Cassazione Civile, Sez. Lav., 25 febbraio 2025, n. 4945 - Legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che viola la privacy dei clienti della banca 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati:

Dott.ssa PAGETTA Antonella - Presidente

Dott.ssa PONTERIO Carla - Consigliere

Dott. PANARIELLO Francescopaolo - Consigliere rel.

Dott.ssa BOGHETICH Elena - Consigliere

Dott.ssa CIRIELLO Antonella - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16850/2023 r.g., proposto

da

Unicredit Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elett. dom.ta in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentata e difesa dagli avv.ti Salvatore Florio, Fabrizio Daverio e Maurizio Bertola.

ricorrente

contro

A.A., elett. dom.to in Via Crescenzio n. 38, Roma, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Bolognesi.

controricorrente

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 2378/2023 pubblicata in data 07/06/2023, n.r.g. 26/2023.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/01/2025 dal Consigliere dott. Francescopaolo Panariello;

Viste le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

 

Fatto


1.- A.A. era stato dipendente di Unicredit Spa fino al 05/11/2020, quando era stato licenziato per giusta causa sulla base della contestazione disciplinare del 21/07/2020, con cui gli erano stati addebitati illegittimi comportamenti nei confronti dei colleghi nonché l'indebito accesso a numerose schede clienti (in numero di 70).

Deduceva la tardività e la genericità della contestazione disciplinare e comunque l'insussistenza dei fatti addebitati, in quanto aveva incrementato notevolmente la vendita di prodotti bancari ed aveva allargato la clientela.

Quindi impugnava il licenziamento dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo la tutela c.d. reale.

2.- Costituitosi il contraddittorio, all'esito della fase c.d. sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012 il Tribunale rigettava l'impugnazione, ritenendo documentalmente dimostrato l'accesso alle schede clienti per motivi extralavorativi, con grave violazione della privacy.

A seguito di opposizione del lavoratore, veniva istruita la causa con l'assunzione delle prove testimoniali. Indi il Tribunale accoglieva l'impugnazione, ordinava la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e condannava l'istituto di credito al pagamento dell'indennità risarcitoria.

3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello rigettava il gravame interposto da Unicredit Spa.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) con il motivo di reclamo la banca lamenta l'erronea valutazione di tardività della contestazione disciplinare relativa all'abusivo accesso alle schede clienti;

b) il Tribunale ha accertato che già a febbraio 2020 la banca aveva avuto piena cognizione dai tecnici informatici degli abusivi accessi a quelle schede clienti, risalenti al periodo tra febbraio 2018 e febbraio 2020;

c) avendo ritenuto di non dover compiere ulteriori accertamenti istruttori in relazione a tale condotta (ad esempio contattare i clienti ai quali si riferivano le schede), il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse alcun motivo di attendere gli ulteriori e complessi accertamenti relativi agli altri fatti poi contestati, inerenti ai comportamenti tenuti dal A.A. rispetto ai suoi colleghi;

d) per tale ragione il Tribunale ha ritenuto tardiva quella contestazione, anche perché ha ritenuto violato il diritto di difesa del dipendente, che poteva non ricordare le ragioni per le quali aveva compiuto quegli accessi risalenti ad oltre 24 mesi prima;

e) il motivo di reclamo al riguardo è fondato, sia perché non si ravvisa alcuna violazione del diritto di difesa, non dedotto in sede di opposizione; in ogni caso la necessità di accertamento dei fatti, la loro peculiarità, il quadro di insieme dei fatti riconducibili ai singoli accessi non giustificati neppure ex post rendono congruo il tempo trascorso per la verifica per poi procedere alla contestazione disciplinare;

f) peraltro proprio la posizione del A.A., nella sua qualità di area manager che aveva conseguito ottimi risultati, richiedeva un'accortezza e una ponderazione maggiore da parte del datore di lavoro;

g) il Tribunale dunque ha fatto malgoverno dei principi giurisprudenziali, che pure ha esattamente richiamato;

h) occorre allora procedere all'accertamento di tale addebito;

i) nelle sue giustificazioni il A.A. ha offerto una spiegazione per ciascuno dei 70 accessi reputati illegittimi, e per ogni singolo episodio ha richiamato motivazioni non aziendali;

j) dunque è stata violata la normativa della privacy, senza possibilità di individuare esimenti;

k) tuttavia la banca non ha dedotto la sussistenza di danni consequenziali all'illecita condotta tenuta dal A.A., sicché all'esito di una valutazione di proporzionalità, questa Corte ritiene che non sia giustificata la più grave delle sanzioni;

l) è dunque procedere alla valutazione anche delle altre condotte contestate, inerenti a fatti "comportamentali", rappresentati da una gestione dispotica e clientelare dell'area da parte del A.A., come denunciato da molteplici dipendenti della banca, che avrebbero fatto riferimento anche ad un sistema di intimidazioni, ricatti e ritorsioni nei confronti dei dipendenti non compiacenti, ad un controllo ossessivo sull'operato dei colleghi, all'intromissione nella loro vita privata, alle relazioni personali intrattenute a vantaggio di colleghe privilegiate nella carriera;

m) ma la banca non ha prodotto in giudizio i verbali di audizione dei colleghi denuncianti, né le loro spontanee relazioni scritte;

n) le testimonianze raccolte non sono univoche e quindi l'onere probatorio gravante sul datore di lavoro non risulta assolto, come condivisibilmente ritenuto dal Tribunale;

o) in assenza di deduzioni alternative in ordine alla possibilità di comminatoria di una sanzione conservativa relativamente all'accesso abusivo alle schede clienti, "ne consegue ... la conferma del reclamo", con le conseguenze di cui all'art. 18, co. 4, L. n. 300/1970.

4.- Avverso tale sentenza Unicredit Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

5.- A.A. ha resistito con controricorso.

6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Nella sua memoria Unicredit Spa ha invocato Cass. 16/11/2021, n. 34717, contraddittoriamente citata dalla stessa Corte territoriale nella sentenza impugnata (a pag. 5), relativa a caso identico (accesso abusivo a schede clienti).

7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.

 

Diritto


1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2106, 2119 e 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la mancata deduzione di danni conseguenziali all'illecita consultazione dei rapporti bancari di decine di clienti avrebbe escluso la giusta causa di licenziamento.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che affermato che in tema di licenziamento disciplinare, l'assenza di effettive conseguenze pregiudizievoli per il datore di lavoro o per terzi, ovvero di concreti vantaggi a favore proprio del lavoratore o di terzi, così come l'eventuale comportamento successivo volto ad eliderne gli effetti dannosi, non valgono di per sé ad escludere la rilevanza disciplinare del fatto, potendo piuttosto concorrere, unitamente ad ogni altro fattore oggettivo e soggettivo palesato dal caso concreto, nella complessa valutazione giudiziale circa l'idoneità della condotta a giustificare la sanzione espulsiva In questa prospettiva è stato altresì precisato che in tema di licenziamento per giusta causa, la modesta entità del fatto addebitato non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all'idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e ad incidere sull'elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro (Cass. ord. n. 23318/2024; Cass. 8816/2017; Cass. 19674/2014).

La sentenza impugnata non ha fatto quindi corretta applicazione dei consolidati principi di questa Corte.

Peraltro, la stessa Corte territoriale, dopo aver disatteso la valutazione del Tribunale in termini di tardività di quella contestazione disciplinare - profilo sul quale, in mancanza di ricorso incidentale del A.A., si è formato il giudicato interno - ha evidenziato la gravità di quelle condotte, laddove ha ricordato la severità ed il rigore con cui il Garante della privacy ha trattato la materia (v. sentenza impugnata, p. 5).

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio per la rivalutazione di quelle condotte secondo il parametro di gravità desumibile dall'art. 2119 c.c.

2.- Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2119 c.c., 7 L. n. 300/1970, 2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto insufficienti gli indebiti accessi alle schede clienti a legittimare il recesso datoriale e quindi per aver ritenuto necessario procedere anche alla disamina degli addebiti comportamentali ai fini di una valutazione complessiva.

Il motivo è assorbito dall'accoglimento del primo motivo.

3.- Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2119 c.c., 18, co. 4, L. n. 300/1970, per avere la Corte territoriale ritenuto che essa banca non avesse assolto l'onere probatorio relativo agli addebiti comportamentali.

Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 420, 112, 115, 116 c.p.c., 24, co. 2, e 111 Cost. per non avere la Corte territoriale dato corso alla prosecuzione della prova orali richiesta da essa banca.

Entrambi i motivi sono assorbiti dall'accoglimento del primo motivo.

4.- Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell'art. 18, co. 4, L. n. 300/1970 per avere la Corte ritenuto applicabile la tutela reale depotenziata pur in presenza della prova del fatto contestato, sulla base soltanto della ritenuta sproporzione del licenziamento rispetto a quel fatto.

Il motivo è assorbito dall'accoglimento del primo motivo.

5.- Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, nn. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 18, co. 4, L. n. 300/1970, 1227 e 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. per non avere la Corte territoriale considerato e deciso le eccezioni di aliunde perceptum e di aliunde percipiendum pur da essa sollevate sin dalla fase sommaria del primo grado di giudizio e poi riproposte in grado di reclamo Il motivo è assorbito dall'accoglimento del primo motivo.

Al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.


La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese processuali anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 28 gennaio 2025.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2025.