Cassazione Penale, Sez. 4, 14 aprile 2025, n. 14447 - Foulard imbrigliato nel nastro trasportatore della macchina bagnatrice: ricorso inammissibile, condanna del datore di lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
Dott. CIRESE Marina - Relatore
Dott. LAURO Davide - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a A il Omissis
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARINA CIRESE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LIDIA GIORGIO che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
È presente l'avvocato CERTOMA' ANTONIO FRANCESCO del foro di ROMA in sostituzione ex art. 102 c.p.p. dell'avv. TECCE RAFFAELE del foro di AVELLINO in difesa di A.A., il quale, sottolineando preliminarmente l'intervenuta prescrizione del reato oggetto di imputazione, si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.
Fatto
1. Con sentenza in data 9 aprile 2024 la Corte d'Appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Avellino in data 7 ottobre 2022 aveva ritenuto A.A. colpevole del reato di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1 cod. pen. e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi tre di reclusione con concessione della sospensione condizionale della pena.
2. L'addebito colposo mosso all'imputato, in qualità di amministratore unico e titolare della ditta commerciale O. Srl, esercente l'attività di lavorazione pelli per conto terzi, era quello di avere cagionato, per colpa consistita nell'inosservanza dell'art. 71, comma 1, D.Lgs. n. 81 del 2008 (punti 2.3; 6.1; 9.2) alla dipendente B.B., operaia addetta alla macchina bagnatrice, lesioni personali gravi del tipo "trauma da strangolamento con asfissia e sospetta lesione laringo-tracheale con fratture costali multiple con PNX (prognosi riservata al momento del ricovero)", che comportavano una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di gg. 92.
3. I fatti oggetto del presente procedimento possono essere così sintetizzati:
in data 13.10.2016, il Pronto Soccorso dell'Ospedale Landolfi dava notizia ai Carabinieri di un infortunio sul lavoro occorso a B.B. presso la conceria O. Srl sita in Solofra, mentre era intenta in qualità di operaia a lavorare alcune pelli con la macchina bagnatrice ivi allocata. Il macchinario in questione, utilizzato nelle concerie per rifilare e bagnare le pelli, era dotato di un rullo trasportatore composto da fili di nylon al cui interno i Carabinieri giunti in loco constatavano che si era incastrato un foulard.
Dalle dichiarazioni rese dagli ispettori del lavoro e dagli operai presenti si ricostruiva che la B.B., poco prima dell'infortunio, stava lavorando alcune pelli con la macchina facendole scorrere sul rullo allorché improvvisamente il foulard che la stessa indossava era stato imbrigliato nel nastro trasportatore trascinandola e quasi soffocandola per strangolamento.
Dalla documentazione sanitaria relativa al ricovero emergeva, invero, un trauma da strangolamento con asfissia e sospetta lesione laringotracheale con fratture costali.
Dalle verifiche effettuate sul macchinario emergeva che il medesimo era carente di meccanismi di blocco automatico del rullo, in quanto mancava un congegno, anche solo manuale, che permettesse immediatamente l'arresto del motore, tanto che, al fine di consentire alla B.B. nell'immediatezza di liberarsi ad evitare più gravi conseguenze, il nastro era stato tagliato; veniva altresì rilevata la mancanza di un carter di protezione del rullo.
Emergeva inoltre che il macchinario era risalente al 1995 e che il prevenuto non lo aveva sottoposto a revisione periodica nel rispetto delle nuove tecnologie atteso che non era stato in grado di esibire ai Carabinieri ed agli ispettori dell'Asl alcuna documentazione relativa alla sua omologazione e revisione.
Gli ispettori provvedevano quindi ad elevare verbale di contestazione delle infrazioni commesse e successivamente il 15.3.2017 veniva redatto verbale di ottemperanza.
Sulla base di tali elementi, il giudice di primo grado riteneva la responsabilità dell'imputato in relazione al reato a lui ascritto, ravvisando il nesso di causalità tra le lesioni patite dalla B.B. e l'inottemperanza da parte del datore di lavoro delle disposizioni di cui all'art. 71 d.gs, n. 81 del 2008.
Il giudice dell'appello nel rigettare il gravame, ha confermato l'impianto logico-motivatorio della sentenza impugnata.
3. Avverso detta sentenza l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Con il primo deduce l'intervenuta prescrizione del reato di cui all'art. 590, comma 2 e 3 cod. pen.
Si assume che è maturato il termine di prescrizione del reato per cui si procede e che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione deve prevalere rispetto alla declaratoria processuale di inammissibilità.
Con il secondo motivo deduce l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta nullità dell'istruttoria dibattimentale per violazione degli artt. 495 e 190cod. proc. pen.
Si assume che nel dibattimento non è stata emessa l'ordinanza ammissiva delle prove con conseguente violazione del diritto di difesa dell'imputato. Un ulteriore profilo di violazione riguarda il mutamento del giudice intervenuto durante la fase dibattimentale; la dichiarazione di utilizzabilità delle prove in precedenza assunte non può essere considerata idonea a sanare la nullità dell'istruttoria dibattimentale.
Si censura sul punto la motivazione resa nella sentenza impugnata ritenendo che permanga la nullità assoluta derivante dall'omissione iniziale. Con il terzo motivo deduce l'illogicità della motivazione ed il travisamento del fatto e della prova in ordine all'erronea valutazione in merito alla condotta colposa del lavoratore ed al mancato riconoscimento della sua responsabilità per l'evento dannoso.
Si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la condotta del lavoratore, consistita nell'indossare un foulard, non possa ritenersi esorbitante o abnorme perché rientrante nell'area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a governare. Si ritiene, invece, che il comportamento negligente del lavoratore abbia interrotto il nesso causale tra la presunta omessa manutenzione del macchinario e l'evento.
A riguardo la Corte d'Appello ha omesso di considerare adeguatamente la portata dell'art. 41, comma 2, cod. pen. atteso che la condotta colposa del lavoratore ha rappresentato un fatto nuovo ed autonomo che ha interrotto la serie causale. Inoltre non ha tenuto conto del principio secondo cui il datore di lavoro può fare affidamento sul fatto che il lavoratore rispetti le norme di sicurezza e si astenga dal porre in essere comportamenti imprudenti o abnormi.
Con il quarto motivo deduce l'erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 131 biscod. pen., agliartt. 133cod. pen. e 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. nonché l'erronea valutazione della tenuità del fatto ed il travisamento della prova.
Si censura la motivazione adottata dalla sentenza impugnata a sostegno del diniego della richiesta di applicazione dell'art. 131 biscod. pen., non potendo a tal fine rilevare solo l'entità delle lesioni subite dovendo invece essere valutata anche la condotta dell'imputato successiva al fatto avendo lo stesso mostrato segni di resipiscenza. Inoltre rileva che la sentenza non ha motivato sul tema della non abitualità della condotta.
Diritto
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte è ormai ferma nel ritenere che non può porsi in sede di legittimità la questione della declaratoria della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d'appello, in presenza della totale inammissibilità del ricorso. Si è, infatti, più volte chiarito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129cod. proc. pen. (Sez. U., n. 32 del 22 novembre 2000, Rv. 217266; Sez. U, n. 23428 del 22 marzo 2005, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv.266818).
2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.
Ed invero, contrariamente a quanto assume il ricorrente, l'omessa pronuncia dell'ordinanza di ammissione delle prove, cui sia però seguita l'assunzione delle prove richieste, non comporta alcuna nullità della fase istruttoria dibattimentale, non iscrivendosi in alcuna delle nullità previste dall'art. 178lett. c) cod. proc. pen. Ne consegue che priva di rilievo è anche la ulteriore doglianza relativa alla mancata sanatoria di detta nullità per effetto della rinnovazione dell'ordinanza ammissiva delle prove a seguito del mutamento del giudice.
3. Il terzo motivo è del pari manifestamente infondato.
In primo luogo la censura denuncia una "illogicità", e non già una "manifesta illogicità" della motivazione, ed inoltre invoca un travisamento del fatto e della prova non allegando neppure quali siano il fatto o la prova travisati. Per di più la censura non si confronta con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'abnormità della condotta del lavoratore, deceduto per essere rimasto intrappolato nella bobina di una macchina per la lavorazione di tessuti, priva di dispositivi di protezione atti a eliminare il rischio di trascinamento e intrappolamento, ritenendo priva di rilievo nell'eziologia dell'evento l'assunzione da parte del lavoratore di farmaci a base di benzodiazepine, idonei a produrre depressione del sistema nervoso centrale) (Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Rv. 280914).
Ed inoltre in tema di infortuni sul lavoro, qualora l'evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall'area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l'inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall'inerzia del datore di lavoro (Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017, dep. 2018, Rv. 273247).
3.1. Ebbene, facendo buon governo di tali principi, la Corte territoriale ha ritenuto che nella specie fosse prevedibile che il lavoratore potesse utilizzare indumenti idonei ad impigliarsi nel rullo trasportatore nel corso della lavorazione, sicché ciò che ha determinato l'evento è la mancata adozione da parte del A.A. dei prescritti dispositivi del macchinario, ovvero quelli di controllo e di blocco automatico del motore in caso di anomalie nel funzionamento, che ove adottati avrebbero evitato la verificazione dell'evento o quanto meno la verificazione delle più gravi conseguenze derivatene, tenuto conto che la B.B. ha riportato gravi lesioni con conseguente inabilità al lavoro per oltre 90 giorni.
Quanto alla dedotta mancata considerazione del principio dell'affidamento, giova ribadire che in tema d'infortuni sul lavoro, il principio d'affidamento va contemperato con il principio di salvaguardia degli interessi del lavoratore "garantito" dal rispetto della normativa antinfortunistica; ne consegue che il datore di lavoro, garante dell'incolumità personale dei suoi dipendenti, è tenuto a valutare i rischi ed a prevenirli, e non può invocare a sua discolpa, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, eventuali responsabilità altrui (Sez.4, n. 22622 del 29/04/2008, Rv. 240161).
4. Il quarto motivo è del pari manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha correttamente fondato il diniego dell'applicazione dell'art. 131 bisc.p. non ritenendo l'offesa arrecata di particolare tenuità in ragione della gravità delle lesioni subite dalla persona offesa, non attribuendo alcun rilievo al comportamento del A.A. successivo al fatto.
A riguardo va invero ribadito che ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-biscod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044). Ed inoltre che ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-biscod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1),D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497).
5. In conclusione il ricorso manifestamente infondato, va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2025.