Consiglio di Stato, Sez. 5, 31 dicembre 2024, n. 10550 - Principi fondamentali nel servizio di prevenzione antincendio durante le operazioni di carico e scarico di merci pericolose in ambito portuale
Presidente Caringella - Estensore Santini
FattoDiritto
1. Si controverte sul servizio antincendio da espletare, nel Porto di Ancona, durante le “operazioni portuali di carico e scarico di merci … pericolose” (cfr. pag. 2 ricorso originario di Blue Service, odierna appellata).
La Blue Service (poi nelle more del giudizio di primo grado confluita per incorporazione in Interestate, odierna appellante) era titolare di tale servizio, che svolgeva “in conto terzi” ossia a favore di altre imprese operanti nel porto, in base all'ordinanza dell'Autorità Portuale (AP) n. 4 del 2004.
Successivamente è stata adottata ordinanza dell'Autorità Marittima (Capitaneria di Porto o AM) n. 76 del 2006 nella sostanza regolante la stessa materia della vigilanza antincendio (almeno per quanto riguarda l'ambito di operatività relativo a imbarco e sbarco di merci pericolose). Tale ordinanza di regolamentazione prevedeva espressamente la possibilità di effettuare tale servizio anche in “autoproduzione”, ossia in autonomia da parte dei singoli operatori portuali (i quali dovevano ovviamente possedere taluni requisiti di idoneità professionale), e ciò in aperta applicazione dell'art. 9 della legge n. 287 del 1990.
In base a tale ordinanza è stata rilasciata nel 2008 alla Adriatic Container Terminal (ACT) autorizzazione n. 79 del 2008 ad effettuare il servizio antincendio “in conto proprio” ossia in autoproduzione (trattasi infatti di impresa portuale che opera nel settore del carico/scarico merci nel cui ambito è necessario, altresì, una simile attività di vigilanza in caso di merci pericolose e infiammabili).
2. La Blue Service impugnava tale autorizzazione in autoproduzione ritenendo che soltanto essa potesse essere titolare in via esclusiva di tale servizio in tutto il Porto di Ancona. Il ricorso contestava, in particolare: a) il potere regolamentare che in subiecta materia (“servizio di prevenzione antincendio” finalizzato alle “operazioni portuali che riguardino l'imbarco, lo sbarco e la movimentazione di merci pericolose”, come evidenziato alla pag. 5 del ricorso originario di Blue Service) spetterebbe “in via esclusiva all'Autorità Portuale” e non alla Capitaneria di Porto, cui “compete la vigilanza in materia di sicurezza della navigazione” (pag. 4 ricorso originario Blue Service); b) assenza dei presupposti per l'autoproduzione in quanto ACT non è concessionaria di area portuale ma solo operatore che svolge un determinato servizio portuale (movimentazione container); c) assenza dei presupposti per l'autoproduzione in quanto i requisiti richiesti nell'ordinanza della Capitaneria di Porto (AM) n. 76 del 2006 (frequentazione di un semplice corso di qualificazione) sarebbero di gran lunga inferiori rispetto a quelli che erano stati a suo tempo richiesti alla stessa Blue Service.
La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso di Blue Service in quanto la Capitaneria di Porto non sarebbe competente ad adottare simili regolamenti. Soltanto l'Autorità Portuale sarebbe a tanto legittimata. Inoltre il servizio in autoproduzione potrebbe essere svolto, sulla base della predetta ordinanza dell'AM, soltanto da soggetti concessionari e non anche, come nella specie, da soggetti soltanto autorizzati a svolgere determinati servizi portuali quali quelli di specie (imbarco e sbarco di merci pericolose).
3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per i motivi di seguito sintetizzati:
3.1. Omessa rilevazione dell'improcedibilità del gravame in quanto la Blue Service avrebbe nel frattempo cessato la propria attività;
3.2. Vizio di ultrapetizione nella parte in cui il giudice di primo grado, pur dinanzi alla prospettazione della difesa di Blue Service secondo cui vi era incompetenza assoluta della Capitaneria di Porto nella adozione del regolamento di cui all'ordinanza n. 76 del 2006, avrebbe poi impropriamente convertito il motivo in vizio di incompetenza relativa;
3.3. Vizio di ultrapetizione nella parte in cui la difesa di Blue Service non avrebbe mai messo in discussione la potestà regolamentare della Capitaneria di Porto nella suddetta materia ossia a poter adottare l'ordinanza n. 76 del 2006;
3.4. Erronea valutazione del sistema delle competenze regolamentari in tema di servizi antincendio in ambito portuale;
3.5. Erronea valutazione della legge n. 287 del 1990 e del decreto legislativo n. 272 del 1999 secondo i quali il meccanismo dell'autoproduzione in ambito portuale, ossia la possibilità per i singoli operatori di produrre determinati beni e servizi in totale autonomia, sarebbe consentito a tutti coloro che vi svolgono una determinata attività, quale che ne sia il titolo legittimante (concessione oppure autorizzazione).
4. Si costituivano in giudizio: Amatori Interestate, succeduta nel frattempo a Blue Service, per chiedere il rigetto dell'appello; Ministero delle infrastrutture a trasporti per chiederne invece l'accoglimento.
5. Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2024 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni e il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso, con il primo motivo di appello si lamenta la omessa rilevazione dell'improcedibilità del gravame in quanto la Blue Service avrebbe nel frattempo cessato la propria attività.
Osserva al riguardo il collegio che la Blue Service non è più operativa, dato che il suo fatturato si sarebbe drasticamente ridotto proprio in ragione del contestato rilascio della predetta autorizzazione in capo alla ACT, ma le sue funzioni risultano ora assorbite dalla costituita Amatori Interstate che ne ha acquistato la proprietà per incorporazione e la quale avrebbe interesse, in caso di esito positivo del presente gravame, a richiedere nuovamente una simile autorizzazione per il servizio antincendio nel porto di Ancona.
Ebbene in merito ad una simile eventuale richiesta, volta come detto all'eventuale ripristino della originaria licenza in capo alla appellata Interestate, non sono state comunque formulate deduzioni di parte appellante intese a evidenziare possibili ostacoli in tal senso.
In caso di conferma della sentenza di primo grado si aprirebbe dunque uno “scenario di nuovo profitto” che la odierna appellata potrebbe ben cogliere a suo legittimo vantaggio.
Trova dunque applicazione “l'indirizzo consolidato di questo Consiglio di Stato … secondo cui occorre molta cautela prima di dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse perché una pronunzia processuale di tale contenuto, se non adeguatamente giustificata, rischierebbe di risolversi in un sostanziale diniego di giustizia. Anche un interesse solo morale della parte giustificherebbe l'esigenza di una decisione di merito (giurisprudenza costante: cfr. sez. V, 6 novembre 2011, n. 5070; sez. IV, 15 settembre 2015, n. 4307; sez. V, 27 novembre 2015, n. 5379; sez. IV, 14 dicembre 2015, n. 5663)” [Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2020, n. 8432].
Alla luce di quanto appena considerato non ci sono pertanto margini per dichiarare d'ufficio la improcedibilità. Entro questi termini il primo motivo di appello deve dunque essere rigettato.
7. Il secondo motivo di appello (con cui si lamenta vizio di ultrapetizione nella parte in cui il giudice di primo grado, pur dinanzi alla prospettazione della difesa di Blue Service secondo cui vi era incompetenza assoluta della Capitaneria di Porto nella adozione del regolamento di cui all'ordinanza n. 76 del 2006, avrebbe poi impropriamente convertito il motivo in vizio di incompetenza relativa) è infondato dal momento che, in disparte ogni considerazione circa il potere del giudice di riqualificare la domanda ed il vizio ad essa sottesa (da incompetenza assoluta a incompetenza relativa) quel che rileva è la sostanza della doglianza ossia che il potere di disciplinare in via regolamentare tale segmento dell'attività portuale (servizio antincendio da assicurare durante operazioni di imbarco, sbarco e movimentazione di merci pericolose) non sarebbe spettato, nella chiara prospettazione della difesa della originaria ricorrente Blue Service, all'autorità marittima ossia alla Capitaneria di Porto. Di qui il rigetto, altresì, di tale specifica censura.
8. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di ultrapetizione nella parte in cui la difesa di Blue Service, in ogni caso, non avrebbe mai messo in discussione la potestà regolamentare della Capitaneria di Porto nella suddetta materia ossia il potere di adottare l'ordinanza n. 76 del 2006. Osserva al riguardo il collegio come, ad una attenta lettura del ricorso di primo grado (cfr., in particolare, pag. 4), la difesa della originaria ricorrente Blue Service impugnava anche l'ordinanza n. 76 del 2006 della Capitaneria di Porto, ossia la normativa portuale al riguardo adottata, e non solo l'autorizzazione all'esercizio in favore di ACT (n. 79 del 2008). E ciò non solo con riguardo ai requisiti per l'autoproduzione (come da epigrafe del ricorso) ma anche con riguardo alla “disciplina … delle attività connesse al traffico portuale” (dunque come da contesto del ricorso, alla cui pag. 4 si sosteneva che alla Capitaneria di Porto poteva competere la sola “vigilanza in materia di sicurezza della navigazione”). Alla luce delle considerazioni appena svolte, anche tale censura non può dunque trovare in questa sede di appello.
9. Con il motivo sub 3.4. si lamenta la erronea valutazione del sistema delle competenze regolamentari in tema di servizi antincendio in ambito portuale. Lo specifico motivo si rivela fondato dal momento che:
9.1. Nel caso di specie si controverte sul servizio antincendio obbligatorio da assicurare in occasione delle operazioni portuali riguardanti l'imbarco, lo sbarco e la movimentazione di merci pericolose (cfr. pag. 5 ricorso introduttivo di primo grado della Blue Service, ora confluita in Interestate);
9.2. Ora, è ben vero che la legge n. 84 del 1994 non riporta disposizioni particolarmente specifiche sul punto della competenza ad adottare una simile disciplina antincendio: ed infatti sia l'art. 6 (sulle competenze della Autorità Portuale, di seguito AP), sia l'art. 14 (sulle competenze della Autorità Marittima o Capitaneria di Porto, di seguito AM) parlano genericamente di “sicurezza” in capo ai due predetti organi (AP e AM);
9.3. Tuttavia, tra l'ordinanza dell'AP n. 4 del 2004 (recante tra l'altro la “Disciplina servizio integrativo antincendio”) e quella dell'AM n. 76 del 2006 (recante “Regolamento per il servizio integrativo antincendio”) è intervenuto il DPR n. 134 del 2005 (Regolamento recante disciplina per le navi mercantili dei requisiti per l'imbarco, il trasporto e lo sbarco di merci pericolose) il cui art. 5 ha specificamente ascritto, in capo all'AM, la competenza regolamentare in tema di “vigilanza antincendio” proprio per le operazioni di imbarco e sbarco di merci pericolose. Questo il tenore del comma 2 della predetta disposizione regolamentare: “La vigilanza antincendio è svolta secondo modalità disciplinate con ordinanza dell'autorità marittima, concordate con il Comando provinciale dei vigili del fuoco”;
9.4. Ebbene, tale disposizione regolamentare ha natura di norma speciale ed è dunque capace di resistere ad interventi normativi successivi come il decreto legislativo n. 169 del 2016, che ha modificato sì l'art. 16 della legge n. 84 del 1994 (sui compiti dell'autorità portuale) ma senza individuare espressamente tale attività (vigilanza antincendio per le suddette operazioni di imbarco e sbarco di merci pericolose) in capo all'AP;
9.5. Dunque anche sul piano normativo e regolamentare (e non solo sul piano amministrativo ossia con riguardo al rilascio delle autorizzazioni a svolgere tale servizio, come si avrà modo più avanti di osservare) è pacifica la competenza dell'AM in tema di vigilanza antincendio.
9.6. Una simile competenza (anche) regolamentare in materia di “vigilanza antincendio” ben può investire sia la fase ex post della vigilanza, quella in altre parole strettamente esecutiva, sia quella ex ante relativa, ossia, al regime autorizzatorio per sua natura preordinato a garantire la rispondenza dell'attività che i privati intendono esercitare con l'interesse pubblico alla cui cura il soggetto pubblico è istituzionalmente deputato. Siffatta estensione del potere in questione (si ripete: riguardante non solo la fase esecutiva ma anche quella autorizzatoria) è dunque preordinata a rendere più completo ed effettivo l'esercizio della relativa attività di vigilanza e di connessa regolazione;
9.7. Ad una simile competenza regolamentare (che investe come visto sia la fase ex post o esecutiva sia la fase ex ante o autorizzatoria) si affianca poi, come già detto, anche la competenza strettamente gestionale relativa, in sostanza, al rilascio in concreto dei singoli titoli autorizzatori;
9.8. Tale quadro regolamentare e gestionale (si ripete: in materia di vigilanza antincendio riguardante le attività di imbarco e sbarco di merci pericolose) non si pone poi in antitesi con la sentenza n. 3227 del 26 aprile 2022 di questa stessa sezione, appositamente invocata dalla difesa di Interestate (che nel tempo ha incorporato come visto Blue Service) a sostengo della propria tesi secondo cui la competenza in subiecta materia sarebbe piuttosto dell'AP. Ed infatti in quello specifico precedente la sezione affrontava il diverso tema della vigilanza “a terra” (la cui competenza regolamentare spetta all'AP) laddove nel caso di specie si tratta di vigilanza “a mare” o meglio in fase di “approdo” (imbarco e sbarco di merci pericolose) che rientra come detto nella competenza dell'AM cui è rimesso, più in generale, l'ambito materiale della “sicurezza della navigazione”. Tale distinzione sul piano regolamentare tra servizio antincendio da svolgere su “aree a terra” (AP) e servizio antincendio su “aree a mare” (rectius approdi, di competenza AM) si ricava in particolare nei seguenti passaggi della ridetta sentenza n. 3227 del 2022: a) epigrafe da cui si evince che oggetto del gravame è l'ordinanza dell'Autorità Portuale di Genova riguardante il servizio antincendio “in tutte le aree a terra degli insediamenti ricompresi nel compendio di Porto Petroli di Genova”; b) paragrafo 1, ove si riferisce che “Porto Petroli di Genova … è concessionaria del terminal petrolifero … nel quale opera un servizio integrativo antincendio a terra”; c) paragrafo 1.2., laddove si riferisce che: “Con la predetta ordinanza si è stabilito che: “In tutte le aree a terra degli insediamenti ricompresi nel compendio di Porto Petroli di Genova … la sorveglianza antincendio è affidata alla responsabilità dei concessionari”; d) paragrafo 1.1. che parallelamente, in tema di “organizzazione dei presidi antincendio”, evidenzia che “La Capitaneria di Porto … ha declinato la propria competenza sul terminal limitandosi a disciplinare con la propria Ordinanza 21/2015 il presidio antincendio sui pontili”;
9.8. Nei termini di cui sopra lo specifico motivo di appello, diretto ad affermare la competenza regolamentare in capo all'AM su servizi antincendio da svolgere in occasione di imbarco e sbarco merci pericolose, deve dunque essere accolto.
10. Con motivo sub 3.5. si lamenta la erronea valutazione della legge n. 287 del 1990 e del decreto legislativo n. 272 del 1999 secondo cui il meccanismo dell'autoproduzione in ambito portuale, ossia la possibilità per i singoli operatori di produrre determinati beni e servizi in totale autonomia, sarebbe consentito a tutti coloro che vi svolgono una determinata attività, quale che sia il titolo legittimante (concessione oppure autorizzazione). Osserva al riguardo il collegio che:
10.1. In disparte il ragionamento di cui sopra circa le rispettive aree di competenza regolamentare tra AP e AM in tema di servizi antincendio, la competenza al rilascio di simili autorizzazioni antincendio, almeno per quanto riguarda il Porto di Ancona, è comunque sempre intestata in capo all'Autorità Marittima (AM) sia in base all'ordinanza n. 4 del 2004 dell'Autorità Portuale (AP), sia in base alla successiva ordinanza n. 76 del 2006 dell'Autorità Marittima (AM);
10.2. Inoltre non è stabilito in alcun passaggio normativo che, all'interno del porto, possa operare soltanto un soggetto in materia di servizio antincendio. Soprattutto non si esclude, nella stessa ordinanza dell'autorità portuale n. 4 del 2004 (comunque superata per le ragioni di cui al punto n. 9, quanto alle operazioni di imbarco e sbarco di merci pericolose, dall'ordinanza n. 79 del 2006 dell'autorità marittima) la possibilità di gestire taluni servizi in autoproduzione;
10.3. L'attività di autoproduzione (nel caso di specie, antincendio in conto proprio) è garantita proprio dall'art. 9 della legge n. 287 del 1990 a norma del quale “la riserva per legge ad un'impresa incaricata della gestione di attività di prestazione al pubblico di beni o di servizi contro corrispettivo, non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi per uso proprio”.
Tale prerogativa (autoproduzione) trova ulteriore e decisiva conferma nel decreto legislativo n. 272 del 27 luglio 1999 (Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali) a norma del cui art. 5, comma 1: “Il datore di lavoro, nel corso delle operazioni e dei servizi portuali, deve … b) avvalersi del «servizio integrativo antincendio portuale» … ferma restando la possibilità di avvalersi dell'autoproduzione prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287”.
Discende, ad un attento esame delle predette disposizioni di livello primario, che il servizio antincendio può dunque essere erogato in conto terzi ma anche in conto proprio, ossia attraverso il descritto meccanismo dell'autoproduzione;
10.4. Una simile conclusione ha trovato peraltro conferma in una recente sentenza di questa stessa sezione (n. 6523 del 19 luglio 2024) secondo cui: “il quadro normativo euro-unitario di riferimento … non tollera l'esistenza di posizioni dominanti o di diritti esclusivi per le operazioni portuali, a meno che non si tratti di servizi di interesse economico generale (cfr. Corte di giustizia CE, sentenza 18 giugno 1998, in causa C-266/96, Corsica Ferries France)”: di qui “il riconoscimento della possibilità, per le singole imprese, di effettuare le operazioni portuali in regime di autoproduzione (cfr. Corte di giustizia CEE, sentenza 10 dicembre 1991, in causa C-179/90, Siderurgica Gabrielli)”;
10.5. In questa specifica direzione, è anzi auspicabile che una simile attività sia gestita in modo integrato da più operatori proprio attraverso la combinazione di servizi in conto terzi e di servizi in conto proprio (autoproduzione, per l'appunto);
10.6. La descritta normativa primaria, pacificamente preordinata ad ammettere il meccanismo dell'autoproduzione in ambito portuale, si impone o meglio è idonea ad eterointegrare la normativa secondaria sia nel momento in cui quest'ultima non contempli tale prerogativa in capo ai singoli soggetti privati (è il caso dell'ordinanza AP n. 4 del 2004, poi sul punto del servizio antincendio relativo a imbarco e sbarco di merci pericolose superata dall'ordinanza AM n. 76 del 2006), sia nel momento in cui la stessa normativa secondaria contempli disposizioni con essa contrastanti o rispetto alla stessa eccessivamente limitative;
10.7. A tale ultimo proposito si evidenzia proprio il caso di specie, ossia la previsione di cui all'ordinanza AM n. 76 del 2006 in cui si prevede la possibilità di ricorrere all'autoproduzione soltanto per i soggetti concessionari del Porto di Ancona. Una simile limitazione non è infatti contemplata dalla predetta normativa primaria la quale opera un generale riferimento, in termini di ambito oggettivo e soggettivo di applicazione, ai “servizi svolti nei porti” (art. 1 del decreto legislativo n. 272 del 1999) nonché ai “servizi portuale” (art. 2 richiamato decreto legislativo n. 272 del 1999) senza a tal fine distinguere tra servizi svolti in regime di concessione e servizi svolti in regime di autorizzazione. Di qui la correttezza dell'operato della appellante amministrazione marittima la quale, disapplicando in sostanza il proprio regolamento di cui all'ordinanza n. 76 del 2006 (il quale prevedeva, in effetti, la limitazione dell'autoproduzione ai soli concessionari), ha riconosciuto la possibilità di esercitare il contestato servizio in autoproduzione anche ai titolari di autorizzazioni. Ed una simile sostanziale disapplicazione, data la conclamata assenza di una qualsivoglia distinzione tra attività svolte in regime di concessione e attività svolte in regime di autorizzazione, è stata effettuata proprio in ossequio ai richiamati principi della giurisprudenza eurounitaria in materia di libertà di impresa;
10.8. Con ciò si vuole dire che il meccanismo dell'autoproduzione, salva la sussistenza di ragioni ostative qui comunque non rappresentate dalla parte appellata (servizi di interesse economico generale oppure “motivi di ordine pubblico”), è sempre operante in ambito portuale quale che sia il titolo di legittimazione (concessione oppure autorizzazione) per cui il singolo operatore privato svolge una determinata attività in tale stesso ambito. Con la ulteriore duplice precisazione che: a) il personale addetto alle suddette attività autoprodotte dovrà essere “dedicato”, come evidenziato nella sentenza n. 6522 del 19 luglio 2024 di questa sezione, ossia impiegato in via esclusiva ai suddetti beni o servizi da produrre o fornire, rispettivamente, in totale autonomia gestionale; b) i requisiti onde accedervi, almeno nel caso di specie, di certo non si limitano al solo superamento di un corso di formazione (come erroneamente sostenuto nel ricorso di primo grado), e ciò dal momento che la stessa ordinanza n. 76 del 2006 prevede anche altre condizioni per il rilascio della suddetta autorizzazione (all'autoproduzione) tra cui quella di disporre di “efficienti dotazioni antincendio” appositamente descritte (artt. 1 e 18 ordinanza AM di Ancona n. 76 del 2006) nonché l'altra di annoverare, in organico, personale in precedenza impiegato quale vigile del fuoco oppure presso la marina militare o mercantile con specifiche mansioni (art. 5 richiamata ordinanza n. 76 del 20006).
10.9. Alla luce di quanto sopra evidenziato, anche tale specifico motivo di appello deve dunque trovare accoglimento.
11. In conclusione il ricorso in appello è fondato, nei sensi di cui sopra, e deve dunque essere accolto. La sentenza di primo grado va allora riformata con conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
12. Le spese del presente giudizio possono in ogni caso essere integralmente compensate tra tutte le parti costituite in ragione della sostanziale novità delle esaminate questioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della gravata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.