LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele - Presidente -
Dott. CUOCO Pietro - Consigliere -
Dott. ROSELLI Federico - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

 

sul ricorso proposto da: 
An. Energia S.P.A., in persona del legale rappresentante pro  tempore, elettivamente domiciliata in ROMA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende, giusta procura ad lites atto Notar VOIELLO ROSA di Genova del  31/05/04 rep. n. 74098;
- ricorrente -
contro
A.G., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato GARLATTI ALESSANDRO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 275/04 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 20/04/05 r.g.n. 968/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/07 dal Consigliere Dott. Federico ROSELI;
udito l'Avvocato GARLATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RIELLO Luigi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

 

 

Fatto

 

 

Ritenuto in fatto che con sentenza del 20 aprile 2004 la Corte d'appello di Milano confermava la decisione, emessa dal Tribunale, di condanna della s.p.a. An. energia a risarcire il danno biologico sopportato da A.G., già lavoratore subordinato della soc. Azienda B. termotecnica, dante causa della An. energia, con mansioni di gruista imbragatore addetto al reparto componenti nucleari, di fabbro e di carpentiere, svolte dal 1975 al 1995, attraverso l'impiego di teli, cuscini e materassini di amianto e con esposizione diretta ad inalazione di fibre e polveri della stessa sostanza;
che il danno era dato da piccole placche pleuriche, riscontrate dal consulente tecnico nominato d'ufficio, mentre il nesso di causalità con il lavoro svolto non era interrotto dal tabagismo;
che l'obbligo generale di protezione, imposto al datore di lavoro dall'art. 2087 cod. civ., e gli obblighi imposti quanto all'emissione di polveri dal D.P.R. 19 marzo 1956, art. 21 risultavano violati per la presenza di polveri negli ambienti di lavoro in quantità tale da oscurare la luce del sole e dall'insufficienza di un torrino d'aspirazione;
che l'elemento psicologico dell'illecito civile era ravvisabile poichè la pericolosità delle polveri d'amianto almeno per l'asbestosi era già nota all'epoca dei fatti di causa;
che contro questa sentenza ricorre per cassazione la s.p.a. An. energia mentre l' A. resiste con controricorso;
che entrambi le parti hanno presentato memoria.

 

 

Diritto

 

CONSIDERATO IN DIRITTO che il ricorso è tempestivo perchè consegnato all'ufficiale giudiziario per la notificazione entro l'anno di cui all'art 327 cod. proc. civ., dal deposito della sentenza;
che con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2087, 2697 cod. civ., D.P.R. n. 303 del 1956, art. 21 e vizi di motivazione, per avere la Corte d'appello ravvisato la responsabilità civile nei confronti del lavoratore, pur noti avendo questi fornito la prova della colpa dell'imprenditore per mancata adozione di misure di sicurezza nei luoghi di lavoro ossia per costituzione di una situazione di rischio per la salute dei lavoratori, considerato altresì che all'epoca dei fatti di causa non era noto il pericolo generato dall'amianto;

che il motivo non è fondato;

che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c. cit., pur non essendo di carattere oggettivo, sanziona l'omessa predisposizione di cautele per la salute del lavoratore, commisurate al tipo di lavorazione ed al connesso rischio, dato specialmente da fumi o polveri nocive (Cass. 9 maggio 1998 n. 4721, 23 maggio 2003 n. 8204, 14 gennaio 2005 n. 644, quest'ultima con riferimento al rischio amianto già negli anni sessanta); che nel caso di specie la Corte d'appello ha esattamente considerato come noto al tempo dei fatti di causa (1975-1995) il rischio da inalazione di polveri di amianto ed ha anche rilevato l'insufficienza del torrino d'aspirazione predisposto dall'imprenditore, di conseguenza pervenendo con completa e coerente motivazione ad affermare la responsabilità ex art. 2087 c.c. cit.;

che le altre argomentazioni del ricorrente, tanto diffuse quanto inutili, tendono ad ottenere da questa Corte di legittimità una nuova, impossibile valutazione delle prove e dei fatti di causa;

che col secondo motivo la ricorrente denuncia vizi di motivazione e violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per essersi contraddetto il consulente medico e per avere la sentenza impugnata omesso di motivare in ordine alla non incidenza delle piccole placche pleuriche nella menomazione della funzione respiratoria del lavoratore ed al danno biologico dell'uno-due per cento, nondimeno ravvisato dal consulente;

che il motivo non è fondato perchè, anche quando l'alterazione anatomica non abbia attualmente incidenza funzionale, non è censurabile la sentenza di merito che ravvisi il danno biologico a causa del semplice pericolo cagionato dall'alterazione;

che col terzo motivo la ricorrente sostiene la violazione degli artt. 2043, 1223 cod. civ., art. cod. pen. e vizi di motivazione, per avere la Corte d'appello ravvisato l'esposizione all'amianto attraverso un'acritica adesione ad una relazione dell'Inail, seguita da una revisione del rischio aziendale e dalla conseguente variazione contributiva a carico dell'impresa; che il motivo non è ammissibile poichè attraverso diffusi ed analitici richiami a fatti e circostanze la ricorrente tenta ancora di sollecitare impossibili valutazioni di merito nel giudizio di cassazione;

che, rigettato il ricorso, la manifesta infondatezza dell'eccezione di inammissibilità dello stesso induce alla compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2008