Categoria: Cassazione penale
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Responsabilità del Direttore Generale della Società Aeroporto di Genova, per aver cagionato al lavoratore F.A. (addetto allo svolgimento di operazioni a terra tra le quali il carico e lo scarico di merci dagli aeromobili), lesioni personali dalle quali derivava una malattia di durata superiore a gg 40.


Al Direttore Generale era addebitata la colpa, consistita in negligenza, imperizia e imprudenza, di non avere, con violazione delle norme di prevenzione infortuni (
D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e 35), adeguatamente valutato nella scelta delle attrezzature di lavoro i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori addetti al carico e scarico e di non aver conseguentemente messo a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o adatte agli scopi perseguiti dalla organizzazione del lavoro, e comunque idonee ai fini della sicurezza e della tutela della salute, in particolare non impedendo la salita sulle stive degli aeromobili ad altezza di m. 1,70 dal suolo col solo uso della forza fisica

 

A parere del giudice di primo grado il F. non svolgeva il suo lavoro ad altezza pericolosa posto che la stiva di poppa dell'aereomobile era alta da m. 1,40 a m. 1,70 dal suolo.

 

"Per la sentenza impugnata con l'appello il F. tentò di salire sulla stiva con il metodo arbitrario del balzo in alto con appoggi sulle mani commettendo però qualche sbaglio nei movimenti.
Di tale metodo di lavoro la sentenza ritiene non responsabile il direttore della Società Aeroporto Genova tanto più che la mattina dell'infortunio la superficie della stiva era bagnata a causa della pioggia sicchè l'infortunio fu causato dal balzo e dalla scivolosità della stiva cioè da due fattori causali asseritamente imprevedibili e non addebitabili.

 

Il ricorso per Cassazione avverso la stessa sentenza di primo grado, proposto secondo la disciplina processuale novellata e poi fatta cadere dalla Corte Costituzionale, consente di verificare la illogicità delle proposizioni assolutorie relative alla asserita idoneità di sistemi di accesso all'aeromobile affidati alla agilità al senso di equilibrio e alla forza fisica dei lavoratori, relative all'intralcio rappresentato da scale di accesso, alla mancata mappatura del rischio relativo all'accesso dei lavoratori per il carico e scarico derivata dalla inesistenza di infortuni salva "qualche distorsione durante la discesa dalla stiva", al rapporto tra raccomandazioni datoriali di uso dei presidi antinfortunistici e la concreta assenza di quei presidi.

 

Le stesse proposizioni di sentenza relative alla insuscettibilità di previsione dei rischi rappresentati da pioggia e da salita del lavoratore a forza di braccia dimostrano la erroneità dei postulati logici assunti per veri e posti come termini del ragionamento sillogistico, dal momento che gli ordinari e consueti fattori ambientali e climatici non possono essere correttamente assunti come imprevedibili così come non può essere assunto come imprevedibile un comportamento di accesso all'aereomobile collegato alla assenza di scale di salita ritenute dalla organizzazione datoriale un intralcio al lavoro."



 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente -
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere -
Dott. BRUSCO Carlo Giusepp - Consigliere -
Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere -
Dott. BERNARDI Sergio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

  

 

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di GENOVA;
Imputato:
R.G., n. il (OMISSIS) difeso dall'Avv.to Manzitti Cesare di fiducia;
avverso sentenza resa da Tribunale di Genova in esito all'udienza del 30/10/2003;
letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza dal Consigliere Dott. Gaetanino Zecca;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Angelo Giovanni, che ha concluso per Annullamento della ordinanza dichiarativa della
inammissibilità dell'appello e trasmissione alla Corte di Appello di Genova.

 

Fatto

 

 

 

La sentenza del Tribunale di Genova resa all'udienza del 30/10/2003 assolveva R.G. dal reato di lesioni colpose a lui addebitato, perchè il fatto non sussiste.

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Genova proponeva appello avverso siffatta sentenza e quella Corte territoriale in data 3/5/2006 preso atto che l'art. 593 c.p.p. modificato da L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 1 non consentiva l'appello del PM avverso la sentenza di proscioglimento, dichiarava inammissibile l'appello medesimo.

La procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, proponeva ricorso per Cassazione contro il provvedimento che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello e concludeva per l'annullamento della sentenza di assoluzione con rinvio del processo ad altro giudice per il nuovo giudizio.

All'udienza pubblica del 18/12/2007 il ricorso era deciso con il compimento degli incombenti prescritti dal codice di rito.

 

 

Diritto

 

 

Il ricorso denunzia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione impugnata sia nella prospettiva del rapporto tra proposizioni motivazionali e risultanze del processo, pur annotate nel testo della sentenza impugnata, sia nella prospettiva delle incoerenza delle diverse proposizioni che costruiscono il testo della motivazione, tutte analiticamente menzionate dal PM ricorrente.
La sentenza impugnata dichiara in data 20/4/2006 inammissibile l'appello in forza della novella di cui alla legge 46/2006 che ha modificato l'art. 593 c.p.p. più non consentendo l'appello del PM controre sentenze di proscioglimento.

Nelle more è intervenuta Corte Cost. 6/2/2007 n. 20 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale della L. 20 febbraio 2006, n. 46, artt. 1 e 10 e delle loro previsioni.
Torna utile ricordare che Cassazione Penale Sez. 1, sent. n. 12355 del 23 marzo 2007 ha affermato con numerosissime altre successive che l'ordinanza di inammissibilità dell'appello del pubblico ministero, pronunciata sulla base della disciplina transitoria della sopravvenuta novella codicistica introdotta con la L. n. 46 del 2006, va annullata senza rinvio, se il pubblico ministero ha successivamente proposto avverso la sentenza di proscioglimento il ricorso per Cassazione e non sussistono cause di inammissibilità formale del ricorso nè le condizioni per il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., in ragione dell'efficacia retroattiva della sentenza della Corte Cost. n. 26 del 2007, dichiarativa dell'illegittimità dell'indicata novella, sulle situazioni processuali non ancora definite, con la conseguente piena validità dell'appello, a cui fa seguito la trasmissione degli atti alla Corte territoriale per lo svolgimento del giudizio.


Nel caso che ne occupa la sentenza del Tribunale riteneva anomalo e imprevedibile il comportamento del lavoratore F. che si issava a forza di braccia nella stiva di un aeromobile.
Il capo di imputazione addebitava al R., nella sua qualità di Direttore Generale della Società Aeroporto di Genova, di aver cagionato al lavoratore F.A. (addetto allo svolgimento di operazioni a terra tra le quali il carico e lo scarico di merci dagli aeromobili), lesioni personali dalle quali derivava una malattia di durata superiore a gg 40. Al Direttore Generale era addebitata la colpa, consistita in negligenza, imperizia e imprudenza, di non avere, con violazione delle norme di prevenzione infortuni (D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e 35), adeguatamente valutato nella scelta delle attrezzature di lavoro i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori addetti al carico e scarico e di non aver conseguentemente messo a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o adatte agli scopi perseguiti dalla organizzazione del lavoro, e comunque idonee ai fini della sicurezza e della tutela della salute, in particolare non impedendo la salita sulle stive degli aeromobili ad altezza di m. 1,70 dal suolo col solo uso della forza fisica. In questo quadro di riferimento erano contestate le lesioni conseguite dal lavoratore.


Alla luce del testimoniale raccolto la sentenza riteneva che il F. non svolgesse il suo lavoro ad altezza pericolosa posto che la stiva di poppa dell'aereomobile era alta da m. 1,40 a m. 1,70 dal suolo.

Per la sentenza impugnata con l'appello il F. tentò di salire sulla stiva con il metodo arbitrario del balzo in alto con appoggi sulle mani commettendo però qualche sbaglio nei movimenti.
Di tale metodo di lavoro la sentenza ritiene non responsabile il direttore della Società Aeroporto Genova tanto più che la mattina dell'infortunio la superficie della stiva era bagnata a causa della pioggia sicchè l'infortunio fu causato dal balzo e dalla scivolosità della stiva cioè da due fattori causali asseritamente imprevedibili e non addebitabili.

Il ricorso per Cassazione avverso la stessa sentenza di primo grado, proposto secondo la disciplina processuale novellata e poi fatta cadere dalla Corte Costituzionale, consente di verificare la illogicità delle proposizioni assolutorie relative alla asserita idoneità di sistemi di accesso all'aeromobile affidati alla agilità al senso di equilibrio e alla forza fisica dei lavoratori, relative all'intralcio rappresentato da scale di accesso, alla mancata mappatura del rischio relativo all'accesso dei lavoratori per il carico e scarico derivata dalla inesistenza di infortuni salva "qualche distorsione durante la discesa dalla stiva", al rapporto tra raccomandazioni datoriali di uso dei presidi antinfortunistici e la concreta assenza di quei presidi.

Le stesse proposizioni di sentenza relative alla insuscettibilità di previsione dei rischi rappresentati da pioggia e da salita del lavoratore a forza di braccia dimostrano la erroneità dei postulati logici assunti per veri e posti come termini del ragionamento sillogistico, dal momento che gli ordinari e consueti fattori ambientali e climatici non possono essere correttamente assunti come imprevedibili così come non può essere assunto come imprevedibile un comportamento di accesso all'aereomobile collegato alla assenza di scale di salita ritenute dalla organizzazione datoriale un intralcio al lavoro.

La assenza di adeguati strumenti di lavoro e di adeguati presidi evidenzia la ragione della contestazione di omessa vigilanza del datore di lavoro sul compimento delle operazioni a rischio.

L'esame fin qui svolto del ricorso e della sentenza di appello, nonchè della stessa sentenza originariamente appellata vale a dimostrare che non esistono condizioni per una immediata declaratoria di cause di non punibilità, vale a rammentare che il ricorso per Cassazione fu proposto solo a seguito della declaratoria di inammissibilità dell'appello proposto e, dunque impone di annullare la sentenza di inammissibilità già resa e di convertire il ricorso per Cassazione in ricorso per appello.
Gli atti devono essere trasmessi alla Corte di Appello di Genova per il giudizio di appello.

 

 

P.Q.M.


Annulla l'ordinanza dichiarativa della inammissibilità dell'appello e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Genova convertito il ricorso in appello.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2008