Studio Legale Giaquinto


Alla 2^ e 10^ Commissione riunite del Senato

 

Brevi note in materia di molestie sessuali in ambito lavorativo
 

Illustrissimi Senatori, componenti della 2^ e 10^ Commissione riunite, mi pregio di inviarvi un contributo scritto in relazione ai Disegni di Legge aventi ad oggetto le molestie sessuali nei luoghi di lavoro.
Si tratta di un argomento sempre più attuale, come è dimostrato dalle sempre più numerose pronunce giurisprudenziali in materia. Ma soprattutto dalla necessità divenuta fondamentale di legiferare in materia, applicando la ratifica della Convenzione OIL n. 190 che è entrata in vigore il 29 ottobre 2022. Con la ratifica, lo Stato italiano si è impegnato ad adeguare la normativa nazionale ai principi e ai diritti sanciti da questo trattato internazionale.
Preliminarmente, proprio in considerazione della specifica competenza penalistica legata alla attività professionale dello scrivente, ci si limiterà ad offrire un contributo in relazione alle molestie sessuali perpetrate nei luoghi di lavoro.

1. Nell’ordinamento giuslavoristico italiano non esiste una fattispecie omnicomprensiva e unitaria che sanzioni la violenza e le molestie sul luogo di lavoro. Esiste, invece, una distinzione tra la tutela antidiscriminatoria che è caratterizzata da una nozione unitaria di “molestie” e quella di diritto comune, che si articola in una pluralità di distinte fattispecie derivate principalmente dall’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 2087 c.c., e del D.lgs. n. 198/2006, “Codice delle pari opportunità” tra uomo e donna, in cui il legislatore italiano ha recepito le linee guida comunitarie sancite nella Direttiva CEE n. 2002/73, con conseguente disparità di effetti e di tutele date anche da diversità evidenti.
Il diritto penale italiano, dal canto suo, non prevede attualmente in relazione alle molestie sessuali in ambito lavorativo una fattispecie ad hoc. A livello giurisprudenziale le molestie sessuali sul lavoro sono state, a seconda della gravità e delle modalità di comportamenti molesti, sussunte in vari reati. Più in generale, è necessario ricordare che secondo la dottrina, molestia è ogni attività che alteri dolosamente o fastidiosamente l’equilibrio psico-fisico normale di una persona. Tale definizione dottrinale è stata, peraltro, ripresa dalla giurispmdenza, secondo la quale il concetto di molestia è da identificarsi in tutto ciò che altera dolosamente, fastidiosamente e importunamente lo stato psichico di una persona, con azione durevole o momentanea.
 

2. Nella molestia sessuale vi è una forte componente fisica e/o gestuale. La condotta molesta, peraltro, si può manifestare anche attraverso l’uso di termini del tutto dispregiativi, con una ricerca di approvazione, in alcuni casi, da parte di soggetti terzi, potendo estrinsecarsi in un episodio singolo o in più episodi.
Dal punto di vista giuslavoristico, la normativa che reprime le condotte di molestie, e segnatamente le molestie sessuali, è - come si diceva - molto incisiva.
La Direttiva CEE n. 2002/73 ha inserito le molestie sessuali nelle condotte discriminatorie, prevedendo una specifica definizione che va ad aggiungersi a quelle di discriminazione diretta e indiretta per motivi legati al genere e le molestie morali per  motivi legati al genere o “mobbing di genere” (v. art. 2 Direttiva). Tali definizioni sono state fedelmente recepite all’interno del Codice delle Pari Opportunità, costituito dal D.lgs. n. 198/2006 e successive modificazioni. Più precisamente sono state recepite all’interno degli artt. 25 e 26.
Il comma 2 dell’art. 26 descrive le molestie di tipo sessuale come “quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fìsica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo".
La definizione di molestie sessuali, al pari di quella di molestie “morali”, esprime un profilo oggettivo, in termini di attuazione di un comportamento oggettivamente indesiderato, e un profilo soggettivo, essendo volta a perseguire il comportamento che ha lo scopo o l’effetto di ledere la dignità della persona.
Con riguardo alla configurazione della fattispecie concreta, si è esaminata una vasta casistica dei comportamenti che possono integrare la fattispecie delle molestie sessuali: si va dagli apprezzamenti allusivi, alle battute a sfondo sessuale, dagli inviti a cena insistenti e indesiderati, alle telefonate continue con costanti ricadute sul piano sessuale, dalle proposte di approccio, ai gesti osceni. Le molestie possono, altresì, essere integrate dall’invio di messaggistica mail o tramite social media, telefono e whatsapp dai contenuti comunque espliciti.
In taluni di questi casi la situazione di molestia può proseguire anche nella vita privata della persona; si parla di stalking occupazionale, intendendosi per tale una forma di stalking in cui l’effettiva attività persecutoria si esercita nella vita privata della vittima, ma la cui motivazione proviene invece dall’ambiente di lavoro.
Sono i casi, ad esempio, in cui il rifiuto di avances non viene accettato dal datore di lavoro, dal superiore gerarchico o dal collega della vittima, la quale comincia ad essere subissata di telefonate, messaggi, whatsapp anche dopo l’orario di lavoro, o pedinata nel tragitto casa-lavoro, seguita in ogni spostamento, subendo un pregiudizio per le sue abitudini di vita associato a sofferenza psichica o paura per la propria incolumità.
 

3 .Le molestie sessuali, così come lo stalking occupazionale, sono regolamentate anche dalla normativa penale. Le condotte maltrattanti e moleste ai danni dei lavoratori sono punite, oltreché ai sensi dell’art. 609-bis e ss. (violenza sessuale) anche in virtù di quanto previsto dall’572 (maltrattamenti contro familiari e conviventi) del nostro Codice Penale.
In particolare, mentre l’art. 609-bis c.p. trova applicazione senza difficoltà anche per gli abusi commessi nei contesti lavorativi, l’art. 572 c.p. - pensato dal legislatore per lo più per il caso di maltrattamenti “in famiglia” - viene esteso ai maltrattamenti posti in essere nei luoghi di lavoro se ricorrono (oltre alla condotta oggettiva) anche determinati requisiti individuati dalla giurisprudenza della Cassazione, quali il carattere della “parafamiliarità” nel rapporto lavorativo e la posizione di autorità del soggetto maltrattante nei confronti della vittima.
 

4 .Fatta questa breve premessa, appare necessario soffermarsi sui singoli Disegni di Legge.
In particolare, per quanto riguarda il DDL n 813, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno apportare qualche piccola integrazione, al fine di rendere il Disegno di Legge più completo ed esaustivo.
Nello specifico all’art. 2, nel primo comma, dovrebbe essere inserita anche la figura del collega di lavoro oltre che quella del sottoposto gerarchico rispetto a colui/colei che subisce la molestia sessuale. Infatti, non può escludersi l’ipotesi che la molestia sessuale possa provenire da un pari grado o addirittura da un sottoposto. Tale specificazione, conseguentemente, deve trovare spazio anche nell’ambito del 2° comma del predetto articolo.
Del pari, ad avviso di chi scrive, andrebbe individuato un differente trattamento sanzionatorio nell’ambito del 3° comma dell’art. 9.
In particolare, il previsto aumento sino alla metà, non dovrebbe essere esteso anche nei confronti dei minori, delle donne in stato di gravidanza e nei confronti di persone affette da disabilità. In tali ultimi casi, infatti, proprio in considerazione della particolarità fragilità psico-fìsica di tali categorie di soggetti, la pena individuata dovrebbe prevedere un aumento che va dalla metà ai due terzi.
Andando ad analizzare il DDL n. 671, non si può non rilevare quanto segue.
Il 2° comma dell’art. 1 inquadra le molestie sessuali come discriminatorie anche in quei casi nei quali le stesse vengano espresse in forma fisica. Il nostro legislatore, tuttavia, ha già disciplinato la molestia sessuale estrinsecata in forma fisica nella condotta prevista e punita dall’art. 609 bis c.p.. Ogni atto avente direttamente o indirettamente connotazione sessuale, anche nella forma del tentativo, espresso in forma fisica rientra nella fattispecie di reato già prevista. Pertanto andrebbe inserito come incipit del comma la specificazione “salvo che non costituisca più grave reato”.
Analoga considerazione va fatta in ordine all’ipotesi relativa alla sussistenza della molestia sessuale prevista sempre nell’ambito del 2° comma dell’art. 1, nella parte in cui si fa riferimento alle pressioni fatte in danno del lavoratore nell’ambito lavorativo per ottenere un atto di natura sessuale. Anche questa ipotesi di reato è già prevista dal nostro ordinamento nell’ambito dell’art. 609 bis c.p., 2° comma, n. 1).
Da ultimo, si è analizzato il DDLn. 89, nell’ambito del quale, all’art. 1, è stato inserito l’art. 609 ter-1, reintroducendo la molestia sessuale come autonoma fattispecie di reato. Come è noto, la condotta che rientrava nella fattispecie di reato delle c.d. molestie sessuali, è stata fatta rientrare dal nostro legislatore nell’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p., nell’ambito dei c.d. fatti di minore gravità.
La previsione normativa individuata dai Senatori proponenti appare certamente completa, ma si potrebbe correre il rischio di una sovrapposizione sia con quanto previsto dall’art. 660 c.p. (reato di molestie), sia con quanto previsto dall’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) nelle forme del tentativo, sia, infine, con quanto previsto e punito dall’art. 610 c.p. (violenza privata).
Quanto all’art. 660 c.p., va detto che alcune condotte potrebbero risultare sovrapponibili, con ciò generando una difficoltà applicativa della norma. 
Quanto all’art. 609 bis c.p., seppure nella forma del tentativo, va osservato che anche un gesto a connotazione sessuale, non portato a compimento, può configurare una condotta penalmente rilevante già disciplinata da nostro codice penale.
Analoghe considerazioni valgono anche per quanto concerne l’art 610 c.p. (violenza privata) che punisce colui che con violenza o minaccia costringe altri a fare o tollerare una condotta altrui. Il bene giuridico oggetto di tutela della norma è proprio la libertà morale e, dunque, la libertà psichica, contro ogni turbativa determinata anche semplicemente da attività di disturbo e molestia.
In conclusione, potrebbe essere più incisivo prevedere la condotta in un comma specifico da introdurre nell’ambito del già presente art. 610 c.p. o, ancor meglio, con l’aggiunta di un comma all’interno del già presente art. 609 bis c.p..
 

Roma, lì 19 novembre 2024

Avv. Mauro Giuliano Giaquinto


fonte: senato.it