Ministero dell’Università e della Ricerca
Segretariato Generale
Comitato Unico di Garanzia
PARERE NEGATIVO MOTIVATO
sullo schema di regolamento lavoro agile.
Ai sensi dell’art. 57 del D.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 21, L. 183/2010, il CUG ha compiti propositivi, consultivi e di verifica all’interno della singola amministrazione pubblica. Inoltre, le Linee Guida della Funzione pubblica adottate il 4 marzo 2011, espressamente richiamate dal surriferito art. 57 per regolare le funzioni del CUG, recitano che esso formula pareri su “orari di lavoro, forme di flessibilità lavorativa e interventi di conciliazione”.
In data 21 novembre 2024 la Direzione generale competente ha trasmesso al presente Comitato Unico di Garanzia “il nuovo regolamento sull’applicazione del lavoro agile elaborato all’esito del confronto con le Organizzazioni sindacali nonché con la Rappresentanza sindacale unitaria operante presso questa amministrazione” e ha richiesto “di voler fornire, con cortese sollecitudine, un parere in relazione ai contenuti del provvedimento”.
In via preliminare, si ritiene che il parere del CUG avrebbe dovuto essere acquisito prima del confronto con le organizzazioni sindacali, costituendo lo stesso una fase del procedimento di formazione degli atti delle amministrazioni, ai sensi della normativa richiamata.
Nel merito, si comunica il PARERE NEGATIVO di questo Comitato e se ne condividono le motivazioni, invitando l’Amministrazione a procedere a una nuova formulazione dell’atto proposto che tenga conto di quanto di seguito osservato, evidenziando che l’intero regolamento sembra permeato da un “conflitto” tra dipendente e Amministrazione, in cui, a fronte dell’aspirazione del primo di poter effettuare la prestazione lavorativa in modalità lavoro agile, quest’ultima si concentra sulla individuazione di limiti e divieti, in una logica lontana da quella di regolamentazione di uno strumento di esecuzione della prestazione di lavoro nonché di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a parità di servizi erogati.
Il regolamento, discostandosi da quanto sopra richiamato e dalle esperienze delle altre pubbliche amministrazioni, contiene numerosi aspetti “critici” (che di seguito saranno di seguito illustrati) che si pongono in contrasto con le pari opportunità, la valorizzazione del benessere dei lavoratori creando il pericolo di potenziali discriminazioni tra gli stessi nonché il rischio di determinare, involontariamente, effettivi lesivi della dignità e della personalità di ciascun lavoratore.
Il “nuovo” regolamento sul lavoro agile, inoltre, pone evidenti criticità anche con riferimento al dettato costituzionale e ai principi europei sulle pari opportunità (cfr. Direttiva UE del 24/11/2022) disattendendo, peraltro, le disposizioni introdotte nell’ipotesi di CCNL del comparto delle funzioni centrali sottoscritto in data 29 ottobre 2024 (cfr. ipotesi accordo CCNL).
Lo schema sottoposto alla valutazione del CUG, infatti, anziché “conciliare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori………” e facilitare “……l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure …”, di fatto, si basa su una reintroduzione di un più rigido principio dell’esecuzione della prestazione in presenza senza tener conto dello spirito delle recenti direttive del Ministro Zangrillo che ribadiscono il principio della deroga al criterio della prevalenza dello svolgimento della prestazione lavorativa in presenza.
Per altro verso, si evidenzia che sono introdotti elementi nuovi e sconosciuti quali l’applicativo per il lavoro agile cui viene conferito un ruolo primario e centrale e di cui non sono state fornite informazioni e che, si ritiene, non possa essere inserito nella regolamentazione, considerati i profili che vengono in rilievo e un assetto in cui l’Amministrazione dimostra una pregiudiziale volontà di controllare il lavoratore anziché il lavoro svolto. Per le sopra indicate motivazioni, i componenti del CUG che approvano il presente parere, nel rispetto dei compiti di natura propositiva, consultiva e di verifica richiamati dalla normativa di riferimento, manifestano parere negativo e “contrario” all’adozione dello schema loro sottoposto per i seguenti motivi.
1) Nelle premesse
Preliminarmente si ritiene, comunque, che in una nuova versione dell’atto dovrebbero essere apportate le seguenti modifiche, relative al merito del provvedimento:
VISTO il CCNL Comparto Funzioni Centrali 2019-2021 sottoscritto il 9 maggio 2022 che disciplina la prestazione lavorativa eseguita in parte all’interno dei locali dell’amministrazione e in parte all’esterno di questi; NELLE more dell’adozione del CCNL Comparto Funzioni Centrali 2022-2024 e delle disposizioni relative al lavoro agile;
Eliminare il “VISTO il CCNL dell’area dirigenziale delle funzioni centrali annualità 2019-2021”;
VISTA la direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione 29 dicembre 2023, in materia di lavoro agile che, prevede, tra l’altro che quest’ultimo è uno “strumento organizzativo e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”;
CONSIDERATA la necessità di modificare la disciplina del lavoro agile, attraverso l’adozione di un nuovo atto interno di regolazione;
ACQUISITI i pareri del Comitato Unico di Garanzia e dell’Organismo paritetico per l’innovazione;
2) IN RELAZIONE ALLA PREVISIONE DI CUI ALL’ART. 2 (Oggetto)
Non si comprende il significato del comma 1, per come formulato.
3) IN RELAZIONE ALLA PREVISIONE DI CUI ALL’ART. 3 (Obiettivi) che stabilisce le finalità cui risponde il lavoro agile, si ritiene priva di riscontro normativo e ingiustificatamente limitativa e inadeguata, tra l’altro, la previsione di cui alla lettera d) (“rafforzare le misure di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare dei dipendenti”): nelle disposizioni normative non vi è alcun riferimento alla vita “familiare” ma si fa riferimento alla “conciliazione tra esigenze di vita e di lavoro”.
Gli altri obiettivi elencati dalla previsione - in particolare con le lettere a), b) e d) e), f) - pur condivisibili, rischiano di risultare “lettera morta” considerata l’incoerenza con il resto del testo e, in particolare con quanto stabilito all’articolo 6.
4) IN RELAZIONE ALL’ART. 4 (DESTINATARI) in cui si afferma che “il regolamento è rivolto al personale, dirigente e non, in servizio presso l'Amministrazione”, si rammenta che le relazioni sindacali del personale della Dirigenza delle funzioni centrali sono regolate da un apposito CCNL che per il periodo 2019-2021 è stato firmato il 16.11.2023 mentre vi è un CCNL che regola le relazioni sindacali del personale non dirigente del medesimo comparto. Tali contratti prevedono che le relazioni sindacali integrative a livello di Amministrazione si svolgano esclusivamente con la partecipazione dei soggetti che lo stesso CCNL del 16.11.2023 individua all’art. 7. Non è solo la presenza di differenti OOSS firmatarie dei CCNL della Dirigenza e del personale non dirigente che richiede separate relazioni sindacali integrative, ma l’essenza stessa della funzione dirigenziale che è prevista dalla legge ed è riconosciuta sindacalmente in un apposito CCNL nonché nei contenuti degli atti preliminari di avvio della contrattazione. Si ritiene, pertanto, che la riunione dell’8.11.2024, a seguito della quale l’Amministrazione ritenga di aver “sentito le organizzazioni sindacali” (come sostenuto in premessa) non risponda alle richieste sopra indicate, in quanto si sarebbero dovute realizzare due regolamentazioni distinte. Per altro verso, si evidenzia, che la partecipazione dei sindacati dei dirigenti alla regolamentazione del lavoro agile relativa al personale non dirigenziale ha una sua logica solo in ordine alla volontà di acquisire contributi da parte del personale della dirigenza, per il tramite dei loro sindacati, in quanto direttamente responsabile della sua adozione e attuazione all’interno degli uffici di competenza.
5) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 5 (Condizioni per l’applicazione del lavoro agile) che stabilisce che “tutte le attività possono essere eseguite in modalità agile, eccetto quelle per le quali:” (elenco comma 1) si evidenzia che
I. Con riferimento alla lettera a) l’indicazione della parola “costante” e della “valutazione sistematica” non è coerente con le direttive espresse nelle linee guida del POLA (ora PIAO) ed è in disaccordo con le indicazioni della Funzione pubblica inerenti l’equità in merito alla fruizione del lavoro agile da parte di tutti i dipendenti. Se le attività non sono “smartabili” deve esserci una evidenza documentale di una ricerca fatta dall’amministrazione per aver tentato e non essere riuscita a renderle “smartabili”;
II. Con riferimento alla lettera b), “lo svolgimento della prestazione in modalità agile pregiudica la qualità e l’efficienza dei servizi erogati all’utenza;” contrasta con tutti i dati rilevati sull’aumento della performance sia nell’ambito della qualità, che dell’efficacia e dell’efficienza riscontrato nell’uso del lavoro agile effettuati da organismi come la Funzione pubblica e l’osservatorio del Politecnico di Milano. Analisi, queste, che riportano risultati evidenti del miglioramento della performance sia nell'ambito della qualità, che dell'efficacia e dell'efficienza nei contesti in cui avviene un uso del lavoro agile. Di seguito alcuni di questi: - il 73% delle amministrazioni ritiene che ci siano stati incrementi della produttività del lavoro;
- il 70% delle amministrazioni, ha avuto un salto nelle competenze digitali dei dipendenti;
- il 48% degli enti i dipendenti sono stati più responsabilizzati e orientati ai risultati;
- il 54% delle amministrazioni ritiene che le spese siano diminuite, con punte oltre l'80% per il comparto università e ricerca e nella Pa centrale;
- il 91% dei dipendenti ritiene l'esperienza del lavoro agile pienamente o abbastanza soddisfacente; (Fonte Ministero per la Pubblica Amministrazione);
III. Inoltre va segnalato che esiste anche l'evidenza del contrasto con i dettami della legge che istituisce il lavoro agile stesso (L. 22 maggio 2017, n. 81) e, in particolare, in merito all'art 18, co. 1 (che prevede che "le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato") si evidenzia che il lavoro agile è una modalità di aumento della performance e che una sua riduzione o limitazione avrebbe come effetto una riduzione della stessa;
IV. lettera c) “non è consentito accesso al lavoro agile per gli uffici che non hanno definito un piano di smaltimento del lavoro arretrato…(art. 5 1/c)”, oltre ad evidenziare una situazione di disagio del personale, in considerazione dell’aumento del lavoro (anche arretrato) e una diminuzione degli organici (soprattutto di ruolo) si evidenzia che la previsione de facto non consentirebbe ai lavoratori di accedere all’istituto perché, come noto, nell’ambito degli Uffici del MUR, non sussistono ipotesi di Uffici senza “lavoro arretrato” o Uffici con “piani” di smaltimento del lavoro arretrato; più approfonditamente, in relazione al piano di smaltimento del lavoro arretrato, si rileva che, da un lato, risulta essere uno strumento necessario a prescindere, per cui sarebbe opportuno che l’Amministrazione predisponga un piano-tipo che ciascun Ufficio possa adeguare alle specifiche esigenze, senza che ciò, però, entri nel regolamento sul lavoro agile (non è definito alcun obbligo di “pianificazione” dello smaltimento di lavoro arretrato di cui dovrebbe ad ogni modo essere riportata traccia, anche per sommi capi, nei documenti previsionali del Ministero, come il PIAO); dall’altro lato, non si vede la relazione tra accesso al lavoro agile e lavoro arretrato, salvo che l’Amministrazione intenda sottintendere che in presenza si lavora di più e che la modalità di lavoro agile non consente di smaltire eventuali arretrati (che, in molti casi, derivano dal periodo pre-Covid, quando il lavoro agile era molto raro e ciononostante il lavoro arretrato si accumulava comunque) che, ad ogni buon conto, i dati sopra riportati sconfessano; si evidenzia, altresì, che il riferimento al piano di smaltimento del lavoro arretrato era contenuto nel cosi detto D.M. Brunetta, che, come si osserverà più approfonditamente in seguito in relazione al principio della prevalenza, non trova più applicazione, considerata la natura transitoria delle sue disposizioni, nelle more della definizione della disciplina da parte della contrattazione collettiva;
V. lettera d) “lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non risulta coerente con le esigenze organizzative e funzionali dell'ufficio al quale il dipendente è assegnato”; la disposizione è estremamente vaga: l'esperienza della pandemia, prima, e del ricorso a tale strumento in questi anni ha dimostrato che non esistono uffici rispetto ai quali la prestazione non possa essere svolta in modalità lavoro agile; peraltro risulta indefinito, vago ed eccessivamente elastico il concetto di "coerente"; l’amministrazione avrebbe dovuto indicare cosa intenda per "NON COERENTE"; tra l’altro tale disposizione è in disaccordo con i dettami della legge che istituisce il lavoro agile stesso (LEGGE 22 maggio 2017 , n. 81), con particolare riferimento all’art 18, co. 1 citato; si sottolinea, nuovamente, che tale previsione evidenzia che il lavoro agile è uno strumento per l’aumento della performance e che una sua riduzione o limitazione avrebbe come effetto una riduzione della stessa;
VI. lettera e) “il dipendente non gode di autonomia operativa e, pertanto, non ha la possibilità di organizzare l'esecuzione della prestazione lavorativa nel rispetto degli obiettivi prefissati”; si evidenzia che non viene esplicato il concetto di assenza di autonomia operativa; non è chiaro quali siano i dipendenti o le attività in cui l’Amministrazione ritenga sia assente l’autonomia operativa; non è chiaro se si intenda escludere a priori una determinata tipologia di personale (funzionari, assistenti, collaboratori); peraltro, nel concetto di famiglie “professionali” contenuto del CCNL di comparto, per logica, è in re ipsa l’autonomia;
VII. lettera f) che prevede che il lavoro agile sarebbe inibito “quando non è possibile individuare e assegnare al dipendente obiettivi ben identificabili, monitorabili e valutabili”; si richiamano le considerazioni formulate in relazione alla lettera d); tale previsione non tiene conto del fatto che gli Uffici di questo Ministero ricevono quotidianamente input diversi, anche di tipo politico, improvvisi, non programmabile e, di sovente, urgenti che non consentono una “ragionata e puntuale” definizione degli obiettivi relativi alle materie di competenza delle varie Direzioni generali; non è sempre possibile individuare in maniera circostanziata e assegnare al dipendente obiettivi ben identificabili, monitorabili e valutabili; non è chiaro, inoltre, se il concetto di impossibilità richiamato sia giuridico o fenomenico: in particolare, se sia un limite insito all'attività svolta dal dipendente, e in questo caso l’Amministrazione ha l’onere di individuare quali siano; diversamente, si finisce per onerare il dirigente dell’individuazione di tali attività e della responsabilità per la mancata individuazione degli stessi; si rischia di rendere responsabile il dirigente della mancata assegnazione di obiettivi congrui nella forma e sostanza, da relazionare con tutto l’impianto della performance e di strumenti come il PIAO.
Si evidenzia, infine, in relazione a tutte le suddette considerazioni, che il provvedimento proposto individua, nelle premesse, quale propria finalità, quella di “rivedere la regolamentazione del lavoro agile” e poi si risolve in una sequenza di concetti indefiniti, di rinvii ad attività di altri soggetti e al rinvio a valutazioni discrezionali dei dirigenti e al conseguente rischio di esposizione degli stessi a responsabilità nuove ed ulteriori nella gestione del personale da parte di quest’ultimi.
VIII. Al comma 2 si dispone che “i lavoratori di nuova assunzione non possono essere ammessi all'effettuazione dell'attività lavorativa in modalità agile prima del decorso di almeno quattro mesi dall'assunzione e, in ogni caso, non prima di aver effettuato un apposito ciclo di formazione ai sensi dell'articolo 15”: si ritiene che la decisione sull’accesso al lavoro agile per il personale di nuova assunzione dovrebbe rientrare, piuttosto, nella discrezionalità dirigenziale, considerato che la formazione iniziale sul campo può ben riguardare anche i processi di lavoro agile, il quale – giova sottolinearlo – non rappresenta una diminutio rispetto al lavoro in presenza.
IX. Al comma 3 si dispone che “la Direzione generale del personale del bilancio e dei servizi strumentali svolge, in raccordo con le altre Direzioni generali, una periodica ricognizione interna preordinata ad individuare le prestazioni che, ricorrendo i presupposti e le condizioni indicate al comma 1, non possono essere espletate in modalità agile” ma non si chiarisce quali siano i parametri, stante l’indeterminatezza evidenziata delle previsioni di cui al comma 1 e non sono noti, allo stato, attività riconducibili alla citata ricognizione; inoltre, con specifico riferimento all’espressione “le prestazioni che, ricorrendo i presupposti e le condizioni indicate al comma 1, non possono essere espletate in modalità agile” si evidenzia una generalizzazione sulla base di una tipologia di prestazione senza tener conto del fatto che, in tutti i dettami di legge e linee guida, ci sia un indirizzo netto verso la digitalizzazione ed un’evidenza netta di come realizzarla; resta la criticità in ordine al fatto che un atto che si propone come strumento di regolamentazione del lavoro agile, continui a rinviare la predetta regolamentazione, demandando ad Uffici, Dirigenti etc, mostrando come non siano stati acquisiti un numero rilevanti di dati ed elementi indispensabili a realizzare un assetto adeguatamente equilibrato.
6) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 6 (Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa agile)
I. In primo luogo, si sottolinea la singolare circostanza per la quale, contrariamente alla rubrica della norma, essa, anziché indicare le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, individua, prioritariamente, ulteriori limiti all’accesso del lavoro agile; si ritiene, in particolare, foriera di criticità la “re¬introduzione” del criterio della prevalenza della prestazione lavorativa in presenza e soprattutto in funzione della previsione dell’incidenza, ai fini del calcolo dei relativi giorni, dei giorni di assenza dal lavoro a qualsiasi titolo.
II. In relazione al comma 1, esso riporta un’affermazione in contrato con la legge 81/2017 e con i risultati esposti dal Ministero per la Pubblica Amministrazione in merito all’aumento della performance. Infatti l’affermazione che “lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile può essere effettuato nel rispetto del principio della prevalenza del lavoro in presenza, secondo le modalità definite dal presente regolamento” impone che detta modalità lavorativa - che risulta sia efficace che efficiente - subisca un vincolo, quello della “prevalenza del lavoro in presenza”, che non è elemento citato nella normativa primaria e che tutti gli studi sconfessano.
III. Si evidenzia, altresì, che il principio della prevalenza era stato introdotto dall’art. 1, co. 3, lett. b) del così detto D.M. Brunetta (D.M. 8 ottobre 2021) che prevedeva espressamente che esso trovasse applicazione “nelle more della definizione degli istituti del rapporto di lavoro connessi al lavoro agile da parte della contrattazione collettiva”.
IV. Il CCNL comparto funzioni centrali 2019-2021, sottoscritto in data 9 maggio 2022, all’art. 36 (Definizioni e principi generali) al co. 1 ha definito “il lavoro agile di cui alla legge n. 81/2017” come “una delle possibili modalità di effettuazione della prestazione lavorativa per processi e attività di lavoro, previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità […] finalizzato a conseguire il miglioramento dei servizi pubblici e l’innovazione organizzativa garantendo, al contempo, l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro”; al successivo co. 2 ha ulteriormente specificato come esso costituisca “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro” chiarendo che “la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno dei locali dell’amministrazione e in parte all’esterno di questi, senza una postazione fissa e predefinita, entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale”.
V. E’ evidente, pertanto, che il criterio della prevalenza, stabilito dal DM Brunetta, oltre a risultare di natura transitoria, in quanto applicabile nelle more della definizione degli istituti del rapporto da parte della contrattazione collettiva, è, quindi, superato dalla contrattazione collettiva, che non lo richiama ma si limita a richiamare la legge 81/2017 e a specificare espressamente che la prestazione lavorativa sia eseguita “in parte all’interno dei locali dell’amministrazione e in parte all’esterno di questi, senza una postazione fissa e predefinita, entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale”.
VI. In particolare, sorprende l'assimilazione sostanziale, da parte dell'Amministrazione, della prestazione lavorativa agile alle assenze retribuite dal lavoro (ferie, permessi, eccetera), peraltro in contrasto con le definizioni sopra richiamate. La previsione secondo cui una ipotetica prevalenza dell'attività lavorativa in presenza viene calcolata anche tenendo conto di detti istituti risulta:
i. suggestiva dell'idea secondo cui la prestazione lavorativa agile non garantisca pari quantità e qualità di lavoro rispetto al lavoro in presenza (tanto da poter essere assimilata alle causali di mancata prestazione lavorativa), in radicale contrasto con le disposizioni sopra richiamate e con i contenuti dei corsi SNA sul lavoro agile proposti dall'Amministrazione ai dipendenti nel corso del 2024;
ii. comunque in contrasto con la previsione a suo tempo formulata nel DM 8 ottobre 2021 del Ministro per la pubblica amministrazione (non più vigente per le ragioni di cui sopra) il quale nel prevedere la prevalenza della "esecuzione della prestazione lavorativa", non prevedeva in alcun modo un’ulteriore restrizione in funzione delle giornate in cui non vi è alcuna esecuzione della prestazione lavorativa (ferie, permesso, malattia, congedo, etc);
iii. violativa, come visto, del CCNL Funzioni Centrali vigente e in particolare dell'art 37, che prescrive all'Amministrazione di tenere conto delle esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori (conciliazione vita-lavoro) e di facilitare l'accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità.
VII. Rispetto a quest'ultimo punto, si segnala che la previsione del regolamento limita fortemente lo smart working per chi utilizza istituti di assenza dal lavoro (permessi L. 104, permessi allattamento, congedi parentali, ferie in concomitanza con le chiusure scolastiche, eccetera), risultando - incredibilmente - una misura atta a danneggiare il principio della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro (questa, sì riconosciuta dalle norme) per i soggetti cui si riconosce, poi, priorità di accesso al lavoro agile ai sensi del successivo comma 5 (genitori, care giver, disabili).
VIII. Peraltro, un calendario preventivamente stabilito contrasta concettualmente con il concetto di flessibilità ed autonomia, oltre che con il concetto di compatibilità con le esigenze organizzative che, come abbiamo riscontrato negli ultimi anni, possono subire variazioni e, si ritiene, avere una variabilità non è presupposto per blindare un calendario visto che mancano le pianificazioni temporali delle attività.
IX. Si riporta un esempio di applicazione concreta della previsione:
“La dott.ssa Rossi utilizza due giorni di congedo parentale (lunedì e martedì) per coprire i giorni di chiusura scolastica in occasione del Carnevale. La prestazione lavorativa della dott.ssa Rossi per tale settimana è quindi eseguita nei giorni di mercoledì, giovedì e venerdì. Anziché dover garantire la prevalenza della presenza rispetto a tali giornate (2 giornate in presenza, 1 di lavoro agile), il regolamento impone alla dott.ssa Rossi di lavorare in presenza per tutte e 3 le giornate, dovendo garantire la prevalenza della presenza sull’intera settimana. La dott.ssa Rossi è quindi ostacolata dall’Amministrazione nella fruizione del proprio congedo parentale, peraltro in violazione dell’art. 38 del d.lgs. 151/2001 che sanziona tale comportamento”.
X. Nel bilanciamento di contrapposti valori in gioco, in cui vi sono diritti riconosciuti dalla Costituzione e dalla legge e limiti all’esercizio degli stessi posti da un atto di regolazione datoriale del rapporto di lavoro, si impone che l’impostazione sia formulata al contrario: stante il nucleo dei diritti riconosciuti dai lavoratori, non è il principio di prevalenza di fonte datoriale a dover essere derogato ma – semmai - è il diniego a poter fare ricorso a ferie, permessi etc riconosciuti dalla normativa che deve essere motivato: il lavoro agile è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, al pari di quella in presenza e, come per il lavoro in presenza, l’esercizio di tali diritti non ha alcuna incidenza se non in forza di previsioni normative espressioni del bilanciamento tra diversi diritti/interessi; allo stesso modo, l’esercizio del diritto (ad esempio) di usufruire di una o più giornate di ferie non può avere alcuna incidenza sulla prestazione lavorativa svolta a distanza.
XI. Si ritiene, peraltro, che non sia il dipendente a dover richiedere la deroga al principio della prevalenza del lavoro in presenza di introduzione datoriale bensì che, piuttosto, sia compito del dirigente limitare il ricorso al lavoro agile qualora ritenga che ne ricorrano i presupposti. Si evidenzia, in merito, che si tratta di una impostazione e di una facoltà già prevista nel CCNL Funzioni centrali, in cui è disposto che qualora il Dirigente ritenga che le esigenze organizzative dell’ufficio di appartenenza lo richiedano, o per sopravvenute esigenze di servizio, il dipendente possa essere richiamato a svolgere il lavoro in presenza (CCNL Funzioni centrali, personale delle Aree 2019-2021, art. 39, co. 2, e riproposta nell’atto dell’Amministrazione al comma 10 della proposta di art. 6).
XII. E deve ritenersi priva di pregio giuridico la prevedibile affermazione per la quale non sarebbero i predetti diritti ad essere limitati ma la possibilità di esercitare la prestazione in modalità agile in quanto, in concreto, l’applicazione di tale previsione determinerebbe una compressione per il dipendente nella libera scelta di esercizio del diritto e della facoltà di fare ricorso ai predetti Istituti: volendo, infatti, formulare un altro esempio di applicazione concreta della previsione, “laddove la dott.ssa Rossi avesse usufruito lunedì e mercoledì di due giorni di lavoro agile, non potrebbe, il giovedì e il venerdi, usufruire di due giorni di congedo parentale per una improvvisa chiusura della scuola del figlio per problemi legati alla sopravvenuta inidoneità strutturale della stessa”, con una conseguente compressione dei relativi diritti; allo stesso modo, si rileva che, nel caso in cui un dipendente, in una data settimana, sia in ferie da lunedì a mercoledì compresi, considerato che la prestazione lavorativa sarà erogata in due giorni lavorativi su cinque, il dipendente sarà impossibilitato a rispettare il regolamento, salvo che il regolamento non abbia il potere di limitare il diritto costituzionale alle ferie.
XIII. Si evidenzia, peraltro, che è singolare che una norma che intenda disciplinare in modo limitativo l’esercizio di un lavoratore dei suoi diritti, in relazione a quest’ultimi, faccia riferimento al cumulo di “istituti” senza individuarli, limitandosi ad indicarne due e poi “ecc”. Si richiama, al riguardo, il principio di tassatività o sufficiente determinatezza delle norme evidenziando come sia giuridicamente inaccettabile che una previsione contenuta in un atto del datore di lavoro che intenda limitare l’esercizio di un diritto o di una facoltà sia formulata con modalità indefinite. A maggior ragione se si considera che, la formulazione proposta, risulta discriminatoria nei confronti delle categorie più deboli, in pieno contrasto con la normativa costituzionale italiana ed europea sulle pari opportunità (si richiama la direttiva 24/11/2022): non è comprensibile cosa si intenda per “cumulo di istituti” e, si rammenta, le ferie non sono assimilabili ai congedi o permessi 104/1992, sia in considerazione dei diversi presupposti normativi, sia delle diverse modalità di fruizione: le prime a domanda, i secondi previa mera comunicazione (ciò, peraltro, costringerebbe il dirigente a trattative settimanali con i dipendenti e a sicure contestazioni).
XIV. Non è chiaro, poi, quali sarebbero le conseguenze di tali previsioni con riferimento alla validità semestrale degli accordi e degli obblighi di comunicazione al Ministero del lavoro; non è chiaro in particolare, se gli Uffici del Ministero dovrebbero, volta per volta, procedere a una nuova comunicazione, in sostituzione e/o rettifica (con conseguente aggravio di lavoro per i dipendenti e i dirigenti responsabili).
XV. Non può non rilevarsi, inoltre, che il non condivisibile cumulo del lavoro agile con ferie e permessi al fine di soddisfare del principio della prevalenza della prestazione in presenza di determinazione datoriale, laddove attuato, o dovrebbe essere esteso anche ad altri casi di prestazione lavorativa a distanza, quali missioni e trasferte (ivi comprese quelle dei Direttori Generali e del Segretario Generale), le quali dovrebbero coerentemente limitarsi a un massimo di due giorni a settimana, per garantire la prevalenza della presenza in servizio ovvero imporrebbe di ritenere che la prevalenza della attività lavorativa in presenza non sia garantita neanche dal lavoro svolto in missione o in trasferta, perché rientrante nel poco comprensibile "cumulo di istituti".
XVI. E’, inoltre, comunque, ictu oculi errato l’assunto, che muove il principio che si propone di introdurre, secondo il quale il dipendente assente dal lavoro (perché, ad esempio, in ferie, malattia, legge 104, congedo parentale, etc) non eseguirebbe la propria prestazione e, conseguentemente, le assenze dovrebbero incidere nella determinazione della prevalenza del lavoro in presenza. Tale impostazione pone sullo stesso piano le assenze e il lavoro agile, ritenendole sostanzialmente equivalenti, nonostante, per il CCNL, il lavoro a distanza sia una delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Semmai, la prevalenza del lavoro in presenza dovrebbe essere calcolata al netto delle assenze autorizzate a qualsiasi titolo (ferie, malattia, Legge 104, congedi etc). Si precisa, ad abundantiam, che la differente natura giuridica degli istituti giuridici sopra richiamati non consente una sovrapposizione o un utilizzo distorto degli stessi e si pone in spregio alle norme poste a tutela e garanzia dei lavoratori.
XVII. Ritenere che la prestazione lavorativa agile non garantisca pari quantità e qualità di lavoro rispetto al lavoro in presenza, si ribadisce, è in contrasto con i dettami normativi sopra richiamati, nonché anche con i contenuti dei corsi SNA sul lavoro agile proposti dall’Amministrazione stessa ai dipendenti nel corso del 2024, nel corso dei quali è stato evidenziato come lo stile manageriale tradizionale, orientato al presenzialismo e al controllo degli adempimenti, lascia posto a uno stile nuovo, basato sul superamento della cultura del sospetto e del formalismo, sulla fiducia nei confronti della capacità del lavoratore di essere responsabile e sulla valorizzazione della collaborazione”.
XVIII. Peraltro, le assenze dal servizio "concomitanti" di altri lavoratori, senza definizione ulteriore, potrebbero essere connesse anche alle condizioni di disabilità e correlate esigenze di cui alla legge 104/92 o deroga alla prevalenza in sede per gravi motivi. Gli Uffici che occupano lavoratori in condizioni di disabilità sarebbero a rischio di rimodulazioni continue a discapito degli altri dipendenti, con rischi evidenti di discriminazione e di mancanza di equità nei confronti degli altri uffici per motivi di condizioni di disabilità.
XIX. Non si comprende, pertanto, la ratio della previsione della rimodulazione del lavoro agile in caso di assenze concomitanti di altri lavoratori, dato che nei periodi di maggiori assenze (ferie estive) ciò che rileva è che vi sia personale in servizio che copra le esigenze di funzionamento degli uffici, e non che vi sia personale in presenza. La sovrapposizione tra i due concetti rivela una visione del lavoro agile non adeguata alle sfide della conciliazione, del benessere lavorativo e del miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.
XX. Le esigue disponibilità economiche per il pagamento del lavoro straordinario, peraltro comunicate a valle dell'anno solare senza consentire al dirigente la necessaria pianificazione, e la carenza di personale cronica del Ministero, connesse alle esigenze, per taluni Uffici, di frequente servizio fuori sede per giorni, provocano cumuli di ore di lavoro straordinario poi da convertire in recupero e si tratterebbe di ulteriori assenza da considerare come "cumulo di istituti" che limiterebbe il ricorso al lavoro agile.
XXI. Si rischia, pertanto, con la regolamentazione proposta, di esporre Amministrazione e Dirigenti alla responsabilità di un contenzioso diffuso avente ad oggetto la tutela - a seguito di lesione - di diritti costituzionalmente garantiti: ad esempio, oltre alle ipotesi sopra riportate, si evidenzia che non è indicato se tra le assenze rientrino anche le prerogative sindacali o l’esercizio del diritto di sciopero da parte dei lavoratori.
XXII. Il dirigente, si ribadisce, sarebbe gravato del compito di svolgere settimanalmente una valutazione da conciliare con un obbligo di calendarizzare le assenze da inserire nell’accordo di lavoro agile.
XXIII. In relazione al comma 2, dell’art. 6 dello schema di regolamento che prevede una procedura farraginosa in merito alla possibilità di accedere a “fino a un massimo di 10 (dieci) giorni al mese” previo accordo del proprio Dirigente e del Direttore Generale e valutazione del Segretario Generale “nel termine di 10 giorni” si formulano le seguenti osservazioni.
XXIV. Si ritiene, in primo luogo, che esso ponga pone gravi problemi di interpretazione e applicazione tali da alterare il clima lavorativo all’interno degli Uffici e porre in seria difficoltà applicativa i dirigenti, aggravando peraltro notevolmente il procedimento in contrasto con l’art. 1 comma 2 legge 241/90.
XXV. Tale articolata procedura, infatti, oltre ad introdurre una “nuova” modalità di approvazione (attribuendo addirittura a tre soggetti diversi la valutazione che, come noto, spetta esclusivamente al Dirigente -figura di vertice che assume la responsabilità, tra le altre, di supervisionare il personale per garantire l'efficacia e l'efficienza dell'amministrazione pubblica) determina, peraltro, una enorme dilatazione dei tempi tra l’istanza e - l’eventuale - approvazione del Segretario Generale.
XXVI. La procedura di richiesta di deroga del dipendente poi, aggrava il procedimento in maniera di difficile comprensione. Si osserva, in particolare, che si pone in contrasto con il principio di parità di trattamento dei lavoratori perché la previsione, oltre a non individuare gli istituti di assenza da prendere in considerazione, prevede una deroga all’assetto proposto, poiché senza, però, esplicitare nemmeno (sommariamente) i criteri in base ai quali sarebbe applicata la deroga. E risulta ancora più critica la previsione di "casi analoghi" che, in assenza di individuazione di un caso specifico e circostanziato non conferisce criteri per individuarli, con il rischio di una indefinita, discrezionale e incoerente concessione delle predette deroghe. In pratica, la previsione evidenzia, nel suo complesso, una totale assenza di definizione del proprio perimetro applicativo.
XXVII. Si segnala, dunque, che la deroga alla prima parte del comma 2 è prevista tramite un meccanismo lungo, farraginoso e inutilmente burocratico, di durata complessiva non inferiore alle due settimane (del tutto incompatibile quindi, si ribadisce, con eventuali esigenze non programmabili di conciliazione tra vita e lavoro, quale la malattia di un figlio o un’esigenza di cura di una persona disabile) e che mortifica il potere dirigenziale di gestione dei rapporti di lavoro, accentrando sul Segretario Generale una gestione minuta dei singoli rapporti di lavoro, laddove la “garanzia dell’uniformità di trattamento sostanziale di casi analoghi” dovrebbe essere assicurata dal regolamento stesso, attraverso la previsione di criteri chiari, noti e oggettivi.
XXVIII. Peraltro, la previsione di un termine di 10 giorni per riscontrare l’istanza del dipendente che richieda la deroga, sembra non essere in linea con la eventuale straordinaria necessità che può derivare da una immediata urgenza e non procrastinabile necessità. Si pensi, ad esempio, di dover ricorrere a tale possibilità nel caso di una caduta accidentale con frattura p.e. una gamba, di un genitore/figlio/compagno che necessita – per questo - di assistenza domiciliare immediata.
XXIX. Non si comprende, inoltre, come possa trovare applicazione la possibilità di innalzamento a 10 giorni massimi di lavoro agile mensili se contestualmente la prevalenza viene considerata da calcolare cumulando tutti gli istituti che garantiscono legittima assenza dal lavoro.
Si evidenzia, infine, che considerate le sfide future e gli spazi lavorativi a disposizione, per garantire la salubrità del luogo di lavoro in termini di benessere del dipendente e la effettiva conciliazione dei tempi di vita lavorativa e di vita personale, la regolamentazione si sarebbe dovuta preoccupare di predisporre – anziché la suddetta introduzione del principio di prevalenza e la successiva procedura di deroga al principio predetto – ulteriori strumenti di flessibilità nella fruizione del lavoro agile, pur in una logica di alternanza (come da previsione citata del CCNL) tra lavoro in presenza e lavoro agile, ma con modalità elastiche. Quest’ultima, infatti, se presa in considerazione in una logica e visione plurimensile, permetterebbe di rimodulare lo smart working all’interno dell’ambito temporale dell’accordo individuale, previo accordo con il dirigente responsabile, consentendo, ad esempio, la possibilità di svolgere, in una settimana, tre giorni di smart working, a fronte di una eventuale diversa articolazione in altra settimana.
I commi 1 e 2 dell’articolo 6, la cui stesura risulta peraltro poco chiara e foriera di dubbi e di diverse interpretazioni, dovrebbe essere, quindi, riformulati come segue (con conseguente modifica di tutte le previsioni ad esso presupposte e conseguenti):
‹‹1. La prestazione lavorativa in modalità agile può essere effettuata secondo le modalità definite dal presente regolamento.
2. Il dipendente ammesso al lavoro agile può svolgere la prestazione al di fuori della sede di lavoro fino a 2 (due) giorni a settimana e ad un massimo di 10 (dieci) giorni al mese, secondo un calendario da concordare preventivamente con il responsabile dell’ufficio di appartenenza e disciplinato nell’accordo individuale. Nell’ambito dei limiti suddetti, anche applicati su base plurimensile, la predetta modalità di fruizione può essere rimodulata, nell’arco temporale dell’accordo individuale di cui all’articolo 8, con apposita istanza del dipendente interessato, che il dirigente responsabile è tenuto a valutare con urgenza e comunque non oltre tre giorni lavorativi. L’utilizzo di istituti di assenza (permessi, ferie, eccetera) non può essere computato come mancata prestazione lavorativa in presenza né come prestazione lavorativa agile.››
XXX. Con riferimento, invece, al comma 3, si segnala che lo stesso non fa salvi gli accordi, già autorizzati fino al 30/06/2025, e sottoscritti a seguito dell’assunzione del parere del medico competente; si ritengono foriere di criticità sia il riferimento alle sole condizioni di malattia che il riferimento al periodo dell’anno (“l’arco temporale entro il quale, durante l’anno, ai citati lavoratori potrà essere garantito l’accesso al lavoro agile con le suddette modalità derogatorie”) che risulta in contrasto con i principi di management.
XXXI. Il comma 4 prevede che il lavoro agile venga svolto "senza vincoli di orario"; va introdotta la previsione del rispetto dell'orario di lavoro ordinario, peraltro prevista dal successivo comma 5, in possibile contrasto con il comma 4.
XXXII. In relazione alla previsione di cui comma 5 si evidenzia, peraltro, come essa risulti contraddittoria con l’impianto proposto del principio della prevalenza che, anzi, viene sconfessato laddove si afferma che “Ai fini del calcolo dell’orario di lavoro settimanale, la giornata di lavoro agile è considerata equivalente a quella svolta presso la sede di servizio”: è evidente che essa conferma le previsioni normative e contrattuali citate per le quali la giornata di lavoro agile è considerata equivalente a quella svolta presso la sede di servizio.
XXXIII. Al comma 8 sono indicati dei “criteri di priorità” nella concessione del lavoro agile ai dipendenti: premessa la considerazione della incoerenza tra tale previsione e quella che prevede la limitazione del ricorso al lavoro agile laddove il dipendente usufruisca di permessi previsti proprio in virtù della condizione che garantirebbe la priorità indicata, si evidenzia:
a) che la seguente elencazione dovrebbe avere carattere meramente esemplificativo;
b) che la lett. a) si riferisce al congedo di paternità/maternità, per cui il riferimento normativo all’art. 16 D. Lgs. 151/2001 (riferito alle lavoratrici donne) non sembra corretto;
c) che la lett. f) riporta terminologia relativamente alla disabilità non conforme alle prescrizioni di cui all’art. 4 D. Lgs. 62/2024;
d) che andrebbero previste priorità per tipologie di situazioni non garantite già da altre previsioni di legge, quali
- soggetti che vivono soli e/o vivono soli in affitto in quanto trasferitisi da altre Regioni, considerata la possibilità che avrebbero di valutare soluzioni abitative più distanti potendo usufruire dello smart working, con una conseguente riduzione dei costi;
- soggetti vittima di mobbing o straining;
- lavoratori lgbtqia+;
- whistleblower;
- lavoratori che abbiano richiesto il permesso per il diritto allo studio e non l’abbiano ottenuto in forza dei limiti percentuali previsti;
- lavoratori che rientrino dal part time o cui non sia stato concesso il part time per via dei limiti percentuali previsti.
XXXIV. Pur comprendendo la disposizione di cui al comma 9 che prevede che, nel caso d’impossibilità a svolgere la prestazione in modalità agile o al verificarsi di problematiche di natura tecnica connesse al malfunzionamento dei sistemi informatici, il dipendente possa essere richiamato in sede e che “in alternativa al rientro in sede, il dipendente potrà essere autorizzato a fruire di un giorno di ferie o di altro istituto che autorizzi le assenze del personale”, si ritiene essa sconti quella evidenziata sorta di diffidenza e pregiudizio dell’Amministrazione verso il dipendente in lavoro agile che sembra permeare l’intera proposta di regolamentazione.
7) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 7 (Strumenti del lavoro agile)
Al comma 1, si prevede che “il dipendente svolge l’attività lavorativa in modalità agile avvalendosi della dotazione tecnologica, informatica e telefonica messa a disposizione dall’Amministrazione ovvero, qualora ciò non dovesse essere possibile, della propria” mentre al comma 3 che “non è in alcun caso consentita la trattazione di dati e documenti dell’Amministrazione con modalità diverse dal collegamento da remoto alla postazione di lavoro e ai sistemi applicativi necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa messi a disposizione dall’ ufficio indicato al comma 2”. Si evidenzia l’incoerenza tra le due disposizioni laddove, per un verso, onera il dipendente di utilizzare la propria strumentazione tecnologia, informatica e telefonica qualora, quella messa a disposizione dell’Amministrazione, non dovesse essere utilizzabile e, per altro verso, fa divieto di utilizzare dati e documenti dell’Amministrazione con modalità diverse dal collegamento da remoto alla postazione di lavoro e ai sistemi applicativi necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa messi a disposizione dall’Amministrazione.
8) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 8 (Procedura di accesso al lavoro agile)
1) Al comma 2 è prevista la compilazione tramite piattaforma messa a disposizione dell’Amministrazione: considerato che il regolamento prevede che vi siano degli Uffici o delle attività per i quali non è possibile lo svolgimento della prestazione in modalità agile ci si chiede se ai dipendenti ad essi assegnati sarà inibito l’accesso alla piattaforma.
2) Non è chiara la competenza assegnata all’Ufficio I della Direzione generale del personale, del bilancio e dei servizi strumentali in merito al supporto tecnico sugli indicatori degli obiettivi da proporre per l’accesso al lavoro agile, assegnando, addirittura, alla predetta unità organizzativa, la facoltà di proporre formule/indicatori più coerenti con gli obiettivi da presentare in sede di definizione dell’accordo con il proprio responsabile; si evidenzia, in merito, che è il singolo Ufficio ad individuare gli obiettivi sulla base delle proprie competenze, carichi e flussi di lavoro, tempistiche per le chiusure dei procedimenti etc. La norma, pertanto, determina un ulteriore aggravio della procedura e rischia di determinare un progetto di lavoro agile poco aderente con la realtà della specifica attività svolta.
3) Il comma 4, lett. a), prevede che il dirigente dell’Ufficio che riceve la comunicazione “valuta se ricorrono le condizioni per lo svolgimento dell’attività in modalità agile stabilite dagli articoli precedenti”; non è chiaro se rientri nella valutazione del singolo dirigente anche la possibilità che le prestazioni dell’Ufficio siano svolte in modalità agile: ciò determina il rischio di valutazioni discrezionali, mutevoli a seconda del dirigente assegnato a quell’Ufficio.
4) Il comma 4, lett. b), assegna al dirigente il compito di “verifica” della “disponibilità” degli applicativi per l’accesso da remoto alla postazione di lavoro e ai software necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile: le previsioni, all'interno della regolamentazione, sull'applicativo da utilizzare, pongono una serie di problematiche che suggeriscono di chiedere l'eliminazione di qualsiasi riferimento all'applicativo stesso. La possibilità - a mero titolo esemplificativo - che, tramite il predetto strumento informatico, si realizzi una forma di controllo a distanza del lavoratore - e non del lavoro svolto - impone una approfondita analisi dei risvolti del funzionamento dello stesso che, allo stato, non è possibile in quanto l'Amministrazione non ha fornito alcuna indicazione in merito. Sebbene, infatti, la riforma dell’articolo 4 St. Lav. abbia introdotto una significativa novità in materia di controlli sull’uso di internet e della posta aziendale (beni necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa), prevedendo che per gli strumenti di lavoro e per quelli di registrazione degli accessi e delle presenze che consentono il controllo a distanza non sono necessari l’accordo sindacale né l’autorizzazione amministrativa, ciò non ha intaccato, secondo la giurisprudenza, il generale divieto di controllo a distanza del lavoratore. In particolare, permane anche l’obbligo, per il datore di lavoro di informare adeguatamente i lavoratori circa le modalità con le quali devono essere utilizzati gli strumenti concessi in dotazione e le modalità con le quali verrà esercitato il controllo e di rispetto della normativa in materia di privacy (decreto legislativo n. 196/2003). Si rammenta, al riguardo, che sono previsti oneri procedurali imposti dal regolamento in materia di protezione dei dati personali (Regolamento U.E. n. 679/2019 – poi anche “GDPR”), che disciplina anche il trattamento dei dati del lavoratore nella relazione di lavoro. L’art. 88 del GDPR, infatti, richiama espressamente l’obbligo di «protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro». Pertanto, il datore di lavoro, in quanto titolare del trattamento, deve predisporre tutte le misure necessarie affinché i dati personali dei lavoratori siano protetti in costanza del rapporto. La premessa è che il trattamento deve essere in linea con il ben noto “principio di minimizzazione” di cui all’art. 4, comma 1, lett. c) GDPR: si devono trattare solo quei dati personali che sono necessari per il fine perseguito. Inoltre, i sistemi utilizzati per il controllo devono essere improntati ai principi di privacy by design e by default. Il datore di lavoro che intenda adottare una politica di controllo a distanza dei lavoratori agili è, infatti, tenuto:
a. rendere all’inizio del trattamento dei dati ai lavoratori una compiuta informativa circa le modalità, le finalità e le circostanze del trattamento (art. 13 GDPR; art. 4, c. 3, Stat. Lav.);
b. effettuare una valutazione dei rischi (art. 35 GDPR): infatti il Garante della Privacy ha previsto anche questa cautela in ogni caso di «trattamenti valutativi o di scoring su larga scala, nonché trattamenti che comportano la profilazione degli interessati nonché lo svolgimento di attività predittive effettuate anche on-line o attraverso app, relativi ad “aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze o gli interessi personali, l’affidabilità o il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti dell’interessato”» ovvero di «Trattamenti effettuati nell’ambito del rapporto di lavoro mediante sistemi tecnologici (anche con riguardo ai sistemi di videosorveglianza e di geolocalizzazione) dai quali derivi la possibilità di effettuare un controllo a distanza dell’attività dei dipendenti» (Elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati ai sensi dell’art. 35, comma 4, del Regolamento (UE) n. 2016/679 – 11 ottobre 2018 – doc. web 9058979).
Il datore di lavoro, quindi, se intende avvalersi di dati per il controllo a distanza, deve effettuare una valutazione d’impatto, oltre a rendere l’informativa.
Inoltre, in tal senso di sono espresse sia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (caso Barbulescu v. Romania, sentenza del 5 settembre 2017) sostenendo che, in tema di controlli informatici del datore di lavoro, è necessario rispettare alcuni principi che garantiscono il legittimo equilibrio tra i diversi interessi in gioco: il datore di lavoro potrà effettuare un controllo sulle email inviate da un dipendente dal PC aziendale per fini personali solo nel rispetto di precisi criteri, quali un’informativa privacy preventiva, l’impossibilità oggettiva di ricorrere a misure meno intrusive, l’esistenza di gravi motivi che spingono l’azienda al controllo medesimo; sia la Corte di Cassazione, che ha ribadito che il datore di lavoro, anche qualora avesse il sospetto di condotte illecite da parte del lavoratore, non può effettuare verifiche indistinte su tutte le comunicazioni presenti nel PC aziendale senza limiti di tempo, altrimenti darebbe vita a una indagine massiva e indiscriminata non giustificata (Cass., 26 giugno 2023, n.18168).
5) Il comma 5 non chiarisce cosa accade qualora le valutazioni si concludano negativamente e non risulti prevista una risposta di diniego motivato.
6) Premesso che vi sono due comma 6, alla lettera c) si prevede che “lo schema di accordo individuale stabilisce: […] modalità di svolgimento dell'accordo, ossia l'individuazione dei giorni deputati alla prestazione lavorativa in modalità agile”; si propone di integrare la frase con “o le modalità, anche flessibili, di individuazione di tali giorni”, affinché l’individuazione dei giorni di lavoro agile non sia fissata rigidamente nell’accordo, bensì modificabile in itinere d’accordo tra dipendente e dirigente responsabile.
7) Non è chiarito come procedere alla revoca degli accordi precedenti, di durata peraltro superiore ai sei mesi.
8) La calendarizzazione dei giorni è incompatibile con la disciplina recata dall’art. 6 comma 2.
9) Con riferimento al comma 7, non è chiaro chi determini gli esiti del monitoraggio nonché chi si occupi della valutazione delle urgenze ed esigenze organizzative dell’amministrazione. Si rinvia sul punto alle osservazioni in merito all’art. 5 concernenti la pianificazione delle attività. Le esigenze organizzative, infatti, dovrebbero rispondere alla pianificazione delle attività di lavoro. Si ritiene, inoltre, che l’accordo individuale non debba, comunque, essere inferiore a 6 mesi, al fine di consentire anche ai dipendenti di effettuare la programmazione della loro vita personale.
10) Si ritiene, comunque, necessaria la modifica del comma 7 come di seguito: “l'eventuale rinnovo dell'accordo di lavoro agile, anche per una durata diversa da quella dell'accordo originario, è subordinato agli esiti positivi del monitoraggio e della verifica circa il raggiungimento degli obiettivi previsti nell'ambito dell'accordo concluso, nonché alla valutazione di compatibilità con le eventuali urgenti e circostanziate esigenze organizzative dell'Amministrazione”.
9) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 9 (Fasce di contattabilità e diritto alla disconnessione)
1. Al comma 1 si prevede che il dipendente deve garantire nell'arco della giornata di lavoro agile una fascia oraria di contattabilità sia telefonica che via email o con altre modalità similari: si chiede di chiarire quali siano le “altre modalità similari” e, in particolare, se si tratti di aspetti tecnici connessi all’applicativo più volte richiamato nella regolamentazione e rispetto al quale si ribadiscono le considerazioni di cui sopra: si evidenzia, in particolare, che qualora l’applicativo vincoli la presenza costante del dipendente alla strumentazione informatica fornita dall’Amministrazione (tra cui, evidentemente, non rientra il telefono), qualora si prevedano fasce di contattabilità pari a 7 ore e 12 minuti continuative, si finisce per trasformare il lavoro agile in telelavoro. Diversa è l’ipotesi in cui le fasce di contattabilità siano pari, ad esempio, a 4 ore e articolate, sempre a titolo esemplificativo, in due o più momenti della giornata. Si ricorda, infatti, che la finalità del lavoro agile è di consentire anche il bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro. Si specifica, altresì, che il CCNL prevede, infatti, una fascia di contattabilità e una di inoperabilità e non richiede specificamente una fascia di “operabilità”, proprio in virtù delle finalità specifiche e delle caratteristiche proprie del lavoro agile.
2. In relazione al riferimento al periodo di lavoro notturno si chiede che esso sia modificato nella fascia oraria compresa tra 18:01 e 7:30 del giorno successivo (anziché tra le 22:00 e le 6:00).
3. La formulazione di cui al comma 3) non si concilia con gli istituti attualmente previsti e riportati dal comma 2 dell’articolo 6 e non è chiaro il riferimento al recupero da effettuare nelle sole giornate lavorative “in presenza”.
10) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 10 (Trattamento giuridico ed economico)
1. In relazione al comma 2, si propone la seguente modifica: “La prestazione lavorativa in modalità agile è integralmente considerata come servizio pari a quello ordinariamente reso presso le sedi abituali ed è utile ai fini della progressione in carriera, del computo dell’anzianità di servizio, nonché dell’applicazione degli istituti relativi al trattamento economico accessorio, comunque denominati e a qualsiasi titolo riconosciuti, e non può essere considerata quale parametro discriminante, nella determinazione degli importi da attribuire, la scelta del dipendente di svolgere la prestazione lavorativa con le predette modalità, neppure con riferimento al numero di giornate per cui ha optato.”
2. Si reitera, ingiustificatamente, la previsione che esclude la fruizione del buono pasto nei giorni di lavoro agile in spregio al recente orientamento giurisprudenziale e alla disposizione sancita nell’ipotesi di CCNL. Si veda anche, sul punto, la posizione del Governo (Circolare della presidenza del Consiglio dei Ministri del 15.11.2024 a firma del Commissario straordinario) che richiama la previsione del buono pasto invitando le Amministrazioni pubbliche a favorire il più ampio utilizzo dello strumento del lavoro agile. Si richiama, inoltre, la recente ordinanza n. 25840/2024 della Sezione lavoro della Corte di Cassazione che ha ribadito l'importanza del diritto europeo in tema di ferie retribuite, richiamando la direttiva 2003/88/CE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Secondo tali principi, il lavoratore ha diritto a percepire una retribuzione ordinaria anche durante le ferie, in modo da non essere dissuaso dal godere del periodo di riposo, necessario per la sua salute e sicurezza. Non è chiaro, pertanto, come si possa pensare di escludere il riconoscimento del buono pasto nei giorni di lavoro agile, alla luce di quanto sopra.
11) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 15 (Formazione)
Si propone di specificare che la formazione rivolta al personale - che accede al lavoro agile - sia maggiormente aderente alle esigenze applicative nell’ambito dell’espletamento dell’attività lavorativa da remoto.
12) IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 16 (Disposizioni finali)
Il comma 1 si ritiene debba essere modificato con riferimento alla decorrenza, da posticipare per consentire una ulteriore valutazione da parte dell’amministrazione, nonché inserendo quanto segue: “fatti salvi i contratti individuali con scadenza nel 2025”.
Considerato, inoltre, che l’anno giubilare inizia tra un mese, si ritiene più utile definire sin d’ora, quale disposizione transitoria, l’ampliamento per l’anno 2025 delle giornate dedicabili al lavoro agile (3 a settimana, nel limite di 15 al mese).
Il presente parere è stato approvato dal Comitato unico di garanzia per le pari opportunità nel corso della riunione del 6 dicembre 2024.
La Vice Presidente
F.to Avv. Luna Sabatino