Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 marzo 2025, n. 7827 - Licenziamento disciplinare e contrattazione collettiva





REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAGETTA Antonella - Presidente

Dott. PONTERIO Carla - Rel. Consigliera

Dott. PANARIELLO Francescopaolo - Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo - Consigliere

Dott. MICHELINI Gualtiero - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA



sul ricorso 18970-2023 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato presso l'indirizzo PEC dell'avvocato ANTONIO LACERENZA, che lo rappresenta e difende;

ricorrente principale

contro

FPT INDUSTRIAL Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TANARO 10, presso lo studio dell'avvocato ROSARIO SICILIANO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANNALISA NICOLI, ROBERTO RETUS;

controricorrente - ricorrente incidentale;

avverso la sentenza n. 1521/2023 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 26/07/2023 R.G.N. 11/2023;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dalla Consigliera CARLA PONTERIO.

 

Fatto


Rilevato che

1. La Corte d'Appello di Bari ha accolto in parte il reclamo di A.A. e, in riforma della sentenza di primo grado (che, al pari dell'ordinanza emessa all'esito della fase sommaria aveva respinto l'impugnativa del licenziamento), ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento (23.3.2021) e condannato la FTP Industrial Spa al pagamento di un'indennità risarcitoria determinata in 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell'art. 18, comma 5, della legge 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012.

2. La Corte territoriale ha premesso che al dipendente era stata mossa la seguente contestazione: "In data domenica 7 marzo 2021, lei in regime di straordinario con permesso dalle (6.00 - 13.00) usciva alle 12:00. Alle 12:05 circa un addetto alla sorveglianza dello stabilimento, impegnato in un giro di controllo lungo il perimetro interno del Plant, giunto presso l'area Cedas (centro sportivo aziendale) notava oltre la recinzione una persona che, accovacciata sul terreno di margine di proprietà dell'azienda, raccoglieva delle buste nascoste tra la vegetazione ed appoggiate alla stessa recinzione perimetrale. Avvicinatosi ulteriormente alla recinzione per verificare quanto stesse accadendo, l'addetto alla sorveglianza la riconosceva e, dopo averla chiamata per nome, le chiedeva cosa stesse facendo senza tuttavia ottenere alcuna risposta. Infatti, lei, abbandonate frettolosamente le buste, raggiungeva la sua auto che era accostata e ferma sul ciglio della strada ad una distanza di 5 m. dalla recinzione, in un'area dove non è consentito il parcheggio e dove non c'erano altre auto, e si allontanava. Da successive verifiche emergeva che le due buste contenevano 44 elettroiniettori Bosch disegno (Omissis), tutti di proprietà di FPT INDUSTRIAL, in quanto componenti integranti dei motori prodotti nello stabilimento di Foggia, aventi ciascuno sul mercato al dettaglio un valore minimo non inferiore a 560 Euro circa e complessivamente un valore non inferiore a 24.640 Euro circa. Il comportamento sopra descritto costituisce una grave violazione delle norme disciplinari e di corretta condotta in azienda".

3. I giudici d'appello hanno preliminarmente rilevato un vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, che aveva erroneamente considerato quale fatto disciplinare addebitato al dipendente il furto di beni aziendali là dove la società aveva contestato al lavoratore soltanto di essersi allontanato senza aver dato alcuna spiegazione alle guardie giurate, assumendo un atteggiamento poco trasparente e poco collaborativo verso la parte datoriale. Hanno ritenuto che vi fosse prova della sussistenza della condotta contestata, anche alla luce delle plurime contraddizioni in cui era incorso il lavoratore. Hanno valutato il licenziamento per giusta causa quale misura non proporzionata alla condotta tenuta dal lavoratore, dichiarato quindi l'illegittimità dello stesso e applicato la tutela prevista dall'articolo 18, comma 5, cit.

4. Avverso tale sentenza A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La FTP Industrial Spa ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con tre motivi. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

5. Il Collegio si è riservato di depositare l'ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022.
 

Diritto


Considerato che:

Ricorso principale di A.A.

6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3e n. 5 c.p.c., violazione o falsa applicazione della normativa contrattuale applicata al rapporto di lavoro di cui al C.C.S.L. 2019-2022 per le aziende appartenenti ai gruppi FCA, CHN Industrial e Ferrari, in particolare dell'articolo 23, titolo V, del contratto collettivo, degli articoli 1362 e seguenti c.c. nonché dell'articolo 111 Cost. e dell'art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c.

7. Il ricorrente censura la contestazione disciplinare perché non specifica in quanto non chiarisce le responsabilità e le condotte tenute dal lavoratore "in azienda", visto che questi, quando fu notato dalla guardia giurata, era ormai fuori dall'orario di lavoro e fuori dalla fabbrica; contesta inoltre la contraddittorietà e la valenza confessoria delle dichiarazioni rese dal dipendente in sede di interrogatorio libero. Denuncia la violazione delle regole ermeneutiche e delle norme contrattuali per non avere la Corte in alcun modo motivato sulla non sussumibilità del fatto contestato nelle fattispecie punite con sanzione conservativa e, in particolare, per non avere ricondotto l'addebito alla previsione dell'articolo 23, lettera o), titolo V del contratto collettivo applicato, che punisce con l'ammonizione scritta, la multa o la sospensione (queste ultime in caso di infrazioni di maggiore rilievo) il lavoratore che "in altro modo trasgredisca l'osservanza del presente contratto collettivo o commetta qualsiasi mancanza che porti pregiudizio alla disciplina, alla morale, all'igiene e alla sicurezza dello stabilimento/sede di lavoro e dei lavoratori a esso/a addetti". Si sostiene che la elasticità della clausola di chiusura di cui al citato articolo 23 porti a ritenere contemplata anche l'ipotesi in cui un lavoratore ometta di fornire spiegazioni al personale addetto alla sorveglianza, allontanandosi senza nulla proferire, essendo tale condotta censurabile come pregiudizio alla disciplina o, comunque, alla morale dello stabilimento e degli altri lavoratori ivi addetti, nel caso di specie dei sorveglianti stessi, anche in relazione al disposto dell'art. 19 del contratto collettivo sui "Rapporti in azienda".

8. Con il secondo motivo si reiterano le medesime censure sub specie di violazione o falsa applicazione dell'art. 18, commi 4 e 5, L. 300 del 1970, come modificato dalla L. 92 del 2012, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

Ricorso incidentale della FPT INDUSTRIAL Spa

9. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la Corte giudicato non proporzionata la massima sanzione espulsiva senza svolgere alcuna motivazione sul punto.

10. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la Corte d'Appello omesso di pronunciarsi sulla domanda, formulata dalla società sin dal ricorso in opposizione, di conversione del licenziamento per giusta causa in giustificato motivo soggettivo.

11. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'articolo 24, lettera A, titolo IV, del CCSL, dell'art. 3, L. 604 del 1966 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., per non avere la Corte valutato l'addebito come idoneo ad integrare una ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, dato il comportamento inqualificabile del lavoratore che, colto in atteggiamenti a dir poco ambigui nelle vicinanze della recinzione aziendale, si è dato alla fuga e successivamente, a fronte della contestazione disciplinare, si è difeso dando versioni non veritiere, contraddittorie e incoerenti. Tale condotta non può che integrare un notevole inadempimento di cui all'articolo 3 cit. e di cui all'articolo 24, lettera A, titolo IV del contratto collettivo, secondo cui incorre nel provvedimento di licenziamento con preavviso il lavoratore "che commetta infrazioni alla disciplina e alla diligenza del lavoro che pur essendo di maggior rilievo rispetto a quelle contemplate nell'art piccolo 23" non siano così gravi da rendere applicabile la sanzione di cui alla lettera B, ovvero il licenziamento per giusta causa.

12. I motivi di ricorso incidentale, il cui esame è logicamente prioritario, sono infondati.

13. Il primo motivo di ricorso è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014), premessa la riduzione al cd. minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, quale effetto della riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.., hanno considerato denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione". Si è ulteriormente precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr. Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 12351 del 2017). Tali difetti non sono in alcun modo rinvenibili nella decisione impugnata che ha logicamente ancorato la valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva al ridimensionamento del fatto contestato e addebitato al lavoratore e consistente non nel furto di beni aziendali bensì nell'essersi il predetto "allontanato senza aver dato alcuna spiegazione a domanda delle guardie giurate, assumendo un atteggiamento poco collaborativo" (sentenza, p. 13).

14. Parimenti infondati sono il secondo e il terzo motivo.

15. Deve premettersi che è certamente ammissibile, anche in sede d'impugnazione, la conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, in quanto dette causali del recesso datoriale costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l'uno con effetto immediato e l'altro con preavviso. Il giudice quindi, ove pure manchi una esplicita domanda di parte e senza incorrere in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., può valutare un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo qualora - fermo restando il principio dell'immutabilità della contestazione, e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto - attribuisca al fatto addebitato al lavoratore la minore gravità propria di quest'ultimo tipo di licenziamento (Cass. n. 12884 del 2014)

16. Costituisce indirizzo altrettanto unanime quello per cui, in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all'illecito commesso - rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento addebitato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l'inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 cod. civ., sicché l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (tra le tante Cass. n. 6848 del 2010).

17. Nel caso in esame, a fronte della domanda della società di qualificare il licenziamento, in subordine, come intimato per giustificato motivo soggettivo, la Corte d'Appello non ha adottato alcuna espressa statuizione. Tuttavia, posto che anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è configurabile in presenza di un "notevole inadempimento" degli obblighi contrattuali, la valutazione dei giudici di appello sulla mancanza di particolare gravità della condotta contestata al lavoratore contiene un rigetto implicito della possibilità di ravvisare anche un giustificato motivo soggettivo di recesso.

18. I motivi di ricorso principale, che si esaminano congiuntamente per connessione logica, sono fondati e devono trovare accoglimento.

19. Con riferimento alle disposizioni disciplinari della contrattazione collettiva, questa Corte ha, anche recentemente, ribadito (v. Cass. n. 11665 del 2022, par. 18.3) che il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento disciplinare quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal c.c.n.l. in relazione ad una determinata infrazione (cfr. Cass. n. 32500 del 2018, che richiama Cass. n. 6165 del 2016 e n. 19053 del 2005). Ed infatti condotte che pur astrattamente ed eventualmente sarebbero suscettibili di integrare una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo di recesso ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l'autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse sanzioni meramente conservative (v. Cass. 9223 del 2015, n. 13353 del 2011, n. 1173 del 1996, n. 19053 del 1995). D'altronde, le norme sul concetto di giusta causa o giustificato motivo soggettivo e sulla proporzionalità della sanzione sono pur sempre derogabili in melius ed il potere del giudice di valutare la legittimità del licenziamento disciplinare, quanto alla proporzionalità della sanzione, anche attraverso le previsioni contenute nei contratti collettivi, trova un fondamento normativo nella legge n. 183 del 2010, il cui art. 30, comma 3, ha previsto che "nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni". La sentenza n. 11665 del 2022 ha ulteriormente chiarito che la sussunzione della condotta addebitata al lavoratore, e giudizialmente accertata, nella previsione contrattuale che, attraverso l'uso di clausole generali, punisce l'illecito con sanzione conservativa, resta confinata nel giudizio di proporzionalità già eseguito dalle parti sociali attraverso le previsioni del contratto collettivo.

20. La Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 128 del 2024 intervenuta sulla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 23 del 2015, ha rimarcato che "la previsione a opera della contrattazione collettiva di sanzioni solo conservative implica la preclusione della sanzione espulsiva, qual è il licenziamento" ed ha evidenziato la contrarietà all'art. 39 Cost. di una legge che "si sovrapponesse (alla) valutazione circa la sproporzione del licenziamento" come effettuata dalle parti sociali perché "comprimerebbe ingiustificatamente l'autonomia collettiva" e il ruolo essenziale alla stessa riconosciuta nella disciplina del rapporto di lavoro.

21. Da tali premesse discende che la scala valoriale concordata dalle parti sociali e, per quanto ora rileva, nella parte in cui descrive condotte suscettibili di sanzione conservativa, costituisce un indispensabile testo che il giudice deve interpretare ed analizzare sul serio, in modo dettagliato e approfondito, allo scopo di ricostruire la graduazione operata dall'autonomia collettiva nel campo degli illeciti disciplinari dei lavoratori, cui corrisponde il potere sanzionatorio attribuito al datore di lavoro. Dell'analisi svolta e della graduazione ricostruita il giudice deve dare puntuale motivazione, al fine di consentire la verifica del rispetto del contratto collettivo, espressione della autonomia collettiva costituzionalmente tutelata.

22. Nel caso in esame, la Corte d'Appello, una volta esclusa la proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla concreta gravità della condotta, esauritasi in un "comportamento poco collaborativo e poco trasparente", senza altra specificazione, neppure in termini di conseguenze dannose per la società, ha del tutto omesso di esaminare le previsioni contrattuali sulle fattispecie punite con sanzioni conservative e di esplicitare le ragioni per cui la condotta contestata al dipendente non fosse riconducibile alle previsioni contrattuali volte, proprio attraverso l'impiego di formule generali ed elastiche, ad includere condotte costruite attorno alla violazione di generiche e residuali previsioni comportamentali, come l'offesa alla disciplina, alla morale, alla sicurezza dello stabilimento o della sede di lavoro.

23. Per tali ragioni, il ricorso principale deve essere accolto e, rigettato il ricorso incidentale, deve cassarsi la sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d'Appello che, in diversa composizione, provvederà ad un nuovo esame della fattispecie alla luce di principi richiamati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

24. Il rigetto del ricorso incidentale costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.

Così deciso nell'adunanza camerale del 29 gennaio 2025.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2025.