Cassazione Penale, Sez. 4, 08 gennaio 2025, n. 549 - Taglio delle dita con la macchina troncatasselli priva di protezione


 


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere

Dott. BRANDA Francesco Luigi - Relatore

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a S il (Omissis)

avverso la sentenza del 20-10-2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO LUIGI BRANDA;

udito il procuratore Generale, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso.

sentito l'avvocato ASTI LAURA del foro di BOLOGNA difensore di A.A., che ha esposto le ragioni del ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento.

 

 

Fatto

 

1. La Corte di appello di Bologna, con la decisione indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Rimini in data 14 settembre 2022, ha riconosciuto all'imputato A.A. le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all'articolo 62 n.6 cod. pen. e ha rideterminato la pena in giorni 20 di reclusione, confermando, nel resto, l'accertamento di responsabilità per il reato di cui agli articoli 590, commi 2 e 3, e 583 comma 1, n.2, cod. pen., in relazione agli articoli 70 comma 2 e 71 comma l, D.Lgs. 81-2008 (con riferimento all'allegato V, punti 6.1 e 6.3).

L'infortunio, in cui la persona offesa ha subito il taglio di alcune dita della mano sinistra, con indebolimento permanente della funzione prensile, era stato provocato dalla lama della macchina troncatasselli, utilizzata da B.B., dipendente della "Società Cooperativa imballaggi ", rappresentata dal A.A.; la persona offesa, dopo aver rimosso il carter di protezione della lama, in cui si era incastrato un residuo di legno, aveva tentato di sbloccare la troncatasselli mediante rimozione dell'ostacolo, ma nello svolgimento di questa operazione, a causa della ripresa della corsa della lama, aveva subito il taglio delle dita.

Secondo la Corte di merito, la colpa del datore di lavoro era principalmente individuabile nell'aver consentito l'utilizzo di una macchina obsoleta e non conforme alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008; la macchina non era dotata di un sistema di blocco automatico, attivato nel caso di apertura del carter di protezione della lama.

2. A.A., mediante il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione con un unico motivo, censurando, con più argomenti, la decisione impugnata per violazione di legge, e segnatamente dell'art.43, comma 3, cod. pen.,oltre che per vizio di motivazione.

Ad avviso del ricorrente, i giudici di merito hanno omesso di individuare in concreto il presidio tecnico da adottare, idoneo ad impedire, con alta probabilità logica, la verificazione dell'evento lesivo occorso.

Infatti, gli stessi giudici si sono limitati ad affermare che il testimone di PG C.C. aveva precisato come l'operazione di messa in sicurezza della macchina, benché di complicata attuazione, fosse tecnicamente possibile, senza tuttavia individuare, in concreto, quale presidio tecnico dovesse essere applicato, essendo insufficiente a tal fine l'astratta indicazione della necessità di inserimento di un sistema di blocco automatico del macchinario in caso di rimozione del carter di protezione (previsto come presidio dall'allegato V, punto 6.3) che avrebbe, senza dubbio, evitato l'attivazione della lama, al momento dell'asportazione da parte del B.B. del pezzo di legno rimasto incastrato.

Del resto, lo stesso testimone C.C. aveva evidenziato che il citato allegato V ha fissato degli obiettivi, ma non indicato le soluzioni tecniche da adottare, le quali avrebbero dovuto essere invece concretamente individuate nella fase istruttoria, atteso che il giudizio sulla causalità della colpa presuppone un'attenta verifica, tramite giudizio controfattuale ipotetico, della effettiva valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito.

In secondo luogo, rileva la contraddittorietà delle valutazioni effettuate dapprima dal Tribunale, il quale ha fatto riferimento alla necessità di impiego di un carter non facilmente smontabile, volto ad impedire qualsivoglia contatto con la lama, anche nell'ipotesi di disattenzione o comportamenti negligenti da parte del lavoratore, laddove invece la Corte territoriale ha indicato la necessità di un sistema di blocco automatico del macchinario, in caso di rimozione del carter di protezione, ritenendo perciò necessario un presidio diverso rispetto a quello segnalato dal primo giudice, senza tuttavia dar conto della individuazione del sistema di blocco automatico effettivamente installabile.

Ed ancora, osserva che, dalla stessa istruttoria (testimonianza dell'addetto alla manutenzione D.D.), era emersa la presenza ineliminabile di un varco nel carter, necessario per consentire il passaggio delle travi in legno, il quale avrebbe comunque consentito l'ingresso della mano del lavoratore e, dunque, non avrebbe eliminato il rischio del contatto con le parti meccaniche, essendo tecnicamente impossibile una chiusura totale, pena l'impedimento della lavorazione.

Al riguardo, la Corte territoriale si sarebbe limitata ad osservare che il suddetto spazio "comunque non consentiva l'operazione di rimozione degli sfridi incastrati nei pressi della lama, come dimostra pacificamente la circostanza che il B.B. per effettuare tale operazione avesse dovuto rimuovere il carter esistente".

Il ricorrente rileva che le disposizioni di cui all'allegato V prevedono che, ove non sia possibile agire sulla macchina, data la sua conformazione, che nel caso di specie era caratterizzata dalla presenza ineliminabile di uno spazio in cui sarebbe stato possibile comunque inserire la mano, sarebbe stato necessario spostare l'attenzione sull'operatore, prevedendo specifiche procedure atte a contenere il rischio; nel caso di specie tali cautele apparivano sussistenti, atteso che - come attestato dalla procedure di utilizzo e di manutenzione - era stato espressamente previsto che l'operatore avrebbe dovuto limitarsi a caricare le travi in legno sul macchinario, mentre la pulizia e la manutenzione, anche in caso di inceppamento della macchina, erano attività esclusive degli addetti alla manutenzione, essendo vietato ad altri, effettuare tali operazioni, riservate esclusivamente a personale qualificato.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

Va premesso che compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. 1 -, Sentenza n. 45331 del 17-02-2023 Ud. (dep. 10-11-2023) Rv. 285504 ; Sez. U., n. 930 del 13-12-1995, dep, 29-01-1996, Clarke, Rv, 203428 -01).

Esula quindi dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per Cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24-11-1999, Spina, Rv. 214794 -01; cfr. altresì Sez. U, n. 47289 del 24-09-2003, Petrella, Rv. 226074 -01).

La Corte di legittimità ha altresì rilevato che anche dopo la modifica dell'art.606 lett. e) cod. proc. pen. per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 6 -, Sentenza n. 5465 del 04-11-2020 Ud. (dep. 11-02-2021) Rv. 280601; Sez. 5, n. 17905 del 23-03-2006, Baratta, Rv. 234109).

2. Nel caso di specie, i giudici di appello hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma dei motivi di appello sui punti specificamente indicati dagli appellanti, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure sollevate.

L'impugnata sentenza ha esaustivamente illustrato i profili di colpa specifica, ascritta al A.A.

Premesso che i macchinari e gli impianti in genere devono essere conformi, non solo alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari, ma anche ai requisiti generali di sicurezza di cui all'Allegato 5 TUSL e alle più avanzate conoscenze tecniche e scientifiche nello specifico campo, la Corte territoriale ha spiegato perché la macchina troncatasselli che provocò il sinistro fosse inidonea sotto il profilo delle cautele antinfortunistiche, in quanto priva di un dispositivo di blocco automatico che avrebbe dovuto attivarsi in ipotesi di sollevamento del carter posto a protezione della lama.

Anche in relazione alla causalità della colpa, la decisione sfugge alle censure sollevate.

Al riguardo, si rammenta che la regola fissata dall'art. 43 cod. pen., secondo la quale per aversi colpa l'evento deve essere stato causato da una condotta soggettivamente riprovevole, implica che l'indicato nesso eziologico non si configura quando una condotta diligente (il cosiddetto comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l'evento. Si ritiene, infatti, che non sarebbe razionale pretendere, fondando poi su di esso un giudizio di rimproverabilità, un comportamento che sarebbe comunque inidoneo ad evitare il risultato antigiuridico. Specularmente, la colpa si configura - come autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite - quando la cautela richiesta avrebbe avuto significative probabilità di successo; quando, cioè, l'evento avrebbe potuto essere ragionevolmente evitato, configurandosi la cosiddetta "causalità della colpa" (Sez. U, n. 38343 del 24.04.2014, Espenhahn, in motivazione).

Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte di appello ha fatto buon governo di tali principi, affrontando in modo specifico la questione e chiarendo che, per come riferito dal teste C.C., tecnico della Asl, la macchina utilizzata dalla lavoratrice era obsoleta e non conforme alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, per cui il datore di lavoro avrebbe dovuto adeguare il macchinario al fine di eliminare in pericolo, fino a giungere ave necessario alla sua sostituzione.

È stato correttamente affermato dai giudici di merito che il rischio non era stato adeguatamente fronteggiato, nonostante la possibilità di applicare un sistema di blocco automatico della lama, in caso di rimozione del carter di protezione; ed in effetti, fu proprio l'assenza del sistema di blocco che - secondo la corretta valutazione dei giudici di merito ­ non ha impedito alla lama di riprendere la sua corsa, tranciando le dita della mano al dipendente infortunato, il quale dopo aver rimosso il carter, si era avvicinato con la mano alla lama per togliere il residuo di legno incastrato.

La Corte ha risposto all'osservazione secondo cui la macchina avrebbe comunque presentato un pertugio per il passaggio dei morali, osservando che comunque lo spazio non consentiva l'operazione di rimozione degli sfridi incastrati nei pressi della lama, come dimostra pacificamente la circostanza che il B.B., per effettuare tale operazione, avesse dovuto rimuovere il carter esistente.

Il motivo di ricorso, pertanto, in quanto diretto a contestare le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito, con argomentazione non illogica, è da ritenersi infondato.

2.1 Pure infondata è la censura inerente alla dedotta abnormità della condotta del dipendente.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito i termini della questione riguardante le condizioni alle quali può riconoscersi rilevanza interruttiva del nesso causale, nell'ambito dei reati colposi da infortuni sul lavoro, al comportamento imprudente, inesperto, negligente del lavoratore.

Perno centrale dell'indirizzo tracciato dalla giurisprudenza della Corte, anche a Sezioni Unite, è costituito dal fatto che la condotta inosservante del lavoratore si collochi l) meno nell'area di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. In tale quadro si considera "interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chi21mato a governare" (Sez. U, n. 38343 del 24-04-2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto; cfr. in termini Sez. 4, n. 15124 del 13-12-2016 -dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).

Ciò posto, e venendo al caso di specie, la sentenza impugnata correttamente ha escluso che la persona offesa stesse operando in un contesto estraneo ai suoi compiti.

Invero, risulta in atti che il B.B. era addetto all'utilizzo della macchina ove avvenne l'infortunio; e a poco rileva che egli non svolgesse mansioni di manutentore, essendo stato evidenziato in sentenza, che il medesimo, anche in altre occasioni, aveva provveduto personalmente a rimuovere sfridi dal macchinario, e che pertanto il rischio che uno sfrido inceppasse la macchina non poteva considerarsi eccezionale.

Logicamente i giudici di merito hanno escluso che la condotta tenuta da B.B., benché negligente, in quanto costui aveva omesso di spegnere la macchina troncatasselli prima di operare sulla stessa come previsto dalla procedura di utilizzo, costituisse un uso del tutto imprevedibile della macchina, tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

Nella decisione impugnata, è stato pure osservato che la condotta di B.B. non può ritenersi abnorme per non avere il medesimo chiamato il manutentore, avendo il teste B.B. chiarito che in realtà tale tipo di operazione era normalmente svolta dai lavoratori stessi, sicché quantomeno corrispondeva ad una prassi tollerata, essendo perciò evidente che si trattava di rischio conoscibile e governabile da parte del datore di lavoro, e che quindi era suo dovere prevenire ed evitare il concretizzarsi.

La sentenza, pertanto, ha fatto corretta applicazione del principio per cui in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le disposizioni di cui agli artt. 41 e 68 D.P.R. n. 547 del 1955 circa la necessità della messa in sicurezza delle parti pericolose delle macchine, hanno un carattere generale e trovano applicazione, senza lasciare alcun margine di discrezionalità ai soggetti cui incombe il rispetto della norma, in tutti i casi in cui vengano adoperati macchinari che presentino elementi di pericolo per il lavoratore (Sez. 4 -, Sentenza n. 36153 del 22 -09­2021 Ud. Rv. 281886; Sez. 4, n. 2991 del 06-12-2007 Ud. (dep. 21-01-2008) Rv. 238671 ­01).

Ciò che rileva è che la macchina troncatasselli presentava effettivamente elementi di pericolosità nei termini poi concretizzatisi.

Quanto alla disposizione violata, l'art. 71 D.Lgs. 81-2008 - già in vigore al momento del fatto - fa obbligo al datore di lavoro -o al suo delegato alla sicurezza - di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per lavoratori addetti all'utilizzazione di una macchina, a meno che questa non presenti un vizio occulto (Sez. 4 -, Sentenza n. 41147 del 27-10-2021 Ud. (dep. 12-11-2021) Rv.282065; Casso Sez. 4, sento N. 4549 del 29-01-2013); e, nella specie, la Corte di merito ha motivato in modo adeguato (pp. 7-8 sentenza impugnata) in ordine al fatto che la macchina era sprovvista di dispositivi di protezione idonei ad evitare la concretizzazione del rischio in esame, per non avere adeguato gli standard di sicurezza alla luce dei progressi della tecnologia e non avere installato meccanismi di blocco automatico.

Riguardo alla doglianza difensiva, secondo cui non è stato sufficientemente provato quale tipo di protezione avrebbe dovuto essere installata e soprattutto se la stessa avrebbe potuto evitare l'evento, la Corte territoriale ha chiarito -con motivazione immune da vizi logici - che la scelta di continuare ad utilizzare la macchina aveva come sua condizione insuperabile l'inserimento di un sistema di blocco automatico del macchinario in caso di rimozione del carter di protezione (presidio previsto dal citato allegato V, punto 6.3), residuando come unica alternativa il disimpiego del macchinario obsoleto.

3. Alla declaratoria di rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art 616 cod. proc. pen.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2024

Depositato in Cancelleria l'8 gennaio 2025