Cassazione Penale, Sez. 3, 10 gennaio 2025, n. 1031 - Rischio di elettrocuzione: inadeguatezza del piano operativo di sicurezza e mancanza di formazione


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta da:

Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente

Dott. BUCCA Lorenzo Antonio - Relatore

Dott. GIORGIANNI Giovanni - Consigliere

Dott. MAGRO Maria Beatrice - Consigliere

Dott. AMOROSO Maria Cristina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a C il (Omissis)

B.B. nato a R il (Omissis)

avverso la sentenza del 06-12-2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LORENZO ANTONIO BUCCA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIANLUIGI PRATOLA che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi

uditi i difensori, che hanno rassegnato le conclusioni di seguito riportate:

l'avvocato ZAGARESE ALDO , in difesa delle PARTI CIVILI, anche in sostituzione dell'avvocato ZAGARESE GIOVANNI , insiste sulla richiesta di inammissibilità o rigetto dei ricorsi. Deposita in udienza conclusioni scritte e nota spese;

l'avvocato URSO GIUSEPPE , in difesa della PARTI CIVILI, chiede l'inammissibilità dei ricorsi. Deposita in udienza conclusioni scritte;

l'avvocato ROMEO ANNA MARIA , in difesa di GROUPAMA ASS.NI Spa, si riporta ai motivi di ricorso e chiede che vengano accolti i ricorsi degli imputati;

l'avvocato DE GAETANO LUIGI , in difesa del COMUNE DI PIETRAPAOLA, si riporta alle memorie depositate e insiste per l'annullamento della sentenza senza rinvio;

l'avvocato SAPIA VINCENZO , in difesa di A.A., si riporta integralmente ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento;

l'avvocato PARROTTA ARALDO , in difesa di B.B., chiede la cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado;

l'avvocato DE FEO NICOLA FABIO , anche in sostituzione dell'avvocato MORELLI FRANCESCO , in difesa di B.B., si riporta a quelli che sono i motivi di ricorso.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Catanzaro il 19 maggio 2021, in riforma integrale della sentenza, appellata dagli imputati, dalle parti civili e dal Comune di Pietrapaola, quale responsabile civile, con cui il Tribunale di Castrovillari, il 3 aprile 2018, aveva riconosciuto A.A. e B.B. responsabili, in cooperazione colposa ex art. 113 cod. pen., di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandoli alla pena di giustizia e, unitamente ai responsabili civili, al risarcimento dei danni, in forma generica, in favore delle parti civili, ha assolto gli imputati, per insussistenza del fatto, conseguentemente revocando le statuizioni civili.

2. Con sentenza in data 25-10-2022, la Quarta Sezione della Corte di cassazione, accogliendo i ricorsi proposti dal Procuratore generale e dalle parti civili, ha annullato la sentenza impugnata rinviando per nuovo giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Catanzaro.

3. Con sentenza in data 6-12-2023, la Corte di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio, ha condannato gli imputati e i responsabili civili al pagamento, a titolo di provvisionale, di Euro 50.000,00, in favore di C.C., in proprio e quale rappresentante dei figli minori D.D. e E.E., di Euro 20.000,00 in favore di F.F. e di G.G., di Euro 10.000,00 ciascuno per H.H. e I.I. nonché ;Il pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili confermando nel resto la sentenza.

Avverso la decisione hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati, a mezzo dei difensori di fiducia.

4. A.A., con il primo motivo, denuncia l'inosservanza o l'erronea applicazione degli artt. 28 comma 2 lett. b) ed f) del D.Lgs. n. 81-2008 con riferimento all'art. 17 comma 1 lett. a) nonché degli artt. 36 e 37 in relazione all'art. 55 comma 5 lett. a) e c) stesso D.Lgs. e il vizio di motivazione in ordine alla "riconducibilità delle violazioni delle norme in materia di sicurezza sul lavoro contestate alla condotta" lui ascritta.

La difesa espone che la sentenza aveva addebitato a A.A. di non aver adottato alcuna misura a tutela del proprio dipendente. Tale conclusione però non tiene conto che:

la società facente capo a A.A. rivestiva la posizione di fornitore per cui non aveva l'obbligo di redigere il piano operativo di sicurezza;

la predetta società aveva predisposto il documento di valutazione dei rischi, che prevedeva espressamente che "le betoniere ed i mezzi aziendali, nell'espletare l'attività di fornitura, devono porsi a distanza di cinque metri da cavi elettrici o cabine elettriche";

A.A. non era tenuto, in quanto fornitore, a verificare "la concreta adozione da parte di B.B. di tutte le misure di sicurezza richieste" nell'area del cantiere" a "inibire l'accesso della betoniera sul luogo attraversato dai cavi" e a essere "presente nel cantiere" o verificare che fosse "presente sul cantiere il direttore dei lavori o il capo cantiere" al momento del getto di calcestruzzo;

a seguito del sopralluogo effettuato in data 1-6-2010, che aveva visto la partecipazione di A.A., J.J. e B.B., era stato concordato un percorso che l'autobetonpompa avrebbe dovuto seguire per procedere al getto del calcestruzzo e che avrebbe tenuto il veicolo a distanza di sicurezza dalla conduttura elettrica.

5. Con il secondo motivo, si denuncia la violazione di legge processuale, in relazione agli artt. 177 e ss. cod. proc. pen. con riferimento all'art. 603 comma 3 bis cod. proc. pen. in relazione alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con riferimento ai testi K.K. e L.L..

Si assume che a seguito della sentenza rescindente, che aveva valutato le due deposizioni come "incerte", sarebbe stato necessario, "seguendo il disposto dell'art. 603 n. 3-bis cod. proc. pen.", rinnovare l'istruttoria dibattimentale con l'escussione dei predetti testi per poi procedere a nuova valutazione di quegli elementi che la sentenza annullata aveva valorizzato ai fini assolutori. Si richiama al riguardo la sentenza n. 27620 del 28-4-2016 delle Sezioni Unite e la sentenza n. 124 del 2019 della Corte costituzionale.

6. Con il terzo motivo, si denuncia il vizio di motivazione lamentando che il giudice di rinvio aveva ritenuto prive di valenza significativa le deposizioni di K.K. e L.L. ed escluso che la condotta della vittima potesse essere ritenuta imprevedibile senza motivazione alcuna.

7. Con il quarto motivo, si contesta la pena irrogata e il diniego delle attenuanti generiche denunciando la violazione degli artt. 132, 133 e 62-bis cod. pen. nonchè il vizio di motivazione sul punto. Si lamenta, in particolare, che il giudice di rinvio non aveva fornito alcuna motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche.

8. B.B., a mezzo del difensore, denuncia, con unico motivo, "La violazione di legge ex art. 606 lett. b) C.p.p., in relazione all'art. 192 comma 3 c.p.p." e il "concorrente vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato". Si assume che il Tribunale non aveva tenuto conto che il luogo ove doveva essere realizzata la piattaforma differiva da quello ove era previsto progettualmente che il veicolo condotto da J.J. dovesse posizionarsi. A tal riguardo si espone che: sono state travisate le deposizioni di M.M. e N.N., i quali avevano dichiarato che la piattaforma doveva essere realizzata nelle immediate vicinanze del muro di recinzione ma non avevano fornito indicazioni in ordine al luogo ove avrebbe dovuto posizionarsi la autobetonpompa per il getto;

la planimetria allegata al piano operativo di sicurezza e le deposizioni di M.M. e O.O. smentiscono quanto la Corte territoriale aveva desunto dalla deposizione di N.N., ossia che gli altri varchi di accesso al cimitero non consentivano di raggiungere il luogo dei lavori con mezzi meccanici;

il piano operativo di sicurezza redatto dall'impresa B.B. dava atto dell'esistenza della sovrastante linea elettrica ad alta tensione ma aveva ritenuto che non influisse sulla sicurezza del cantiere in quanto il percorso che il mezzo della ditta A.A. avrebbe dovuto seguire per arrivare nell'area di cantiere e quello previsto per lo stazionamento del mezzo per procedere alla colata di cemento erano lontani dai cavi elettrici;

l'incidente era stato cagionato dalla condotta eccentrica e imprevedibile di J.J. che aveva collocato l'autobetoniera in un'area esterna a quella del cantiere, peraltro raggiunto seguendo un percorso impervio, differente da quello che gli era stato indicato, dalla Corte territoriale ritenuto, senza alcuna motivazione, la "via più immediata a diretta";

il documento di valutazione dei rischi predisposto dalla ditta fornitrice avrebbe imposto a J.J. di rispettare nell'uso dell'attrezzatura la distanza minima di cinque metri dalle linee elettriche;

la misurazione di uno dei cancelli che immettevano nel cimitero effettuata da B.B., A.A. e J.J., ricostruita dai testi K.K. e L.L., non "trovava altra spiegazione se non ritenendo che in data 10 giugno 2010 entrambi gli imputati avessero segnalato alla presenza del de cuius il percorso che il mezzo doveva percorrere per posizionarsi e procedere al getto".

Con memorie depositate il 21-9-2024 e il 2-10-2024 si sono costituiti responsabili civili Comune di Pietrapaola e GROUPAMA ASS.NI Spa

 

Diritto


Il ricorso presentato da B.B. risulta inammissibile in quanto articolato in motivi non consentiti o manifestamente infondati.

1. È utile precisare che, ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione della riconducibilità del fatto - come ricostruito dai giudici di merito - nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si deduce l'erroneità dell'opera di "sussunzione" del fatto rispetto alla fattispecie astratta; nel secondo caso, invece, la censura si risolve nella contestazione dell'ipotesi ricostruttiva cui è pervenuto il giudice di merito per cui le censure mosse debbono attaccare la motivazione che fonda il verdetto di condanna dimostrandone l'intrinseca inverosimiglianza o la contraddittorietà o le lacune nei passaggi argomentativi decisivi, così da integrare il vizio di cui alla lett. e del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 11125 del 18-1-2024, De Gennaro; Sez. 2, 25825 del 28-2-2024, Bello).

2. Da tali principi il ricorso proposto nell'interesse di B.B. si discosta in quanto, sotto l'egida della violazione di legge, in realtà contesta la ricostruzione del fatto cui è pervenuto il giudice di merito in ordine alla condotta ascritta all'imputato.

Il ricorso e la sentenza impugnata divergono principalmente su una circostanza, ossia l'utilizzazione, da parte degli operai impegnati nella realizzazione dei loculi, del terreno su cui era posizionata l'autobetonpompa per la realizzazione dell'opera appaltata.

3. La Corte d'Appello ha desunto che J.J. non aveva posto in essere "alcun comportamento eccentrico o assolutamente straordinario" ma si era portato nell'area di realizzazione della piattaforma procedendo sul terreno adiacente la cabina di trasformazione, su cui si trovavano depositati i loculi che sarebbero stati collocati sulla platea, arrestandosi a pochi metri dal varco nel muro di cinta del cimitero nei pressi del quale era posizionata la cassaforma predisposta per ricevere il calcestruzzo trasportato da J.J.

A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta valorizzando:

le deposizioni di M.M. e N.N. che avevano dichiarato che l'area nella quale doveva essere realizzata la platea era nelle immediate adiacenze del muro di recinzione, "dietro la cabina";

la deposizione di N.N. che aveva dichiarato che le altre entrate del cimitero erano collocate a differenti altezze e, comunque, immettevano in vicoli che non avrebbero consentito all'autobetonpompa di manovrare;

nel fatto che le strutture in muratura che l'impresa di B.B. avrebbe dovuto collocare sopra la piattaforma in cemento armato si trovavano "addossate al muro della cabina".

La Corte si è fatto anche carico di analizzare le deposizioni dei testi richiamati nel ricorso mettendo in rilievo l'inverosimiglianza delle loro dichiarazioni.

È stato, infatti, rimarcato che:

M.M., stravolgendo quanto dichiarato nel corso delle indagini preliminari, aveva negato che i loculi collocati nei pressi della cabina fossero dell'impresa B.B.;

M.M. e O.O., in ordine alle modalità di accesso all'area di cantiere per i soggetti impegnati nell'esecuzione dell'appalto, avevano fornito nel corso delle indagini preliminari ricostruzioni diametralmente opposte a quelle rese dinanzi al Tribunale, e, comunque, il loro racconto presentava eclatanti incongruenze che precludevano la formulazione di un giudizio di attendibilità (f. 19);

le deposizioni di K.K. e L.L., anche a volere assumere l'attendibilità dei dichiaranti, non provavano che, nel corso del sopralluogo dell'1-6-2010 a J.J. fossero state impartite istruzioni sul percorso da seguire e sul punto in cui dovesse essere posizionata l'autobetonpompa per il getto del calcestruzzo.

4. Un tale apparato argomentativo è stato dal ricorrente contestato deducendo che: erano state travisate le deposizioni di N.N. e M.M.; priva di valenza significativa era la deposizione di N.N. nella parte relativa ai varchi di accesso all'area cimiteriale, in quanto smentita "dalle valutazioni e documenti tecnici presenti in atti"; J.J. aveva posizionato l'autobetonpompa fuori dall'area di cantiere; non era rimasto provato che il varco nel muro di cinta aperto in prossimità della cabina fosse quello di "più immediato e diretto accesso" al luogo ove la piattaforma doveva essere realizzata; il carattere decisivo delle deposizioni di K.K. e L.L..

5. Si tratta, tuttavia, di censure o non ammesse nel giudizio di legittimità o manifestamente infondate.

Innanzitutto, nella sentenza impugnata, le deposizioni di M.M. e N.N., unitamente al materiale fotografico, vengono valorizzate al fine di individuare il luogo ove dovevano essere eseguiti i lavori.

In relazione alla deposizione di N.N., ancora, non si contesta il senso probatorio dato dalla Corte territoriale a tale deposizione, per cui risulta superfluo la verifica se il significato dato dal ricorrente alla testimonianza trovi, sul piano logico, una verosimiglianza non immediatamente smentita dal verbale stenotipico allegato al ricorso, ma si chiede che si proceda a una rivalutazione della deposizione con riferimento "a tutte le valutazioni e documenti tecnici presenti agli atti" non ammissibile in sede di legittimità, restando estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in ordine al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa per l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 1, 24667 del 15-6-2007, Musumeci, Rv. 237207; Sez.2, n.19848 del 24-5-2006,Todisco; Sez. 5, n.36764 del 24-05-2006, Bevilacqua; Sez. 3, n. 38494 del 28-6-29024, De Rossi; Sez. 4, n. 37658 del 26-9-2024, Capece).

Si liquida, poi, l'articolato ragionamento probatorio che aveva portato la Corte territoriale a ritenere che l'area in cui si è verificato il sinistro fosse area di cantiere addebitandolo a un travisamento della prova. E, invece, la Corte aveva desunto che la porzione di terreno circostante la cabina di trasformazione fosse utilizzata dalle maestranze di B.B. per l'esecuzione dell'appalto non soltanto dalle prove dichiarative ma anche dalla collocazione, a ridosso della cabina, dei loculi destinati a sovrastare la piattaforma che l'autobetonpompa di J.J. avrebbe dovuto contribuire a realizzare, circostanza che non trova spiegazione nella ricostruzione difensiva, indicando il piano operativo di sicurezza, su cui l'argomentazione difensiva fonda, un'area interna al cimitero per il deposito dei materiali.

Si contesta, ancora, la rilevanza marginale assegnata alle deposizioni di K.K. e L.L. dalla Corte territoriale, che aveva rilevato che L.L. aveva osservato il colloquio del 28 maggio 2010 a distanza mentre K.K. aveva ammesso che, in sua presenza, non erano state impartite disposizioni al lavoratore in ordine al comportamento che avrebbe dovuto tenere, ricorrendo a un processo induttivo, sviluppato senza chiarire quale sia il criterio di inferenza utilizzato, che dalla misurazione del cancello fa discendere la prova dell'imposizione del divieto a J.J. di sfruttare, per il posizionamento dell'autobetonpompa, l'area circostante la cabina elettrica e senza spiegare perché analogo divieto non fosse stato impartito ai dipendenti o comunque ai collaboratori di B.B. che, prima dell'arrivo di J.J., avevano scaricato i loculi da utilizzare nei lavori a poca distanza dal luogo dell'infortunio.

7. Le considerazioni innanzi esposte non possono che condurre alle conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale in relazione: alla inadeguatezza del piano operativo di sicurezza predisposto, che non aveva preso in considerazione il rischio di elettrocuzione, nonostante la cabina di trasformazione dell'ENEL e le linee elettriche di media tensione presenti in un'area destinata con continuità allo svolgimento di operazioni relative all'esecuzione dell'appalto; alla mancata adozione da parte di B.B. delle misure necessarie a scongiurare la verificazione di eventi dannosi derivanti dalla sussistenza di una tale fonte di pericolo (fg. 20 e 21 della sentenza impugnata); alla non configurabilità di un comportamento abnorme, imprevedibile ed eccentrico della vittima, idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva ascrivibile a B.B. e l'evento mortale, essendosi J.J. limitato a svolgere "la sua ordinaria attività di lavoro utilizzando mezzi di lavoro messigli a disposizione dall'azienda" (penultima pagina della sentenza del Tribunale) facendo "ciò che con certezza altri (e più fortunati) dipendenti prima di lui avevano fatto: ovvero portarsi nell'area di realizzazione della piattaforma ed entrare in diretto contatto con la cabina ivi esistente" (pag. 17 della sentenza impugnata).

Quale legale rappresentante dall'impresa affidataria, a norma dell'art. 97 del D.Lgs. 81-2008, B.B., infatti, era tenuto a verificare le condizioni di sicurezza nei luoghi in cui gli operai avrebbero dovuto operare e adottare le misure necessarie a neutralizzare le fonti di pericolo.

Non è, ancora, superfluo ricordare che "il comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, tanto da escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante e imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore. Tale risultato, invece, non è collegabile al comportamento, ancorchè avventato, disattento, imprudente, negligente del lavoratore, posto in essere nel contesto dell'attività lavorativa svolta, non essendo esso, in tal caso, eccezionale ed imprevedibile" (Sez. 4, n. 48624 del 27-9-2022, Fretta; conf. Sez. 4, n. 7012 del 23-11-2022 (dep. 2023), Cimolai, Rv. 284237 -01; Sez. 3, n. 927 del 28-9-2022 (dep. 202.3), Mastrominico; Sez. 4, n. 7955 del 10-10-2013 (dep. 2014), Rovandi, Rv. 259313 -01).

8. Venendo alla posizione di A.A., il giudizio di responsabilità risulta fondato sull'incompleta valutazione dei rischi derivanti dalla presenza della conduttura elettrica in prossimità del luogo di realizzazione dei loculi e sulla violazione degli obblighi di formazione e informazione in relazione ai compiti che J.J. avrebbe dovuto svolgere il 3-6-2010 nel cantiere dell'impresa B.B.

La Corte territoriale ha dato sì atto che il rischio di elettrocuzione era contemplato nel documento di valutazione dei rischi della società di B.B. ma ha ritenuto la previsione formale insufficiente in quanto non erano state impartite disposizioni concrete o adottate specifiche misure volte a neutralizzare i rischi derivanti dalla "peculiare e pericolosissima prestazione lavorativa richiesta al J.J." Cf. 21 della sentenza), costituendo "la presenza, alle spalle del luogo di realizzazione della piattaforma di una cabina elettrica sovrastata da cavi di alta tensione" una fonte di pericolo in grado di determinare gravissime conseguenze per l'autista.

In relazione agli obblighi di informazione e formazione, la Corte ha, poi, rilevato che: il sopralluogo dello giugno 2010 non si era concluso con l'indicazione di istruzioni vincolanti a J.J.;

il corso di apprendistato di tre anni si era svolto secondo modalità formative rimaste sconosciute e, comunque, era relativo alle mansioni di pompista, ben diverse da quelle di autista di una betoniera dotata di un braccio meccanico comandato a distanza a mezzo di una pulsantiera elettrica;

la partecipazione alle riunioni periodiche, la sottoscrizione di schede o la disponibilità del libretto di istruzioni del mezzo non potevano supplire a una "adeguata e mirata e specifica istruzione in relazione alla concreta prestazione lavorativa che in un dato momento viene richiesta, soprattutto se la medesima deve essere svolta in un contesto ambientale e territoriale di elevata pericolosità".

Orbene, è discutibile la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale in ordine all'obbligo dell'impresa di aggiornare costantemente il documento di valutazione dei rischi mediante l'inserimento delle specifiche misure resesi necessarie in un determinato cantiere per fronteggiare un pericolo già contemplato nel documento ma i rilievi mossi dalla difesa a tale passaggio della motivazione non assumono carattere decisivo.

In relazione, infatti, alle violazioni degli obblighi di informazione e formazione, costituenti una seconda e del tutto indipendente ragione giustificativa in grado di sorreggere autonomamente la decisione contestata, le valutazioni della Corte territoriale si sottraggono alle censure difensive che risultano:

apodittiche, laddove rappresentano che i predetti obblighi erano stati adempiuti con la riunione del 28-5-2010, nel corso della quale erano stati illustrati i rischi cui i dipendenti di A.A. sarebbero stati esposti nello svolgimento delle mansioni assegnate e indicate le misure di prevenzione da adottare, e con la consegna a J.J. della scheda di sintesi, perché la sola enunciazione del divieto di operare a meno di cinque metri da una conduttura elettrica non conferiva a J.J. la professionalità necessaria per manovrare un'autobetonpompa in una situazione di rischio elevato;

non consentite, in quanto prospettanti una differente ricostruzione rispetto a quella accolta dai giudici di merito in ordine agli esiti del sopralluogo dell'1-6-2010 che, essendo fondata su dati ipotetici e su regole di inferenza non esplicitate, non può avere rilievo in sede di legittimità. È preclusa a questa Corte, infatti, "la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze probatorie, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09-06-2022,4 Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12-02-2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04-11-2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11-01-2018, Ferri, Rv. 273217), potendosi attribuire rilievo in sede di legittimità alle sole ricostruzioni contrastanti con il procedimento argomentativo del giudice che siano inconfutabili, ossia ovvie e non rappresentino soltanto un'ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (Sez. 2, n. 19138 del 27-3-2024, Cortesi; Sez. 3, n. 5602 del 21-01-2021, P., Rv. 281647; Sez. 2, n. 3817 del 09-10-2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237; Sez. 4, n. 22257 del 25-03-2014, Guernelli, Rv. 259204; Sez. 5, n. 18999 del 19-02-2014, c., Rv. 260409).

9. Va, anche, escluso che nelle conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale sia rileva bile una violazione della legge sostanziale.

Questa Corte ha ripetutamente chiarito che l' "attività di formazione e di informazione del lavoratore, tanto più quando inesperto, non può esaurirsi nella mera formulazione di un divieto ma deve essere costituita da quelle attività che, secondo le circostanze del caso, sono idonee a determinare nel lavoratore il compendio di conoscenze e consapevolezze necessarie allo svolgimento delle mansioni in totale sicurezza" (Sez. 4, n. 6736 del 16-2-2015, Marzuoli). È stato anche precisato che l'imposizione al lavoratore del divieto di una certa attività non fa venir meno l'obbligo del garante di porre in essere la prevenzione concreta volta a contenere il rischio garantito (Sez. 4, n. 18326 del 3-5-2019, Piovani) e che alla segnalazione del pericolo deve seguire l'indicazione delle istruzioni concrete da seguire nell'esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 1036 del 10-12-2015 (dep. 2016), Delehaye).

Non incorre, pertanto, nell'erronea interpretazione degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81-08 la Corte territoriale allorquando sottolinea che, nonostante il sopralluogo dell'1-6-2010 avesse rivelato a A.A. la situazione di pericolo nella quale J.J. sarebbe stato chiamato a operare, risultando la linea elettrica posizionata a pochi metri dalla cassaforma destinata a ricevere il calcestruzzo trasportato dall'autobetonpompa, il lavoratore fu lasciato senza direttive specifiche sulle modalità di esecuzione dell'intervento e senza che fosse verificato se l'impresa affidataria avesse adottato le misure necessarie a salvaguardare l'incolumità del dipendente dalla Beton Nicà Sas chiamato a operare nel cantiere, nei cui confronti, va ricordato, per rispondere a uno specifico argomento difensivo, A.A. era gravato dagli specifici obblighi di protezione discendenti dagli artt. 2087 cod. civ. e 15 D.Lgs. 81-2008.

10. Il secondo motivo è manifestamente infondato, non essendo intervenuto alcun "ribaltamento della sentenza cassata del giudice di legittimità".

Il risultato ermeneutico cui perviene il ricorrente in relazione all'ambito di applicazione dell'art. 606 comma 3 bis. cod. proc. pen. si scontra con il consolidato orientamento di legittimità che esclude che il giudice del rinvio sia tenuto alla rinnovazione della prova dichiarativa decisiva quando, in tale giudizio, si pervenga ad una decisione di condanna conforme a quella resa in primo grado e difforme rispetto a quella di assoluzione pronunziata in appello e annullata dalla Corte di cassazione, poiché, in tal caso, si configura un'ipotesi di "doppia pronuncia conforme" che salda la condanna all'esito del giudizio rescissorio con quella emessa dal primo giudice (Sez. 5 , n. 6552 del 24-11-2020 (dep. 2021), Costantino, Rv. 280671 -01; Sez. 1, n. 12690 del 3-12-2019 (dep. 2020), Belcastro, Rv. 278703 -01)

11. Il terzo motivo risulta manifestamente infondato in quanto lamenta una carenza di motivazione che non trova riscontro nella sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale chiarito perché le deposizioni di K.K. e L.L. avessero una rilevanza non decisiva ai fini del giudizio di responsabilità e perché la condotta di J.J. non presentasse i connotati dell'eccentricità e imprevedibilità necessari per escludere la responsabilità degli appellanti.

12. Manifestamente infondato risulta anche il quarto motivo avendo la Corte territoriale giustificato la pena irrogata sottolineando la gravità delle condotte colpose e l'insussistenza di ragioni che giustificassero la concessione delle attenuanti generiche. Va anche segnalato che tale argomentazione risponde a un motivo di appello manifestamente infondato che reclama la concessione delle attenuanti generiche sostenendo che l'irrogazione di una pena coincidente con il minimo edittale non poteva non "comportare la concessione delle attenuanti generiche" e che, comunque, non erano configurabili profili di responsabilità a carico dell'imputato essendosi il sinistro verificato "per il comportamento abnorme ed eccentrico del J.J.".

Va, in proposito, ricordato che è "inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per .cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile "ab origine" per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio" (Sez. 3, n. 46588 del 03-10-2019, Bercigli, Rv. 277281 -01).

13. Venendo alla posizione dei responsabili civili, gli stessi non hanno impugnato la sentenza della Corte territoriale limitandosi a costituirsi nel giudizio di legittimità. Il collegio non ignora che l'art. 587 comma 3 cod. proc. pen. prevede che l'impugnazione dell'imputato giova anche al responsabile civile, che è citato e può sempre partecipare al relativo giudizio, ma è evidente che il giudizio dinanzi al giudice ad quem, per il principio devolutivo, è delimitato dai motivi proposti dall'impugnante restando precluso al responsabile civile di sollevare questioni estranee ai punti toccati dall'atto d'impugnazione.

Venendo al caso di specie, l'atto di costituzione del Comune di Pietrapaola, oltre a "proclamare la manifesta fondatezza dei ricorsi degli imputati", ripropone motivi volti a contestare la propria legittimazione passiva che il giudice di rinvio aveva esaminato e disatteso. L'esame di tali motivi è, quindi, preclusa dalla mancata impugnazione da parte dell'ente territoriale dei punti della sentenza cui si riferiscono.

Considerazioni analoghe debbono essere svolte con riferimento alla costituzione in giudizio della GROUPAMA ASS.NI Spa, non avendo la società proposto appello contro la sentenza del Tribunale di Castrovillari.

L'intervento ad adiuvandum dei responsabili civili, tuttavia, fa sì che nei loro confronti debba individuarsi una situazione di soccombenza del tutto equiparabile a quella degli imputati ricorrenti (Sez. 1, Ordinanza n. 31855 del 5-5-2021, Salvi, Rv. 281938 -01).

14. L'esito del giudizio comporta la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali e, il solo B.B., il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 e dei profili di inammissibilità innanzi illustrati, si stima equo determinare in Euro tremila.

La situazione di soccombenza in ordine all'azione civile proposta nel processo comporta la condanna degli imputati ricorrenti e dei responsabili civili intervenuti ad adiuvandum al pagamento delle spese relative alla partecipazione al grado di legittimità delle parti civili che si liquidano, avuto riguardo per le richieste avanzate, come in dispositivo.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso di B.B. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di A.A. che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati e i responsabili civili in solido tra loro alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili C.C., E.E. e D.D. che liquida in complessivi Euro 5.616,00 oltre accessori di legge, di quelle sostenute nel presente giudizio dalla parte civile H.H. che liquida in complessivi Euro 3.510,00 oltre accessori di legge, nonché di quelle sostenute nel presente giudizio dalle parti civili F.F., I.I. e G.G., che liquida in complessivi Euro 5.616,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2025.