avrebbe dovuto decidere la Corte di appello perché i reati che integrano l'imputazione sono di competenza del Tribunale, a nulla valendo che detti reati colposi siano connessi al delitto doloso di cui all'art. 584 cod. pen.
Il rilievo, infondato, deve essere respinto.
Sul generale tema della competenza per connessione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute con due successive sentenze (Sez. U, n. 27343 del 28/02/2013, Taricco e Sez. U, n. 48590 del 18/04/2019, Sacco).
Nessuna di tali due sentenze si è occupata precipuamente della competenza per materia derivante dalla connessione (art. 15 cod. proc. pen.) i principi in esse stabiliti, tuttavia, come si legge nel corpo stesso delle motivazioni, risultano estensibili ai casi in cui viene in rilievo l'applicazione dell'art. 15 cod. proc. pen., in ragione dell'eadem ratio sottesa alle questioni che avevano formato oggetto di disamina.
La sentenza Taricco ha affrontato il tema della competenza per territorio determinata dalla connessione, venendo investita del quesito: "se nel caso in cui venga dedotta l'incompetenza per territorio determinata da connessione a norma dell'art. 16 cod. proc. pen., la sussistenza della connessione quale criterio attributivo della competenza operi soltanto se i procedimenti connessi pendono nello stesso stato e grado". All'esito della disamina dei differenti orientamenti profilatisi in materia, aveva stabilito come la connessione rappresenti un criterio originario e autonomo di attribuzione della competenza, operando indipendentemente dalla pendenza dei relativi procedimenti nello stesso stato e grado. Non aveva mancato di sottolineare come la regola generale valesse con riferimento ad entrambe le ipotesi contemplate dagli artt. 15 e 16 cod. proc. pen. (cfr. par. 3.4 "Deve invero essere affermato che una interpretazione logico-sistematica dell'istituto della competenza per connessione di cui agli artt. 15 e 16 cod. proc. pen. impone di ritenere che essa costituisca un criterio originario di attribuzione della competenza, che prescinde dalla pendenza dei procedimenti nello stesso stato e grado").
Quanto all'aspetto, non meno significativo, riguardante il momento nel quale la individuazione della competenza diventa definitiva; le Sezioni Unite Taricco hanno precisato che la contestazione, nella fase delle indagini preliminari, è definibile "fluttuante", sicché, cristallizzandosi il thema decidendum del processo con il rinvio a giudizio, è a tale momento che bisogna fare riferimento. Una volta stabilita detta competenza, in ossequio al principio della perpetuano iurisdictionis, essa si radica in via definitiva, rimanendo indifferente agli epiloghi processuali delle singole regiudicande in qualunque stato del processo (Sez. 6, n. 1131 del 12/12/1996, dep. 1997, Cama, Rv. 206901; Sez. 1, n. 3312 del 08/07/1992, Maltese, Rv. 191755).
La successiva sentenza a Sezioni Unite Sacco, occupandosi della questione del riparto di competenza tra giudice monocratico e giudice collegiale, è ritornata sui temi affrontati nella pronuncia Taricco, precisando che l'applicazione delle regole sul riparto dell'attribuzione della cognizione tra Tribunale in composizione collegiale o monocratico deve operarsi tenendo conto dell'esito dell'udienza preliminare. Il principio affermato è stato così massimato: "In tema di riparto tra giudice monocratico e collegiale, l'attribuzione determinata da ragioni di connessione va valutata al momento del rinvio a giudizio e non sulla base dei fatti così come contestati nella richiesta del pubblico ministero. (In motivazione, la Corte ha affermato che il principio della perpetuano iurisdictionis, inteso come immutabilità della competenza a fini di certezza ed economia processuale ; e di tutela della ragionevole durata del processo, non può che riferirsi alla contestazione risultante dal complessivo vaglio del giudice dell'udienza preliminare sull'accusa formulata dal pubblico ministero e a la conseguente individuazione del giudice naturale operata sulla base dell'esito di quel controllo)" (Sez. U, n. 48590 del 29/11/2019, Sacco, Rv. 277304).
Si riconosce in sentenza la natura di generale principio alla c.d. perpetuano iurisdictionis, che, sebbene non codificata, informa di sé l'ordinamento processuale penale, trovando "la sua origine nell'esigenza di rendere stabile l'attribuzione di un determinato procedimento al giudice naturale, evitando che vicende processuali, sostanziali od anche normative sopravvenute possano incidere sul rapporto processuale".
La finalità, si legge nella pronuncia, è essenzialmente quella di evitare che la competenza, una volta stabilizzata, perché sottoposta al vaglio del giudice in relazione all'addebito definitivamente determinato, possa subire modifiche in corso di svolgimento del giudizio, garantendo anche al giudice di poter adeguare la qualificazione giuridica del fatto senza privarsi della competenza. Al contempo, la perpetuano iurisdictionis assicura il rispetto dei principi di certezza ed economia processuale, ed è funzionale all'interesse dell'amministrazione giudiziaria alla ragionevole durata del processo, tutelato dall'art. 111, terzo comma, Cost.
La funzione della perpetuatio iurisdictionis lascia comprendere come l'ambito operativo dell'istituto si collochi dopo il passaggio alla fase del giudizio, allorché si rende necessario garantire quella "stabilità" di competenza, che, invece, non è funzionale nel corso delle indagini preliminari ("In definitiva, il principio della perpetuatio iurisdictionis, inteso come immutabilità della competenza a fini di certezza ed economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo, non può che riferirsi alla determinazione della regiudicanda risultante dal complessivo vaglio del giudice dell'udienza preliminare sull'accusa formulata dal pubblico ministero e alla conseguente individuazione del giudice naturale operata sulla base dell'esito di quel controllo e degli addebiti contestati nel decreto di rinvio a giudizio").
1.2. Alla luce di quanto precede, non è censurabile la decisione assunta dalla Corte di appello di Torino di spogliarsi della competenza a conoscere il giudizio in favore della Corte d'assise di appello.
La individuazione della competenza è correttamente avvenuta sulla base della connessione con il reato di cui all'art. 584 cod. pen., determinata dal Giudice dell'udienza preliminare all'atto della emissione del decreto di rinvio a giudizio a carico dei coimputati innanzi alla Corte d'assise e della contestuale ammissione degli altri imputati al rito abbreviato.
Cristallizzatasi la competenza per connessione all'udienza preliminare, allorquando era pendente presso la Corte d'assise il giudizio a carico degli autori dell'omicidio preterintenzionale, si è "determinato, sulla base del richiamato principio della perpetuano iurisdictionis, l'effetto stabilizzante della competenza, che produce l'insensibilità di questa alle ulteriori vicende processuali.
Non è superfluo aggiungere, per completezza argomentativa, che, all'atto della emissione del decreto di rinvio a giudizio a carico dei coimputati e della pronuncia della sentenza di primo grado conseguente al giudizio abbreviato, in data 27 gennaio 2021, il procedimento a carico degli autori dell'omicidio preterintenzionale era ancora pendente, essendosi concluso con sentenza della Corte d'assise d'appello di Torino divenuta irrevocabile il 21 gennaio 2022.
Il dato cronologico esclude, dunque, che possa ritenersi inoperante il criterio della competenza per connessione in conseguenza della perenzione del reato più grave che ha esercitato la vis attrattiva.
1.3. In considerazione di quanto precede, deve ritenersi che la connessione per materia stabilita dall'art. 15 cod. proc. pen. sia un criterio di attribuzione originario della competenza, che, in deroga a quanto previsto dall'art. 596 cod. proc. pen., determina l'attrazione nella sfera di competenza della Corte d'assise dei reati non rientranti nel decalogo stabilito dall'art. 5 cod. proc. pen.
L'operatività di detto criterio non può intendersi limitata alla sola fase del giudizio di primo grado.
Nella pronuncia citata dalle difese nei ricorsi (Sez. 5, n. 31673 del 13/06/2017), l'affermazione secondo la quale "le norme dettate in materia di competenza, nel libro 1A del c.p.p. (artt. 4 ss.), si riferiscono - come noto - al giudice ed al giudizio di primo grado. La competenza del giudice di appello è, invece, determinata secondo i criteri funzionali scritti nell'art. 596 c.p.p.", non offre un contributo valevole per la risoluzione della questione che occupa e non conforta la tesi difensiva.
L'affermazione, nel contesto in cui risulta inserita, intende semplicemente sottolineare che la competenza del giudice di secondo grado, ripartita tra Corte d'Appello e Corte d'assise d'appello, è individuata in base alla tipologia di reato, non rilevando il fatto che il giudizio di primo grado si sia svolto innanzi al Giudice per l'udienza preliminare nella forma del rito abbreviato.
La pronuncia richiamata si era occupata dei delitti di cui agli artt. 600 e 601 cod. pen. (rispettivamente riduzione in schiavitù e tratta di persone), rispetto ai quali sono intervenute alterne modifiche che hanno interessato la competenza funzionale della Corte d'assise d'appello. Per quanto rileva ai fini qui di interesse, è sufficiente ricordare come, con legge 6 aprile 2010, n. 52, all'art. 5 cod. proc. pen. sia stata aggiunta la lettera d-bis, la quale include, tra i reati di competenza della Corte d'assise, anche i delitti consumati o tentati di cui agli artt. 600 e 601 cod. pen.
Nell'ambito del procedimento nel quale è intervenuta detta pronuncia, i numerosi ricorrenti rispondevano di diversi reati, alcuni dei quali di competenza della Corte d'Appello ed altri della Corte d'assise d'appello. A seguito di giudizio abbreviato celebrato innanzi al G.u.p., erano stati tutti giudicati in secondo grado innanzi alla Corte d'Appello.
La Corte di Cassazione, intervenuta sulla doglianza prospettata dai due imputati che rispondevano dei reati di cui agli artt. 600 e 601 cod. pen. e che si erano lamentati di essere stati giudicati innanzi ad un giudice non competente per materia, ha accolto il ricorso, stabilendo che la competenza in appello appartenesse alla Corte d'assise d'appello, sebbene il giudizio di primo grado fosse stato celebrato con il rito abbreviato dinanzi al Giudice dell'udienza preliminare.
Nella medesima sentenza, nell'individuare la competenza della Corte d'assise d'appello, la Corte di Cassazione ha confermato il criterio della vis attrattiva esercitata dai reati più gravi rispetto alle altre fattispecie ascritte ai due ricorrenti, affermando che la decisione di annullamento dovesse riguardare anche i capi relativi al reato di cui all'art. 3 L. n. 75 del 1958, pure ascritti ad entrambi gli imputati, poiché "allorquando due o più procedimenti, alcuni appartenenti alla cognizione della Corte di Assise ed altri a quella del Tribunale, sono stati riuniti (anche per mere ragioni di connessione probatoria) in sede di giudizio abbreviato davanti al giudice per le indagini preliminari, competente a decidere sull'appello è sempre la Corte di Assise di appello" (così pag. 5 della motivazione).
La decisione, pertanto, è stata chiamata a risolvere altra questione, ma non quella - qui rilevante ai fini della determinazione della competenza in appello - se il reato sul quale ha deciso il G.u.p. dovesse essere individuato prescindendo, o meno, dalla connessione.
Quello che, invece, interessa in questa sede è la chiara interpretazione dell'art. 596 cod. proc. pen., a tenore della quale la connessione qualificata tra un reato di competenza del Tribunale ed uno di competenza della Corte d'assise implica che l'individuazione del giudice di appello rispetto alle sentenze pronunciate dal G.u.p. non possa prescindere dalla competenza per connessione.
L'esegesi proposta ex adverso dai ricorrenti consentirebbe agli imputati di reati di competenza del Tribunale, che siano connessi a reati di competenza della Corte d'assise, in violazione del richiamato principio della perpetuatio iurisdictionis, di scegliere il giudice di appello sulla base dell'elezione del rito a cui abbiano deciso di accedere, rimessa alla loro volontà.
2. Passando alle questioni di merito riguardanti il ricorso proposto da A.A., si osserva quanto segue.
La Corte d'assise d'appello ha ritenuto di individuare profili di colpa a carico dell'imputata riconducibili alle seguenti condotte: decidere la manifestazione a pochi giorni dal suo svolgimento, imponendo a tutti coloro che erano deputati all'organizzazione dell'evento di effettuare scelte affrettate e inidonee in termini di sicurezza; scegliere TTP quale ente organizzatore; scegliere Piazza (Omissis) quale luogo: di svolgimento dell'evento; omettere di adottare, in qualità di Ufficiale di Governo, l'ordinanza che vietava la circolazione e l'utilizzo di vetro ih occasione della manifestazione (art. 54 T.U.E.L.).
Soltanto il primo e l'ultimo di detti profili, lamenta la difesa nella parte iniziale del ricorso, hanno formato oggetto di formale contestazione nella imputazione a carico della ricorrente (capo 1 lett. a) ed e) della rubrica).
Preme rilevare, sgombrando subito il campo dalla critica mossa dalla difesa in ordine alla "estensione" della contestazione operata dai giudici di merito con riferimento alle ulteriori condotte colpose individuate, come il rilievo sia infondato.
Invero, in base a costante orientamento della Corte di legittimità, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza ove la contestazione concerna globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali, come tali non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (cfr. Sez. 4, n. 6564 del 23/11/2022, dep. 2023, Spampinato, Rv. 284101; Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, Denaro, Rv. 260161; Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013, Miniscalco, Rv. 257902).
Peraltro, pur stigmatizzando il ricorso l'ampliamento dei profili di responsabilità rispetto alla contestazione, non si evidenziano nei motivi conseguenze in tema di limitazioni ed ostacoli al diritto di difesa. Essendo gli ulteriori profili aggiunti dai giudici di merito desumibili dall'ampio materiale probatorio riversato in atti, legittimamente utilizzato ai fini della decisione nell'ambito del giudizio abbreviato, non emergono elementi che possano indurre a ritenere che il diritto di difesa sia stato in qualche modo compromesso dall'aggiunta di profili diversi di colpa rispetto a quelli originariamente contestati.
Piuttosto, il rilievo tende a sottolineare il differente trattamento riservato alla ricorrente rispetto a quello riguardante il coimputato D.D.D., assolto nel giudizio di appello, per il quale il giudice di secondo grado non ha considerato gli ulteriori profili di responsabilità aggiunti in primo grado (pag. 18 del ricorso).
La riflessione, tuttavia, non ha incidenza sulla; posizione della A.A., non traducendosi in una menomazione del diritto di difesa ed avendo svolto i due imputati ruoli differenti nella economia della vicenda, tanto da non poter essere individuata nessuna disparità di trattamento tra i due, atteso che tale concetto generalmente si attaglia al caso di imputati che, pur rivestendo identiche posizioni in relazione allo stesso fatto, abbiano ricevuto un trattamento diverso in assenza di giustificazione idonea.
3. Ciò premesso, invertendo l'ordine di trattazione dell'esame dei motivi di doglianza, occorre por mente alla questione riguardante la prevedibilità degli eventi generatisi in seguito alla condotta dolosa dei rapinatori, i quali, utilizzando uno spray al peperoncino, avevano determinato il panico tra la folla che riempiva Piazza (Omissis) (motivo sesto del ricorso proposto da A.A., motivo quinto del ricorso proposto da B.B., ivi erroneamente denominato VI).
In linea generale, in base ai principi da tempo affermati da questa Sezione, la prevedibilità dell'evento deve essere valutata con giudizio da operarsi ex ante, sulla base della conoscenza o della conoscibilità da parte del soggetto agente dei vari indicatori di rischio che vengano in gioco in una determinata vicenda. Il giudizio di evitabilità, invece, assolto l'obbligo di previsione, può definirsi come la possibilità di annullare totalmente o diminuire l'esposizione alle conseguenze dannose per l'incolumità collettiva e individuale da parte del soggetto garante.
Tali aspetti vengono naturalmente in considerazione con riferimento a soggetti che rivestono una posizione di garanzia. Infatti, in base all'art. 40, comma 2, cod. pen., la responsabilità per colpa scaturisce dal fatto di non avere impedito un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire.
La posizione di garanzia, come è noto, può derivare da una investitura formale, discendente da leggi, regolamenti o norme privatistiche, ma anche dall'assunzione di fatto della gestione del rischio, ben potendo l'obbligo di garanzia previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen. venire in essere in conseguenza di una precedente attività realizzata dal soggetto agente da cui sia scaturito un rischio per l'incolumità di uno o più persone (cfr. Sez. 4 n. 21869 del 25/05/2022, Tomasso, Rv. 283387).
Per altro verso, come più volte ribadito da questa Corte, la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso.
Nel campo della colpa generica, che maggiormente ha impegnato la riflessione di questa Corte per la multiformità del suo manifestarsi nell'ambito delle categorie codificate (imprudenza, negligenza e imperizia), l'identificazione del pericolo e della sua causa permette di risalire alle regole prudenziali che valgono ad escluderlo o depotenziarlo.
Un corretto processo d'identificazione della regola prudenziale deve, pertanto, muovere dal fatto e dalle caratteristiche della causa dell'evento, il cui accertamento rappresenta un momento di rilevante significato nella elaborazione della responsabilità per colpa (c.d. giudizio esplicativo).
Analizzato il fatto e la causa, si deve procedere alla individuazione del comportamento lecito alternativo, il quale deve discendere da una ben determinata regola prudenziale. Ai fini dell'imputazione causale si dovrà poi verificare e chiarire che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all'imputato dall'ordinamento (c.d. giudizio controfattuale).
Coloro che assumono un atteggiamento critico nei confronti della colpa generica enfatizzano il grado di indeterminatezza dalla quale essa è connotata. Tuttavia, sebbene la colpa specifica assicuri un ben maggior tasso di determinatezza al fine di pervenire al giudizio di responsabilità, nella colpa generica un corretto processo di identificazione della regola prudenziale violata e della prevedibilità dell'evento, che muova da una valutazione da operarsi ex ante, consente di individuare la regola astratta, preesistente all'evento, a cui avrebbe dovuto conformarsi il soggetto agente per prevenire eventi del genere di quelli verificatisi.
Ciò pone l'interprete al riparo dalla violazione dei principi di legalità e di colpevolezza suscettibili di annidarsi in un giudizio effettuato ex post, dal quale larga parte della giurisprudenza di legittimità mette in guardia (cfr., ex multis, Sez. 4, n. 9390 del 13/12/2016, dep. 2017, Di Pietro, Rv. 269254: "In tema di colpa generica, l'individuazione della regola cautelare non scritta eventualmente violata non deve essere frutto di una elaborazione creativa, fondata su una valutazione ricavata "ex post" ad evento avvenuto e in maniera del tutto astratta e svincolata dal caso concreto, ma deve discendere da un processo ricognitivo che individui i tratti tipici dell'evento, per poi procedere formulando l'interrogativo se questo fosse prevedibile ed evitabile "ex ante", con il rispetto della regola cautelare in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico - scientifiche e delle massime di esperienza"; Sez. 4, n. 36400 del 23/05/2013, Testa, Rv. 257112: "In tema di colpa generica, l'individuazione della regola cautelare non scritta va effettuata provvedendo, prima, a rappresentare l'evento nei suoi elementi essenziali e, poi, a formulare l'interrogativo se tale evento fosse prevedibile ex ante ed evitabile con il rispetto della regola in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico - scientifiche e delle massime di esperienza").
3.1. Venendo alle doglianze difensive espresse in punto di prevedibilità nell'ambito della vicenda che occupa, si deve ritenere che la prevedibilità dell'evento debba essere rapportata non alla Causa primigenia dello spostamento della folla - nella specie, diffusione dello spray urticante - ma alla conseguenza generatasi in seguito all'azione dolosa dei rapinatori (panico collettivo).
In questo senso si sono correttamente mossi i giudici di merito nella ricostruzione della vicenda, osservando come l'azione dolosa avesse costituito "solo l'innesco, come tale perfettamente fungibile e non caratterizzante" del decorso causale, determinando l'esito "di un evitabile e certamente prevedibile fenomeno di panico collettivo" (così pag. 126 della sentenza di appello).
Sviluppando il tema della prevedibilità, il giudice di primo grado e la Corte di merito, con motivazione priva di aporie logiche e coerente con le risultanze processuali richiamate in motivazione, hanno fornito una risposta immune da censure alla questione posta dai ricorrenti in ordine alla impossibilità di prevedere che si potesse realizzare la particolare causa che aveva scatenato il panico in piazza (spruzzo dello spray urticante), sostenendo, al contrario, che fosse agevole la previsione, nel contesto di cui trattasi, di azioni tese a turbare gravemente lo svolgimento della manifestazione e suscettibili di generare il panico tra la folla.
In particolare, il giudice di primo grado, con argomentare logico, ha osservato come sia "prevedibile che in un assembramento di migliaia di persone che si accalcano in uno spazio confinato possa accadere un qualsiasi avvenimento, naturalistico o antropico, atto ad innescare una prima scintilla di panico" (pag. 53 della sentenza di primo grado).
Deve oltretutto considerarsi, come hanno più volte sottolineato i giudici di merito, che la vicenda si collocava in un contesto temporale, noto a tutti, nel quale era alto il rischio di attentati terroristici (cfr. pag. 118 della sentenza di primo grado).
Non può validamente sostenersi che tale impostazione contrasti con l'accertamento, divenuto irrevocabile, contenuto nella sentenza emessa da questa Corte a carico degli autori dell'azione dolosa (Sez. 5, n. 15269 del 21/01/2022), in cui era stato affermato che "per commettere la rapina successiva ai primi due furti con strappo, gli imputati avevano fatto ricorso all'uso dello spray al peperoncino che era stato spruzzato verso il suolo al fine di provocarne la massima diffusione nell'area circostante e di alterare lo stato di quiete - ingeneratosi per l'esito negativo della partita di calcio - che rendeva rischioso il compimento delle manovre predatorie".
La difesa sostiene che la peculiare modalità attraverso cui si era generato il panico tra la folla avrebbe dovuto essere ricompresa nel giudizio di prevedibilità, sottolineando come nella sentenza passata in giudicato l'uso dello spray al peperoncino fosse stato individuato quale causa immediata e diretta di tutte le lesioni e dei decessi occorsi in occasione della manifestazione.
L'erronea impostazione iniziale dei giudici di merito di ritenere l'azione dolosa equiparabile a qualsiasi altro avvenimento naturalistico o antropico, sostiene la difesa, inficerebbe l'intero ragionamento svolto sul piano della serie causale.
Dalla tipologia della causa dell'incidente, infatti, discendono conseguenze decisive in punto di determinazione dell'intervento salvifico appropriato e del comportamento lecito atteso dalla ricorrente.
La pur suggestiva prospettazione difensiva non può trovare, tuttavia, accoglimento.
Invero, i giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi stabiliti in questa sede, individuando quale causa delle lesioni e degli omicidi colposi lo scatenarsi del panico tra la folla in conseguenza bell'azione dolosa dei rapinatori.
3.2. In tema di individuazione delle cause di un evento, la giurisprudenza di questa Corte mette in guardia da eccessive specificazioni riguardanti le caratteristiche concrete del fatto, suscettibili di attrarre nell'area della imprevedibilità qualunque azione umana o fenomeno di rischio.
Avverte, in proposito, come "sotto il profilo causale la pur necessaria prevedibilità dell'evento non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma la classe di eventi in cui quello oggetto del processo si colloca" (così, in motivazione, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn).
Le Sezioni Unite, richiamando concetti già noti (cfr. Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007, Marchesini, Rv. 237880), hanno, quindi, affermato il principio di diritto per cui "In tema di colpa, la necessaria prevedibilità dell'evento - anche sotto il profilo causale - non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo" (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261106401).
Si evidenzia in motivazione come la descrizione dell'evento non possa addentrarsi oltre un determinato livello di dettaglio, dovendo, al contrario, mantenere un certo grado di "categorialità", giacché "un fatto descritto in tutti i suoi accidentali ragguagli diviene sempre inevitabilmente, unico ed in quanto tale irripetibile ed imprevedibile".
Il grado di "categorialità" a cui deve pervenirsi nella determinazione della causa dell'evento è certamente frutto di un ragionamento fondato su criteri logici, i quali, se applicati in modo puntuale e coerente, non risultano censurabili in sede di legittimità.
Non si tratta, dunque, di ridurre ad unità gli accadimenti della realtà, livellando ogni differenza, ma di individuarne il carattere precipuo al fine di indagare la causa procedendo per categorie di eventi.
Conformandosi a tali principi, i giudici di merito, dopo attenta analisi dei fatti, hanno ritenuto che l'azione dolosa di coloro che avevano diffuso la sostanza urticante fosse stata solo l'occasione che aveva generato il panico tra la folla, vera causa del travolgimento e dello schiacciamento di coloro che assistevano alla manifestazione (cfr. pag. 51 della sentenza di primo grado, pag. 126 della sentenza di appello).
Tale convincimento non contrasta con il risultato bell'accertamento raggiunto nella sentenza a carico dei rapinatori: i due procedimenti hanno avuto riguardo a reati diversi e, pur avendo in comune il medesimo fatto storico, hanno diverse finalità. Nel giudizio a carico dei rapinatori, ritenuti responsabili di omicidio preterintenzionale, sono stati valutati aspetti riguardanti la condotta dolosa serbata dagli autori dello spruzzo urticante; il giudizio che occupa riguarda, invece, la parallela responsabilità per colpa degli organizzatori della manifestazione e di coloro che erano chiamati a gestire in concreto lo svolgimento sicuro dell'evento. Non possono, pertanto, sovrapporsi le ragioni dell'uno e dell'altro giudizio e neppure mutuarsi dalla prima sentenza elementi di valutazione che possano supportare la tesi difensiva della imprevedibilità delle conseguenze dell'azione dolosa dei rapinatori.
La causa degli infortuni realizzatisi, delimitante il campo della riflessione sui profili di colpa individuati in capo ai ricorrenti e di ogni altro ragionamento susseguente, riferito in particolare al giudizio controfattuale ed alla evitabilità, rimane correttamente incentrata sul fenomeno del panico della folla, rischio che avrebbe potuto scatenarsi per ragioni diverse, ma che risultava prevedibile nel contesto in cui si è realizzato e che doveva essere per questo previamente considerato ai fini della sua gestione.
3.3. Sempre in tema di causa dell'evento, la difesa rappresenta che le risultanze in atti avrebbero rivelato l'inconsistenza e l'insufficienza della tesi sostenuta dai giudici di merito: richiamando gli esiti della consulenza tecnica disposta dal P.M., a firma del dott. R.R.R.R., evidenzia come il primo brusco movimento della folla, a seguito del quale erano decedute S.S.S. e T.T.T., fosse da ritenersi del tutto imprevedibile.
La modalità di reazione di coloro che si erano trovati in prossimità dell'origine della minaccia, nel primo rapidissimo movimento collettivo registrato alle ore 22.12, si legge nella consulenza, sarebbe sfuggita ad ogni possibilità di previsione e controllo. Dieci minuti più tardi si era sviluppato un nuovo movimento collettivo inconsulto, alimentato dalla mancanza di informazioni, che aveva reso più incerto e pericoloso il comportamento dei partecipanti. Il precipitare degli accadimenti collegati al secondo spostamento della folla, nella consulenza acquisita in atti, viene imputato alla mancanza di un "sistema di monitoraggio della situazione".
La pluralità di fasi nei movimenti della folla, osservano i difensori, avrebbe dovuto essere indagata e compresa dai giudici di merito in modo separato: alla stregua di quanto emerge dalla consulenza, infatti, si sarebbe trattato di fenomeni realizzatisi in contesti spazio-temporali distinti tra loro, aventi ciascuno un proprio carattere ed una propria origine.
Ebbene, i giudici di merito ritengono che la parcellizzazione dei movimenti della folla sia del tutto ininfluente ai fini della individuazione della causa degli eventi dannosi, dovendosi guardare al fenomeno nella sua unitarietà.
L'analisi complessiva della motivazione offerta dal primo giudice, a cui si conforma quella di secondo grado, consente di ritenere che il tema sia stato implicitamente affrontato e risolto nei termini appena detti (cfr. pag. 53 della sentenza di primo grado: "Calando i principi enunciati dalla Corte di Cassazione nel caso concreto, si osserva che gli eventi lesivi nel caso che ci occupa, costituiti dalla morte delle due donne e dal ferimento di migliaia di altre persone, sono stati di fatto conseguenza dello scatenarsi del panico tra la folla. Ed ora si impone una prima, semplice domanda: è prevedibile che in un assembramento di migliaia di persone che si accalcano in uno spazio confinato possa accadere un qualunque avvenimento naturalistico o antropico, atto ad innescare una prima scintilla di panico, in altre parole a cagionare una reazione angosciata e scomposta della folla? La risposta è indiscutibilmente positiva. Infatti, sono tantissime le possibili cause scatenanti un focolaio, magari non visibile a tutti ed apparentemente innocuo, dallo scoppio di un petardo a una rissa, a un grido di procurato allarme lanciato per scherzo, per fare solo alcuni esempi. E ciò anche a prescindere dall'ipotetica infiltrazione - ben possibile, in mezzo a tanta gente, malgrado gli attenti controlli - di soggetti ancor più pericolosi, quali terroristi o squilibrati. A maggior ragione il rischio di una particolare sensibilità della folla e del pericolo di una reazione scomposta a fronte di qualsiasi, anche minimo, evento scatenante era ancor più prevedibile proprio dopo gli ultimi attentati terroristici, che si erano verificati in occasione di manifestazioni partecipate da un gran numero di spettatori e che non erano noti soltanto alle forze dell'ordine").
Si ritorna, nella sostanza, ai principi già illustrati nel precedente paragrafo: una considerazione dei fatti che voglia tener conto in modo parcellizzato di un fenomeno lesivo come quello generatosi nel caso in esame porterebbe al risultato di escludere dal campo della prevedibilità qualunque accadimento. Procedendo, invece, per categorie di eventi, come stabilito negli orientamenti richiamati, i fatti verificatisi risultano riconducibili alla causa del propagarsi del panico, di sicura prevedibilità nel contesto descritto.
In conclusione, deve ritenersi corretta, sui) piano logico argomentativo, l'impostazione dei giudici di merito, per cui l'innesco iniziale del propagarsi del panico, di natura dolosa, è una contingenza ininfluente sulle modalità di concretizzazione del rischio tipico, rappresentato dal movimento della folla presa dal panico. Tale fenomeno aveva indotto i partecipanti a cercare la fuga, spingendo e schiacciando tutti coloro che incontravano sul loro cammino. Numerosissime persone, spinte dalla calca, caddero sulla pavimentazione ingombra di vetri di bottiglia infranti e riportarono le ferite da taglio attestate nei referti medici acquisiti agli atti, aumentando la tensione generale ed il senso di paura.
4. Gli ulteriori motivi di ricorso, parimenti infondati, riguardano l'individuazione delle condotte colpose riferite alla ricorrente e l'insussistenza dell'addebito di cooperazione colposa.
In primo luogo preme soffermarsi su tale ultima censura, afferente alla ritenuta insussistenza della cooperazione colposa tra gli imputati.
La difesa lamenta violazione di legge con riferimento agli artt. 40 e 113 cod. pen. e vizio di motivazione, anche sotto il profilo del "travisamento della prova", proponendo una ricostruzione della vicenda Che individua nei fatti una fase ideativa, organizzativa e gestionale della manifestazione.
Le argomentazioni poste a sostegno delle censure avanzate dai difensori (motivo terzo del ricorso proposto dalla A.A.) sono sostanzialmente coincidenti con quelle provenienti dal coimputato B.B., salvo talune differenze di cui si dirà nell'apposito paragrafo riguardante la posizione di quest'ultimo (vedi infra, paragrafo 10).
Come già prospettato nei gradi di merito, la difesa ritiene che non possa imputarsi alla ricorrente un addebito di cooperazione polposa, dovendo intendersi il suo intervento confinato in una fase soltanto ideativa della manifestazione, per questo insuscettibile di arrecare un contributo idoneo ad intrecciarsi con quello di altri coimputati che a tale fase non avevano partecipato.
L'assunto non può trovare accoglimento.
In tema di reati colposi, l'elemento che differenzia l'ipotesi di cooperazione da quella del mero concorso di cause indipendenti è dato dal collegamento delle volontà dei diversi soggetti agenti.
Mentre nella cooperazione le volontà di questi ultimi devono tutte confluire consapevolmente all'interno della condotta dalla quale deriva l'evento non voluto, nei casi di concorso di cause indipendenti l'evento consegue al mero dipanarsi di azioni od omissioni indipendenti, non collegate da alcun vincolo soggettivo.
Dunque, nella cooperazione colposa vi è la convergenza di una pluralità di volontà ed il soggetto agente ha la consapevolezza di contribuire con la propria condotta alla realizzazione di un evento che non è voluto.
È importante rammentare come la giurisprudenza di legittimità ammetta la cooperazione colposa nella produzione di un evento lesivo che si manifesti anche attraverso un comportamento omissivo (cfr. Sez. 4, n. 26239 del 19/03/2013, Gharby, Rv. 255696).
La collocazione della condotta della ricorrente nell'ambito della sola fase ideativa della manifestazione mira a dimostrare che gli addebiti contestati non possano concettualmente implicare alcuna cooperazione colposa. La fase ideativa, infatti, sarebbe riferibile alla sola Sindaca, per cui non sarebbe sostenibile, come invece ritenuto dai giudici di merito, che la ricorrente avesse "consapevolezza di operare con altri" e che il suo comportamento colposo fosse frutto di un "intreccio operativo" con quello dei coimputati.
Lo stesso giudice di primo grado, evidenzia la difesa, ha ritenuto che la Sindaca avesse creato "la cornice critica nell'ambito della quale l'evento si era realizzato", distinguendo nella motivazione le fasi della ideazione, organizzazione e gestione dell'evento.
Ebbene, il Collegio ritiene di dovere dissentire dei pur pertinenti rilievi critici avanzati da parte della difesa.
La lettura integrale della motivazione del giudice di primo grado descrive una realtà ben diversa da quella che può ricavarsi dai soli passaggi motivazionali evidenziati nel ricorso.
La condotta addebitata alla Sindaca, alla stregua della complessiva ricostruzione offerta dai giudici di merito, non può intendersi limitata alla sola fase ideativa, ma indubbiamente si estende anche alla fase organizzativa della manifestazione, avendo la stessa condiviso ogni scelta operativa del Capo di Gabinetto B.B. ed avendo omesso di adottare la c.d. "ordinanza antivetro", sulla cui incidenza nei fatti di causa ci si soffermerà più avanti.
La ricorrente, infatti, non si è limitata a ideare la proiezione della partita di calcio, ma ha dato impulso alle scelte riguardanti il luogo di svolgimento e l'ente deputato ad organizzare la manifestazione, senza preoccuparsi di valutare la sostenibilità in termini di sicurezza di tali scelte.
Ha, inoltre, mancato negligentemente di adottare la c.d. "ordinanza antivetro", circostanza che ricade nella fase organizzativa dell'evento, con innegabili conseguenze sulla sicurezza della manifestazione.
Quanto alla consapevolezza di agire unitamente ad altri soggetti per il conseguimento del risultato della realizzazione della manifestazione, è alquanto significativo, sul piano probatorio, il tenore dei messaggi evidenziati dai giudici di merito, in cui la ricorrente si era mostrata ampiamente consapevole di cooperare con altri nella organizzazione della manifestazione ("prevediamo tantissime persone e sono certa che ognuno di noi farà il massimo per rendere questo appuntamento una grande festa di tifo e di civiltà"; "Vi assicuro che tanti cittadini sono al lavoro da settimane per garantire sicurezza e ordine per quella che deve essere, comunque vada, una serata di festa ...").
I testi dei messaggi, nei quali la Sindaca assicurava l'impegno di tutti nella cura degli aspetti riguardanti la sicurezza, rivelato, altresì, come la ricorrente fosse consapevole dei rischi connessi ad una manifestazione in cui si sarebbero radunate decine di migliaia di persone in uno spazio delimitato, in un periodo nel quale si erano susseguiti in Europa attentati terroristici che avevano mietuto numerosissime vittime.
Tutto ciò, per come coerentemente evidenziato dai giudici di merito, compone il quadro della cooperazione colposa addebitato alla ricorrente, essendo l'organizzazione della manifestazione frutto di una concertazione a cui non era rimasta estranea la Sindaca.
4.1. Non è utile, quindi, ricorrere alla nozione di cooperazione colposa c.d. "diacronica", evocata dai difensori in ricordo per rimarcare l'insussistenza dell'addebito.
Come è noto, si tratta di una definizione che ha trovato la sua applicazione in materia di colpa professionale. In antitesi alla cooperazione c.d. sincronica fra medici e/o ausiliari, che agiscono contestualmente per la cura del paziente, si è avvertita la necessità di introdurre il diverso concetto di cooperazione diacronica, la quale ricorre allorquando intervengano atti medici funzionalmente o temporalmente successivi, di competenza di sanitari diversi, anche dotati di specializzazioni diverse.
Il principio dell'affidamento vale in entrambe le ipotesi, con la precisazione che esso non potrà essere invocato dal sanitario quando la condotta colposa di altro collega si concretizzi nella inosservanza di quelle "leges artis" che costituiscano bagaglio professionale di ciascun medico e non siano tipicamente specialistiche.
In generale, in materia di colpa professionale, qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso un fine comune ed unico, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte dell'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva la possibilità che si dimostri una efficacia esclusiva di una causa sopravvenuta, la quale, per essere tale, deve presentare i caratteri dell'eccezionalità ed imprevedibilità (così, Sez. 4, n. 30991 del 06/02/2015, Pioppo, Rv. 264315).
Il riferimento alla cooperazione diacronica, tuttavia, non si attaglia al caso in esame, dovendosi, come detto, escludere che il comportamento della Sindaca sia stato limitato alla sola fase ideativa.
Sviluppando, poi, il paragone con le attività medico-sanitarie, la difesa richiama una recente pronuncia di questa Corte, nella quale, trattandosi degli aspetti inerenti all'affidamento, si evidenzia come l'errore commesso da altro operatore sollevi da responsabilità il soggetto agente che risulti privo di competenza professionale in un settori estremamente specialistico (Sez. 4, n. 22007 del 23/01/2018). Si legge in tale sentenza che "non sembra possibile articolare un addebito di colpe, vuoi generica, vuoi, a fortiori, specifica, in ragione del mancato intervento da parte di chi, privo di specifica competenza professionale in uno specifico settore, non sia intervenuto a fronte di un errore altrui di cui ragionevolmente può non essersi accorto, avendo piuttosto agito facendo legittimo affidamento, appunto, sull'altrui capacità professionale".
I principi sviluppati nella citata pronuncia non sono estensibili al caso in esame: non è sostenibile, come evidenziato dai giudici di merito, che la Sindaca non potesse comprendere e riconoscere i rischi legati alla gestione della manifestazione per la "tecnicità" degli aspetti riguardanti tale fase. La prospettazione difensiva è smentita dal tenore dei messaggi richiamati nelle sentenze di merito, in cui la A.A. aveva mostrato di essere ben consapevole dei rischi collegati alla manifestazione e della necessità di una preparazione adeguata, i cui tempi non potevano essere contratti in pochi giorni (una settimana intervallata da alcuni giorni non lavorativi).
5. Venendo ai profili attinenti alla individuazione delle condotte colpose (motivi secondo, quarto e quinto del ricorso), i giudici di merito, nelle due sentenze conformi, addebitano alla ricorrente di avere ideato e dato impulso alla organizzazione della manifestazione in tempi eccessivamente ristretti, incompatibili con una meditata e attenta previsione dei rischi collegati alla presenza di migliaia di spettatori, nonché di avere scelto TTP quale ente organizzatore e la Piazza (Omissis) quale luogo deputato ad accogliere l'evento. Infine, si addebita alla Sindaca di non avere adottato, nell'esercizio delle funzioni di Ufficiale di Governo, la c.d. "ordinanza antivetro".
Per quanto concerne la ristrettezza dei tempi, si rimprovera alla A.A. di avere deciso e avviato l'organizzazione della manifestazione in tempi incompatibili con una gestione "meditata, completa ed efficiente" dell'evento.
La difesa critica il profilo di colpa così individuato, ponendo in rilievo la mancanza d'imprudenza nel comportamento serbato dalla Sindaca per aver ritenuto sufficiente il tempo a disposizione. Sul piano causale, i difensori evidenziano l'assenza di prove in ordine alla incidenza della rapidità della decisione assunta sul verificarsi degli avvenimenti.
In proposito si riportano in ricorso le dichiarazioni di U.U.U. (dirigente di TTP), che aveva sostenuto in interrogatone" come il tempo assegnato all'ente non fosse da considerarsi inidoneo, potendo il consorzio contare sul sostegno del Comune per la velocizzazione dell'ottenimento dei permessi necessari (pag. 15 del ricorso).
Il rilievo è infondato.
I giudici di merito hanno posto in evidenza la brevità del fattore tempo rispetto all'adozione di cautele necessarie per adempiere ad una puntuale preparazione della manifestazione, con evidenti ricadute sul profilo afferente alla sicurezza del suo svolgimento.
Come sottolineato dal primo giudice, i giorni impiegati per realizzare la manifestazione corrispondevano all'incirca ad una settimana, nella quale, peraltro, erano presenti anche giorni non lavorativi (cfr. pag. 74 della sentenza di primo grado "Sappiamo che l'attività di concrete organizzazione dell'evento è iniziata il lunedì 29 maggio, data nella quale ancora non si era svolta la riunione che avrebbe consentito un primo coordinamento tra gli attori coinvolti. La conclusione sostanzialmente non cambia se si anticipa al 26 maggio l'avvio della fase organizzativa, sebbene a quella data la concreta pianificazione dell'allestimento della piazza non fosse ancora iniziata, essendosi soltanto scelto frettolosamente e con superficialità il luogo della manifestazione e individuato l'Ente al quale far capo per la gestione degli aspetti esecutivi, laddove quelli decisionali avrebbero dovuto rimanere ed in concreto sono rimasti, tutti in capo al Comune. Si trattava, nel migliore dei casi, di una settimana, senza contare che la stessa era intervallata da un fine settimana e dalla festa del 2 giugno, un tempo comunque eccessivamente ridotto per prendere decisioni ponderate").
La prima riunione per l'organizzazione dell'evento fu indetta venerdì 26 maggio 2017. Nel corso di essa si decise il varo della manifestazione, si individuò Piazza (Omissis) quale luogo di svolgimento della proiezione e si affidò all'ente TTP il compito della sua organizzazione.
A tale riunione ne seguì un'altra in data 30 maggio 2017.
In tutti i casi, pongono in rilievo i giudici di merito, si era trattato di incontri connotati da superficialità ed approssimazione, nel corso dei quali non era stato mai affrontato il problema relativo alla sicurezza dei partecipanti. Al riguardo risulta illuminante il passaggio motivazionale della sentenza di primo grado in cui sono state riportate le dichiarazioni dell'Arch. W.W.W., che, in tema di sicurezza, nella riunione del 30 maggio, aveva notato "l'assenza dei Vigili del Fuoco, della GTT per la gestione del parcheggio sotterraneo e degli spazi della zona blu e nessuno che potesse discutere il piano sanitario, tant'è che fui io ad affrontare il problema del posizionamento dei punti di soccorso senza sapere quali e quante unità sarebbero state impiegate" (così pag. 74 della sentenza di primo grado).
Dalle dichiarazioni di Z.Z.Z., coordinatore della Sezione I ordine pubblico della Questura di Torino, riportate dalla Corte d'Appello alle pagine 114 e 115, risulta come solo in data 1 giugno 2017, su sollecitazione dello stesso Z.Z.Z., era stato inviato alla Questura il piano tecnico di intervento sanitario e la planimetria redatta da TTP con l'indicazione del luogo di collocazione del maxischermo, delle postazioni televisive e delle transenne (la sera dello stesso giorno l'Arch. W.W.W. aveva inviato un'ulteriore planimetria aggiornata, di cui, però, Z.Z.Z. non aveva tenuto conto nella predisposizione dell'ordinanza questorile).
Y.Y.Y., funzionario dell'Ufficio Gabinetto della Questura, responsabile della 1 Sezione Ordine e Sicurezza Pubblica, intervenuta nella riunione del 26 maggio 2017 unitamente a Z.Z.Z., aveva puntualizzato come la loro presenza in quel contesto fosse finalizzata "ad acquisire informazioni anche perché a quel momento, cioè prima della riunione, non si sapeva né il luogo ove avrebbe dovuto svolgersi l'evento né chi fosse il responsabile dell'evento stesso". In quella sede si affrontò anche la questione attinente alla circolazione delle bottiglie di Vetro, questione tacitata da P.P.P., la quale disse che non vi erano problemi al riguardo, perché esisteva un'ordinanza comunale che faceva espresso divieto di vendita e consumo di bevande contenute in bottiglie di vetro nelle piazze auliche della città.
Ebbene, la difesa trascura di considerare come il fattore tempo non sia stato considerato in maniera astratta dai giudici di merito, ma calato nella realtà di una serie di adempimenti rilevanti per la procedura attuativa della manifestazione, a cui si era dato corso in maniera convulsa sotto l'impulso proveniente da B.B. e su indicazione della Sindaca, con ricadute innegabili sullo svolgimento in sicurezza della manifestazione.
Numerose sono le circostanze indicate dai giudici di merito suscettibili di rivelare la superficialità della preparazione della manifestazione e la sottovalutazione dei rischi a cui erano esposti gli spettatori in ragione della scarsità del tempo impiegato per l'organizzazione della proiezione.
Oltre a quanto risulta dalle dichiarazioni provenienti dai funzionari della Questura, nel piano di evacuazione redatto dall'Arch. W.W.W. si rinvengono refusi che rappresentano la cifra dell'approssimazione e della fretta con cui era stato redatto tale importante documento. Al suo interno, infatti, si rinvengono riferimenti al territorio di C ed allo sgombero di un fabbricato interessato da un allarme bomba, che non hanno alcuna attinenza con la manifestazione in Piazza (Omissis).
In conclusione, in base a quanto logicamente illustrato dai giudici di merito, la contrazione dei tempi necessari per un'attenta programmazione in termini di sicurezza della manifestazione aveva portato alla sottovalutazione dei rischi a cui erano esposti migliaia di spettatori in caso di possibili turbative ed alla mancata considerazione degli aspetti riguardanti l'evacuazione in sicurezza della piazza.
5.1. Alla stregua di quanto argomentato in maniera logica nelle sentenze di merito, anche la scelta della Piazza (Omissis) ha avuto la sua negativa incidenza sugli eventi ivi verificatisi. Ha evidenziato, in proposito, il giudice di primo grado che "se lo spray fosse stato spruzzato in un luogo aperto, ad esempio un grande prato, o anche solo più aperto rispetto al cd. "Salotto di T", come in una delle piazze cittadine dotate di numerose vie di accesso distribuite lungo tutti i lati e facilmente raggiungibili da qualunque punto, l'evento non si sarebbe verificato o avrebbe avuto un impatto molto più contenuto. Ciò sia in quanto il cerchio formatosi a seguito dello spruzzo dello spray, pur causando un allontanamento a raggiera delle persone vicine, non avrebbe prodotto quell'effetto di compressione e ila sensazione di angoscia che hanno contribuito non poco a scatenare il panico, sia in quanto una manifestazione organizzata in una piazza con numerose vie d'uscita avrebbe consentito alle persone in fuga di defluire dalle strade laterali anziché ammassarsi verso i portici alla vana ricerca di scampo, come è avvenuto in piazza (Omissis)".
Si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche e coerenti rispetto alle risultanze rappresentate in motivazione, non suscettibili, pertanto, di essere censurate in questa sede.
Né è dirimente, ai fini della esclusione della responsabilità di A.A., il riferimento a pregresse analoghe esperienze che avevano interessato Piazza (Omissis) quale luogo di allestimento di manifestazioni pubbliche.
L'aspetto è stato affrontato dai giudici in più punti: delle sentenze di merito. Con argomentare logico, il primo giudice ha evidenziato come la precedente manifestazione svoltasi nell'anno 2015, riguardante l'analoga proiezione di una partita di calcio nella Piazza (Omissis), presentasse caratteristiche del tutto differenti rispetto a quella del 2017 (cfr. pag. 87 della sentenza di primo grado: "Va subito detto che quell'evento, però, presentava sostanziali differenze sul piano oggettivo, alcune delle quali di rilevanza decisiva sul determinismo dell'evento di cui trattasi. Anzitutto in quell'occasione in piazza (Omissis) erano stati installati non già uno, ma due schermi distanziati tra loro, ciò che aveva favorito ulna più uniforme distribuzione del pubblico sulla piazza. Inoltre non erano state evidenziate particolari esigenze di sicurezza connesse all'incombente rischio del terrorismo, sicché non si era posto il problema del filtraggio dell'afflusso degli spettatori alla piazza e la stessa non era stata transennata. La società, poi, aveva avuto un budget certo sul quale basarsi ed aveva potuto porre attenzione alle varie esigenze, essendo sensibilmente avvantaggiata dalla presenza in loco di strutture già installate dalla compagine organizzativa che, nei giorni precedenti, aveva allestito la manifestazione del (T Jazz Festival) Conseguentemente la situazione del 2015 si era rivelata molto differente anche dal punto di vista delle capacità soggettive messe in campo, posto che in quell'occasione si erano utilizzate le strutture già montate per il T Jazz Festival e l'organizzazione di TTP si era poggiata in tutto e per tutto su Fondazione Cultura; che era poi stata anche disponibile a trasferire a TTP l'intero know how relativo alla gestione della manifestazione. TTP aveva pertanto potuto contare sul supporto di un soggetto con maggior esperienza nell'organizzazione di manifestazioni in piazza, limitandosi a portare avanti i festeggiamenti sulla base di un'impostazione già predisposta e sperimentata").
In occasione del Capodanno 2016-2017, allorché in Piazza (Omissis) si era svolto un festeggiamento simile, la capienza della piazza era stata limitata ad un numero pari a circa 20.000 persone (la metà di quelle presenti in occasione della proiezione del 3 giugno 2017) e la piazza, si sottolinea in motivazione, non era stata delimitata, come risulta dalla relazione tecnica indirizzata al CPV a firma dell'Ing. Cantino, ma solo transennata nelle vie di accesso (si veda quanto riportato a pag. 114 della sentenza di primo grado).
Analoghe considerazioni sono state riprese nella motivazione della sentenza di appello.
Sempre il primo giudice, in risposta ai rilievi difensivi, ha posto in evidenza come non fosse necessaria una particolare preparazione tecnica per comprendere che Piazza (Omissis) fosse un luogo confinato, con vie di fuga limitate e difficilmente raggiungibili in caso di necessiti, specie da parte di coloro che stazionavano al centro della piazza (si veda quanto osservato a pag. 73 della sentenza di primo grado).
Pertanto, le caratteristiche della piazza e la decisione assunta dal Capo di Gabinetto di installare un solo maxischermo, come hanno logicamente sostenuto i giudici di merito, hanno contribuito al verificarsi dei tragici eventi in seguito allo scatenarsi del panico tra la folla. I decessi e gran parte delle lesioni riportate dagli spettatori - ha osservato il primo giudice sulla scorta della documentazione medica acquisita, dei filmati registrati e delle relazioni di servizio - sono stati caudati proprio dallo schiacciamento della folla, che non era riuscita a defluire e a trovare sbocchi, mentre altre lesioni erano state provocate dai vetri delle bottiglie rotte sparse sulla pavimentazione (aspetto su cui ci si soffermerà nel paragrafo successivo).
È quindi sorretta da lucida e puntuale analisi; delle risultanze processuali la conclusione a cui sono pervenuti i giudici di merito, in base alla quale la scelta del luogo nel quale effettuare la proiezione avrebbe dovuto essere preceduta, nel contesto temporale di riferimento, da una riflessione ponderata, che avesse tenuto conto della peculiare conformazione della piazza e del numero dei partecipanti, anche alla luce delle modalità di allestimento della proiezione, che prevedeva un unico maxischermo nelle vicinanze del quale si sarebbero affollati migliaia di spettatori (cfr. pag. 117 della sentenza di appello; pag. 55 della sentenza di primo grado).
5.2. Quanto alla scelta di TTP, i giudici c)i merito hanno congruamente argomentato sulla mancata ponderazione degli aspetti riguardanti la capacità del consorzio di attendere ad una organizzazione adeguata della manifestazione, sia in ragione della scarsità delle risorse finanziarie di cui disponeva, sia in ragione della non idonea preparazione tecnica dell'ente, specie con riferimento ad una sede che presentava maggiori aspetti di rischio per la sua conformazione.
L'argomentazione non mostra i caratteri dell'illogicità e incongruenza segnalati dalla difesa in ricorso. L'ente TTP, hanno osservato i giudici di merito, consorzio pubblico senza scopo di lucro, aveva finalità di promozione turistica e lo statuto, risultante dalla visura camerale, prevedeva che l'ente dovesse occuparsi precipuamente di attività promozionali in campo turistico.
Soltanto sporadicamente erano stati affidati all'ente compiti riguardanti l'organizzazione di eventi, come era avvenuto in occasione della proiezione realizzata nel 2015, la quale, tuttavia, sulla base di quanto puntualizzato nelle sentenze di merito, presentava caratteristiche del tutto differenti da quella realizzata nell'anno 2017.
5.3. Il fatto che nessuno avesse segnalato alla Sindaca elementi di criticità nel corso delle procedure attuate per la realizzazione della manifestazione - circostanza evidenziata dai difensori a pag. 17 del ricorso - non è aspetto idoneo a sollevare da responsabilità la prima cittadina. Risulta, comunque, che diversi segnali di situazioni meritevoli di essere attenzionate sul piano della sicurezza fossero stati lanciati dagli organi interessati nel corso delle riunioni svoltesi: è il caso del pericolo rappresentato dalla circolazione del vetro nella piazza, il cui tema era stato introdotto nella riunione del 26 maggio 2017 dai funzionari della Questura di Torino. Esso, tuttavia, non aveva avuto seguito in quella sede, se non attraverso le parole di P.P.P., che aveva ricordato come nelle piazze auliche vigesse un divieto di somministrazione di bevande in contenitori di vetro.
I giudici hanno posto in rilievo come la Sindaca fosse stata ben al corrente della necessità di una organizzazione scrupolosa della manifestazione sotto il profilo della sicurezza, pubblicizzando nei suoi messaggi un impegno, di settimane nella preparazione dell'evento per assicurare lo svolgimento sicuro della proiezione.
Le circostanze finora rappresentate hanno indotto i| giudice di primo grado a sostenere che la A.A., a conoscenza dai possibili rischi collegati allo svolgimento della manifestazione, non si fosse preoccupata, come era suo dovere, di verificare che vi fossero le condizioni per gestire in sicurezza la proiezione, malgrado le criticità presenti sin dalla sua genesi, assumendosi la responsabilità di individuare un'altra collocazione della proiezione o di rinunciare ad essa dopo un'attenta verifica (pag. 77 sentenza di primo grado). Analogamente, la Corte d'Appello ha ritenuto che le scelte operate dalla Sindaca fossero state imprudenti, non avendo tenuto conto dei rischi ad esse connessi, e che il suo comportamento fosse stato negligente, non avendo vigilato sull'attuazione dei suoi propositi trascurando di assicurare il dovuto rilievo agli aspetti concernenti la sicurezza (pag. 127 della motivazione).
La negligenza e l'imprudenza sono, dunque, collegati a comportamenti omissivi: la Sindaca, che era anche assessore con delega specifica agli eventi culturali, assunta la decisione della proiezione nella Piazza (Omissis), con affidamento della relativa organizzazione a TTP, dato impulso alla realizzazione della manifestazione in tempi brevissimi, avrebbe dovuto seguire l'evoluzione dei lavori dell'Amministrazione e vigilare sul loro andamento, intervenendo anche in modo drastico una volta resasi conto che non erano stati considerati gli aspetti concernenti la sicurezza del pubblico partecipante e le condizioni per garantire la tutela dell'incolumità degli spettatori in caso di disordini.
Il discorso giustificativo posto a fondamento degli aspetti fin qui esaminati risulta, pertanto, non meritevole di essere censurato.
I profili di colpa generica individuati nelle sentente di merito sono stati logicamente desunti da circostanze oggettive, di cui hanno dato ampiamente conto i giudici di primo e secondo grado (la brevità del tempo dedicato alla organizzazione della manifestazione, l'accelerazione impressa alle procedure necessarie per l'allestimento della piazza, la mancata considerazione nelle sole due riunioni svoltesi degli aspetti riguardanti la sicurezza delle migliaia di spettatori presenti, l'approssimazione con cui era stato redatto il piano di evacuazione).
Sotto il profilo soggettivo, poi, è stato posto in evidenza, con argomentare logico, come la Sindaca si fosse prefigurata la possibilità dei rischi connessi alla manifestazione e la necessità che fossero curati con particolare attenzione gli aspetti riguardanti la sicurezza. In questo senso milita, in particolare, il chiaro contenuto del messaggio inviato alla cittadinanza il giorno della proiezione, in cui la ricorrente aveva sottolineato come fosse stato profuso un impegno di settimane per garantire la sicurezza della manifestazione.
L'aspetto riguardante la rilevanza causale delle scelte adottate dalla Sindaca e le conseguenze della mancata osservanza del comportamento alternativo lecito (prudenza nella valutazione dei rischi connessi alla presenza in Piazza (Omissis) di migliaia di spettatori e diligenza nel vigilare sull'operato dell'Amministrazione), è stato, come dette, puntualmente esaminato dai giudici di merito.
Occorre in proposito rammentare, come si dirà più approfonditamente in seguito in relazione alla mancata adozione della c.d. "ordinanza antivetro", come il Sindaco, in base agli artt. 50 e 54 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, sia titolare di una posizione di garanzia a tutela dell'incolumità pubblica dei cittadini, in quanto, pur essendo privo di poteri di concreta gestione, deve comunque svolgere un ruolo di vigilanza e controllo sull'operato dei suoi dirigenti, disponendo di mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad impedire eventi dannosi nonché del potere sostitutivo di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti (cfr., in argomento, Sez. 4, n. 58243 del 26/09/2018, T. Rv. 274950).
La posizione di garanzia rivestita dalla Sindaca nella presente vicenda non può, dunque, essere validamente messa in discussione. Né vale osservare come per altre figure, anche istituzionalmente preposte alla gestione del rischio concretizzatosi, i giudici di merito siano pervenuti ad un diverso esito assolutorio. Invero, in base a costante orientamento di legittimità, ove vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo di impedire l'evento.
6. Ulteriore addebito riconosciuto alla ricorrente nelle conformi pronunce di merito è rappresentato dalla mancata adozione della c.d. "ordinanza antivetro". Il convincimento a cui pervengono le due sentenze è frutto di un ragionamento sostenuto da argomentazioni aderenti alle risultanze processuali e non meritevole di essere censurato In diritto.
La Corte di appello ha motivato correttamente sulle conseguenze dell'inerzia della Sindaca, ponendo in rilievo come l'adozione dell'ordinanza avrebbe ridotto la circolazione dei contenitori in vetro, impedendone l'accumulo al suolo in rilevanti quantità e le conseguenze dannose verificatesi (cfr. pagg. 118-124 della sentenza impugnata).
Dalle relazioni di servizio redatte dai diversi operatori delle Forze dell'ordine e dalle dichiarazioni testimoniali richiamate nelle sentenze di merito è emersa nitidamente la rilevanza causale dell'accumulo di vetro rotto al suolo nella determinazione delle lesioni riportate da numerosissimi spettatori.
Entrambe le sentenze di merito hanno individuato in capo alla Sindaca un profilo di colpa specifica in relazione alla mancata adozione della ordinanza contingibile e urgente prevista dall'art. 54, comma 4, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che, come noto, consente di adattare "con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana".
La difesa obietta che la notorietà del rischio rappresentato dalla circolazione di bottiglie in vetro nel corso di feste, concerti e manifestazioni pubbliche non sia circostanza sufficiente perché possa rimproverarsi alla Sindaca di non avere fatto ricorso allo strumento rappresentato dall'adozione dell'ordinanza ex art. 54 T.U.E.L.
Difetterebbero, invero, i requisiti della contingibilità e dell'urgenza, potendo il Sindaco ricorrere a provvedimenti di questo tipo, di carattere residuale e natura eccezionale, soltanto qualora ogni altro strumento approntato dall'ordinamento risulti inefficace.
Si riporta in argomento una recente pronuncia di questa Corte in tema di omissione d'atti d'ufficio (Sez. 5, n. 7205 del 9/11/2022, dep. 2023), nella quale si richiamano i rigorosi criteri interpretavi dettati dalle Sezioni Unite civili con riferimento ai presupposti applicativi delle ordinanze ex art. 54 TUEL (cfr. Sez. U, n. 20680 del 09/08/2018, Rv. 650273-02, così massimata: "L'art. 54, comma 4, del D.Lgs. n. 267 del 2000 attribuisce al sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Queste possono essere adottate per fronteggiare situazioni impreviste e non altrimenti fronteggiabili con gli strumenti ordinari e presuppongono necessariamente situazioni, non tipizzate dalla legge, di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da una istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, avuto riguardo, soprattutto, all'impossibilità di utilizzare i rimedi di carattere ordinario apprestati dall'ordinamento").
Ebbene, il rilievo deve ritenersi infondato.
Deve osservarsi come le Sezioni Unite civili, nella recente ordinanza n. 18843 del 2023, siano nuovamente ritornate sul tema dei presupposti per la emanazione dei provvedimenti ex art. 54 TUEL in un caso riguardante l'ordine di liberazione di un alveo da detriti e di demolizione di opere abusive sulle sponde di un torrente, nocivi per il deflusso delle acque con rischio di deviazione e di esondazione nell'imminenza della stagione invernale.
Nella citata ordinanza viene seguito l'indirizzo già espresso dal Consiglio di Stato (n. 1678/2003), in base al quale l'ordinanza contingibile e urgente deve intendersi legittimamente adottata in presenza di una situazione di pericolo di danno per l'incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, ravvisabile anche solo in presenza di "una ragionevole probabilità che (il danno) possa verificarsi, se non si intervenga prontamente, quand'anche la situazione di pericolo duri da tempo e possa protrarsi per un lungo periodo".
Pertanto, la nozione di "contingibilità" non può intendersi riferita a situazioni assolutamente impreviste ed imprevedibili: se così fosse, infatti, non ci sarebbe nessuno spazio applicativo per tali provvedimenti.
Ciò porta a ritenere, conformemente a quanto affermato nella più recente pronuncia delle Sezioni Unite civili, che, sebbene si tratti di uno strumento residuale ed eccezionale, esso possa e debba essere adottato ove ragionevolmente si ritenga che la pubblica incolumità sia minacciata da un pericolo incombente e non vi siano altri rimedi di ordine generale per farvi fronte.
Nel caso in esame, come rimarcato dal primo giudice, esistevano circostanze conosciute dalla Sindaca che suggerivano l'opportunità di adottare il provvedimento nella imminenza della manifestazione: la presenza di numerose persone che avrebbero affollato la piazza; la presenza di tifosi che avrebbero consumato birre in grande quantità; il Caldo estivo che avrebbe aumentato la necessità di assumere liquidi (così pag. 80 della sentenza di primo grado).
Stante l'acclarata prevedibilità del pericolo rappresentato dalla circolazione del vetro nella piazza, il quale era suscettibile di provocare i danni che si sono poi concretamente realizzati all'incolumità delle persone, alimentando peraltro il fenomeno del panico generale, sarebbe stato preciso dovere della Sindaca provvedere in tale senso prima della manifestazione, specie in considerazione della scarsità del tempo dedicato ad una più accurata preparazione della proiezione.
La difesa ritiene che i giudici di merito non si siano Confrontati con le doglianze riguardanti la mancata ricorrenza dei presupposti legittimanti l'adozione della ordinanza.
Sul punto è da rilevare come la Corte d'Appello abbia implicitamente risposto agli specifici rilievi difensivi, richiamando il contenuto delle ordinanze a cui avevano fatto ricorso i Sindaci di precedenti Amministrazioni, nelle quali, in condizioni sovrapponibili a quelle esistenti nel caso in esame, avevano dato atto della esistenza dei presupposti per emanare l'ordinanza ai sensi dell'art. 54 TUEL, ritenendolo necessario a tutela della pubblica incolumità.
Nell'ordinanza emanata dal Sindaco E.E.E.E. nell'anno 2012 (successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 7 aprile 2011, richiamata dalla difesa) era stato imposto un ampio divieto di vendita e detenzione di bevande in contenitori di vetro in alcune aree della città.
Nell'ordinanza emessa dal Sindaco D.D.D.D. il 10 luglio 2010, si era reputato necessario fare ricorso alla c.d. "ordinanza antivetro" per preservare l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana in occasione di ogni genere di manifestazione nella quale fosse previsto afflusso di pubblico.
Particolarmente significative, per la Corte d'appello:, si sono rivelate le ragioni illustrate nella premessa della ordinanza del Sindaco D.D.D.D., ove era stato posto in evidenza come, in occasione di manifestazioni di vario genere, fosse invalsa l'abitudine, da parte dei partecipanti di abbandonare sul selciato bottiglie di vetro e lattine vuote, che, frantumandosi al suolo, costituivano un grave pericolo per l'incolumità dei cittadini. Era stato anche sottolineato come il fenomeno fosse alimentato dalla presenza di venditori ambulanti che somministravano bevande in vetro ("rilevato che su tutto il territorio cittadino è ormai divenuto corollario abituale di eventi di notevole richiesta (quali a titolo meramente esemplificativo ancorché non esclusivo, feste, fiere, concerti e/o manifestazioni musicali o di altro genere) l'abbandono sul sedime stradale, ad opera degli avventori, di bottiglie di vetro e lattine vuote, per lo più frantumate in cocci e pezzi di metallo; dal che ne deriva un grave turbamento al libero utilizzo degli spezi pubblici o alla loro fruizione, rendendo altresì difficoltoso o pericoloso l'accesso agli stessi da parte della popolazione; rilevato inoltre che tale fenomeno trae origine dalla libera disponibilità di bottiglie di vetro e lattine commercializzate per asporto ... considerato che la predetta situazione, la quale ha assunto proporzioni non altrimenti controllabili, è riconducibile all'ingente afflusso di persone nelle aree presso le quali si svolgono gli eventi di cui trattasi e che agli ordinari e suddetti canali di somministrazione si assommano i venditori ambulanti: considerato che le predette condotte rappresentano condizionamenti per la qualità della vita degli abitanti e determinano un evidente pericolo per l'incolumità pubblica, intesa come integrità fisica della popolazione, nonché la conseguente lesione del bene pubblico costituito dalla sicurezza urbana, quest'ultima da intendersi quale tutela del rispetto delle norme che regolano la vita civile").
I pericoli per la pubblica incolumità collegati alla circolazione del vetro, evidentemente già noti da anni all'Amministrazione, erano stati, dunque, fronteggiati ricorrendo all'adozione di ordinanze che imponevano il divieto assoluto di somministrare bevande in contenitori di vetro e di detenere bottiglie di vetro e lattine in luogo pubblico. Non è rilevante, ai fini che interessano, la circostanza segnalata dalla difesa che la ordinanza emessa dal Sindaco D.D.D.D. non fosse stata adottata ai sensi dell'art. 54, comma 4, TUEL, diversamente da quella emessa dal Sindaco E.E.E.E..
Ciò che hanno evidenziato i giudici di merito, con argomentazioni non censurabili sul piano logico, è che, sulla base di pregresse esperienze, in altre analoghe occasioni erano state ritenute sussistenti tutte le condizioni necessarie per l'adozione di provvedimenti urgenti che imponessero l'ampio divieto indicato.
Si è, poi, evidenziato come il provvedimento avrebbe potuto, se non scongiurare in toto l'evento, quanto meno attenuarne conseguenze verificatesi. Invero, argomentano i giudici, ove fosse stata emanata l'ordinanza che imponeva il divieto di circolazione del vetro, dandone adeguata pubblicità, molti di coloro che avevano portato con sé borse frigo contenenti bottiglie in vetro fin dalle prime ore del mattino si sarebbero ragionevolmente astenuti dal farlo. A questo proposito, la Corte d'Appello ha richiamato una serie di circostanze dalle quali si evince come il vetro fosse stato introdotto nella piazza fin dalle prime ore del mattino (cfr. dichiarazioni rese da P.P.P. innanzi alla Commissione Consiliare di indagine, riportate a pag. 123 della sentenza impugnata: "moltissimo vetro ce l'avevano già nel senso che i ragazzi che sono arrivati al mattino avevano le borse frigo").
Né è significativo il fatto che i giudici di primo e secondo grado abbiano attribuito una diversa rilevanza alla mancata adozione del provvedimento: una volta riconosciuto il nesso di condizionamento tra un determinato comportamento omissivo e l'evento è irrilevante, ai fini dell'affermazione di responsabilità del soggetto agente, il grado d'intensità con cui la condotta abbia inciso sulla produzione dell'evento lesivo. Invero, una volta verificato, alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, il rapporto di causalità tra omissione ed evento, il reato colposo viene ad esistenza sol che si accerti che l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo con minore intensità lesiva (si veda, in argomento, Sez. 4, n. 9170 del 14/02/2013, Maltese, Rv. 255397: "Il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva").
La difesa lamenta che i giudici di merito non avrebbero considerato l'aspetto riguardante la possibilità che il pericolo potesse essere fronteggiato con gli ordinari strumenti approntati dall'ordinamento. Viene citata, al riguardo, la comunicazione predisposta dalla Questura in data 31 maggio 2017, indirizzata a diversi uffici dell'Amministrazione comunale, in cui era stata invitata "la Direzione dell'AMIAT" a "provvedere ai servizi di pulizia delle predette aree urbane prima, durante e dopo lo svolgimento degli eventi, con particolare riferimento alla raccolta di bottiglie di vetro" (cfr. faldone 8, pag. 498 fascicolo del P.M.).
Viene richiamata, inoltre, l'ordinanza questorile n. 1678/17 del 2 giugno 2017, che aveva indicato, in un apposito paragrafo intitolato "transennamento di protezione e filtraggio", dove sarebbero state posizionate le transenne, altresì precisando, proprio con riferimento alle istruzioni già impartite all'AMIAT, che il Dirigente del Commissariato Centro dovesse occuparsi "di far verificare il corretto adempimento di quanto richiesto" anche in ordine alla raccolta delle bottiglie di vetro.
Infine, evidenzia sempre la difesa, emergerebbe dagli atti come nelle piazze auliche vigesse già un divieto di vendita ambulante di bevande (furgoni dei c.d. "paninari" e vendita itinerante dei c.d. "bibitari") ai sensi della delibera del Consiglio comunale della Città n. 08115/16 del 2001, che aveva giustificato le contravvenzioni elevate e i sequestri effettuati dalla Polizia Municipale.
Le varie circostanze evidenziate dalla difesa non sono suscettibili di incrinare la ricostruzione offerta dai giudici di merito. In realtà, i citati provvedimenti della Questura si erano posti a valle del problema rappresentato dalla circolazione dei contenitori di vetro. La detenzione di bottiglie da parte degli spettatori, infatti, non era stata formalmente inibita in assenza della ordinanza ex art. 54 TUEL, riguardando il divieto vigente nelle piazze auliche la vendita di bevande in forma ambulante.
La comunicazione proveniente dalla Questura datata 31 maggio 2017 e l'ordinanza del Questore n. 1678/17 si erano preoccupate, quindi, di porre rimedio agli aspetti riguardanti l'introduzione delle bottiglie nell'area perimetrata da parte degli spettatori e l'accumulo del vetro, sollecitando l'AMIAT ad effettuare l'attività di pulizia in modo continuativo e richiamando l'attenzione del Dirigente dott. E.E. sulla necessità di controllare tale adempimento.
Occorre poi osservare, quanto al divieto vigente nelle c.d. "piazze auliche", come la delibera indicata in ricorso fosse diretta a reprimere il commercio ambulante su aree pubbliche di particolare interesse storico ed artistico, per preservarne principalmente il decoro e per ragioni sanitarie e di viabilità.
La lettura del testo della delibera richiamata nel ricorso - la quale, peraltro, non è stata allegata dalle difese - consente di affermare che essa avesse lo scopo di vietare ogni forma di commercio itinerante nelle piazze auliche. L'oggetto del provvedimento riguardava, infatti, la "Individuazione delle aree nelle quali è vietato l'esercizio del commercio sui area pubblica in forma itinerante per motivi di interesse archeologico, Storico, artistico, ambientale, di viabilità, igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse".
Il divieto di somministrazione di cibo e bevande da parte di ambulanti non avrebbe evitato, come è invece avvenuto nel caso di specie, che i partecipanti alla manifestazione introducessero nella piazza bottiglie di vetro fin dalle prime ore del mattino.
Occorre, dunque, ritenere, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, che quelli indicati in ricorso come rimedi ordinari non avrebbero scongiurato il pericolo concretizzatosi e che, alla stregua di quanto logicamente sostenuto dai giudici di merito, l'adozione della c.d. "ordinanza antivetro" prima della manifestazione, inibendo ogni forma di detenzione di contenitori in vetro, avrebbe quanto meno attenuato le conseguenze dannose per l'incolumità pubblica verificatesi.
Infine, quanto alla prospettata inesistenza di prove idonee a sostenere che il vetro avesse trovato ingresso nella piazza prima della sua chiusura, e indipendentemente dall'azione dei venditori abusivi, è opportuno fare richiamo - onde evitare superflue ripetizioni - alle argomentazioni che saranno illustrate nella parte dedicata alla posizione di B.B., riguardanti le analoghe doglianze (si veda infra, paragrafo 11.1).
7. Meritevole di accoglimento, nei termini di seguito precisati, è l'ultimo motivo di ricorso.
La Corte, d'appello, pur essendo pervenuta al proscioglimento dell'imputata con riferimento ai reati di lesioni in danno di F.F.F., G.G.G., H.H.H., I.I.I., J.J.J., K.K.K., L.L.L., M.M.M., N.N.N. e O.O.O., non ha ridotto la pena, così incorrendo in una palese violazione del divieto di reformatio in peius.
Secondo condivisibile orientamento di legittimità, incorre, infatti, nella violazione del divieto di "reformatio in peius" il giudice d'appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, pur prosciogliendo l'imputato per taluno di essi, non diminuisca l'entità della pena originariamente inflitta (cfr., in argomento, Sez. f, n. 29659 del 11/05/2022, Dalla Costa, Rv. 283535; Sez. 1, n. 8272 del 27/01/2021, Marzi, Rv. 280602).
Rimane assorbita nell'accoglimento del predetto motivo l'ulteriore doglianza riguardante il vizio di omessa motivazione con riferimento ai criteri di determinazione degli aumenti di pena irrogati a titolo di continuazione.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente al profilo riguardante il trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d'assise d'appello di Torino, altra Sezione, per nuovo giudizio sul punto.
8. Passando, quindi, alle doglianze proposte da B.B., si richiamano, quanto al primo motivo di ricorso, attinente alla questione processuale della prospettata incompetenza funzionale della Corte d'assise d'appello di Torino ed alla lamentata violazione dell'art. 596 cod. proc. pen., le argomentazioni già illustrate nel paragrafo 1.1 e seguenti della presente parte in diritto.
Analogo rinvio a quanto già detto nel precedente paragrafo 3 viene operato con riferimento alle doglianze contenute nel motivo di ricorso denominato VI (in realtà quinto motivo, per come precisato nel paragrafo 10 della parte in fatto), che attengono alla individuazione della causa dei decessi e delle lesioni patite dai partecipanti alla manifestazione ed alla prevedibilità degli eventi. Ed invero, in ordine a detti profili, il ricorso dell'imputato prospetta ragioni di critica sovrapponibili a quelli formulati dalla coimputata A.A.
Gli ulteriori motivi di doglianza sono tutti infondati ad eccezione di quello riguardante il trattamento sanzionatorio (motivo erroneamente denominato VII nel ricorso) che deve essere accolto nei termini precisati nell'apposito paragrafo.
9. Nel secondo motivo di ricorso la difesa si duole della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla individuazione delle condotte colpose poste a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità del B.B. Non solo il ricorrente non si sarebbe ingerito fattivamente nella organizzazione della manifestazione, ma le condotte allo stesso ascritte non sarebbero state il frutto di scelte affrettate, imprudenti e negligenti, dovendo tenersi conto della totale assenza di avvertenze e segnalazioni di rischio provenienti dagli organi tecnici.
In primo luogo si sostiene che, per il ruolo rivestito dall'imputato nella vicenda, il quale si era limitato a svolgere funzioni di raccordo tra la volontà politica espressa dalla Sindaca e l'apparato amministrativo, come riconosciuto dallo stesso giudice di primo grado, il ricorrente avrebbe dovuto essere considerato estraneo ai fatti che gli sono stati addebitati.
In realtà, come risulta dal compendio argomentativo delle sentenze di merito, supportato da coerenti e logici riferimenti; alle emergenze processuali, il ricorrente si era fattivamente interessato della gestione della proiezione, assumendo iniziative - pienamente condivise dilla Sindaca - che avevano inciso sulla organizzazione della manifestazione e Sulle conseguenze dannose che da essa erano scaturite.
Così operando, pur non essendo formalmente titolare di poteri decisionali, di fatto ha inciso sull'organizzazione della proiezione, imprimendo anche un'accelerazione alle procedure volte alla sua preparazione, onde attuare in tempi brevissimi il programma ideato dalla Sindaca.
Come già in precedenza evidenziato, in base ad un generale principio valevole in tema di reati omissivi impropri, l'assunzione della posizione di garanzia non necessariamente deve distendere da una investitura formale, ma può anche derivare, come nel caso in esame, dall'esercizio di fatto di funzioni tipiche del garante con assunzione della gestione del rischio specifico da cui dipende l'evento dannoso e presa in carico del bene protetto (cfr. Sez. 4, n. 21869 del 25/05/2022, Tomasso, Rv. 283387; Sez. 4, n. 37224 del 05/06/2019, Piccioni, Rv. 27629).
La Corte d'Appello ed il giudice di primo grado hanno richiamato, in proposito, una serie di comprovate circostanze dalle quali è risultato come il ricorrente, sin dalla prima riunione svoltasi il 26 maggio 2017 e durante tutta la fase preparatoria della manifestazione, si fosse fatto carico di assumere decisioni e precise scelte tecniche che avevano inciso sull'organizzazione e sulle modalità di allestimento della piazza, le quali, almeno in parte, hanno determinato il verificarsi degli eventi dannosi (individuazione di TTP quale ente organizzatore, modalità di allestimento della manifestazione con la collocazione di un solo maxischermo, esclusione del servizio di stewarding sollecitato dalla Questura, scelta delle transenne da collocare nella piazza).
Per le ragioni appena indicate, non può essere validamente messa in discussione l'esistenza in capo all'imputato di una posizione di garanzia, risultando dagli elementi evidenziati nelle motivazioni delle sentenze di merito - rappresentati dalle pertinenti prove testimoniali e documentali in esse richiamate - un'assunzione di fatto della gestione del rischio inerente allo svolgimento della manifestazione (si vedano le pagine 90 e seguenti della sentenza di primo grado: "A proposito del ruolo di primo piano assunto sin dall'origine dai vertici della Città va qui in particolare sottolineato l'intervento determinante dei medesimi - ed in particolare del B.B. - nella scelta di proiettare la partita in piazza (omissis). Analizzando le testimonianze rese dai soggetti presenti alla riunione del 25 maggio, invero, tale scelta non pare nata da un vero confronto in seno alla riunione, ma si prospetta piuttosto come la concretizzazione di una ipotesi già privilegiata dai vertici del Comune che non ha trovato resistenze tra coloro che erano stati chiamati a partecipare alla riunione tra i quali peraltro, lo si ribadisce, non vi era alcun tecnico della sicurezza né alcuno che abbia accennato alle cautele da adottare in tale prospettiva"; "Ulteriore elemento sintomatico dell'attività di direzione svolta dalla Città ed, in particolare, dall'attuale imputato, in una chiave di economia spicciola che si è rivelata deleteria è costituito dalla decisione di installare, in piazza (Omissis) un solo maxischermo. Si tratta di una decisione di cui quasi nessuno parla dandola per scontata e che però ha giocato un ruolo non secondario nella causazione dell'evento, favorendo la concentrazione della maggior parte degli spettatori a ridosso dell'unico schermo che occludeva uno dei lati della piazza su cui si aprivano alcuni sbocchi. La decisione è stata in realtà assunta da B.B. senza che sia emerso alcun confronto preliminare dello stesso né con TTP, né con altri funzionari comunali, né tantomeno con un soggetto tecnicamente formato in tema di sicurezza ... A conferma che non vi fosse spazio per ragionare su ipotesi alternative alla riunione del 31 maggio - verosimilmente per ragioni di spesa, posto che l'offerta di sponsorizzazione proveniente da F.F.F.F. sembrava limitata alla somma di 10.000 euro, insufficiente persino per un solo schermo - si segnala che il 30 maggio la richiesta di occupazione di suolo pubblico era stata avanzata per un solo schermo 40 mq modulare e l'incarico verbale a W.W.W., con l'indicazione di iniziare a lavorarci da subito, risaliva al 29 maggio ed aveva anch'esso ad oggetto l'allestimento di un solo maxischemo in piazza (Omissis)."; "Alla riunione del 31 maggio B.B. ha anche deciso quale tipo di transenne si sarebbero dovute utilizzare. L'ispettore Z.Z.Z. nel sostenere che in quella riunione nessuno aveva menzionato il tema delle vie di fuga, ha ricordato solo un cenno fatto dal progettista della sicurezza ... Neppure tale soluzione tecnica che, come altre decisioni assunte dal B.B., aveva risvolti importanti in termini di sicurezza, è stata lasciata ai soggetti ai quali competeva"; "È stato, infine, ancora B.B. a decidere di non disporre la rimozione dei dehors da piazza (Omissis) in vista della manifestazione, come rivelato da Z.Z.Z.Gi ... i vigili urbani, non avendo l'ordinanza sindacale, hanno ritenuto comunque necessario notificare ai commercianti di piazza San bario l'invito del Questore - in realtà rivolto al Comune per sollecitare l'ente territoriale a provvedere in merito - alla rimozione dei dehors la cui presenza, come si è visto, ha comunque contribuito a cagionare lesioni").
9.1. In relazione agli specifici profili di colpa individuati in capo al ricorrente, analogamente a quanto ritenuto con riferimento alla posizione della Sindaca, i giudici di merito hanno sostenuto che Ia ristrettezza del tempo dedicato alla preparazione della manifestazione avesse inciso sulla valutazione e la cura degli aspetti riguardanti la sicurezza, con una sottovalutazione dei rischi a cui erano esposti i partecipanti in caso di prevedibili turbative che avrebbero potuto suscitare il panico tra la folla.
La difesa sostiene, richiamando il contenuto delle dichiarazioni di U.U.U., come le conclusioni a cui è pervenuta la Corte di appello siano distoniche rispetto a quanto riferito dal dirigente di TTP
Infatti, si legge nel ricorso, U.U.U. aveva riferito che, sebbene il tempo fosse "oggettivamente" limitato, avendo a disposizione quattro giorni per organizzare la manifestazione, fosse comunque sufficiente per adempiere all'incarico ricevuto, in considerazione dell'aiuto proveniente dal Comune.
La valutazione espressa dalla Corte d'Appello non è suscettibile, tuttavia, di rivelare l'intima contraddittorietà indicata in ricorso, atteso che dal senso complessivo delle dichiarazioni di U.U.U. si evince come tutta l'organizzazione della manifestazione avesse subito una forte accelerazione in considerazione dei tempi ristretti a disposizione. Ciò si è tradotto in una frettolosa e superficiale considerazione dei rischi cui erano esposti migliaia di spettatori.
Lo stesso U.U.U., infatti, aveva dichiarato di avere inteso di doversi occupare esclusivamente degli adempimenti burocratici e amministrativi, aggiungendo di non essere stato messo al corrente di problemi collegati alla sicurezza della manifestazione, considerando limitato lo sforzo organizzativo riguardante l'allestimento in sicurezza della manifestazione al semplice deposito del piano di evacuazione e sanitario redatto dall'Arch. W.W.W. ("come l'ho interpretato io quello che noi dovevamo fare, quindi dover fare tutte le modulistiche sostanzialmente, contrattualizzare i fornitori e fare tutte le pratiche amministrative, cioè ... considerando che avevamo l'aiuto del Comune, perché è chiaro che se noi avessimo dovuto fare tutto questo in via ordinaria era impossibile"; "nessuno ha detto a me o ha detto a qualcun altro che noi dovevamo coordinare ... la Questura stava facendo il suo lavoro, la Prefettura stava facendo il suo lavoro, i Vigili urbani stavano facendo il loro ... Questo che noi dovevamo fare era il piano sanitario e il piano di sicurezza, perciò questo è quello che W.W.W. ci ha ... ci ha ovviamente indicato, noi non abbiamo competenze specifiche in materia e quindi W.W.W. ha realizzato quello che era il ... il piano ... di sicurezza credo che ... credo si chiami, ma non ci siamo posti altri tipi di problemi. Anche perché non siamo mai stati coinvolti, a parte la riunione poi del 31 che possiamo vedere dopo, in tavoli dove si parlasse di queste cose").
Come già in precedenza evidenziato, i giudici di merito hanno ritenuto che la ristrettezza dei tempi avesse inciso negativamente sulla preparazione della manifestazione, determinando la quasi totale assenza di considerazione, per frettolosità e superficialità, dei potenziali rischi che la manifestazione presentava in un contesto storico nel quale si registrava un susseguirsi di pericolosi attentati in tutta Europa.
La difesa obietta che, nel corso dei nove giorni che avevano preceduto la proiezione, il ricorrente aveva posto in essere - nell'ambito delle proprie competenze - tutte le iniziative necessarie, convocando tavoli di concertazione ai quali avevano partecipato esperti del Comune e della Questura in grado di valutare la fattibilità della manifestazione, nessuno dei quali aveva avanzato dubbi o riserve riconducibili al fattore tempo o ad altri aspetti organizzativi.
L'obiezione non è suscettibile d'incrinare il ragionamento seguito dai giudici di merito. Nelle sole due riunioni convocate dal Capo; di Gabinetto era stato affrontato, come puntualmente argomentato dal giudice di primo grado e dalla Corte d'Appello, in maniera frettolosa e approssimativa il tema della sicurezza degli spettatori e della necessità di garantire un esodo sicuro in caso di emergenza.
L'accelerazione impressa ai lavori da parte del B.B. ed il tempo ristretto dedicato alla preparazione della manifestazione non sono stati considerati dai giudici in modo astratto, ma calati nella realtà di una serie di adempimenti riguardanti la sicurezza, valutati in modo superficiale o per niente considerati nelle riunioni indette dal Capo di Gabinetto.
Quanto all'aspetto concernente la mancata segnalazione di rilievi da parte dei tecnici intervenuti nel corso dell'attività preparatoria, i giudici hanno osservato, sulla base di puntuali richiami effettuati alle emergenze processuali, come il B.B. non avesse dato spazio ad interlocuzioni, assumendo decisioni da lui sostanzialmente imposte. Esempi concreti in tal senso si rinvengono a pag. 91 della sentenza di primo grado, nella parte in cui è stato evidenziato come alla decisione assunta dal B.B. di collocare un solo maxischermo nella piazza si fosse dato corso già prima della riunione del 31 maggio 2017, essendo stata avanzata richiesta di occupazione di suolo pubblico per un solo schermo in data 30 maggio 2017; nonché a pag. 92 della stessa sentenza di primo grado, laddove è stato precisato che l'incarico conferito verbalmente in data 29 maggio 2017 all'Arch. W.W.W. per la redazione del piano di evacuazione prevedesse già un solo maxischermo; ovvero, ancora, allorquando a pag. 92 di tale sentenza il primo giudice ha sottolineato come fosse stato il B.B. ad indicare il tipo di transenne da utilizzare per consentire la perimetrazione dell'area, ed a rappresentare che non sarebbero stati rimossi i dehors degli esercizi commerciali esistenti nella piazza.
Deve, altresì, aggiungersi che, anche quando furono prospettate nelle riunioni problematiche riguardanti la sicurezza degli spettatori meritevoli di essere valutate con maggiore ponderazione, i vertici dell'Amministrazione - ed in particolare il Capo di Gabinetto, che aveva evidentemente assunto la direzione dei lavori - non vi dettero peso. È il caso della problematica riguardante il divieto della circolazione di contenitori di vetro, a cui aveva fatto riferimento il funzionario della Questura Y.Y.Y., e che avrebbe dovuto indurre la Sindaca ad adottare la c.d. "ordinanza antivetro" (si veda quanto già detto sopra al paragrafo 5); ovvero il caso anche dell'importante tema delle vie di fuga, a Cui non era stata dedicata alcuna attenzione nel corso delle riunioni (cfr. pag. 92 della sentenza di primo grado, dove è stato evidenziato che l'Isp. Z.Z.Z. aveva notato come nella riunione del 31 maggio non si fosse parlato delle vie di fuga: soltanto l'Arch. W.W.W. aveva fatto cenno alla questione con riferimento alle transenne tipo "betafence", venendo poi tacitato dal B.B., che aveva affermato che si sarebbero usate le transenne basse).
La critica difensiva si è focalizzata, in modo non incisivo, sul fattore tempo come valore astratto. Si è evidenziato nel ricorso che nei giorni dedicati all'organizzazione della manifestazione si era dato corso a tutti gli adempimenti richiesti. Manca, tuttavia, un reale confronto con le circostanze evidenziate dai giudici di merito, che hanno messo in luce il fatto che la contrazione dei tempi avesse costretto tutti gli interlocutori a prendere atto delle decisioni assunte in prima persona dal B.B., in assenza di una vera interlocuzione, ed a trascurare le problematiche riguardanti la sicurezza (cfr. pag. 133 della sentenza di appello: "la ristrettezza dei tempi ai quali costringeva tutti i protagonisti dell'evento, la cui interlocuzione si riduceva ad una mera presa d'atto di quelle che erano decisioni "politiche" non discutibili, la superficiale scelta di TTP quale organizzatore, aIlo scopo di dare copertura formale al Comune, senza che tale ente avesse né le competenze né l'esperienza né in definitiva l'autonomia decisionale per potere operare liberamente e il conseguente ruolo attivo assunto nella gestione della manifestazione anche nella scelta, condizionata esclusivamente da ragioni di natura economica, di collocare un solo maxischermo, foriera di conseguenze nefaste per l'affollamento che si determinava in prossimità (in ordine alla riconducibilità di tale decisione al B.B. riferiva anche R.R.R. in sede di indagine della Commissione Consiliare) dimostrano pienamente la responsabilità dell'imputato).
9.2. La scelta di Piazza (Omissis) quale luogo deputato ad accogliere la manifestazione, in assenza di un allestimento appropriato, in grado di garantire vie di fuga facilmente accessibili e libere, alla stregua di quanto puntualmente illustrato dai giudici di merito, ha, deli pari, inciso sulla verificazione degli eventi.
Oltre a quanto già detto in precedenza (cfr. paragrafo 5.1 della parte in diritto, al cui contenuto si rinvia), si evidenzia come i giudici di merito abbiano ricondotto ad una precisa volontà della Sindaca la decisione di allestire la manifestazione in Piazza (Omissis), nell'ottica di soddisfare il forte interesse della cittadinanza alla proiezione della partita e di conferire maggiore visibilità alla città (cfr. pag. 69 della sentenza di primo grado).
Il Capo di Gabinetto, nelle riunioni svoltesi con gli altri organi deputati alla realizzazione dell'evento, aveva sostenuto la decisione in modo categorico.
Il primo giudice ha richiamato, in proposito, la testimonianza del funzionario di P.S. Y.Y.Y., presente alla riunione del 26 maggio 2017, la quale ebbe a riferire: "quando giunse B.B. disse, senza prima chiedere conferme o pareri ad altri, che l'evento si sarebbe svolto in piazza (Omissis) e presso il parco (Omissis) e inoltre non vi sarebbe stata nessuna proiezione presso il (Omissis)".
La difesa evidenzia, tuttavia, come, proseguendo nella lettura delle dichiarazioni rese dalla Y.Y.Y. e dai presenti, risulterebbe che tutti gli interlocutori, ognuno con motivazioni diverse, si fossero detti d'accordo sulla scelta operata dal B.B.
Sarebbero, pertanto, incorsi in errore i giudici di merito nel sostenere che il ricorrente avesse imposto scelte unilaterali e non condivise in ordine al luogo di realizzazione della manifestazione.
In realtà, il punto focale delle argomentazioni poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità della Sindaca e del Capo di Gabinetto riguarda non tanto la scelta di Piazza (Omissis) quale sede destinata allo svolgimento della manifestazione, quanto la mancata ponderazione dei rischi collegati ad una simile opzione in relazione alle caratteristiche strutturali della piazza (luogo confinato, perimetrato da lunghi porticati con scarse vie di fuga) e la mancata adozione, rispetto a tale scelta, di cautele in grado di garantire la sicura e agevole evacuazione di migliaia di spettatori in caso di necessità.
Il primo giudice, si è già detto, ha posto in rilievo come non fosse necessaria una particolare preparazione tecnica per comprendere che la Piazza (Omissis) fosse un luogo con vie di fuga limitate e difficilmente raggiungibili in caso di necessità, specie da parte di coloro che stazionavano al centro della piazza (si veda quanto logicamente argomentato nella sentenza di primo grado alle pagine 54, 55 e 73).
Pertanto, le caratteristiche della piazza e la decisione assunta dal Capo di Gabinetto di installare un solo maxischermo hanno contribuito al verificarsi dei tragici eventi conseguenti allo scatenarsi del panico tra la folla: i decessi e la gran parte delle lesioni riportate dagli Spettatori, hanno osservato i giudici di merito sulla base della documentazione medica acquisita, dei filmati registrati e delle relazioni di servizio, sono stati causati proprio dallo schiacciamento della folla, che non riusciva a defluire e non aveva trovato sbocchi; altre lesioni erano state, invece, provocate dai vetri delle bottiglie rotte sparse sulla pavimentazione.
È, quindi, sorretta da lucida e puntuale analisi delle risultanze processuali la conclusione cui sono pervenuti i giudici di marito, in base alla quale la scelta del luogo in cui effettuare la proiezione avrebbe dovuto essere preceduta, nel contesto temporale di riferimento, connotato da elevati rischi di attentati, da una riflessione ponderata, che avesse tenuto conto della peculiare conformazione della piazza e del numero dei partecipanti, anche alla luce delle modalità di allestimento della proiezione, che aveva previsto un unico maxischermo, nelle vicinante del quale era prevedibile che si sarebbero accalcati tutti gli spettatori (cfr. pag. 117 della sentenza di appello; pag. 55 della sentenza di primo grado).
La difesa non si confronta realmente con tali aspetti, insistendo nel sottolineare che gli organi tecnici non avevano avanzato riserve in ordine alla scelta della piazza. Al riguardo si riportano in ricorso le dichiarazioni di Y.Y., Capo di Gabinetto del Questore, il quale aveva riferito che: "non vi era ragione per effettuare un sopralluogo su una piazza che ben conosciamo per la sua struttura ..."; "il tavolo tecnico non si svolse perché quello di regola segue la riunione del Comitato dell'Ordine e Sicurezza Pubblica, Comitato che per questo evento non si tenne per quanto mi consta. Anche se il tavolo tecnico può tenersi a prescindere dal Comitato di cui sopra, in questo caso non si tenne perché per la situazione logistica ed il tipo di evento non vi erano nelle valutazioni di rischio elementi di criticità. Era una manifestazione statica che non presentava aspetti di conflittualità ed una volta individuati i punti di accesso che dovevano essere presidiati era sufficiente ripartire tra la polizia e i carabinieri i compiti relativi senza necessità che problematiche fossero discusse in un tavolo tecnico".
E tuttavia la giustificazione offerta dal funzionario non vale ad incrinare la logicità del ragionamento sostenuto dai giudici di merito. Le sue dichiarazioni, infatti, non riguardano la questione delle vie di fuga ed il problema dell'evacuazione della piazza in caso di disordini e turbative che si potessero generare all'interno dell'area circoscritta. Dalle sue parole si evince come tutta l'attenzione della Polizia di Stato, nella stagione di attentati terroristici che attraversava l'Europa, fosse concentrata sulla necessità di controllare coloro che facevano ingresso nella piazza e di presidiare le vie d'accesso per evitare l'introduzione di oggetti pericolosi, non di garantire una evacuazione sicura della piazza.
Quindi, il richiamo alle dichiarazioni del Capo di Gabinetto del Questore è distonico rispetto al centro del problema evidenziato dai giudici di merito, costituito dalla valutazione dei rischi collegati ad una sicura evacuazione della piazza. Il vuoto di cautele registrato dai giudici di merito in relazione alla sicurezza non ha riguardato l'accesso alla piazza (c.d. filtraggio), ma le garanzie che dovevano essere assicurate in caso di necessità di fuga.
Con riferimento alle pregresse manifestazioni realizzate in Piazza (Omissis), viene effettuato richiamo alle argomentazioni già in precedenza illustrate (paragrafo 5.1).
Occorre aggiungere come le situazioni riguardanti le modalità di allestimento delle precedenti manifestazioni non fossero sovrapponibili a quella di interesse in questa sede. La differenza sostanziale e decisiva è stata posta in rilievo dal primo giudice a pag. 149 della motivazione, laddove si legge che il transennamento per consentire il filtraggio delle persone che accedevano alla piazza, onde evitare il rischio di attentati terroristici, fosse una misura che non era stata quasi mai realizzata in precedenza e che aveva aumentato le caratteristiche di chiusura del luogo e le conseguenze dannose che ne erano derivate ("La scelta di una piazza avente e caratteristiche strutturali di piazza (Omissis) aggravava dunque ulteriormente la pericolosità degli altri aspetti connessi alla prevedibilità dell'evento, in particolare con riferimento al rischio terrorismo, che ha avuto un ruolo preponderante nell'intera vicenda. Per un verso, infatti, la considerazione di tale aspetto ha comportato la necessità di predisporre apposite misure cautelari, in particolare il transennamento per consentire il filtraggio delle persone che accedevano alla piazza, misure che non erano state quasi mai realizzate (in relazione a quella specifica piazza vi era un Isolo precedente, quello del capodanno 2016-2017) e che però presentavano rischi ben noti agli operatori del settore, oltre che agevolmente apprezzabili da chiunque, con la comune diligenza, che avrebbe suggerito la necessità di porre una particolare attenzione".
9.3. Con riferimento all'aspetto riguardante la scelta di T Turismo Provincia (TTP quale ente organizzatore della manifestazione si richiamano le argomentazioni già in precedenza svolte (cfr. paragrafo 5.2).
Non sono individuabili nella risposta fornita sul tema dai giudici di merito i vizi lamentati dalla difesa (grave travisamento del fatto, illogicità e carenza di motivazione).
I motivi di doglianza sono volti a dimostrare principalmente come l'ente fosse dotato di una sua consistente autonomia finanziaria e come rientrasse nei suoi scopi l'organizzazione di manifestazioni del tipo di quella curata nel giugno 2017, essendo previsto nello statuto dell'ente lo scopo della "realizzazione di iniziative ... dirette ad attrarre i turisti o a favorirne il soggiorno".
Con riferimento a tali aspetti, i giudici hanno, però osservato come l'attività di organizzazione di manifestazioni da parte di T.T.P. fosse del tutto sporadica, avendo l'ente il prevalente scopo di occuparsi di attività di promozione turistica e come il budget annuale stanziato dalla città di T fosse destinato al compimento di una serie di attività da svolgere nel corso dell'anno, e non allo scopo di finanziare grandi eventi.
Il Presidente C.C. e lo stesso U.U.U., funzionario di T.T.P., hanno reso dichiarazioni in questo senso (cfr. pag. 101 della sentenza di primo grado: "la prova del fatto che TTP non fosse strutturata per questo tipo di eventi, oltre che pacificamente dichiarata da U.U.U., si ricava anche dalle modalità con cui quest'ultimo ha cercato di arrabattarsi per colmare le lacune della sua struttura rispetto alle esigenze imposte dal nuovo incarico. U.U.U. ha sottolineato come il budget annuale messo a disposizione dalla Città di T sia mirato alla gestione di tutta una serie di attività da svolgere durante l'anno e non abbia la funzione di finanziare eventi: "sono azioni di promozione, di comunicazione, di accoglienza. Non sono eventi", tanto che TTP non ha neppure, al suo interno, una struttura apposita. U.U.U. ha infatti spiegato che egli si occupa di due aree distinte: l'area prodotto, che cura lui direttamente e che riguarda la card turistica, il bus turistico, le residenze reali ecc., cui si aggiunge, dal 2011, "l'Amministrazione nel suo complesso", che comprende un Ufficio Acquisti. E proprio tale ufficio, in mancanza di una struttura più specifica, il U.U.U. aveva deciso di coinvolgere per gestire l'evento del 3 giugno 2017: "Trattandosi di dover espletare delle procedure che coinvolgevano, ovviamente, degli acquisti con ... con dei fornitori e delle azioni di tipo molto amministrativo, l'ufficio acquisti era il più indicato in quel momento per seguire questa ... questa cosa").
La Corte d'Appello, dal canto suo, ha evidenziato come le pregresse esperienze maturate nel campo della organizzazione di eventi da parte di T.T.P. avessero caratteristiche ben diverse da quella realizzata il 3 giugno 2017 (cfr. pag. 116 della sentenza di appello in cui sono riportate le dichiarazioni di U.U.U., che ha riferito che: "... nel 2015 - come dire - il nostro impegno era stato più marginale rispetto a questo perché c'era già tutta l'organizzazione del festival jazz che era già in piazzai quindi c'era già sostanzialmente tutto").
Alla luce delle argomentazioni illustrate, risultano non dirimenti i dati richiamati nel ricorso riguardanti gli esercizi finanziari di T.T.P. nelle diverse annualità indicate, da cui discenderebbe la dimostrazione; dell'adeguatezza delle risorse finanziarie di cui disponeva l'ente per far fronte all'organizzazione dell'evento.
La prospettazione difensiva è riproduttiva di profili di doglianza già vagliati dai giudici di merito e disattesi mediante puntuali riferimenti alle emergenze probatorie.
Il primo giudice ha argomentato sul punto in modo appropriato, ponendo in rilievo, sulla base delle dichiarazioni di U.U.U. - già in precedenza riportate - come T.T.P. non avesse la possibilità di attingere dai fondi a disposizione somme da destinare alla organizzazione dell'evento del 3 giugno 2017 ("Malgrado quanto profusamente sostenuto da tutte le difese in merito alle capacità economiche di TTP evidenziate dall'ostentazione del bilancio relativo all'esercizio 2016, che denota un notevole giro d'affari, il consorzio non poteva - e ciò era noto a tutti - attingervi denaro per l'evento in parola").
9.4. Le ulteriori doglianze difensive, nelle quali si contrappone alla ricostruzione offerta nella sentenza impugnata una diverse interpretazione delle risultanze processuali (ingerenza del ricorrente sul piano organizzativo; inesistenza di decisive differenze rispetto ad altre manifestazioni) si sostanziano in una palese critica rivolta ad aspetti valutativi di merito, i quali, come è noto, sfuggono al sindacato di legittimità.
In particolare, la ritenuta ingerenza dell'imputato nella organizzazione della manifestazione è basata, come già evidenziato, su solide basi argomentative, che muovono dalla considerazione di precise e circostanziate emergenze probatorie, richiamate con puntualità nelle sentenze di merito (cfr. quanto già detto nel paragrafo 9).
Le valutazioni espresse circa le differenze esistenti tra le diverse manifestazioni realizzate nella medesima piazza sono fondate su criteri di inferenza non contraddittori e scevri da aporie logiche.
Non è superfluo rammentare al riguardo che il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento e non può quindi estendersi alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservata, in via esclusiva, alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale questa Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945; Sez. U., n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903).
10. Quanto alle censure in tema di cooperazione colposa (motivo terzo del ricorso), si richiamano, preliminarmente, le generali argomentazioni svolte nel paragrafo 4, in cui si è trattato delle analoghe doglianze avanzate da A.A.
A sostegno della prospettata inesistenza di profili riguardanti la cooperazione colposa, la difesa evidenzia come la condotta serbata dal ricorrente si sia realizzata ed esaurita tutta nella fase ideativa della manifestazione, circostanza valevole ad escludere concettualmente la possibilità d'ipotizzare un "intreccio operativo" con gli altri imputati.
Il rilievo, per come già evidenziato per la Sindaca, non può considerarsi fondato. Numerose, in ossequio a quanto già in precedenza osservato, sono le circostanze che rivelano l'ingerenza del ricorrente nella fase organizzativa della manifestazione e la consapevolezza della interazione del proprio agire con quello degli altri soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda.
Significative ed immuni dai vizi lamentati appaiono, sul punto, le argomentazioni illustrate dal primo giudice a pag. 68 della sentenza, condivise dalla sentenza di appello, in cui è stato evidenziato come la Sindaca ed il Capo di Gabinetto, oltre ad avere assunto decisioni direttamente incidenti sulle modalità di allestimento della manifestazione, fossero pienamente consapevoli del necessario apporto contributivo degli altri soggetti coinvolti nella organizzazione e gestione della manifestazione.
Ciò, si legge in motivazione, è in modo evidente comprovato dalle riunioni che erano state indette nel breve lasso di tempo che aveva preceduto la proiezione, nell'ambito delle quali il B.B. aveva imposto scelte incidenti sull'operato altrui, e dai comportamenti adottati dal ricorrente nelle interlocuzioni con gli altri soggetti coinvolti nella preparazione della manifestazione.
A tale riguardo non è superfluo aggiungere come il ricorrente fosse direttamente intervenuto nei rapporti instauratisi tra T.T.P. e la Questura, suggerendo la risposta da fornire a quest'ultima in merito all'impiego di steward dotati di metal detector ai varchi di ingresso (cfr. pag. 88 della sentenza di primo grado).
Si tratta di circostanza che, sebbene esclusa dal rapporto causale con i fatti occorsi, è comunque suscettibile di rivelare la piana ingerenza del ricorrente negli aspetti organizzativi della vicenda e la sua consapevolezza di cooperare nella comune gestione della manifestazione e dei rischi ad essa connessi.
11. In relazione alla questione riguardante la mancata adozione della c.d. "ordinanza antivetro" (quarto motivo di doglianza, denominato V nel ricorso), i giudici di merito hanno individuato in capo al ricorrente un profilo di colpa generica, addebitandosi al B.B., che aveva evidentemente assunto la direzione dei lavori preparatori della manifestazione, di essere stato negligente ed imprudente nell'avere omesso di sollecitare presso la Sindaca l'adozione del suddetto provvedimento.
Si è già detto della titolarità in capo al Sindaco della potestà di emanare ordinanze contingibili ed urgenti e delle condizioni legittimanti il suo esercizio (cfr. paragrafo 6).
La difesa, nel criticare il ragionamento seguito dai giudici di merito, assimila la posizione dell'imputato a quella del Questore D.D.D., sostenendo che le ragioni poste a fondamento dell'assoluzione di Quest'ultimo dovrebbero valere anche per il Capo di Gabinetto.
La Corte d'Appello, evidenzia il ricorso, ritiene soddisfacente a fini assolutori la giustificazione offerta agli inquirenti dal Questore, il quale aveva dichiarato di avere ritenuto sufficienti a garantire la pubblica incolumità le disposizioni impartite in tema di controllo all'ingresso idei varchi degli spettatori in aggiunta al divieto di vendita ambulante vigente nelle piazze auliche della città.
Le argomentazioni poste a fondamento della prospettazione difensiva non sono condivisibili: i termini di comparazione proposti dalla difesa, sui quali si svolge il paragone tra i due imputati, non tengono conto del diverso ruolo svolto da ciascuno nella vicenda, dell'evoluzione dei fatti e delle differenti cause del fenomeno della circolazione del vetro nella piazza in occasione della manifestazione.
La lettura integrale delle dichiarazioni del Questore rivela come le disposizioni da questi impartite si ponessero a valle del problema della circolazione del vetro. Lo scopo perseguito dal Questore era infatti, quello di evitare l'introduzione di oggetti pericolosi all'interno dell'area delimitata dopo la chiusura della piazza. Restava, tuttavia, sguarnita di cautele preventive la situazione riguardante la presenza del vetro introdotto dagli spettatori prima della chiusura della piazza, che avrebbe potuto essere evitata, o quanto meno limitata, mediante l'adozione dell'ordinanza della Sindaca (si veda, in proposito, quanto già evidenziato nel paragrafo 6).
L'aspetto risulta chiarito nel passaggio motivazionale in cui la Corte d'assise d'appello ha precisato come il Questore si fosse preoccupato, attraverso il personale presente nella prima riunione indetta per l'organizzazione della manifestazione, di sollecitare un intervento dell'Amministrazione comunale in tema di circolazione del vetro nella piazza (pag. 149 della sentenza di secondo grado).
Rimasta inerte l'Amministrazione, che, per bocca di P.P.P., aveva nel corso della riunione messo fine all'argomenti richiamando il divieto di vendita ambulante esistente nelle piazze auliche, Il Questore aveva impartito disposizioni affinché ai varchi venisse inibito ingresso di ogni oggetto che potesse recare offesa alle persone, tra i quali, il Dirigente della Polizia di Stato E.E., aveva inteso ricomprendere anche le bottiglie in vetro (si veda infra quanto specificato negli Appositi paragrafi dedicati alla posizione di E.E., n. 24 e seguenti). Il Questore aveva, inoltre, disposto che fosse controllato l'adempimento scrupoloso della rimozione del vetro da parte del personale dell'AMIAT.
Non è fondata, dunque, l'asserita contraddizione logica individuata dai difensori nel differente esito a cui sono pervenuti i giudici di merito con riferimento ai due imputati.
11.1. La difesa esclude, poi, che l'omessa adozione della c.d. "ordinanza antivetro" avesse avuto rilievo causale rispetto" agli eventi lesivi verificatisi, sostenendo che il fenomeno della circolazione del vetro all'interno del perimetro della piazza fosse da ascriversi "principalmente" alla condotta dei venditori abusivi, sicché nessun addebito di colpa potrebbe essere elevato a carico del ricorrente in relazione alla mancata perquisizione dei tifosi presenti prima della chiusura della piazza.
La considerazione difensiva è deassiale rispetto del punto centrale delle riflessioni svolte dai giudici di merito: si ritiene nella sentenza impugnata, la quale ha ripreso le argomentazioni espresse da parte del primo giudice, che la c.d. "ordinanza antivetro" avrebbe levitato o quanto meno limitato l'ingresso nella piazza di bottiglie di vetro sin dalle prime ore del mattino, quando il perimetro non era stato ancora transennato e non si era fatto luogo ai controlli ai varchi.
Si legge, infatti, nella sentenza di primo grado, che, ove l'ordinanza fosse stata emanata e fosse stata data adeguata pubblicità ad essa, molti spettatori e tifosi non avrebbero portato, sin dalle prime ore del mattino, le borse frigo contenenti le bevande destinate al consumo durante la manifestazione.
Il rilievo concernente la mancata capillare perquisizione dei tifosi prima della chiusura della piazza, diversamente da quanto prospettato dalle difese, non ha mai attinto il ricorrente: ciò che si addebita all'imputato è, infatti, di non avere provveduto negligentemente a sollecitare presso la Sindaca l'emissione di una ordinanza che vietasse in modo assoluto e da parte di chiunque la detenzione di contenitori di vetro prima dello svolgimento della manifestazione.
Del pari infondata è la censura concernente la mancanza di prove in ordine alla presenza di contenitori in vetro portati dagli spettatori prima della chiusura della piazza.
Nella formazione del proprio convincimento i giudici di merito hanno fatto ricorso a prove logiche, fondate sul contenuto della testimonianza rilasciata da P.P.P., in precedenza riportata (cfr. paragrafo 6), e sulla circostanza dell'accumulo del vetro sul selciato e intorno al cestini presenti nella piazza sin dal primo pomeriggio. Tali fatti hanno indotto a ritenere che le persone presenti nella piazza prima della sua chiusura avessero portato con loro delle bevande per meglio affrontare la lunga permanenza in quel luogo nella calda giornata di giugno.
Si tratta di argomentazioni non censurabili in questa sede, idonee a rendere conto delle ragioni comprovanti la ritenuta circostanza, affatto ipotetiche e presuntive, come invece sostenuto nel ricorso.
Ogni ulteriore argomentazione difensiva mira ad escludere che vi siano stati canali di ingresso del vetro nella piazza diversi da quelli che avevano tratto origine dal commercio abusivo, che il divieto vigente nelle piazze auliche mirava a reprimere. In realtà, sono molteplici gli elementi dai quali è possibile desumere, come coerentemente argomentato dai giudici di merito, che le modalità attraverso le quali il vetro aveva fatto ingresso nella piazza non si fossero limitate al commercio ambulante. Oltre alla presenza di numerosissimi giovani muniti di borse frigo sin dal mattino, gli stessi controlli praticati ai varchi, nonostante gli sforzi della Polizia di Stato, non avevano assicurato la totale impermeabilità della piazza alla introduzione del vetro, come dimostrato dalle numerose testimonianza richiamate in sentenza.
In relazione a tali passaggi argomentativi, sostenuti in sentenza da puntuali riferimenti alle emergenze probatorie, si deve escludere che si possa fare luogo in sede di legittimità ad una interpretazione alternativa, essendo, come noto, inibito a questa Corte una rivalutazione del materiale probatorio in atti.
12. Meritevole di accoglimento, nei termini di seguito precisati, è l'ultimo motivo di ricorso (motivo sesto, denominato VII nel ricorso).
La Corte d'Appello, pur essendo pervenuta al proscioglimento dell'imputato con riferimento ai reati di lesioni in danno di F.F.F., G.G.G., H.H.H., I.I.I., J.J.J., K.K.K., L.L.L., M.M.M., N.N.N. e O.O.O., non ha ridotto la pena, così incorrendo in una palese violazione del divieto di reformatio in peius.
Secondo consolidato orientamento di legittimità, incorre nella violazione del divieto di "reformatio in peius" il giudice d'appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, pur prosciogliendo l'imputato per taluno di essi, non diminuisca l'entità della pena originariamente inflitta (cfr., in argomento, Sez. 6, n. 29659 del 11/05/2022, Dalla Costa, Rv. 283535; Sez. 1, n. 8272 del 27/01/2021, Marzi, Rv. 280602).
Rimane assorbita nell'accoglimento del predetto motivo l'ulteriore doglianza riguardante il vizio di omessa motivazione con riferimento ai criteri di determinazione degli aumenti di pena irrogati a titolo di continuazione.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente al profilo riguardante il trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d'assise d'appello di Torino, altra Sezione, per nuovo giudizio sul punto.
13. Con riferimento alla posizione di C.C., la Corte di appello, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto sussistenti i profili di responsabilità indicati nella lettera a) del capo d'imputazione, che, come precisato nella parte in fatto, addebita al ricorrente la seguente condotta colposa: "avere accettato per imprudenza e con modalità irrituali e anormali, oltre che al di fuori di procedure amministrative, l'incarico, proveniente da B.B., di organizzare con i propri funzionari l'evento del 3 giugno, non considerando che il breve tempo a disposizione non avrebbe consentito un'organizzazione efficiente e in assenza di informazioni anche di natura economica (considerato, peraltro, che TTP era priva delle capacità economiche, professionali e organizzative per gestire l'organizzazione dell'evento)".
Trattasi, evidentemente, di una colpa generica di tipo commissivo, connotata da imprudenza. Si ascrive all'imputato di avare accettato un incarico che avrebbe dovuto declinare, essendo consapevole della impossibilità, per la brevità del tempo a disposizione e della scarsità dei mezzi finanziari, di garantire una organizzazione efficiente dell'evento.
Nella motivazione della sentenza impugnata si precisa che C.C. aveva, con la sua "supina e imprudente accettazione dell'incarico", costretto l'ente ad uno sforzo organizzativo a cui non era preparato, esulando l'attività in questione dai compiti normalmente svolti e previsti anche dallo statuto dell'organismo.
La Corte di merito ha superato le principali obiezioni difensive, riguardanti l'assenza di una posizione di garanzia in capo all'imputato, ponendo l'accento sull'esercizio di fatto di funzioni esecutive nell'ambito dell'attività preparatoria della manifestazione.
La difesa aveva, infatti, lamentato come il ricorrente, Presidente in carica di T.T.P., non avesse compiti operativi e si fosse limitato, nella vicenda che occupa, a demandare a U.U.U., a cui aveva trasferito l'incarico, ogni scelta in materia di esecuzione dell'attività organizzativa.
I giudici, in risposta alle argomentazioni difensive, hanno ritenuto che l'imputato fosse responsabile dei reati a lui ascritti in virtù dei comportamenti concludenti assunti, riferibili alla gestione dell'evento; tale convincimento è stato tratto dalle stesse dichiarazioni dell'imputato, in larga parte richiamate nella motivazione della sentenza impugnata.
14. Ciò premesso, nei primi due motivi di ricorso (a difesa si duole principalmente del vizio della carenza e dell'apparenza della motivazione, ponendo in evidenza come l'apparato giustificativo della decisione assunta non soddisfi i requisiti motivazionali minimi richiesti dalla giurisprudenza di legittimità. La Corte d'Appello, assume il ricorrente, si sarebbe limitata a richiamare il contenuto della sentenza di primo grado, senza realmente provvedere ad una puntuale disamina delle censure difensive.
Il primo motivo di ricorso, in cui sono citate diverse massime di questa Corte riguardanti i criteri che sovrintendono alla valutazione della completezza e congruità della motivazione della sentenza del giudice di merito, introduce e rafforza il secondo motivo di ricorso. In esso sono specificate le ragioni di critica riguardanti i punti affrontati con motivazione a sostegno dell'affermazione di responsabilità del ricorrente, concernenti le modalità di accettazione dell'incarico, l'oggetto dell'incarico acquisito dall'imputato, la ritenuta assunzione di fatto di comportamenti riferibili alla gestione della manifestazione.
14.1 Ebbene, deve ritenersi fondato il secondo motivo di ricorso nei limiti di seguito precisati e con valore assorbente rispetto all'ulteriore doglianza difensiva riguardante il trattamento sanzionatola (motivo terzo di ricorso).
Nell'ambito dei numerosi profili di responsabilità originariamente declinati nel capo d'imputazione elevato a carico del C.C., la Corte d'assise di appello ha attribuito rilievo unicamente all'accettazione dell'incarico ed al coinvolgimento effettivo dell'imputato nella organizzazione della manifestazione.
Da tale ultimo aspetto ha desunto l'assunzione di una posizione di garanzia in capo all'imputato, trascendente la carica formalmente rivestita di Presidente dell'ente, che non gli attribuiva poteri deliberativi e gestionali.
A sostegno del convincimento espresso sono riportati due stralci dell'interrogatorio reso dall'imputato (pag. 135 e 137 della sentenza impugnata) il cui contenuto, tuttavia, appare distonico rispetto alle conclusioni a cui giunge la sentenza.
La Corte di merito, nel descrivere il comportamento colposo attribuito al ricorrente riporta integralmente il narrato dell'imputato, il quale ebbe a dichiarare (pag. 135 della sentenza) di avere appreso nella circostanza della riunione del 26 maggio 2017 che gli era stato conferito "l'incarico dell'organizzazione del posizionamento del maxischermo in P.zza (Omissis)" e di avere il giorno seguente reso edotto di tanto U.U.U., a cui aveva fornito i riferimenti telefonici della dott.ssa Y.Y.Y., di F.F.F.F. e di P.P.P. perché si occupasse dell'evento.
Quanto alla sua ingerenza nella organizzazione del là manifestazione, è riportato altro stralcio delle dichiarazioni dell'imputato (pag 137 della sentenza) in cui questi ribadisce che degli aspetti riguardanti la gestione dell'evento si era occupato U.U.U.
Nessun elemento ulteriore è valorizzato in sentenza in ordine al coinvolgimento effettivo del C.C. nella organizzazione della manifestazione.
Deve, pertanto, riconoscersi nel discorso giustificativo offerto dalla Corte di merito il vizio denunciato dalla difesa nel ricorso: non si spiega in motivazione come il ricorrente abbia dato "contenuto alla sua ingerenza di fatto" nella gestione dell'evento, circostanza ritenuta in sentenza dirimente ai fini dell'affermazione di responsabilità.
La ricostruzione offerta, limitata alla riproduzione delle sole dichiarazioni dell'imputato, che afferma di non essersi interessato in alcun modo della gestione della manifestazione, evidentemente non poggia su coerenti basi argomentative ed è frutto di un salto logico.
Mancano precisi riferimenti agli aspetti riguardanti la ritenuta assunzione di fatto della posizione di garanzia, non ricavandosi dalla lettura delle sole dichiarazioni dell'imputato elementi in tal senso.
Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata sul punto con rinvio alla Corte d'assise d'appello di Torino, altra Sezione, per nuovo giudizio.
15. Passando, quindi, all'esame della posizione di ;D.D., si osserva come tutte le censure dedotte dall'imputato risultino infondate.
Ciò vale, in primo luogo, con riferimento alla prima doglianza, con la quale il ricorrente ha lamentato violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla individuazione della posizione di garanzia riconosciuta a suo carico, la violazione dei cui doveri avrebbe determinato, con rilievo causale ex art. 40, comma 2, cod. pen., la verificazione dei tragici fatti di Piazza (Omissis).
Secondo la ricostruzione difensiva, la regola cautelare afferente alla repressione del commercio abusivo, al cui rispetto è tenuta la Polizia Municipale, non riguarderebbe la sicurezza pubblica, e cioè la c.d. security, rimessa alla competenza della Polizia di Stato, ma la c.d. safety, invece rimessa alla competenza della Polizia Municipale, erroneamente considerata dai giudici di merito assorbita nella prima. Su quest'ultima sarebbe gravato, pertanto, unicamente l'obbligo di contrastare il commercio abusivo di bevande e non già quello di prevenire gli eventi lesivi accaduti.
Se così fosse, in base a quanto prospettato nel ricorso, difetterebbe nella interpretazione offerta in sentenza la concretizzazione del rischio, atteso che l'evento deve costituire la realizzazione del pericolo in considerazione del quale è stata posta la precipua regola cautelare idonea a prevenirlo.
Ne conseguirebbe, pertanto, che la inefficace repressione degli ambulanti non autorizzati non potrebbe costituire condotta causalmente collegata agli eventi lesivi verificatisi.
La doglianza è infondata.
Lo stesso ricorrente ha ammesso la sussistenza dell'obbligo cautelare gravante sulla Polizia Municipale di contrastare la presenza di abusivi, ma ha ristretto la finalità della regola cautelare alla tutela del commercio autorizzato.
In questa prospettiva, ha differenziato i doveri, di tutela della sicurezza pubblica, e cioè della c.d. security rimessa alla Competenza della Polizia di Stato, dalla salvaguardia della c.d. safety, per la quale sarebbe competente la Polizia Municipale, estranea al dovere di tutela della sicurezza pubblica.
L'obiezione difensiva, secondo la quale la repressione del commercio abusivo non riguarderebbe la pubblica sicurezza, non tiene conto, tuttavia, del fatto che proprio il fenomeno della presenza massiccia di ambulanti aveva creato un problema di sicurezza pubblica e che l'esistenza di tale problematica era stata oggetto della riunione tenutasi il 31 maggio 2017, a cui aveva partecipato anche l'imputato unitamente al Comandante, durante la quale si era stabilito che la Polizia Municipale si sarebbe occupata di viabilità e di commercio ambulante abusivo.
La Corte d'assise, in primo grado, ha richiamato le dichiarazioni rese dall'imputato all'udienza dell'1 aprile 2021, secondo le quali spettava alla Polizia Municipale da lui comandata il controllo della viabilità e del commercio ambulante.
Sul punto, va sottolineato che la condotta colposa inferita allo D.D.
è stata individuata proprio nell'omissione di comportamenti strettamente correlati all'obbligo d'intervenire per reprimere il commercio abusivo dei venditori ambulanti, e ciò in ragione della violazione di una regola cautelare che, per stessa ammissione del ricorrente, a pieno titolo rientra nella sfera di governo della posizione di garanzia da questi ricoperta.
15.1. La responsabilità del prevenuto, come avrà modo di precisare nel prosieguo, è stata individuata: nel fatto di avere utilizzato, pur avendone la competenza e l'opportunità per il ricoperto ruolo di Dirigente designato per il servizio in Piazza (Omissis), un contingente di personale di Polizia Municipale palesemente inadeguato rispetto alla situazione di emergenza venutasi a creare in ragione della presenza dei numerosi venditori ambulanti, sia all'interno che all'esterno della piazza e nel non avere provveduto ad aumentare tale organico, se non nell'esiguo numero di due sole unità; nel fatto di aver cercato di limitare il fenomeno dell'abusivismo, e dell'incontrollata vendita di bottiglie di vetro, unicamente indicando ai suoi uomini di elevare contravvenzioni amministrative ai furgoni parcheggiati, senza procedere a nessun sequestro della merce.
La responsabilità, dunque, è stata direttamente correlata alla violazione di norme cautelari di certo gravanti sulla posizione di garanzia ricoperta dallo D.D., essendosi trattato, per come adeguatamente precisato dai giudici di merito della "violazione di una regola di diritto pubblico - la cui osservanza con un minimo di diligenza e perizia avrebbe evitato o ridotto significativamente l'evento - che è quelli che impone al dirigente dei VV. UU. di svolgere e far svolgere agli uomini alle sue dipendenze il servizio di loro specifica competenza di repressione dell'abusivismo.
16. Le considerazioni espresse rendono, all'evidenza, priva di ogni pregio anche la seconda censura, inerente alla ricorrenza di una asserita contraddittorietà motivazionale in ordine alla valutazione dei rapporti intercorsi, in occasione dei fatti, tra la Polizia Municipale e la Polizia di Stato, stante il ruolo di prevalenza operativa fattualmente assunto dal E.E. nella gestione della tutela dei problemi di ordine e di sicurezza pubblica, con conseguente assunzione di una posizione solo subalterni da parte dello D.D., che, sin da subito, si sarebbe adoperato unicamente per dare diretta esecuzione alle disposizioni impartite dal primo.
Trattasi, alla luce di quanto sopra esposto, di una inammissibile rilettura dei fatti, operata congruamente e logicamente dalla Corte d'assise d'appello, atteso che, in realtà, sia il E.E. che lo D.D. sono stati giudicati con riferimento a condotte palesemente difformi tra loro, poste in essere in modo autonomo da parte dei due prevenuti, con conseguente affermazione della loro rispettiva responsabilità in ragione della ritenuta violazione di regole cautelari ben distinte, correlate alle differenti posizioni di garanzia ricoperte.
Compito di esclusiva pertinenza dello D.D. era quello di impedire l'indiscriminato accesso di bottiglie di vetro alienate da parte dei venditori ambulanti all'interno della piazza. La circostanza che l'imputato non avesse saputo impartire direttive adeguate per contrastare in rinodo efficace la vendita abusiva di bevande, ovvero che avesse omesso di richiedere rinforzi di personale in un numero maggiormente consistente - stante la ricorrenza di una situazione di assoluta emergenza - senza accontentarsi di due sole unità aggiuntive, rappresentano profili responsabilità esclusivamente riferibili alla sua persona. Rispetto a tali violazioni di regole cautelari nessun coinvolgimento o assunzione di responsabilità può riguardare la posizione del E.E., su cui ci si soffermerà più avanti.
Di nessun conto, pertanto, è lo stabilire se lo D.D. avesse agito con condotta autonoma e indipendente, ovvero in diretta esecuzione di ordini impartitigli dal Dirigente della Polizia di Stato, atteso che, comunque, si era trattato di inadempienze riconducibili esclusivamente alle sue competenze.
D'altro canto, la sostenuta modalità operativa per cui il ricorrente avrebbe agito solo in esecuzione degli ordini del Dirigente della Polizia non trova riscontro nei fatti, come ricostruiti dai giudici di merito. Ed invero, lo D.D. - addirittura originariamente assente dai luoghi ed intervenuto solo a seguito di allarmate richieste inoltrate da Giordani - era stato reiteratamente invitato dal E.E. ad intervenire, adattando tutte le misure e i poteri di sua spettanza per limitare la presenza degli ambulanti sui luoghi, anche richiedendo l'intervento di un maggior numero di agenti della Polizia Municipale che potessero coadiuvarlo nell'espletamento del servizio in piazza.
17. Neppure fondata è la doglianza formulata con il terzo motivo di ricorso, strettamente collegata alla prima, con cui si lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dei profili di colpa individuati, in assenza del requisito della prevedibilità.
Alla stregua di quanto già evidenziato in precedenza, la difesa sostiene che non sarebbe possibile affermare che gli eventi lesivi e mortali verificatisi in piazza (Omissis) abbiano costituito la concretizzazione del pericolo tutelato dalla regola cautelare violata, avente l'unica finalità di contrastare e reprimere il commercio abusivo di bottiglie di vetro.
Come osservato, il controllo della vendita abusiva di bevande in vetro costituiva un compito rimesso alla specifica competenza della Polizia Municipale, per cui la responsabilità dell'imputato è stata fondatamente ricondotta alla scelta di destinare al servizio di repressione di tale fenomeno un numero eccessivamente esiguo di personale, senza poi richiederne una successiva adeguata integrazione e nell'aver tentato di limitare l'incontrollata vendita di bottiglie unicamente ordinando agli agenti di elevare contravvenzioni amministrative ai furgoni parcheggiati in zone esterne a Piazza (Omissis), senza procedere al sequestro della merce.
Secondo il ricorrente, suo dovere specifico sarebbe stato solo quello di provvedere, unitamente ai suoi uomini, a contrastare e a reprimere il commercio abusivo di bottiglie in vetro, con la conseguenza che l'avvenuta verificazione degli eventi mortali e lesivi non sarebbe stata la diretta concretizzazione del pericolo in considerazione del quale era stata dettata la regola cautelare violata.
Sul punto, in conformità a quanto sopra esposto, si condividono le contrarie valutazioni espresse da parte dei giudici di merito.
Principio generale in materia, come già in precedenza evidenziato, è quello per cui la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (così, tra le tante, Sez. 4, n. 21554 del 05/05/2021, Zoccarato, Rv. 281334). Serve, cioè, che venga accertata, per il tramite di un giudizio ex ante, la prevedibilità della circostanza per cui l'evento - inteso come del genere di quello accaduto - si sarebbe concretamente verificato qualora vi fosse stata la violazione della regola cautelare da parte del soggetto cui era rimessa la gestione del rischio, stante la posizione di garanzia ricoperta.
La responsabilità dello D.D. è stata individuata nel fatto di avere contribuito, con i suoi comportamenti imperiti e negligenti, a determinare un eccessivo accumulo di bottiglie di vetro all'interno della piazza (in particolare di quelle acquistate dagli spettatori dai venditori ambulanti), così rendendo lo stato dei luoghi particolarmente pericoloso per l'incolumità pubblica.
Ai fini della configurazione della responsabilità colposa del ricorrente, pertanto, è necessario verificare, con valutazione ex ante, se fosse prevedibile che un inadeguato contrasto all'azione di vendita di bottiglie in vetro da parte degli ambulanti avrebbe, di fatto, comportato una situazione di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, in ragione dell'eccessivo accumulo del vetro in terra, rendendo, di conseguenza, altamente probabile che, al verificarsi di una qualsiasi situazione suscettibile di generare panico tra la folla, vi potesse essere il rischio di eventi come quelli verificatisi.
Ciò è quanto è stato accertato, con motivazione logica ed esente da vizio alcuno, da parte della Corte d'assise d'appello, che, conformandosi a quanto già ritenuto da parte del primo giudice, ha diffusamente esplicato le ragioni di connessione causale tra le condotte colpose serbate dall'imputato ed i tragici fatti, cagionati proprio dall'eccessiva presenza di vetro accumulatosi sulla pavimentazione della piazza.
Allo stesso modo, è stato debitamente osservato come tale situazione oggettiva avesse reso del tutto prevedibile - trattandosi di manifestazione pubblica che aveva richiamato la partecipazione di decine di migliaia di persone - la sussistenza di un fisiologico e correlato rischio che la presenza eccessiva di vetro in terra avrebbe certamente costituito un pericolo di assoluto rilievo per l'incolumità delle persone, ove, per qualsiasi ragione, vi fosse stato l'intervento di un fattore scatenante del panico tra la folla. Rientra nelle massime di comune esperienza che il vetro, una volta frantumatosi, può facilmente cagionare lesioni personali alle: persone in fuga, anche orientate dalla necessità di evitare di calpestare vetri rotti in terra.
Il fatto, poi, che tale innesco del panico sia stato, nel concreto, determinato dalla diffusione di spray urticante costituisce un fattore neutro e del tutto irrilevante rispetto alla così effettuata valutazione del requisito della prevedibilità, trattandosi di elemento che, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, non può che assumere valenza accidentale ai fini della verificazione del decorso eziologico, concretamente causato da un fenomeno di panico collettivo che ben avrebbe potuto avere origine in fonti del tutto diverse ed eterogenee.
18. Anche il quarto motivo, con il quale la difesa denuncia vizio di motivazione con riguardo al ritenuto ruolo dell'imputato nella fase organizzativa, è infondato.
Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata affermerebbe in modo contraddittorio che tutti gli imputati sono chiamati a rispondere dei reati loro ascritti perché hanno cooperato nella fase di ideazione ed organizzazione dell'evento, mentre altrove si legge che deve escludersi qualsivoglia ruolo dell'imputato nella fase organizzativa.
La doglianza non tiene conto che uno dei profili di responsabilità dello D.D. è stato individuato dai giudici di merito proprio nell'avere impiegato un contingente del tutto inadeguato e di non averlo tempestivamente e congruamente aumentato nella evidente situazione di pericolo.
I giudici di merito hanno logicamente contrastato la tesi difensiva secondo la quale il ruolo dell'imputato era stato solo quello di apporre una firma sull'ordine di servizio predisposto dal suo Comandante con il responsabile dell'Ufficio Servizi.
La partecipazione dello D.D. alla riunione del 31 maggio 2017, come evidenziato dai giudici di merito, aveva consentito allo stesso di rendersi conto delle esigenze operative correlate allo svolgimento della manifestazione, rispetto alle quali aveva assunto compiti di direzione, venendo così investito della gestione del rischio inerente alla circolazione del vetro originata dalla vendita degli ambulanti, che l'attività della Polizia Municipale doveva inibire e reprimere.
19. Anche il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono infondati.
Con la quinta censura la difesa denuncia vizio di motivazione sotto il profilo della esigibilità e della individuazione del comportamento alternativo lecito. Si contesta il profilo di colpa afferente alla mancata adeguata integrazione del numero di Vigili Urbani presenti sui luoghi, assumendo che la Corte di merito aveva rimproverato all'imputato di non avere adeguatamente integrato il contingente ai suoi comandi, qualificando ingiustamente come "timido" il comportamento dello D.D. In realtà, il compito di stabilire il numero dei Vigili Urbani destinati al servizio di contrasto al commercio abusivo sarebbe stato di pertinenza di altri (e cioè dell'Ufficio Servizi e del Comandante C.C.C.C. del Corpo di Polizia Municipale).
Con il sesto motivo lamenta vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza ha rimproverato all'imputato di aver impartito ai suoi uomini l'ordine di elevare sanzioni nei confronti degli ambulanti senza interrompere, con il sequestro delle merci, l'attività abusiva in corso. Vi sarebbe stato, invece, il sequestro di alcuni furgoni, con emissione di deareti di sequestro preventivo.
La motivazione resa dai giudici di merito sarebbe stata, in sostanza, carente per non aver saputo indicare quale comportamento alternativo lecito avrebbe dovuto tenere il prevenuto, non essendo da lui esigibile nessuna diversa condotta alternativa.
19.1. Entrambe le censure sono inidonee a disarticolare la motivazione offerta in sentenza, limitandosi a proporre una diversa ricostruzione dei fatti ed una rinnovata interpretazione delle prove assunte, e cioè aspetti insuscettibili di valutazione in questa sede.
In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428).
Esula, quindi, dai poteri di questa Corte di legittimità la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). È, conseguentemente, sottratta al sindacato esperibile la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
Ebbene, nel caso di specie può senz'altro ritenersi che la Corte d'assise d'appello, attraverso una logica e adeguata lettura delle risultanze processuali, abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto rilevanti ai fini della decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile con cui è da ritenere si siano verificati gli eventi.
Gli elementi dedotti dal ricorrente possono, al più, valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non sono idonee a ribaltare la logica valutazione compiuta dai giudici di merito.
Deve, infatti, essere osservato come la Corte d'assise d'appello abbia adeguatamente esplicato, in ragione di quanto emerso da plurime risultanze probatorie acquisite - ed in particolare dai contenuti di numerose deposizioni testimoniali rese - come, in occasione dei fatti, già dalle prime ore del pomeriggio vi fosse stata la presenza in piazza, sia al di fuori che al suo interno, di numerosi venditori abusivi di bottiglie in vetro e lattine.
Rispetto a tale situazione era apparsa sin da subito carente e intempestiva l'opera di prevenzione effettuata da parte della Polizia Municipale, tanto da indurre la Polizia di Stato a chiedere reiteratamente una maggiore collaborazione da parte dei colleghi della Municipale, nonché il B.B. a sollecitare il diretto intervento sui luoghi dello D.D.
Questi, peraltro, era ben conscio della criticità connessa alla gestione dei venditori abusivi di bevande in vetro, per essere stato il pericolo diffusamente evidenziato dal suo Comandante C.C.C.C. nel corso della riunione tenutasi alla presenza di tutte le Autorità il giorno 31 maggio 2017 presso l'ufficio del Capo di Gabinetto, cui pure aveva partecipato lo D.D. in qualità di Dirigente designato per il servizio in Piazza (Omissis).
Era stata, altresì, accertata, fin dalla mattina, la presenza in piazza di diversi autofurgoni per la vendita delle bibite, dei quali non era stata disposta la rimozione, avendo il personale provveduto alla sola elevazione di sanzioni amministrative per divieto di sosta. Nella circostanza, come confermato dai vari agenti intervenuti - nonché da parte dello stesso D.D. - erano state elevate circa quaranta contravvenzioni, a seguito dell'intervenuto riscontro di violazioni amministrative (in particolar modo aventi ad oggetto occupazione abusiva di suolo pubblico o divieto di sosta), per lo più riguardanti furgoni posti al di fuori di Piazza (Omissis). Lo stesso D.D., del resto, aveva ammesso di aver fatto procedere i suoi uomini, ove possibile, alla sola identificazione dei venditori ambulanti, senza disporre nessuna rimozione o sequestro della merce, allo scopo di non turbare l'ordine pubblico e di assicurare la tranquillità e la pace sodale, in particolar modo evitando che gli ambulanti potessero fuggire tra la folla per non essere fermati dagli agenti della Polizia Municipale.
Tali risultanze probatorie, corroborate dalle dichiarazioni rese dallo stesso imputato, comprovano, all'evidenza, la congrua e Iodica affermazione di responsabilità espressa dai giudici di merito, per avere il ricorrente impartito agli agenti di Polizia Municipale in servizio l'ordine di limitarsi ad elevare contravvenzioni nei confronti degli ambulanti - in particolare di quelli dotati di autobanchi - senza procedere all'effettiva interazione dell'attività abusiva ed al sequestro della merce. Risulta, infatti, del tutto generica, nonché priva di ogni conforto obiettivo, l'affermata circostanza per cui, invece, vi sarebbe stato il sequestro di alcuni furgoni, con emissione di decreti di sequestro preventivo poi non convalidati.
19.2. Allo stesso modo comprovata da plurime dichiarazioni testimoniali è pure la modalità "indolente e pigra" con cui lo D.D., pur a fronte di una situazione palesemente drammatica e solo all'esito di sollecitazioni provenienti da parte di altri soggetti, abbia deciso di richiedere l'integrazione del contingente di Vigili Urbani in servizio sui luoghi, poi accontentandosi, senza un più diretto e convincente intervento, del mero invio di due ulteriori unità.
Per il giudice di secondo grado, lo D.D. non può andare esente da responsabilità, quando, sollecitato con urgenza ad intervenire, per la presenza incontrollata di abusivi, lo aveva fatto con "pigrizia e indolenza", ponendo in essere attività solo apparentemente repressive, ma nella sostanza del tutto inefficaci ad arginare la preoccupante situazione che si era creata, evidente a tutti, senza cogliere l'emergenza già in corso.
In conclusione, per come indicato dalla Corte torinese con motivazione incensurabile in questa sede, le modalità inconcludenti con le quali l'imputato aveva cercato di ovviare al grave pericolo profilatosi erano state volte a coprire il vero problema, e cioè quello di avere destinato una dotazione di agenti palesemente inadeguata e di non essersi attivato per chiedere rinforzi congrui allorquando si era reso conto della situazione di emergenza venutasi a creare.
20. Con il settimo e l'ottavo motivo di doglianza, il ricorrente ha lamentato l'inosservanza o l'erronea applicazione di legge in riferimento al nesso di causa nei reati omissivi, di cui agli artt. 40, comma 2, e 41, comma 2, cod. pen, sostenendo, sotto diversi profili, l'insussistenza della certezza processuale che fosse stata proprio la condotta omissiva a lui contestata ad aver determinato l'evento.
Il ricorrente assume, con la settima censura, che la imprevedibile diffusione dello spray al peperoncino da parte dei rapinatori, e quindi il fatto doloso da costoro perpetrato, avesse rappresentato un atto interruttivo della connessione eziologica tra la condotta a lui imputabile e la verificazione dei tragici eventi, in quanto causa da sola sufficiente a determinare l'innesco del panico e i successivi episodi di decesso e lesioni. Le motti della S.S.S. e della T.T.T. sarebbero state causalmente riconducibili solo all'improvviso spostamento della folla, conseguente all'avvenuta diffusione dello spray urticante, e, dunque, a condotte palesemente avulse rispetto al fattore neutro rappresentato dalla massiccia presenza del vetro nella piazza.
20.1. Ritiene il Collegio che la lettura dei fatti operata dalla difesa sia, all'evidenza, solo parziale, in quanto non conforme alle risultanze probatorie, nonché contraria ai principi ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di equivalenza delle cause ai fini della verificazione dell'evento, avendo i giudici di secondo grado fatto buon governo degli insegnamenti espressi da questa Corte in tema di esclusione del nesso di causalità, come previsto dall'art. 41, comma 2, cod. pen.
La Corte d'assise d'appello ha correttamente richiamato i principi sul concorso di cause (art. 41 cod. pen.), affermando, in linea con i principi stabiliti in questa sede, che le cause sopravvenute idonee ad escludere il nesso eziologico sono solo quelle che innescano un processo completamente autonomo da quello determinato dalla condotta omissiva o commissiva dell'agente, ovvero danno luogo ad uno sviluppo anomalo, imprevedibile e atipico, pur se eziologicamente riconducibile ad essa (così, da ultimo, Sez. 4, n. 10656 del 13/02/2024, Parodi, Rv. 286013; con riguardo ad un'ipotesi di responsabilità per omicidio colposo per violazione di norme antinfortunistiche, in cui la Corte ha escluso rilevanza deterministica esclusiva alle sopravvenute complicanze nosocomiali, causa ultima del decesso del lavoratore, per il lungo periodo di immobilizzazione patito in conseguenza di gravi fratture vertebrali; cfr. altresì Sez. 5, n. 7025 del 09/11/2022, dep. 2023, Licciardi, Rv. 284338-02; con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte, ritenuta immune da censure la condanna del Sindaco di un Comune che aveva omesso di adottare misure idonee a garantire le condizioni di sicurezza di una banchina portuale così cagionando la morte di due minorenni che, dopo aver rubato un'auto, avevano marciato su quella banchina ed erano precipitati in mare a causa di un'improvvida manovra di retromarcia, ha sottolineato che la condotta colposa delle vittime non aveva interrotto il nesso causale, ma, per converso, aveva concretizzato il rischio che la condotta doverosa avrebbe evitato).
20.2. Alla luce di quanto esposto, ritiene il Collegio che la Corte d'assise d'appello si sia allineata ai principi sopra delineati, escludendo in modo congruo l'interruzione del nesso causale tra la condotta imputabile allo D.D. e la verificazione degli eventi, sul rilievo che la diffusione dello spray al peperoncino da parte dei rapinatori non potesse essere qualificato come atto atipico, anomalo ed eccezionale, del tutto imprevedibile e al di fuori dell'area di una ragionevole probabilità.
La responsabilità dello D.D., come già chiarito, è stata congruamente individuata nella condotta omissiva di non avere impedito l'eccessivo accumulo di bottiglie di vetro all'interno di Piazza (Omissis) - in particolare di quelle introdotte dai venditori ambulanti - così rendendo lo stato dei luoghi particolarmente pericoloso per l'incolumità pubblica.
A riprova, quindi, della relazione causale intercorrente tra la condotta colposa dell'imputato e la verificazione dei tragici eventi deve essere osservato come sia stata proprio l'eccessiva presenza di vetro accumulatosi sul selciato ad aver rappresentato la principale ragione delle lesioni riportate dalla gran parte delle persone offese, feritesi, più o meno gravemente, in varie parti del corpo per essere transitate Sopra i vetri rotti e taglienti delle bottiglie.
Allo stesso modo, gli avvenuti decessi della S.S.S. e della T.T.T., conseguenti ai massivi spostamenti di folla derivati dall'avvenuta diffusione dello spray urticante, non possono essere considerati eventi del tutto autonomi e indipendenti dall'eccessiva presenza di vetri sui luoghi, avendo lo scoppio delle bottiglie e l'impossibilità di raggiungere in modo semplice una via di fuga, senza ferirsi sui vetri rotti, rappresentato fattori concausali rilevanti e decisivi ai fini della diffusione del panico tra la gente, con la conseguente morte delle due vittime, riconducibile allo spostamento in massa della folla.
Per come debitamente chiarito dai giudici di merito, la diffusione dello spray da parte dei rapinatori poteva anche avere rappresentato un fatto connotato da singolarità, ma, di certo, non era affatto imprevedibile che si potesse generare una situazione di panico all'interno della piazza, quale che potesse essere la sua causa di innesco, e la massiccia presenza di vetro sul selciato ha certamente costituito un elevato fattore di rischio per l'incolumità pubblica, favorendo la verificazione di eventi lesivi e mortali.
20.3. Sotto altro profilo, sempre con riferimento al nesso di causalità, la difesa deduce che, se anche la Polizia Municipale avesse totalmente interdetto ai venditori ambulanti qualsiasi accesso alla piazza, il vetro portato dagli spettatori avrebbe comunque causato gli eventi lesivi.
In tal senso - alla stregua di quanto già in precedenza osservato trattando la questione relativa alla mancata adozione da parte della Sindaca della c.d. "ordinanza antivetro" - risulterebbe dimostrato come nel corso della proiezione della partita buona parte del pubblico, anche per l'elevata temperatura di quel giorno, avesse recato con sé, sin dalle prime ore del mattino, bevande in bottiglie di vetro. La Corte d'assise d'appello, lamenta la difesa, avrebbe omesso di verificare le percentuali di provenienza del vetro, accertando quanta parte di esso fosse stato portato dagli spettatori e quanta, invece, fosse stata venduta dagli abusivi, così verificando, in modo più adeguato, il nesso di causa intercorrente tra la condotta ascritta all'imputato e la verificazione degli eventi.
Trattasi, all'evidenza, di doglianza palesemente irrilevante ai fini della esclusione della responsabilità del ricorrente, nonché necessitante di un accertamento di merito invero ai limiti della probatio diabolica, tenuto conto dell'enorme quantitativo di vetro rinvenuto in Piazza (Omissis) il giorno dei fatti.
Sul punto, la Corte di merito ha accertato che il vetro era stato introdotto nella piazza attraverso tre modalità: quello portato dai tifosi giunti in piazza prima che venisse transennata; quello portato dalle persone che, anche dopo la predisposizione dei varchi, erano riusciti a superarli senza controllo; quello portato dai venditori abusivi.
Si palesa evidente, allora, come l'efficacia causale non esiga che il vetro portato dagli abusivi corrisponda alla totalità di quello infranto in piazza. Quale che sia stata l'effettiva percentuale di incidenza, infatti, è comunque certo che la condotta serbata dallo D.D., in violazione dei compiti a lui derivanti dalla ricoperta posizione di garanzia, abbia avuto una diretta efficacia causale nella verificazione degli eventi lesivi per cui è giudizio.
L'imputato, in qualità di Vice Comandante della Polizia Municipale in servizio come Dirigente di turno, aveva il precipuo compito di impedire, impartendo opportune disposizioni al personale sottoposto, che venissero introdotti all'interno della piazza contenitori in vetro, in particolar modo ostacolandone la cessione da parte dei venditori ambulanti, che si è accertato essere "tantissimi", ed espletando nei confronti di questi ultimi un'opportuna opera di prevenzione e di controllo, anche mediante l'adozione delle necessarie e conseguenti misure di repressione.
20.4. Per le argomentazioni congruamente rese dai giudici di merito, lo D.D. non ha idoneamente adempiuto a tali compiti: non ha assunto, per evidente imperizia e negligenza, le necessarie misure ostative e di contrasto alla vendita illegale di bottiglie in piazza, con conseguente indiscriminato accumulo di vetro in terra, causalmente correlato ai tragici eventi poi verificatisi. Lo stabilire, pertanto, quanto di tale vetro fosse stato direttamente portato dagli spettatori e quanto, invece, acquistato dagli ambulanti finisce per essere un esercizio di mero stile, palesemente inutile e comunque insufficiente ad escludere la sussistenza di una correlazione causale tra la condotta perpetrata dall'imputato e la verificazione dei gravi eventi che ne sono scaturiti.
21. È, poi, infondata anche la doglianza formulata con il nono motivo di ricorso, con cui la difesa ha lamentato violazione di legge penale con riferimento alla norma che disciplina la cooperazione colposa (art. 113 cod. pen.).
Come già rilevato con il quarto motivo, il ricorrente afferma di non avere partecipato alle iniziali fasi organizzative, ma di essere intervenuto solo in quelle di realizzazione dell'evento in piazza.
Sul punto richiama il principio di affidamento, in base al quale il soggetto legittimamente confida sul fatto che altri cooperanti agiscano nella osservanza delle regole di diligenza proprie.
La questione posta relativamente al legittimo affidamento induce ad una preliminare riflessione sulla cooperazione colposa.
A tale proposito, il Collegio non può che ribadire quanto già in precedenza affermato - con riferimento all'esame di altre posizioni processuali - circa l'individuazione dell'elemento identificativo della cooperazione colposa nella convergenza di una pluralità di volontà, per cui l'agente deve avere piena consapevolezza di contribuire con la propria condotta alla verificazione di un evento (comunque non voluto), prendendo parte alla realizzazione di una comune procedura in corso. Si è già evidenziato, quindi, come l'elemento di differenziazione della cooperazione colposa dal mero concorso di cause indipendenti sia dato proprio dal collegamento delle volontà dei diversi soggetti agenti, realizzato anche per il tramite di eventuali comportamenti omissivi, nella reciproca consapevolezza di contribuire alla realizzazione di uno stesso evento.
A fronte dell'indicato principio, non assume valenza alcuna la collocazione della condotta imputabile allo D.D. nella soia fase gestionale della manifestazione, come sostenuto dalla difesa; invero, i comportamenti colposi a lui riferibili sono stati, comunque, adottati nella piena consapevolezza di cooperare, per la comune realizzazione dell'evento, con altri soggetti a vario titolo coinvolti, pur in momenti temporalmente distinti, nelle relative fasi di ideazione, organizzazione e gestione.
In modo conferente e logico, e quindi in carenza di vizio alcuno, i giudici di secondo grado hanno diffusamente evidenziato le ragioni di riscontro dell'indicato aspetto. Assume particolare rilievo in tal senso, la circostanza che lo D.D., sebbene non avesse firmato l'ordine di servizio riguardante la destinazione del personale della Polizia Municipale da impiegare nell'attività di controllo in occasione della manifestazione, aveva comunque partecipato, unitamente al Comandante C.C.C.C., alla riunione organizzativa tenutasi il 31 maggio 2017 alla presenza delle altre Autorità. In tale circostanza lo D.D. era stato presentato quale Dirigente designato per il servizio in Piazza (Omissis) ed era stato reso edotto dallo stesso C.C.C.C. delle principali criticità rimesse alla competenza dalla Polizia Municipale, tra cui quella, assai problematica, della gestione dei venditori abusivi di bevande in vetro.
21.1. Nel contesto così delineato, nel quale è stato chiaramente illustrato il profilo della cooperazione colposa, non conferente è il riferimento effettuato dal ricorrente al principio di affidamento.
Secondo la difesa, in applicazione di detto principio, nessuna responsabilità sarebbe ascrivibile all'imputato, non potendo egli prefigurarsi comportamenti colposi realizzati da parte di soggetti a lui gerarchicamente superiori, dotati di ben altro potere di intervento ed interessati sin dall'inizio all'organizzazione dell'evento.
Alla stregua di quanto già in precedenza chiarito in occasione della trattazione dei ricorsi degli altri coimputati, nella fattispecie in esame non può trovare applicazione il principio di affidamento, per il quale ogni soggetto - il cui comportamento colposo incide, in termini di cooperazione ex art. 113 cod. pen., nella verificazione dello stesso evento - ha la possibilità di confidare che ciascuno si comporterà nel rispetto delle competenze rispettivamente rimesse ai successivi gestori del rischio.
Ciò si declina nel senso che ogni cooperante è tenuto ad evitare i soli pericoli scaturenti dalla propria condotta, per cui, di regola, non ha l'obbligo di impedire che terzi, capaci di scelte responsabili, realizzino comportamenti pericolosi.
E tuttavia la nozione incontra limiti ben precisi, che hanno il proprio fondamento nel principio codificato dell'equivalenza delle cause, di cui si è detto sopra, da cui discende, nella elaborazione giurisprudenziale, il consolidato orientamento che afferma come non sia invocabile l'affidamento allorché l'altrui condotta imprudente e negligente, non rispettosa delle regole precauzionali imposte, si innesti sull'inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio.
In altri termini, non può invocarsi legittimamente l'affidamento nel comportamento altrui quando colui che si affida si trovi in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succeda nella posizione di garanzia o che operi contestualmente, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione: laddove, infatti, anche per l'omissione dei successore, si produca l'evento che una certa azione avrebbe dovuto o potuto impedire, l'evento stesso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurarsi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l'evento (art. 41, comma 2, cod. pen.).
Come ricordato dalla difesa, il tema è stato particolarmente sviluppato nella materia della colpa professionale, nell'ambito della quale questa Corte ha chiarito che, qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, non possa invocare il principio di affidamento il sanitario che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché, allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell'evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che si dimostri l'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità (cfr., in questi termini, Sez; 4, n. 24895 del 12/05/2021, Sonaglioni, Rv. 281487-01; Sez. 4, n. 50038 del 10/10/2017, De Fina, Rv. 271521; Sez. 4, n. 30991 del 06/02/2015, Pioppo, Rv. 264315).
21.2. Orbene, applicando gli indicati parametri ermeneutici al caso di specie, deve essere osservato come il riferimento al principio di affidamento non consenta di escludere il riconoscimento della penale responsabilità dello D.D. rispetto ai delitti contestatigli.
I giudici di merito hanno congruamente accertato, con giudizio logico e fondato sui riscontri probatori puntualmente richiamati in motivazione, come ai fini della verificazione dei tragici fatti del 3 giugno 2017 vi fosse stata anche la compartecipazione colposa dell'imputato, riconosciuto autore di condotte, eziologicamente collegate agli eventi, perpetrate in violazione di specifiche regole cautelari su di lui gravanti. Lo D.D., cioè, si è reso responsabile di comportamenti colposi che, in modo concorrente ed equivalente a quelli realizzati dagli altri cooperanti, hanno causalmente contribuito a determinare l'integrazione dei reati.
Né, in tale concatenazione causale, secondo quanto accertato nella sentenza impugnata, vi è stato l'intervento di alcun fattore imprevedibile o eccezionale, ovvero di un elemento di rischio differente da quello gestito dallo D.D. nella sua posizione di garanzia, suscettibile di escludere il ritenuto giudizio di responsabilità dell'imputato.
In ogni modo, deve essere osservato come la censura risulti infondata anche sotto altro profilo, in quanto dedotta in maniera palesemente generica, non essendo stato in alcun modo specificato in quali termini il ricorrente avesse fatto affidamento sulla posizione di soggetti a lui gerarchicamente superiori, dotati di ben altro potere di intervento ed interessati sin dall'inizio all'organizzazione dell'evento.
22. Ancora priva di ogni fondamento è, poi, la doglianza dedotta dallo D.D. nel decimo motivo di ricorso, con cui l'imputato ha lamentato contraddittorietà della motivazione, per essere stato condannato in ragione di argomentazioni palesemente antitetiche rispetto a quelle, invece, utilizzate per giustificare la disposta archiviazione del Prefetto e l'intervenuta assoluzione del Questore.
La censura non coglie nel segno.
Sul punto si rileva come le motivazioni rese a supporto della pronuncia di condanna dello D.D. non presentino alcuna contraddittorietà rispetto a quelle espresse ai fini dell'esonero della responsabilità del Prefetto e del Questore, laddove si consideri la ben differente posizione di garanzia gravante su tali soggetti, nonché il diverso rischio specifico rimesso alla gestione di ciascuno di essi.
Come diffusamente esplicato in sentenza, peculiare compito dello D.D. era quello di provvedere, quale Dirigente della Polizia Municipale designato per il servizio in piazza, ad adottare diposizioni volte a impedire l'introduzione di contenitori in vetro all'interno dei luoghi di svolgimento dell'evento. La sua responsabilità è stata, conseguentemente, desunta dal fatto di non aver adeguatamente gestito il rischio a lui specificamente rimesso, omettendo di impartire direttive efficaci per il contrasto alla vendita abusiva di bevande, eventualmente anche mediante il sequestro delle bottiglie in vetro, nonché di chiedere più cospicui rinforzi per ovviare ad una situazione di emergenza divenuta, via via, sempre più pressante. Identici doveri non gravavano, all'evidenza, nei confronti del Questore e del Prefetto.
23. È inammissibile, infine, l'ultima doglianza, con la quale il ricorrente ha lamentato l'erroneità della decisione con cui la Corte d'assise d'appello non avrebbe accolto la sua richiesta di esclusione del riconoscimento delle somme provvisionali concesse in favore delle parti civili costituite.
Secondo consolidato principio, più volte affermati da questa Corte di legittimità, non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione discrezionale, che non necessita di motivazione, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (così, tra le altre: Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773-02; Sez. 2, n. 43886 del 26/04/2019, Saracino, Rv. 277711; Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014, Patricola, Rv. 261054).
24. Sono, invece, nel complesso fondate le censure proposte da E.E., coincidenti, per la gran parte, con quelle espresse dal responsabile civile Ministero dell'Interno.
La decisività delle argomentazioni poste a sostegno dell'accoglimento dei suddetti ricorsi e la previsione della impossibilità di acquisire ulteriori approfondimenti istruttori, che giustificherebbero il giudizio di rinvio, inducono alla pronuncia dell'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti dell'imputato per non aver commesso il fatto.
24.1 Il primo motivo di ricorso di E.E. e del Ministero dell'Interno, responsabile civile, si riferisce alla ritenuta assenza di una posizione di garanzia in capo al prevenuto per non avere impedito l'indiscriminato accesso di contenitori in vetro in Piazzi (Omissis), con conseguente pericoloso accumulo al suolo. Sul punto, la difesa insiste sulla distinzione tra safety (riguardante la incolumità pubblica, spettante alla Polizia Municipale) e security (riguardante l'ordine pubblico in senso stretto, spettante alla Polizia di Stato).
Non sussiste alcun dubbio sulla disciplina di legge che regola la materia. La distinzione tra safety e security risale alla disciplina introdotta con il D.P.R. n. 616 del 1977 ed ha trovato riscontro nella sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 1987: alla Polizia di Stato spetta soltanto la tutela dell'ordine pubblico in senso stretto; alla Polizia Amministrativa dell'ente locale spetta, invece, il controllo amministrativo., che comprende non solo compiti di prevenzione e tutela della incolumità pubblica ma anche quello di rendere possibile, in presenza delle condizioni in, astratto previste dalla legge, certe attività dei privati, attraverso singole attribuzioni, quali le autorizzazioni, i permessi, le licenze ed i regolamenti.
L'imputato E.E. non era, pertanto, gravato da compiti di safety, per cui non era di pertinenza della Polizia di Stato il dovere di interdire l'accesso delle bottiglie di vetro ai varchi di controllo. Come evidenziato dalle difese, il controllo affidato alla Polizia di Stato era in funzione di antiterrorismo e non era, pertanto, finalizzato a sequestrare bottiglie di vetro dopo aver perquisito i tifosi che accedevano alla piazza. Né può ritenersi che le bottiglie siano armi improprie e come tali oggetto di sequestro. Sul punto, vale l'ulteriore rilievo in forza del quale, a fronte della determinante efficienza eziologica della condotta omissiva del titolare della posizione di safety (ergo, del Comandante dei Vigili Urbani, D.D.), E.E. non risulta suscettibile di rimprovero alcuno per essersi trovato a gestire una situazione allo stesso non addebitabile, divenuta a quel punto, assolutamente ingovernabile.
25. Chiarita la distinzione nei termini sopra indicati, risulta peraltro evidente, contrariamente a quanto sostenuto dalle difesa del E.E. (con il secondo motivo di ricorso), che la violazione colposa delle regole cautelari che presidiano gli interessi tutelati in entrambe le aree di sicurezza sopra indicate, ben può fondare, alla condizioni di legge, il proprium colposo del reato di disastro, che non ammette situazioni non assistite da tutela penale, a tal fine risultando irrilevante che esso sia inserito tra i reati contro l'incolumità pubblica, e non già contro l'ordine pubblico.
26. Ciò detto, quanto alla posizione del E.E., vale l'assorbente considerazione che a carico di quest'ultimo non sono apprezzabili violazioni cautelari eziologicamente collegate all'evento disastro verificatosi.
Decisivo ai fini dell'esclusione della responsabilità penale del prevenuto è l'aspetto evidenziato dalla difesa nel terzo motivo - ribadito dal responsabile civile con la seconda censura - secondo il quale non gravava sulla Polizia di Stato l'obbligo di impedire l'accesso in piazza delle bottiglie in vetro, ed il conseguente dovere di evitare che tali ultime si potessero accumulare al suolo.
Come in precedenza osservato, i giudici di secondo grado hanno confermato la responsabilità del E.E. - dopo avere escluso ogni addebito a suo carico in ordine al profilo concernente la gestione del panico della folla - unicamente con riguardo all'imputazione di avere, quale Primo Dirigente della Polizia di Stato, come tale responsabile del servizio di ordine e sicurezza in Piazza (Omissis), omesso di impedire, attraverso opportune stringenti disposizioni al personale sottoposto, che all'interno della piazza fossero introdotti, anche con l'utilizzo degli accessi del parcheggio sotterraneo, contenitori di vetro, accumulatisi al suolo, così da costituire pericolo per l'incolumità pubblica in caso di emergenza.
La Corte d'assise d'appello ha precisato come tale condotta omissiva si fosse, nella sostanza, compendiata in quattro specifiche condotte a lui riferibili, ed in particolare: nell'inescusabile ritardo con cui avevano avuto inizio le operazioni di filtraggio ai varchi di accesso alla piazza; nell'inadeguato controllo capillare svolto presso tali varchi, con conseguente accesso di un significativo numero di spettatori recanti con sé contenitori di vetro; nel mancato allontanamento dei venditori ambulanti di bibite contenute in bottiglie di vetro; nell'omesso controllo del corretto adempimento delle attività di competenza dell'AMIAT, ed in particolare di quelle riguardanti le operazioni di rimozione del vetro da terra.
Rileva il Collegio che nessuna norma, né alcuna previsione di carattere amministrativo, imponeva al E.E. di impedire l'accesso in piazza dei contenitori in vetro.
Né, tanto meno, può essere ritenuto, come invece parzialmente affermato dai giudici di merito, che il vetro potesse essere anche considerato alla stregua di un'arma impropria, di rilievo ai sensi dell'art. 4, comma 2, legge 18 aprile 1975, n. 110, tanto da imporre al Dirigente preposto alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica di impedirne il possesso e l'introduzione all'interno del luogo di svolgimento della manifestazione.
Allo stesso modo, l'obbligo di evitare l'accesso in piazza di spettatori muniti di bottiglie in vetro non era stato imposto al E.E. da parte del Questore nella più volte citata ordinanza n. 1678 del 2 giugno 2017, nell'ambito della quale, invece, era stata prevista la predisposizione dei varchi al precipuo fine di prevenire rischi legati ad azioni terroristiche, in esecuzione di quanto stabilito da una Circolare del Capo della Polizia del 23 maggio 2017 (c.d. "Circolare A.A.A.A."), che aveva invitato tutte le Autorità competenti per la tutela e la sicurezza pubblica ad assumere adeguate misure volte a prevenire il pericolo di infiltrazione di persone in possesso di armi o di ordigni esplosivi idonei a spargere terrore tra la folla.
A riprova, del resto, della mancata previsione dell'indicato obbligo da parte del Questore rilevano anche le condotte con cui lo stesso Questore, a mezzo dei suoi delegati (Ispettori Y.Y.Y. e Z.Z.Z.), aveva non solo espressamente invitato l'Amministrazione comunale, nel corso di una riunione tenutasi alla presenza di tutte le Autorità, ad adottare provvedimenti in materia di circolazione del vetro (tra i quali rientrava a pieno titolo la c.d. "ordinanza antivetro", di cui all'art. 54 TUEL), ma aveva anche raccomandato, con nota del 31 maggio 2017, agli organizzatori e ai responsabili dell'AMIAT di provvedere alla pulizia dei luoghi prima, durante e dopo la proiezione della partita, soprattutto provvedendo alla raccolta delle bottiglie di vetro.
26.1. In ogni modo, pur a fronte di tale comprovati insussistenza di uno specifico obbligo gravante a suo carico, il E.E. aveva impartito ai suoi uomini, benché al di fuori delle sue competenze, l'ordine di invitare il pubblico a lasciare presso i varchi le bottiglie di vetro, collocandole in scatoloni di cartone.
Alla stregua di tutti gli evidenziati aspetti, allora, non può che concludersi affermando che l'imputato è stato condannato, sotto tale profilo, per aver posto in essere una condotta omissiva, di rilevanza causale ex art. 40, comma 2, cod. pen., senza che su di lui gravasse nessun obbligo giuridico di impedire l'evento, e quindi senza l'intervenuta violazione di alcuna regola cautelare rilevante nei suoi confronti. Non era garante, cioè, dello specifico rischio rappresentato dall'introduzione di contenitori in vetro all'interno della piazza, di cui i tragici eventi poi verificatisi hanno rappresentato l'effettiva concretizzazione.
Né può sostenersi un'assunzione di fatto della gestione del rischio correlato alla circolazione del vetro nella piazza allorquando il E.E., resosi conto della pericolosità di tale aspetto, aveva richiamato l'attenzione dei suoi uomini sulla necessità di invitare gli spettatori a lasciare ai varchi le bottiglie di vetro: in tal modo egli cercò di porre rimedio ad una situazione divenuta ormai irreparabile, rappresentata dall'ingente accumulo del materiale ai varchi che nessuno aveva provveduto a rimuovere.
27. Con riguardo alla quarta censura dedotta dal ricorrente, inerente alla ritenuta insussistenza della sua responsabilità colposa per il negligente ritardo con cui avrebbero avuto inizio le operazioni di messa in funzione dei varchi, il Collegio ritiene, in via preliminare, come non possa essere accolta la censura eccepita dal responsabile civile Ministero dell'Interno nel suo secondo motivo di ricorso, per cui tale condotta, non essendo stata contemplata nell'originario capo di imputazione, sarebbe stata ascritta al E.E. in violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza, di cui all'art. 521 cod. proc. pen.
La suddetta doglianza, infatti, non si conforma al principio, costantemente affermato da questa Corte di legittimità, per cui, in tema di reati colposi, il ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, ai fini della stia ammissibilità, sotto il profilo della specificità, non può limitarsi a segnalare la mancanza formale di coincidenza tra l'imputazione originaria e il fatto ritenuto in sentenza, dovendo altresì allegare il concreto pregiudizio che ne è derivato per l'esercizio del diritto di difesa, non sussistendo la violazione predetta ove, sulla ricostruzione del fatto operata dal giudice, le parti si siano confrontate nel processo (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997-09).
Ai fini della ricorrenza di una violazione del principio di correlazione ex art. 521 cod. proc. pen., non è sufficiente una qualsiasi modificazione dell'originaria accusa, ma è richiesto che intervenga una modifica che sia idonea a pregiudicare la possibilità di difesa dell'imputato. Tale violazione, pertanto, non sussiste allorquando nel capo di imputazioni siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (cfr. Sez. 5, n. 7984 del 24/09/2012, dep. 2013, Jovanovic, Rv. 254648).
Ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen., quindi, deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché quésti abbia avuto modo di esercitare le sue difese sull'intero materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez. 6, n. 5890 del 22/01/2013, Lucera, Rv. 254419).
Trattasi, all'evidenza, di principi affermati in coerenza con quanto disposto dal novellato comma 5 dell'art. 111 Cost., ma anche con quanto previsto dall'art. 6 della Convenzione EDU, siccome interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (cfr. CEDU 2 Sez. 11 dicembre 2007), nonché, ancor più d;i recente, con la decisione del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n. 2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione del citato art. 6 nel caso in cui l'interessato abbia avuto la possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.
Tutto ciò, all'evidenza, è ravvisabile nel caso di specie, essendo stato posto l'imputato nella condizione di potersi difendere giudizialmente dall'accusa indicata, risultando dal capo di imputazione gli elementi fondamentali necessari a garantirgli una congrua difesa.
27.1. Chiarito l'indicato aspetto, deve, tuttavia, ritenersi privo di fondamento tale profilo colposo.
Sul punto, si osserva che al E.E. non può essere imputato il ritardo di due ore con cui era iniziato l'espletamento del servizio assegnatogli, originariamente fissato per le ore 13.00 dall'ordinanza del Questore n. 1678 del 2 giugno 2017.
A differenza di quanto ritenuto nella sentenza impugnata, infatti, i dati processuali dimostrano, in modo evidente, come il ritardo nell'inizio di tali operazioni - di cui lo stesso Dirigente di P.S. aveva compiutamente dato conto nella sua relazione di servizio, nonché nel corso dall'esame reso in dibattimento - non fosse stato determinato da condotte a lui riferibili, bensì da responsabilità di terze persone.
Gli stessi giudici di secondo grado hanno valorizzato la circostanza che le operazioni di bonifica dell'area erano iniziate solo alle ore 14.30, per terminare alle ore 15.00, orario in cui, su disposizione del ; E.E., si era potuto finalmente procedere all'attivazione dei varchi di filtraggio, pur essendovi già in piazza oltre un migliaio di persone, molte delle quali in possesso di bottiglie di vetro o di borse frigo, con la contestuale presenza anche di numerosi venditori abusivi di bevande.
La stessa ordinanza del Questore n. 1678 del 2 giugno 2017, del resto, aveva raccomandato al Dirigente designato di far eseguire prima dell'inizio delle operazioni una preventiva e accurata ispezione, nonché le opportune bonifiche dei luoghi interessati.
Correttamente, dunque, l'imputato aveva atteso che gli artificieri e l'unità cinofila dei Carabinieri, incaricati della bonifica dell'area, avessero terminato l'espletamento dei loro compiti prima di predisporre l'attivazione dei varchi di filtraggio. Il ritardo con cui gli artificieri erano intervenuti, pertanto, non può essere in alcun modo imputato ad una condotta negligente o tardiva perpetrata da parte del E.E.
Soprattutto risolutivo, in proposito, è il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste B.B.B.B., Vice Questore in servizio sui luoghi, con turno assegnatogli dalle ore 13.00 alle ore 19.00, il quale aveva riferito, in conformità a quanto riportato in sentenza, che le operazioni di filtraggio ai varchi erano potute iniziare solo alle ore 15.00, e che "nell'ordinanza era previsto che alle ore 13.00 arrivassero gli artificieri per la bonifica e io li ho più volte sollecitati via radio, sono arrivati leggermente in ritardo, quindi anche la bonifica non è iniziata esattamente alle 13.00 ma "è iniziata dopo le 14.00 praticamente l'attività di bonifica, che era connessa con l'apertura dei varchi, se non terminavano gli artificieri con i cinofili l'attività di bonifica sia dell'area interessata, sia dell'area di parcheggio sotterraneo, sia dell'area della struttura non si potevano naturalmente aprire i varchi, dovevano prima terminare con questa attività di bonifica.
28. Parimenti fondati sono, poi, i rilievi con i quali le difese (quarto motivo per il E.E. e secondo motivo per il Ministero dell'Interno) lamentano il giudizio di responsabilità a carico del prevenuto per avere predisposto un controllo ai varchi, rivelatosi inefficiente, con conseguente indiscriminato ingresso di spettatori non controllati, molti dei quali recanti contenitori in vetro.
Ribadito come il E.E., quale Dirigente responsabile del servizio di ordine e sicurezza presso la piazza, non avesse nessun obbligo giuridico di impedire il transito al suo interno di bottiglie di vetro, e di dome una parte di esse fosse stata introdotta da spettatori acceduti sui luoghi ancor prima dell'attivazione dei varchi di filtraggio - avvenuta, come (Setto, con ritardo non imputabile all'imputato - non può non essere osservato come dalla risultanze processuali, e soprattutto da numerose testimonianze acquisite, possa essere desunto come, invece, l'imputato si fosse i opportunamente attivato - per quanto concretamente esigibile, stante la notevole ampiezza dell'area e la facilità di scavalcamento delle transenne - al fine di realizzare un'adeguata opera di filtraggio delle persone. In tal senso, dalla sentenza impugnata emerge come il E.E. avesse dato concreta indicazioni agli agenti, di cui aveva costantemente monitorato le modalità di esecuzione del servizio, intervenendo, in più occasioni, per sostituire appartenenti all'Arma dei Carabinieri che si erano palesati inefficienti nella gestione del servizio.
28.1. Assume, inoltre, rilievo, al fine di connotare in termini positivi la condotta del E.E., che lo stesso, come emerge dalla sentenza, avesse impartito agli uomini addetti al controllo, pur non essendovi tenuto giuridicamente, l'ordine di invitare il pubblico a lasciare presso i varchi le bottiglie di vetro, collocandole in scatoloni di cartone. Trattasi di aspetto che, in effetti, ha determinato il concreto mancato ingresso in piazza di ulteriori elevati quantitativi di vetro.
29. In ragione delle argomentazioni già sopra sviluppate - anche nella trattazione del ricorso del coimputato D.D. - sono fondate anche le censure relative all'affermato profilo colposo riguardante il difettoso contrasto all'attività dei venditori abusivi (quinto motivo di ricorso del E.E. e terzo motivo del responsabile civile).
Va ripetuto, anche con riguardo a questo profilo di: incolpazione, che tale controllo non appartiene alla competenza della Polizia di Stato. Né spettava alla Polizia di Stato fornire indicazioni in proposito lai Vigili Urbani.
Nel richiamare l'insieme di considerazioni già rese trattando la posizione processuale dello D.D., deve essere osservato come, pure con riguardo a tale aspetto, assuma significativo rilievo l'impegno e il fattivo comportamento serbato da parte del E.E. che, pur non essendo a ciò obbligato, aveva reiteratamente invocato una maggiore presenza di agenti della Polizia Municipale sui luoghi, anche ordinando ai suoi uomini di intervenire in funzione suppletiva dei Vigli Urbani. Dalle risultanze processuali, richiamate dalla stessa sentenza impugnata, emerge come il E.E. avesse reiteratamente invitato lo D.D. ad intervenire, adottando tutte le misure e i poteri di sua spettanza, per limitare la presenza degli ambulanti in piazza, nonché lo avesse sollecitato a richiedere l'intervento di un maggior numero di Vigili Urbani che lo potessero coadiuvare nell'opera di repressione dei venditori ambulanti.
29.1. Per analoghe motivazioni, il Collegio ritiene parimenti fondata la doglianza dedotta dalla difesa con riguardo al profilo colposo afferente alla ritenuta mancata sollecitazione dell'Azienda di nettezza urbana ai fini dell'espletamento delle operazioni di rimozione del vetro da terra (sesto motivo di ricorso del E.E. e quarto motivo del responsabile civile Ministero dell'Interno).
In senso contrario, infatti, le acquisizioni probatorie, e in particolare le dichiarazioni testimoniali assunte, hanno consentito di far ritenere accertato come il E.E. si fosse impegnato - per quanto da lui esigibile, tenuto conto dell'assai complessa e degenerata situazione fattuale - nella verifica dell'effettiva esecuzione delle competenze rimesse ai responsabili dell'AMIAT in ordine alla pulizia dei luoghi ed alla rimozione delle bottiglie di vetro da terra, in esecuzione a quanto richiesto a questi ultimi dal Questore con nota del 31 maggio 2017.
A tali incombenze, infatti, aveva adempiuto il E.E. contattando i responsabili dell'AMIAT per invitarli a dare esecuzione a quanto loro rimesso, in particolar modo sollecitandoli a portare presso i varchi i contenitori per la raccolta di bottiglie, nonché, con numerose chiamate, ad inviare uomini per provvedere alla raccolta dell'ormai elevato quantitativo di bottiglie di vetro abbandonate in terra.
30. Devono essere accolte, infine, le doglianze (sia dei E.E. che del responsabile civile Ministero dell'Interno, nei due rispettivi ultimi motivi di ricorso) in ordine alle disposte statuizioni civili, atteso che la comprovata insussistenza della responsabilità penale dell'imputato non può che determinare l'esonero di ogni obbligo risarcitorio a suo carico.
Ciò rileva anche con riguardo ai delitti di omicidio colposo di S.S.S. e di T.T.T. e per il reato di lesioni personali commesso in danno di N.N., in assenza di qualsivoglia fatto illecito riferibile all'imputato.
Le statuizioni civili a carico del ricorrente vanno, pertanto, revocate.
31. Sulla base della decisione assunta, deve, quindi, procedersi alla liquidazione delle spese di rappresentanza sostenute dalle parti civili intervenute nel presente giudizio di legittimità, da porsi a carico degli imputati A.A., B.B. e D.D. - quest'ultimo in solido con il responsabile civile Città di T - per i quali è |stata confermata la pronuncia di condanna, pur essendo stato disposto per i primi due imputati l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Invero, secondo condivisibile orientamento, da cui il Collegio non intende discostarsi, ove l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata abbia riguardato il solo trattamento sanzionatorio - come avvenuto in relazione alle posizioni di A.A. e B.B. - gli imputati devono essere condannati alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti civili vittoriose.
La ratio dell'orientamento enunciato si individua nella necessità di consentire alle parti civili di disinteressarsi del giudizio di rinvio, il quale, vertendo esclusivamente sull'aspetto inerente al trattamento sanzionatorio, non ha alcuna incidenza sugli interessi civili (cfr. Sez. 4, n. 9208 del 15/01/2020, L., Rv. 278908-02: "Nel caso in cui, in parziale accoglimento del ricorso dell'imputato, la Corte di cassazione annulli con rinvio la sentenza impugnata ai soli fini della rideterminazione della pena di un reato in relazione al quale vi sia stato accoglimento della domanda (della parte civile, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti civili costituite vittoriose, poiché le stesse potrebbero disinteressarsi del giudizio di rinvio, da cui non può loro) derivare alcun pregiudizio").
Deve, invece, essere rimessa al giudice del rinvio la regolamentazione delle spese tra le parti di questo giudizio in legittimità con riferimento alla posizione di C.C., per il quale la decisione di annullamento ha riguardato in toto la sentenza impugnata. Spetterà, dunque, al giudice del rinvio accertare l'eventuale sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base all'ordinario criterio della soccombenza (cfr. Sez. 1 (n. 34032 del 01/07/2022, Scapin, Rv. 283987-04: "Non spetta alla parte civile la liquidazione delle spese processuali all'esito del giudizio di legittimità che si è concluso con l'annullamento con rinvio, potendo la stessa far valere la relativa pretesa nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base all'ordinario criterio della soccombenza").
In ordine ai criteri di liquidazione applicati, occorre evidenziare che si farà luogo ad una liquidazione unica per le diverse parti civili intervenute nel giudizio di legittimità.
Numerosi difensori hanno distinto le richieste di liquidazione degli onorari, presentando per ciascun loro assistito note spese da porsi separatamente a carico degli imputati giudicati con rito abbreviato e con rito ordinario.
Con riferimento a tale aspetto, occorre subito rimarcare come, in seguito alla riunione dei due procedimenti innanzi alla Corte d'assise d'appello, il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, nell'ambito del quale i difensori delle parti civili hanno espletato attività defensioniale, si è svolto in modo unitario a carico di tutti gli imputati; pertanto, si ritiene non accoglibile la richiesta di quei difensori che, duplicando la nota spese, insistano affinché gli onorari siano posti separatamente a carico degli imputati giudicati con rito abbreviato e con rito ordinario.
Deve anche essere osservato come non possa trovare accoglimento la richiesta di liquidazione delle spese di trasferta avanzata dall'Avv. Giacinto Epifani, con studio in B, difensore di P.P.
Al riguardo si richiama l'orientamento espresso dalla sentenza Sez. 2, n. 23098 del 19/12/2018, dep. 2019, C., Rv. 275423, dal quale il Collegio non intende discostarsi, il cui principio in materia è stato così massimato: "In tema di rifusione delle spese processuali sopportate dalla parte civile nel giudizio di legittimità, non può essere accolta la richiesta di liquidazione della indennità di trasferta e del rimborso spese avanzata del difensore, sul presupposto che egli svolge la professione in modo prevalente non in R, in quanto l'esercizio della professione di avvocato innalzi alla Corte di cassazione è consentito ai soli soggetti iscritti nell'albo speciale e può svolgersi esclusivamente in R".
Per i difensori che assistono più parti civili è disposto l'aumento ex art. 12, comma 2, D.M. n. 55/2014, primo periodo, che a seguito della modifica apportata dal decreto del Ministero della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147, prevede per l'assistenza di più persone un aumento stabilito nella misura del 30% per ogni assistito oltre il primo.
La Corte non ritiene di fare luogo all'ulteriore aumento, pure richiesto da numerosi difensori, previsto dall'art. 12, comma 2, D.M. n. 55/2014, secondo periodo, a mente del quale "La disposizione del periodo precedente si applica anche quando il numero dei soggetti ovvero delle imputazioni è incrementato per effetto di riunione di più procedimenti, dal momento della disposta riunione, e anche quando il professionista difende un singolo soggetto contro più soggetti, sempre che la prestazione non comporti l'esame di medesime situazioni di fatto o di diritto". Invero, si ritiene che la prestazione svolta dai difensori delle parti civili, pur nella complessità delle questioni trattate, abbia riguardato l'esame delle medesime situazioni di diritto.
Pertanto, considerata l'attività prestata, l'importarla, la natura, la complessità del procedimento ed ogni altro parametro con cui all'art. 12, comma 1, d.m., le spese di rappresentanza e assistenza dèi difensori delle parti civili in questo giudizio di legittimità sono liquidate coline segue: O.O. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; P.P. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; N.N., per il quale la difesa ha depositato un'articolata memoria scritta, Euro 4.500,00, oltre accessori come per legge; L.L. Euro 4.000,0(4 oltre accessori come per legge; M.M. Euro 4.000,00, oltre acclessori come per legge; Q.Q. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; H.H., I.I. e J.J., assistiti tutti dall'Avv. Nicola Menardo, complessivi Euro 6.400,00, oltre accessori come per legge; F.F., K.K. e G.G., assistiti tutti dall'Avv. Nicola Menardo, complessivi Euro 6.400,00, oltre accessori come per legge. Per l'attività difensiva prestata in favore di U.U., R.R., S.S., T.T. - gli ultimi tre nella qualità di eredi di C.C.C. - tutti assistiti dall'Avv. Caterina Biafora, si liquidano Complessivi Euro 5.200,00, oltre accessori come per legge; l'onorario deve essere incrementato di ulteriori Euro 1.200,00, oltre accessori come per legge, per l'attività di assistenza prestata in favore di V.V., purp difeso dall'Avv. Caterina Biafora, con la precisazione che tale somma deve essere posta esclusivamente a carico dei ricorrenti A.A. e B.B., avendo la difesa presentato conclusioni scritte per V.V. che hanno riguardato solo i predetti imputati.
È rigettata la richiesta di liquidazione avanzata dalla difesa di W.W., la cui costituzione di parte civile, nei giudizi di merito, non è stata rinvenuta ed è stata dichiarata inammissibili la richiesta di risarcimento dallo stesso avanzata, statuizione non impugnata in questa sede (cfr. quanto riportato a pag. 229 della sentenza della Corte d'assise di Torino e a pag. 191 della sentenza della Corte d'assise d'appello).
32. In ragione di quanto precede, avendo la Corte annullato la sentenza impugnata nei confronti di A.A. e B.B. limitatamente al solo profilo sanzionatorio, con rinvio alla Corte d'assise di appello di Torino per nuovo giudizio sul punto, si dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità dei predetti imputati ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen.
Non grava sugli imputati A.A. e B.B. la condanna al pagamento delle spese processuali.
Al rigetto del ricorso di D.D. consegue la condanna di questi al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di E.E. per non aver commesso il fatto; revoca le statuizioni civili a carico del medesimo; annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.C. con rinvio alla Corte di Assise di Appello di Torino, altra sezione, per nuovo giudizio, cui rimette altresì la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità; annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.A. e B.B. limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto alla Corte di Assise di Appello di Torino, altra sezione, per nuovo giudizio; rigetta i ricorsi nel resto; visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità di A.A. e di B.B. per i reati loro ascritti; rigetta il ricorso di D.D. e lo condanna al pagamento delle spese processuali; condanna gli imputati A.A., B.B. e D.D., quest'ultimo anche in solido con il responsabile civile Città di T, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore delle seguenti parti civili, così liquidate: O.O. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; P.P. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; N.N. Euro 4.500,00, oltre accessori come per legge; L.L. Euro ; 4.000,00, oltre accessori come per legge; M.M. Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge; Q.Q. Euro 4.000,00, oltrf accessori come per legge; H.H., I.I. e J.J. complessivi Euro 6.400,00, oltre accessori come per legge; F.F., K.K. e G.G. complessivi Euro 6.400,00, oltre accessori come per legge; U.U., R.R., S.S., T.T., gli ultimi tre nella qualità di eredi di C.C.C., complessivi Euro 5.200,00, oltre accessori come per legge; V.V. Euro 1.200,00, oltre accessori come per legge, da porsi esclusivamente a carico dei ricorrenti A.A. e B.B., come da richiesta; rigetta la richiesta di liquidazione di W.W.
Così deciso in data 17 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2024.