La concezione di "salute" nell'ordinamento italiano e la forma di protezione che ne discende: prevenzione primaria e organizzazione del lavoro.

di Carlo Sgarzi
dottore in giurisprudenza


1. Il contenuto della concezione di salute nella Costituzione come espressione di valori. -2. La concezione di salute nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. - 3. La concezione di salute nella Convenzione 155 del 1981 dell'OIL e nella Costituzione dell'OMS. - 4. La concezione di salute nella Carta di Ottawa per la promozione della salute. - 5. La concezione di salute nella Carta dei diritti fondamentali dell 'Unione europea. - 6. La concezione di salute nel ' art. 32 della Costituzione. - 7. La concezione di salute nella legge n. 833 del 1978. - 8. D.lgs. 81/2008 e salute. - 9. Le deriva del sistema verso obblighi di prevenzione secondaria. -10. L'anticipo nella protezione dagli infortuni secondo gli indirizzi della Costituzione: prevenzione primaria e organizzazione del lavoro.

1. Il contenuto della concezione di salute nella Costituzione come espressione di valori.

Il diritto a un ambiente di lavoro sicuro è un elemento connesso con il diritto alla salute. Esiste un legame diretto fra il genere di protezione della salute accordata dal legislatore all'interno di un ordinamento e le conseguenze che questa posizione determina nelle condizioni di sicurezza dei lavoratori.

L'operatore-interprete che si raffronti con una qualsiasi delle norme appartenenti alla Costituzione italiana, deve ampliare il suo sguardo considerando l'intricato equilibrio della struttura che il legislatore le ha voluto dare. La posizione del diritto alla salute nella nostra Costituzione influenza in misura rilevante l'applicazione, il funzionamento e il livello di effettività delle garanzie che ne derivano.

Nella Costituzione italiana il diritto alla salute è sancito dall'art. 32 Cost. al comma 1: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Esso è riconducibile alla famiglia dei diritti fondamentali dell'individuo e nello specifico alla categoria dei diritti derivati di natura etico-sociale, come estensione di quei principi basati sul principio di uguaglianza sostanziale (Luciani 1980, Baldassarre 1991b). Pur non essendo parte di quei diritti attraverso i quali il Costituente ha voluto condizionare l'esistenza stessa della democrazia, rientra in quei diritti della democrazia che «ne caratterizzano in modo determinante il particolare significato che la Costituzione le ha voluto assegnare» (Baldassarre 1991a).

Nella struttura data alla nostra forma di stato, la protezione più alta che il Costituente ha voluto garantire è riservata sicuramente ai principi generali dell'ordinamento e ai diritti inviolabili. In merito ai diritti fondamentali di natura economica ed etico-sociale, la dottrina si è sempre divisa su un loro possibile inquadramento all'interno dei diritti inviolabili (Luciani 1983, Baldassarre 1991c, Mengoni 1998 e la stessa Corte cost., con sent. n. 22/19711). Non godono quindi appieno di quella protezione quasi assoluta di questi ultimi2.

La ragione della differente garanzia posta a tutela dei diritti di natura etico-sociale può essere ravvisata nel particolare ruolo svolto da questi ultimi e nelle caratteristiche intrinseche degli stessi. Il Costituente non ha voluto semplicemente porli a un livello inferiore stabilendo una gerarchia, quanto ha voluto valorizzarne la differente funzione nella dipendenza da due principi fondamentalmente diversi3.

Il diritto alla salute e quelli a esso assimilabili, sono contraddistinti da una mutevolezza intrinseca alla loro stessa natura. Essi si basano su valori soggetti a modificarsi con l'evoluzione della società. La preoccupazione del Costituente non è stata quindi quella di fissarne il contenuto e l'irrevidibilità assoluta dello stesso (cd. contenuto essenziale), quanto di «proteggerne la struttura di valori» alla quale fanno riferimento, «e il cui mutevole equilibrio, dovuto al fatto di esser composto da elementi provenienti da culture diverse4» è dipendente dal contesto sociale e dalla sua evoluzione «così come apprezzata dal legislatore» (Baldassarre 1991a).

Il quadro delineato evidenzia quindi l'importanza assunta dal contesto in cui si colloca l'operatore-interprete. E' fondamentale analizzarlo brevemente per meglio avere un'idea degli attuali valori, così come identificati dal legislatore, dai quali non è possibile prescindere nel momento in cui si voglia parlare di protezione della salute ponendo l'attenzione sul contenuto del diritto.

Per cogliere i valori sui quali si basa l'accezione di un determinato concetto giuridico, esistono molteplici possibilità. Tuttavia una delle vie meno complesse e più complete può essere quella di analizzare le definizioni stipulative che vi si riferiscono5 (Jori, Pintore 1995).

Considerare una determinata concezione rispetto a un'altra influenza radicalmente la forma di protezione che ne discende.

Per meglio comprendere prendiamo a esempio la definizione di salute data da Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli: «Condizione di benessere fisico e psichico dovuta a uno stato di perfetta funzionalità dell'organismo»6. Questo enunciato può essere apprezzato nelle possibili declinazioni alternative se confrontato con una diversa fonte. L'enciclopedia britannica la qualifica come misura della continuativa capacità fisica, emozionale, mentale e sociale di un individuo nell'affrontare il proprio ambiente. Nel semplice esempio proposto, l'assunzione di una di queste due prospettive rispetto all'altra rifletterebbe due differenti sistemi di valori, l'uno incentrato sulla funzionalità dell'organismo, l'altro sull'ambiente come metro di misura dello stato protezione minimo necessario all'individuo per la sopravvivenza. Le forme di tutela che ipoteticamente ne potrebbero discendere sarebbero di natura molto diversa fra loro.

Al fine di apprezzare i valori alla base del diritto alla salute fatti propri dal legislatore sarebbe necessario analizzare compiutamente per intero le fonti nazionali. Anche a un primo sguardo si nota immediatamente la non univocità degli orientamenti che hanno guidato l'azione del legislatore, «il nostro è probabilmente uno dei sistemi più scoordinati, disorganici, in certa misura disomogenei che si possano immaginare» (Smuraglia 1988). Per ragioni di chiarezza sarà quindi preferibile considerare in prima istanza quelle fonti dotate di un collegamento preferenziale con l'art. 32 Cost. e al contempo quelle che esplicitino direttamente il contenuto del diritto alla salute.

Senza indagare ogni possibile declinazione del diritto presente nella normativa italiana, è legittimo pensare che le fonti considerate rappresentino da un lato una guida per riconoscere i valori prevalenti identificati dall'attività del legislatore, e dall'altro che esse possano anche contenere i criteri ai quali il legislatore avrebbe dovuto uniformare la propria attività.

Le posizioni prese in considerazione ci aiuteranno ad avere un quadro del contenuto del diritto alla salute, seguendo la struttura pensata dal Costituente che pone come principi ordinatori da un lato i diritti soggettivi o le libertà individuali e dall'altro i valori esterni al soggetto titolare, configurandoli come le due parti «di una comune struttura di valori» (Baldassarre 1991a).

Oltre allo stesso art. 32 Cost. è di fondamentale importanza la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale.

Sarà inoltre utile considerare alcune fonti internazionali. Con riguardo a questo secondo ordine di fonti si prescinderà da una completa valutazione di effettività. Nonostante l'interesse di una simile analisi, è necessario restringere l'indagine alla ricerca di elementi utili ai nostri fini. Se dovessimo utilizzare come orientamento il criterio dell'effettività, il percorso da seguire sarebbe ben diverso; giova infatti ricordare che le fonti internazionali hanno la possibilità di sortire effetti sulla tutela dei diritti solo a condizione di un idoneo e volontario adattamento del nostro ordinamento (nello specifico, sulle problematiche collegate alla salute cfr. Smuraglia 1991).

Si sono pertanto considerate anche fonti che, pur non avendo piena efficacia diretta, sono frutto dell'attività del legislatore (se pure di recepimento) e ne manifestano in tal modo valori fatti propri.

In tal senso si considereranno brevemente la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (ratificata dal legislatore tramite il Patto sui diritti civili e politici con l. n. 881 del 25 ottobre 1977), il Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali (ratificato dal legislatore sempre con la l. n. 881 del 25 ottobre 1977), la Convezione 155 del 1982 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ratificata dal legislatore con il d.lgs. n.45 del 16 marzo 1988), la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.


2. La concezione di salute nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

L'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo7 enuncia una formula sicuramente limitata e superata. La Dichiarazione, infatti, definisce la salute semplicemente come assenza di malattia. Tuttavia il documento ha il merito di aver superato la situazione storica che l'ha originato. La tutela del diritto è stata attualizzata alle contemporanee problematiche collegate alla protezione della salute (Annas 2005).

Questo documento ha inoltre stabilito un legame diretto fra la salute e i diritti fondamentali dell'individuo (Mann 1996). Collegamento tutt'altro che scontato8.

Il superamento della situazione storica d'origine e il legame statuito fra salute e diritti fondamentali, hanno dimostrato una notevole vitalità dell'atto, anche se in contrasto con la concezione di salute, affatto innovativa, di cui si è fatto portatore. Tuttavia, tale contrasto assume una prospettiva differente se si osservano le finalità per le quali l'atto ha forzato la propria struttura iniziale. L'obiettivo principale perseguito era quello della lotta all'AIDS. E' quindi prevalente l'interesse alla creazione di uno strumento volto a garantire un intervento di protezione dalla diffusione di questa malattia su scala internazionale, rispetto all'opportunità di fornire un accostamento innovativo alla tutela della salute (Gostin 2002).

La definizione è ancorata al concetto di «tenore di vita», ed elenca una serie di diritti (all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche, ai servizi sociali) considerati come contenuto della garanzia alla salute e al benessere dell'individuo. Sotto quest'aspetto la formulazione dimostra chiaramente tutti i suoi sessant'anni d'età, ed è stata largamente superata da approcci successivi.

L'aspetto più rilevante, sotto il profilo dei valori che ha contribuito a statuire, è stato sicuramente l'affermazione del chiaro legame fra i diritti fondamentali dell'individuo e il diritto alla salute, solida base senza la quale non sarebbe stato possibile alcun svolgimento successivo, perlomeno nella prospettiva di una tutela improntata in chiave estensiva ed evolutiva.

Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali9 si presenta collegato alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Esso nasce per predisporre una procedura di controllo internazionale con riferimento a quest'ultima (Orsello 2005).

La mancanza più ampia evidenziatasi dalla data di promulgazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nel 1945, era stata quella della reale tutela dei diritti riconosciuti. L'energia iniziale, gli ideali su cui si basava, la volontà di staccarsi dagli orrori della prima metà del ventesimo secolo, aveva presto esaurito la propria potenzialità espansiva. Per questa ragione il Patto internazionale non interviene in alcun modo sui contenuti concettuali, ritenuti ancora tanto attuali quanto inattuati. La vera portata innovativa del testo e i suoi obiettivi non sono quindi volti a specificare e arricchire i contenuti della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo quanto piuttosto a garantirne una forma di effettività sul piano sovranazionale (in merito agli scopi del patto cfr. Zanghì 1991).

Con riguardo alla concezione di salute, l'articolo 12 formula «il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire». La formula assimila lo stato di assenza da patologie strettamente mediche in una più ampia categoria, potenzialmente estendibile a patologie di natura mentale.

Pur non contribuendo a specificare i valori sottostanti al diritto alla salute si può notare come l'esistenza di una simile fonte, e la sua ratifica da parte di un elevato numero di nazioni, abbia contribuito a rafforzare ulteriormente l'idea di un diritto alla salute come diritto fondamentale dell'individuo, e a consolidare le potenzialità espansive e universaliste del diritto stesso.


3. La concezione di salute nella Convenzione 155 del 1981 dell'OIL e nella Costituzione dell 'OMS.

Sicuramente molto differente è l'approccio seguito dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro10. Gli atti prodotti dall'OIL sono inoltre maggiormente rilevanti poiché più specificamente interessati alla tutela della salute nell'ambiente di lavoro.

Seppure negli indirizzi iniziali dell'Organizzazione, dal 1919 al 1960, prevalesse una concezione di tutela più incentrata sui profili antinfortunistici, dagli anni sessanta si può ricostruire una serie di raccomandazioni e convenzioni che valorizzano il carattere preventivo della tutela (Guariniello 1985). Nello specifico, fra le numerose convenzioni, pareri, e raccomandazioni aventi a oggetto la tutela della salute negli ambienti di lavoro11, è centrale la Convenzione 155 del 198112. La definizione di salute presente nella parte che concerne «scopi e definizioni», all'articolo 3, contiene un concetto di salute che presenta forti analogie con quello adottato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità13.

«La salute, in relazione al lavoro, non è la semplice assenza di malattia o infermità; include inoltre gli elementi fisici e mentali che sono direttamente collegati a sicurezza e igiene del lavoro». Il rimando al preambolo contenuto nella Costituzione dell'OMS del 22 Luglio 1946 è evidente. Il limite inferiore che delimita lo stato di salute è l'infermità e la malattia. Lo schema definitorio è proposto in termini negativi, questa scelta permette di indirizzare oltre i confini minimi determinati dalle scienze mediche e psicologiche lo stato di salute, evitando una possibile immobilizzazione allo stato delle conoscenze attuali, e anzi spingendo verso un'idea di salute come fine da raggiungere, da presupposti che è necessario superare per garantire una protezione sempre perfezionabile. Tramite questa scelta, che potrebbe sembrare una banale forma espressiva, la salute appare compiutamente come un processo, sempre possibile di forme più adeguate di tutela (su benessere e salute come processo perfezionabile cfr. Maggi 1997).

Per comprendere pienamente l'orientamento dell'OIL e le sue origini sarà necessario considerare la Costituzione dell'OMS e la carta di Carta di Ottawa per la Promozione della Salute. Si tratta da un lato di considerare l'origine culturale che risiede alla base dell'approccio dell'OIL così come emerge dalla Convenzione 155 del 1981, e dall'altro lato di osservare l'avanzamento dei valori alla base della concezione di salute dell'OMS anche per effetto della stretta collaborazione intrapresa con l'OIL14.

Nel preambolo della Costituzione dell'OMS del 1946 si definisce la salute come «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o infermità»15.

E' evidente la condivisione e la fonte alla quale l'OIL ha nel 198116 ha volute riferirsi. Fra le due fonti è possibile notare due importanti differenze.

In primo luogo, nella proposta dell'OMS accanto ai fattori fisici e mentali sono ulteriormente inclusi anche quelli sociali.

In secondo luogo, si aggiunge un'altra prospettiva rispetto alla Convenzione 155 dell'OIL17: il termine «salute» è connotato in termini positivi, ma al contempo se ne lascia aperta la possibilità di ampliamento tramite l'enunciazione di cosa non debba essere considerato benessere.

La presenza del termine «benessere» è centrale, su di esso si basa la riqualificazione che si vuole operare dell'idea di salute. Esso è posto come chiave di volta a sostegno e collegamento fra il significato comune di diritto fondamentale alla salute, e le nuove potenzialità espansive di cui la si vuole dotare tramite la promozione operata con una tutela crescente (cfr. Maggi 2006b). Si supera inoltre uno schema che procede per via solamente negativa (come quello della C155 dell'OIL18), e si caratterizza la salute, tramite la definizione nominale realizzata attraverso il termine, come processo positivo, teso a superare la sola esclusione di malattia e infermità (Maggi 1997).


4. La concezione di salute nella Carta di Ottawa per la promozione della salute.

L'importante affermazione di un nuovo approccio nell'accostarsi al diritto alla salute segnato dall'OMS ha ricevuto una successiva specificazione con la Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, frutto della conferenza internazionale per la promozione della salute tenutasi a Ottawa il 21 Novembre 1986.

La Carta si pone l'obiettivo di rispondere alla domanda delle nazioni industrializzate di fornire la guida a un'evoluzione nella tutela della salute, offrendo gli strumenti per promuoverla nel ventesimo secolo. E' oltremodo chiaro il fine di allontanare le critiche alla Costituzione dell'OMS del 1946, spesso colpevolizzata di avere un contenuto utopico, svalutata da molti come una semplice dichiarazione d'intenti dotata di un'incerta effettività.

La carta di Ottawa è stata elaborata in seno alla conferenza internazionale promossa dall'Health and Welfare Canada, dalla Canadian Public Health Association e dall'OMS.

La salute è definita come fattore sociale e ambientale, risorsa necessaria che deve essere garantita all'uomo come elemento basilare sul quale fare affidamento nel percorso per il raggiungimento delle proprie aspirazioni.

Il tentativo che emerge è di dilatarne i confini, per renderla il presupposto e il cardine dei diritti, anche sociali e politici, garantiti all'individuo. Fra i prerequisiti, e quindi i fattori necessari per la garanzia minima del diritto, è enunciata la pace, la sicurezza, l'istruzione, l'alimentazione, il salario, un ambiente stabile, risorse sostenibili, giustizia sociale ed equità. Una tutela minima della salute richiede quindi che questo consistente fascio di diritti sia assicurato.

E' evidente come l'OMS abbia tentato di incoraggiare la protezione dei diritti fondamentali civili e politici dell'individuo singolarmente inteso, avanzando una prospettiva quasi universale del diritto alla salute. Si ritrova in quest'accostamento l'approccio universalistico segnato in precedenza dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e dal successivo Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, ma riempito da nuovi contenuti elaborati lungo un faticoso percorso evolutivo ad opera congiunta dell'OMS e dell'OIL.

La Carta dedica poi la propria parte centrale alla promozione della salute. Oltre che per i contenuti, è rilevante l'identificazione chiara della salute come processo.


5. La concezione di salute nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Il 7 dicembre del 2000, a Nizza, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea era sottoscritta e proclamata dai Presidenti del Parlamento europeo, Consiglio e Commissione. Si tratta di un documento di estrema importanza, soprattutto dopo che, in seguito al Trattato di Lisbona, ai sensi dell'art. 6, ha acquistato "lo stesso valore del Trattato"19. L'art. 35 si occupa della «Protezione della salute», il valore giuridico di questo dettato è ulteriormente rafforzato dall'enunciazione di principi che trovano origine nell'art. 152 del Trattato CE (oltre che nell'art. 11 della Carta sociale europea20).

Durante la fase produttiva della Convenzione, la protezione della salute era stata intesa inizialmente solo quale "diritto di accesso alle cure mediche". Nella fase conclusiva dei lavori appare invece adottata una prospettiva più ampia. E' aggiunta la parte finale dell'articolo volta ad attribuire all'Unione europea un ruolo attivo nella tutela della salute21, e il riconoscimento della titolarità del diritto al singolo soggetto (Carletti 2005). Nella Carta non è fornito alcun elemento proprio nel definire il concetto di salute, tuttavia si rileva un elemento sostanziale. La protezione del diritto è garantita all'individuo in due diversi momenti: uno iniziale, la possibilità di accesso alla «prevenzione sanitaria», e uno successivo, il diritto a ottenere «cure mediche».

Il momento iniziale, il diritto di accesso alla prevenzione sanitaria, è necessario per comprendere la portata della norma. Con esso si sottintende il rifiuto di concepire la salute unicamente come stato di assenza dalla malattia. Appare evidente che la salute è intesa come uno stato di benessere suscettibile di un continuo perfezionamento attraverso la prevenzione. La Carta fa propri principi già enunciati nelle convenzioni dell'OIL (Arrigo 2007) come viene anche ricordato nei «considerando» della Carta stessa. La concezione di salute adottata non è quindi uno stato naturale, ma nuovamente come un processo perfezionabile.

Nel corso di poco più di cinquant'anni il diritto alla salute ha assunto a livello transnazionale una prospettiva ben diversa rispetto a quella che lo contraddistingueva in precedenza.

Una serie di autorità hanno lentamente costruito un percorso quasi univoco in cui i valori alla base del diritto alla salute hanno ricevuto un impulso espansivo e ne hanno fatto uno dei principi cardine nella tutela dell'individuo. Al contempo è stato superato l'approccio al problema connesso allo stato di malattia, sostituendolo con un'idea più ampia che può ben essere sintetizzata nel termine benessere, inteso come processo perfezionabile alla cui base si può legittimamente intravedere lo strumento della prevenzione primaria come mezzo di tutela.


6. La concezione di salute nel'art. 32 della Costituzione.

La Costituzione e la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale22 sono i due testi normativi da considerare per comprendere la concezione di salute e i valori ad essa connessi di cui il legislatore si fa carico.

La Costituzione italiana è una delle poche, nell'ambito delle costituzioni democratiche contemporanee, a riconoscere formalmente questo diritto23.

Posizione ormai consolidata della dottrina esclude la salute come un «valore a sé stante». Per essere compreso correttamente, l'art. 32 Cost. dev'essere inteso come parte della tutela garantita alla persona umana, e nel suo collegamento con gli artt. 2 e 3 Cost. (D'Arrigo 2001). La salute è da intendersi quindi protetta in quanto diritto fondamentale dell'individuo (Baldassarre 1991a).

Il percorso per arrivare a quest'approdo è stato tutt'altro che privo di ostacoli, fino agli anni 70 la dottrina prevalente dava all'art. 32 Cost. semplice valenza programmatica (Alpa 1986).

I primi cinquant'anni di repubblica hanno visto il passaggio dallo Stato di diritto formale, allo Stato di diritto sostanziale (con specifico riferimento a questo passaggio e all'art. 32. Cost., Ferrara 1997). Per effetto di questo passaggio, l'art. 32 Cost. supera l'interpretazione che spingeva alcuni a definire la norma costituzionale come unicamente promozionale.

La Costituzione oltrepassa la concezione per cui l'art. 32. Cost. conterrebbe «soltanto un principio "pubblicistico" d'ordine generale» (Luciani 1991), e arriva ad assicurare alla salute una garanzia diretta, senza che sia più necessaria l'intermediazione del legislatore (Smuraglia 1988). Diviene un diritto protetto in via assoluta e immediatamente efficace nei rapporti fra privati e nei confronti dello Stato24 (Baldassarre 1991b).

Questa posizione è confortata anche dall'attuale lettura dell'art. 41. Cost.. La nuova interpretazione dei limiti imposti alla libertà d'iniziativa economica, trova un riscontro anche nel rafforzamento del rango assunto dal diritto alla salute (Cfr. Smuraglia 2001); la Costituzione riconosce la libertà dell'iniziativa economica privata, ma la sottopone alla condizione che non rechi danno a sicurezza, libertà, dignità umana. Nel valutare gli interessi contrapposti dei beni protetti, passibili di entrare in conflitto fra loro, «non sono (anzi, non sarebbero) ammissibili compromessi25 [...] che riservino alla salute un ruolo subalterno rispetto alla libertà d'impresa» (Montuschi 2006).

L'art. 32 Cost. protegge la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività, tuttavia non dà alcuna indicazione sul contenuto sostanziale del diritto.

La scelta di prevedere una simile formulazione dell'art. 32 Cost. è tutt'altro che insoddisfacente come potrebbe sembrare a prima vista (Baldassarre 1991b). Il Costituente nel 1948 avrebbe potuto ipoteticamente tenere conto dell'innovativa definizione di salute proposta solamente un anno prima dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ciò nondimeno, è necessario non tralasciare le peculiarità del contesto italiano e dei riflessi sulle posizioni in seno all'Assemblea costituente.

La definizione di salute proposta dall'OMS26 è tuttora considerata utopistica da parte della dottrina che se n'è occupata (critico verso la "salute relativizzata" lo stesso D'Arrigo 2001). Non è difficile immaginare le possibili reazioni nel 1946. Spostando la prospettiva a oggi, è evidente un radicale mutamento di posizioni, il cui percorso era stato tracciato nella definizione di salute proposto dall'OMS, e in seguito precisato dalla Carta di Ottawa (Albi 2008).

Nel 1948 il Costituente avrebbe potuto decidere di sposare la proposta dell'OMS, definendo il concetto di salute secondo tali indicazioni27. Seguire quest'indirizzo non sarebbe stato semplice, in una situazione in cui le tre forze politiche principali in seno all'Assemblea costituente erano portatori di posizioni diametralmente opposte sulla tutela da offrire ai diritti sociali e su una loro pretesa conciliabilità con lo Stato di diritto (Baldassarre 1991b). Probabilmente una simile scelta avrebbe comportato numerose resistenze in seno alla stessa Assemblea. Il rischio sarebbe stato quello di una soluzione compromissoria, che avrebbe condotto a una determinazione minimale del contenuto del diritto e nella peggiore delle ipotesi avrebbe cercato di conciliare principi contrapposti. Il costo politico della scelta avrebbe potuto anche indebolire la determinazione con cui l'art. 32 Cost. poneva le basi per il raggiungimento dell'obiettivo di effettività oggi contenuto nella norma.

Dagli atti dell'Assemblea costituente è possibile ricavare l'introduzione del diritto come «fondamentale», in un secondo momento rispetto al progetto originale presentato all'Assemblea per la discussione28, «inserito proprio per rafforzare e elevare la garanzia data dalla Costituzione alla salute» (Luciani 1991). Il Costituente sembra quindi aver preferito lasciare aperta la questione su quale tipo di salute tutelare, per concentrare l'attenzione sulla tutela diretta del diritto, quale ne fosse il contenuto.

Quest'aspetto tutt'altro che secondario manifesta uno spirito lungimirante29. La Carta dimostra che da un lato il legislatore non voleva rinunciare a tutelare i principi che intendeva difendere nel modo più deciso e diretto possibile, e dall'altro manifesta di non sottovalutare la complessità delle posizioni in seno alla stessa Assemblea. Il comportamento del Costituente sembra inoltre essere consapevole del mutamento di valori e prospettive che era in atto, ma non corre il rischio di cadere vittima di entusiasmi o ideologie. Lo spirito intero della Costituzione traccia chiaramente il significato dell'apertura lasciata: non certo la libertà di garantire un'oscillazione della protezione del diritto fra maggior e minor tutela nel definire contenuti differenti del diritto alla salute, ma al contrario permettere un adattamento flessibile a forme adeguate di protezione, secondo il cambiamento degli orientamenti prevalenti.

In tal modo lo strumento che ha voluto fornire il Costituente è stato soprattutto quello di protezione, attraverso la duplice statuazione di un principio pubblicistico vincolante per il legislatore e al contempo di «un principio destinato a calarsi immediatamente nei rapporti tra i privati, dando luogo a diritti soggettivi perfetti» (Smuraglia 1991).

Parte della dottrina ha quindi ricostruito e identificato un preciso intento del Costituente a tracciare i confini precisi entro i quali fosse possibile definire il significato del diritto, adeguandolo a un contesto sociale mutevole. Sarebbe stato in tal modo possibile fornirne il significato in conformità a un sistema di valori in evoluzione, soggetti a mutamento per la stessa natura del diritto, in dipendenza da un più ampio panorama sociale (Baldassarre 1991a).


7. La concezione di salute nella legge n. 833 del 1978.

Nell'ambito della tutela del diritto alla salute designato dall'art. 32 Cost., rientra anche la legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Il legislatore ha voluto all'art. 1.1 stabilire un legame diretto con l'art. 32 Cost., richiamandolo apertamente: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale».

La parte del dettato normativo maggiormente utile ai nostri fini è quella concernente "Princìpi e obiettivi".

Dal legame instaurato dalla legge con la Costituzione, e al contempo dagli strumenti predisposti per garantire l'effettività al diritto alla salute nell'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, si possono desumere importanti informazioni su cosa il legislatore italiano abbia voluto intendere per salute (Mengoni 1985, Smuraglia 2001).

Il Servizio Sanitario Nazionale è presentato come il mezzo tramite il quale è realizzata la tutela della salute, ribadita come diritto fondamentale dell'individuo. Quest'obiettivo è perseguito tramite il «recupero della salute fisica e psichica», e nell'operare per la sua «promozione e mantenimento».

Mentre preoccuparsi del solo «recupero» significa pensare alla salute come a uno stato di semplice assenza di malattia, la «promozione» e il «mantenimento» della stessa indicano la presa in considerazione di quegli orientamenti non solo nazionali evidenziati in precedenza. Se osserviamo questa norma alla luce della posizione che definisce la salute come processo, appare chiaramente che il «recupero», il «mantenimento» e la «promozione» non siano tre obiettivi distinti, ma i tre momenti di un completo percorso che oltrepassa la salute intesa come stato, assimilando invece quell'idea di salute come benessere perfezionabile.

Senza oltrepassare la parte generale del testo normativo, si consideri il punto 2 dell'art. 2: «Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante: [...] 2) la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni àmbito di vita e di lavoro».

Fra gli strumenti proposti per il raggiungimento degli obiettivi della legge è espressamente enunciata la prevenzione. Dalla lettura combinata dell'art. 2 punto 2, con l'art. 130 della legge n. 833 del 1978 si può quindi ricavare un'attività di promozione, mantenimento e recupero della salute che possa essere perseguita tramite prevenzione.

E' evidente come sia stata adottata una concezione di salute da intendersi come perfezionabile, un processo volto a porre in essere azioni di miglioramento per promuovere lo stato di salute degli individui, sotto la preziosa scorta di effettività garantita dall'art. 32 Cost.

Da quanto emerso è evidente l'avanzamento della concezione di salute verso obiettivi ambiziosi. La particolare struttura data dalla Costituzione al diritto alla salute lo rende flessibile a un adattamento dinamico ed espansivo.

Indagandone i valori così come indicato dall'orientamento della dottrina considerato (cfr. Baldassarre 1991a), è stato possibile ravvisare un indirizzo organico che attraversa fonti primarie, subprimarie e internazionali recepite dal nostro ordinamento.

Il contenuto del diritto alla salute emerso può essere ben sintetizzato facendo leva sui concetti di benessere (Maggi 2006b) e di processo perfezionabile.


8. D.lgs. 81/2008 e salute

Come più volte richiamato, la normativa italiana sulla tutela della salute è particolarmente articolata e disorganica. Questa caratteristica permane nonostante la promulgazione del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro avvenuta con il d.lgs. 81/2008. A più riprese la dottrina vi ha fatto riferimento criticamente indicandolo come un «unico testo», piuttosto che un «testo unico»31 (Pascucci 2008a, Natullo 2009b, Smuraglia 2010), «se lo scopo del legislatore era quello di razionalizzare la disciplina prevenzionale in un corpo normativo unico e completo [...] si deve constatare che l'obiettivo non è ancora stato raggiunto» (Albi 2008). In ragione di questa di complessità, è ancora maggiormente utile indagare le declinazioni della concezione di salute presente nell'ordinamento. In tal modo avremo la possibilità di valutare la rispondenza dei principi che derivano dalla Costituzione con la forma di protezione che ne discende.

Da quanto rilevato in precedenza si è evidenziata la tendenza a un sistema di protezione ambizioso, che se pienamente riflesso nella legislazione primaria e secondaria ammetterebbe scarsi compromessi, soprattutto sotto il profilo dell'effettività nella tutela del diritto (Mengoni 1985).

Attraverso le varie fonti prese in considerazione è stato possibile delimitare i confini della concezione di salute del legislatore. E' possibile sintetizzarla come «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo un un'assenza di malattia o d'infermità», queste sono le parole usate dallo stesso legislatore all'art. 2 del d.lgs. 81/2008.

Questa definizione di salute è tutt'altro che una formula isolata presente in una fonte di natura primaria. Come si è osservato, a partire dall'art. 32 Cost. è possibile ricostruire un quadro articolato e che definisce un chiaro orientamento. L'enunciazione di cui all'art. 3 del d.lgs. 81/2008 si inserisce, ultima in ordine cronologico, all'interno di un complesso indirizzo, tuttavia ben sintetizzando la concezione di salute ricavabile dalle norme dell'ordinamento e ancorate alla Costituzione. Richiamarla all'interno del decreto legislativo ha il merito di offrire all'operatore-interprete una chiara indicazione fin dal principio del testo, ma un'ipotetica assenza della definizione o una sua possibile abrogazione non intaccherebbe i principi che la caratterizzano.


9. Le deriva del sistema verso obblighi di prevenzione secondaria

La tutela della salute secondo la Costituzione è da tempo consolidata nell'orientamento della dottrina. L'indirizzo che emerge è chiaramente volto a privilegiare una protezione del diritto attraverso la prevenzione degli infortuni rispetto a una tutela meramente risarcitoria (fra i molti: Cataldi 1989, Smuraglia 1991, Natullo 2007, Albi 2008, Montuschi 2009). Tale difesa anticipata del diritto è stata ulteriormente specificata. Essa è operante in due momenti, «che si riassumono [... ] nel provvedere ai mezzi necessari a impedire l'insorgenza» dei rischi, «o ad attutirne gli effetti» (Cataldi 1989). Obbligando alla rimozione dei fattori di rischio alla fonte, la prevenzioneprimaria protegge il lavoratore in un modo molto diverso da quanto avviene tramite la prevenzione secondaria (cfr. Maggi 1997), quest'ultima, infatti, limita solamente gli effetti di rischi già presenti e accettati nell'ambiente di lavoro, occupandosi solamente di ridurne le conseguenze.

Le disposizioni di prevenzione secondaria sono prevalse da sempre nella normativa italiana (Smuraglia 2000), e questo indirizzo del legislatore permane tuttora dominante (Durante 2008).

Il favore per queste disposizioni trova origine per lo più in due orientamenti diffusi. In primo luogo in una convinzione di non fattibilità economica di obblighi che prevedano la rimozione all'origine del rischio. Questa convinzione tuttavia non è sostenibile nel nostro ordinamento, soprattutto se andiamo a considerare i principi espressi nella Costituzione, e il loro riconoscimento in sede giurisdizionale (Guariniello 1985, Smuraglia 2001). In secondo luogo, si può rilevare una difesa oltranzista dell'idea che «l'organizzazione del lavoro sia immutabile, se non per volontà imprenditoriale» (Montuschi 2001), con l'effetto di restringere l'ambito di applicazione delle limitazioni di cui all'art. 41 comma 2 Cost.32, a vantaggio del comma 133. Quest'orientamento protegge la configurazione originale data all'ambiente di lavoro, contro gli obblighi che impongano modifiche all'organizzazione del lavoro per rimuovere i rischi identificati all'origine. Al contempo si lasciano anche pochi spazi a prescrizioni di legge da adottare in fase progettuale. Per rispettare l'idea della non tangibilità dell'organizzazione del lavoro, la tutela della salute è lasciata quasi integralmente alla prevenzione secondaria. In tal modo, infatti, la legge sortirebbe un minor numero di effetti diretti nell'ambiente di lavoro. Le prescrizioni sarebbero solamente limitate a ridurre le conseguenze di scelte di organizzazione predeterminate e non modificabili. Tuttavia tale impostazione è in vistosa contraddizione con l'impianto costituzionale (Fabiozzi 2002), essa ne capovolge infatti le priorità, «finendo per leggere gli artt. 32, comma 1, e 41, comma 1, Cost. alla rovescia» (Montuschi 2001).

Il favore per norme di prevenzione secondaria, nonostante le problematicità evidenziate, emerge preoccupante sul piano legislativo, esercitando anche una certa influenza su parte della dottrina. Spesso, questo indirizzo è difeso invocando un approccio finalizzato al realismo, volto a salvaguardare, sotto lo spettro dell'effettività, il perseguimento concreto di una base minima e insindacabile di garanzia. La protezione della salute si esaurisce alla riduzione dei rischi presenti, con strumenti che comportino un costo economicamente sostenibile, e che abbiano una limitata pervasività nell'area della libertà di organizzazione dell'imprenditore. Secondariamente è valorizzata una tutela risarcitoria ex post in sede giurisdizionale, che spesso finisce per costituire l'unica forma di reazione ammessa, «quasi fosse incontrovertibile che i diritti dell'impresa sopravanzano quelli (primari) del lavoratore» (Montuschi 2001).


10. L'anticipo nella protezione dagli infortuni secondo gli indirizzi della Costituzione: Prevenzione primaria e organizzazione del lavoro

La deriva della protezione del diritto alla salute verso un sistema basato sulla prevenzione secondaria, è stata oggetto di vivace critica da buona parte della dottrina. Si sembra ignorare, in particolare dalla promulgazione della l. n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, la necessità che «la linea di difesa [...] debba essere spostata il più possibile a monte, e dunque in sostanza anticipata» (Smuraglia 1988).

La protezione della salute sembra esaurirsi sempre più ex post solamente in sede giurisdizionale. La salvaguardia del diritto si è tradotta in un «mortificante ripiego da parte del diritto vivente sull'obbligo risarcitorio» (Albi 2008). Questa tendenza è chiaramente una delle conseguenze dell'indirizzo segnato dal legislatore. «Il profilo indennitario», è un elemento che «richiama l'attenzione sul rovescio della medaglia, se non si vuole dimenticare che la tutela della salute del lavoratore deve essere anzitutto primaria e non secondaria» (Montuschi 2004).

Disposizioni che investano l'organizzazione del lavoro, elemento invece caratteristico della prevenzione primaria (Smuraglia 2010), perdono la loro rilevanza fondamentale34, per via di «un diffuso convincimento» che «ritiene a priori non giustiziabile il diritto alla salute, quando si pretenda di modificare l'organizzazione» (Montuschi 2001). Sarebbe invece necessario riportare al centro del dibattito il «nesso inscindibile e necessario fra esercizio (effettivo) del potere organizzativo/direttivo e responsabilità connesse alla prevenzione degli infortuni sul lavoro» (Stolfa 2007). La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 167 del 10 maggio 1999, ha fatto chiaramente intendere che quando si parla di sicurezza sul lavoro «non si tratta solo di tutelare la persona che lavora da ogni possibile attentato, ma di rimuovere ogni causa o condizione che possa impedirne o comunque pregiudicarne lo sviluppo» (Smuraglia 2000).

La prevenzione primaria permette di valorizzare appieno la perfezionabilità intrinseca al concetto di benessere (Smuraglia 2001, Maggi 2006b) «un obiettivo [...] conforme a una logica che persegue la dignità del lavoratore, sulla falsa riga di quanto a chiare lettere prescrive l'art. 2087 c.c.» (Guariniello 1985). Un'azione preventiva primaria mette in opera un circolo ricorsivo che corrisponde all'idea di salute come perfezionabile, a partire dalla valutazione del rischio, intesa come processo (Masi 2008), sino alla rimozione dello stesso, nuova base sulla quale procedere ad un ulteriore valutazione e miglioramento. La protezione primaria del diritto comporta un rapporto diretto fra «gli aspetti della salute e sicurezza» e «il modo in cui è organizzato il lavoro» (Arrigo 2007). L'influenza nella sfera organizzativa dell'imprenditore è quindi un elemento imprescindibile.

Il problema principale, in tal senso, è nel definire i limiti alla pervasività degli obblighi di legge nell'ambiente di lavoro. Segnare confini molto ampi significherebbe spostarsi in un'ottica di legittimazione di fatto delle scelte esistenti, e tornare quindi su un sistema retto da soluzioni risarcitorie e prevenzione secondaria.

Questo limite fondamentale è stato affrontato dalla giurisprudenza e dalla dottrina con l'elaborazione del concetto di Massima Sicurezza Tecnologica (su cui v., tra gli altri Montuschi 2006, Natullo 2007, Stolfa 2008a). Esistono diverse declinazioni della Massima Sicurezza Tecnologica che pongono oneri molto diversi sull'obbligo di sicurezza di cui è investito il datore di lavoro. Comunemente, le posizioni che esprimono il proprio favore verso un intervento preventivo primario, auspicano un adeguamento molto oneroso (ed esente da compromessi) a scelte tecniche indirizzate alla rimozione completa dei rischi, anche ove le tecnologie necessarie non fossero ancora disponibili sul mercato.

Ciò nondimeno, agire nella sfera di organizzazione del datore di lavoro non significa obbligare in ogni caso le imprese a ricercare scelte tecniche35 sempre più evolute, o a un adeguamento alla migliore tecnologia disponibile «nel settore» di riferimento36 (Natullo 2007), ignorandone completamente la sostenibilità economica. Posizioni che sono ovviamente oggetto di vivace discussione in dottrina. La prevenzione primaria, se operante nell'ambiente di lavoro, dovrebbe incidere in primo luogo sull'organizzazione del lavoro, «la sicurezza come organizzazione» (Stolfa 2008a), prima che sulle scelte tecniche37 che ne sono solamente un aspetto.

Il rapporto fra la protezione della salute espressa dalla Costituzione e la prevenzione, permetterebbe un'interpretazione in grado di operare un anticipo e una semplificazione rispetto all'obbligo di adozione della Migliore Tecnologia Disponibile.

E' possibile, infatti, spostare l'attenzione verso il più pacifico riconoscimento secondo cui «il riferimento agli standard di sicurezza generalmente praticati nei settori produttivi38 andrebbe riferito alle misure organizzative» (Soprani 2001, Natullo 2007), piuttosto che alle scelte tecniche39. In tal modo l'adozione delle misure più adeguate amplierebbe il proprio spettro a un'analisi omnicomprensiva della complessità dei singoli ambienti di lavoro, evitando l'errore di concentrarsi su quello che ne è solamente un aspetto40. Le scelte tecniche, quindi, verrebbero a essere integrate con una valutazione di adeguatezza delle stesse rispetto all'organizzazione del lavoro orientata ai fini della sicurezza.

«Tutela della salute e organizzazione del lavoro sono definitivamente interdipendenti» (Natullo 2009a), agire sulle scelte organizzative significa operare con minor possibilità di errore alla fonte dei rischi, in tal modo, l'evoluta concezione di salute che è possibile ricavare dalla Costituzione, troverebbe una più adeguata declinazione fra le molte possibili.

Il rapporto diretto fra organizzazione e prevenzione ci permetterebbe quindi di valorizzare «l'intero panorama che discende dalla protezione costituzionale» comportando l'auspicata «svolta verso un anticipo nella forma di tutela, al fine di incidere sulla sicurezza fin dalla fase iniziale di progettazione dell'ambiente di lavoro» (Smuraglia 1988).


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1 All’eccezione sollevata che rilevava come «[...] nel codice vigente, in omaggio ad un malinteso principio di autorità, il bene dell'integrità personale sarebbe, non di rado, meno tutelato di quello dell'integrità patrimoniale, con abnormi conseguenze, risultanti, in particolare, dalla comparazione fra il trattamento punitivo della lesione personale e quello del furto [...]», la corte risponde rigettando la questione, e motivando che « [...] Pur se tali scelte, operate in altro clima storico e sociale, apparissero non più attuali rispetto alle conseguenze sanzionatorie delle violazioni di altri beni, la cui protezione assurge - a differenza di quella della proprietà - a diritto presidiato come primario e fondamentale della Costituzione, ciò postulerebbe e solleciterebbe l'intervento del legislatore»

2 I diritti inviolabili non sono propriamente situazioni giuridiche soggettive, anzi la dottrina è maggiormente propensa a dargli una struttura differente, che raggiunge il risultato di potenziarne la tutela sino al limite dei principi supremi su cui si basa l’ordinamento stesso. La dottrine tende a definirli come valori; tali valori rappresentano «le categorie a priori che condizionano la possibilità stessa delle libertà che rappresentano», e la forma che tramite la Costituzione gli si è voluto dare. Essi sono quindi «l’insieme delle condizioni di possibilità della forma di stato» da integrarsi «nell’insieme di principi-valori che precede logicamente e giuridicamente lo Stato» (Modugno 1991).

3 La dottrina ha elaborato una forma di tutela peculiare sull’inviolabilità dei diritti di natura etico-sociale, che sembra avvicinarla a quella dei diritti inviolabili in senso proprio. Essi sono posti al riparo da possibili revisioni costituzionali attraverso non tanto la protezione del contenuto del diritto, quanto nella protezione dell’a priori ideale che vi è racchiuso (Baldassarre 1991a), quindi il suo valore in sè (vedi anche Hartmann 1949); valore che prescinde «tanto dalla relazione con altri valori costituzionali, quanto da eventuali attualizzazioni in determinati istituti». L’On. Aldo Moro, in seno all’Assemblea costituente, con riferimento ai diritti inviolabili dichiarava come da essi «dovesse trasparire un’immagine d’uomo che mettesse contemporaneamente in risalto l’irripetibile individualità del suo essere soggetto e l’intrinseca socialità del suo essere persona», oltrepassando quindi la rigida distinzione fra le categorie in oggetto.

4 Con riferimento ai differenti orientamenti culturali in seno all’Assemblea costituente

5 Con riferimento alle «definizioni stipulative» di carattere esplicativo cfr. anche con Scarpelli Luzzati 2000

6 In Devoto G. Oli G. (1995), Il dizionario della lingua italiana, Firenze: Le Monnier

7 Tradotta in norme dell’ordinamento Italiano tramite il Patto sui diritti civili e politici, e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali, con legge n. 881 del 25 ottobre 1977

8 A causa della propria origine storica si era contestata la legittimità ad affiancare il diritto alla salute ai diritti fondamentali dell’uomo, quindi accanto alle libertà civili e al diritto di proprietà. Il diritto alla salute era infatti da ricondurre alla categoria dei diritti sociali. Il diverso valore dato alle categorie di diritti sociali, subordinati rispetto ai diritti di libertà è stato tuttavia oggi superato sia dalla dottrina che dalle trasformazioni dello stato di diritto. Il principio di libertà, sul quale si fondano i diritti di libertà, ha il medesimo valore del principio di uguaglianza, sul quale si fondano i diritti sociali. Anche in una prospettiva storica l’originale paradigma è stato superato: lo Stato di diritto nasceva come mero servitore della società, all’interno della quale non doveva intervenire a turbarne i meccanismi, i diritti sociali erano quindi di rango sottordinato per la loro potenzialità a influirvi a protezione dei soggetti più deboli. Anche questa prospettiva è oggi superata. (Baldassarre 1991b, Luciani 1991)

9 Su proposta del Comitato economico e sociale dell’ONU, adottata il 16 dicembre 1966, e resa esecutiva in Italia con la legge n. 881/1977

10 D’ora in avanti OIL

11 C155/1981, C161/1985, C187/2006, P155/1981, R97/1953, R102/1956, R164/1981, R171/1985, R197/2006

12 Convenzione richiamata nella parte concernente i principi generali dalla C161/1981 ratificata dal parlamento italiano il 19/04/1988 con il D.Lgs. 16 marzo 1988 n. 45

13 D’ora in avanti OMS

14 Collaborazione indicata già nella Costituzione dell’OMS e concretizzatasi continuativamente dal 1950 con la prima Joint ILO/WHO Committee on Occupational Health, a seguito dell’accordo formale siglato il 10 Luglio 1948 pubblicato in UN Treaty Series Vol. 19: Agreement between the international labour organization and the world health organization, nello specifico vedi art. 3 ILOWHO joint committees, e art. 4 Exchange of information and documents

15 Preambolo alla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità così come adottato dalla Conferenza Internazionale della Salute, New York, 19 Giugno - 22 Luglio 1946; sottoscritto il 22 Luglio 1946 dai rappresentanti di 61 stati (Archivio Ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, n. 2, p. 100) ed entrato in vigore il 7 Aprile 1948. La definizione non è stata emendata dal 1948

16 In relazione all’accordo di collaborazione fra OMS e OIL. cfr. con Art. 1, 3, 4, in Agreement Between The International Labour Organization and the World Health Organization, 10 Lugl 1948, pubblicato in: UN Treaty Series, Vol. 19

17 Convenzione 155/1981 dell’OIL

18 Convenzione 155/1981 dell’OIL

19 Permangono comunque una serie di dubbi in merito alla CEDU, nonostante sia direttamente richiamata dal trattato essa infatti non ne è parte integrante; è aperta la questione, nello specifico, sulla possibilità di un ricorso per infrazione verso uno stato che la violi, dalla lettura del trattato sembra infatti che questa possibilità non sia contemplata, essendo la procedura prevista solo per la violazione del trattato stesso, e, se pur richiamata, la CEDU non ne è parte integrante. Tuttavia sembra che sia rafforzata la legittimazione processuale degli individui ad impugnare atti comunitari davanti alla Corte di Giustizia. (Cfr. Rossi 2007)

20 Cfr. CHARTE 4487/00 CONVENT 50

21 «Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana»

22 l. n. 833 del 1978

23 Il medesimo riconoscimento formale è rinvenibile nella Costituzione spagnola del 1978 (art. 43) e nella Costituzione portoghese del 1976 (art. 64)

24 Orientamento recepito anche dalla Corte costituzionale con le sentt. nn. 247/1974, 88/1979, 212/1983, 184/1986, 559/1987

25 Cfr. Cass. 12 luglio 2004, n. 12863

26 Organizzazione Mondiale della Sanità

27 La nostra Carta non è priva di definizioni sancite dal legislatore, basti pensare all’art. 29 Cost.

28 Atti Ass. cost., 3295 ss.

29 Attraverso la lettura dei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, traspare la chiara volontà a evitare «l’adozione di formule troppo impegnative sul piano del fondamento metapositivo dei diritti fondamentali» (Luciani 1991)

30 «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale»

31 Parte della dottrina, oltre a non ravvisare quelle caratteristiche di sistematicità, completezza, e organicità che l’avrebbero contraddistinto come «testo unico» (in merito vedi l’art. 7 della l. 8 marzo 1999, n. 50, come modificata dalla l. 24 novembre 2000, n. 340) è arrivata a discuterne anche la qualificazione di «unico testo»: «sebbene abbia riassorbito la maggior parte delle disposizioni vigenti in materia, il nuovo decreto non le contiene tutte: basti pensare alle disposizioni di cui al d.lgs. 27 luglio 1999, n. 271 (sulle attività a bordo delle navi), al d.lgs. 27 luglio 1999, n. 272 (sull’ambito portuale), o di cui al d.lgs. 17 agosto 1999, n. 298 (sulle navi da pesca), alla l. 26 aprile 1974, n. 191 ed ai relativi decreti di attuazione (sul trasporto ferroviario)» (Pascucci 2008b)

32 art. 41.2 Cost. «L'iniziativa economica [...] Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.»

33 art 41.1 Cost. «L'iniziativa economica privata è libera.»

34 Rilevanza segnata dalle linee portanti della direttiva 89/391/CEE, alla fonte del d.lgs. 626/94 e di tutta la seguente produzione normativa su salute e sicurezza sul lavoro (fra i molti Albi 2008, Stolfa 2007, Smuraglia 2000)

35 Termine normalmente inteso in relazione ad una concezione meccanicistica o socio-tecnica dell’organizzazione, viene quindi spesso utilizzato per riferirsi semplicemente a macchinari, o modifiche degli stessi. Questo approccio esclude una concezione di organizzazione come processo di azione e decisione (Thompson 1990), e quindi una concezione di tecnologia come: «strumentalità di un’azione al raggiungimento di un determinato obiettivo» (per un sintetico inquadramento delle teorie attinenti l’organizzazione Maggi 2006a)

36 In contrasto al miglioramento tecnico «di mercato» su cui la dottrina ha molto dibattuto, dividendosi su tre possibili accezioni del criterio della massima sicurezza tecnologica: la migliore tecnologia disponibile all’interno dell’intero settore industriale interessato, la migliore tecnologia disponibile pur se non presente nel particolare comparto produttivo coinvolto, e infine come principio che richieda agli imprenditori «la costante ricerca e realizzazione di tecniche prevenzionali sempre più progredite rispetto a quelle già esistenti sul mercato» (Soprani 2001). E’ necessario notare che la posizione che sembra essere stata avvallata dalla Corte costituzionale, nonostante su di essa non si ravvisi una completa condivisione della dottrina, con la sentenza n. 312/1996, sia quella che avvalla la ricerca della migliore tecnologia disponibile all’interno dell’intero settore industriale interessato (Guariniello 2001)

37 Con i problemi che l’utilizzo di tale concetto in dottrina comporta (vedi nota 38)

38 Formula elaborata da dottrina e giurisprudenza nel riferirsi alla Massima Sicurezza Tecnologica (MST) «che riporta al nodo della delimitazione dei confini dell’obbligo datoriale di cercare a apprestare strumenti e misure per rendere sicuro l’ambiente di lavoro ed all’esistenza di possibili ragioni limitative o esimenti rispetto a quell’obbligo» (Natullo 2007, sul tema vedi anche Montuschi 2006)

39 Questo approccio permetterebbe di risolvere anche uno dei principali difetti della normativa italiana: l’eccesso di normazione, dovuto a quelle regole che «per i loro contenuto tecnico, reclamano un rapido e continuo aggiornamento, inconciliabile con il lento e macchinoso sistema di produzione (e di modifica) delle norme giuridiche». Semplificare significa rendersi conto che «sarebbe deleterio trascinarsi dietro, una volta accertato che la commistione di principi fondamentali e di regole tecniche non giova all’effettività del sistema ma anzi lo rende illeggibile e, a volte, caricaturale.» (Montuschi 2004)

40 In tal senso si pone la fondamentale necessità di definire approcci all’analisi degli specifici ambienti di lavoro che «dalle molte pratiche di lettura» passi « [...] al possesso di un metodo teoricamente fondato di analisi organizzativa in senso proprio. Si tratta quindi di passare da un percorso di analisi che si limita ad incorporare variabili organizzative direttamente o negli incontri ergonomici, ad uno che incontra la conoscenza organizzativa come chiave preliminare di lettura della situazione complessiva di lavoro.» (Rulli, Grieco 1996)

 


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