Cassazione Penale, Sez. 4, 07 aprile 2025, n. 13347 - Gravi lesioni alla mano durante la pulizia di un impianto autoprodotto destinato alla produzione alimentare. Macchinario obsoleto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere
Dott. ARENA Maria Teresa - Relatore
Dott. DAWAN Daniela - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a G. il (Omissis)
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA ARENA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA COSTANTINI, che si è riportato alla requisitoria scritta con la quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
udito l'avvocato PIETRO DOMENICO SOMEDA del foro di PADOVA in difesa di A.A. che ha insistito nei motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento.
Fatto
1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 24 gennaio 2024, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Padova, ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. in termini di equivalenza alla contestata aggravante e rideterminato la pena inflitta a A.A., in relazione al reato di cui agli artt. 590, 582 comma 2 n. 3 cod. pen., in Galliera Veneta il 7.3.2017.
1.1. Era contestato al A.A., quale datore di lavoro e legale rappresentante della Mafins Srl, per negligenza, imprudenza e violazione degli artt. 71 co.l, 29 e 3, 71, co. 3, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, di non avere adottato le cautele atte ad evitare infortuni come quello occorso al dipendente B.B. il quale, nel rimuovere dai cilindri della linea 5 dell'impianto destinato alla produzione di pellets alimentari il materiale rimasto adeso, rimaneva con la mano sinistra schiacciata, riportando fratture multiple, lesione falange e scuoiamento dell'arto, lesioni con prognosi superiore a 60 giorni e, comunque, tali da rendere inservibile l'arto.
In particolare si contestava al A.A. la mancanza di un manuale di istruzione e di manutenzione della macchina costruita dalla stessa ditta nel 1995; la carenza di idonei dispositivi atti a garantire la posizione di fermo del macchinario e dei rulli durante le fasi di pulizia e riparazione; l'insufficienza della valutazione dei rischi relativi a infortuni del genere di quello occorso al B.B.
1.2 La Corte territoriale, dopo aver passato in rassegna le fonti di prova, respingendo i motivi di appello dedotti dalla difesa, ha concluso affermando l'inidoneità dei dispositivi di sicurezza come, peraltro, emerso dagli accertamenti dello SPISAL e dalle prescrizioni imposte, successivamente adempiute. Ha ritenuto la Corte che l'infortunio occorso al B.B. poteva evitarsi; che l'omissione addebitabile all'imputato era senz'altro collegata alla verificazione dell'evento infortunistico che ha costituito la concretizzazione dello specifico rischio; che l'attuazione delle necessarie cautele era perfettamente praticabile; che le cautele impeditive disposte dallo SPISAL erano sufficienti e necessarie e che gravava sul datore di lavoro l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti.
2. Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell'interesse del A.A. affidandolo a sei motivi.
2.1. Con il primo si deduce, ai sensi dell'art. 606 co. 1, lett. e); la mancanza di motivazione. Secondo la difesa, sarebbe stata obliterata la censura con la quale si era dedotto che i "ripari" erano conformi alle previsioni dell'allegato V, come integrato dalle Linee guida, sicché non sussisteva la violazione dell'art. 71, co. 1, D.Lgs. 81/2008. Il Tribunale, errando, avrebbe richiamato la normativa UNI EN ISO 14120 pubblicata in Italia a novembre 2016, dunque, non applicabile al caso di specie dato che il macchinario era stato messo a disposizione dei lavoratori sin dal 1995 e, dunque, prima dell'entrata in vigore della "Direttiva Macchine" 98/37/CE. La Corte ha, poi, ritenuto che la situazione di rischio era stata, tra l'altro, determinata da un problema di reciproca visibilità tra gli operai, dall'ambiente rumoroso in cui i dipendenti lavoravano, dalla mancanza di un manuale di istruzioni, dal ricorso a comunicazioni gestuali inidonee in quanto potenzialmente non univoche, nonché dall'utilizzo di un impasto mai testato prima.
Contesta la difesa che la Corte territoriale, a fronte di regole codificate di natura tecnica, avrebbe fatto ricorso a regole valutative mutuate dall'esperienza come si ricava dall'affermazione secondo cui anche un "occhio profano" avrebbe escluso la sussistenza di rischi nell'utilizzo della macchina.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione in punto di nesso di causalità tra la violazione dell'art. 71 co. 4 D.Lgs. 81/2008 e l'evento; Oltre che l'erronea applicazione dell'art. 40 co. 2 cod. pen.
L'istruttoria aveva dimostrato l'esistenza di una procedura chiara e articolata, per quanto non scritta, nota a tutti i lavoratori, come riconosciuto dallo stesso Tribunale, deliberatamente violata rispetto alla quale nessuna incidenza avrebbe avuto la mancanza di un manuale.
Assume la difesa che l'art. 40 cod. pen. non sarebbe stato correttamente applicato, dato che il ragionamento controfattuale può condurre ad una affermazione di penale responsabilità solo ove si dimostri che la condotta doverosa omessa avrebbe evitato l'evento, con probabilità elevata, prossima alla certezza e non di mera possibilità.
2.3. Con il terzo motivo si contesta la mancanza di motivazione in punto di sussistenza della colpa specifica per violazione dell'art. 29 co. 3 D.Lgs. 81/2008. La Corte avrebbe respinto gli argomenti difensivi tanto in punto di attendibilità del B.B. (con connessa richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale) quanto di credibilità dei testi C.C. e D.D.. Tutto ciò senza considerare che, secondo quanto evidenziato nel verbale delle prescrizioni impartite dallo SPISAL. la necessità di implementazione del DVR è sorta "a seguito dell'infortunio", secondo lo schema tracciato proprio all'art. 29 co. 3 D.Lgs. n81/2008.
2.4. Con il quarto motivo, riprendendo il precedente, deduce la mancanza, la contraddittorietà e la illogicità della motivazione. Secondo i testi C.C., D.D., E.E., F.F. e G.G. la persona offesa, dopo il riavvio della linea avrebbe nuovamente smontato la griglia senza premere i pulsanti di arresto così ponendo in essere una condotta imprevista e imprevedibile. Il Tribunale ha escluso tale ricostruzione rilevando, l'incompatibilità della versione, assumendo l'impossibilità di smontare la griglia con la macchina in movimento, l'inattendibilità dei testimoni che non avrebbero visto B.B. rimuovere il riparo quando la linea era già stata riavviata e, comunque, l'essersi discostati da quanto dichiarato nell'immediatezza allo Spisal. Quanto al primo rilievo, si tratta di aspetto non esplorato, dunque, il Tribunale sarebbe incorso in un travisamento; quanto all'impossibilità di smontare la griglia con la macchina in movimento, anche qui si tratta del travisamento di quanto risulta dalla relazione del perito H.H.; che non ha mai affermato quanto riportato in motivazione; quanto alla inattendibilità dei testimoni, costoro non hanno affermato di avere assistito allo smontaggio della griglia ma avrebbero riportato quanto loro riferito dalla persona offesa.
Ancora, quanto alle ritenute contraddizioni tra le dichiarazioni dibattimentali e quelle rese in indagine, non vi sono state contestazioni; D.D. non è mai stato sentito dal personale dello SPISAL mentre E.E. ha risposto in modo logico e lineare. Le dichiarazioni rese dalla persona offesa, al contrario, contrastano sia con quanto affermato dal teste I.I. con riferimento alla procedura di riavvio dell'impianto, sia con le dichiarazioni dei testi C.C., F.F. e D.D. in relazione alle modalità di comunicazione tra gli addetti.
La persona offesa ha poi negato di avere partecipato a corsi di formazione come pure di essere stato destinatario di vari richiami disciplinari.
La Corte ha superato tutte le censure mosse con l'atto di gravame senza considerare che le contestazioni disciplinari elevate nei confronti del B.B. erano state richiamate non solo e non tanto per evidenziare l'inattendibilità dello stesso quanto per stigmatizzare la presenza "in passato di comportamenti imprudenti, rischiosi e non rispettosi delle procedure aziendali".
2.5. Con il quinto motivo si deduce la mancanza di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2.6. Con il sesto motivo si contesta la mancanza di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio. La Corte ha ritenuto di irrogare il massimo edittale in ragione della gravità delle lesioni patite dal lavoratore e del lungo lasso di tempo durante il quale i presidi non sono stati adeguati.
Si tratta di circostanze che erano state poste a fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La determinazione in misura prossima al massimo edittale richiedeva una motivazione articolata.
3. All'udienza, il Procuratore Generale, in persona della sostituta Francesca Costantini, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; l'avv. PIETRO DOMENICO SOMEDA del Foro di Padova, in difesa di A.A.ha insistito nei motivi di ricorso del quale, ha chiesto l'accoglimento, oltre che della memoria di replica.
Diritto
1. Il ricorso non supera il vaglio della ammissibilità.
2. Va innanzitutto ricordato che la sentenza di appello oggetto del ricorso in esame costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado con la conseguenza che le due sentenze di merito vanno lette congiuntamente rappresentando un unico corpo decisionale (Sezione 2, n. 6560 del 8/10/2020, Capozio, Rv. 280654 - 01).
Deve essere del pari rammentato che l'obbligo di motivazione del giudice dell'impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti nell'atto di impugnazione se il discorso giustificativo indica le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostra di aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio sicché quando ricorre tale condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell'appello e incompatibili con le motivazioni contenute nella sentenza devono ritenersi, anche implicitamente esaminate e disattese dal giudice con conseguente esclusione della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all'art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen, (Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014 Amaniera, Rv. 260841; Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593).
È del pari noto che il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato, mira a verificare che la stessa sia "effettiva", cioè che spieghi le ragioni poste alla base della decisione adottata; non manifestamente illogica, cioè sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomenti che non risultino viziati da errori nella applicazione delle regole della logica; non contraddittoria, ossia che non presenti incongruenze tra le sue partì e non incompatibile con gli altri atti del processo dotati di forza dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia tale da disarticolare il ragionamento svolto dal decidente e da determinare radicali incompatibilità, capaci di inficiare in radice l'apparato logico motivazionale (Sez. 2, n. 9106 del 12/2/21, Caradonna, Rv. 280747 - 01; Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, F., Rv. 280601 - 01).
È, del pari, noto che, al fine di sostenere l'esistenza di un vizio di motivazione, è necessario che gli elementi evocati dal ricorrente siano in grado di disarticolare l'intero ragionamento seguito dal giudice di merito- nel caso di specie dai giudici delle sentenze conformi -e che siano tali da vanificare o da rendere la motivazione manifestamente incongrua o contraddittoria.
Rimane precluso, infatti, a questa Corte di legittimità, di "rileggere" gli elementi di fatto posti a fondamento della motivazione alla stregua della adozione di diversi parametri di valutazione diversi e ritenuti preferibili rispetto a quelli usati dai giudici di merito, solo perché ritenuti più plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Diversamente opinando questa Corte diverrebbe l'ennesimo giudice del fatto e non, piuttosto, l'organo deputato a controllare che le motivazioni dei provvedimenti rispettino gli standard di intrinseca razionalità e capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal giudice per pervenire alla decisione.
Il quadro dei principi sopra delineati rende evidente la manifesta la infondatezza dei motivi di ricorso che si risolvono, al netto delle violazioni dedotte, in una critica nel merito dell'accertamento in fatto senza confrontarsi con il percorso motivazionale delle conformi sentenze e nella reiterazione di argomenti posti a fondamento delle censure contenute nell'atto di appello che la Corte territoriale ha affrontato e risolto in maniera coerente e logica.
3. È manifestamente infondato il primo motivo di ricorso alla luce della corretta ricostruzione della serie causale, operata dalle sentenze di merito, che ha condotto all'infortunio del lavoratore, specificando che l'incidente si è verificato nella fase di avvio settimanale della produzione e che i rulli incisori, protetti da una griglia fissata da due bulloni, possono andare incontro ad inceppamento a causa della "rottura della sfoglia e avvolgimento della "stesa" sui rulli", circostanza questa che può essere determinata dalla temperatura o dall'umidità ambientale o, ancora, dalla consistenza dell'impasto.
È stato posto in evidenza che l'impianto, rilevando le problematiche suddette, si blocca automaticamente e che l'intervento di ripristino consiste nella eliminazione dai rulli della sfoglia adesa, segue la correzione dei parametri e il riavvio dell'estrusione. Al netto della incidenza del numero dei "blocchi" dovuti all'avvolgimento della sfoglia sul rullo, variamente indicati come da sei a dieci a settimana, è stato evidenziato che per intervenire sugli stessi, è necessario preliminarmente che vengano aperte le griglie di protezione, avanzati i rulli dopo l'apposita segnalazione da parte dell'operatore, operata l'asportazione della sfoglia mediante pistola ad aria compressa o manualmente. Terminata tale fase l'operatore richiude la griglia e, previa adeguata segnalazione, dà il via nuovamente alla produzione.
È stato, altresì, precisato che per le suddette operazioni, a causa della rumorosità dell'ambiente di lavoro (tanto che i dipendenti indossano le cuffie), le segnalazioni avvenivano oltre che verbalmente con dei segnali manuali.
I giudici di merito, nelle sentenze conformi, hanno posto l'accento sulle dichiarazioni della persona offesa. Il lavoratore ha riferito di essere intervenuto perché richiesto dai colleghi in quanto si erano verificati dei problemi di avvolgimento della sfoglia nell'impianto e che, dopo avere rimosso la griglia di sicurezza, aveva iniziato a pulire manualmente i rulli dai residui di impasto. Prima che l'operazione venisse completata l'impianto entrava nuovamente in funzione sicché egli rimaneva con la mano impigliata nei rulli.
È stato, altresì, evidenziato dalla Corte che dal sopralluogo eseguito dal personale dello SPISAL è emerso che i rulli non erano protetti da griglie o altri presidi che sono stati collocati dalla società dietro prescrizioni e che, solo successivamente, la società ha elaborato un manuale d'uso elaborando il DVR sul punto.
A fronte degli argomenti spesi dalla difesa, dalle sentenze conformi si ricava che il macchinario, autoprodotto nel 1995 dalla società medesima, era privo di un manuale d'uso e di manutenzione e sullo stesso non erano mai stati realizzati importanti interventi migliorativi.
Risulta in proposito manifestamente infondata la censura volta a contestare il richiamo operato dai giudici di merito alla normativa UNI EN ISO 14120 sul presupposto che sarebbe stata pubblicata in Italia nel novembre 2016 con la conseguenza che sarebbe inapplicabile.
E' principio consolidato di questa Corte di legittimità quello secondo cui il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per far si che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare in assoluta sicurezza. Non è, pertanto, sufficiente che un macchinario sia munito degli accorgimenti previsti dalla legge in un determinato momento storico quando il processo tecnologico evolve in modo da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per renderli sempre più sicuri "L'art. 2087 cod. civ., infatti, nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche (Sez. 4 n. 7402 del 26/04/2000 Rv. 216476 - 01; Sez. 4 n. 41985 del 29/04/2003, Rv. 227286 - 01)".
È obbligo del datore di lavoro, in questo caso anche costruttore, mettere a disposizione dei dipendenti macchinari che siano privi di rischio per l'incolumità dei lavoratori, adottando nell'impresa i più moderni strumenti che offre la tecnologia per garantire la sicurezza dei dipendenti (Sez. 4 n. 2630 del 23/11/2006, dep. 2007, Rv. 236012 - 01).
4. Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo con il quale si contesta la ritenuta sussistenza del nesso di causa tra le violazioni di legge contestate e l'evento.
I giudici di merito, dopo avere analiticamente operato una ricostruzione dell'infortunio del tutto coerente con la sequenza delle operazioni svolte e dopo aver proceduto a un giudizio esplicativo in cui sono state descritte tutte le premesse fattuali dell'evento, hanno proceduto all'esame delle stesse nella loro valenza esplicativa, così pervenendo a conclusioni che, a ben vedere non sono rimaste contrastate. Rileva la Corte, rispondendo alle censure mosse, che i rulli incisori sono protetti da una griglia fissata da due bulloni e che in caso di problemi l'impianto si blocca automaticamente.
Occorre procedere con un intervento di ripristino volto ad eliminare la "sfoglia adesa ai rulli, correggere i parametri e riavviare l'estrusione" È stato, inoltre, spiegato che l'intervento deve essere eseguito velocemente per evitare variazioni nei parametri dell'impasto. È stato, poi, rilevato che il tipo di macchinario ma soprattutto la sua disposizione rappresentano un oggettivo pericolo per l'incaricato che deve rimuovere la pasta rimasta adesa ai rulli in quanto i rulli sono collocati in una posizione che non consente all'operatore che deve riavviare il macchinario, di vedere la persona che agisce sulla causa dell'inceppamento Se non sporgendosi e fare gesti e dare comunicazioni verbali rese difficili dalla rumorosità dell'ambiente.
In un tale contesto di rischio, che andava governato dal datore di lavoro sul quale gravava il dovere di vigilare sulla conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge, si inserisce quella che in ricorso viene definita una "procedura orale".
In proposito, non ha mancato il Tribunale di rilevare che, dalla istruttoria dibattimentale, è emerso che nessuno dei colleghi del lavoratore ha saputo dire se egli avesse impartito il comando di accendere il macchinario, mettendo in luce il passaggio della deposizione del capoturno D.D. secondo cui "a volte si lavora in due, tre persone, magari quello a fianco dice... o quello che è sopra la macchina vede la griglia montata e dice okay, vado. A volte, bisogna dire la verità c'è un po' di confusione, a volte".
Con tutto quanto sin qui detto il ricorrente non si confronta, come pure non si confronta con la circostanza già rilevata nella sentenza di primo grado, cioè che dopo l'incidente la griglia è stata rinvenuta smontata dal che era possibile desumere che il macchinario è stato riacceso senza avere ricevuto alcun ordine dal soggetto che, almeno in base alla prassi, avrebbe dovuto guidare l'intera procedura, mentre il lavoratore stava ancora ultimando le operazioni di ripulitura.
Al contrario, lo specifico rischio connesso alle operazioni di pulizia dei rulli, proprio in virtù delle modalità con le quali le stesse avvenivano, nelle condizioni ambientali date, consentiva di desumere, con valutazione ex ante, la prevedibilità del rischio al quale il lavoratore avrebbe potuto andare incontro. E l'argomento secondo cui un evento del genere non si fosse mai verificato, non contraddice affatto il ragionamento esposto.
D'altra parte, è rimasto incontroverso che la procedura di ripristino del macchinario non era in alcun modo formalizzata in un atto scritto laddove è stato posto l'accento sulla circostanza che lo stesso consulente, riferendosi alla procedura orale evocata dalla difesa, ha dichiarato "la procedura c'è però è una procedura a grandi linee perché poi deve essere deciso di volta in volta che cosa fare in base a quello che si presenta".
5. È stato ritenuto, in maniera coerente con le emergenze acquisite e con motivazione non manifestamente illogica, che lo schiacciamento della mano del lavoratore tra i rulli non sia affatto da ricondurre ad una iniziativa infelice del lavoratore e che; se anche ciò fosse avvenuto, ove vi fossero state (Omissis)istruzioni per l'utilizzo del macchinario, che rappresentano il passaggio finale della valutazione dei rischi, ove il macchinario autoprodotto fosse stato munito, come poi è avvenutoci un doppio comando manuale con fine corsa magnetici che rilevano l'apposizione del riparo e impediscono al macchinario di attivarsi, tecnologie che, come riportato in sentenza dal funzionario dello Spisal, erano già disponibili a marzo 2017 e se non si fosse
operato in una situazione di "prassi carente e di una procedura scritta inesistente" l'evento non si sarebbe verificato.
Sul punto, questa Corte ha affermato che il giudizio circa la causalità della colpa presuppone una verifica tramite un giudizio controfattuale ipotetico della valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito ovvero se il rispetto della regola cautelare imposta sarebbe stata in grado di scongiurare, con apprezzabile probabilità, l'evento dannoso (Sez.4, n.7783 del 11/02/2016, P.C. in proc.Montaguti, Rv.266356; n. 34375 del 30/05/2017, Funnarulo, Rv.270823; n.9705 del 15/12/2021, Pazzoni Brunello, Rv.232855).
5. Anche il terzo e il quarto motivo, con i quali si contesta la ritenuta sussistenza della colpa specifica per violazione dell'art. 29 co. 3 D.Lgs. 81/2008 e l'abnormità del comportamento del lavoratore, sono manifestamente infondati.
Al netto della dedotta violazione di legge e vizio di motivazione, il ricorso propone una inammissibile rivalutazione del compendio acquisito che, a ben vedere, non introduce alcun elemento di contraddittorietà nel discorso giustificativo della sentenza impugnata con la quale si è anche diffusamente dato atto che il soggetto garante, anche ove il comportamento del lavoratore fosse stato negligente, e tale non è stato ritenuto, rimane responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità rispetto alle circostanze del caso concreto.
In proposito deve tenersi contro dei principi sanciti da questa Corte secondo cui le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro.
In proposito è stato precisato che deve considerarsi interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi, in qualche modo, al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Il comportamento, dunque, è interruttivo non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è tenuto a governare (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri; Sez. 4 n. 5404 del 08/01/2015, Rv. 262033; n.32216 del 20/06/2018, Rv.273568; n.21554 del 5/05/2021, Rv.281334).
6. Per contro, la difesa non tiene conto del fatto che è obbligo del datore di lavoro quello di ridurre al minimo i rischi correlati all'utilizzo di macchinari e ciò a maggior ragione quando, come nel caso di specie, si trattava di macchinario autoprodotto, privo di manuale di istruzioni, che non era mai stato oggetto di revisioni, obbligo questo strettamente attinente a quello di valutazione dei rischi ai quali nel singolo ambiente di lavoro e in relazione alle concrete mansioni svolte, il lavoratore è esposto.
Contrariamente a quanto sostenuto, la Corte territoriale ha correttamente valutato l'idoneità del mezzo in rapporto alle specifiche condizioni di lavoro nelle quali operava il B.B., non mancando, tra l'altro, di rilevare che la materia prima impiegata nell'occasione, per il confezionamento dei pellets alimentari, era da poco usata presso la ditta dell'imputato e risultava particolarmente densa e vischiosa e dunque, facilmente rimaneva adesa ai rulli.
8. Manifestamente infondati il quinto e il sesto motivo in punto di trattamento sanzionatorio. Prima il Tribunale e poi la Corte territoriale hanno ampiamente argomentato tanto con riferimento al diniego delle circostanze (Omissis) quanto con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen. non mancando, tra l'altro la Corte la Corte di rilevare che oltre alla gravità del danno dato dalla perdita di una mano si accompagnava alla gravità del reato desunta dalla circostanza che i presidi infortunistici erano, al momento dell'infortunio, ancora quelli di venti anni prima.
9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall'imputato segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna oltre che al pagamento delle spese del procedimento, della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (cfr. C. Cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2025