Cassazione Penale, Sez. 4, 17 febbraio 2025, n. 6272 - Scivolamento mortale sul ghiaccio durante la  realizzazione dell'opera di presa e di condotta forzata per la captazione di acqua dal torrente 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. SERRAO Eugenia - Relatore

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A., nato a G il (omissis),

B.B., nato a P il (omissis),

C.C., nato a P il (omissis),

D.D., nato a T il (omissis);

avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott.ssa FRANCESCA CERONI, che ha concluso per l'inammissibilità e, in subordine, per il rigetto;

udito il difensore delle parti civili Avv. FEDERICA RAMAIOLI, che ha depositato conclusioni scritte e nota spese chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito il difensore Avv. NADIA NAZZARELLI, in sost. dell'Avv. MICAELA BIANCHI, per B.B. e C.C., e in sost. dell'Avv. ALBERTO GEROSA, per D.D.; il difensore ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, uditi i difensori di A.A., Avv. ti ALBERTO GANDINI e ROLANDO DUBINI, che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como il 29/09/2022, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato A.A., B.B. e C.C., nonché D.D., responsabili del reato di cui agli artt. 113 e 589, comma 2, cod. pen. per aver cagionato il decesso di E.E. per colpa, negligenza, imperizia e inosservanza della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

In particolare, C.C. era accusata, in qualità di amministratore unico della Edilnova Srl, quale datore di lavoro di fatto di E.E. di aver violato, nell'eseguire lavori in subappalto relativi alla realizzazione dell'opera di presa sul torrente (omissis), l'art. 96, comma 1 lett. d), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 omettendo di sospendere le lavorazioni effettuate dal lavoratore E.E. in considerazione della pericolosità del cantiere a causa delle condizioni climatiche invernali avverse, l'art. 146, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 per aver omesso di dotare di parapetto e tavola fermapiede o comunque di sbarrare idoneamente contro la caduta dei lavoratori la condotta forzata su cui si trovava E.E.; B.B. era accusato, in qualità di consulente esterno della Edilnova Srl, preposto in materia antinfortunistica e delegato al controllo delle lavorazioni presso il cantiere, di aver violato l'art. 19 D.Lgs. n. 81/2008 per aver omesso di segnalare tempestivamente al datore di lavoro la pericolosità del cantiere a causa delle condizioni climatiche invernali avverse, con particolare riferimento alla presenza di lastre di ghiaccio sul percorso e dell'assenza di parapetto e tavola fermapiede o di sbarramenti idonei a evitare la caduta dei lavoratori dalla condotta forzata; D.D. era accusato, in qualità di amministratore unico della Costruzioni F.F. Srls datore di lavoro dell'impresa affidataria dei lavori di realizzazione delle opere necessarie per la costruzione di una centrale idroelettrica, garante della verifica del rispetto della normativa antinfortunistica da parte dei subappaltatori, di aver violato l'art. 97, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 per aver omesso di verificare l'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori affidati alla Edilnova Srl e l'applicazione delle disposizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) con particolare riferimento all'assenza di parapetto e tavola fermapiede o di sbarramenti idonei a evitare la caduta dei lavoratori dalla condotta forzata, la violazione dell'art. 97, comma 3 lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 per avere omesso di coordinare gli interventi di cui agli artt. 95 e 96 D.Lgs. n. 81, cit. in particolare dì verificare che l'impresa di Edilnova Srl osservasse le misure generali di tutela e adottasse le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII punto 7 D.Lgs. n. 81, cit. con riferimento alle condizioni del percorso, che lo esponeva al rischio di caduta dall'alto, sulla condotta forzata ove si trovava E.E., l'art. 146, comma 3, D.Lgs. n. 81 cit. per aver omesso di dotare di parapetti e tavola fermapiede o comunque di sbarrare idoneamente contro la caduta dei lavoratori la condotta forzata su cui si trovava il E.E.; A.A. era accusato, in qualità di coordinatore in fase di progettazione e in fase di esecuzione dei lavori, di aver violato l'art. 91, comma 1 lett. f), D.Lgs. n. 81 cit. per aver omesso di procedere alla sospensione dei lavori che si stavano eseguendo nel cantiere in considerazione della pericolosità del medesimo a causa delle condizioni climatiche avverse, l'art. 92, comma 1 lett. a) D.Lgs. n. 81, cit. per aver omesso di verificare con opportune azioni di coordinamento e controllo l'applicazione da parte delle imprese affidatarie ed esecutrici Costruzioni F.F. Srls, Edilnova Srl ed Hera Srl delle disposizioni loro pertinenti contenute nel PSC e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, con particolare riferimento all'adozione di idonee misure di protezione quali l'istallazione di parapetto e tavola fermapiede o sbarramenti atti a evitare la caduta dei lavoratori della condotta forzata, l'art. 92, comma 1 lett. c), D.Lgs. n. 81 cit. per non avere organizzato tra i datori di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici la cooperazione e il coordinamento delle attività, nonché la loro reciproca informazione con particolare riferimento all'adozione di idonee misure di protezione per evitare la caduta dei lavoratori dalla condotta forzata.

2. Il fatto è stato così ricostruito: il 12 dicembre 2018 il lavoratore E.E. era impegnato nella realizzazione dell'opera di presa del torrente (omissis) nell'ambito del vasto cantiere di S ove era in costruzione l'impianto idroelettrico "C alta"; B.B. aveva ordinato al lavoratore di sistemare e pulire l'area nonostante l'abbassamento delle temperature; il E.E., a causa del fondo ghiacciato, era scivolato precipitando a valle da un'altezza di circa 30 metri e aveva perso la vita; la parte di cantiere ove si era verificato l'incidente non era separata ed era abitualmente utilizzata per raggiungere la parte relativa all'opera di presa, non vi erano punti reali di delimitazione e in ogni caso, ove fosse stata realizzata una chiusura con una rete amovibile, questa poteva essere spostata dagli operai; l'incidente era avvenuto in una zona di montagna in un giorno di dicembre quando sarebbe stato altamente probabile il verificarsi di una rapida gelata con conseguente rischio di scivolamento; tale rischio, prevedibile ed evitabile, era stato ignorato da tutti i responsabili, che avevano omesso di disporre le misure necessarie a eliminarlo o quantomeno a contenerlo.

3. B.B. e C.C. propongono ricorso, con unico atto, censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 192 e 581 lett. b) cod. proc. pen. con riguardo alla qualità di datore di lavoro attribuita a B.B. sulla base delle dichiarazioni delle figlie della persona offesa, nonché per il fatto che la vittima aveva in uso una macchina di proprietà della moglie di B.B. La Corte ha ignorato che E.E. non aveva la patente e che l'autovettura era affidata a G.G., che neppure era dipendente di Edilnova Srl La Corte ha considerato erroneamente che B.B. fosse datore di lavoro della vittima, in contraddizione con la prova che i dipendenti H.H. e G.G. non sapevano esattamente di quale impresa E.E. fosse dipendente; se quest'ultimo fosse stato dipendente di Edilnova, si assume, gli altri lavoratori lo avrebbero certamente saputo in quanto convivevano nella medesima abitazione. Aver desunto il rapporto di lavoro dai sopraindicati indizi costituisce violazione dell'art. 192, comma 2, cod. proc. pen.

Con il secondo motivo, deducono vizio di motivazione e violazione dell'art. 192 comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla collocazione della rete di separazione. La difesa si lamenta del fatto che la Corte abbia omesso di valutare prove determinanti, come le testimonianze di I.I., J.J., H.H. e K.K., i quali avevano univocamente dichiarato che la zona in cui si è verificato l'infortunio era chiusa e segregata in modo da essere distinta dall'area di pertinenza della Edilnova. La Corte, si assume, non ha tenuto conto del fatto che la rete era stata rimossa per far passare i soccorritori e il personale ATS e ha valorizzato la documentazione fotografica, che non inquadra se non parzialmente il punto di divisione tra i due cantieri.

Con il terzo motivo deducono vizio di motivazione ed errata valutazione di prove decisive in merito agli ordini impartiti da B.B.; quest'ultimo aveva impartito per la mattinata del 12 dicembre l'indicazione di pulire l'area di cantiere e andare a casa, visto che il tempo era peggiorato e non consentiva di proseguire le opere, restando comunque pur sempre all'interno del cantiere. La Corte ha ritenuto che gli altri lavoratori avessero riferito che E.E. stesse facendo pulizia di cantiere quando è scivolato nella condotta, ma si tratta di congettura in quanto tali lavoratori si trovavano in un'altra area. Contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di Appello, B.B. non ha impartito l'ordine di andare sulla condotta: tale assunto contrasta con la testimonianza di H.H., dalla quale emerge che il E.E. è andato nella condotta contravvenendo un ordine esplicito e recandosi in un altro cantiere ormai chiuso, non di competenza di Edilnova. La presenza di un tubo rosso a valle nelle vicinanze della vittima non significa che il E.E. stesse sistemando tale tubazione; B.B. non aveva ordinato di rimuovere alcun tubo rosso, ma la Corte ha ignorato tale circostanza. La Corte di Appello ha accertato sulla base di un semplice indizio, ossia il tubo rosso presente a valle, che il E.E. stesse svolgendo una mansione lavorativa nel frangente in cui è scivolato, trascurando che il transito sulla condotta era espressamente vietato, come emerso dalla testimonianza di I.I. del 2 dicembre 2021, trascurata dalla Corte.

Con il quarto motivo deducono vizio di motivazione e violazione dell'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. in merito alla posizione di C.C. La Corte ha ritenuto pacifica l'assunzione di E.E. presso la Edilnova Srl, in contrasto con gli atti di causa, dai quali è emerso che fosse assunto dalla ditta Hera Srl e seguisse le indicazioni di B.B. Conseguentemente, C.C. non aveva alcuna posizione di garanzia nei confronti della vittima, avendo rilasciato delega al fratello per la sicurezza di cantiere. Tale delega è stata erroneamente ritenuta inefficace in quanto non sottoscritta dal fratello, sebbene quest'ultimo l'abbia sempre riconosciuta mai contestandola. Pur avendo la Corte accertato che C.C. non fosse stata mai vista né conosciuta in cantiere, contraddittoriamente ha attribuito alla stessa una posizione di garanzia.

Con il quarto motivo deducono vizio di motivazione e violazione del principio di proporzionalità della sanzione penale, ritenendo che i giudici di merito abbiano erroneamente negato le circostanze attenuanti generiche, essendo state poste in essere tutte le cautele idonee a tutelare la sicurezza di E.E.

4. D.D. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione dell'art. 590 cod. pen. e dell'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. per erronea e contraddittoria valutazione degli elementi istruttori, mancata, erronea e contraddittoria valutazione della prova testimoniale e documentale, nonché dell'art. 125 cod. proc. pen. per motivazione apparente quanto alla sussistenza del reato contestato - vizio di motivazione. La Corte ha argomentato la condanna del ricorrente nella sua qualità di datore di lavoro e amministratore dell'impresa affidatala dell'opera principale, tenuto a controlli e verifiche sul posizionamento di idonei presidi di sicurezza nel tratto in cui si è verificato l'infortunio. L'assunto in base al quale l'impresa affidataria dei lavori ha la responsabilità di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle prescrizioni del PSC ai sensi dell'art. 97, comma 1, D.Lgs. n. 81 cit. è manifestamente illogico e contrasta con le emergenze istruttorie, in base alle quali il tratto dove si è verificato l'infortunio era da considerare non più destinato al transito dei lavoratori né al loro accesso dopo l'ultima azione di quella parte dell'opera a cura di una diversa impresa subappaltatrice. Quell'area aveva cessato la qualifica stessa di area di cantiere ed era area neutra, meramente contigua al cantiere, non più rientrante nei poteri-doveri di controllo e verifica da parte dell'impresa affidataria, come dichiarato dal teste I.I. all'udienza del 2 dicembre 2021 in coerenza con la relazione di servizio della ATS. Manca ogni motivazione in merito al fatto che l'area interessata dall'infortunio sia stata ritenuta un percorso pedonabile pur trattandosi di zona che, dal punto di vista strettamente naturalistico, era qualcosa di diverso da un sentiero, una strada o un camminamento. La sentenza è contraddittoria e frutto di un'errata valutazione del compendio probatorio anche con riguardo al contenuto del PSC; nell'area interessata dall'infortunio era stata installata una linea vita al solo e specifico scopo di consentire la realizzazione della posa e copertura della condotta, senza che fosse necessario mantenerla dopo l'ultimazione di tale opera in quanto non vi era destinazione funzionale dell'opera al transito o all'accesso, come evidenziato dal direttore dei lavori ing. I.I. Quest'ultimo aveva precisato che non era possibile, a causa della conformazione del pendio e delle modalità di realizzazione dell'opera, prevedere in quel punto ponteggi o parapetti di protezione e che era stata installata una linea vita, poi rimossa dopo l'ultimazione delle lavorazioni in quel punto. In nessun documento è evidenziato che nel punto in cui è caduto il E.E. dovesse essere adottato il parapetto con tavola fermapiede; anzi, dalle relazioni dei tecnici di ATS è stato confermato come in quella parte di condotta forzata i lavori fossero terminati, non trattandosi peraltro di luogo di transito. Proprio perché i lavoratori non vi dovevano accedere, era stata prevista e attuata una delimitazione tra le due aree di lavoro con transenne, come provato dalle deposizioni del direttore dei lavori ing. I.I., del geom. J.J. e del lavoratore H.H. La sentenza ha posto a proprio postulato un fatto inesistente, ossia che quell'area fosse destinata anche al transito di persone.

Con il secondo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione degli artt. 516 e seguenti cod. proc. pen., nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra contestato e deciso, vizio di motivazione in riferimento all'efficacia causale delle condotte contestate all'D.D., erronea interpretazione dell'All. XIII punto 7 D.Lgs. n. 81 cit. La sentenza ha posto a carico dell'D.D. l'omessa ponderazione delle peggiorate condizioni atmosferiche, ossia un fatto mai contestato. Nell'addebitare all'D.D. l'omesso controllo del rispetto da parte di Edilnova del controllo delle condizioni di percorso dei lavoratori ha esteso l'imputazione a fatti mai ritualmente contestati. La Corte invoca erroneamente il precetto normativo dell'All. XIII punto 7 D.Lgs. n. 81/2008, che si riferisce alle sole vie di circolazione. In nessuna parte della motivazione si specifica quale, tra le omissioni complessivamente ascritte all'D.D., abbia concretizzato una condotta di per sé sufficiente a porsi in nesso causale con l'evento morte, per cui non è possibile verificare se, espunta la condotta di omessa valutazione delle condizioni meteo, la pronuncia di condanna sia validamente supportata da altre e diverse omissioni.

Con il terzo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 112 n. 1) e 133 cod. pen., motivazione in parte assente e in parte contraddittoria. La Corte ha negato rilievo alla condotta del lavoratore con motivazione apodittica, laddove le risultanze istruttorie avevano dato conto del fatto che quell'area non rientrava tra quelle di competenza della ditta per la quale il E.E. operava e che la condotta forzata non era un tratto destinato o destinabile al transito, tanto che per raggiungerla era stata rimossa la barriera divisoria tra le aree di cantiere. La condotta della vittima, estranea a esigenze e mansioni lavorative affidategli, poteva e avrebbe dovuto essere ponderata, quantomeno attenuando il grado della colpa del ricorrente o quantomeno per concedere le circostanze attenuanti generiche. La motivazione del diniego è assolutamente illogica perché fa riferimento a ulteriori violazioni della normativa infortunistica che sono le contravvenzioni previste dal TU n. 81/2008 contestate separatamente per il medesimo fatto, facendosi discendere dal medesimo fatto due distinte conseguenze sfavorevoli ai danni dell'imputato.

5. A.A. propone ricorso censurando la sentenza, con il primo motivo, per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza concretizzatasi nell'omessa notifica a uno dei difensori e nell'omessa indicazione del difensore negli atti. Il difensore deduce che il A.A. aveva incaricato gli Avvocati ALBERTO GANDINI e ROLANDO DUBINI di presentare appello, depositando il mandato a impugnare insieme al ricorso firmato da entrambi; tuttavia, l'avviso di fissazione dell'udienza in Corte di appello è stato notificato solo all'Avvocato Gandini; l'Avv. Dubini mai appare nella sentenza quale difensore di A.A.

Con il secondo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 92, 95, 96, 97 nonché 18, 19, 20 e 299 D.Lgs. n. 81/2008 e vizio di motivazione per aver attribuito al coordinatore obblighi di vigilanza e responsabilità che competono ad altre figure. Sulla base di quanto previsto dall'art. 92, D.Lgs. n. 81/2008, il coordinatore per la sicurezza deve svolgere la valutazione dei rischi interferenziali con compiti di alta vigilanza sulla configurazione generale delle lavorazioni che comportano tali rischi. Gli artt. 95, 96 e 97 indicano le misure generali di tutela e gli obblighi di datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese esecutrici e affidatarie, così distinguendo chiaramente da queste figure quella del coordinatore per la sicurezza, tenuto a esercitare una vigilanza di alto livello con azioni di coordinamento tipicamente rappresentate da riunioni di coordinamento, verifiche a campione e obbligo di intervenire direttamente solo in situazioni di emergenza direttamente riscontrate in occasione dei sopralluoghi in cantiere. Nel caso in esame la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, perché ha omesso di individuare correttamente l'ambito della posizione di garanzia del coordinatore, non distinguendo il suo ruolo e le sue responsabilità da quelle delle altre figure presenti in cantiere. I giudici hanno ritenuto sussistere la presenza di un rischio interferenziale mal governato, contraddicendo logicamente gli elementi probatori emersi dal dibattimento, in quanto dalla deposizione del direttore dei lavori ing. I.I. è emerso che il cantiere presentava una complessità significativa con diverse opere in corso. In particolare, il I.I. ha chiarito come le due opere principali erano la realizzazione dell'opera di presa sul torrente (omissis) e la condotta forzata collegata, specificando che si trattava di opere affidate a due diverse imprese in differenti aree di lavoro ben distinte, delimitate e con accessi autonomi. Il giorno dell'infortunio erano in corso i soli lavori sull'opera di presa. La prova acquisita ha evidenziato che il cantiere dell'opera di presa operava in autonomia funzionale senza interferenze con altre lavorazioni e che quella mattina l'unica società operativa era l'Edilnova, il cui cantiere era esclusivamente quello dell'opera di presa. Non essendovi quel giorno alcuna interferenza, la responsabilità per la gestione del rischio era del solo datore di lavoro, non vi erano rischi interferenziali da gestire. La sentenza ha erroneamente fatto riferimento al verbale di sopralluogo ATS del 10 dicembre 2018, in quanto non è indicato a quale parte delle opere di condotta si stia riferendo e in quanto la condotta non era un luogo di passaggio. La sentenza è errata quando sostiene che il coordinatore per la sicurezza avrebbe dovuto verificare l'adozione di misure idonee a scongiurare il rischio di caduta; in particolare, il piano di sicurezza e coordinamento elaborato dal ricorrente indicava chiaramente le misure che i datori di lavoro delle imprese erano tenuti ad adottare per prevenire il rischio di cadute e nel punto dell'infortunio era stata ritenuta più efficace la posa in opera di una linea vita, destinata peraltro ai lavoratori della ditta individuale L.L., gli unici autorizzati ad accedere e lavorare in quel luogo; l'ing. I.I. ha chiarito che in quel punto, a causa della conformazione del pendio e delle modalità di realizzazione dell'opera, non era possibile prevedere ponteggi o parapetti di protezione, né i tecnici dell'ATS hanno sollevato obiezioni in proposito. Le loro relazioni hanno, invece, confermato che i lavori nella parte di condotta interessata dall'infortunio erano terminati e che quella zona non doveva essere considerata come luogo di transito durante l'esecuzione dei lavori o una volta conclusi. Non riguardando l'attività della società Edilnova la condotta forzata ma solo l'opera di presa, nel POS non dovevano esservi riferimenti alle linee vita. Il coordinatore per la sicurezza aveva dunque agito con perizia e diligenza, prevedendo misure di protezione adeguate in base alla tipologia delle opere e alle condizioni specifiche del cantiere, ma la sentenza non ha tenuto conto delle testimonianze e delle prove documentali che dimostravano tale diligenza.

Con il terzo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 92, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 81/2008 e vizio di motivazione nella parte in cui si afferma che il coordinatore per la sicurezza, pur presente in altro punto del cantiere, avrebbe dovuto sospendere i lavori a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Tuttavia, la norma che si assume violata prevede il potere-dovere del coordinatore di intervenire direttamente solo in presenza di situazioni pericolose constatate personalmente. Considerato che la protezione dei lavoratori dalle influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza è compito del datore di lavoro, occorre osservare che il ricorrente non era presente in cantiere quando si è verificato l'infortunio, come dimostrato dalla verbalizzazione dei funzionari dell'ATS che, nel documento del 13 dicembre 2018, danno atto del fatto che il A.A. è sopraggiunto in cantiere successivamente all'infortunio. Non essendo in cantiere, il ricorrente non era nelle condizioni di verificare le mutate condizioni meteorologiche intercorse nella notte tra il giorno 11 e il 12 dicembre e non poteva, pertanto, intervenire.

Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riguardo all'omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche. La difesa si duole dell'eccessività della pena inflitta e della mancata considerazione dell'incensuratezza, del comportamento professionale, dell'assenza di responsabilità diretta e del contributo colposo del lavoratore. La sentenza è contraddittoria quando sostiene che la posizione di lavoratore irregolare del E.E. non incide sulla prova della responsabilità penale del ricorrente e, in altro passo, pone l'accento sulla riscontrata irregolarità della posizione del lavoratore per non riconoscere le circostanze attenuanti generiche.

6. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, 16 D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n. 199 e 11, comma 7, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.

 

Diritto


1. Il primo argomento da trattare, in quanto inerente a censura di natura processuale, riguarda il primo motivo del ricorso di A.A.

Si tratta di censura inammissibile in quanto non risulta che il difensore del ricorrente abbia sollevato tempestiva eccezione in grado di appello; e secondo il principio enunciato da Sez. U. Aprea (n. 39060 del 16/07/2009, Rv. 244187 - 01) la nullità a regime intermedio derivante dall'omesso avviso dell'udienza a uno dei due difensori dell'imputato è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione a opera dell'altro difensore comparso.

2. Per la soluzione di tutte le questioni inerenti alla delimitazione del rischio del quale gli imputati sono stati ritenuti gestori è necessario richiamare il percorso motivazionale in base al quale i giudici di merito sono giunti alla conclusione per cui l'area di cantiere dalla quale è precipitato il lavoratore era agevolmente accessibile a coloro che svolgevano attività lavorative per conto della Edilnova Srl nell'area di cantiere relativa all'opera di presa.

Il giudice di primo grado ha valorizzato le seguenti acquisizioni istruttorie: l'imputato D.D. aveva subappaltato i lavori alla Edilnova, contrattando con B.B., e all'impresa individuale del fratello L.L.; il tratto di cantiere dove aveva lavorato il fratello era, prima della chiusura dei lavori commissionati a quest'ultimo, tanto di pertinenza dell'impresa individuale di L.L. quanto di Edilnova Srl; solo al momento della stipula del contratto D.D. aveva saputo che C.C. era l'amministratore unico della Edilnova Srl; le opere di presa che interessavano il cantiere erano tre, dislocate lungo tre torrenti ((omissis), (omissis) e (omissis)); l'organizzazione del lavoro era strutturata come se si trattasse di cantieri diversi e il cantiere nel suo complesso era in parte coperto da boschi per cui erano necessari particolari accorgimenti; le opere erano distinte e autonome sia sul piano planimetrico che su quello cronologico, per cui ogni singolo cantiere doveva essere realizzato in tempi diversi rispetto agli altri; il cantiere relativo all'opera di condotta forzata si trovava in un'area diversa dal cantiere relativo all'opera di presa e il relativo lavoro era stato concluso il 30 ottobre 2018, tanto che in data 31 ottobre 2018 era stata comunicata alla Provincia la conclusione dei lavori relativi al tratto di condotta forzata luogo del sinistro; questa parte del cantiere era gestita dalla Costruzioni F.F. Spa con i relativi subappaltatori Edilnova ed EdilAlbini; il sinistro si era verificato nel tratto di condotta forzata che va dall'opera di presa del (omissis) alla vasca di carico, a circa 100 metri di distanza dall'opera di presa sul torrente (omissis); il teste G.G. ha dichiarato di aver scambiato poche parole pochi minuti prima dell'incidente con la persona offesa, con H.H. e B.B. e che quest'ultimo aveva dato al E.E. il compito di sistemare una tubazione di circa due metri, aggiungendo che B.B., dopo l'infortunio, gli avrebbe chiesto di non dire che era lui a dare ordini all'interno del cantiere; il teste H.H., dipendente a tempo determinato di B.B., ha riferito che si recava in cantiere insieme a E.E. e G.G. con la macchina del E.E. e, quando questa si era rotta, con un'auto fornita da B.B., confermando che gli ordini venivano impartiti da quest'ultimo, il quale parlava soprattutto con E.E., che poi li comunicava agli altri due; mentre i tre facevano la pulizia del cantiere, alle ore 9:00 - 9:15 era arrivato B.B., il quale aveva detto che sarebbe stato l'ultimo giorno di lavoro a causa del brutto tempo, ma aveva comunque dato disposizione a H.H. e G.G. di montare quel giorno un pezzo di tubo di circa due metri che serviva per far passare i cavi della corrente elettrica, mentre il E.E. era rimasto con B.B. sopra la vasca; la dichiarazione di D.D. circa la separazione delle due aree di cantiere, ossia l'area di presa di competenza di Edilnova e l'area di condotta di competenza di L.L., a mezzo di transenne da cantiere di altezza di due metri con la rete arancione e cartelli di divieto di accesso, riguardava lo stato dei luoghi alla data del 20 novembre 2018, quando il committente si era recato in cantiere; B.B. aveva dichiarato di non sapere per quale ragione il E.E. si trovasse nel cantiere di competenza di un altro subappaltatore e che fra i due cantieri vi era una zona di quattro - cinque metri funzionale al deposito del materiale, dopodiché vi era uno sbarramento; pur essendo incaricato per atto scritto dalla sorella di gestire il lavoro, non aveva autonomo potere di spesa; B.B. aveva anche dichiarato che i due cantieri erano separati e che vi era uno sbarramento anche il giorno dell'infortunio, che l'infortunato stava lavorando insieme a lui nei pressi del locale comandi e che, mentre era intento in attività di accatastamento, aveva sentito un rumore di materiale che rotolava, si era girato e aveva visto il lavoratore che stava precipitando nei pressi del torrente; aveva negato di aver impartito ordini al E.E., pur ammettendo di aver indicato la tipologia dei lavori da eseguire; la M.M. - N.N. engineering aveva redatto un piano di coordinamento e sicurezza che al paragrafo RF01 prevedeva una serie di misure per prevenire la caduta di persone dall'alto, stabilendo che, ove non fosse stata possibile l'adozione di protezioni verso il vuoto, il personale avrebbe dovuto obbligatoriamente indossare cinture di sicurezza con dispositivo di imbracatura del corpo e con dispositivo anticaduta atto a limitare la caduta non oltre m. 1,50; in particolare, erano state fornite indicazioni circa il rispetto delle regole di sicurezza in occasione della redazione di verbali di sopralluogo e coordinamento il 16 luglio, 31 luglio, 2 agosto, 8 agosto, 30 agosto, 19 settembre, 10 dicembre 2018; nel verbale del 16 luglio si prevedeva di dotare gli operatori dello scavo della condotta forzata (omissis) di apposita installazione di una linea-vita segnalando che su quel tracciato si sarebbe dovuto installare un apposito parapetto in corrispondenza dell'attraversamento della valletta e a monte del manufatto vasca, fornendo gli operatori di appositi dispositivi di protezione individuale; nel verbale del 31 luglio si era dato atto che, lungo la condotta forzata, l'impresa L.L. stava provvedendo a integrare la posa di parapetti in legno nelle zone con pericolo di caduta dall'alto, mentre nel verbale del 10 dicembre 2018, due giorni prima dell'infortunio, si legge: "l'impresa Edilnova sta eseguendo i rivestimenti del locale comandi. L'impresa L.L. sta proseguendo all'assemblaggio e saldatura del tratto di condotta di cui sono stati già posati i due terzi"; in quella stessa occasione il coordinatore per la sicurezza aveva disposto di installare parapetti provvisori nell'opera di presa (omissis) sulla copertura delle vasche o di montare nuovamente il ponteggio esterno, con medesimo obbligo nell'opera di presa (omissis), dove si sarebbero dovuti installare parapetti provvisori sulla copertura delle vasche e parapetti nei punti prospicienti il vuoto, nonché un apposito ponteggio anche sul lato esterno, nei punti dove bisognava operare a più di 200 centimetri da terra.

Dalla documentazione fotografica il giudice ha desunto (pag. 17) che accanto alla condotta forzata vi era una linea - vita utilizzata per le lavorazioni di posa della condotta forzata; dopo la posa della condotta forzata era stato ripristinato il selciato al fine di ricostruire l'andamento originario della roccia; non erano state approntate altre misure di protezione al di fuori della linea - vita e i due cantieri (di condotta forzata e di presa) erano stati separati per un certo periodo da tavole di legno.

Secondo alcuni testi, al momento dell'infortunio le due aree erano separate da transenne e nastri segnalatori e il tratto in cui era precipitato l'operaio E.E. apparteneva a un cantiere ormai concluso al quale era vietato l'accesso; tale indicazione di divieto era contenuta nel piano di sicurezza di cantiere, noto anche a Edilnova; tuttavia, il teste J.J., dipendente della Costruzioni F.F. Spa con ruolo contabile, aveva affermato che il giorno precedente l'infortunio si trovava in cantiere perché la parte di condotta forzata a valle doveva essere conclusa mentre il sentiero di condotta forzata oggetto del sinistro era già stato concluso a fine novembre (pag. 18), che la zona di cantiere era chiusa da una transenna e da una recinzione metallica con un nastro bianco e rosso volto a evidenziarne la visibilità; che i lavori erano stati ultimati e la zona non appariva più come un cantiere per cui non vi era alcuna necessità che i lavoratori accedessero a quell'area, anche perché l'accesso al cantiere di opera di presa si trovava dalla parte opposta alla valle, ove c'era un sentiero delimitato da parapetti; il teste H.H. ha dichiarato che il cantiere opera di presa era separato da quello di condotta forzata da una recinzione e che per giungere alla vasca era necessario passare da un sentiero di montagna per cui solamente il lunedì e il venerdì sera lui e gli altri operai passavano da quello di condotta forzata, ma anche che il giorno del sinistro, lungo il sentiero della condotta forzata, si trovavano depositati dei sacchi di sabbia e di malta per costruire un muro per cui per poter passare, poiché era tutto chiuso, gli operai tiravano la rete, la spostavano e poi la richiudevano; gli operai, per trasportare i sacchi di malta, usavano una scala di legno appoggiata a uno scalino appositamente costruito da loro; il medesimo teste ha ricordato che l'imputato B.B. aveva detto di non passare attraverso la recinzione, ma di passare solo da sopra. Anche il teste K.K. aveva confermato che i due cantieri erano separati da una rete metallica.

Sulla base di tali elementi, il giudice ha ritenuto che l'assoluta incertezza su chi fosse il datore di lavoro del E.E. fosse indicativa di un pregiudizio di fondo circa il rispetto delle regole sulla tutela del lavoratore. Essendo pacifico il luogo dove si è verificato il sinistro, ha quindi accertato che il cantiere riguardava un'opera di particolare complessità tecnica di natura ingegneristica, resa particolarmente difficoltosa anche dal percorso lungo il quale si snoda e dal tipo di ambiente in cui è stata costruita, trattandosi di zone boschive, caratterizzate da terreni scoscesi e impervi. La complessità dell'opera è stata la ragione per la quale il cantiere e le opere sono stati frazionati e si è fatto ricorso a tecniche costruttive particolari, provvedendo alla posa di tubazioni, lastre e getto di calcestruzzo per mezzo di un elicottero (pag. 21). La realizzazione dell'opera di presa in cemento armato sul torrente (omissis) era affidata alla F.F. Spa, amministrata da D.D. e, nell'ambito di questo cantiere, A.A. svolgeva il ruolo di coordinatore per la sicurezza mentre I.I. quello di direttore dei lavori; dal 10 febbraio 2018 la F.F. Spa aveva subappaltato parte della costruzione dell'opera di presa sul cantiere (omissis) alla Edilnova Srl di S, che risultava formalmente amministrata da C.C. con B.B. nel ruolo formale di consulente esterno addetto alla sicurezza. L'impresa F.F. aveva poi subappaltato ad altre imprese i lavori di casseratura e il rivestimento dei muri in sasso delle opere di presa generale; inizialmente, il E.E. risultava impiegato presso la EdilAlbini di G.G., ma il giorno del sinistro risultava assunto sin dal 13 novembre 2018 dalla Hera Srl di O.O.; quest'ultima ha giustificato la propria presenza nel cantiere sulla base di un contratto di affidamento con la EdilAlbini, ritenuto falso e per il quale si è proceduto separatamente; sei giorni dopo il sinistro, l'Hera Srl è stata cancellata dal registro delle imprese; l'istruttoria ha, comunque, consentito di accertare che nel cantiere dell'opera di presa, al momento dell'infortunio, vi fossero solamente B.B., E.E., G.G. e H.H., non essendo peraltro la società Hera Srl in qualche modo autorizzata all'esecuzione dei lavori dalla società M.M. - N.N.; l'assenza di un titolo legittimante la presenza di Hera Srl all'interno del cantiere e la retribuzione non regolare degli operai, confermata dalla mancata richiesta del documento che attesta la regolarità contributiva (DURC), proprio nel trimestre in cui la compagine societaria di Hera Srl passava da 1 a 73 dipendenti, sono stati ritenuti indici di un generale disinteresse per il rispetto delle regole all'interno del cantiere. Considerato che il licenziamento del E.E. dalla EdilAlbini era stato formalizzato il 31 maggio 2018 e che il lavoratore prestava la propria opera in cantiere dal giugno 2018, il giudice ne ha logicamente desunto che non fosse possibile che gli imputati D.D. e A.A. non fossero a conoscenza dell'identità del datore di lavoro di tale operaio.

Dalla relazione finale ATS è emerso che la parte di cantiere interessata dall'infortunio riguardava la realizzazione dell'opera di presa e di condotta forzata per la captazione di acqua dal torrente (omissis), raggiungibile a piedi tramite una stradina sterrata "un sentiero di piccole dimensioni realizzato in un prato sottostante la strada e un camminamento in discesa, realizzato appositamente per arrivare all'opera di presa"; dalla documentazione fotografica è emerso che il cantiere dell'opera di presa era contiguo a quello di condotta forzata. Il teste H.H., all'udienza del 21 aprile 2022, aveva dichiarato che gli operai utilizzavano il passaggio per il tratto di condotta forzata solo il lunedì e il venerdì per raggiungere e abbandonare il cantiere, sollevando la rete e poi richiudendola, mentre durante la settimana rimanevano in quota soggiornando nel più vicino Comune. In particolare, il giorno del sinistro, nel punto di passaggio fra i due cantieri erano depositati materiali edilizi, ossia sacchi di sabbia. E, considerato che la notte fra l'11 e il 12 dicembre si era verificato un forte abbassamento delle temperature, tutte le vie di accesso al cantiere risultavano ghiacciate, tanto che B.B. aveva deciso che i lavori avrebbero dovuto essere sospesi. Tuttavia, prima di chiudere il cantiere, aveva ritenuto opportuno svolgere alcune attività. Sulla natura dell'attività svolta dal E.E. al momento dell'infortunio, il giudice ha dato atto di divergenze tra le dichiarazioni testimoniali, sottolineando che, in ogni caso, il E.E. stava eseguendo l'opera appaltata sotto la direzione di B.B. Tenuto conto del punto di ritrovamento del corpo, si è desunto che il E.E. sia precipitato quando si trovava a circa 30 - 40 metri di distanza dalla fine del cantiere dell'opera di presa, mentre camminava sul percorso ghiacciato della condotta forzata.

Dalle foto allegate all'informativa finale di ATS è emerso che, su quel tratto di condotta forzata, la linea - vita risultava interrotta e il sentiero era privo delle tavole fermapiede. Con riguardo alla allegazione difensiva secondo la quale il luogo dal quale era precipitato l'operaio era intercluso e riguardava una parte di cantiere già conclusa e diversa dall'area di cantiere relativa all'opera di presa, il giudice ha sottolineato che la prova testimoniale, secondo la quale i due cantieri erano separati da una transenna alta due metri, era contraddittoria con riguardo al tipo di transenna e alle tempistiche dello sbarramento; d'altro canto, la testimonianza di H.H. circa la presenza della rete metallica non era stata univoca in quanto, in sede di s.i.t. del 14 giugno 2019, aveva dapprima riferito che la zona ubicata fra il cantiere dell'opera di presa e il tratto di condotta forzata veniva usata per depositare materiale o comunque come passaggio e che non vi era alcun divieto di accesso né sbarramento, mentre all'udienza del 21 aprile 2022 aveva invece fatto riferimento a una rete divisoria che veniva aperta e chiusa e poi addirittura a una scala in legno. Specifica disamina è stata dedicata alle dichiarazioni degli imputati B.B. e D.D. circa la presenza di uno sbarramento tra i due cantieri, affermando (a pag. 28) il giudice che tali dichiarazioni erano smentite documentalmente dalla foto scattata poche ore dopo l'infortunio mortale dagli operanti di ATS, dalla quale nel tratto contiguo ai due cantieri non si vedeva alcun segno di delimitazione. Anzi, da una fotografia in atti ((omissis) allegato (omissis) alla relazione di ATS del 10 gennaio 2020), si evince che in corrispondenza del punto indicato dagli imputati vi era una betoniera oltre a materiali di cantiere, precisamente sacchi e legname, mentre il punto indicato dall'D.D. era privo di barriere, peraltro non menzionate da altri testimoni o imputati. È stato, dunque, accertato che quella parte di cantiere non era separata e veniva regolarmente utilizzata per raggiungere la parte relativa all'opera di presa quantomeno all'inizio e alla fine della settimana lavorativa, mantenendo una funzione strumentale al cantiere in atto. Anche laddove vi fossero stati punti di delimitazione, la rete amovibile poteva essere spostata dagli operai.

Il Giudice ha dunque accertato, con motivazione ampiamente supportata da prova testimoniale e documentale, logicamente argomentata, che l'area nella quale si trovava il lavoratore al momento dell'infortunio era utilizzata dagli operai e comunque non presentava misure utili a evitare gli infortuni. I responsabili non risultavano averne vietato la fruizione o come via di passaggio o per il deposito di materiali o come luogo da sistemare e tenere pulito secondo le direttive impartite il giorno dell'infortunio al dipendente deceduto. Ha, quindi, ritenuto dimostrata l'irrilevanza della prova che i lavori sul tratto di condotta forzata fossero conclusi o meno, atteso che era provato che il tratto percorso, per qualunque motivo, dai lavoratori non era dotato di tavola fermapiede. A ciò si aggiunga che si è valorizzata la prova documentale costituita dal verbale di sopralluogo del 10 dicembre 2018, comprovante che i lavori sul tratto di condotta forzata non erano terminati. Tale prova è stata corroborata dalle considerazioni formulate dall'ATS nell'informativa del 9 maggio 2019, dalla quale risulta che dal sopralluogo effettuato immediatamente dopo l'infortunio tra la costruenda opera di presa e la condotta forzata non vi era una reale delimitazione netta, fisica, ad esempio con barriere e recinzioni, essendovi solo un'attrezzatura da lavoro (betoniera) e tavolame. Inoltre, la relazione del 31 ottobre 2018 attestante la fine lavori riguardava una parte della condotta forzata riferibile al torrente (omissis), dunque diversa da quella del torrente (omissis).

Le dettagliate argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado sono state confermate dal giudice di appello che, investito del motivo di gravame circa la separazione delle due aree di cantiere, alle pagg. 14 - 15 ha richiamato puntualmente la contraddittoria versione dei fatti fornita dal teste H.H. il 14 giugno 2019 e il 21 aprile 2022, ha ricordato come i due testi che avevano affermato l'esistenza di una barriera di separazione l'avevano descritta in maniera assolutamente difforme, ha sottolineato che dalla documentazione fotografica non era emerso alcun segno di barriera di separazione delle due aree di cantiere, aggiungendo con puntuale riflessione che lo stesso datore di lavoro del E.E., B.B., non aveva fornito alcuna descrizione della barriera e che la presenza in loco di una betoniera e di sacchi pieni di residui delle opere di cantiere integrava un profilo di macroscopica incompatibilità rispetto alla tesi della interclusione. Secondo il giudice di appello, in ogni caso la rete non avrebbe comunque potuto avere un'altezza di due metri, dato che la vittima l'aveva oltrepassata agevolmente; l'operaio era effettivamente impegnato nella pulizia della superficie di cantiere o comunque nella lavorazione su tubi destinati al passaggio della fibra ottica; vi era, inoltre, corrispondenza tra il segmento di tubo rosso trovato nei pressi del cadavere e le dichiarazioni rese da B.B. nell'immediatezza in ordine al rumore di tubi che rotolavano, da lui personalmente udito al momento dell'infortunio.

A fronte di tali specifiche argomentazioni, risulta l'infondatezza del secondo, del terzo e del quarto motivo dei ricorsi di B.B. e C.C. e del primo motivo del ricorso di D.D., che propongono una ricostruzione dello stato dei luoghi alternativa a quella sposata dai Giudici di merito senza che sia possibile ricondurre ad alcun vizio deducibile con ricorso per cassazione il mero contrasto con le emergenze istruttorie e con le argomentazioni sulla cui scorta i giudici hanno valorizzato talune prove rispetto ad altre.

3. Occorre, quindi, risolvere la questione posta con il quarto motivo del ricorso di B.B. e C.C., inerente alla posizione di garanzia di quest'ultima. La ricorrente esclude di aver assunto una posizione di garanzia nei confronti della vittima, avendo rilasciato delega al fratello. Censura la decisione della Corte territoriale in quanto contraddittoria per aver ritenuto la delega inefficace in quanto non sottoscritta dal delegato, sebbene quest'ultimo la abbia da sempre riconosciuta. Lamenta, inoltre, che la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che la ricorrente non è stata mai vista in cantiere.

Il motivo di ricorso è infondato.

La posizione di garanzia in tema di debito di sicurezza antinfortunistica deve essere riferita, in quanto derivante da contratto, anche all'assunzione soltanto formale della carica di legale rappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore, e su cui i terzi fanno affidamento. Si consentirebbe, altrimenti, attraverso l'interposizione fittizia, di vanificare la cogenza della tutela penale per omissione di cautele doverose correlate alla salvaguardia di soggetti ritenuti dall'ordinamento bisognevoli di protezione. La posizione di garanzia, nel caso in esame, è quella propria del ruolo di amministratrice della Edilnova Srl rivestito dalla ricorrente. Tale interpretazione è confortata dalla lettura degli art. 2 e 299 D.Lgs. n. 81/08 che definiscono la qualifica di datore di lavoro e perimetrano l'esercizio di fatto delle funzioni tipiche di coloro i quali rivestano le qualifiche di datore di lavoro, di dirigente o di preposto. Il datore di lavoro è il soggetto "titolare del rapporto di lavoro", il quale riveste una posizione di garanzia, indipendentemente dalla effettività dello svolgimento delle mansioni tipiche imprenditoriali e datoriali. L'aspetto della irrilevanza della intestazione apparente o fittizia ai fini dell'assunzione della posizione di garanzia si ricava dal testo dell'art. 299 D.Lgs. n. 81/08, che, nel definire l'esercizio di fatto di poteri direttivi, stabilisce che la posizione di garanzia relativa al datore di lavoro grava altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al soggetto definito nell'art. 2 del decreto legislativo citato. La norma, nell'estendere gli obblighi di garanzia a coloro i quali, di fatto, svolgono le mansioni tipiche delle figure di cui si è detto, non esclude la corresponsabilità di coloro i quali siano formali titolari della qualifica. Permane, dunque, in capo al datore di lavoro la posizione di garanzia attribuitagli dalla legge, a meno che questi non abbia investito altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche mediante apposita delega (Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 19/01/2022, Baccalini, Rv. 282568). Alla luce delle considerazioni che precedono devono ribadirsi i precedenti di legittimità che hanno affermato come la responsabilità dell'amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall'ordinamento, non viene meno per il solo fatto che il ruolo rivestito sia apparente (Sez. 4, n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv. 284828 - 01; Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181 - 01; Sez. 4, n. 35120 del 6/6/2013, non mass.; Sez. 5, n. 1022 del 07/11/1968, dep. 31/01/1969, Miacola, Rv. 110163 - 01; Sez. 4, n. 600 del 21/03/1967, Mondrone, Rv. 105066 - 01).

La posizione di garanzia avrebbe, dunque, imposto alla ricorrente la valutazione dei rischi, e la circostanza che il lavoratore non risultasse formalmente assunto dalla Edilnova Srl non la esonerava dalla valutazione dei rischi esistenti nel cantiere, dei quali si deve occupare anche l'amministratore di diritto in quanto tenuto per legge a governare quel rischio: a tal proposito, la Corte di Appello ha considerato il E.E. alla stregua degli altri dipendenti ma si deve rammentare in ogni caso che, al momento dell'infortunio, la vittima si trovava esposta al rischio dell'ambiente di lavoro gestito dalla Edlinova Srl (ex multis, Sez. 4, n. 32178 del 16/09/2020, Dentamaro, Rv. 280070 - 01; Sez. 4, n. 44142 del 19/07/2019, De Remigis, Rv. 277691 - 01; Sez. 4, n. 23147 del 17/04/2012, De Lucchi, Rv. 253322 - 01).

Va, inoltre, ricordato che la stessa delega di funzioni disciplinata dall'art. 16 D.Lgs. n. 81 cit. non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro sul corretto espletamento delle funzioni trasferite.

La decisione impugnata ha, dunque, correttamente tenuto conto della qualifica di amministratore unico della società Edilnova Srl rivestita da C.C. e della mancanza di una efficace delega di funzioni rispondente ai requisiti di cui all'art. 16, D.Lgs. n. 81/2008. In base a tale disposizione, l'atto di delega deve riguardare un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, deve essere espresso ed effettivo, non equivoco ed investire un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261108 - 01). Contrariamente a quanto allegato, non è solo la mancata sottoscrizione del delegato la ragione dell' accertata inefficacia della delega di funzioni ma, più in generale, l'assenza dei requisiti previsti dalla norma citata. La Corte ha tenuto conto delle dichiarazioni dei dipendenti circa il fatto che nessuno conoscesse C.C., ma ha correttamente ritenuto tale acquisizione istruttoria irrilevante, tenuto conto della omissione da parte di C.C. dei doveri gravanti su colui che riveste la posizione di garanzia del datore di lavoro.

4. Il primo motivo del ricorso di B.B. è inammissibile.

Giova, in primo luogo, ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U., n.29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 - 04).

Nel caso in esame, il ruolo di datore di lavoro fatto del ricorrente è stato desunto sia da quanto riferito da D.D. a proposito dei contatti intercorsi per l'affidamento del subappalto, sia dalla testimonianza del dipendente H.H., che lo ha definito "capo del cantiere", sia dal fatto che lo stesso D.D. ha confermato di essersi relazionato con C.C. solo il giorno in cui si è formalmente sottoscritto il contratto. La circostanza che sia G.G. sia i familiari del defunto, oltreché H.H., hanno indicato in B.B. la persona alla quale chiedere i compensi per il lavoro prestato, così come la circostanza per cui B.B. aveva prestato a E.E. un'autovettura per recarsi al lavoro, sono stati considerati elementi idonei solo a corroborare le prove principali enucleate dalle dichiarazioni testimoniali dell'D.D. e del H.H. Tanto è sufficiente per evidenziare l'inammissibilità del motivo di ricorso, tendente a proporre una rilettura in fatto delle evidenze istruttorie in difetto di adeguato confronto con il tenore dei provvedimenti decisori di primo e secondo grado, le cui motivazioni in quanto conformi si integrano.

5. La posizione di garanzia di D.D. è correlata al ruolo di datore di lavoro committente, ritenuto in quanto tale garante della verifica del rispetto della normativa antinfortunistica da parte dei subappaltatori.

Il giudice di primo grado, ravvisando in capo al committente l'obbligo di protezione consistente nel controllo del rispetto della normativa antinfortunistica e di accertamento dell'adempimento degli obblighi gravanti sui coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dell'opera, ha ritenuto che nel caso di specie l'imputato, ammettendo di essersi recato in cantiere una volta al mese, non abbia assolto agli obblighi di controllo previsti dalla legge e dal contratto stipulato con Energia Ambiente Spa il 13 dicembre 2017.

Esclusa la fondatezza del primo motivo di ricorso per quanto già chiarito al par. 2, va rilevato che con il secondo motivo si lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra condanna e contestazione con riguardo all'attribuzione all'D.D. dell'omessa ponderazione delle peggiorate condizioni atmosferiche. Ma la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen. dispone che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Dalla lettura di tali disposizioni in combinato disposto con l'art. 609, comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione di questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l'inammissibilità delle censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577 - 01; Sez. 2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504 - 01; Sez. 1, n. 2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi, Rv. 196414 - 01).

6. Con riguardo al primo, al secondo e al terzo motivo del ricorso di A.A., l'imputato, in qualità di coordinatore alla progettazione e all'esecuzione dei lavori, è stato ritenuto responsabile sia per aver omesso di sospendere i lavori in relazione alle condizioni climatiche avverse, sia per aver omesso di verificare con opportune azioni di coordinamento e controllo il rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche contenute nel piano di sicurezza e coordinamento relative all'adozione di presidi contro la caduta dei lavoratori dalla condotta forzata, sia per non aver organizzato tra i datori di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici la cooperazione e il coordinamento delle attività con particolare riferimento all'adozione di idonee misure di protezione atte a evitare la caduta dei lavoratori dalla condotta forzata. La difesa ritiene che la morte del lavoratore non concretizzi un rischio interferenziale e che, in ogni caso, il ricorrente avesse diligentemente previsto le misure idonee a scongiurare il rischio di caduta per i lavoratori autorizzati ad accedere all'area della condotta forzata, non essendo tenuto a sospendere i lavori in occasione di una situazione contingente, quali le avverse condizioni climatiche, da lui non direttamente percepibile. Si tratterebbe, in ogni caso, di un rischio specifico rispetto al quale non sussiste una posizione di garanzia del coordinatore.

Il Giudice di merito ha accertato la particolarità del tipo di ambiente in cui andava costruito l'impianto idroelettrico, trattandosi di zone boschive, caratterizzate da terreni scoscesi e impervi e ha anche precisato che la complessità dell'opera è stata la ragione per la quale il cantiere e le opere sono stati frazionati, così indicando sia le caratteristiche dell'ambiente di lavoro sia l'organizzazione del cantiere. Ha, poi, accertato: che la parte di cantiere interessata dall'infortunio riguardava la realizzazione dell'opera di presa e di condotta forzata per la captazione di acqua dal torrente (omissis), raggiungibile a piedi tramite una stradina sterrata "un sentiero di piccole dimensioni realizzato in un prato sottostante la strada e un camminamento in discesa, realizzato appositamente per arrivare all'opera di presa"; che il cantiere dell'opera di presa era contiguo a quello di condotta forzata; che gli operai utilizzavano il passaggio per il tratto di condotta forzata il lunedì e il venerdì per raggiungere e abbandonare il cantiere, sollevando la rete e poi richiudendola; che nel punto di passaggio fra i due cantieri erano depositati materiali edilizi; che la notte fra l'11 e il 12 dicembre si era verificato un forte abbassamento delle temperature.

A tal proposito, si rende necessario chiarire che l'All. XV, richiamato dall'art. 91, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008, descrive i "Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili" e indica al punto 2.1.2.3 lett. c) che il Piano di Sicurezza e Coordinamento deve contenere "una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi concreti, con riferimento all'area e alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze". La gestione del rischio inerente all'ambiente di lavoro è demandata, nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, anche al coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tale figura di garante è prescritta dall'art. 90, comma 4, D.Lgs. n. 81 cit. in adempimento dell'obbligo di nomina previsto dalla medesima disposizione a carico del committente. Il rischio inerente all'ambiente di lavoro è espressamente distinto dai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltataci o dei singoli lavoratori autonomi (All. XV par. 2.1.2 lett. c), D.Lgs. n. 81/2008). Con riguardo ai rischi in relazione ai quali l'All. XV prevede l'opera di coordinamento tra imprese, la normativa evidenzia, in primo luogo, che i rischi inerenti all'area e all'organizzazione del cantiere sono altro rispetto al rischio interferenziale e, in secondo luogo, che di rischio interferenziale si possa parlare se e in quanto vi siano interferenze tra le lavorazioni.

Nel caso concreto, il soggetto infortunato era un lavoratore che operava all'interno dell'area di cantiere e, precisamente, lungo una via di accesso all'area di cantiere della Edilnova Srl ubicata nella contigua area destinata all'opera di condotta forzata; si trattava, quindi, di verificare se il coordinatore A.A. avesse adeguatamente gestito il rischio lavorativo inerente all'ambiente di lavoro. Non è corretto escludere dall'area di rischio lavorativo il tratto ove si è verificato l'infortunio sia perché esso si trova all'interno dell'area di cantiere nel suo insieme in quanto destinata a più imprese esecutrici, sia perché esso costituiva una via di accesso al cantiere dell'impresa alle cui dipendenze, di fatto, il E.E. lavorava.

La pronuncia impugnata ha fatto buon governo dei principi interpretativi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte quanto al profilo riguardante la natura del rischio a cui era esposto il lavoratore nel caso in esame, considerato che l'assenza di presidi anticaduta in terreno scosceso, quali tavole fermapiede e persino la linea-vita, palesava una carenza strutturale di quella zona del cantiere per qualsiasi lavoratore vi si fosse trovato. Al relativo rischio di caduta erano esposti anche i lavoratori di altre imprese in ragione dell'accessibilità dell'area. L'analisi del pericolo a cui è stato esposto il lavoratore rivela come esso non fosse legato a uno specifico rischio della lavorazione, o all'interferenza tra diverse lavorazioni, trattandosi di rischio inerente all'ambiente di lavoro che, in quanto tale, rientra tra i rischi dei quali il coordinatore per l'esecuzione è garante.

L'ulteriore questione esposta nel ricorso, riguardante la mancanza della contestuale presenza di più imprese al momento dell'infortunio, concreta dunque un elemento ininfluente ai fini della ricorrenza della responsabilità del coordinatore.

Per quanto riguarda il rapporto con altri garanti, va ricordato che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all'entrata in vigore del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) - nell'ambito di una generale e più' articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili - a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento implicanti particolari competenze tecniche, altrimenti su di lui ricadenti. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco di obblighi, originariamente contenuto nell'art. 5 D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, attualmente trasfuso nell'art. 92 D.Lgs. n. 81/2008, a mente del quale il coordinatore per l'esecuzione e' tenuto, tra l'altro, a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Il potere-dovere inibitorio di sospensione dei lavori, attribuito al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva dall'art. 92, comma 1, lett. f), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è correlato a qualsiasi ipotesi in cui tale garante riscontri direttamente un pericolo grave e imminente, a prescindere dalla verifica di specifiche violazioni della normativa antinfortunistica e del rischio interferenziale, la cui gestione è, invece, correlata agli obblighi di alta vigilanza, previsti dalle lettere a) e d) del medesimo art. 92 (Sez. 4, n. 42845 del 04/10/2023, Tramontin, Rv. 285380 - 01). L'omessa adozione dell'ordine di sospensione dei lavori costituisce, in altre parole, una delle possibili omissioni addebitabili al coordinatore per la sicurezza indipendentemente dalla sussistenza di un rischio interferenziale.

I Giudici di merito hanno, dunque, correttamente ascritto al ricorrente la violazione delle regole cautelari prescritte dall'art. 92 D.Lgs. n. 81 cit. osservando che il rischio della formazione di gelate e di conseguenti scivolamenti, non imprevedibile, non era contemplato e, pur potendosi catalogare nel rischio di caduta di persone dall'alto, non aveva trovato adeguata cautela in quanto la realizzazione di ponteggi o l'installazione di parapetti in legno prescritte nel piano di sicurezza si era rivelata non realizzabile. In tale contesto, si è ritenuto violato anche l'art. 92, comma 1 lett. f), D.Lgs. n. 81 cit. per aver omesso il coordinatore per l'esecuzione dei lavori di sospendere le lavorazioni in caso di pericolo grave e imminente. Il presupposto di tale violazione era duplice: da un lato, il pericolo costituito dal ghiaccio sopravvenuto il giorno dell'infortunio; dall'altro, la mancata corrispondenza tra le misure previste nel piano di sicurezza e coordinamento per contrastare i pericoli di caduta dall'alto e le misure realmente adottate, con la precisazione che nessuna delle cautele ivi previste era stata rispettata e che il piano non era stato modificato, sebbene le misure prescritte si fossero rivelate inadeguate. Il coordinatore, secondo il giudice di primo grado, avrebbe dovuto svolgere una vigilanza particolarmente attiva in relazione alla situazione di pericolo derivante dall'utilizzo strumentale dell'area della condotta forzata dopo la conclusione dei lavori di costruzione della condotta. Il giudice di appello ha confermato il giudizio di esistenza di un rischio, seppur impropriamente definito interferenziale, derivante dal fatto che la chiusura dell'area di cantiere dedicata alle lavorazioni sulla condotta forzata non fosse fisicamente percepibile e in quanto l'area fungeva da transito abituale per i lavoratori, fermo restando che lo stesso A.A. aveva indicato nel verbale di sopralluogo del 10 dicembre 2018 che l'attività nell'area della condotta forzata non era conclusa.

L'addebito sul quale si incentra la pronuncia di appello è l'omessa adozione di misure idonee a scongiurare il rischio di caduta nel vuoto, quale la linea - vita, una volta verificata l'impossibilità di adottare i presidi antinfortunistici contemplati nel piano di sicurezza. La formazione del ghiaccio sulla condotta forzata non era contemplata, si legge nella sentenza, all'interno di un cantiere con caratteristiche geografiche e idrogeologiche che rendevano tale rischio non imprevedibile. Il giudice di appello non ha trascurato di sottolineare, sulla base dell'informativa di polizia giudiziaria del 13 dicembre 2018, il cui contenuto è contestato con inammissibili allegazioni in fatto, che A.A. ebbe la percezione immediata e diretta del peggioramento delle condizioni climatiche, o essendo presente in cantiere; si tratta di una situazione di fatto la cui prevedibilità è corroborata dall'accertata intenzione dello stesso B.B. di sospendere le lavorazioni a causa delle condizioni climatiche. Tale stato di cose, secondo i giudici di merito, dimostra la responsabilità del coordinatore per non essersi attivato per modificare il quadro delle cautele antinfortunistiche, evidentemente carente, anche in relazione alla diretta percezione che egli avrebbe potuto avere la mattina dell'infortunio rispetto alle condizioni meteorologiche nell'area di cantiere.

Tanto premesso, si ritiene infondato il secondo motivo di ricorso in quanto la posizione di garanzia dell'imputato è stata correttamente posta in relazione alla esistenza di un rischio, da qualificare come rischio dell'ambiente di lavoro, mal governato. Le allegazioni tendenti a dimostrare che le differenti aree di lavoro fossero distinte e che quindi non vi fossero interferenze tra le lavorazioni rappresentano altrettante deduzioni in fatto. Nel ricorso si allega la presenza di una linea - vita nell'area della condotta forzata, senza confronto con quanto accertato al momento dell'infortunio con specifico riguardo alla zona dalla quale il E.E. è precipitato.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto, con riferimento all'omessa sospensione delle lavorazioni in concomitanza con il rischio di gelate immediatamente percepibile, tende a ottenere una valutazione alternativa del compendio istruttorio senza confrontarsi con il dato probatorio dell'informativa della polizia giudiziaria al quale hanno fatto riferimento ai giudici di merito per affermare la presenza del A.A. in cantiere il giorno dell'infortunio, onde fondare l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 92, comma 1 lett. f), D.Lgs. n. 81/2008.

7. Le doglianze svolte dai ricorrenti con riguardo al trattamento sanzionatorio risultano inammissibili in quanto generiche, prive di adeguato confronto con la motivazione della sentenza impugnata e tendenti a una rivalutazione del fatto.

In particolare, le censure svolte da B.B., C.C. e da D.D. non si confrontano con quanto analiticamente indicato alle pagg. 19 e 24 della sentenza impugnata, difettando per tale ragione del requisito della specificità.

Il quarto motivo del ricorso di A.A. è inammissibile in quanto il giudizio circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche risulta adeguatamente motivato a pag. 22 della sentenza e gli elementi dei quali, secondo il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto tenere conto risultano in parte non dedotti con i motivi d'appello e in parte già esaminati e ritenuti dal Giudice di merito inidonei a mutare il giudizio circa il trattamento sanzionatorio.

I ricorsi devono, dunque, essere rigettati. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili P.P., Q.Q., R.R., S.S., T.T., Fillea Cgil Lombardia e Fillea Cgil Como, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, in solido, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili: P.P., Q.Q., R.R., S.S., T.T., Fillea Cgil Lombardia e Fillea Cgil Como, liquidate in complessivi Euro 8.400,00, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2025.