Tribunale di Salerno, Sez. Lav., 31 ottobre 2024 - Mancata fruizione del riposo compensativo: danni da usura psico-fisica


 

 

Nota a cura di Rosiello Annalisa, in Lavoro e previdenza oggi - News, 20.12.2024, "Danni da usura psico-fisica per mancata fruizione del riposo compensativo"

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SALERNO

Sezione lavoro

Il Giudice del Lavoro, dott. ssa Francesca D’Antonio, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

 


nella causa civile iscritta al n. 326/2023 R.G. Lavoro vertente

TRA

P G , rappresentato e difeso dagli avv. ti Gaetano Galotto e Antonio Costabile;
RICORRENTE
E

C DI S , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv.
ed ex art. 417 bis c.p.c. dal funzionario d ;
RESISTENTE


Oggetto: risarcimento danno


 

FattoDiritto


Con ricorso depositato in data 19.1.2023, P G -dipendente del C di S con qualifica di Istruttore Amministrativo ed inquadramento nella categoria C- esponeva che nell’espletamento delle sue mansioni di responsabile di impianti sportivi di proprietà dell’Ente Comunale era stato adibito nel periodo decorrente dal 1.3.2016 al 31.7.2022 ad attività lavorativa anche nel giorno destinato al riposo settimanale (domenica) senza aver goduto di alcun riposo compensativo; dedotto che il mancato recupero con riposo compensativo della prestazione lavorativa espletata nel giorno dedicato al riposo settimanale gli aveva generato un danno non patrimoniale da usura psico-fisica, di tipo esistenziale, relativo al fare a-reddituale, chiedeva la condanna del C di S al risarcimento di tale danno quantificato equitativamente in € 13.886,82 oltre accessori e con vittoria delle spese di lite, da distrarsi.
Regolarmente instaurato il contraddittorio, si costituiva il C di S che preliminarmente eccepiva la prescrizione quinquennale del credito rivendicato dal ricorrente e nel merito chiedeva il rigetto del ricorso per la infondatezza della domanda. Deduceva in particolare che nessun inadempimento poteva essere addebitato all’Ente Comunale in quanto il Pe , quale responsabile delle strutture sportive affidate alla sua gestione, aveva provveduto nel periodo di causa anche alla turnazione del personale e di se stesso essendo altresì tenuto, in virtù di specifici ordini di servizio, ad assicurare a se stesso e agli altri dipendenti assegnati alle strutture sportive la fruizione delle ferie e dei riposi compensativi prescritti dalla legge.
Acquisita la documentazione prodotta dalle parti, in data odierna la causa è stata decisa con sentenza sulle conclusioni rassegnate con note scritte disposte, ex art. 127 ter c.p.c., in sostituzione della udienza del 23.10.2024.
Il ricorso è fondato nei limiti di cui alla seguente motivazione.
Come si evince dalla piana lettura dell’atto introduttivo, con la azione al vaglio il ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale da usura psico fisica per lo svolgimento di lavoro prestato nelle giornate di riposo settimanale (domenica) in mancanza di recupero mediante riposi compensativi.
Ciò posto, sotto un profilo fattuale, è documentato e pacifico che il ricorrente, dipendente del C con qualifica di istruttore amministrativo cat. C e responsabile delle strutture sportive di proprietà comunale indicate in atti, aveva un orario di lavoro formalmente articolato su tre turni dal lunedì al sabato con giorno di riposo settimanale ordinariamente coincidente con la domenica.
E’ altresì documentato e pacifico che nel periodo decorrente dal 1.3.2016 al 31.7.2022, il Petrosino ha prestato attività lavorativa in giorni destinati al riposo settimanale (domenica) e non ha goduto di riposo compensativo. Più specificamente, come emerge dal “prospetto delle presenze in servizio” -non contestato dal Comune convenuto- tale condizione lavorativa si è verificata nel predetto periodo per 179 giorni rispetto ai quali il Petrosino non ha goduto né del giorno di riposo settimanale né del riposo compensativo.
Tanto premesso, si evidenzia che il decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro) prevede all’art. 7 che il riposo giornaliero deve avere una durata di undici ore consecutive ogni ventiquattro ore, mentre l’art. 9 dispone che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica.
La disciplina normativa (art. 17 comma 1 DPR n. 268/1987) e i CCNL di comparto susseguitisi nel tempo (in atti) hanno previsto che il dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale ha “diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo”.
L’art. 36 comma 3 della Costituzione prevede che “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”;
La Corte Costituzionale ha affermato che la «consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale» (Corte Cost. n. 150/1967, n. 102/1976, n. 23/82) per consentire al dipendente di recuperare le energie psico-fisiche e per assicurargli un congruo periodo di tempo da destinare ad attività ricreative per sé e per la famiglia e affinché questo sia reso possibile è necessario che «il riposo settimanale non coincida nemmeno in parte con il riposo giornaliero, ma da questo rimanga ben distinto» (Corte Cost. n. 23/1982)
Orbene, alla luce di quanto previsto dalla predetta normativa legislativa e contrattuale, deve ritenersi che la (pacifica) mancata fruizione da parte del Petrosino del giorno di riposo settimanale e compensativo per i prolungati periodi dipanatisi nel predetto arco temporale decorrente dal 1.3.2016 al 31.7.2022 configuri un illecito/inadempimento contrattuale del Comune di Salerno che, in qualità di datore di lavoro, avrebbe dovuto garantire al proprio dipendente il recupero delle energie psico fisiche così come prescritto dalle predette disposizioni mediante la fruizione del giorno di riposo settimanale o in mancanza mediante il riposo compensativo.
Sotto tale profilo si evidenzia invero che, come noto, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 cod. civ. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute o comunque un danno non patrimoniale, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver vigilato circa l'effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente non potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in forza dell'eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest'ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento (Cass. n. 3786 del 2009, Cass. n. 4656 del 2011, Cass. n. 27127 del 2013).
E’ stato in particolare precisato che in materia di responsabilità ex art. 2087 cod. civ., gli effetti della conformazione della condotta del prestatore ai canoni di cui all'art. 2104 cod. civ., coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle funzioni e in ragione del soddisfacimento delle ragioni dell'impresa, non integrano mai una colpa del lavoratore (Cass. n. 9945 del 2014) e che ai fini della sussistenza della responsabilità ex art. 2087 cod. civ., in relazione all'eccessivo carico di lavoro, è irrilevante l'assenza di doglianze mosse dal lavoratore, così come l'ignoranza delle particolari condizioni in cui sono prestate le mansioni affidate ai dipendenti, che, salvo prova contraria, si presumono conosciute dal datore di lavoro in quanto espressione ed attuazione concreta dell'assetto organizzativo adottato dall'imprenditore. (Cass. n. 9945/ 2014 cit. e Cass. n. 14313 del 2017).
In applicazione dei richiamati principi, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato che il fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, abbia la possibilità di modulare da un punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferie e dei riposi, non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale residuando pur sempre in capo al soggetto datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore al quale connettere la responsabilità ex art. 2087 cod. civ. salva la ipotesi che la condotta del lavoratore si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile (Cass. 2403/2022).
La Suprema Corte ha altresì affermato che il dato dell’eccedenza oraria (determinata dalla mancata fruizione dei riposi) non può essere confuso con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale e che “La prestazione lavorativa, svolta in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali … protrattasi per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell’ “an” in quanto lesione del diritto garantito dall’art. 36 Cost., mentre, ai fini della determinazione del “quantum”, occorre tenere conto della gravosità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento “de qua”, da non confondere con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale” (Cass. 14710/2015).
Con ordinanza n. 12538/2019 è stato altresì chiarito che “In tema di orario di lavoro, la prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, dovendo escludersi che la mera disponibilità alla prestazione lavorativa straordinaria possa integrare un “concorso colposo”, poiché, a fronte di un obbligo ex art. 2087 c.c. per il datore di lavoro di tutelare l'integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore, la volontarietà di quest’ultimo, ravvisabile nella predetta disponibilità, non può connettersi causalmente all’evento, rappresentando una esposizione a rischio non idonea a determinare un concorso giuridicamente rilevante.
Con ordinanza n. 18884/2019 la Corte di Cassazione ha ancora statuito che “La mancata fruizione del riposo giornaliero e settimanale, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto, perché l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento del datore ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost., sicché la lesione del predetto interesse espone direttamente il datore medesimo al risarcimento del danno. La giurisprudenza di legittimità ha altresì affermato il diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo, che dovrà essere garantito dalla azienda, a prescindere da una richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, è riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall'art. 5 della direttiva 2003/88/CE e che la mancata fruizione del riposo settimanale è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto perché “l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost., sicché la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno...”(Cass., SS.UU. n. 142 del 2013; n. 24180 del 2013; n. 16665 del 2015; n. 24563 del 2016). In termini si sono pronunciate anche Cass. n. 24212/20; Cass. n. 25135 del 2019; Cass. n.14710 del 2015; cfr. altresì Cass. nn. 25067, 25068, 25069 del 2015; e Cass. 28177/2021).
Con recentissima pronuncia la Corte di Cassazione, ponendosi in continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra indicate, ha infine affermato che “La mancata fruizione del riposo giornaliero o settimanale, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, è fonte di un danno non patrimoniale che deve ritenersi presunto, perché l’interesse leso dall’inadempimento del datore ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost” (Cass. 18390/2024).
In applicazione di tali principi giurisprudenziali si evidenzia che nella specie è documentato e pacifico (in quanto dedotto nel ricorso) che il P , quale responsabile delle strutture sportive di proprietà comunale, si occupava con autonomia della gestione delle stesse e del personale ivi assegnato; è altresì documentato e pacifico che il P , nella predetta qualità, era addetto alla predisposizione della turnazione di lavoro per sé e per i dipendenti sottoposti addetti alle strutture sportive occupandosi altresì (per sé e per gli altri dipendenti) di rilasciare il nulla osta alle richieste di ferie, riposi e permessi; è infine altresì documentato che il Comune ha, nel corso del tempo (e anche in riferimento agli anni di causa), emesso disposizioni di servizio annuali con cui ha previsto, tra i compiti assegnati al Petrosino quale responsabile delle strutture sportive, anche quello di “assicurare per il personale dipendente e per se stesso la fruizione dei riposi compensativi e delle ferie ordinarie così come previsti per legge” (disposizioni prot. n. 145149/2016; prot. n. 165781/2017; al prot. n.165776/2017; al prot. n.230800/2018; al prot. n. 174058/2019; al prot. n. 174062/2019; al prot. n.176566/2022).
Ciò posto deve comunque ritenersi, facendo applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione di cui si è dato conto, che la acclarata circostanza che fosse proprio il P , in virtù della posizione di responsabile della struttura sportiva, a dover assicurare per sé e per i dipendenti sottoposti -nella predisposizione mensile dei turni di lavoro- la fruizione dei riposi compensativi non esimeva comunque il Comune datore di lavoro dall’obbligo di vigilanza del rispetto delle prescrizioni impartite con i predetti ordini di servizio in ordine alla fruizione -anche da parte del P - del riposo settimanale o comunque di quello compensativo (Cass. 1884/2019, Cass. 2403/2022, Cass. 18390/2024). D’altronde, come emerge dalla documentazione in atti (v. relazione comunale e richieste di ferie e riposi), le richieste di ferie/riposi/permessi, pur sottoscritte dal Petrosino per il nulla osta, venivano trasmesse all’ufficio di Direzione per la formale autorizzazione sicchè certamente il Comune, per il tramite della Direzione, era nelle condizioni di poter vigilare affinchè anche il Petrosino beneficiasse dei riposi imposti dalla legge per il recupero psico fisico.
Sebbene pertanto le risultanze di causa abbiano dimostrato che il P si sia autonomamente, volontariamente e consapevolmente reso disponibile allo svolgimento di attività lavorativa nella giornata di riposo settimanale senza altresì determinarsi alla fruizione dei riposi compensativi ciò non vale ad escludere la responsabilità del Comune datore di lavoro che avrebbe dovuto vigilare affinchè ciò non avvenisse e tanto in esecuzione dell’obbligo sullo stesso gravante ai sensi dell’art. 2087 c.c. di tutelare l’integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore.
In virtù delle considerazioni finora espresse, accertata in tali termini la responsabilità contrattuale (ex art. 2087 c.c.) del C di S per il mancato rispetto dell’obbligo di garantire, nell’arco di tempo decorrente dal 1.3.2016 al 31.7.2022, al dipendente Petrosino i riposi prescritti dalla legge, può pertanto essere riconosciuto in favore di quest’ultimo il risarcimento del danno non patrimoniale da usura psicofisica che nella presente fattispecie, quanto all’ “an”, avuto riguardo alla frequenza dei mancati riposi ed alla durata del complessivo periodo di riferimento, può ritenersi presunto e certamente non integralmente ristorato dalla documentata (e pacifica) corresponsione in favore del dipendente della maggiorazione contrattualmente prevista per il lavoro prestato nella giornata coincidente con il riposo settimanale (Cass. 1884/2019, Cass. 18390/2024).
Ai fini del “quantum” può farsi ricorso, così come pure affermato dalla Corte di Cassazione (Cass. 14710/2015) ad una determinazione del danno in via equitativa con riferimento alla disciplina contrattuale più congrua rispetto alla situazione di fatto. Sotto tale profilo può essere asseverato, in quanto ragionevole ed opportuno, il criterio di determinazione prospettato in ricorso e basato sulla paga giornaliera contrattuale (€ 77,58) per il numero di giorni (pari a 179) in cui il ricorrente, nel periodo di riferimento, ha prestato la sua attività di domenica senza fruire successivamente del prescritto riposo compensativo, per un totale così stimato in € 13.886,82. Da tale somma, equitativamente determinata, si ritiene tuttavia di dover scomputare, altresì con criterio equitativo, il beneficio economico ottenuto dal Petrosino in virtù dello svolgimento delle prestazioni lavorative nelle giornate destinate al riposo settimanale (maggiorazione contrattuale del 50% della retribuzione ordinaria) per un totale di € 6.943,41. Spetta pertanto al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per mancato godimento dei riposi settimanali/compensativi, l’importo complessivo di
€ 6.943,41 oltre accessori. Quanto alla decorrenza degli interessi legali, si evidenzia che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, poiché nella specie la responsabilità, derivando dalla violazione del dovere di cui all’art. 2087 c.c., ha carattere contrattuale, non opera il meccanismo della mora automatica di cui all’articolo 1219 c.c. (Cass. 9338/2009, Cass. 20883/2019) sicchè gli accessori vanno fatti decorrere dal 26.1.2023 e cioè dalla data di notifica al Comune convenuto del ricorso contenente la domanda di risarcimento del danno.
È infine infondata la eccezione di prescrizione formulata dal C convenuto.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, nell’ipotesi -analoga a quella di specie- in cui il lavoratore chieda in giudizio l’accertamento di un diritto avente ad oggetto non già una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione, bensì il risarcimento di un danno patito per effetto di un’inadempienza contrattuale del datore di lavoro (nella specie, danno da usura psico - fisica provocato dal mancato godimento del riposo settimanale), “la tutela richiesta non riguarda prestazioni periodiche od aventi “causa debendi” continuativa, ma l’accertamento di un debito connesso e tuttavia di distinta natura, per il quale vale la regola generale della prescrizione nel termine ordinario decennale, e non la disciplina della prescrizione quinquennale dei crediti stabilita dall'art. 2948 cod. civ.”. (cfr. Cass. 13039/1997, conf. Cass. 3298/2002, Cass. 24536/2016).
Nella specie pertanto, avuto riguardo al periodo di riferimento del danno da mancata fruizione di riposi (1.3.2016-31.7.2022), il predetto termine decennale di prescrizione deve ritenersi utilmente interrotto dal ricorrente con la notifica, in data 26.1.2023, del ricorso giudiziario -contenente la domanda di risarcimento del danno- al Comune di Salerno.
Le spese di lite, tenuto conto della peculiarità della controversia, della complessità delle questioni trattate e del riconoscimento in favore del ricorrente di un importo inferiore a quello rivendicato con il ricorso, vengono compensate per la metà e per la residua parte poste a carico del C di S .
 

P.Q.M.


Il Tribunale di Salerno, in persona del Giudice Monocratico dott. ssa Francesca D’Antonio,
definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza od eccezione, così provvede:
1. accoglie il ricorso per quanto di ragione e per l’effetto condanna il C di S a corrispondere a P G la somma di € 6.943,41 a titolo di risarcimento del danno, maggiorato il capitale così dovuto di interessi legali dal 26.1.2023 al saldo;
2. condanna il al pagamento in favore di della metà delle spese di lite che, già ridotto l’importo, liquida in € oltre spese generali al 15%, IVA e CPA, da distrarsi; compensa per la residua metà le spese di lite tra le parti.


Salerno, 31.10.2024


Il Giudice
Dott.ssa Francesca D’Antonio