Cassazione Penale, Sez. 4, 15 maggio 2025, n. 18410 - Cedimento del grigliato metallico di una passerella. Vantaggio dell'ente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da
Dott. MONTAGNI Andrea - Presidente
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. CIRESE Marina - Consigliere
Dott. LAURO Davide - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Rottami Metalli Italia Spa
avverso la sentenza del 02/10/2024 della Corte d'Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Davide Lauro;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Ferdinando Lignola, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore, Avvocato Valentina Corino, del foro di Torino, in difesa della società Rottami Metalli Italia Spa, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso;
Fatto
1. Con sentenza del 2 ottobre 2024 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, in data 7 novembre 2022, ha ritenuto la Rottami Metalli Italia Spa responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25-septies, comma 3,D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, condannandola alla pena pecuniaria di Euro 13.000,00.
La responsabilità amministrativa dell'ente è stata ritenuta in relazione al delitto di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., in ragione delle lesioni riportate da un suo dipendente in seguito all'infortunio verificatosi in L il 2 gennaio 2020, che lo rendevano inabile al lavoro per un periodo di 60 giorni.
Del reato, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, è stato ritenuto responsabile A.A. (che ha concordato la pena ai sensi dell'art. 599-biscod. proc. pen.), quale amministratore unico della società e datore di lavoro.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito il lavoratore, dopo aver ultimato la manutenzione del motore di un nastro trasportatore, si era avviato lungo una passerella, un camminamento pedonale il cui pavimento era costituito da un grigliato metallico che improvvisamente cedeva, facendolo cadere nel vuoto, da una altezza di 5 metri.
Il cedimento è stato attribuito alla protratta assenza di manutenzione, nonostante la passerella di trovasse in un'area esterna, e dunque esposta alle intemperie ed al conseguente, concreto rischio, di deterioramento strutturale.
Il camminamento risultava infatti visibilmente ammalorato (per la presenza di evidenti strati di ruggine), sia all'altezza del punto in cui c'era stato il cedimento, con la caduta del lavoratore, sia in punti diversi (p. 6 sentenza ricorsa).
Il vantaggio conseguito dall'ente - certamente esistente seppur non esattamente quantificabile - è stato collegato al risparmio di spesa derivante dalla sistematica omissione dell'attività manutentiva.
Infine, quanto alla c.d. colpa di organizzazione, la Corte territoriale ha sottolineato la totale assenza di un programma di manutenzione delle passerelle, nemmeno preso in considerazione nel documento di valutazione dei rischi: conseguentemente, il fatto che la società si fosse dotata di un modello di organizzazione nel quale una simile carenza non era in alcun modo rilevata, ha indotto i giudici di appello ha ritenerne la inidoneità (sul punto confermando quanto già ritenuto dal Tribunale: pp. 18 e ss.).
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Rottami Metalli Italia Spa, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione della legge penale, in relazione all'art. 5, comma 1,D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, e vizio della motivazione, poiché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, in relazione al requisito del vantaggio conseguito dall'ente (art. 606, comma 1, lett. B ed E, cod. proc. pen.).
Ai sensi di tale ultima disposizione, infatti, l'ente deve ritenersi responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: requisito, quest'ultimo, di cui non è emersa alcuna prova nel processo.
Non certo dalla testimonianza dell'ufficiale di polizia giudiziaria B.B., il quale ha piuttosto confuso il documento di valutazione dei rischi con le procedure indicate nel modello organizzativo adottato dalla società.
Anche il riferimento, operato in sentenza, al registro degli interventi manutentivi - che secondo i giudici di merito avrebbero riguardato soltanto il nastro trasportatore - appare erroneo, in quanto le annotazioni dimostrano in realtà l'esecuzione di interventi anche in relazione a "molte altre parti dell'impianto" (p. 9 ricorso).
Infine la società ricorrente evidenzia: a) il carattere manifestamente illogico della motivazione, nella parte in cui non considera che la stessa sentenza di primo grado aveva escluso la possibilità di procedere alla confisca del profitto a causa della "radicale mancanza di prova in ordine al quantum dello stesso, anche a livello indiziario" (p. 11 ricorso); b) il carattere apparente della motivazione, nella parte in cui, riconoscendo una sorta di responsabilità oggettiva, si afferma che il vantaggio è consistito in un risparmio di spesa non quantificabile ma certamente non irrilevante.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione della legge penale, in relazione all'art. 6, commi 1 e 2, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, e vizio della motivazione, poiché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica in relazione al requisito della c.d. colpa di organizzazione (art. 606, comma 1, lett. B ed E, cod. proc. pen.).
Deduce la società ricorrente che i giudici di merito hanno operato una indebita sovrapposizione tra gli adempimenti imposti dalle norme in materia di prevenzione (violati in ragione della accertata inidoneità del DVR) e la funzione delle procedure e del modello di cui alD.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Modello, quello adottato dalla società, che recepiva un sistema di gestione certificato, così integrandosi la presunzione di conformità di cui all'articolo 30, comma 5, stesso decreto.
Presunzione in presenza della quale era onere del pubblico ministero dimostrare la inidoneità del modello organizzativo, che anzi contiene chiari riferimenti sia alla valutazione dei rischi (procedura P.431.01) sia alla gestione della manutenzione (procedura P.446.03).
D'altra parte, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il modello organizzativo debba spingersi fino a valutare l'organizzazione del lavoro, a fronte dell'esistenza dei presidi di sicurezza.
Nel ritenere, infine, che l'infortunio sia dipeso non da scelte aziendali ma dalla erronea percezione di una situazione di rischio da parte di singole persone fisiche, la società ricorrente evidenzia che nella motivazione della sentenza impugnata è mancata qualsivoglia analisi del lavoro svolto dall'organismo di vigilanza.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo, con cui si lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al requisito del vantaggio, è inammissibile.
I giudici di merito hanno motivatamente confutato la tesi - riproposta in questa sede - secondo la quale l'omissione dell'attività manutentiva delle passerelle (esposte alle intemperie) non potrebbe qualificarsi come "sistematica", né tale da produrre un vantaggio per l'ente.
Dalle condizioni di generale e diffuso ammaloramento delle passerelle poste ad una altezza di 5 metri, anche in punti diversi da quello interessato dal cedimento (emersa dalla prova orale e dalla documentazione fotografica), è stata tratta la conferma dell'assenza di un programma specifico di manutenzione, sostituito da interventi estemporanei (in linea con quanto indicato nella imputazione); assenza emersa anche dall'esame della prova orale (p. 7 sentenza del Tribunale), con riguardo alle dichiarazioni dei testi B.B. - secondo il quale gli interventi erano legati alle "emergenze di rottura" - e C.C..
Quali fossero le condizioni di (estremo) deterioramento i giudici lo hanno ricavato, inoltre, dalla scelta fatta della società, dopo il crollo, di procedere all'integrale sostituzione dell'attrezzatura.
D'altra parte, sono state sottolineate anche le caratteristiche concrete di tali parti ammalorate: si tratta, infatti, di "strutture gigantesche che sono la stessa infrastruttura dell'impianto" (p. 7 sentenza del Tribunale).
Infine, dall'analisi del registro degli interventi manutentivi, sollecitato dalla ricorrente, i giudici hanno tratto ulteriori elementi di conferma, non essendo questi relativi alle passerelle; ed è significativo che, nel riproporre la doglianza, sollecitando una non consentita rivalutazione in fatto delle prove, si faccia generico riferimento ad interventi relativi a "molte altre parti dell'impianto" (p. 9 ricorso).
Ciò posto, i giudici di merito hanno quindi che la ripetuta violazione degli oneri manutentivi di un impianto di quelle caratteristiche, in presenza di conclamati indici di deterioramento, ha prodotto un risparmio di spesa che, sebbene non quantificabile, è giuridicamente apprezzabile.
Si è dunque in presenza di una valutazione di merito adeguata, non illogicamente argomentata e quindi non ulteriormente scrutinabile in questa sede.
Né un profilo di illogicità manifesta può essere tratto - come pretende la società ricorrente - dalle statuizioni emesse in punto di confisca, essendosi a quel limitato e diverso fine rilevata la mancanza di prova del quantum del profitto (non della sua esistenza).
Sarebbe semmai illogico, per contro, affermare che la programmazione ed esecuzione di interventi manutentivi su componenti strutturali sarebbe stata sostanzialmente priva di costi.
Attraverso questo percorso motivazionale i giudici territoriali hanno inoltre fatto corretta applicazione di consolidati insegnamento di legittimità, senza quindi incorrere nella denunciata violazione di legge.
Posto che nei delitti colposi l'interesse o vantaggio per l'ente, di cui all'art. 5 D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, non deve riferirsi all'evento del reato, ma deve riguardare unicamente la condotta (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261115), il criterio di imputazione oggettiva è infatti integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa, collegato all'inosservanza, pur non sistematica, delle cautele per la prevenzione degli infortuni riguardanti un'area rilevante di rischio aziendale, quale certamente era quella in cui operava la struttura ammalorata (cfr., Sez. 4, n. 22586 del 17/04/2024, T., Rv. 286586 - 01, in un caso in cui la Corte ha ritenuto che costituisse un vantaggio per l'ente l'omessa formazione e informazione dei dipendenti, in maniera sistematica; Sez. 4, n. 33976 del 30/06/2022, Cant. Sociale Bartolomeo Da Breganze Scarl, Rv. 283556 - 01; Sez. 3, n. 26805 del 16/03/2023, Consorzio Trasporti Riviera soc. coop. Spa, Rv. 284782 - 02; conf. anche Sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep. 2016, Gastoldi, Rv. 268065 - 01, secondo cui sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica abbia violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto).
Che il vantaggio per l'ente, pur apprezzabile, possa anche essere minimo, lo si ricava inoltre dal fatto che in tal caso non è esclusa la responsabilità, ma la sanzione applicabile deve essere diminuita ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. a),D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Pertanto, l'impossibilità di giungere ad una esatta quantificazione di un non irrisorio vantaggio, certo nella sua esistenza, non esclude la responsabilità dell'ente.
1.2. Il secondo motivo, con cui si lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla c.d. colpa di organizzazione, è inammissibile.
Preliminarmente osserva il Collegio che, proprio nel caso di responsabilità degli enti ritenuta in relazione a reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha precisato che la colpa di organizzazione deve intendersi in senso normativo ed è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individui i rischi e delinei le misure atte a contrastarli (Sez. U, Espenhahn, cit.).
L'ente risponde, quindi, per fatto proprio, per essere venuto meno al dovere di organizzazione funzionale alla prevenzione del rischio-reato: in questa prospettiva, la colpa di organizzazione dell'ente finisce per assumere la stessa funzione che la colpa assume nel reato commesso dalla persona fisica, ovvero di elemento costitutivo del fatto tipico, integrato dalla violazione "colpevole" (ovvero rimproverabile) della regola cautelare (Sez. 4, n. 31665 del 25/06/2024, Ghirelli, Rv. 286871 - 02; conf., in motivazione, Sez. 4, n. 21704 del 28/03/2023, Sasil Srl, non mass. sul punto).
Fatta questa premessa, alla società ricorrente che fin dal primo grado ha invocato la presunzione di conformità del modello di organizzazione aziendale, poiché certificato secondo lo standard internazionale - secondo quanto dispone l'art. 30, comma 5,D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81- i giudici di merito hanno replicato sottolineando come il modello non deve solo essere adottato, ma anche efficacemente attuato, secondo l'inequivoco tenore del comma 1 della medesima disposizione (pp. 18 e ss. sentenza del Tribunale; p. 11 sentenza ricorsa).
Carenza non certo colmata dalla nomina dell'organismo di vigilanza, al cui "lavoro" la società ricorrente ha fatto generico riferimento (p. 17 ricorso), e che rende privo di rilievo anche il richiamo alla presunzione di conformità di cui si è detto (sempre p. 17 del ricorso).
La mancanza di un programma specifico degli interventi di manutenzione delle passerelle, in uno con la mancata previsione di effettive procedure di controllo, è stata quindi ritenuta indice di una carenza organizzativa che si è riverberata, sul piano causale, sulle garanzie per la sicurezza dei lavoratori.
Sicché, i giudici di merito, valorizzando sia il fatto che il reato presupposto fu commesso da un soggetto in posizione apicale dell'ente, sia il tipo di illecito accertato, hanno motivatamente ritenuto provata una scelta di fondo dell'ente, foriera di un risparmio di costi con evidenti ricadute in punto di sicurezza.
Hanno quindi delineato la violazione dell'obbligo organizzativo, connesso alla gestione del rischio - reato, ovvero la mancata predisposizione di accorgimenti idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato.
Contrariamente a quanto si prospetta, in termini generici, nel ricorso (p. 15), si è giunti in tal modo a formulare per l'ente un rimprovero distinto da quello che riguarda l'autore del reato presupposto.
Pertanto, la sentenza impugnata non ha tratto la prova dell'inidoneità del modello dalla mera commissione del reato presupposto.
Osserva inoltre il Collegio che, almeno in un passaggio, la sentenza impugnata potrebbe far pensare ad una indebita confusione tra la violazione delle norme in materia di prevenzione (inidoneità del DVR) e la insufficienza delle procedure adottate; tuttavia, dal tenore complessivo delle decisioni di merito è possibile ricavare la valutazione di inidoneità del modello, quantomeno nella sua concreta attuazione, senza alcuna sovrapposizione tra colpa della persona fisica e colpa della persona giuridica (di cui ci si duole genericamente in ricorso).
Valutazione, questa, non oggetto di specifica censura, posto che la società ricorrente si limita a sostenere, immotivatamente, che l'evento infortunistico non è dipeso da scelte aziendali (p. 16 ricorso), e che all'interno del modello sono state previste delle procedure (pp. 16 e 18), così finendo per ribadirne l'astratta idoneità.
2. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in Euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2025.