Cassazione Penale, Sez. 4, 02 gennaio 2025, n. 30 - Infortunio mortale durante la manutenzione di un impianto elettromeccanico di sgrigliatura. Nozione di "cantiere" e obbligo di redigere il POS



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella - Relatore

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. BRANDA Francesco Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (Omissis)

avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO

udita la relazione svolta dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO;

lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della sostituta Lidia GIORGIO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

letta altresì la memoria a firma degli avv.ti Maurizio Ennio Santelli e Francesco Andrea Poggi per il ricorrente A.A., i quali hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. La Corte d'Appello di Torino ha riformato la sentenza del Tribunale di Aosta, con la quale A.A. era stato assolto dal reato di omicidio colposo ai sensi dell'art. 589, comma 2, cod. pen., ai danni del lavoratore B.B., dipendente della API Spa, società incaricata della manutenzione di un impianto elettromeccanico di sgrigliatura, a servizio della centrale idroelettrica di Alleine (AO), contestato nella qualità di consigliere d'amministrazione della citata API, con delega alla sicurezza e salute dei lavoratori, condannando l'imputato e riconoscendogli le circostanze attenuanti equivalenti sulla contestata aggravante.

2. In particolare, secondo l'editto accusatorio, al A.A. si è addebitato di aver cagionato il decesso del lavoratore B.B. per colpa generica, in relazione all'obbligo datoriale derivante dalla previsione di cui all'art. 2087, cod. civ., per non avere cioè adottato le misure che, secondo la particolarità della lavorazione, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie per la tutela dell'integrità fisica del lavoratore e la sua incolumità rispetto ai pericoli derivanti dallo svolgimento dell'attività lavorativa; ma anche specifica, avendo violato l'art. 96, comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 81/2008 che prescrive al datore di lavoro di redigere il piano operativo di sicurezza (POS) di cui all'art. 89, comma 1, lett. h), stesso decreto, in base all'allegato XV. Gli addebiti di colpa sono stati formulati in relazione ad una lavorazione eseguita nel settembre 2020 (si trattava specificamente della manutenzione di uno sgrigliatore installato presso una centrale idroelettrica, costituito da una parte fissa, il cassero, e una mobile, cioè un rastrello all'estremità inferiore del quale vi era un "pettine"). Nel maggio dello stesso anno, il B.B. aveva già eseguito un intervento di manutenzione presso lo stesso sgrigliatore che però non si era concluso perché un bullone si svitava e, in quell'occasione, era stato predisposto il POS, ma lo stesso era incompleto, poiché non contemplava le procedure e le modalità da seguire per quella lavorazione, con specifico riferimento alle operazioni di montaggio e rimontaggio della parte mobile del macchinario, mediante la previsione di sistemi di bloccaggio e della presenza di almeno due lavoratori esperti. Durante il primo intervento, il B.B. era stato aiutato da un collaboratore esterno all'azienda; durante il secondo, invece, da un dipendente della stessa API, non formato e inesperto, al quale spettava il compito di comandare la pulsantiera.

Nella specie, mentre la vittima era impegnata a completare l'intervento di sostituzione delle guarnizioni di tenuta dello sgrigliatore per rimuovere i detriti mediante la salita e la discesa del "pettine", veniva colpita violentemente dallo sgrigliatore, del peso di oltre Kg. 200 (il cui ancoraggio era stato assicurato con un pezzo di legno che non aveva retto alla sua funzione di appoggio), precipitando sul fondo della vasca e riportando lesioni dalle quali derivava l'immediato decesso (in Alleine il 04/09/2020).

La Corte del merito ha, intanto, escluso l'obbligo di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria, ai sensi dell'art. 603 comma 3-bis, cod. proc. pen., rilevando che, nella specie, non si versava in un'ipotesi di rivalutazione della prova dichiarativa, ma di un errore di diritto nel quale era incorso il primo giudice, il quale aveva ritenuto che l'intero giudizio -sulla responsabilità si risolvesse nella soluzione della questione preliminare della possibilità di configurare l'operazione svolta dal B.B. quale lavoro edile che poteva dare origine a un cantiere nei termini di cui all'art. 89 D.Lgs. n. 81/2008.

La Corte ha disatteso l'affermazione del Tribunale, rilevando che il rastrello di uno sgrigliatore industriale inserito all'interno del circuito di una centrale idroelettreica non poteva essere ricondotto, come aveva fatto il Tribunale, alla categoria delle macchine, pur se a servizio di opere fisse: esso era infatti stabilmente collocato presso l'impianto, sì da non potersi disgiungere quest'ultima dalla griglia che, a sua volta, costituiva la componente fissa della condotta del passaggio dell'acqua della centrale. Peraltro, sempre secondo la ricostruzione contenuta nella sentenza impugnata, la parte fissa dello sgrigliatore (cassero) era fisicamente incorporata nel circuito, avendo la funzione di pulire la griglia e consentire alla stessa di bloccare i detriti senza ostacolare il deflusso dell'acqua, sì che esso doveva ritenersi parte strutturale della centrale idroelettrica. Né in contrario poteva valorizzarsi il fatto che l'intervento del B.B. aveva riguardato la parte mobile dello sgrigliatore: da un lato, infatti, l'intervento sul cilindro aveva interessato anche le parti fisse (traliccio e pulsantiera); dall'altro, nel concetto di manutenzione di cui all'allegato X, dovevano ricomprendersi tutte le operazioni inerenti alle parti fisse che, a loro volta, potevano risultare composte anche da parti mobili, quelle, peraltro, più esposte a eventuali guasti e, dunque, a interventi manutentivi.

La Corte territoriale, poi, ha tratto conferma di tale conclusione anche da un argomento logico, rilevando che, in occasione dell'intervento del maggio, era stato predisposto un POS, seppur inadeguato, a dimostrazione che la stessa API aveva ritenuto dovuto detto adempimento, sul punto respingendo l'assunto difensivo a mente del quale quel documento, pur se denominato "Piano Operativo di Sicurezza", sarebbe stato una mera comunicazione dei rischi e delle misure previste. Al contrario, secondo i giudici d'appello, non solo la denominazione di quel documento, ma il suo stesso contenuto, non lasciavano dubbi sulla sua effettiva natura. Pertanto, la lavorazione durante la quale aveva trovato la morte il B.B. era inerente a un cantiere temporaneo o mobile con conseguente sussistenza dell'obbligo datoriale di predisporre il POS per l'intervento di settembre, stante la inadeguatezza di quello di maggio. Quanto al POS redatto a maggio, il suo contenuto è stato considerato inadeguato e tale da non giustificare la mancata adozione del POS per l'intervento di settembre: esso non conteneva alcuna procedura operativa specifica, la cui predisposizione era completamente rimessa alla committenza; e neppure indicazioni di dettaglio quanto all'intervento manutentivo da svolgersi, limitandosi a riportare informazioni standard sulle attività di cantiere, senza porre in evidenza gli specifici rischi connessi a un intervento che avrebbe dovuto, peraltro, svolgersi in quota, senza punti di attacco in alto e a contatto con elementi mobili estremamente pesanti.

La Corte di merito, inoltre, ha rilevato che il Tribunale aveva del tutto pretermesso la valutazione degli addebiti di colpa generica, essendo specifico obbligo del datore di lavoro quello di effettuare la valutazione dei rischi delle singole lavorazioni, valutando i pericoli ai quali l'attività demandata al lavoratore lo potrebbe esporre, con la previsione di opportune misure di sicurezza, anche a prescindere dalla redazione del POS, ricavando l'obbligo di procedere all'analisi approfondita dei singoli rischi dal dovere di formazione e informazione dei lavoratori. Pertanto, anche ove non tenuto alla redazione del POS, il datore di lavoro non potrebbe esimersi da tale dovere generale e dalla previsione degli specifici rischi nel DVR. Orbene, nella specie, pur risultando dal DVR adottato dalla API Spa la previsione che per le lavorazioni svolte all'esterno presso cantieri la valutazione dei relativi rischi era affidata ad apposito POS, il datore di lavoro non aveva adottato il documento per l'intervento di settembre, laddove quello relativo all'intervento del maggio era risultato incompleto nei termini sopra richiamati, circostanza confermata dallo stesso lavoratore affiancato al B.B. per il primo intervento, il quale aveva dichiarato che né lui né il B.B. avevano ricevuto alcuna indicazione operativa, con conseguente, ulteriore conferma, della inadeguatezza del sistema di valutazione e controllo dei rischi.

Infine, quanto all'addebito di colpa generica, la Corte ha rilevato che esso era stato ricondotto alla mancata previsione della partecipazione di due soggetti qualificati all'attività di manutenzione durante la quale aveva trovato la morte il B.B., conclusione basata sulle prove dichiarative: i lavoratori C.C. e D.D. avevano, infatti, affermato che l'operazione era delicata, dovendo il lavoratore alla pulsantiera controllare i movimenti del rastrello, laddove, nella specie, al B.B. era stato affiancato un lavoratore del tutto inadeguato e privo di qualunque esperienza per quel tipo di lavorazione, come dal medesimo riconosciuto. Né poteva ritene.si, come pure assunto dalla difesa, che tali considerazioni derivassero da nulla più che mere opinioni personali dei dichiaranti, tenuto conto della natura della lavorazione, da svolgersi in quota e a contatto con parti mobili di peso notevole, sì che le mansioni di controllo del relativo movimento, per tutelare la sicurezza del collega, non avrebbero potuto essere assegnate a un soggetto inesperto e improvvisato. Altrettanto infondata, poi, è stata ritenuta l'osservazione difensiva secondo la quale l'invio del solo B.B. e la mancanza del POS a settembre erano giustificati dalla diversità dell'intervento rispetto a quello del maggio, poiché entrambi evidenziavano gli stessi fattori di rischio, imponendo l'adozione delle medesime regole prevenzionali.

Le ritenute omissioni , peraltro, sono state ritenute correlate al rischio concretizzatosi: la previsione dei rischi e la relativa informazione del lavoratore, in uno con la presenza di un altro lavoratore in grado di segnalare l'inadeguatezza delle misure approntate e di coadiuvare il primo durante la lavorazione, avrebbero certamente consentito lo svolgimento del lavoro in sicurezza e, dunque, scongiurato l'evento, peraltro del tutto prevedibile, trattandosi di rischio generico di caduta dall'alto, per di più in presenza di parti mobili di notevole peso.

Infine, nessuna incidenza causale assorbente poteva essere attribuita al comportamento del B.B. nell'occorso: costui, infatti, non aveva attivato alcun rischio eccentrico rispetto a quello oggetto delle norme di prevenzione violate; né era impegnato in un'attività estranea ai suoi compiti, essendo stato espressamente incaricato di eseguire proprio quell'intervento; neppure egli avrebbe potuto svolgere quel lavoro assicurandosi contro il rischio di caduta, poiché, a causa della struttura dello sgrigliatore, non vi erano appoggi sopraelevati ai quali ancorare una fune.

3. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando quattro motivi.

Con il primo, ha dedotto violazione di legge in relazione alla ritenuta esistenza, nel caso all'esame, di un cantiere temporaneo o mobile, tenuto conto della definizione contenuta nell'art. 89, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008: secondo il ricorrente, l'interpretazione della Corte d'Appello che ha considerato opera fissa un macchinario che, pur asservito a opere fisse, non ne partecipa la natura, sarebbe priva di riscontro normativo, versandosi in ipotesi di manutenzione di un impianto elettromeccanico senza compimento di opere edili o di ingegneria civile. Richiamata la definizione di macchina contenuta nella direttiva 2006/42/CE, la difesa ha ritenuto l'impossibilità di una coniugazione di tale descrizione con il concetto di opera fissa, la conclusione della Corte territoriale non poggiando neppure su un sapere tecnico, la macchina restando tale anche se installata in un edificio, rilevando, sotto altro profilo, l'assurdità di una differenziazione delle regole a seconda che il macchinario sia o meno asservito a opera fissa.

Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di norme processuali penali, in relazione al principio di correlazione tra accusa e sentenza: nella rubrica non si rinverrebbe la descrizione della colpa specifica (o generica), non essendo richiamata alcuna condotta idonea a fondare la violazione dell'art. 2087 cod. civ., non essendo stata neppure contestata la carenza del DVR, al quale si dovrebbe guardare ove si ritenesse insussistente l'obbligo di adottare il POS. Parimenti, quanto alla presenza di due operatori, la difesa ha rilevato che l'addebito di colpa non sarebbe descritto nell'imputazione, nella quale non è stata neppure indicata la specifica norma violata.

Con il terzo motivo, ha dedotto vizio della motivazione quanto al profilo di colpa inerente alle carenze del DVR: la difesa richiama il contenuto del DVR per rilevare come siano ad esso estranee le singole procedure lavorative che presuppongono valutazioni del DVR, ma attengono al caso concreto, rispetto ad esse venendo in rilievo l'art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008, neppure menzionato dai giudici territoriali. Quanto al DUVRI, poi, la difesa ha rilevato che esso è elaborato dal committente ma con la partecipazione necessaria dell'appaltatore, le sue osservazioni confluendo nel DUVRI stesso. Nella specie, secondo la ricostruzione della difesa, API avrebbe elaborato un documento denominato POS che conteneva la valutazione dei rischi e le misure idonee a fronteggiarli. Tale documento era stato inviato alla committenza, così entrando a far parte integrante del DUVRI. In ogni caso, API avrebbe valutato i rischi del singolo intervento, la Corte territoriale non avendo affermato alcunché su dette previsioni contenute nel documento che la società non era neppure tenuta ad adottare.

Infine, con il quarto motivo, ha dedotto analogo vizio quanto alla violazione della regola della necessaria presenza di due operatori: la Corte non ha indicato la norma che fondi il principio della necessaria presenza di due lavoratori e neppure citato una specifica fonte alla quale agganciare il proprio convincimento, essendosi limitata a valorizzare due testimonianze che rappresenterebbero nulla più che personali opinioni di un lavoratore e dell'ispettore ATS.

4. Il Procuratore generale, in persona della sostituta Lidia GIORGIO, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. I difensori del A.A. hanno depositato memoria di replica, sviluppando le argomentazioni a sostegno dei motivi del ricorso e concludendo per il suo accoglimento.

 

Diritto


1. Il ricorso va rigettato.

2. La riforma della Corte di merito impone, in via preliminare, la verifica dell'eventuale violazione del disposto di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 1 comma 58, della legge 23 giugno 2017, n. 103 e in vigore dal 03 agosto 2017, e ciò nonostante la questione non abbia formato oggetto di apposito motivo di ricorso, trattandosi di violazione rilevabile d'ufficio. Il principio recepito dalla suindicata norma costituisce, com'è noto, il precipitato di un lungo percorso già avviato dalla giurisprudenza di legittimità -all'indomani della sentenza della Corte E. D.U. 05/07/2011 nel caso Dan e/ Moldavia - secondo cui, in caso di reformatio in peius da parte del giudice d'appello, questi ha l'obbligo di rinnovare l'istruttoria e di escutere nuovamente i dichiaranti, qualora valuti diversamente la loro attendibilità rispetto a quanto ritenuto in primo grado (ex multis, Sez. 5 n. 29827 del 13/03/2015, Petrusic, Rv. 265139-01; Sez. 6, n. 44084 del 23/09/2014, Mihasi, Rv. 260623-01; Sez. 3 n. 11658 del 24/02/2015, P., Rv. 262985 01; Sez. U, n. 27620 del 28 aprile 2016, Dasgupta, Rv. 267489-01; Sez. U, n. 18620 del 19/1/2017, Patalano, Rv. 269787-01). Quanto alla rilevabilità di ufficio della violazione di tale divieto, cui la norma non collega alcuna espressa sanzione processuale, va condiviso l'orientamento, progressivamente consolidatosi, per il quale essa deve ritenersi rilevabile di ufficio nel giudizio per cassazione, ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen., poiché tale regola processuale configura una garanzia fondamentale dell'ordinamento, la cui violazione qualifica la sentenza come emessa al di fuori dei casi consentiti dalla legge (Sez. 6, n. 37979 del 11/07/2023, Valoncini, in motivazione, laddove si opera un richiamo anche a Sez. 6, n. 14062 del 16/03/2021, A., Rv. 281661-01; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 45678 del 21/09/2002, n. m.; Sez. 2, n. 23931 del 4/05/2022, n. m.; Sez. 2, n. 20681 del 10/03/2022, n. m.; Sez. 5, n. 15285 de 08/02/2022, n. m.; Sez. 1, n. 12011 del 11/01/2022, n. m.).

Fatta tale premessa, deve escludersi che, nella specie, la Corte d'Appello sia incorsa in detta violazione: perfettamente edotto del problema, quel giudice ha infatti rilevato che, nella specie, non si poneva una questione di diversa valutazione delle prove dichiarative, del tutto omessa dal primo giudice, poiché la divergenza dell'epilogo decisorio era conseguenza di un rilevato error in iudicando, nel quale quel giudice era incorso nel fare applicazione delle norme di legge inerenti al caso all'esame, con specifico riguardo alla definizione della lavorazione demandata al B.B. quale lavoro edile o di ingegneria civile ai sensi dell'art. 89, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, per come definito dall'allegato X richiamato dalla norma citata.

2. Ciò posto, il primo motivo, inerente all'addebito di colpa specifico e, a monte, alla riconducibilità della fattispecie alla previsione di cui all'art. 89 D.Lgs. 81/2008, è infondato.

La Corte torinese ha esaminato le doglianze difensive veicolate con l'atto di appello, muovendo dalla questione centrale inerente all'inquadramento della lavorazione nel corso della quale è avvenuto l'infortunio quale opera inerente a cantiere temporaneo o mobile ai sensi dell'art. 89, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008. Da esso, infatti, deriva la sussistenza dell'obbligo per il datore di lavoro di redigere il piano operativo di sicurezza di cui alla lettera h) del medesimo articolo, con riferimento alla singola lavorazione, al fine di adempiere a quello che è un compito non delegabile della figura datoriale, la valutazione cioè dei rischi che confluisce nel documento generale e programmatico sulla sicurezza e la salute dei lavoratori (DVR), il cui oggetto è a sua volta definito dall'art. 28 del D.Lgs. 81/2008 citato. Quanto, poi, ai contenuti del POS, l'art. 89, comma 1, lett. h)1 suindicato fa rinvio all'allegato XV che contiene un'analitica elencazione e, al punto 3.2.1., stabilisce che esso è redatto a cura di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici, ai sensi dell'articolo 17 del decreto, in riferimento al singolo cantiere interessato e deve contenere, tra l'altro, per quanto qui d'interesse, i dati identificativi dell'impresa esecutrice, le specifiche mansioni inerenti alla sicurezza, svolte in cantiere da ogni figura nominata allo scopo dall'impresa esecutrice, la descrizione dell'attività di cantiere, delle modalità organizzative e dei turni di lavoro, l'individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle proprie lavorazioni in cantiere, l'elenco dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori occupati in cantiere, la documentazione in merito all'informazione· e alla formazione fornite ai lavoratori occupati in cantiere.

Com'è noto, l'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008 contiene una serie di definizioni e, con riferimento allo specifico aspetto in questa sede rilevante (definizione di cantiere temporaneo o mobile), espressamente prevede che "cantiere" è qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile per la definizione dei quali rinvia all'allegato X (che, a sua volta, contempla i "lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro", oltre agli scavi e il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile).

Nella specie, la Corte del merito ha descritto le caratteristiche dell'ambiente di lavoro e la lavorazione demandata al B.B., dando atto che essa aveva avuto a oggetto un macchinario industriale facente parte del circuito di una centrale idroelettrica, congruamente giustificando il rigetto delle osservazioni difensive intese ad accreditare la tesi che si sarebbe trattato di un intervento manutentivo su una singola macchina, con conseguente insussistenza dell'obbligo di redigere il POS e applicazione della normativa di cui alla direttiva macchine del 1996, che avrebbe reso operativi altri obblighi e messo in rilievo diversi addebiti colposi non contestati. La Corte territoriale ha dato aperta risposta ai dubbi difensivi, rigettandoli alla stregua di un ragionamento che non denuncia alcuna aporia: in base agli elementi fattuali disponibili, infatti, ha ritenuto che, da un lato, l'asservimento stabile della parte mobile al macchinario integrante il circuito dell'acqua della centrale idroelettrica rendeva indispensabile il coinvolgimento delle parti fisse (nella specie, il traliccio e la pulsantiera); dall'altro, e soprattutto, che la natura stessa dell'intervento manutentivo, inteso proprio a consentire il regolare deflusso dell'acqua in quel complesso (e, quindi, il funzionamento stesso della centrale) lo rendeva onnicomprensivo di tutte le operazioni inerenti alle opere fisse o strutturali, compresi gli elementi mobili, peraltro, più soggetti a guasti e, dunque, a interventi manutentivi.

Né coglie nel segno il rilievo difensivo inerente al significato effettivo del documento valorizzato a riscontro dai giudici della condanna: a parte la intrinseca logicità della conclusione per la quale - avendo la API redatto il POS per l'intervento di maggio 2020 (risoltosi in un nulla di fatto per mancanza di un bullone) - la stessa società lo aveva ritenuto necessario, sotto altro profilo, va pure osservato che la Corte ha, comunque, congruamente giustificato l'affermazione che neppure il POS redatto a maggio poteva supplire alla omessa redazione di apposito documento per l'intervento manutentivo di settembre. Quanto alla natura di esso, poi, la qualificazione come POS è derivata sia dalla stessa denominazione data dalla API, ma anche e soprattutto dal suo contenuto, tenuto conto delle indicazioni ricavabili dall'allegato X.

Si tratta di una valutazione di merito condotta dai giudici territoriali in maniera congrua, senza manifeste illogicità o contraddizioni che la difesa non ha introdotto con gli argomenti sviluppati nel ricorso.

3. Il secondo e il quarto motivo, tra loro correlati, sono manifestamente infondati, il quarto essendo anche del tutto generico.

Secondo un consolidato orientamento, intanto può evocarsi la violazione del principio di cui all'art. 521, cod. proc. pen., in quanto si evidenzi la correlata compromissione di facoltà difensive. La giurisprudenza ha, da tempo, chiarito che il principio di correlazione tra contestazione e sentenza è funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato, con la conseguenza che la sua violazione è ravvisabile quando il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto al fatto contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva (Sez. 6, n. 10140 del 18/02/2015, Bossi, Rv. 262802-01; Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, Saracino, Rv. 284713-02, in cui si è precisato che detta violazione è ravvisabile, non solo nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, ma anche quando esso non consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto cioè di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione; Sez. 5 n. 7984 del 24/09/2012, dep. 2013, Jovanovic, Rv. 254648-01). Tali principi sono, peraltro, coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione, ma anche con l'art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (Corte EDU 2 sez. 11 dicembre 2007); ma, anche successivamente, con la pronuncia del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n. 2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell'art. 6 cit. nel caso in cui l'interessato abbia avuto una possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.

Ciò posto, nella specie, l'imputato ha ampiamente controdedotto in merito alla necessità della compresenza di altro lavoratore esperto (ciò che era avvenuto a maggio, ma non a settembre, stante l'inesperienza del soggetto prescelto per manovrare la pulsantiera e controllare il macchinario mentre la vittima era impegnata in quota sulla componente mobile), ma in ordine all'importanza della formazione e informazione sui rischi propri della lavorazione che, peraltro, implicava un rischio generico di caduta dall'alto, stante la necessità di operare in quota, senza neppure possibilità di ancoraggi.

Quanto, poi, al richiamo all'art. 2087, cod. civ., espressamente evocato nell'imputazione, esso attiene alla violazione delle misure e degli accorgimenti che l'imprenditore deve adottare ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (Sez. 4, n. 9745 del 12/11/2020, dep. 2021, Dutu, Rv. 280696-02; n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265052-01). Tale dovere generale può fondare anche da solo la responsabilità per colpa generica in capo alla figura datoriale, ma, al fine di scongiurare interpretazioni che possano introdurre il rischio del riconoscimento di forme di responsabilità oggettiva in capo a tale figura centrale della sicurezza, tale obbligo deve essere fattualmente connotato. Ciò che, nella specie, è avvenuto, con ciò rispondendosi espressamente al quarto motivo di ricorso: i giudici del merito hanno richiamato gli esiti dell'istruttoria e valutato la specificità della lavorazione della quale il A.A. avrebbe dovuto gestire i relativi rischi, senza che possa ritenersi obbligatoria l'acquisizione di un sapere esperto, trattandosi, nella specie, di una valutazione di merito, che i giudici territoriali hanno condotto ancorandola a specifici dati probatori.

4. Infine, è manifestamente infondato anche il terzo motivo, dovendosi peraltro rilevare che la censura muove da un'errata interpretazione del ragionamento operato dai giudici del merito nella sentenza impugnata. Richiamato, sul punto, quanto già affermato in ordine alla natura del POS redatto a maggio 2020, la difesa sembra aver confuso (sebbene addebiti detta confusione alla sentenza impugnata) i due piani della responsabilità colposa, nella specie espressamente ricondotta sia a omissioni degli obblighi generici di cui all'art. 2087, cod. civ., sia pur nei termini sopra chiariti, sia alla violazione specifica inerente all'omessa redazione del POS o, comunque, anche a voler recuperare quello redatto a maggio, alla incompletezza e inadeguatezza di esso.

Di talché, del tutto eccentrico appare il rinvio al DUVRI per affermare che quel "POS" avrebbe avuto natura di contributo alla valutazione di quei rischi che nulla hanno a che vedere rispetto alla valutazione propria spettante al datore di lavoro nei termini sopra tracciati.

5. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 28 novembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2025.