Cassazione Penale, Sez. 4, 16 dicembre 2024, n. 46235 - Caduta dal tetto durante il lavoro di pulizia delle converse. Valutazione del rischio



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. SERRAO Eugenia - Relatore

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. MARI Attilio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a R il (Omissis)

avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione;

letta la memoria di replica del difensore del ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso

 

FattoDiritto


1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Ravenna il 15 luglio 2022 nei confronti di A.A. e altri, non ricorrenti, in relazione al delitto di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. per aver cagionato al dipendente B.B. lesioni personali, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Lloyd Ravenna Spa e datore di lavoro (imputato del reato unitamente al procuratore speciale con delega in materia di sicurezza sul lavoro e al responsabile operativo del terminal Lloyd Ravenna Spa), lesioni personali da cui è derivata la incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni.

2. In particolare, al A.A. si contesta la violazione dell'art. 28, comma 2 lett. b), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 per aver omesso di indicare nel documento di valutazione dei rischi, con riferimento ai lavori di pulizia dei detriti delle converse dei magazzini, le misure di prevenzione e protezione attuate e i dispositivi di protezione individuale da adottare ai sensi dell'art. 17, comma 1 lett. a), D.Lgs. cit. cosicché il lavoratore, mentre si trovava sulla copertura del tetto del capannone n. 7 adiacente al capannone n. 6 della Lloyd Ravenna Spa intento nel lavoro di carico, trasporto e scarico di terra e polvere attraverso l'utilizzo di una carriola, si era posizionato in una zona non portante del tetto con cedimento dello stesso e caduta dall'altezza di 5-7 metri.

3. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la responsabilità del datore di lavoro per l'omissione colposa contestata ritenendo che la circostanza che l'attività di pulizia delle converse, da eseguire periodicamente, fosse affidata a imprese appaltatrici non fosse circostanza tale da esimere il datore di lavoro dalla valutazione del relativo rischio.

4. A.A. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione in quanto, pur essendo pacifico che il lavoro di pulizia delle converse era svolto esclusivamente da ditte esterne, alle quali tale attività veniva appaltata, nella sentenza si è dato per acquisito che tale lavoro fosse svolto anche da lavoratori dipendenti della Lloyd. Al contrario, secondo quanto dichiarato dai testi escussi, risulta confermato che quel lavoro era sempre eseguito da una ditta esterna e che solo in quell'occasione, senza confrontarsi con nessuno, il coimputato responsabile operativo del terminal Lloyd Ravenna Spa aveva preso quella decisione. Su tale punto la sentenza elude il confronto con i motivi di appello e contrasta in maniera evidente con atti del processo.

Con il secondo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 26 e 28 D.Lgs. n. 81/2008 in quanto la Corte territoriale ha desunto l'obbligo del datore di lavoro di valutare il rischio di caduta dall'alto nel corso di esecuzione del lavoro di pulizia delle converse dall'obbligo di ciascun datore di lavoro di elaborare il DVR ai sensi degli artt. 28 e 29 D.Lgs. cit., mentre spetta al datore di lavoro committente la redazione del documento di valutazione dei rischi da interferenze previsto dall'art. 26, comma 3, D.Lgs. cit. Tuttavia, si assume, è dubbio che il DVR del committente debba comprendere anche le misure di prevenzione e protezione relative ai lavoratori dell'appaltatore; d'altro canto, il DUVRI non deve comprendere i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Il problema, secondo la difesa, è stabilire quale sia l'ampiezza del rischio da ricomprendere nel DVR. Nessuna attività aziendale prevedeva il lavoro di pulizia delle converse o adempimenti da svolgersi in quota. Nel coordinamento tra il DVR e il DUVRI, in quest'ultimo documento devono essere indicati i rischi inerenti ai lavori affidati in appalto qualora interferiscano con altre lavorazioni.

Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 40 cod. pen., 2, 18, 19 e 20 D.Lgs. n. 81/2008 con riferimento ai diversi profili di responsabilità previsti per datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori e alle relative posizioni di garanzia. Considerato che colui che era chiamato in qualità di responsabile operativo del terminal Lloyd Ravenna Spa a rispondere dell'infortunio è stato condannato per aver organizzato e avviato di propria iniziativa il lavoro temporaneo in quota di pulizia della conversa, il riferimento alla categoria dell'abnormità del comportamento del lavoratore, richiamata nella sentenza impugnata per confermare il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l'evento, è erroneo e non pertinente in quanto il responsabile operativo del terminal è stato chiamato a rispondere della vicenda in qualità di direttore di stabilimento o quanto meno come preposto, in ogni caso in posizione tale da poter assumere una decisione idonea ad avere effetto causale esclusivo nella verificazione dell'evento. La difesa lamenta l'errore nella qualificazione della figura-posizione del responsabile di stabilimento e la carenza nella valorizzazione dell'organizzazione aziendale in relazione a un fatto derivato da una decisione assunta autonomamente dal direttore di stabilimento. Considerate l'organizzazione strutturale adottata e l'occasionalità e repentinità della condotta altrui, non prevedibile, si deve escludere che sia stato violato il debito di sicurezza gravante sul datore di lavoro.

Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione per la mancata conversione della pena in sanzione pecuniaria e per la mancata concessione del beneficio della non menzione. La mancata conversione della pena è giustificata dalla gravità del reato, dalla gravità delle omissioni, dalla dinamica dell'infortunio e dalla gravità della lesione, senza tenere conto della straordinarietà della situazione derivante dall'improvvida decisione del direttore di stabilimento né del sollecito risarcimento del danno, intervenuto in assenza di qualsiasi richiesta dell'infortunato, non potendo non considerarsi la personalità del A.A., settantenne all'epoca dei fatti e a capo di un gruppo imprenditoriale da oltre quarant'anni. Si lamenta vizio di motivazione apparente sul punto. Altrettanto apparente si considera la motivazione a sostegno del diniego del beneficio della non menzione, essendo evocati la notevole gravità del reato e la particolare gravità della condotta omissiva.

5. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

6. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

7. Il ricorso supera il vaglio di ammissibilità, non essendo stati proposti motivi aspecifici né motivi manifestamente infondati. Ciò impone, preliminarmente, di rilevare l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione. Trattandosi di delitto commesso in data 12 luglio 2016, in relazione al quale trova applicazione la disciplina dettata dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, il termine massimo di prescrizione per tale reato deve ritenersi stabilito in sette anni e sei mesi, in virtù del combinato disposto degli artt. 157, 160, comma 3, e 161, comma 2, cod. pen. Va, quindi, osservato che, pur tenendo conto dei periodi di sospensione rilevabili dagli atti, alla data odierna è venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato, compiutosi in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello.

8. La delibazione dei motivi sopra indicati fa escludere l'emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza del ricorrente. Sul punto, l'orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 - 01). Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., l'assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputato, impone l'applicazione della causa estintiva.

9. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma il 10 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2024.