Cassazione Penale, Sez. 4, 28 marzo 2025, n. 12239 - Operaio privo di formazione perde una gamba mentre manovra un escavatore su un terreno scivoloso. Distacco
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. CENCI Daniele - Relatore
Dott. MARI Attilio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a A il (Omissis)
avverso la sentenza del 30/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;
sulle conclusioni del Pubblico Ministero
FattoDiritto
1.La Corte di appello di Ancona il 30 aprile 2024, in parziale riforma della sentenza, appellata dall'imputato, con cui il Tribunale di Ascoli Piceno il 7 marzo 2022, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto A.A. responsabile del reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena ritenuta di giustizia, ha riconosciuto i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione; con conferma nel resto.
2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai giudici di merito.
2.1. Il 21 ottobre 2014 si è verificato un grave infortunio sul lavoro: mentre l'operaio B.B. era intento alla guida di un escavatore con benna nei lavori di sistemazione del greto di un torrente su terreno scivoloso e in discesa, il mezzo si è ribaltato e il conducente, non assicurato con la cintura di sicurezza, è stato sbalzato fuori ed è stato travolto dal mezzo, che gli ha amputato la gamba.
2.2. Si è ritenuto responsabile dell'infortunio l'imputato, che aveva assunto contrattualmente, il 1 luglio 2014 l'incarico di responsabile della sicurezza nel cantiere e di direttore operativo a far data dal 9 luglio 2014 e per tutta la durata dei lavori in questione, che era sempre presente in cantiere, che impartiva direttive agli operai e che aveva ordinato a B.B., sebbene operaio privo di formazione specifica, di mettersi alla guida dell'escavatore in una situazione di obiettivo pericolo, su terreno scivoloso e in discesa e/per di più, in assenza di segnalazioni di pericolo del bordo del precipizio.
3. Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo lamenta la intervenuta prescrizione del reato, maturata il 14 agosto 2024.
3.2. Con il secondo motivo censura promiscuamente violazione di legge (artt. 192 cod. proc. pen., Ili Cost. e 6, par. 1, Cedu) e difetto di motivazione, avuto riguardo alla erronea qualificazione, sia nel capo di accusa che in sentenza, con particolare riferimento alla p. 4, righe 5 e ss., della ditta "Area Delta" come ditta esecutrice dei lavori, mentre dal contratto in atti del 1 luglio 2014 tra la Srl "PRO.GE.CO." e la Soc. coop. "Area Delta" risulta essere stato stipulato un contratto di fornitura da parte della seconda alla prima di mezzi meccanici senza operatore ossia con nolo, in gergo, "a freddo"; inoltre, dalla comunicazione "Unilav" del 28 agosto 2014 relativa al lavoratore B.B., poi infortunatosi, risulta il distacco dello stesso dalla "Area Delta" alla Srl "PRO.GE.CO" sino al 31 ottobre 2014, con conseguente assunzione in capo a quest'ultima di tutti gli obblighi di sicurezza; ne discenderebbe che l'imputato A.A., titolare e legale rappresentante della Srl "Area Delta", non avrebbe alcun ruolo nei lavori svolti dalla "PRO.GE.CO." e, conseguentemente, nessuna responsabilità per l'infortunio occorso il 21 ottobre 2014, quando cioè B.B. temporaneamente lavorava per conto della Srl "PRO.GE.CO".
Si rammenta che, in caso di "distacco", formula organizzativa lecita, ai sensi dell'art. 3, comma 6, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del "distaccatario", cioè nel caso di specie del coimputato C.C., che doveva ottemperare a tutti gli obblighi in materia di sicurezza, come emergerebbe anche dalle circolari n. 3 del 2004 e n. 58 del 1994 del Ministero del lavoro, e che è stato, però, "inverosimilmente" (così nel ricorso, p. 7) assolto, con condanna ingiusta dell'odierno ricorrente, che invece sarebbe dovuto uscire assolto, per emersa estraneità ai fatti.
3.3. Con il terzo motivo A.A. si duole di ulteriore violazione di legge (artt. 192 cod. proc. pen., Ili Cost. e 6, par. 1, Cedu) e, nel contempo, di vizio di motivazione, che sarebbe illogica, con particolare riferimento a quanto si legge alla p. 6 della sentenza impugnata, righe 3 e ss., avuto riguardo al difetto assoluto di materialità del fatto, poiché l'unica causa dell'infortunio sarebbe da individuare nella abnormità della condotta dell'infortunato, che avrebbe "agito con improvvida disinvoltura e senza avere ricevuto alcuna specifica direttiva in tal senso" (così alla p. 9 del ricorso). Infatti, ad avviso del ricorrente, il soggetto tenuto alla conduzione dell'escavatore era M.S., che aveva una specifica qualifica in tal senso, mentre l'operaio agricolo generico B.B. era unicamente preposto alla realizzazione della palificata in legno di castagno e ciononostante saliva su di mezzo di cui ignorava il funzionamento, non allacciava la cintura di sicurezza e lo avviava con la benna rivolta verso il basso. Né si comprende quale interesse avrebbe mai potuto avere un imprenditore "strutturato" come A.A. a lasciare un mezzo del valore di 30.000,00 Euro nella mani di un operaio incapace di guidarlo.
Richiamata la nozione di abnormità secondo la giurisprudenza di legittimità e la dottrina, si sottolinea la imprevedibilità per l'imputato di quanto accaduto.
3.4. Infine, con l'ultimo motivo il ricorrente denunzia ulteriore violazione di legge (artt. 192 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6, par. 1, Cedu) e difetto di motivazione, che sarebbe illogica con riferimento alla contestazione della mancata osservanza delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, specialmente quanto alla perimetrazione dell'area prospicente lo scavo (p. 8, righe 4 e ss. della sentenza), ove il terreno è scosceso.
Seppure, infatti, in linea puramente astratta potrebbe convenirsi con l'affermazione dei giudici di merito, cionondimeno occorre tenere conto che il lavoro che si stava eseguendo non era di "scavo" ma di "reinterramento" e che, quindi, l'escavatore doveva per necessità essere proteso verso il piede della scarpata: in conseguenza, "... per paradosso, pretendere di delimitare la zona in parola sarebbe stato come chiedere ad uno scalatore... di non sporgersi! Valga però il vero: l'operatore - che peraltro non avrebbe dovuto essere il B.B. -si muoveva nella direzione di eseguire un riporto di terra in area scoscesa: se avesse avuto innanzi a sé una zona perimetrata come avrebbe fatto a lavorare?... Ma, pur volendo opinare alla maniera - assiomatica - del giudicante: un operaio, inspiegabilmente e senza il minimo criterio, sale su un mezzo meccanico che non è in grado di condurre, che non avrebbe dovuto condurre e dal quale avrebbe dovuto solo tenersene lontano; lo attiva mettendolo in moto e con la benna abbassata (sic), senza le cinture di sicurezza e senza la capacità di seguire manovra; orbene, davvero si vuol credere che l'apposizione di una fascia... avrebbe potuto contenerlo nel suo agire dissennato?" (così alle pp. 14-15 del ricorso). Donde, ad avviso del ricorrente, la violazione dell'archetipo del ragionamento probatorio delineato dagli artt. 192 e 546 cod. proc. pen. e l'assenza nel caso di specie di quell'alto alto grado di credibilità razionale e di certezza processuale per poter ritenere la responsabilità penale dell'imputato, come affermato nella nota sentenza delle Sezioni Unite, n. 30328 del 10/07/2002, ric. Franzese.
4. Il P.G.. nella requisitoria scritta del 29 ottobre 2024 ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
5. Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il 14 agosto 2024 il relativo termine massimo di prescrizione (fatto: 21 ottobre 2014 + sette anni e sei mesi = 21 aprile 2022 + i periodi di sospensione come analiticamente indicati alla p. 2 della sentenza impugnata = 14 agosto 2024).
Il ricorso in esame, infatti, non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione, con particolare riferimento al tema dell'approfondimento degli ambiti di responsabilità in caso di distacco di personale presso altra azienda (secondo motivo di impugnazione).
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare la causa di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. che, tenuto conto della suindicata sospensione, è maturata (il 14 agosto 2024) successivamente rispetto all'adozione della sentenza impugnata (emessa il 30 aprile 2024).
Risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è ben noto che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità, addirittura pur se di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511) e non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in presenza, come nel caso di specie, di una causa di estinzione del reato, quale la prescrizione (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen. non emergendo, all'evidenza circostanze tali da imporre, quale mera "constatazione" cioè presa d'atto, la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274) Ascende, di necessità, la pronunzia in dispositivo.
Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato contestato estinto per prescrizione.
6. Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione di principi già reiteratamente affermati dalla S.C. e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente n. 84 dell'8 giugno 2016.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 10 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2025.
