Cassazione Penale, Sez. 4, 04 aprile 2025, n. 13148 - Sub amputazione delle dita della mano agganciata dalla coclea in movimento: difforme installazione dell'estrusore


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere

Dott. ARENA Maria Teresa - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a R. il (Omissis)

avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA ARENA;

lette le conclusioni del P.G., in persona della sostituta OLGA MIGNOLO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

letta la memoria dei difensori dell'imputato che hanno insistito nell'accoglimento dei motivi di ricorso;

letta la memoria del difensore di parte civile che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata depositando conclusioni e nota spese.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Roma, in data 10 aprile 2024, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Rieti con la quale A.A. era stato condannato alla pena di mesi uno di reclusione oltre al risarcimento danni e al pagamento di una provvisionale in relazione al reato di cui agli artt. 40, co. 2 e 590 cod. pen. perché, in qualità di legale rappresentante della Terni Polimeri Srl e datore di lavoro di B.B. per colpa generica e violazione dell'art. 71 co. 4, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008, omettendo di installare la valvola rotativa marca Sim impianti, a valle dell'estrusore marca Cornac, in conformità a quanto riportato nel manuale per l'installazione, l'esercizio e la manutenzione, cagionava al B.B., operaio estrusorista, la cui mano veniva agganciata dalla coclea in movimento, lesioni personali consistite nella sub amputazione del II, III e IV dito della mano destra.

2. Dalle decisioni conformi dei due gradi di giudizio emerge che nel pomeriggio del 23 luglio 2018 all'interno dello stabilimento di Cittaducale della società Terni Polimeri, esercente attività di produzione e commercializzazione di materiale plastico rigenerato, B.B. operaio assunto a tempo determinato dal 2 maggio 2018 al 3 luglio 2018, contratto poi prorogato fino al 31 luglio 2018, con mansioni di estrusorista, stava svolgendo attività lavorativa presso il reparto produzione ove si trovava il macchinario utilizzato per effettuare l'estrusione di granuli in plastica. Il macchinario era costituito da un imbuto al cui interno era posta una vite idraulica che trasportava i granuli estratti dal materiale plastico in un silo. Il lavoratore, notando che i granuli ristagnavano dentro l'imbuto, infilava la mano all'interno del macchinario per tentare di ovviare all'ostruzione ma la vite idraulica in movimento agganciava la mano del lavoratore che riportava la sub-amputazione del secondo, terzo e quarto dito della mano destra.

2.1. Il Tribunale, all'esito della istruttoria dibattimentale, ha concluso nel senso che l'infortunio si è verificato a causa della difforme installazione dell'estrusore rispetto alle indicazioni contenute nel "manuale per l'installazione l'esercizio e la manutenzione" del macchinario, con specifico riferimento alla valvola rotativa posta a valle dell'estrusore.

In particolare, dalla disamina di detta valvola era emerso che la stessa era collegata mediante un "imbuto" nel quale confluiva il materiale proveniente dalla tramoggia dell'estrusore attraverso un tubo mobile in plastica, rimosso il quale era possibile raggiungere gli organi interni in movimento della valvola rotativa. Nelle istruzioni contenute nel manuale per le installazioni era espressamente prevista la presenza di "collegamenti fissi" in modo tale da rendere impossibile l'introduzione di arti o dita attraverso le connessioni, sì da rendere impossibile il raggiungimento degli organi interni in movimento della macchina.

La valvola stellata rotativa, nel caso in esame, non era installata in conformità alle istruzioni, il che rendeva il macchinario non conforme e non idoneo ai fini della sicurezza poiché rendeva possibile l'accesso e, dunque, il contatto con le parti in movimento, con conseguente rischio di lesioni per il lavoratore.

Il Tribunale riteneva che trattandosi di rischio rilevante e prevedibile lo stesso doveva essere ripreso nel Documento di Valutazione dei rischi del 2 marzo 2015 laddove, invece, si legge che "nei luoghi di lavoro dedicati al reparto produttivo le macchine e le attrezzature sono installate, utilizzate e mantenute conformemente alle istruzioni del fabbricante e non presentano parti pericolose normalmente accessibile".

Ha escluso il Tribunale che il fatto lesivo fosse da ascrivere alla condotta imprudente del B.B. il quale, nel tentativo di rimuovere il materiale bloccato all'interno dell'estrusore, inseriva la mano nella tramoggia. A detta conclusione il Tribunale è pervenuto richiamando giurisprudenza di questa Corte secondo cui la condotta colposa del lavoratore non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro quando questo sia da ricondurre all'insufficienza delle cautele che, ove adottate sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio richiamato dal comportamento imprudente. Il Tribunale ha, inoltre, concluso nel senso che l'imputato ricopriva una posizione di garanzia in quanto datore di lavoro rilevando come la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione in persona di C.C. non equivale a delega di funzioni utile ai fini della esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antiinfortunistica. Analogamente ha escluso il Tribunale che l'incarico di responsabile di manutenzione e impianti in capo a D.D. non abbia determinato alcun trasferimento degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro con subentro del responsabile nominato nella posizione di garanzia facente capo al A.A. Ha ritenuto il Tribunale che dal documento prodotto emerga che il D.D. era stato nominato responsabile con compiti di verifica del processo lavorativo, di controllo dei reparti, di ricerca e segnalazione al datore di lavoro di metodiche, attrezzature, scelte organizzative e soluzioni operative orientate al processo scientifico e tecnologico, di collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, di supervisione sull'applicazione delle corrette metodologie d'uso delle macchine e delle attrezzature. Non vi sarebbe stata, tuttavia, una specifica attribuzione di poteri finanziari e proprie del datore di lavoro, tale da consentire al D.D., mero responsabile di manutenzione e impianti di far fronte, in via diretta alle esigenze in materia di prevenzione degli infortuni. Conclusivamente l'imputato ha omesso di adottare le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro fossero installate e utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso rispetto alle quali non può invocare di non avere materialmente provveduto al montaggio del macchinario. Egli ha lasciato a disposizione dei lavoratori, sin dalla installazione risalente a circa dieci anni prima un macchinario non installato e non montato secondo le prescrizioni contenute nel manuale d'uso. Con ciò violando la regola cautelare specifica.

2.2. La Corte territoriale ha respinto i motivi di appello con i quali si contestavano sia la ricostruzione della dinamica dell'infortunio sia il ruolo svolto dal A.A. all'interno dell'azienda nonché il trattamento sanzionatorio e risarcitorio.

3. Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell'interesse del A.A. affidandolo a due motivi.

3.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. La Corte ha ritenuto che la valutazione dei rischi e la predisposizione del documento relativo costituiscano uno degli obblighi inderogabili del datore di lavoro e che non risulterebbe alcuna delega di funzioni, alcuna proposizione di una figura addetta alla sicurezza dotata dei poteri necessari e richiesti dalla prevalente giurisprudenza tale da escludere la responsabilità del datore di lavoro. La pronuncia di appello, secondo il ricorrente è fondata su una fuorviante quanto limitata lettura sia del materiale probatorio emerso in dibattimento che dello specifico motivo di appello. In tema di reato colposo, per non incorrere nella affermazione di una responsabilità oggettiva, il giudice deve verificare non solo l'oggettiva violazione di norme cautelari ma anche la concreta possibilità per l'agente di uniformarsi alla regola che si assume violata sulla scorta della situazione di fatto in cui ha operato.

A fronte di uno specifico motivo con cui si era evidenziato che la sentenza di primo grado aveva pretermesso l'aspetto della effettiva rimproverabilità della condotta all'imputato ha affermato che "al di là di quanto emerge dal testimoniale assunto" senza neppure esaminarlo, il A.A. sarebbe venuto meno al suo basilare dovere di prevenzione infortuni. Se la Corte avesse correttamente esaminato il secondo motivo di appello e valutato quanto emerso in dibattimento avrebbe dovuto assolvere l'imputato dato che egli si occupava della parte amministrativa e che quelle rare volte che "scendeva" nello stabilimento dove si svolgeva la produzione era solo per controllare la qualità del prodotto ma non il funzionamento dei macchinari per il quale c'era il responsabile di manutenzione e impianti D.D. Costui, inoltre, aveva il compito di collaborare con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e di supervisione sull'applicazione delle corrette metodologie d'uso delle macchine e dell'attrezzatura. Rileva inoltre la difesa che non era certo una prassi operativa quella di disostruire eventuali inceppamenti delle macchine con le mani. Inoltre, né il responsabile della sicurezza e prevenzione né il manutentore avevano mai segnalato all'imputato la pericolosità del macchinario o il suo non corretto montaggio. Rileva altresì la difesa che il RSSPP C.C. ha affermato di essere stato nominato nel 2015 e di avere redatto il DVR nello stesso anno; di essere un esperto di settore per avere lavorato anche per conto di aziende nazionali e internazionali e che la valvola stellata marca Sim impianti non presentava pericoli in relazione al suo utilizzo tanto che nel DVR era stata indicata una valutazione del rischio "bassa" e che, infine, le macchine erano installate, usate e mantenute conformemente alle istruzioni del fabbricante e non presentavano parti pericolose normalmente accessibili.

Il giudice dell'appello non si è adeguatamente confrontato con tale motivo di gravame avendo tra l'altro erroneamente valutato la prova e travisando il quadro probatorio emerso in dibattimento non avendo evidenziato quegli elementi dai quali poteva inferirsi la consapevolezza dell'imputato di violare la 'norma, cautelare contestata e comunque la possibilità per lo stesso di uniformarsi alla regola.

3.2. Con il secondo motivo di lamenta l'erronea applicazione dell'art. 538 cod. proc. pen nonché dell'art: 1227 co. 2, cod. civ. La Corte ha ritenuto incongruo I richiamo all'art. 1227 cod. civ. laddove si è argomentato che il comportamento del lavoratore, non dovuto, vietato oltre che contrario a quanto indicatogli dal capoturno avrebbe dovuto portare al rigetto della domanda civile per interruzione del nesso causale con esclusione di ogni pronuncia risarcitoria in favore della persona offesa costituita parte civile. La Corte ha frettolosamente liquidato il motivo non avvedendosi che il secondo comma dell'art. 1227 cod. civ. esclude il risarcimento per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza e che quindi la norma non attiene alla valutazione ma alla debenza del risarcimento sulla cui sussistenza il giudice penale aveva il potere-dovere di decidere, accogliendo o rigettando la domanda civile proposta in sede penale.

4. Il P.G., in persona della sostituta Olga Mignolo, ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Il difensore dell'imputato ha depositato memoria con la quale ha insistito nell'accoglimento del ricorso.

5. La difesa di parte civile ha depositato memoria chiedendo la conferma della sentenza della Corte di appello di Roma nonché conclusioni e nota spese.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

2. È opportuno rammentare che la sentenza di appello oggetto di ricorso in relazione alla affermazione della responsabilità dell'imputato costituisce una c.d. doppia conforme con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d'appello a quella del Tribunale, sia l'ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 2, n. 6560 del 8/10/2020, Capozio, Rv. 280654 - 01).

3. Va rilevato poi che non è consentito lamentare tramite ricorso di legittimità la ritenuta violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. Questa Corte ha, infatti, affermato il principio secondo cui "poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'art. 606, co. 1, lett. c), cod. proc. pen. non è ammissibile il ricorso in cui si deduca la violazione dell'art. 182 cod. proc. pen, la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata" (Sez. 4 n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274181).

Alla luce della superiore premessa deve rilevarsi la infondatezza del primo motivo di ricorso con il quale, al netto della dedotta violazione di legge, vengono censurati difetti di motivazione, pur in presenza di una doppia conforme, adducendo che la Corte territoriale non si sarebbe confrontata con il motivo di gravame proposto pretermettendo l'aspetto della effettiva rimproverabilità della condotta all'imputato, limitandosi sotto tale profilo a ritenere sussistente l'elemento soggettivo della colpa solo sulla qualità di datore di lavoro del A.A.. La Corte avrebbe travisato il quadro probatorio emerso in dibattimento, non avendo evidenziato gli elementi dai quali si poteva inferire la mancanza di consapevolezza in capo all'imputato, di violare la norma contestata o la possibilità per lo stesso, di uniformarsi alla regola".

Questa Corte ha da tempo affermato il principio in virtù del quale, il vizio di travisamento della prova deve essere tale da scardinare il ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione, in forza della capacità dimostrativa del dato non considerato o alterato (Sez. 6 n. n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774-01; Sez. 2, n. 470.35 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 -01).

Si richiede, inoltre, che il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice o che i due giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837). Manca nella specie sia la specifica deduzione di aver denunciato il travisamento dinanzi alla Corte territoriale, sia ogni riferimento, che non sia assertivo, alla decisività della prova che si ritiene travisata e alla prova del dato invocato. Né è stato dedotto che l'argomento oggetto di travisamento sarebbe stato introdotto come oggetto di valutazione, per la prima volta, nella motivazione del provvedimento di secondo grado.

4. Sotto altro profilo va rilevato che il ricorso è meramente reiterativo delle doglianze già svolte con l'atto di gravame, cui la Corte territoriale ha offerto una motivazione né illogica né incoerente con le emergenze acquisite. Gli argomenti spesi, poi, che si risolvono in una ricostruzione in fatto, mirano, a fronte della doppia conforme in punto di affermazione della responsabilità, a ricostruire in maniera diversa da come concordemente ritenuto dai giudici di merito.

I giudici di merito hanno fornito una spiegazione del ragionamento posto alla base del giudizio espresso procedendo ad una compiuta, coerente e non illogica disamina delle questioni poste, ponendo l'accento sulla centralità, in tema di sicurezza sul lavoro, del rischio che deve essere governato proprio per evitare i pericoli al cospetto dei quali i lavoratori possono trovarsi nell'espletamento della loro attività.

È rimasto incontestato in quanto provato sulla scorta di plurime dichiarazioni convergenti sul punto, a partire da quelle rese dal lavoratore, la cui attendibilità non è posta in discussione neppure dal ricorrente, che l'infortunio si è verificato a causa della difforme installazione dell'estrusore rispetto alle indicazioni contenute nel manuale per l'installazione, l'esercizio e la manutenzione, con specifico riguardo alla valvola rotativa installata a valle dell'estrusore medesimo.

Sono state richiamate le dichiarazioni rese dal teste T. che nel corso del sopralluogo eseguito presso l'unità produttiva ove si era verificato l'infortunio, esaminata la valvola stellata rotativa, posta a valle dell'estrusore, ricavava che la stessa era collegata mediante un "imbuto" nel quale confluiva il materiale proveniente dalla tramoggia dell'estrusore, attraverso un tubo mobile in plastica, rimosso il quale potevano essere raggiunti gli organi interni della valvola rotativa mentre era in movimento. Ciò benché le istruzioni per l'installazione della valvola prescrivesse espressamente che "il collegamento deve essere effettuato con collegamenti fissi (flange, bulloni o similari) in modo che sia impossibile introdurre arti o dita attraverso le connessioni e che sia impossibile raggiungere gli organi interni in movimento della macchina senza aver manomesso con attrezzi l'installazione".

Come correttamente rilevato, dunque, dai giudici di merito, sarebbe stato sufficiente attenersi alle istruzioni di montaggio del macchinario per scongiurare il rischio in questione. Quanto detto fa il pari con lo stesso DVR del 2 marzo 2015 che non prendeva in considerazione lo specifico rischio in virtù del fatto che "le macchine e le attrezzature sono installate, utilizzate e mantenute conformemente alle istruzioni del fabbricante e non presentano parti pericolose normalmente accessibili".

La contestazione mossa al A.A., era per l'appunto l'art. 71 D.Lgs. 81/2008, norma che prevede l'obbligo, in capo al datore di lavoro, di garantire al lavoratore mezzi idonei a limitare al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature assicurando che le stesse siano installate e utilizzate in conformità in conformità alle istruzioni d'uso.

5. Gli argomenti posti dal ricorrente a fondamento del ricorso che attengono alla dedotta insussistenza dell'elemento soggettivo, si risolvono ancora una volta, in argomenti già diffusamente affrontati dal primo giudice che hanno poi costituito oggetto di specifico motivo di gravame e che sono stati respinti dalla Corte territoriale che ha compiutamente evidenziato, per un verso, l'assenza di un preposto o delegato alla sicurezza e, per altro, la irrilevanza degli argomenti spesi in merito alla circostanza secondo cui non erano mai state segnalate disfunzioni o malfunzionamenti. Men che meno assume rilievo l'argomento secondo cui il A.A. che si occupava dell'amministrazione, saltuariamente "scendeva" nello stabilimento per controllare la qualità del prodotto.

È stato, invero, diffusamente chiarito, nel solco della giurisprudenza di questa Corte che la eventuale "designazione del servizio di prevenzione e protezione" non costituisce una delega di funzioni e non è idonea a sollevare il datore di lavoro dalla responsabilità in tema di violazione degli obblighi imposti dalla lege per la prevenzione deli infortuni. E con tali argomenti, a ben vedere, il ricorrente non si confronta. In proposito già il Tribunale, diffusamente, da pag. 6 a pag. 8, analizzando i ruoli del B. e del D.D., aveva spiegato che nessuno dei due era stato investito dei poteri tipici del garante spiegando che il primo, nella veste di RSPP non era titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all'osservanza della normativa antiinfortunistica essendo tali figure considerati dei semplici "ausiliari del datore di lavoro". Quanto al D.D., è stato rilevato come dalla lettera di incarico di "responsabile di manutenzione ed impianti" non derivasse alcun trasferimento degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro.

In entrambi i casi, dunque, mancava una specifica attribuzione di quelle funzioni proprie del datore di lavoro che l'art. 18 del D.Lgs. 81/2008 indica in materia di organizzazione, gestione, attuazione, controllo della esecuzione delle misure di tutela prevenzione e protezione previste nel DVR, con conferimento di autonomia di spesa senza limitazione.

Ciò che i giudici di merito hanno ritenuto pienamente accertato è che sulla scorta delle emergenze istruttorie il datore di lavoro ha violato la specifica regola cautelare lasciando a disposizione dei lavoratori, sin dalla data dell'installazione, risalente a dieci anni prima rispetto alla data dell'infortunio, un macchinario non installato e montato secondo le prescrizioni contenute nel manuale di istruzione fornito dalla ditta costruttrice della cui esistenza, negli archivi degli uffici, sembra che nessuno fosse a conoscenza.

6. Quanto al rapporto di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, in conformità ai principi sanciti da questa Corte di legittimità, le sentenze conformi, con motivazione che non merita affatto le censure mosse con il ricorso in esame, hanno ritenuto che il montaggio difforme dell'apparecchiatura rispetto a quanto espressamente indicato nell'apposito manuale, abbia determinato la violazione delle regole cautelari volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato (Sez. 4 n. 27871 del 20.3.2019 Rv. 276242 - 01)

Né il comportamento del lavoratore costituisce concretizzazione di un rischio eccentrico idoneo ad escludere la responsabilità del garante posto che quest'ultimo non aveva posto in essere le cautele che sono finalizzate esattamente a governare il rischio di comportamento imprudente del garantito (Sez. 4 n. 28781 del 20.3.2019 ud. 25.6.2019).

7. Da quanto sopra detto discende la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la errata applicazione dell'art. 538 cod. proc. pen. nonché dell'art. 1227 cod. civ. in relazione all'art. 606 lett. b) cod. proc. pen.

Per giurisprudenza costante, infatti, "ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni, non è necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente" (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997; Sez. 6, n. 28216 del 25/09/2020, Ionata, Rv. 279625). Ed invero, la condanna generica al risarcimento dei danni "costituisce una mera "declaratoria juris" da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione" (Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, Bordogna, Rv. 270386; Sez. 2, n. 11813 del 11/04/1989, Pirrone, Rv. 182014).

8. Al rigetto segue la condanna al pagamento delle spese del giudizio oltre che alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida come da dispositivo.

9. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi della persona offesa ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile B.B.in questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.300, oltre accessori come per legge. Dispone ex art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003 l'oscuramento dei dati sensibili della persona offesa.

Così eciso in data 11 febbraio 2025

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2025