Cassazione Penale, Sez. 4, 17 febbraio 2025, n. 6270 - Investita dal carrello elevatore in retromarcia. Rischio della compresenza di mezzi e pedoni. Responsabilità dell'Ente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente
Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Relatore
Dott. GIORDANO Bruno - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A., nato a T il (omissis),
BCUBE Spa;
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
udito il P.G., in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore, in sostituzione dell'Avvocato BAZZI ALESSANDRO del foro di VERCELLI (per delega orale), l'Avvocato BORSALINO MASSIMILIANO del foro di Alessandria in difesa di A.A., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;
l'Avvocato PERRELLA ENZO del foro di MILANO in difesa di BCUBE Spa che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. La Corte d'Appello di Torino, in data 3 aprile 2024, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Asti di A.A., in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Logistic Operations Srl e perciò datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590 cod. pen. in danno della lavoratrice dipendente B.B. (commesso in V il 9 maggio 2018) alla pena alla pena ritenuta di giustizia, ha disposto la revoca del beneficio della sospensione condizionale. Con la stessa sentenza la Corte di Appello ha confermato la condanna della BCUBE Spa, società incorporante la Logistic Operations Srl, in ordine all'illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25-septies D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 in relazione al delitto di lesioni colpose commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da A.A.
1.1. Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, descritto dalle conformi sentenze di merito nel modo seguente. Alla data su indicata, B.B., mentre percorreva il corridoio delle baie di carico, ove viene stoccata la merce in attesa di essere caricata nei container, in corrispondenza del capannone B, lungo le strisce pedonali, veniva investita da un carrello elevatore che stava procedendo in retromarcia. In conseguenza dell'investimento la persona offesa aveva riportato lesioni personali consistite in ampia ferita da scuoiamento all'arto superiore sinistro con perdita di sostanza al gomito e ampia ferita da scuoiamento alla coscia sinistra, da cui era derivato uno stato di malattia e di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni e l'indebolimento permanente della funzione estetica.
1.2 L'addebito di colpa nei confronti dell'imputato è stato individuato nella imprudenza, negligenza e imperizia e violazione dell'art. 64 comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, per non avere garantito che il corridoio delle baie di carico del capannone B fosse conforme ai requisiti di quell'articolo 63 con particolare riferimento a quelli indicati nell'allegato quarto, per. 1.4 punti 1.4,3, 1.4.4, 1.4.7: in particolare il tracciato pedonale indicato con segnaletica orizzontale di colore giallo era insufficiente a garantire un livello di sicurezza tale da assicurare l'incolumità del personale a terra data la coincidenza con le zone intensamente interessate da un notevole movimentazione meccanica dei materiali.
2. Avverso la sentenza hanno proposto due distinti atti di ricorso l'imputato e l'ente, ciascuno a mezzo di difensore.
2.1. Il ricorso di A.A. si è articolato in due motivi.
2.1.1 Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale. In primo luogo il difensore osserva che le circostanze che la Corte di appello aveva individuato quali fattori di rischio rispetto all'infortuno, ovvero il fatto che i lavoratori dovevano necessariamente impegnare l'attraversamento pedonale e percorrere il tratto interessato dal movimento dei carrelli, erano, in realtà, condizioni riscontrabili su qualsivoglia attraversamento pedonale e in qualsivoglia ambiente interessato dalla contemporanea, necessaria e ineliminabile circolazione di uomini e mezzi meccanici. In secondo luogo rileva che la stessa Corte, passando a trattare il tema della organizzazione e delle cautele adottate, si era soffermata sulla idoneità preventiva dei presidi approntati in ottemperanza alle prescrizioni dettate dall'organo accertatore, cronologicamente indifferenti rispetto all'evento, traendone, peraltro, conclusioni negative ovvero affermando che il rischio di investimento dei pedoni non era diminuito. La sentenza di appello parrebbe ritenere che né lo spostamento del percorso pedonale parallelo al corridoio delle baie di carico - dal lato confinante con le baie di carico al lato opposto verso l'area esterna alle rampe dove stazionano i bilici che portano i containers da caricare -, né l'allargamento della carreggiata veicolare avrebbero prodotto un contenimento del rischio e sarebbero valse a impedire l'evento, stante la mancanza di impianti semaforici atti a regolamentare il traffico (rimedio, invero, escogitato direttamente dalla Corte, non si sa sulla base di quale argomento e cognizione tecnica) e di limitatori di velocità sui carrelli elevatori in prossimità di ostacoli (questa sì, prescrizione impartita in sede ispettiva e adempiuta dell'azienda, ma irrilevante nella eziologia del caso, tanto che neppure se ne fa cenno nel capo di imputazione e nella sentenza di primo grado). La motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria, in quanto si afferma, in un passaggio, la "non sufficiente conformità dei passaggi pedonali riscontrata dallo Spresal" che "esitava negli adeguamenti prescritti e, in particolare, la carreggiata veicolare veniva portata da mt. 4,70 di larghezza a 6 mt. di larghezza e la corsia pedonale, ovvero il camminamento pedonale del corridoio delle baie di carico trasferito dal lato della merce stoccata al margine opposto adiacente alle rampe di carico verso l'area esterna" e, in altro passaggio, si afferma che le prescrizioni impartite non erano idonee a azzerare il rischio.
2.1.2. Con il secondo motivo, ha dedotto vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio. Il difensore rileva che, al di là dell'intima contraddizione sopraindicata, le prescrizioni dettate dallo Spresal non avrebbero eliso il rischio dell'evento lesivo nelle condizioni in cui si era verificato, in quanto la dinamica dell'infortunio era stata marcatamente diversa da come l'aveva prospettata il capo di imputazione. Secondo il capo di imputazione il carrello elevatore proveniva in retromarcia uscendo da uno spazio di stoccaggio dei materiali in spedizione, coincidente con le cosiddette baie di carico, mentre B.B. percorreva il corridoio delle baie di carico lungo il percorso segnalato. In ragione di tale dinamica e del punto d'urto conseguente trovava giustificazione la prescrizione di sicurezza dettata dallo Spresal di spostare l'attraversamento pedonale dalla parte opposta rispetto a quella in cui operano i mezzi, posto che, se il rischio dettato dalla compresenza di pedone e mezzo meccanico dipendeva dal tracciato del percorso pedonale, la soluzione ottimale ex ante idonea a scongiurare l'evento doveva essere individuata nello spostamento di tale percorso sul lato opposto, mentre l'allargamento del corridoio, con arretramento delle baie di carico, poteva rappresentare una cautela anteriore. Tuttavia la dinamica dell'infortunio, come chiarito dalla stessa persona offesa e come dato evincersi dai fotogrammi estratti dalla videoregistrazione, era stata differente: al momento del sinistro B.B. non stava percorrendo il corridoio delle baie di carico, bensì lo stava attraversando utilizzando le apposite strisce pedonali, e il carrellista Giovanni Lisa non stava uscendo dall'area di stoccaggio dei materiali, ma stava percorrendo in retromarcia il corridoio andando ad intersecare le strisce pedonali perpendicolarmente. A fronte di tale ricostruzione, le precauzioni cautelari di cui si contestava l'omissione non avrebbero avuto alcuna efficacia impeditiva rispetto all'investimento: tanto il trasferimento del percorso pedonale dal lato lungo delle baie al lato lungo delle rampe di carico, quanto l'allargamento del corridoio non avrebbero potuto evitare o rendere meno probabili le interferenze tra il mezzo meccanico che percorre il corridoio e il pedone che lo attraversa. Gli organi accertatori, infatti, non avevano ritenuto di prescrivere modifica alcuna rispetto all'attraversamento pedonale dalle rampe di carico alle baie di carico. Pur a fronte di questi rilievi già esposti nell'atto di appello, il giudice di secondo grado si era limitato ad aderire alla ricostruzione fattuale operata dal primo giudice, senza affrontare il tema dell'erronea ricostruzione dinamica dell'infortunio e del conseguente impatto sulle idoneità delle cautele preventive. La sentenza, pertanto, sarebbe viziata sia sotto il profilo della carenza di motivazione, in quanto si limita a riprodurre la decisione confermata, dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, sia sotto il profilo del travisamento del fatto, in quanto seguitando ad accreditare l'ipotesi che l'investimento della dipendente B.B. sia avvenuto nel percorso pedonale anziché sull'attraversamento pedonale, la Corte fonde il convincimento su un dato incontestabilmente diverso da quello reale.
2.2. Il ricorso della BCUBE Spa, incorporante la Logistic Operations Srl, si è articolato tre motivi in motivi.
2.2.1 Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione nella parte in cui ha ritenuto che la condotta omissiva addebitata al datore di lavoro sia stata posta in essere nell'interesse e/o a vantaggio della società. La pronuncia - osserva il difensore - ha desunto dalla sola esistenza della violazione contestata a A.A. un vantaggio della società nell'aver mantenuto nello stabilimento commistione tra aree di movimento delle merci e zona di transito di pedoni; non ha esaminato la generale organizzazione della società in materia di sicurezza ed in particolare il fatto che la valutazione del rischio nel DVR comprendeva anche quello derivante dalla compresenza di mezzi e pedoni e non ha tenuto conto che erano state predisposte misure di prevenzione già prima dell'infortunio. Sotto tale profilo sottolinea che la segnaletica di colore giallo a terra già delimitava i percorsi per i pedoni lavoratori, i quali avrebbero dovuto, comunque, indossare giubbotti catarifrangenti di colore arancione o ad alta visibilità con dotazione di dispositivi di protezione individuale; che i carrellisti avevano ricevuto la necessaria formazione, erano abilitati alla guida dei mezzi dotati di idonei strumenti a segnalare la presenza di persone in movimento. La Corte, dopo aver espresso apprezzamenti per gli adeguamenti da parte dell'imputato delle prescrizioni impartite dallo Spresal, si era spinta motu proprio nella formulazione di una ipotetica soluzione circa l'adozione di interventi realizzativi, senza attingere ad alcun elemento materiale idoneo a confortare la praticabilità del rimedio prospettato rispetto allo stato dei luoghi. Indimostrato dove ritenersi, comunque, il vantaggio e/o il risparmio, anche in termini di maggiore efficienza o di miglioramento della produttività dell'azienda, presunto dal giudice di primo grado.
Il difensore ricorda che:
- il concetto di vantaggio e interesse vanno riferiti alla condotta e non all'evento;
- tali criteri di imputazione sono alternativi e divergenti tra di loro, in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato apprezzabile ex ante rispetto alla commissione del fatto e secondo un metro di giudizio soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione oggettiva, valutabile ex post sulla base degli effetti concretamente derivanti dalla realizzazione dell'illecito;
- ricorre il requisito dell'interesse qualora l'autore del reato abbia consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica abbia violato le norme prevenzionistiche consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.
La Corte d'Appello imputa una responsabilità omissiva di tipo colposo in capo all'ente ravvisandone un conseguente vantaggio, ma non un interesse di tipo soggettivo. La Corte avrebbe dovuto enucleare le deficienze strutturali e tipiche dell'organizzazione dell'ente, tali da integrare la colpa del datore di lavoro nell'avere esposto i propri dipendenti ad una diffusa e generale pericolosità. In altri termini, deve essere esclusa la punibilità dell'ente in relazione all'esistenza di una singola criticità, laddove non possa dirsi che si sia realizzato un sistematico spregio dei basilari principi e delle regole di condotta cautelari. Nella sentenza impugnata la Corte non va al di là della constatazione episodica del fatto, senza collegamento alcuno ad altre evidenze che dimostrino l'interesse dell'ente causalmente collegato alla violazione. Laddove non vi sia la prova che l'omessa adozione delle cautele sia il frutto di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa e risulti invece l'occasionalità della violazione delle norme antinfortunistiche, deve essere rigorosamente provato il requisito del vantaggio che può alternativamente consistere in un'apprezzabile risparmio di spesa o in un sempre apprezzabile aumento della produttività.
2.2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere i giudici di merito ritenuto sussistente la colpa di organizzazione. Il difensore osserva che la Corte avrebbe offerto un'erronea e inammissibile lettura dell'art. 25-septies D.Lgs. n. 231/2001, in base alla quale l'affermazione della responsabilità dell'ente consegue indefettibilmente alla sola dimostrazione della sussistenza del reato presupposto e del rapporto di immedesimazione organica dell'agente. I giudici avrebbero dovuto approfondire l'aspetto relativo al concreto assetto organizzativo adottato dall'impresa in tema di prevenzione dei reati della specie di quelli per cui è intervenuta condanna, in maniera tale da evidenziare la sussistenza di eventuali deficit propri di tale assetto causalmente collegati con il reato presupposto.
2.2.3 Con il terzo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. Il difensore contesta la determinazione del quantum della sanzione amministrativa applicata dalla Corte d'Appello di Torino e, in particolare, la mancata considerazione del fatto che l'ente non avesse ricavato alcun vantaggio dal reato; chiede, in ogni caso, il riconoscimento del beneficio di cui all' art. 175 cod. pen., ovvero la non menzione nei certificati dell'anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato.
3. Nel corso della discussione orale le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
Diritto
1. Il ricorso dell'imputato deve essere rigettato, mentre il ricorso dell'ente deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il ricorso di A.A.
2.1. Il secondo motivo, da trattare prioritariamente in quanto attinente alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio, secondo il ricorrente fondata su dati travisati, è infondato.
La Corte di Appello, in replica ad analoga censura, ha rilevato che la esatta posizione del pedone e del carrello non erano rilevanti ai fini della individuazione degli addebiti nei confronti del datore di lavoro imputato, posto che l'investimento da parte del carrello del pedone era avvenuto nel mentre questi si trovava nel corridoio delle baie di carico e A.A. doveva rispondere per non avere adeguatamente gestito il rischio derivante dalla compresenza di mezzi e pedoni in quell'area. Nella sostanza, dunque, ha argomentato la Corte, non si erano verificati né il travisamento del compendio probatorio decisivo, né la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
La motivazione adottata dalla Corte non si presta a censure. Sotto il profilo del travisamento della prova, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che esso consiste non già nell'errata interpretazione della prova, ma nella palese difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dalla sua assunzione e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio e rendendo conseguentemente illogica la motivazione. E ciò in quanto al giudice di legittimità è consentito non già di accertare eventuali travisamenti del fatto - e dunque di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dal giudice merito -, bensì solo di verificare che quest'ultimo non abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta per l'appunto di reinterpretare gli elementi di prova valutati nel merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano e facessero dunque effettivamente parte dell'orizzonte cognitivo di quel giudice (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, Miccichè, Rv. 262948; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 Maggio, Rv. 255087; Sez.3, n. 39729 del 18 giugno 2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez.5. n. 39048 del 25 settembre 2007, Casavola, Rv. 238215; Sez. 1, n. 24667, del 15 giugno 2007, Musumeci, Rv. 237207; Sez. 4, n. 21602 del 07 aprile 2007, Ventola, Rv. 237588). In tale senso si è anche precisato che il travisamento, per assumere rilievo, deve riguardare un dato rilevante e decisivo (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Welton, Rv. 283370), ossia deve avere ad oggetto un elemento dirimente ed essenziale nel ragionamento probatorio svolto nella sentenza.
Nel caso in esame, dopo che la Corte di Appello ha spiegato in maniera adeguata le ragioni per cui la posizione del pedone, al momento dell'investimento (sulle strisce che attraversano perpendicolarmente il corridoio, ovvero sul camminamento parallelo alle baie di carico), ai fini della affermazione della responsabilità, non fosse decisiva, il motivo non spiega, alla luce del percorso motivazionale della Corte, la decisività del dato asseritamente travisato. Il ricorrente assume che, in ragione della differente ricostruzione, le omissioni riscontrate non sarebbero state causali rispetto all'evento, senza, tuttavia, confrontarsi in maniera puntuale con tutti i passaggi della sentenza impugnata. La Corte di Appello, invero, ha spiegato che a seguito dell'incidente occorso ad B.B., l'imputato aveva ottemperato alle prescrizioni impartite dalla Asl, ovvero aveva attuato un ampliamento significativo della larghezza del corridoio ove poteva verificarsi la compresenza di mezzi e pedoni e nel nuovo Documento di Valutazione aveva preso in considerazione il rischio derivante da tale compresenza in maniera più dettagliata, anche con riferimento alla regolamentazione delle velocità di marcia dei carrelli.
2.2. Le considerazioni appena svolte valgono a ritenere infondato anche il primo motivo, con cui si contesta l'affermazione della responsabilità.
Nelle sentenze di merito (che, in quanto conformi, possono essere lette unitariamente costituendo un unico corpo decisionale: in tal senso Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218) si da atto che:
(i) l'infortunio si era verificato nel corridoio posto fra le rampe di carico e le baie di carico, in cui è presente un attraversamento pedonale perpendicolare che i lavoratori devono necessariamente impegnare: tale situazione determina una situazione di pericolo per l'incolumità dei pedoni a causa della promiscuità delle aree di passaggio;
(ii) la persona offesa era stata travolta e trascinata per alcuni metri da un carrello guidato da un altro dipendente della società e per effetto di tale investimento aveva riportato lesioni;
(iii) il tracciato pedonale con segnaletica orizzontale di colore giallo, oltre a essere non perfettamente visibile a causa del deterioramento dovuto al trascorrere del tempo, risultava insufficiente, in quanto l'area era interessata da una notevole traffico di mezzi per la movimentazione meccanica dei materiali e i carrelli, a causa di carichi trasportati, non hanno una corretta visuale;
(iv) la Asl, a seguito dell'infortunio, aveva prescritto di individuare percorsi alternativi fra mezzi e pedoni, in modo da ridurre al minimo le interferenze e, comunque, garantire la piena reciproca visibilità: tali prescrizioni erano state ottemperate dall'imputato datore di lavoro, che fra l'altro aveva aggiornato e maggiormente dettagliato il DVR nella parte dedicata alla valutazione di tale rischio e alla conseguente adozione delle misure atte a contenerlo.
Anche a voler prescindere dal passaggio della motivazione della sentenza impugnata, in cui i giudici hanno formulato osservazioni, invero poco pertinenti, in merito alla possibile individuazione di misure ulteriori rispetto a quelle prescritte dalla Asl al fine del contenimento del rischio, la motivazione appare, comunque, adeguata nella individuazione della regola cautelare violata dall'imputato. La Corte, infatti, ha dato atto che non erano state adottate, in epoca precedente all'infortunio, le necessarie cautele affinché le vie di circolazione fossero conformi alle previsioni di cui all'Allegato IV, richiamato dall'art. 63 del D.Lgs. n. 81/2008, ovvero fossero situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli potessero utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corressero alcun rischio.
3. Il ricorso di BCUBE Spa.
3.1. I tre motivi, inerenti specificamente la responsabilità dell'Ente e la configurabilità degli elementi costituitivi dell'illecito amministrativo, non erano stati dedotti con l'atto di impugnazione, nel quale erano state formulate censure relative solo alla sussistenza del reato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte "non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura "a priori" un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello" (fra le tante: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903; Sez. 2, n. 46765 del 09/12/2021, Bruno, Rv. 282322).
Ne consegue l'inammissibilità del ricorso dell'ente, in quanto incentrato su censure dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione.
4. Conclusivamente il ricorso di A.A. deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Il ricorso di BCUBE Spa deve essere dichiarato inammissibile e l'ente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso della BCUBE Spa che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta il ricorso di A.A. e condanna il predetto ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2025.