Cassazione Penale, Sez. 4, 28 febbraio 2025, n. 8286 - Rottura di un impalcato per le operazioni di disarmo. Necessario adottare presidi antinfortunistici idonei a prevenire il rischio di caduta dall'alto in parallelo alla progressione dei lavori
- Cantiere Temporaneo e Mobile
- Committente
- Contratti d'appalto, d'opera e di somministrazione
- Coordinatore per l'Esecuzione
- Dirigente e Preposto
- Dispositivo di Protezione Individuale
- Informazione, Formazione, Addestramento
- Lavori in Quota
- Rischio da Interferenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da
Dott. SERRAO Eugenia - Presidente Relatore
Dott. BELLINI Ugo - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. ARENA Maria Teresa - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a S il (Omissis)
B.B. nato a B il (Omissis)
C.C. nato a M il (Omissis)
D.D. nato a C il (Omissis)
avverso la sentenza del 13/06/2024 della Corte d'Appello di Campobasso
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente Eugenia Serrao;
udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott. ssa Lidia Giorgio, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso presentato da A.A., con rigetto dei ricorsi presentati dagli altri ricorrenti;
udito il difensore Avv. Roberto Prozzo in difesa di B.B., che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento;
udito il difensore Avv. Giuseppe De Rubertis in difesa di D.D., che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento;
udito il difensore Avv. Cesare Rizzo in difesa di A.A., che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento;
uditi i difensori Avv. Mariarosaria Simonelli e Simone Coscia in difesa di C.C., che hanno concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento.
Fatto
1. La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza di condanna emessa il 14/10/2022 dal Tribunale di Larino nei confronti di A.A., B.B., C.C. e D.D.
2. Il processo trae origine dall'infortunio mortale verificatosi il 26 giugno 2012 in Contrada (Omissis) presso il cantiere edile dell'impresa Edilizia 29 Srl in T. Il 7 settembre 2011 lo IACP della Provincia di Campobasso, in persona dell'ing. C.C. quale Direttore generale, aveva stipulato con l'impresa Oro Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante B.B., un contratto di appalto relativo ai lavori per la realizzazione di 12 alloggi di edilizia residenziale popolare; la Oro Costruzioni Srl, a sua volta, previa autorizzazione dello IACP, aveva subappaltato in parte i lavori alla Edilizia 29 Srl nella persona del legale rappresentante, direttore tecnico e amministratore unico A.A. 1969 e contestualmente aveva nominato il geom. D.D. quale coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.
Il 26 giugno 2012 lavoratori della Edilizia 29 Srl, completata la realizzazione della struttura in cemento armato, stavano provvedendo al disarmo della stessa quando, verso le ore 11:00, il carpentiere A.A. (Omissis), posizionato su tavole adibite provvisoriamente a passatoia, a causa del cedimento delle stesse, era precipitato da un'altezza di circa m. 6,25 ed era deceduto.
3. Gli imputati sono incolpati del reato previsto dall'art. 589 cod. pen. perché, con più condotte colpose e in cooperazione tra loro, hanno cagionato la morte del lavoratore.
3.1. In particolare, A.A. 1969, in qualità di datore di lavoro e di responsabile per la sicurezza, nonché di preposto alla sicurezza in base all'art. 21 del contratto di subappalto, è incolpato di aver omesso, in conformità agli artt. 122, 138 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e alle prescrizioni tecniche riportate nell'All. XVIII punto 2.1.4.1, di approntare idonee opere provvisionali, avendo allestito un impalcato sprovvisto di idoneo parapetto e non conforme alle norme sulla sicurezza con riferimento alla distanza dalla muratura, superiore a quella consentita di cm. 20, nonché per aver omesso ogni altra precauzione atta a eliminare il pericolo di caduta dall'alto mediante l'approntamento di idonei piani di calpestio, di ponti, passerelle, andatoie e impalcati di servizi e di tavole provviste dei requisiti tecnici previsti in materia di sicurezza; di avere omesso, in violazione degli artt. 111, commi 1 e 5, 112, 126 e punto 2.1.5 All. XVIII, 136 e 146 D.Lgs. n. 81/2008, nell'effettuazione delle operazioni di disarmo del sottotetto, la predisposizione di misure di protezione collettiva con particolare riferimento all'adozione di opere provvisionali per i lavori in quota, costituite da adeguate impalcature, ponteggi, idonee opere provvisionali ovvero per aver omesso l'attuazione di precauzioni atte a eliminare i pericoli di caduta di persone o cose, di difese delle aperture nonché di idonei parapetti posti a protezione degli impalcati e dei ponti di servizio con altezza superiore ai m. 2; per avere, in violazione degli artt. 18, 36, 37 e 115 D.Lgs. n. 81 cit., omesso di fornire una formazione specifica al lavoratore A.A. in ordine ai rischi delle lavorazioni effettuate e per aver omesso di vigilare in ordine all'attuazione delle misure di prevenzione individuali per mezzo dell'utilizzo di imbracature, dispositivi di ancoraggio, caschi protettivi e di ogni sistema di protezione idoneo all'uso specifico con riferimento ai rischi di caduta dall'alto delle suddette lavorazioni.
3.2. B.B., in qualità di datore di lavoro dell'impresa affidataria e responsabile della sicurezza con obblighi di verifica in ordine alle condizioni di sicurezza dei lavori affidati, coordinamento e cooperazione nella predisposizione di protezioni collettive e individuali, nonché in qualità di direttore tecnico di cantiere con l'obbligo di predisporre misure conformi alle prescrizioni di cui all'All. XIII D.Lgs. n. 81 cit. ovvero di attuare le previsioni dei piani di sicurezza e con poteri di sorveglianza sull'attuazione di tutte le misure di sicurezza previste nei piani di sicurezza affidati alla sovrintendenza dei suoi preposti, dei subappaltatori ecc., per avere, in violazione degli artt. 97, commi 1 e 3, 136, comma 6, 138 D.Lgs. n. 81 cit. nonché delle prescrizioni tecniche del punto 2.1.4.3 dell'All. XVIII e in particolare, nella veste di direttore tecnico di cantiere, per avere omesso di vigilare sui lavoratori ai fini dell'adozione delle prescritte misure di sicurezza nonché, nella veste di preposto alla vigilanza delle fasi di montaggio, smontaggio e trasformazione del ponteggio, per non essersi attivato al fine di eliminare le carenze in materia di sicurezza connesse alla realizzazione dell'impalcato e per non aver accertato la compatibilità tecnica di quest'ultimo con le norme relative al corretto uso del ponteggio, nonché per aver allestito il ponteggio metallico (di intesa con l'impresa subappaltatrice Edilizia 29 Srl di A.A.) a una distanza dal muro perimetrale dell'edificio compresa tra i cm. 30 e 40 e pari a m. 2 circa nel punto di caduta del lavoratore, superiore alla distanza massima consentita di cm. 20, omettendo ogni controllo sul mantenimento di un distacco congruente.
3.3. D.D. è incolpato, in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, per avere omesso, in violazione dell'art. 92, comma 1 lett. a), D.Lgs. n. 81 cit., mediante opportune azioni di coordinamento e controllo, di verificare l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice delle disposizioni alla stessa pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 100 D.Lgs. n. 81 cit. e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.
3.4. C.C. è incolpato, in qualità di responsabile del procedimento nominato dall'Ente committente IACP, per avere omesso, in violazione dell'art. 93, D.Lgs. n. 81 cit., di vigilare sull'operato del coordinatore per l'esecuzione D.D. relativamente agli obblighi di cui all'art. 92, comma 1 lett. a), D.Lgs. n. 81 cit. nonché sulla presenza dello stesso in cantiere.
4. In base all'istruttoria espletata, il giudice di primo grado ha così ricostruito l'evento: in corrispondenza del punto in cui A.A. era precipitato, il piano di calpestio, provvisoriamente allestito per le operazioni di disarmo, era costituito da quattro tavole sistemate non a stretto contatto tra di loro e sormontate da tre traversi, cc.dd. morali, tra loro completamente svincolati; le tavole in questione non avrebbero dovuto essere utilizzate in funzione di ponteggio, che in quel punto era anche sprovvisto di parapetti verso il vuoto, in quanto avevano uno spessore di circa cm. 2,5 a fronte dei cm. 4 prescritti a tale scopo, trattandosi di tavole usate come pannelli per casseformi di strutture in cemento armato, oltretutto usurati dall'uso del tempo; A.A. 1961 era precipitato in quanto le assi con le quali si era provveduto a coprire il vuoto esistente tra il ponteggio e l'edificio risultavano completamente deteriorate; il lavoratore non indossava la cintura di sicurezza, nè era dotato di elmetto di protezione e di scarpe antinfortunistiche; l'ispettore ASReM E.E. e l'ispettore del lavoro F.F., nonché il consulente tecnico del pubblico ministero ing. G.G. avevano valutato come inidonea l'opera provvisionale allestita per il disarmo e il consulente tecnico del pubblico ministero, in particolare, aveva evidenziato come lo stesso impalcato fosse totalmente fuori norma nel contesto di una gestione cantieristica definita "scellerata"; dalla deposizione dell'ispettore H.H. e dall'annotazione di servizio del sovr. I.I. era emersa la totale inadeguatezza delle condizioni di lavoro di J.J. (Omissis), anche sotto il profilo della dotazione dei dispositivi di protezione individuali, in quanto lo stesso, come detto, non indossava la cintura prevista in caso di lavori in altezza, né l'elmetto, né le scarpe antinfortunistiche; il datore di lavoro A.A. (Omissis) risultava essere amministratore unico della Edilizia 29 Srl, datore di lavoro e preposto alla sicurezza e, pur avendo conferito delega allo stesso lavoratore infortunato, tale delega non rispondeva compiutamente ai requisiti di cui all'art. 16 D.Lgs. n. 81/2008, nè il lavoratore era validamente formato per lo svolgimento dei compiti delegatigli; B.B., in qualità di rappresentante della appaltatrice Oro Costruzioni Srl, non aveva verificato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati in subappalto; Nicola C.C., nella qualità di dirigente dello IACP e responsabile del procedimento, aveva violato i compiti di alta vigilanza demandati dalla legge al committente ai sensi dell'art. 93 D.Lgs. n. 81 cit. e aveva omesso di controllare il coordinatore D.D. il quale, a sua volta, aveva violato gli adempimenti attribuitigli dall'art. 92 D.Lgs. n. 81 cit. Nei confronti di questi ultimi, peraltro, inizialmente il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Larino aveva pronunciato assoluzione per non aver commesso il fatto ma tale sentenza era stata annullata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 19208/2016 con richiamo ai compiti e alle funzioni normativamente attribuiti a dette figure sul presupposto fattuale, tale da ribaltare il ragionamento seguito dal Giudice dell'udienza preliminare, della persistenza delle attività e dei lavori di cantiere che, alla data del decesso del lavoratore, erano entrati in una diversa e delicata fase, quella del disarmo, tanto da non essere rinvenibile in atti traccia della comunicazione di fine lavori che l'impresa affidataria sarebbe stata contrattualmente tenuta a dare alla committente.
5. A.A. (Omissis) ricorre per cassazione censurando la sentenza, con unico motivo, per violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 41 e 589 cod. pen. nonché per motivazione manifestamente illogica e contraddittoria in ordine alla valutazione dei profili di responsabilità della vittima nella causazione dell'infortunio. La difesa sostiene che la Corte territoriale, pur avendo escluso l'abnormità e l'eccentricità della condotta del lavoratore, ne ha riconosciuto la corresponsabilità nella causazione dell'infortunio, risultando la sentenza per tale ragione contraddittoria. L'affermazione della Corte territoriale secondo la quale la condotta del lavoratore deceduto ha influito in maniera significativa sulla dinamica della caduta che ne ha determinato la morte non può coesistere con il riconoscimento della conformità della lavorazione di disarmo condotta dal medesimo lavoratore al procedimento lavorativo stesso. I giudici, si assume, non hanno tenuto conto dei profili di colpa rinvenibili nel comportamento del lavoratore, trascurando di motivare in ordine al nesso eziologico esistente tra l'evento morte e la responsabilità per il comportamento eccentrico del lavoratore. Si assume la violazione dell'art. 41 cod. pen. in quanto la gravissima imperizia di esecuzione nella condotta del lavoratore deceduto, posta in essere in maniera eccentrica e in violazione delle più elementari norme di sicurezza, costituisce causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Quest'ultimo non avrebbe potuto essere altrimenti evitato dal datore di lavoro in quanto è stato causato esclusivamente dalla scelta imperita del lavoratore, che si è posta al di fuori della sfera di controllo del ricorrente.
6. B.B. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione e violazione dell'art. 125 cod. proc. pen. nonché dell'art. 111 Cost. in quanto la sentenza non ha motivato sulle puntuali doglianze dedotte dall'appellante, e in particolare su quanto evidenziato nell'appello a proposito del fatto che dalla ricostruzione dei fatti fosse emerso chiaramente che l'infortunio si è verificato a causa della manomissione del ponteggio e della realizzazione da parte della Edilizia 29 Srl di un impalcato precario, nonché a causa del mancato utilizzo da parte della vittima dei dispositivi di protezione individuale, trattandosi di una condotta macroscopicamente abnorme della vittima.
Con il secondo motivo, deduce violazione o falsa applicazione dell'art. 2087 cod. civ., dell'art. 26 D.Lgs. n. 81/2008 e dell'art. 41 cod. pen. Premesso che l'appaltatore principale, una volta predisposte adeguate misure di prevenzione, non deve vigilare sulla condotta dei singoli dipendenti del subappaltatore, si assume che il ricorrente non può essere considerato responsabile di una manomissione dei presidi di sicurezza da parte di un dipendente del subappaltatore. La responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio verificatosi a causa della manomissione dei ponteggi è stata specificamente esclusa dalla giurisprudenza.
Con il terzo motivo deduce motivazione inconferente e irragionevole nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 cod. civ., 26 D.Lgs. n. 81/2008 e 41 cod. pen. La Corte territoriale ha affermato la responsabilità del B.B. sul presupposto che i lavori non fossero stati conclusi e che il cantiere non potesse essere considerato chiuso in quanto dovevano essere ancora eseguite le operazioni di disarmo ma la difesa non aveva eccepito il venir meno dell'obbligo di garanzia perché i lavori erano stati conclusi, avendo piuttosto sostenuto che i lavori erano sospesi in attesa della maturazione del calcestruzzo e che in quel periodo il subappaltatore non doveva né poteva recarsi in cantiere per smontare le casseformi, così non potendo esigersi in concreto un obbligo di vigilanza da parte del B.B.
7. C.C. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per carenza di motivazione in relazione agli artt. 589, 43 cod. pen., 93, 91, comma 1 lett. a), 92, comma 1 lett. a), b), c), d) ed e), D.Lgs. n. 81/2008 nonché all'art. 192 cod. proc. pen. Secondo la difesa, la Corte territoriale ha confermato la responsabilità del C.C. senza indicare quale sia il tipo di onere non adempiuto dall'imputato, sostenendo superficialmente che il committente avrebbe omesso gli adempimenti di alta vigilanza senza segnalare quali sarebbero stati gli oneri non rispettati. Il responsabile del procedimento è tenuto esclusivamente a controllare l'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91 e 92, D.Lgs. n. 81 cit. da parte del soggetto nominato dallo stesso committente, non ha gli stessi obblighi di protezione del responsabile della sicurezza. Essendo necessario verificare in concreto l'incidenza della relativa condotta sull'eziologia dell'evento, si sarebbero dovute confrontare le capacità organizzative dell'impresa scelta per l'esecuzione dei lavori, la specificità dei lavori da eseguire, i criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, la sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori nonché l'immediata percepibilità da parte del committente di una situazione di pericolo. Gli obblighi menzionati nell'art. 93, D.Lgs. n. 81 cit. sono stati adempiuti in quanto il C.C. ha nominato il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ha vigilato sull'attività del detto coordinatore e vigilato sulla presenza in cantiere del medesimo. Subito dopo la nomina, il C.C. ha comunicato al coordinatore per la sicurezza i comportamenti e gli adempimenti da porre in essere, invitandolo al rispetto delle prescrizioni riportate nel PSC e nel POS nonché alla verifica della corretta applicazione delle procedure di lavoro, dandogli analitiche e precise istruzioni con richiesta di comunicazione di eventuali inosservanze da parte dell'impresa esecutrice dei lavori rispetto alla materia antinfortunistica.
Per controllare la puntuale presenza del coordinatore in cantiere, l'ing. C.C. ha richiesto l'attestazione e la copia dell'ordine di missione dello stesso per i sopralluoghi effettuati in cantiere, come risulta dalla prova documentale. L'ultimo ordine di missione è del 19 giugno 2012, ossia del giorno successivo al completamento dei lavori in cemento armato realizzati dall'impresa Edilizia 29 Srl Il giudice di appello non solo non ha dato alcun valore probatorio a tale documentazione, ma neppure ha individuato quale concreta omissione sia da addebitarsi al committente onde evitare l'evento lesivo occorso al lavoratore. Essendosi l'infortunio verificato in corso di lavori subappaltati, sarebbe stata la Oro Costruzioni Srl il committente che avrebbe dovuto garantire e controllare la sicurezza del cantiere. La responsabilità del ricorrente è stata posta in correlazione all'evento attribuendo rilievo a circostanze irrilevanti quali la presunta carenza del DURC dell'affidataria Oro Costruzioni Srl e la presunta inosservanza dell'art. 26 D.Lgs. n. 81 cit. in materia di specificazione dei costi relativi alla sicurezza del contratto di subappalto. Oltre a trattarsi di circostanze non veritiere, si sottolinea come all'epoca della sottoscrizione del contratto non fosse richiesta un'indicazione specifica e distinta dell'importo stabilito per i costi inerenti alla sicurezza, essendo sufficiente specificare che l'importo complessivo delle opere oggetto del contratto di appalto e subappalto comprendeva anche i costi per la sicurezza. La sentenza rescindente aveva rinviato al primo giudice per una completa fase dibattimentale, ma il dettato della Corte di cassazione è stato ignorato dai giudici di merito, che si sono limitati a sostenere la responsabilità del C.C. su dati ed elementi già noti al giudice di legittimità, senza recepire le risultanze istruttorie del giudizio dibattimentale, quali la deposizione all'udienza del 3 dicembre 2021 di A.A., che ha attestato l'estraneità del C.C. al verificarsi dell'infortunio.
Con il secondo motivo deduce erronea applicazione e interpretazione dell'art. 589 cod. pen. in relazione agli artt. 43 cod. pen. e 93 D.Lgs. n. 81 cit. in quanto i giudici di merito non hanno espletato l'accertamento causale demandato dalla sentenza rescindente. Non si è proceduto ad alcun accertamento concreto, ma il fatto è stato ascritto al C.C. solo in quanto in posizione di garanzia per non avere genericamente adempiuto all'alta vigilanza richiesta dalla legge.
8. D.D. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per travisamento od omessa valutazione delle prove, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo la difesa, l'istruttoria dibattimentale ha apportato elementi di prova che i giudici di merito hanno completamente pretermesso. La difesa del D.D. mai ha sostenuto che il cantiere potesse essere considerato concluso con i lavori di getto del cemento armato, avendo invece sostenuto che vi fosse una chiusura temporanea del cantiere o, comunque, una sospensione delle lavorazioni per un tempo determinato, con la conseguenza che l'imputato non avrebbe potuto prevedere l'espletamento da parte della vittima di un'attività non autorizzata, quale l'inizio dell'operazione di disarmo del sottotetto. Secondo il giudice di appello, la chiusura temporanea o sospensione delle lavorazioni è priva di riscontri normativi e fattuali mentre è emerso che l'ultimo getto di calcestruzzo è stato effettuato il 18 giugno 2012 e riguardava la copertura del fabbricato, che erano necessari circa 28 giorni per poter procedere al disarmo della copertura, previa comunicazione di ripresa dei lavori al coordinatore per la sicurezza e alla ditta appaltatrice, che, dunque, l'incidente si è verificato a cantiere temporaneamente chiuso durante il periodo di sospensione delle lavorazioni. Al contrario di quanto sostenuto dalla Corte di appello, al momento dell'incidente non vi erano lavori in corso e l'evento si è verificato per essere stata posta in essere un'attività di disarmo non prevista, né prevedibile, non comunicata e non autorizzata. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, D.D. si è recato il 20 giugno 2012 in cantiere, proprio per constatare la sospensione dei lavori a seguito del getto del calcestruzzo e per verificare quindi che non ci fossero lavorazioni.
Sulla base dei dati emersi nel corso dell'istruttoria, la Corte di appello non avrebbe potuto sostenere che non vi fossero riscontri della chiusura o comunque della sospensione temporanea dei lavori in attesa dell'asciugatura del calcestruzzo, o che i precedenti ordini di missione nel numero di 14 prodotti dalla difesa di C.C. testimoniassero la piena operatività del cantiere, o che l'evento occorso al lavoratore e la dinamica che lo ha determinato dimostrassero i lavori in corso di esecuzione alla data dell'evento, o che la difesa di D.D. abbia sostenuto che la presenza degli operai nel cantiere il giorno dell'evento fosse giustificato dalla necessità di pulire i pezzi di tavola presenti sul ponteggio o che la vittima avesse camminato su quelle tavole solo per accorciare le distanze ed evitare un percorso più lungo, dato che la difesa del D.D. è sempre stata nel senso che J.J. (Omissis) il giorno dell'occorso avesse iniziato un'attività non autorizzata né prevedibile in quanto era necessario attendere l'asciugatura del calcestruzzo prima di disarmare il cantiere. Anche l'affermazione secondo la quale mancano formali addebiti alla società esecutrice da parte della committente non è sostenibile in quanto l'attività di J.J. (Omissis) è stata improvvisa, non autorizzata, né prevedibile e avviata lo stesso giorno dell'evento letale, per cui il committente non sarebbe stato nelle condizioni di elevare alcun addebito, non avendone avuto il tempo materiale. Da tali dati emerge che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione non sarebbe potuto intervenire per evitare l'infortunio in quanto l'incidente si è verificato a cantiere chiuso o comunque in un periodo di sospensione dei lavori quando non erano previste lavorazioni, non era stata effettuata alcuna comunicazione relativa al disarmo, non era prevedibile alcun accesso dei lavoratori in cantiere alla data del 26 giugno 2012, non essendo ancora maturato il calcestruzzo. In base all'appalto e al cronoprogramma dei lavori, durante l'esecuzione delle strutture in elevazione non erano previste interferenze e la Oro Costruzioni Srl avrebbe potuto intraprendere ulteriori lavorazioni solo dopo l'effettuazione delle operazioni di disarmo. Si assume che il coordinatore è andato a verificare in cantiere che non vi fossero attività in corso, come da documentazione fotografica; inoltre, l'incidente è avvenuto a causa della manomissione di opere provvisionali, in completa difformità da quanto prescritto dalla normativa antinfortunistica, da parte di soggetto non formato per la modifica di opere provvisionali. Se la Corte di appello non avesse travisato oppure omesso di valutare le prove, si sarebbe affermata la totale estraneità dell'imputato ai fatti contestati.
Con il secondo motivo, deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla fattispecie di cui all'art. 92, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, omessa valutazione del rischio interferenziale e della relativa posizione di garanzia. Dall'istruttoria dibattimentale è emerso che nel luogo dove è avvenuto l'incidente era presente un vuoto tra il ponteggio e il fabbricato di circa m. 1,55 per m. 2 e lo stesso vuoto è presente, in modo simmetrico, a circa m. 5; in prossimità di tale vuoto il ponteggio era provvisto di correnti laterali e, in corrispondenza, l'edificio era provvisto di parapetto di protezione, mentre le restanti parti dell'edificio erano delimitate dal ponteggio metallico; lo spazio vuoto al momento dell'infortunio era parzialmente chiuso da una precaria copertura costituita da travetti in legno di diversa lunghezza, con sezione cm. 10 per cm. 10, al di sopra dei quali erano appoggiati i pannelli in legno abitualmente utilizzati come casse per il contenimento dei getti di calcestruzzo, dello spessore di cm. 2,7; i travetti in legno poggiavano liberamente sui pannelli del ponteggio e sul solaio del terzo piano dell'edificio, mentre i pannelli cassero poggiavano sempre liberamente sui travetti in senso ortogonale; tale struttura provvisoria era stata realizzata dalla stessa vittima dell'infortunio e comunque dalla Edilizia 29 Srl nello stesso giorno dell'evento mortale come protezione per i sottostanti livelli al fine di contenere eventuali residui di lavorazione provenienti dalla fase di disarmo; il ponteggio, in corrispondenza del vuoto dove è avvenuto l'incidente, risultava provvisoriamente manomesso, infatti i due correnti anticaduta risultavano sfilati da uno dei montanti e ruotati in direzione esterna all'edificio mentre erano assenti anche le tavole fermapiede, così essendo evidente che la vittima dell'infortunio o personale della Edilizia 29 Srl avesse rimosso le protezioni del ponteggio metallico per agevolare, in modo errato, l'accesso dal ponteggio al terzo piano con una copertura provvisoria.
Da tali elementi risulta, secondo la difesa, che il sinistro mortale si è verificato per un estemporaneo e contingente sviluppo dei lavori non previsto nel POS né autorizzato, né rispondente al cronoprogramma dei lavori, riconducibile a un'iniziativa posta in essere dalla vittima, che ha ritenuto di procedere al disarmo del tutto autonomamente, ancorché non ne fossero maturi i tempi. La Corte di appello non ha affrontato in alcun passaggio il tema del rischio interferenziale in maniera esaustiva e convincente in relazione al caso concreto, nonostante specifica censura articolata dalla difesa sul punto in sede di appello. In realtà si trattava di rischio estraneo all'area governata dal coordinatore in fase di esecuzione, che deve occuparsi della configurazione generale delle lavorazioni, dunque dell'infrastruttura entro la quale si colloca ogni singola lavorazione affidata all'impresa esecutrice, esulando da tale area il rischio specifico, quello che attiene alla singola lavorazione. La definizione dell'ambito degli interventi di controllo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione non può prescindere dalla sussistenza di un rischio di interferenza tra ditte, ma il giudice di appello non ha considerato in alcun modo il rischio interferenziale, limitandosi a considerare un unico specifico segmento della lavorazione nella quale erano impegnati in via esclusiva solo i lavoratori dell'imprese Edilizia 29 Srl Si è, in altre parole, confusa la posizione di garanzia del coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione con quella del datore di lavoro. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il rischio di caduta dall'alto sia ontologicamente riconducibile al novero dei rischi generici, la cui previsione rientra tra i compiti del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, dovendosi accertare in concreto se lo stesso derivi dalla conformazione generale del cantiere, ovvero sia riconducibile alla singola lavorazione.
Con il terzo motivo deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 41, comma 2, cod. pen. e 192 cod. proc. pen., travisamento della prova ed errata ricostruzione del nesso eziologico. È stato acquisito al processo che il giorno dell'infortunio erano state apportate modifiche non autorizzate alle opere provvisionali, erano state realizzate opere di protezione non previste nei piani di sicurezza e si operava in assenza di responsabili sulla sicurezza. Da ciò ci sarebbe dovuto evincere che la grave responsabilità della vittima abbia avuto nell'esecuzione dell'opera del disarmo un rilievo decisivo, come peraltro evidenziato dai giudici di merito che, a tal proposito, hanno operato una mitigazione del trattamento sanzionatorio. Tenendo presente il perimetro della posizione di garanzia del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, specificamente imperniata sulla prevenzione del rischio interferenziale, il dato probatorio emerso nel corso del dibattimento in merito al contributo causale della vittima è stato completamente trascurato. Si tratta di rischio eccentrico rispetto al piano di disarmo contenuto nel PSC e in violazione delle più elementari norme di sicurezza, di una metodologia di lavorazione anomala e imprevedibile derivante da un'iniziativa autonoma e scellerata del lavoratore, rispetto alla quale anche la previsione del POS e del PSC di cautele specifiche e ulteriori rispetto a quanto già previsto, non avrebbe avuto alcuna efficacia salvifica.
9. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, 16 D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n. 199 e 11, comma 7, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
Diritto
1. Occorre, in primo luogo, individuare le violazioni accertate dai giudici di merito. Sulla base delle annotazioni degli agenti di polizia giudiziaria intervenuti nell'immediatezza del fatto con relative deposizioni testimoniali, del fascicolo fotografico del luogo dell'infortunio, dei verbali di ispezione e delle deposizioni dell'ispettore del lavoro e dell'ispettore dell'ASReM, nonché sulla base della consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero, si è accertato che la caduta del lavoratore da un'altezza di m. 6,50 è stata causata dalla rottura di un impalcato che era stato allestito per eseguire le operazioni di disarmo tra il filo del solaio e il ponteggio metallico; la rottura è stata la conseguenza dell'utilizzo di un impalcato, privo sia di parapetto di protezione sia di ancoraggio, costituito da tre pali sormontati da pannelli in cattivo stato di conservazione, destinati a essere utilizzati come cassero per la forma delle strutture in cemento armato, essendo infatti spessi cm. 2,80; la realizzazione dell'impalcato si era resa a sua volta necessaria in quanto il ponteggio, in quel punto, era distante dalla muratura due metri circa; all'inadeguatezza dell'impalcato si aggiungevano, dunque, la necessità di colmare un vuoto tra il ponteggio e la muratura superiore a cm. 20 e l'assenza di qualsivoglia precauzione funzionale a prevenire il pericolo di caduta dall'alto. Difettavano, in altre parole, tanto le misure di protezione collettiva per i lavori in quota quanto i dispositivi di protezione individuale. Anche ipotizzando che nell'evoluzione delle lavorazioni si possono determinare delle zone aperte, l'ispettore E.E. ha precisato che occorre modificare i presidi di contenimento per evitare cadute nel vuoto (pag. 30, sentenza di primo grado). Lo stato del ponteggio al momento dell'infortunio è stato descritto come realizzato a regola d'arte ma gli apprestamenti di protezione erano presenti solo in alcuni punti, mentre in altre parti mancavano ed erano presenti le assi che costituivano l'impalcato. Gli stessi lavoratori colleghi del defunto, operai della Edilizia 29 Srl, tutti presenti sul posto dalle 7:00 del mattino, erano intenti, secondo quanto si legge nella sentenza di primo grado, a pulire il materiale o a disarmare tavole e pannelli in quanto si stava disarmando il solaio. Lo stato dei luoghi al momento dell'infortunio e l'assenza di dispositivi di sicurezza individuali, così come la mancanza di prova che il lavoratore infortunato avesse seguito un apposito corso di formazione, risultano circostanze corroborate dall'esito dell'istruttoria (pag. 27 sentenza primo grado). La presenza di un ponteggio installato dalla Oro Costruzioni Srl e l'utilizzo di tale ponteggio anche per le lavorazioni subappaltate alla Edilizia 29 Srl costituiscono il presupposto sul quale si fonda la correttezza del giudizio circa la sussistenza di un rischio interferenziale, resa evidente dalla descrizione dell'ispettore E.E. (riportata alle pagg. 30-32 della sentenza di primo grado) a proposito della necessità di una progressione nell'adozione dei presidi antinfortunistici via via idonei a prevenire il rischio di caduta dall'alto in parallelo alla progressione delle lavorazioni. Nel caso concreto, creato un vuoto tra il ponteggio e la muratura non presidiato da tavola fermapiede in quanto rimossa, unitamente ai correnti, per posizionarvi l'impalcato che serviva al disarmo, si sarebbero dovuti adottare nuovi presidi, come la cintura di sicurezza.
1.1. A tal proposito, il giudice di appello, dopo aver rilevato che le evidenze oggettive del processo hanno pienamente avvalorato la prospettazione accusatoria con riguardo alle inadeguate condizioni di gestione del cantiere e personali di lavoro della vittima al momento del fatto, sottolineando l'assenza di specifiche censure sul punto degli appellanti, ha richiamato la prova delle "scellerate" condizioni del ponteggio nel punto in cui il tavolato si è rotto e dell'assenza totale di dispositivi di protezione individuale, così da ricondurre l'omesso utilizzo di dispositivi di protezione individuale all'area di rischio della quale è gestore il datore di lavoro e le condizioni del ponteggio e dell'impalcato all'area di rischio della quale sono gestori, oltre al datore di lavoro, tanto il committente quanto l'appaltatore e il coordinatore per la sicurezza ai sensi dell'art. 92, D.Lgs. n. 81 cit. con specifico riguardo al rischio interferenziale. La Corte di appello ha, in particolare, focalizzato nel passaggio tra una fase e l'altra di realizzazione dell'opera e nella realizzazione di una fase estremamente delicata e pericolosa, quale quella del disarmo che segue alle operazioni in conglomerato cementizio, il rischio derivante da lavorazioni interferenti.
1.2. L'interferenza tra le lavorazioni è stata legittimamente individuata nelle sentenze di merito, considerando che l'utilizzo del ponteggio era comune alla Oro Costruzioni Srl, che lo aveva installato, e ai lavoratori della subappaltatrice Edilizia 29 Srl e che, nella progressione delle lavorazioni, sarebbe stato necessario apportare modifiche agli strumenti di protezione collettiva, quali i correnti o le tavole fermapiede, onde consentire le operazioni di disarmo, essendo conseguentemente necessario adeguare gli strumenti di protezione dalla caduta dall'alto in parallelo alla progressione delle lavorazioni; si tratta di argomenti conformi alle disposizioni contenute nell'All. XV, richiamato dall'art. 91, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008, che descrive i "Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili" e indica al punto 2.1.2.3 lett. c) che il Piano di Sicurezza e Coordinamento deve contenere "una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi concreti, con riferimento all'area e alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze", nonché, alle lett. e) ed f), che il PSC deve contenere "le prescrizioni operative, le misure preventive e protettive e i dispositivi di protezione individuale, in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni, ai sensi dei punti 2.3.1., 2.3.2. e 2.3.3.; f) le misure di coordinamento relative all'uso comune da parte di più imprese e lavoratori autonomi, come scelta di pianificazione lavori finalizzata alla sicurezza, di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva di cui ai punti 2.3.4. e 2.3.5.".
1.3. Così delineate le violazioni antinfortunistiche accertate nei gradi di merito, si è correttamente escluso che il comportamento imprudente del lavoratore, comunque accertato e ritenuto incidente sul trattamento sanzionatorio, potesse escludere il nesso di causa tra il comportamento antidoveroso dei garanti e l'evento, essendo quest'ultimo concretizzazione del rischio innescato dalla violazione dei precetti cautelari su indicati. Come questa Sezione ha già chiarito, "perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242-01).
4. Si deve, dunque, esaminare se il ragionamento seguito dai giudici di merito a proposito della prova che il cantiere fosse in attività e che le lavorazioni della Edilizia 29 Srl non fossero sospese sia affetto dai vizi lamentati con il terzo motivo del ricorso di B.B. e con il primo motivo del ricorso di D.D.
4.1. Secondo quanto si evince dalla sentenza di primo grado, il consulente del pubblico ministero ha accertato che i sistemi collettivi e i dispositivi individuali anticaduta, sebbene formalmente contemplati nel PSC e nel POS della Edilizia 29 Srl, erano totalmente elusi nel POS datato 19 settembre 2011 dell'impresa affidataria Oro Costruzioni Srl, del tutto inadeguato rispetto ai lavori appaltati, soprattutto con riferimento alla fase lavorativa in argomento. A tale carenza faceva riscontro la violazione effettiva della relativa normativa presente nel cantiere il 26 giugno 2012. È pacifico che le lavorazioni in calcestruzzo subappaltate all'Edilizia 29 Srl erano terminate. L'ineludibile passaggio successivo, funzionale a consentire la prosecuzione delle lavorazioni della Oro Costruzioni Srl, era il disarmo delle casseforme del calcestruzzo, compito spettante agli operai della Edilizia 29 Srl e, secondo quanto accertato nel primo grado di giudizio, in questa fase la necessità di modificare il ponteggio per adattarlo alle operazioni di disarmo costituiva un passaggio di interesse per i garanti, essendo necessario approntare nuovi sistemi per evitare cadute dall'alto. Altrettanto pacifico è che il 26 giugno tutti gli operai della Edilizia 29 Srl erano in cantiere, intenti chi al disarmo e chi alla pulizia delle assi, ma senza dispositivi di protezione individuale. Gli ispettori avevano constatato che in alcune parti del cantiere c'erano i parapetti e che in altre zone di lavorazione i parapetti erano stati rimossi in quanto era "l'ultimo giorno che stavano disarmando", peraltro in linea con quanto dichiarato dall'ispettore E.E. a proposito del fatto che "il cantiere era in fase di dismissione". L'ispettore del lavoro aveva, inoltre, riferito che i piani impalcati funzionali al disarmo erano stati realizzati dalla Edilizia 29 Srl e non in via esclusiva dall'operaio deceduto, confermando che in cantiere si stava procedendo al disarmo delle armature e che l'impalcato era stato realizzato circa una settimana prima (pag. 18 sentenza di primo grado).
4.2. Da tali evidenze, i giudici di merito hanno logicamente desunto la prova che le lavorazioni nel cantiere non fossero state in alcun modo sospese, ritenendo implicitamente non verosimile quanto allegato dalle difese sia a proposito del fatto che nessuno degli operai si sarebbe dovuto trovare in cantiere prima che trascorressero 28 giorni dalla posa in opera del calcestruzzo, avvenuta il 18 giugno, sia a proposito del fatto che la realizzazione dell'impalcato fosse frutto di una estemporanea iniziativa, imprevedibile, del lavoratore infortunato.
4.3. Coerentemente, è stato ritenuto non provato che il coordinatore per la sicurezza D.D. si fosse recato in cantiere il 20 giugno 2012, pur sapendo che era chiuso, al fine di accertare che non vi fossero lavorazioni in corso, osservando la Corte di appello come la documentazione fotografica allegata a sostegno di tale assunto fosse riproduttiva della costruzione ripresa da una certa distanza e ingrandita senza elemento alcuno che ne potesse attestare l'epoca (pag. 29 sentenza di appello). Anzi, il giudice di appello ha desunto, con argomentazione non manifestamente illogica, che l'ordine di missione datato 19 giugno 2012 inviato dal geom. D.D. al committente costituiva, al pari degli altri 14 ordini di missione prodotti in giudizio, del tutto analoghi, la prova che il cantiere alla data dell'infortunio fosse in piena operatività e che il 20 giugno 2012 fosse in corso proprio l'attività di allestimento delle opere provvisionali per il disarmo.
4.4. Le allegazioni difensive circa il vizio motivazionale fondato sull'omessa considerazione di prove idonee a dimostrare il contrario, non evidenziano alcun travisamento della prova e rappresentano, in sostanza, un'istanza di rilettura del compendio istruttorio, non consentita in sede di legittimità. A tale proposito, rileva l'insieme di elementi valorizzati dai giudici di merito, i quali hanno peraltro evidenziato l'assenza di prove documentali che attestassero che il cantiere avrebbe dovuto rimanere chiuso dal 18 giugno 2012 fino alla scadenza dei 28 giorni di maturazione del cemento armato, essendo per converso provato che i lavori erano in corso al momento dell'infortunio.
4.5. Il Collegio non può che constatare che le ragioni del convincimento del giudice di merito sono fondate su evidenze non travisate, sono logicamente argomentate e non sono tra loro contraddittorie, desumendone l'infondatezza dei motivi di ricorso in esame.
5. Tanto premesso, deve, conseguentemente, ritenersi infondato anche il ricorso di A.A. (Omissis), che ignora il principio normativo secondo il quale, ai sensi dell'art. 41, comma 1, cod. pen. il concorso della condotta colposa del lavoratore non esclude, in base al principio normativo del concorso di cause, il rapporto di causalità tra l'azione o l'omissione del datore di lavoro e l'evento e il, correlato, principio giurisprudenziale secondo il quale in tema di infortuni sul lavoro, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per i soggetti aventi l'obbligo di garantire la sicurezza che si siano resi responsabili di violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica tese a prevenire il rischio poi concretizzatosi (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, cit.; Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321-01; Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007, Masi, Rv. 236109-01).
6. Il primo e il secondo motivo di B.B., sono infondati.
Si tratta di censure che sono incentrate su argomenti non coerenti con l'impianto argomentativo della sentenza impugnata. In primo luogo, con riferimento all'omessa valutazione della manomissione del ponteggio, la sentenza ha, al contrario, chiaramente dato per presupposta l'improvvida manomissione del ponteggio nel giudizio inerente alla natura interferenziale del rischio derivante dalle modifiche resesi necessarie per eseguire le operazioni di disarmo.
6.1. Con riguardo all'asserita estraneità del comportamento dei dipendenti del subappaltatore al debito di sicurezza gravante sul titolare dell'impresa affidataria, le censure non si confrontano con le argomentazioni svolte a pag. 28 della sentenza di appello, in cui, in relazione alla natura interferenziale del rischio, si è sottolineato come il B.B. sia stato ritenuto responsabile tanto nella veste di sub-committente, tenuto a cooperare con la sub-appaltatrice nell'approntamento delle opere di protezione collettiva dei lavoratori nel momento di passaggio da una fase all'altra delle lavorazioni ai sensi del combinato disposto degli artt. 97 e 26, comma 2, D.Lgs. n. 81 cit., quanto nella veste di direttore tecnico di cantiere.
6.2. Con specifico riguardo alla figura del direttore tecnico di cantiere, da inquadrare nel modello legale del dirigente (Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007, Marchesini Rv. 237879-01), la legge 5 novembre 1971, n. 1086 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica) prevede che le opere in cemento armato debbano essere svolte sotto "la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze", al quale compete la vigilanza sul rispetto delle norme tecniche; inoltre l'art. 6 del decreto 19 aprile 2000, n. 145 del Ministero dei Lavori Pubblici prevede che "l'appaltatore, tramite il direttore di cantiere, assicura l'organizzazione, la gestione tecnica e la conduzione del cantiere". In relazione a tale ruolo, il giudice di appello ha ritenuto che rientrasse nell'area di rischio della quale il B.B. era gestore la vigilanza sui lavoratori presenti in cantiere nel corso di una fase delicata e pericolosa quale quella del disarmo, e lo ha considerato responsabile per aver omesso di verificare sul campo il rispetto della normativa antinfortunistica. La difesa ha omesso, peraltro, di confrontarsi con il complessivo contesto delle omissioni colpose ascritte al ricorrente B.B. nei diversi ruoli di datore di lavoro dell'impresa affidataria e di direttore tecnico di cantiere, risultando la censura per tale profilo aspecifica. È infatti inammissibile la censura che si concentri su un profilo di colpa, in ipotesi di condanna per mancato rispetto di talune norme cautelari, laddove la sussistenza di plurimi profili di colpa, non specificamente contestati, non consentirebbe di pervenire a diverso esito del giudizio.
6.3. Anche la censura inerente al comportamento abnorme del lavoratore risulta infondata alla luce della corrispondenza del rischio concretizzatosi alla violazione della normativa antinfortunistica ascrivibile al B.B., dunque all'area di rischio della quale egli era gestore.
7. Il secondo e il terzo motivo del ricorso di D.D. sono infondati.
L'accertata natura interferenziale del rischio e l'inerenza delle lavorazioni alle mansioni alle quali il lavoratore era adibito escludono la fondatezza delle doglianze difensive.
7.1. È pacifico che l'opera provvisionale sia stata realizzata dalla Edilizia 29 Srl allo specifico scopo di effettuare il disarmo del sottotetto. L'Ispettore del lavoro F.F. (pag. 33 sentenza di primo grado) ha confermato che il piano impalcato non fosse a norma, e il consulente tecnico ing. G.G. ha precisato che l'inadeguatezza dell'impalcato era accentuata dal tipo di lavorazione di disarmo di casseri delle travi di bordo che il carpentiere stava facendo, trattandosi di lavorazioni comportanti un carico impulsivo sulle travi pari al doppio di un carico statico; il medesimo consulente tecnico ha confermato di aver trovato il ponteggio manomesso in quota con due correnti, ossia le barre metalliche superiore e mediana, rimossi. Il giudice ha sottolineato come il lavoratore stesse svolgendo un'attività ordinaria di disarmo del sottotetto in assenza di presìdi di protezione collettiva e individuale idonei a evitare la caduta dall'alto.
7.2. Con peculiare riguardo alla caduta dall'alto, la giurisprudenza di questa Corte è stata sempre incline a riconoscere che tale rischio rientri nell'area di governo del coordinatore, il quale, come detto in precedenza, deve verificare la conformità delle caratteristiche strutturali di base delle lavorazioni alle norme prevenzionistiche (Sez. 4, n. 43466 del 30/09/2014, Turroni, non mass., che ha escluso che potesse andare esente da responsabilità il coordinatore per l'esecuzione dei lavori che aveva omesso di attivarsi per prevenire il rischio, definito non specifico, di caduta dall'alto di un operaio issatosi su un ponteggio privo di parapetti; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 247536-01).
7.3. La gestione del rischio inerente all'interferenza tra le lavorazioni è demandata anche al coordinatore per l'esecuzione dei lavori nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche ove tale presenza non sia contemporanea. Tale figura di garante è prescritta dall'art. 90, comma 4, D.Lgs. n. 81 cit. in adempimento dell'obbligo di nomina previsto dalla medesima disposizione a carico del committente. Con riguardo ai rischi in relazione ai quali l'All. XV prevede l'opera di coordinamento tra imprese, la normativa evidenzia, in primo luogo, che i rischi inerenti all'area e all'organizzazione del cantiere sono altro rispetto al rischio interferenziale e, in secondo luogo, che di rischio interferenziale si possa parlare se e in quanto vi siano interferenze tra le lavorazioni.
7.4. In relazione al rischio determinatosi nel caso in esame si è ritenuta la posizione di garante del legale rappresentante dell'impresa affidataria, nonché direttore tecnico di cantiere, considerando che l'ambiente di lavoro era rimasto nella sua disponibilità e che fosse dunque sorto un obbligo di cooperazione nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi all'attività appaltata, così presupponendo la necessaria figura del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione D.D., al fine di gestire il rischio interferenziale connesso all'applicazione da parte delle imprese esecutrici dei lavori delle disposizioni loro pertinenti contenute nel PSC, con il compito di segnalare al committente e al responsabile dei lavori l'inosservanza delle disposizioni cautelari e delle prescrizioni del PSC, proponendo la sospensione dei lavori in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato.
7.5. I compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all'entrata in vigore del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) - nell'ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili - a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento implicanti particolari competenze tecniche, altrimenti su di lui ricadenti. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco di obblighi, originariamente contenuto nell'art. 5 D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, attualmente trasfuso nell'art. 92 D.Lgs. n. 81/2008, a mente del quale il coordinatore per l'esecuzione È tenuto a svolgere: a) il controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) la verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e l'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) l'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS" (Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi, Rv.257167-01; Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Gandolla, Rv. 256637-01). Sebbene l'alta vigilanza non imponga una presenza quotidiana del coordinatore in cantiere né il potere-dovere di immediato intervento, in quanto tali obblighi riguardano altre figure professionali come i preposti e i dirigenti, è comunque richiesto che tale vigilanza sia effettiva. Il compito di alta vigilanza deve esplicarsi attraverso manifestazioni tangibili di coordinamento, di informazione e di verifica, sia pure su un piano diverso rispetto a quello proprio del preposto o dirigente, figure "prossime al posto di lavoro" (Sez. 4, n. 37597 del 5/5/2015, Giambertone, non mass.). Il coordinatore non può esimersi, in altre parole, dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto.
7.6. Partendo dal presupposto che sia rimasto indimostrato che le lavorazioni fossero sospese, i giudici di merito hanno, pertanto, legittimamente ritenuto che fosse addebitabile al D.D. l'omesso riscontro della cattiva esecuzione delle opere provvisionali per il disarmo e l'omessa correttiva adozione delle prescritte cautele o, in caso di inascoltato interpello dei datori di lavoro, la sospensione dei lavori per contrastare una situazione di pericolo grave e imminente a fronte dell'omessa adozione di idonei dispositivi di prevenzione del rischio di caduta dall'alto nella delicata fase di passaggio da una lavorazione all'altra; ciò in linea con il principio giurisprudenziale secondo il quale "la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha ad oggetto il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative e alla convergenza in esso di più imprese (Sez. 4, n. 14179 del 10/12/2020, dep. 2021, Costantino, Rv. 281014-01; Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti, Rv. 269046-01).
8. Il ricorso di C.C. è fondato.
Le sentenze hanno basato il giudizio di responsabilità del committente di lavori edili sulla natura interferenziale del rischio al quale si è trovato esposto il lavoratore senza, tuttavia, considerare che l'art. 97, laddove richiama l'art. 26 D.Lgs. n. 81 cit. si rivolge al committente che sia anche il datore di lavoro e abbia affidato lavori, servizi e forniture a un'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della sua azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo. La disposizione dettata per il governo del rischio interferenziale va, dunque, coordinata con l'art. 97, comma 1, D.Lgs. n. 81 cit., che pone in capo al datore di lavoro dell'impresa affidataria il dovere di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati.
A pag. 35 della sentenza di primo grado risulta indicato che il contratto di subappalto non recava la voce specifica relativa alla sicurezza in violazione dell'art. 26, comma 5, D.Lgs. n. 81 cit., che riguarda disposizioni che devono essere necessariamente contemplate nel contratto di subappalto, indicandosi l'onere di controllo circa tale adempimento anche a carico della società committente, senza considerare che il ruolo del datore di lavoro committente al quale si applica la disposizione invocata è rivestito, nel caso concreto, dalla Oro Costruzioni Srl, ossia dall'impresa affidataria, in virtù del disposto dell'art. 97, comma 1, cit.
Per altro verso, a pag. 40 la posizione di C.C. è stata perfettamente sovrapposta a quella del coordinatore per la sicurezza, in quanto tale garante si pone a fianco del committente, e si è considerato egli stesso tenuto a compiti di generale, alta vigilanza ai sensi dell'art. 92 D.Lgs. n. 81 cit., inferendo dalla gestione del rischio interferenziale demandata al coordinatore la sfera di competenza del committente.
8.1. Va, tuttavia, osservato che gli adempimenti che la legge pone a carico del committente che non sia anche datore di lavoro non possono essere desunti dall'art. 26 cit., richiamato dall'art. 97 D.Lgs. cit. con riguardo all'impresa affidataria, ma sono elencati negli artt. 90 e 93 D.Lgs. n. 81 cit. L'art. 90 prevede la designazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, la comunicazione alle imprese affidatarie, alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi del nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, la possibile sostituzione dei coordinatori designati, la verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi con le modalità di cui all'All. XVII, la richiesta, nei cantieri di entità presunta inferiore a 200 uomini-giorno, del DURC e dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato, la verifica del possesso della patente di cui all'art. 27 nei confronti delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi, anche nei casi di subappalto, ovvero dell'attestazione di qualificazione SOA, la trasmissione del DURC e di una dichiarazione attestante l'avvenuta verifica della ulteriore documentazione all'amministrazione concedente; l'art. 93 prevede che il committente verifichi l'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, e 92, comma 1, lett. a), b), c) d) ed e) da parte dei coordinatori.
8.2. La Corte territoriale ha affermato che, in violazione dell'art. 93, D.Lgs. n. 81 cit., il C.C. si è limitato a inviare al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione una comunicazione in data 19 settembre 2011 con cui lo invitava a verificare il rispetto delle prescrizioni riportate nel PSC e nel POS, eventualmente integrandoli, e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, e lo ha ritenuto responsabile di aver omesso, anche dopo l'autorizzazione rilasciata alla Oro Costruzioni Srl a concludere il subappalto delle opere in cemento armato, i compiti di alta vigilanza e verifica degli adempimenti conferiti al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori.
È vero che, a norma dell'art. 93, comma 2, la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, e 92, comma 1, lett. a), b), c) d) ed e); ma i giudici di merito non hanno indicato quale verifica sia stata, nel caso concreto, omessa. Tale disposizione non può, in altre parole, essere interpretata nel senso che l'area di rischio della quale il committente è gestore coincide con quella dei coordinatori, a meno che questi ultimi non siano stati nominati (art. 90, comma 6, D.Lgs. n. 81 cit.).
8.3. In dettaglio, l'art. 91, comma 1, concerne la redazione del PSC e la predisposizione di un fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, mentre l'art. 92, comma 1 lett. a), b), c), d) ed e), contempla i compiti propri del coordinatore per l'esecuzione rispetto ai quali il committente esercita i compiti di verifica; tra i compiti del coordinatore, inoltre, merita attenzione il compito di segnalare al committente le inosservanze alle disposizioni cautelari e alle prescrizioni del PSC dal quale si desume che, con riguardo alle predette inosservanze, non si possa addebitare al committente alcuna culpa in vigilando ove non vi sia la prova che tale obbligo informativo è stato adempiuto.
8.4. Sebbene, come indicato dal giudice di primo grado, la posizione di garanzia del committente C.C. sia stata già riconosciuta dalla Corte di legittimità con la sentenza rescindente n. 19208/2016, tanto non era sufficiente ad affermarne la responsabilità.
Nel caso concreto, in replica al motivo di appello con il quale la difesa allegava l'esaustivo assolvimento dei compiti di vigilanza gravanti sul committente, al quale il coordinatore ha inviato oltre 14 ordini di missione corrispondenti ai suoi accessi in cantiere, la sentenza impugnata è priva di motivazione; il provvedimento impugnato fa generico riferimento all'omesso assolvimento del compito di alta vigilanza spettante al committente senza, tuttavia, esplicitare da quali prove sia stata desunta la responsabilità del committente per culpa in vigilando; il richiamo ad alcune inadempienze sul piano formale, quali la verifica della validità temporanea del DURC dell'impresa affidataria è, d'altro canto, privo di adeguata correlazione con il rischio concretizzatosi.
9. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di C.C. con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Appello di Salerno.
I ricorsi di A.A., B.B. e D.D. devono, invece, essere rigettati. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.C. con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Salerno.
Rigetta i ricorsi di A.A., B.B. e D.D. e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025.
Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2025.