Tribunale di Milano, Sez. Lav., 05 dicembre 2024, n. 5983 - Risarcimento del danno ai lavoratori del settore ferroviario per omesso riconoscimento del riposo compensativo


 


N. RG. 5983/2024


 


TRIBUNALE di MILANO
Sezione Lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Paola Ghinoy
All’udienza del 05/12/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
 

nella causa iscritta al n.R.G. 5983/2024 promossa da:

Omissis rappresentati e difesi dagli Avv.it Moshi , Palmieri e Assael

CONTRO Omissis S.P.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti PAOLO TOSI, MARIA GIOVANNA CONTI e ALESSANDRO NOVARINI

 

FattoDiritto


1. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., __________ hanno adito questo Tribunale rappresentando di essere dipendenti di _______ addetti alle squadre di manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria.
Hanno rappresentato come la società non abbia loro riconosciuto alcun riposo compensativo per il riposo settimanale non fruito, ma solo la corresponsione delle indennità e degli emolumenti retributivi previsti dal CCNL per l’istituto della reperibilità, nelle occasioni in cui hanno svolto prestazioni lavorative nelle giornate di riposo domenicale in regime di reperibilità per una durata inferiore alla metà dell’orario lavorativo giornaliero (3 h e 48’ a fronte di una giornata lavorativa ordinaria di 7h e 36’). Hanno conseguentemente lamentato di aver subito un danno non patrimoniale da usura psico-fisica per non aver potuto godere del riposo minimo settimanale, che ai sensi dell’art. 28 CCNL non può essere inferiore a 48 h consecutive.
Hanno pertanto formulato le seguenti conclusioni:
“Voglia il Tribunale di Milano, per i motivi esposti in questo ricorso, disattesa ogni contraria istanza, così giudicare:
a. accertare e dichiarare l’illegittimità della condotta di ... che ha comportato il mancato recupero dei riposi settimanali indicati in ricorso pari, quanto al signor ... per il periodo dal 01/11/2020 al 31/03/2024 a n. 12 giornate, quanto al signor ... per il periodo dal 01/05/2020 al 31/12/2023 a n. 23 giornate, quanto al signor ... per il periodo dal 01/07/2014 al 30/04/2023 a n. 29 giornate, quanto al signor ... per il periodo dal 01/07/2014 al 31/08/2023 a n. 16 giornate, durante i quali i ricorrenti hanno prestato servizio di reperibilità attiva, e il conseguente diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto al riposo settimanale derivante dalle norme eurounitarie, costituzionali, di legge e di contratto indicate in atti e/o da usura psico-fisica;
b. Conseguentemente condannare, a tale titolo, ... in persona del legale rappresentante pro tempore a pagare a favore del sig. a € 1.108,18 (12 gg x 92,35), quanto al sig. a € 2.124,01 (23 gg x 92,35), quanto al sig. a € 3.512,57 (29 gg x 121,12), quanto al sig. € 1.714,08 (16 gg x 107,13) o altre somme che verranno ritenute equitativamente dovute dal Tribunale adito.
c. Con rivalutazione monetaria e interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
d. Con vittoria delle competenze professionali e rimborso del contributo unificato versato. Sentenza esecutiva.”

2. Omissis si è costituita chiedendo il rigetto del ricorso avversario, affermando la legittimità della propria condotta perché rispettosa dei principi e della normativa vigente in materia di riposo settimanale, oltre che la carenza di allegazione e prova del danno non patrimoniale lamentato da parte dei ricorrenti.
Ha altresì rilevato che la prestazione svolta dal sig._____ in data 27/07/2014 ha avuto durata superiore a 3 ore e 48 minuti e ha determinato la maturazione di un riposo settimanale, fruito successivamente dal lavoratore. Ha infine segnalato che il 19/06/2015 era venerdì e il 13/06/2022 era lunedì, pertanto rispettivamente il sig. ____ non possono aver reso in tali date prestazioni in reperibilità domenicale.

3. All’udienza del 17/10/2024, i ricorrenti hanno controdedotto alla memoria specificando che le richieste relative al giorno 19/06/2015 per ____ e al giorno 13/06/2022 per ____ dovevano intendersi riferite rispettivamente al 19/04/2015 e al 13/06/2021, come da fogli presenze prodotti. Il ricorrente____ ha altresì rinunciato alla domanda relativa al giorno 27/07/2014 per l’importo di € 121,12, così ammontando la richiesta complessiva a € 3.391,45, e la rinuncia è stata accettata dalla controparte.

4. Il ricorso è fondato.
La presente controversia verte sulla sussistenza in capo alla società convenuta dell’obbligo di riconoscere ai propri dipendenti il diritto ad usufruire del riposto compensativo rispetto alle giornate in cui hanno reso prestazioni in regime di reperibilità domenicale di durata complessiva inferiore al 50% della prestazione giornaliera, e conseguentemente sulla sussistenza del diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno non patrimoniale per la mancata fruizione del riposo compensativo.
Sulla medesima questione si è recentemente espressa in più occasioni e in relazione al medesimo filone di contenzioso la Corte d’Appello di Milano, confermando le impugnate sentenze del Tribunale di Milano (sent. n. 495/2022 che conferma Tribunale di Milano sent. n. 2855/2021; sent. n. 149/2024 che conferma Tribunale di Milano sent. n. 1765/2023; sent. n. 225/2024 che conferma Tribunale di Milano sent. n. 830/2023). Ritenendosi condivisibili ed esaustive le motivazioni espresse dalla Corte d’Appello -coerenti con i principi affermati dalla Suprema Corte- che qui si richiamano ex art. 118 disp. att. c.p.c., deve ribadirsi per la presente causa la medesima soluzione, affermandosi pertanto l’illegittimità della condotta di RFI s.p.a.

5. Si richiama in particolare quanto affermato dalla Corte d’Appello di Milano con la sent. n. 149/2022, che innanzitutto espone i principi espressi dalla Corte di Cassazione in relazione alla questione della disciplina applicabile alle prestazioni rese in regime di reperibilità attiva durante il riposo settimanale:
“La giurisprudenza della Suprema Corte ha affrontato più volte la questione, formulando alcuni principi fondamentali ai quali questo Collegio deve attenersi.
In particolare, la Corte di Cassazione (con plurime sentenze, tra le quali n. 5465 del 2016, n.6491 del 2016, n. 14770 del 2017, n.18654 del 2017, n.18655 del 2017, n.33500 del 2018, n.18884 del 2019), in riferimento ad analoghe situazioni di reperibilità, in particolare nel CCNL del personale dirigente medico-veterinario del SSN, chiamata “pronta disponibilità”, ha affermato che:
- “ove la prestazione venga resa [nella giornata di riposo settimanale], la stessa non può non essere computata nel numero di ore complessivamente lavorate dal dirigente e deve anche essere considerata quale impeditiva del necessario riposo settimanale”;
- “in tutte le ipotesi in cui il servizio di pronta disponibilità dia luogo a chiamata effettiva (e quindi anche alla reperibilità prestata in giorno non festivo nelle ore notturne), [il contratto] disciplina il trattamento economico spettante per le ore effettivamente lavorate e prevede solo il diritto del dirigente a percepire, oltre alla indennità stabilita dallo stesso comma, anche la maggiorazione per il lavoro straordinario o, in alternativa, ad usufruire di un corrispondente recupero orario.
La norma contrattuale, quindi, è destinata unicamente a disciplinare il trattamento economico spettante per le ore di effettiva prestazione rese a seguito dell'assicurato servizio di pronta disponibilità (con previsione di una maggiorazione giustificata dalla gravosità della prestazione in quanto resa in ora notturna o in giorno festivo) e la stessa non incide, neppure indirettamente, sulla durata complessiva settimanale dell’attività lavorativa, che resta disciplinata dalle disposizioni dettate dai diversi contratti succedutisi nel tempo in tema di orario di lavoro e di riposo settimanale”;
- “ne discende che, ove il [lavoratore] in servizio di pronta disponibilità venga chiamato a rendere la prestazione, la azienda, oltre a corrispondere la maggiorazione prevista dal comma 5 (o in alternativa, su richiesta del dirigente, il recupero orario), dovrà comunque garantire allo stesso il riposo settimanale, a prescindere da una sua richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale, oltre che dall’art. 5 della direttiva 2003/88/CE”.
La Suprema Corte, sempre in materia di reperibilità attiva, ha ribadito che “la previsione di un compenso maggiorato per l’attività prestata in giorno festivo non incide, neppure indirettamente, sulla disciplina della durata complessiva settimanale dell’attività lavorativa e sul diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo, che dovrà essere garantito dalla azienda, a prescindere da una richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall’art. 5 della direttiva 2003/88/CE” (vedi Cass. n.18884 del 2019).”

6. RFI s.p.a., nella memoria di costituzione, sostiene la necessità di discostarsi dall’orientamento della Corte d’Appello di Milano in ragione della non applicabilità dei principi generali appena richiamati al caso di specie, in quanto formulati dalla Suprema Corte in relazione a comparti differenti da quello ferroviario, cui si applica una diversa normativa, e a situazioni fattuali non sovrapponibili a quella in esame.
Si ritiene non doversi dare seguito a tali rilievi; la Corte d’Appello ricostruisce infatti la specifica disciplina applicabile al comparto ferroviario in materia di reperibilità, chiarendo come anche da essa discenda l’illegittimità della condotta di RFI s.p.a. nel caso in esame:
“L’art. 29 del CCNL Mobilità Attività ferroviarie così dispone:
“1.1 Agli effetti del presente CCNL si considera riposo settimanale la domenica. Nell’articolazione dei turni tale riposo può essere individuato in un diverso giorno della settimana.
1.2 Nei casi in cui i lavoratori siano chiamati eccezionalmente a svolgere la prestazione lavorativa giornaliera nella domenica o nel diverso giorno della settimana destinato al riposo settimanale, essi godranno del prescritto riposo in altro giorno nella stessa settimana o, eccezionalmente, in quella successiva, a seguito della comunicazione al lavoratore con un preavviso di almeno 48 ore”.
Come risulta evidente dalla disposizione sopra richiamata, è lo stesso CCNL che prevede il diritto del lavoratore che sia stato chiamato a svolgere prestazione lavorativa nel giorno destinato al riposo settimanale di godere del giorno di riposo in altro giorno della stessa settimana o eccezionalmente in quella successiva.
Va inoltre evidenziato che la norma richiamata non distingue l’ipotesi in cui la prestazione sia stata resa per l’intera giornata (pari a 7 ore e 36 minuti) o per una durata inferiore.
L’art. 79 del medesimo CCNL prevede che:
“le prestazioni rese dai lavoratori chiamati ad effettuare interventi in reperibilità vengono retribuite con le maggiorazioni orarie previste all’art. 74 (Compenso per lavoro straordinario) del presente CCNL ovvero, a richiesta scritta del lavoratore entro il mese successivo a quello in cui viene effettuato l’intervento in reperibilità, con corrispondenti periodi di recupero. In tale ultimo caso, al lavoratore verrà comunque corrisposta la eventuale differenza tra le maggiorazioni orarie per lavoro straordinario, ove l’intervento non sia stato effettuato durante il periodo feriale diurno. Ai fini della determinazione delle ore di straordinario da retribuire o da recuperare viene considerato lavoro tutto il tempo intercorrente fra l’ora in cui il dipendente raggiunge il punto di raccolta o di riunione o di intervento e l’ora in cui viene lasciato in libertà presso il punto di raccolta o di riunione o di intervento”. Tale norma consente al lavoratore, nel caso in cui abbia prestato attività lavorativa in regime di reperibilità “attiva” di poter scegliere se farsi retribuire le ore lavorate con le maggiorazioni previste oppure di richiedere, entro il mese successivo, di recuperare tali ore “con corrispondenti periodi di recupero”.”

7. La Corte prosegue respingendo la tesi sostenuta da RFI s.p.a. (ribadita anche nella presente causa) secondo cui in assenza di specifica richiesta del lavoratore, non sarebbe previsto alcun riposo compensativo: “Come già affermato da questa Corte (vedi sentenza n. 495/2022), trattasi di interpretazione non conforme alla previsione della contrattazione collettiva che disciplina un’ipotesi ben diversa poichè si limita a consentire al lavoratore di optare tra le maggiorazioni orarie per il lavoro prestato in regime di reperibilità oppure di recuperare la durata della prestazione con “corrispondenti periodi di recupero” e non quella del recupero del riposo settimanale, interrotto per effetto della chiamata lavorativa.”

8. La Corte d’appello disattende altresì le tesi di RFI s.p.a. in punto di interpretazione dell’art. 9 lett. c) del D.Lgs. 66/2003, chiarendo quanto segue: “Inoltre, quanto sostenuto da R.F.I., secondo cui non esisterebbe una norma di legge che imponga il riposo compensativo e che ciò troverebbe conferma nell’art. 9 lett. c) del D.Lgs. 66/2003, non è meritevole di accoglimento. Tale disposizione prevede che: “1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni. 2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1: …. c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario”. E’ sufficiente rilevare che la lett. c) consente, con riferimento non a tutto il personale che lavora nei trasporti ferroviari, ma solo a quello che opera a bordo treno o nelle attività connesse con gli orari del trasporto che assicurano la regolarità del traffico ferroviario, di introdurre deroghe al diritto sancito dal primo comma e cioè di quello di usufruire del riposo settimanale di 24 ore consecutivo ogni 7 giorni e in coincidenza con la domenica, ma non certamente la compressione del diritto al riposo compensativo. A ciò si aggiunga che la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata ha affermato che la previsione di un compenso maggiorato per l'attività prestata in giorno festivo non incide, neppure indirettamente, sulla disciplina della durata complessiva settimanale dell'attività lavorativa e sul diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo, che dovrà essere garantito dalla azienda, a prescindere da una richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall'art. 5 della direttiva 2003/88/CE. Ove nel corso del servizio di reperibilità si renda necessaria l'effettiva prestazione lavorativa (c.d. "reperibilità attiva"), il datore di lavoro non può limitarsi ad erogare la maggiorazione in relazione al lavoro straordinario prestato ma deve garantire anche il riposo giornaliero e quello settimanale, che è irrinunciabile. La mancata fruizione del riposo settimanale è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto perché "l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost., sicchè la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno..."(Cass., SS.UU. n. 142 del 2013; n. 24180 del 2013; n. 16665 del 2015; n. 24563 del 2016).”

9. Prosegue la Corte confutando l’interpretazione della normativa di legge e della contrattazione collettiva ripresa da RFI s.p.a. anche in sede di memoria di costituzione per questa causa: “L’appellante incentra le proprie censure sulla ‘derogabilità’ della disciplina dei riposi in ambito ferroviario (ex art. 9, c. 2, D. lgs. n. 66/2003 e artt. 17 e art. 18 Dir. 2003/88/CE) nonchè sulla diversità tra prestazione lavorativa “ordinaria” e prestazione lavorativa svolta in “reperibilità”, alla quale non dovrebbe applicarsi il principio del riposo compensativo automatico qualora la prestazione svolta in reperibilità attiva sia caduta nel giorno di riposo settimanale. Ad avviso, quindi, dell’appellante, la disciplina contrattuale della reperibilità lascerebbe libero il lavoratore di scegliere tra conservare la ampia monetizzazione del suo sacrificio, ovvero procedere con la richiesta di un riposo compensativo che gli consenta di fruire in forma specifica del riposo. Questa tesi è smentita dalla costante giurisprudenza di legittimità che, interpretando clausole simili di altri CCNL (vedi supra), ha sancito il diritto del lavoratore, chiamato a svolgere reperibilità attiva nel giorno di riposo settimanale, a godere, oltre che dei compensi aggiuntivi previsti per il regime della reperibilità, anche del recupero del giorno di riposo, impedito di fatto dalla prestazione svolta. La Cassazione non compie alcun distinguo tra una pretesa prestazione lavorativa “normale” e un’altra in “reperibilità”, come se vi fosse una qualche differenza per il lavoratore che è comunque chiamato, in entrambi i casi, a svolgere le sue ordinarie mansioni, con l’aggravio, nel caso della reperibilità, di svolgerle in una giornata nella quale avrebbe dovuto godere di un giorno di riposo. In ogni caso, le norme collettive sulle reperibilità non contengono alcuna previsione in deroga all’articolo 29 del Ccnl che disciplina il riposo settimanale. La Suprema Corte, in riferimento a norme analoghe di altri Ccnl, ha chiarito che il trattamento economico previsto dal CCNL per le ore prestate in reperibilità (nel quale rientra la possibilità di ottenere ore a recupero invece che il pagamento) non incide neppure indirettamente sul diritto del lavoratore al riposo settimanale e deve essere considerata impeditiva dello stesso. In particolare, il riposo settimanale può legittimamente essere, per esigenze eccezionali quali quelle connesse alla reperibilità del personale ferroviario, goduto in giorno diverso dalla domenica, differito oltre il settimo giorno e sino al 14mo, ma non può certamente essere cancellato e non recuperato (vedi Cass. 13.10.2021 n. 41889, secondo cui “Il D.Lgs. n.66 del 2003, art.9, con il quale è stata data attuazione alle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, anche nella sua versione originaria prevede specifiche deroghe alla regola, fissata dal comma 1, del necessario godimento ogni sette giorni di lavoro di un giorno di riposo, di norma coincidente con la domenica. Dette deroghe risultano giustificate o dalla particolare natura dell'attività esercitata o dall'intervento della contrattazione collettiva, autorizzato ad intervenire, purché nel rispetto del limite di cui l’art.17, comma 4, dello stesso decreto (secondo cui i lavoratori devono essere accordati periodi equivalenti di riposo compensativo). Si tratta di una disciplina che, nel consentire il differimento del riposo in presenza di esigenze di servizio, non presenta profili di contrasto con il principio dell'inderogabilità del riposo settimanale perché la Corte costituzionale, già nelle pronunce n.146 del 1971 e n.101 del 1975, ha affermato che l’art.36 Cost., comma 3, garantisce al lavoro a turni un diritto perfetto e irrinunciabile al riposo settimanale, ma anche precisato che, col termine riposo settimanale, il costituente ha inteso esprimere sostanzialmente il concetto della periodicità del riposo, un rapporto di un giorno su sei di lavoro, senza con ciò escludere la possibilità di disciplina difforme in relazione alla diversa qualità tipi del lavoro, sempre che si tratti di situazioni tali da giustificare un regime eccezionale, con riguardo ad altri apprezzabili interessi, e comunque non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso”). Anche la CGUE ha confermato che l’art.5 della direttiva 93/104/CE e l’art.5 della direttiva 2003/88/CE “devono essere interpretati nel senso che essi non richiedono che il periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di ventiquattro ore [cui si aggiunge il riposo giornaliero], cui un lavoratore ha diritto, sia concesso entro il giorno successivo a un periodo di sei giorni di lavoro consecutivi, ma impongono che esso sia concesso nell’ambito di ogni periodo di sette giorni” (sentenza 9.11.2017, causa C-306/16). D’altronde, come evidenziato nella sentenza appellata, l’eventuale deroga al regime del riposo settimanale è consentita dagli art.17 e 18 della Direttiva 2003/88 solo: a) mediante disposizioni di legge o altri provvedimenti amministrativi o mediante contrattazione collettiva, e nella fattispecie la deroga prevista dal CCNL è solo relativa alla periodicità del riposo settimanale, non certamente al recupero del riposo eventualmente saltato; b) a condizione “che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo”, il che è appunto l’oggetto della domanda dei ricorrenti ai quale non sono stati concessi i riposi compensativi, previsti dallo stesso CCNL applicato. Ad avviso dell’appellante, se si considera il primo comma dell’art. 9 D. lgs. n. 66/2003 (per il quale il “periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”), il requisito delle 24 ore consecutive come media nei 14 gg è sempre rispettato in tutti i giorni oggetto di domanda proprio perché in programmazione il riposo settimanale è sempre pari o superiore a 48 ore. Tale prospettazione, quandanche fosse vera, non coglie nel segno perché la questione in esame non è la verifica del rispetto della media del riposo consecutivo, ma l’accertamento del diritto del lavoratore in reperibilità attiva domenicale di usufruire del riposo compensativo. E’ la stessa appellante che riconosce pacificamente ai lavoratori in reperibilità attiva il diritto del riposo compensativo, negandolo solo a quelli che svolgono una prestazione inferiore al 50%. Tale prassi è stata giustificata da RFI col richiamo ad una regola contenuta nel CCNL del 1990 che disciplinava la compatibilità della reperibilità col riposo minimo giornaliero. Come correttamente evidenziato dagli appellati, tali regole non hanno mai inteso disciplinare il problema del rapporto tra prestazione lavorativa resa in reperibilità e riposo settimanale perchè prima del 2013 nei sabati e nelle domeniche la reperibilità per il personale in questione avveniva in turno di servizio, cioè ogni lavoratore, 7 giorni ogni 28, era in servizio già programmato il sabato e la domenica con riposo settimanale già spostato in programmazione al martedì. Quindi non poteva esserci il problema della reperibilità attiva durante il riposo settimanale, perchè tutto era già programmato e il riposo settimanale già spostato. In tale contesto questa regola dell’Allegato 7 del CCNL del 1990 non poteva che disciplinare la reperibilità resa tra due prestazioni lavorative giornaliere ed infatti non fa mai riferimento al riposo settimanale. Peraltro, tale allegato stato poi modificato e superato dai successivi CCNL, che hanno normato in modo diverso ed esaustivo la disciplina della reperibilità (ad es., trasformando la reperibilità nei giorni di riposo settimanale da facoltativa ad obbligatoria a partire dal CCNL del 2003 in poi).”

10. Infine, la Corte d’Appello chiarisce l’illegittimità della differenziazione operata da RFI s.p.a. in relazione alle ipotesi di prestazione lavorativa in regime di reperibilità per durata inferiore al 50% dell’orario giornaliero: “La questione quindi si riduce alla verifica della legittimità dell’esclusione dei lavoratori in reperibilità attiva per meno di 3 ore e 48 minuti. La risposta non può che essere negativa. Innanzitutto, non si ricava dall’art. 79 CCNL alcun elemento che faccia supporre che il diritto al riposo compensativo debba essere condizionato alla effettiva quantità di lavoro prestato sul cantiere. In ogni caso, la reperibilità impone al lavoratore un vincolo che incide in modo stringente sulla sua facoltà di gestire liberamente il tempo durante il quale i suoi servizi professionali non sono richiesti e di dedicare detto tempo ai propri interessi (si pensi, ad es., all’obbligo di recarsi sul cantiere entro un tempo prestabilito) (vedi Cass., 23-5-2022, n. 16582). Ciò significa che un lavoratore che svolge attività lavorativa in giorno festivo in regime di reperibilità attiva, a prescindere dal tempo effettivo impiegato sul cantiere, non può godere pienamente del riposo continuativo. Ciò induce a ritenere ingiustificato il diverso trattamento riservato da RFI ai dipendenti che prestano la propria attività in regime di reperibilità in giorno festivo in misura inferiore alle 3 ore e 48 minuti perché tale prassi non trova alcun fondamento nella legge e nel CCNL.”

11. In assenza di alcuna ragione legittimante la distinzione operata dalla società convenuta, deve accertarsi e dichiararsi l’illegittimità della condotta di ____ che ha determinato il mancato recupero dei riposi settimanali indicati in ricorso e precisati in udienza da parte ricorrente, durante i quali Omissis hanno prestato servizio di reperibilità attiva.

12. In punto di risarcimento del danno, la medesima sentenza della Corte d’Appello nr. 149/2024 richiama i principi generali emersi dalla giurisprudenza di legittimità: “La Corte Suprema, con orientamento ormai consolidato, ha anche riconosciuto che la mancata fruizione da parte del lavoratore del riposo settimanale comporta un danno non patrimoniale da violazione del diritto costituzionale ex art.36, a tutti gli effetti da ritenersi dunque presunto quanto all’an, con il conseguente diritto per lo stesso al suo risarcimento (cfr. tra le tante Cass. n.24180 del 25/10/2013). In particolare, la Corte Suprema, in tutte le sue sentenze (tra le tante, oltre a quelle già citate anche n. 24563 del 01/12/2016 e n. 16665 del 10/08/2015), ha precisato che “sulla natura del danno da usura psicofisica derivato dalla mancata fruizione del riposo settimanale e sul regime probatorio e prescrizionale allo stesso applicabile questa Corte, nel richiamare il principio di diritto già affermato da Cass. 20 agosto 2004 n. 16398, ha evidenziato che l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost., sicché la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno non patrimoniale”.”

13. La Corte respinge altresì le argomentazioni di RFI s.pa. in punto di presunzione del danno da perdita del giorno di riposo settimanale, riconosciuto in re ipsa nella sentenza impugnata: “L’appellante […] ha sostenuto che tale danno avrebbe dovuto essere, invece, provato dal lavoratore, allegando altre circostanze quali la reiterazione assidua e l’elevato numero dei riposi domenicali saltati. Non sarebbe quindi di per sé un danno il fatto di avere, in ipotesi illegittimamente, obbligato il lavoratore a prestare servizio nelle giornate di riposo settimanale, senza restituzione del mancato riposo, qualora ciò sia accaduto di rado. La censura è infondata. Innanzitutto, occorre considerare che i lavoratori appellati sono reperibili una settimana al mese, e quindi 11 volte in ogni anno. Conseguentemente, avere “perso” 25 domeniche negli ultimi 6 anni, e senza considerare i sabati (che parimenti fanno parte del riposo settimanale di 48 ore), non appare certamente un fatto sporadico. Significa che ogni due mesi gli appellati hanno lavorato una domenica in cui avrebbero avuto diritto al riposo, senza né recupero né ristoro. Basterebbe questa considerazione per riconoscere in capo ai lavoratori un diritto risarcitorio, dovendo convenire con essi la non sporadicità dei mancati riposi compensativi.
In ogni caso, però, la pretesa vantata dai lavoratori non ha natura “biologica”, ma si fonda su un inadempimento da parte di RFI che ha negato il diritto – riconosciuto dalle citate disposizioni contrattuali – di beneficiare di un giorno di riposo compensativo. Tale mancata fruizione integra violazione di un diritto (ex contractu) al recupero del riposo che, in quanto tale, rappresenta essa stessa la fonte del danno pari ad una  giornata di riposo non goduta, a prescindere cioè da quanti siano i giorni perduti e la frequenza dell’inadempimento.” Sempre in punto di presunzione del danno, la Corte d’Appello nuovamente richiama i principi elaborati dalla Suprema Corte, secondo la quale “la mancata fruizione del riposo settimanale è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto perchè "l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’art.36 Cost., sicchè la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno… (Cass., n. 18884 del 2019, conforme a Cass.,SS.UU., n.142 del 2013; n. 24180 del 2013; n. 16665 del 2015; n. 24563 del 2016). Tale danno - di natura contrattuale perchè correlato all'inadempimento del datore di lavoro, il quale compie una scelta organizzativa in contrasto con norme imperative – “è oggetto (quanto all'an) di presunzione assoluta, posto che dalla norma dell’art. 36 Cost. si desume che la mancata fruizione del riposo settimanale è lesiva di un diritto fondamentale che deve essere rispettato per tutelare il benessere fisico e psichico dei lavoratori e che è irrinunciabile (sicché rispetto ad esso non è ipotizzabile l'applicazione dell’art.1227 c.c., non potendosi attribuire alcun rilievo alla volontarietà del comportamento tenuto dal lavoratore)” (Cass., 26-1-1999, n. 704).” […] “La Suprema Corte ha recentemente ribadito che “la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito” (Cass., 29 dicembre 2021 n. 41889).

14. La Corte d’Appello conclude richiamando il diritto sovranazionale: “Occorre, sul punto, ancora osservare che le norme di legge interne (D.Lgs. 66/2003) costituiscono diretta applicazione della Direttiva 2003/88/CE. Il principio di effettività del diritto dell’Unione impone che alla violazione di norme eurounitarie di fondamentale importanza conseguano misure sanzionatorie che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo. Tale principio verrebbe meno se si dovesse seguire la tesi della società che legittimerebbe la violazione del diritto al riposo settimanale, imponendo al lavoratore un onere di allegazione diabolico o subordinando il risarcimento alla prova della reiterazione e frequenza delle violazioni. Non si comprende, infatti, per quale motivo la violazione del diritto al riposo settimanale, anche se in ipotesi saltuaria, debba rimanere senza compensazione a favore del lavoratore, in contrasto anche con l’art.18, comma 3°, della Direttiva 2003/88/CE (“Le deroghe di cui al primo e secondo comma sono consentite soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata”).”
Nella specie, i lavoratori non hanno chiesto danni ‘ulteriori’ (in conseguenza di una continua prestazione lavorativa usurante non seguita dai riposi settimanali), ma hanno lamentato la privazione del riposo (compensativo) e, quindi, il risarcimento del danno per la mancata fruizione di tale diritto. In questo caso, infatti, l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost., sicchè la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno non patrimoniale (Cass. 10.8.2015 n. 16665). Il mancato godimento del riposo (garantito dalla Costituzione) ha certamente un impatto pregiudizievole perché impedisce al lavoratore di ristorare le energie spese durante la settimana e di dedicarsi ai propri interessi o svaghi, con ciò incidendo in modo negativo sulle condizioni di vita del lavoratore.
Tale pregiudizio non ha bisogno di prova specifica (nell’an) perché si deve presumere che la rinuncia forzosa del giorno di riposo determini un vulnus nella vita del lavoratore al quale è di fatto impedito di godere di un giorno di astensione dal lavoro per dedicarsi liberamente ai propri interessi.”

15. Ai fini della quantificazione del risarcimento del danno in via equitativa, la sentenza richiamata riconosce la correttezza del criterio utilizzato dal giudice di merito: “Correttamente, il Tribunale, dopo aver individuato la retribuzione prevista per le giornate di lavoro festivo (equivalenti al numero di giornate di riposo non usufruite), calcolate sulla base dell’ultima retribuzione percepita, ha moltiplicato tale retribuzione per il numero delle domeniche lavorate senza riposi a recupero, ottenendo con ciò la somma dovuta. La sentenza appellata si è allineata alla giurisprudenza di questa Corte (vedi sentenza n.425/2022) e della Corte di Cassazione (vedasi, ex plurimis, Cass., 15 dicembre 2015, n. 25260, che ha confermato la liquidazione dei mancati riposi fatta dal giudice di merito utilizzando proprio il criterio della retribuzione prevista contrattualmente per il lavoro straordinario: “con riguardo al criterio adottato per liquidare equitativamente il danno – la retribuzione prevista contrattualmente per il lavoro straordinario – va rilevato che il potere di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 c.c., costituisce espressione del più generale potere di cui all’articolo 115 c.p.c., ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito”).”

Si ritiene di conformarsi per il caso di specie al medesimo criterio di quantificazione del danno, adottato anche dai ricorrenti per la formulazione delle domande risarcitorie, pronunciandosi pertanto condanna di ____ in persona del legale rappresentante pro tempore a pagare ai ricorrenti le somme richieste come precisate in udienza, corredate da accessori ex art. 429 c.p.c..

16. Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, facendo applicazione dei valori previsti per lo scaglione di riferimento dal D.M. n. 55/14, aggiornati da ultimo dal D.M. n. 147 del 13.08.2022.

 

P.Q.M.


Il Tribunale, definitivamente pronunciando, accerta e dichiara l’illegittimità della condotta di Omissis che inato il mancato recupero dei riposi settimanali durante i quali _______ hanno prestato servizio di reperibilità attiva.
Per l’effetto, condanna Omissis in persona del legale rappresentante pro tempore a pagare, a titolo di risarcimento del danno, le somme di € 1108,18 a favore di _______ 2124,01 a favore di __________ 3.391,45 in favore di _______ € 1.714,08 in favore di _____ oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo effettivo.
Condanna altresì ____ in persona del legale rappresentante pro tempore alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 3500,00 per compensi professionali, oltre spese generali e accessori come per legge e rimborso del contributo unificato versato.
Fissa il termine di 60 gg. per il deposito della motivazione. Così deciso in Milano, 05/12/2024
 

Il Giudice
Dott.ssa Paola Ghinoy