Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 settembre 2025, n. 25204 - Riconosciuta la presunzione legale di eziologia professionale per il tumore vescicale da esposizione a sostanze nocive
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:
Dott. MANCINO Rossana - Presidente
Dott. ORIO Attilio Franco - Consigliere
Dott. GANDINI Fabrizio - Consigliere
Dott. MAGNANENSI Simona - Consigliere
Dott. CERULO Angelo - Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 31406-2021 proposto da
A.A., erede di B.B., rappresentata e difesa, in forza di procura rilasciata in calce al ricorso, dall'avvocato PAOLO NICOLA TARANTINI, con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
- ricorrente -
contro
ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dalle avvocate LUCIANA ROMEO e LUCIA PUGLISI ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'Istituto, in ROMA, VIA IV NOVEMBRE, 144
- controricorrente -
per la cassazione della sentenza n. 323 del 2021 della CORTE D'APPELLO DI LECCE, SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 22 giugno 2021 (R.G.N. 231/2016).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal Consigliere Angelo Cerulo.
Fatto
1.- Con sentenza n. 323 del 2021, depositata il 22 giugno 2021, la Corte d'Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha respinto il gravame della signora A.A. e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Taranto, che aveva respinto la domanda dell'appellante, volta a ottenere la rendita e l'assegno una tantum per la morte del coniuge, signor B.B., lavoratore dipendente di ILVA Spa, deceduto a causa di un carcinoma della vescica.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale argomenta che "non è sufficiente ricollegare la malattia ad una qualsiasi delle sostanze presenti nello stabilimento, ma stabilire che a causa delle mansioni svolte (il lavoratore) è venuto in contatto con una sostanza in grado di cagionare la malattia che ha portato al decesso" (pagina 2 della sentenza impugnata).
Poste tali premesse, i giudici d'appello, sulla scorta delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, escludono la riconducibilità del tumore della vescica, contrassegnato da un'eziologia ignota, alle sostanze pericolose presenti nell'ambiente di lavoro. Né è decisiva l'eventuale presenza di altre sostanze, suscettibili di causare tale patologia, in altri reparti dello stabilimento o nella città.
2.- Per la cassazione della sentenza ricorre la signora A.A., formulando tre motivi di censura.
3.- L'INAIL replica con controricorso.
4.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
5.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
6.- All'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Diritto
1.- Con il primo motivo (art. 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. e degli artt. 112, 115, 116 e 132 cod. proc. civ. e lamenta che la sentenza d'appello, trascurando l'esame delle circostanziate deduzioni dell'atto di gravame e dei rilievi critici del consulente di parte, abbia arbitrariamente escluso, con motivazione illogica e apparente, la connessione causale della patologia con l'esposizione alle sostanze nocive.
2.- Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 85, 105, 131 e 139 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dell'art. 7 della legge 10 maggio 1982, n. 251, delle tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica 13 aprile 1994, n. 336, del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 27 aprile 2004, del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 9 aprile 2008, del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 12 luglio 2000, dell'art. 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, degli artt. 40 e 41 cod. pen.
Avrebbe errato la Corte di merito nel negare ogni rilievo, anche sotto il profilo della ripartizione degli oneri probatori, alla "presunzione della eziologia professionale della neoplasia vescicale per un lavoratore dell'industria siderurgica, con riferimento ad una fonte di rischio specifica, come l'esposizione ad asbesto, amianto, polveri, apirolio e tutte le altre sostanze scientificamente provate presenti nei reparti in cui ha lavorato il de cuius" (pagina 36 del ricorso per cassazione).
3.- Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e lamenta che la Corte di merito abbia omesso di pronunciare sugli specifici motivi d'appello contro la sentenza di primo grado e di vagliare le osservazioni del consulente di parte sulla presunzione di eziologia professionale del carcinoma della vescica, malattia tabellata, e sulla necessità di considerare l'interagire dei molteplici fattori di rischio, anche alla luce di quel che si desume dalle deposizioni assunte.
4.- Le censure possono essere esaminate congiuntamente, in quanto investono, sotto profili tra loro connessi, le argomentazioni della Corte di merito sull'insussistenza del rapporto eziologico tra l'attività lavorativa svolta e la patologia contratta.
5.- Le critiche colgono nel segno, nei termini di séguito precisati.
6.- La disamina deve prendere le mosse dalle previsioni dell'allegato 4 al D.P.R. n. 1124 del 1965, contenente la "Nuova tabella delle malattie professionali dell'industria".
La tabella, modificata dapprima dal D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, e quindi sostituita dal D.P.R. 13 aprile 1994, n. 336, è stata ridefinita dal decreto ministeriale 9 aprile 2008, a decorrere dal 22 luglio 2008.
Il decreto in esame, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 luglio 2008, n. 169, e richiamato nelle sue parti salienti nelle difese della ricorrente, al numero 33, lettera c), menziona il "Tumore della vescica" tra le malattie causate dall'esposizione a idrocarburi policiclici aromatici e riconnette tale patologia, con periodo d'indennizzabilità illimitato, alle "Lavorazioni che espongono a (i)drocarburi policiclici aromatici comprese: a) Produzione dell'alluminio con processo Soderberg; b) Produzione ed impiego di pece; c) Produzione di gas dal carbone".
Il medesimo decreto, al numero 39, lettera d), richiama i "Tumori della vescica" tra le "malattie causate da amine aromatiche e derivati" e li correla, secondo un periodo d'indennizzabilità egualmente illimitato, a "Lavorazioni che espongono alla azione delle amine aromatiche cancerogene comprese: benzidina, 4-aminodifenile, beta-naftilamina, e alla produzione ed impiego di auramina, di magenta, di safranina".
L'allegato 4 al D.P.R. n. 1124 del 1965, da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto ministeriale 10 ottobre 2023, oggi prevede al numero 29, lettera c), tra le malattie causate dall'esposizione a idrocarburi policiclici aromatici cancerogeni, il tumore maligno della vescica (compresi gli stati precancerosi).
L'allegato identifica le lavorazioni in quelle "che espongono all'azione degli idrocarburi policiclici aromatici: Gassificazione del carbone Produzione dell'alluminio mediante elettrolisi con processo o con l'anodo precotto".
Il medesimo allegato 4, al numero 35, lettera d), include, tra le "malattie causate da ammine aromatiche e derivati", il tumore maligno della vescica (compresi gli stati precancerosi) e individua le lavorazioni rilevanti in quelle "che espongono all'azione delle ammine aromatiche cancerogene".
In ambedue le ipotesi il periodo d'indennizzabilità permane illimitato.
7.- Su queste previsioni, via via modificate, s'incardinano, in prima battuta, le domande proposte, che invocano i princìpi enunciati in molteplici occasioni da questa Corte in tema di assicurazione contro le malattie professionali.
Quando la malattia è inclusa nella tabella allegata al D.P.R. n. 1124 del 1965, al lavoratore è sufficiente dimostrare di esserne affetto e di essere stato addetto alla lavorazione nociva: in tal caso, sempre che la malattia stessa si sia manifestata entro il periodo indicato in tabella, il nesso eziologico è presunto per legge (Cass., sez. lav., 24 maggio 2017, n. 13024) e su questa presunzione fanno leva le allegazioni della ricorrente.
Ove, invece, la malattia non rientri nella previsione tabellare, il nesso di causalità dev'essere provato dal prestatore di lavoro secondo gli ordinari criteri e, in caso di contestazione, l'accertamento della riconducibilità della malattia alla previsione tabellare costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass., sez. lav., 9 agosto 2024, n. 22592).
8.- Come emerge dalla narrativa dell'odierno ricorso (pagine 1 e 2), sin dal giudizio dinanzi al Tribunale la parte ricorrente ha posto l'accento sulle peculiarità della vicenda in esame, contraddistinta dall'esposizione a "idrocarburi policiclici aromatici, fumi, vapori, benzolo, benzene, beta-naftalamina, benzo-a-pirene, amine aromatiche" (pagina 8, punto 11) e dalla sussistenza di una "patologia tabellata", il carcinoma vescicale (pagine 10 e 11), con la conseguente applicabilità di regole peculiari in tema di distribuzione degli oneri probatori (pagina 19). Regole che l'Istituto ha radicalmente contestato (pagina 9, punto 17 del ricorso per cassazione).
Tali peculiarità sono state ribadite anche a supporto del gravame, incentrato sul carattere tabellato della patologia (pagine 21 e 22), sulla connessa "presunzione legale" (pagina 31) e sulle risultanze delle prove testimoniali acquisite (cfr., a tale riguardo, i passaggi riprodotti alle pagine 15, 16 e 17 del ricorso per cassazione), lette alla luce dell'apporto tecnico del consulente di parte.
Come si rileva nell'appello, le testimonianze descrivono con dovizia di dettagli l'attività lavorativa prestata dal 1966 al 1990 presso il reparto Acciaieria 1 - 2 - 3, l'uso di nastro-amianto per riparare i cavi elettrici, l'attività di manutenzione e riparazione dei trasformatori elettrici, che contenevano oli, sali, apirolio (pagina 17 del ricorso per cassazione).
I motivi d'impugnazione evidenziano che le circostanze riferite dai testi offrono un quadro conoscitivo più articolato rispetto a quello che si può inferire dalle valutazioni del consulente tecnico d'ufficio e su questo profilo s'imperniano le doglianze sottoposte al vaglio dei giudici d'appello.
Tali argomenti rappresentano, infine, anche l'asse portante del ricorso per cassazione, che a più riprese, censurando le carenze della decisione impugnata, rimarca la natura "tabellata" del carcinoma della vescica e discorre di "presunzione" di eziologia professionale, corroborata dal racconto dei testimoni e dalle notazioni del consulente di parte.
9.- La sentenza impugnata, nel disattendere le doglianze introdotte nel giudizio d'appello, osserva che esse vertono sulla presenza di numerose sostanze nocive nell'area ILVA e nell'ambiente circostante e si dimostrano inidonee a ricollegare la patologia insorta all'esposizione a uno specifico fattore di rischio, in virtù delle mansioni concretamente svolte dal lavoratore.
La pronuncia d'appello richiama, inoltre, le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, che disconosce l'idoneità delle sostanze presenti nell'ambiente di lavoro a determinare il tumore della vescica, caratterizzato, peraltro, da un'eziologia in larga parte ignota, e nega il contatto con sostanze astrattamente suscettibili di originare la patologia descritta.
10.- Anzitutto, la ratio decidendi non si confronta in modo specifico con le previsioni di legge richiamate dalla ricorrente e con i peculiari elementi di fatto che tali previsioni valorizzano, nel circoscrivere l'àmbito applicativo della presunzione di eziologia professionale.
Le disposizioni citate si raccordano alla particolarità del tumore maligno della vescica e impongono di ricostruire in modo esaustivo l'esposizione ai fattori di rischio sanciti dalla legge (idrocarburi policiclici aromatici e ammine aromatiche, secondo le ulteriori specificazioni racchiuse nell'allegato 4 al D.P.R. n. 1124 del 1965).
Entro quest'orizzonte occorre inquadrare sub specie iuris la vicenda controversa, al fine di rispondere in modo adeguato alle domande proposte in via principale.
Il profilo prospettato nel ricorso investe, dunque, il tema pregiudiziale della corretta sussunzione della fattispecie e dell'individuazione della regula iuris appropriata, che si riverbera sulla ripartizione degli oneri probatori e vale a delimitare il tema del decidere e i dati di fatto da scrutinare.
11.- Rispetto a tali ineludibili coordinate normative, il percorso argomentativo non consente di delineare compiutamente le ragioni che hanno condotto al rigetto del gravame e delle analitiche censure mosse alla pronuncia del Tribunale sulla base del descritto inquadramento giuridico della fattispecie.
La ricorrente ha dedotto e dimostrato di avere sottoposto al contraddittorio processuale allegazioni particolareggiate in ordine ai contesti di rischio tipizzati dalla legge, senza limitarsi a enumerare una congerie indistinta di sostanze nocive.
Inoltre, nell'atto di gravame, l'odierna ricorrente ha formulato critiche pertinenti, richiamando, in relazione alla "presunzione" invocata, le risultanze delle deposizioni acquisite e le obiezioni espresse dal consulente di parte, in quanto utili ad apportare, sulla presunzione di legge, un valido contributo euristico e ad arricchire il quadro tracciato dal consulente tecnico d'ufficio sulla tipologia delle sostanze patogene.
A fronte dell'ampio corredo assertivo e probatorio fin qui tratteggiato, la sentenza d'appello non fornisce i ragguagli indispensabili per confutare le deduzioni formulate nell'atto d'impugnazione e per smentire la sussistenza di lavorazioni che espongano a idrocarburi policiclici aromatici e ad ammine aromatiche, nei termini specificati dal legislatore.
Tale indagine si rivela imprescindibile ai fini della corretta applicazione della disciplina di legge e della presunzione invocata in modo puntuale nell'atto di gravame e ribadita, con la necessaria specificità, nell'odierno ricorso.
12.- In secondo luogo, sul tema dell'efficacia concausale dell'esposizione, protratta per un tempo considerevole, a una molteplicità di sostanze nocive, la sentenza impugnata trascura di dar conto delle osservazioni critiche del consulente di parte, riproposte e sviluppate nell'atto d'appello, e dunque incorre nei vizi denunciati nel ricorso (Cass., sez. lav., 12 aprile 2024, n. 9925).
La sentenza impugnata si limita a recepire le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio (pagina 2), senza soppesare e superare i numerosi e dettagliati rilievi trasfusi nell'atto di gravame e diffusamente trascritti nell'odierno ricorso (pagine 21-26), con il richiamo, tra l'altro, alle peculiarità del contesto lavorativo, alle evidenze epidemiologiche disponibili, alla necessità di valutare la sinergia dei disparati e conclamati fattori di rischio, secondo i canoni di un'elevata probabilità logica, ancorata alle particolarità del caso concreto.
13.- Dai rilievi esposti discendono l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
14.- La causa è rinviata alla Corte d'Appello di Lecce, che, in diversa composizione, riesaminerà la vicenda controversa alla luce della specifica disciplina dettata dall'allegato 4 al D.P.R. n. 1124 del 1965 sul tumore della vescica, vagliando i requisiti costitutivi della fattispecie invocata dalla ricorrente, riguardo all'esposizione a idrocarburi policiclici aromatici e ad ammine aromatiche.
Quanto alle altre sostanze nocive, il giudice del rinvio esaminerà le specifiche considerazioni sull'incidenza concausale, ritualmente sottoposte al contraddittorio delle parti.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
15.- Si deve disporre, infine, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della ricorrente e del coniuge deceduto, ai sensi dell'art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti della parte, che ha instaurato una controversia avente ad oggetto l'accertamento del carattere professionale della patologia e, dunque, dati inerenti alla salute.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Lecce, in diversa composizione.
Dispone, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte ricorrente e del coniuge deceduto, ai sensi dell'art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 12 giugno 2025.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2025.
