SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA


Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»


Seduta 71, martedì 18 gennaio 2011


Audizione di rappresentanti della Federazione industrie prodotti impianti e servizi per le costruzioni (F.IN.CO.)


Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono, in rappresentanza della Federazione industrie prodotti impianti e servizi per le costruzioni (F.IN.CO.), la dottoressa Gabriella Gherardi, presidente AISES e consigliere incaricato F.IN.CO.; il dottor Angelo Artale, direttore generale F.IN.CO.; la dottoressa Anna Danzi, vice direttore F.IN.CO.; il dottor Sergio Pontalto, membro Giunta F.IN.CO. e presidente ANNA; il dottor Lino Setola, membro Giunta F.IN.CO., ACAI; la dottoressa Chiara Gravante, ufficio comunicazione F.IN.CO.; il dottor Paolo Cirmi, F.IN.CO., 3M; il dottor Arrigo Varlaro Sinisi, ufficio legale F.IN.CO.; e l'ingegner Fabio Cortesi, vice presidente AIPAA.


PRESIDENTE
L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Federazione industrie prodotti impianti e servizi per le costruzioni (F.IN.CO.).
Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Comunico inoltre che sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.
Ringrazio anzitutto i nostri ospiti per la loro presenza, pregandoli cortesemente di essere sintetici e di soffermarsi soprattutto sugli argomenti che ritengono di maggiore interesse per la Commissione, ferma restando la possibilità di inviarci successivamente ulteriore documentazione, qualora lo ritenessero opportuno.

GHERARDI
Signor Presidente, porto alla Commissione i saluti del presidente di F.IN.CO., architetto Cirino Mendola, il quale non ha potuto essere presente a questa audizione ma ne è profondamente partecipe, sia nel merito, sia per quelli che potranno essere i contenuti che insieme andremo ad evidenziare.
Vorrei fare anzitutto una premessa: non sempre i buoni controlli nei luoghi di lavoro assicurano ai lavoratori il risultato di un'attività sicura, posto che una grandissima parte del lavoro che dovrebbe essere svolto all'interno dei luoghi a ciò deputati (quindi sicuri, sorvegliati e ben organizzati) viene svolta invece al di fuori. Infatti le figure di esternalizzazione del lavoro si sono moltiplicate in questi ultimi anni, sovente facendone abuso, sia nel numero, sia anche nell'ambito di strutture già esistenti (ad esempio, il subappalto). Se ne è fatto un uso eccessivo e poco controllato, con regole molto diluite e senza sorveglianza circa la loro applicazione. È ben chiaro che questi lavoratori in subappalto, ormai sempre più numerosi, sfuggono alle regole millimetriche vigenti nei luoghi di lavoro interni. Questo fenomeno non riguarda soltanto la sicurezza dei lavoratori, ma anche la sicurezza degli utenti e dei cittadini. Ciò soprattutto per quanto concerne i lavori pubblici. Tra tutti i tipi di contratti esternalizzati prendo emblematicamente il caso del subappalto, perché è quello che più concentra su di sé l'attitudine e la tendenza all'esternalizzazione; tuttavia potremmo esaminare anche altre figure, meno regolate e meno controllabili. Per esempio, nei lavori pubblici (che quindi coinvolgono l'intera collettività) tutta l'area delle imprese specialistiche e superspecialistiche è affidata al subappalto. Con l'affermarsi dei grandi lavori, sempre più accentrati e sempre più rispondenti a quello che è il general contractor, le attività specialistiche, per loro natura più profonde ma meno forti sotto il profilo dei fatturati rispetto alle opere principali, finiscono in subappalto. Quest'ultimo va stretto all'azienda specialistica, la quale, per sua natura e per le attrezzature specialistiche di cui dispone, assomma in sé una maggiore pericolosità e quindi va maggiormente controllata, anche sotto il profilo dei lavoratori (ma non solo). Questo fenomeno di massificazione, che nei lavori pubblici si è assommato negli ultimi sei o sette anni sul general contractor e sulle grandi opere, ha ridotto la qualità e la sicurezza delle opere specialistiche in subappalto, con conseguenti ricadute sulla qualità dei lavori e sulla sicurezza dei lavoratori, degli utenti e di tutti i cittadini. A nostro modo di vedere, si dovrebbe trovare il modo di invertire tale situazione. Noi abbiamo avanzato una serie di proposte (che vi abbiamo inviato, signor Presidente) in ordine ad una sorta di manifesto per le opere specialistiche e superspecialistiche, tra le quali rientra anche una maggiore tutela della sicurezza nel lavoro.
Purtroppo, proprio in un terreno così scivoloso, non abbiamo i numeri: nel prospetto delle denunce all'INAIL sugli infortuni non è indicato se l'azienda lavora o meno in regime di subappalto e che tipo di esternalizzazione hanno avuto determinati dipendenti. Per poter avere questi dati sarebbe sufficiente l'inserimento nelle denunce a stampa di un link ove si facesse riferimento alla tipologia del contratto o del subcontratto sotto cui si opera. Basterebbe questo per fornirci, da qui a due o tre anni, la disponibilità di una prima banca dati su questo aspetto.
La seconda questione che vorrei affrontare in linea generale riguarda il caso dell'attività lavorativa svolta fuori dal luogo di lavoro, cioè del lavoratore che viaggia per lavoro o che subisce un infortunio in itinere. Gli infortuni mortali sul lavoro sono più numerosi sulla strada che non nei luoghi di lavoro: la mortalità è del 52 per cento contro il 50 per cento. Per gli infortuni non mortali le percentuali sono diverse, tuttavia siamo sempre intorno al 24-25 per cento. Tant'è vero che quando in Confindustria ci si è resi conto dell'importanza del fenomeno e si sono separati i dati degli infortuni che si verificano su strada da quelli che si verificano nei luoghi di lavoro, il numero degli infortuni, che in Italia era assai più elevato rispetto a quello registrato negli altri Paesi europei, è rientrato nei termini.
Che caratteristiche ha l'infortunio sulla strada, fuori sede protetta? Abbiamo dapprima analizzato il caso in cui il lavoratore sia fuori zona protetta con un contratto di subappalto o con altre figure di esternalizzazione; dobbiamo ora esaminare che tipo di protezioni offra la strada nei confronti di questo tipo di infortunio. In quest'ultimo caso la risposta è ancor peggiore, perché se nel subappalto e similari denotiamo una protezione ed un controllo minori, sulla strada non c'è veramente niente: la sicurezza è garantita dagli articoli 13 e 14 del Codice della strada, norme programmatiche che stabiliscono semplicemente che le strade devono essere tenute in ordine e che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deve vigilare su questo aspetto. C'è stata, è vero, tutta una decretazione ministeriale, quasi esclusivamente incentrata però sui fenomeni autorizzativi. Non sono state emanate circolari che entrino nel merito della norma programmatica, di cui all'articolo 14 del Codice della strada, ad eccezione di una, peraltro poco significativa.
Grazie all'iniziativa dell'onorevole Balducci, che ha svolto un'opera egregia sia alla Camera che al Senato, con la legge n. 120 del 2010 in materia di sicurezza stradale, si è contribuito a migliorare questa situazione, sia con finanziamenti derivanti dai proventi contravvenzionali, sia meglio definendo le norme sulla sicurezza stradale con la previsione di decreti ministeriali di successiva emanazione. Il termine di emanazione previsto per questi ultimi è scaduto il 12 ottobre 2010, ma ancora non si è fatto nulla. È un peccato che il risultato di uno sforzo così notevole del Parlamento, che abbiamo seguito con grandissima attenzione, sia finito nei cassetti del Ministero. A tal riguardo, quale potrebbe essere la proposta per invertire la tendenza? Abbiamo prodotto uno studio sul tema - già inviato alla segreteria della Commissione - da cui emerge che è a disposizione dell'INAIL un surplus di premi derivanti dalle rimesse degli industriali per gli infortuni su strada. Ebbene, si potrebbe ipotizzare di impiegare una parte di questo avanzo di gestione per finanziare ispezioni o altri interventi in modo da rendere la strada più sicura; quantomeno, per avvicinare i livelli di sicurezza se non agli standard europei (da cui purtroppo siamo abbastanza lontani), almeno a quelli relativi ai luoghi di lavoro.
Signor Presidente, nella mia illustrazione mi sono limitata a segnalare gli aspetti più critici della materia, che sono assai più gravi di quanto si immagina: infatti, mentre il luogo di lavoro è soggetto ad alcune regole, che possono essere disattese ma sulla cui applicazione vi è comunque un monitoraggio, al contrario, nei casi che ho esposto siamo di fronte ad una scarsa o nulla tutela della sicurezza dei lavoratori.

ARTALE
Signor Presidente, F.IN.CO. è la federazione di Confindustria che raggruppa tutte le principali associazioni che si occupano di materiali, prodotti, servizi e impianti per le costruzioni e, in particolare, di opere specialistiche. La dottoressa Gherardi si è già soffermata, sempre nell'ambito del settore costruzioni, sulla questione della sicurezza stradale. Abbiamo seguito con molta attenzione l'operato di questa Commissione e mi permetto di compiacermi per il lavoro svolto, avendo letto i verbali di circa la metà delle audizioni che avete tenuto in questa sede. Vi ringraziamo anche per averci convocato, pur se rappresentiamo una parte poco conosciuta, per non dire ignota, del mondo delle costruzioni. È questo un aspetto fondamentale: rappresentiamo il mondo delle costruzioni, non dell'edilizia. Chi costruisce un ponte è un costruttore metalmeccanico, ma non un edile. L'edilizia è solo una parte del più ampio settore delle costruzioni. Si tratta di un aspetto importantissimo per quanto vi dirò e per la decretazione che deve derivarne, perché non si può ricondurre la questione della sicurezza del cantiere soltanto ad argomenti inerenti il costo ed il valore del contratto edile, quando la maggiore parte delle persone è impiegata con contratto metalmeccanico. Chi costruisce un ponte è un costruttore metalmeccanico, non un edile; non si può rimettere tutto ad accordi bilaterali tra casse edili e costruttori edili: questo è un punto che bisogna capire.
Purtroppo F.IN.CO. rappresenta un settore poco conosciuto perché non ha contatti con il consumatore finale, non produce beni di consumo, non sta sotto il cono di luce del made in Italy, esporta poco (salvo eccezioni) e non ha contatti diretti con la stazione appaltante, poiché spesso lavora in subappalto. Questa è la ragione delle osservazioni che abbiamo formulato a margine dell'audizione del ministro Matteoli, il quale se, da un lato, si preoccupa della sicurezza dei lavoratori, dall'altro ha licenziato un regolamento sugli appalti che va esattamente nella direzione opposta.
Signor Presidente, voglio sottolineare che le mie affermazioni non sottintendono alcuna critica di natura politica. Abbiamo apprezzato molte delle misure adottate dall'Esecutivo, sia con riferimento al bonus del 55 per cento per la riqualificazione energetica, sia con riferimento alla normativa per la libertà d'impresa che stanno portando avanti il senatore Mugnai e altri. Sulla questione Confindustria non ha preso alcuna posizione. Occorre tuttavia specificare determinati aspetti del regolamento di attuazione del Codice degli appalti (DPR n. 507 del 2010), posto che la normativa attuale va in senso contrario rispetto alle affermazioni che sono state fatte. C'è un presupposto che bisogna tenere a mente: non è sufficiente che il concetto di congruità - che pure apprezziamo - sia riferito al mestiere di costruttore edile (tornerò poi brevemente sulla risoluzione bipartisan che il Senato ha approvato su proposta di questa Commissione e che apprezziamo molto), essendo la sicurezza sul lavoro una questione che riguarda l'intera organizzazione aziendale e che ha a che fare con le modalità di affidamento dei lavori. Fino a quando non si insisterà su questo punto e non si coglierà questo grimaldello, le altre misure costituiranno solo dei palliativi.
Il ministro Sacconi, cui abbiamo inviato copiosa documentazione, ha in animo di licenziare una circolare interpretativa in materia di sicurezza sul lavoro in cui ci si limita a ribadire - lo dico pur confermando la massima stima al Ministro - che occorre promuovere l'aggiudicazione dei lavori con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, oppure con il metodo del massimo ribasso (su cui siamo perfettamente d'accordo), stabilendo alcune regole. Non si tocca però un punto fondamentale: in una catena di subappalti, se l'affidamento viene fatto con il metodo del massimo ribasso, la coperta è comunque corta. Abbiamo modo di verificare la congruità dei costi della manodopera, non essendo ribassabili i costi della sicurezza? La coperta rimane corta. Il legislatore italiano nella sua saggezza ha già predisposto strumenti legislativi atti ad ampliare la rosa della concorrenza. Il subappalto è un istituto che non criminalizziamo affatto, perché se un'impresa deve far montare un termosifone è ovvio che subappalti l'opera, ma la norma estende il subappalto alla realizzazione delle opere specialistiche. Abbiamo cercato di segnalarlo in ogni modo, ma non abbiamo ricevuto risposta, oltre ad aver constatato che il Ministero delle infrastrutture ha voluto creare e mantenere un tavolo con la sola partecipazione dei rappresentanti delle imprese generali, ossia di quelle che subappaltano. Sarebbe come fare una discussione sul mercato alcolico italiano convocando solo i produttori di birra e non i produttori di vino, o peggio, convocando solo i primi quando si parla del vino. In questo tavolo tecnico, essendo stato stralciato l'allegato che disciplinava le caratteristiche di qualificazione delle imprese specialistiche che operano in subappalto, si parlava sostanzialmente di norme.
Voglio tranquillizzare il Presidente circa il fatto che non tutti i presenti interverranno.

PRESIDENTE
Il mio invito alla sintesi non deve essere interpretato come una limitazione.

ARTALE
Abbiamo già effettuato una sintesi, essendo presenti oggi solo alcune delle 30 associazioni rappresentate da F.IN.CO. In particolare, sono presenti le associazioni che rappresentano tre settori poco noti, ma importanti in materia di sicurezza, come il settore della sicurezza dei cantieri stradali di cui vi ha già parlato la dottoressa Gherardi. Interverrà poi la dottoressa Danzi, vice direttore di F.IN.CO., per illustrare meglio alcuni aspetti tecnici. Prenderà quindi la parola su un tema di grande attualità il presidente dell'AIPAA, una piccola associazione molto qualificata che produce dispositivi di protezione per le cadute dall'alto, e il presidente dell'ANNA (Associazione nazionale noleggi autogrù e impianti di sollevamento) che si occupa di un settore anch'esso assai delicato ai fini della sicurezza.
Ora, signor Presidente, vorrei soffermarmi molto brevemente su tre dei preziosi spunti, tutti condivisibili, contenuti nelle risoluzioni approvate dall'Aula del Senato, a conclusione della discussione sulla seconda relazione intermedia della Commissione, per sottolinearne l'importanza. In primo luogo, si fa riferimento al decreto legislativo n. 81 del 2008, del quale si attendono ancora alcuni decreti attuativi, in particolare in ordine alla possibilità di effettuare con tempestività le verifiche periodiche dei macchinari. C'è poi il riferimento agli strumenti provvisionali (ponteggi, casseforme, eccetera). Ho inoltrato qualche giorno fa alla Commissione la lettera che a suo tempo inviammo al ministro Tremonti, per fare in modo che nell'ambito della cosiddetta "Tremonti-ter" rientrasse anche questo tipo di macchinari; mi sembra quindi molto opportuno considerare virtuose le imprese che li rottamano.
Infine c'è l'accenno al disegno di legge relativo alla disciplina dell'attività professionale di costruttore edile. Condividiamo nel principio questo provvedimento, ritenendo che occorra qualificare la professione di costruttore edile. Noi rappresentiamo l'impresa edile, ma soprattutto l'industria edile, cioè le aziende che operano non tanto in un cantiere quanto in una fabbrica. Tali aziende hanno già una soglia di ingresso piuttosto onerosa, in quanto non possono andare ad operare in cantiere (fattispecie alla quale si vuole giustamente porre un freno). Abbiamo già rappresentato alla Commissione industria e, prima ancora, alla Commissione ambiente della Camera dei deputati il fatto che questo tipo di normativa dovrebbe riguardare solo coloro che applicano il contratto dell'edilizia; ciò è coerente con il fatto che è prevista l'iscrizione ad una sezione speciale della camera di commercio e con il fatto che le scuole edili sono bilaterali. Si tratta insomma di un aspetto che deve riguardare coloro che applicano il contratto edile, artigiano o industriale che sia. Mi permetto pertanto di cogliere l'occasione per offrire questo suggerimento da parte nostra.
Prima di cedere la parola alla dottoressa Danzi, vorrei invitare la Commissione a prestare attenzione a due dettagli tecnici che riguardano il regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (o Codice degli appalti), un regolamento per molti versi di grande respiro e di notevole gradiente innovativo. Purtroppo, per quanto riguarda l'aspetto che qui trattiamo in via esclusiva e che più ci interessa, cioè il rapporto tra appalto e subappalto e la filiera di affidamento, tale regolamento è assolutamente insufficiente e molto pericoloso, perché elimina quelle minime garanzie che esistevano in riferimento all'affidamento delle opere. Noi siamo in un Paese in cui alle aste si presenta fin troppa gente, non abbiamo il problema contrario. Le modifiche apportate al regolamento aprono ulteriormente alla platea degli offerenti. Siamo altresì in presenza dell'istituto dell'avvalimento, un istituto che il legislatore europeo ha imposto a livello comunitario (e che quindi è stato trasposto, con ulteriori irrigidimenti, a livello nazionale), posto che in certi Paesi non c'era abbastanza concorrenza: in Svezia alle gare si presentano solo cinque aziende, che tra l'altro appartengono a tre famiglie, qualunque sia il tipo di appalto; la Francia è un mercato più vicino a quello italiano, ma il numero delle imprese è pari a circa un terzo delle nostre. Negli altri Paesi, poi, non c'è purtroppo una legge antimafia. In Italia esiste quindi una certa elasticità di presentazione delle offerte: già c'era lo strumento dell'associazione temporanea di imprese, sia verticale che orizzontale (anch'esso un modo per aumentare la platea degli offerenti), ora c'è anche l'istituto dell'avvalimento. Non si avverte pertanto alcuna esigenza di un ulteriore allargamento della platea, soprattutto se si consente ad alcuni soggetti giuridici di acquisire delle caratteristiche e delle qualifiche attraverso il lavoro altrui, perché di questo stiamo parlando. La dottoressa Danzi illustrerà ora in che modo tutto ciò si concretizza.

DANZI
Signor Presidente, prima di entrare nel merito dei due punti che ha anticipato il direttore Artale, vorrei fare un breve passo indietro, altrimenti non si comprende bene perché insistiamo sul fatto che la qualificazione aiuterebbe a ridurre il numero degli incidenti sul lavoro e quindi ad aumentare la sicurezza sul lavoro. Il sistema degli appalti ha molte regole: uno dei punti che è stato contestato a questo nuovo regolamento del Codice dei contratti pubblici è il fatto di essere composto da moltissimi articoli, che si aggiungono ai numerosissimi articoli del Codice. Si tratta di settecento articoli, difficilissimi da applicare, che si intersecano con tutta una serie di normative (dal Testo unico sulla sicurezza al Codice dell'ambiente, al Codice dei beni culturali: un grande corpus normativo), però, di fatto, sfuggono alcuni aspetti che sono basilari ed elementari. Uno dei primi è proprio il modo in cui è redatto un bando di gara, dove normalmente c'è una netta prevalenza delle lavorazioni generali, al cui interno vengono ricomprese le lavorazioni speciali. Di qui la possibilità, di cui parlava la dottoressa Gherardi, di subappaltare un po' di tutto, proprio perché a monte non viene correttamente identificata quale lavorazione deve essere eseguita, laddove la legge impone, al di sopra di una certa soglia (il 10 per cento del totale dell'appalto), di indicare le lavorazioni specialistiche. Se questa norma venisse applicata, chi è chiamato a lavorare nell'appalto avrebbe un grado di dignità maggiore.
Esiste poi il problema dei controlli. Una serie di presidi normativi dovrebbero garantire che la catena degli affidamenti nell'ambito dei lavori venga realizzata in maniera corretta. L'articolo 118 del Codice stabilisce ad esempio che l'appaltatore principale non può subappaltare una certa lavorazione, cha fa parte del pacchetto complessivo dell'appalto, ad una soglia inferiore al 20 per cento della sua aggiudicazione. Se si prende un lavoro a 100 e lo si subappalta, il ribasso che si può applicare su questo subappalto non deve essere superiore a 20. Di fatto, nessuno controlla che tale percentuale sia rispettata; di fatto, il subappaltatore non ha nemmeno idea del prezzo al quale l'appaltatore principale si è aggiudicato un certo lavoro. Nel momento in cui vengono fatte queste assegnazioni non c'è più alcun riferimento economico quale punto di partenza. Come avete giustamente sottolineato nel vostro rapporto, tale sistema, applicato su una aggiudicazione fatta già al massimo ribasso, comporta (come sta succedendo in alcune gare, anche recenti), se l'appaltatore principale ha acquisito il lavoro al 60 per cento in meno sulla base d'asta e ci aggiunge quel 20 per cento o qualcosa di più per la parte che va a subappaltare, che vi siano dei subappaltatori che lavorano al 20 per cento di quello che dovrebbe essere il prezzo per eseguire una certa lavorazione. Ciò è insostenibile. Ci sono delle regole che consentirebbero di controllare che i ribassi sui lavori dati in subappalto non siano eccessivi, ma di fatto non vengono applicate. Così come non viene applicata la verifica sulle fatture quietanzate. Il Codice dei contratti pubblici stabilisce che l'appaltatore principale deve presentare alla stazione appaltante la dimostrazione che ha saldato il subappaltatore, per mezzo di fatture quietanzate da quest'ultimo.
Moltissime stazioni appaltanti tuttavia non controllano le quietanze e moltissimi subappaltatori, perché costretti o perché accondiscendenti, sono disponibili a quietanzare fatture senza aver ricevuto denaro. Questo sistema non può che portare le aziende che lavorano in subappalto a cercare il modo migliore per rispondere all'appaltatore principale e portare a casa un margine minimo di profitto; ma essendo già così risicati i margini, non vi è garanzia sulla qualità del lavoro: parliamo in primis di sicurezza del lavoro, ma anche di qualità e durabilità dell'opera nel tempo, il che implica minore necessità di manutenzione, maggiore sicurezza strutturale di ciò che è stato costruito e miglior investimento di denaro pubblico.
Il sistema attualmente in vigore non funziona molto bene. Ecco perché siamo dell'idea che sui cantieri ci debba essere una maggiore serietà nei ruoli e una maggiore qualificazione degli operatori. Non vogliamo con ciò affermare che nei cantieri a prevalenza di lavorazioni specialistiche e superspecialistiche non si verifichino incidenti, ma se ne registrano sicuramente molti di meno, perché le lavorazioni specialistiche sono solitamente affidate ad imprese con una determinata strutturazione, che hanno fatto cospicui investimenti in importanti beni strumentali e in formazione del personale. Ci sono settori superspecialistici che hanno poco personale altamente qualificato ed è assai raro, nel caso di strutture stabili, con personale formato e addestrato, che avvengano incidenti sul cantiere. Anzi, quando mi capita di chiedere ai rappresentanti di aziende superspecialistiche quanti incidenti di una certa gravità si sono verificati sul cantiere, spesso non ne hanno memoria, proprio per la loro esiguità. Nessuno ci ha riferito di incidenti particolarmente seri, proprio perché il personale di questo tipo di imprese è estremamente formato e la struttura organizzativa non è casuale, ma ben congegnata da tutti i punti di vista.
Fatta tale premessa, tornando alle osservazioni formulate dal dottor Artale, la questione che ci preoccupa in questo momento, nonché la ragione per la quale noi e altre associazioni ci stiamo battendo, concerne i requisiti necessari per la qualificazione delle imprese, posto che determinate lavorazioni specialistiche sono affidate esclusivamente ad aziende in grado di eseguirle, non potendovi essere approssimazione in alcune tipologie di lavorazioni. Pensiamo alle facciate continue di un palazzo, ad un ponte in acciaio o in calcestruzzo, alla perforazione per la realizzazione di pozzi o fondazioni, o ancora ai trafori ferroviari: si tratta di lavorazioni delicatissime e molto complesse che richiedono personale effettivamente qualificato a questo impiego. Il nostro slogan è il seguente: ognuno faccia il proprio mestiere, si qualifichi, stia sul mercato e lavori solo in base a quello che sa fare. Purtroppo le previsioni che sono state accolte nel nuovo regolamento attuativo del Codice dei contratti pubblici non vanno in questa direzione. In particolare, la previsione di cui all'articolo 85 consente all'impresa appaltatrice di acquisire di volta in volta la qualificazione per una quota pari al 10 per cento dei lavori svolti dalle imprese subappaltatrici. Un costruttore edile che ha diretto i lavori per il montaggio in opera di una struttura in acciaio, ad esempio un ponte, acquisisce una quota di qualificazione per quella determinata opera specialistica pari al 10 per cento. Dopo dieci di questi contratti il costruttore edile avrà totalizzato il 100 per cento di ciò che gli serve per chiedere la qualificazione SOA (società organismo di attestazione), un'attestazione che gli consentirà di concorrere agli appalti per quel determinato tipo di lavorazione. Attualmente il nostro sistema di qualificazione suddivide le opere nelle categorie generale e specializzata (OG o OS): con questi acronimi si definiscono i vari tipi di lavorazione che afferiscono ad un determinato cantiere. Dette attestazioni vengono rilasciate da società di attestazione private(le SOA, appunto) che in questo caso svolgono una pubblica funzione, perché certificano le capacità esecutive di una determinata impresa. Ne deriva che un costruttore edile, con il suo monte di lavorazioni eseguite da altri, può rivolgersi alla SOA per qualificarsi a sua volta ed essere pronto il giorno dopo a concorrere ad appalti con l'attestazione OS18
(nell'esempio citato del montaggio in opera di strutture in acciaio) che lo abilita a determinate lavorazioni dinanzi alla stazione appaltante, anche se in effetti non ha le necessarie competenze.
Come incide tale questione sul tema della sicurezza? Se un'impresa appaltatrice è dotata di attestazioni che non corrispondono alle sue reali qualifiche, si troverà a concorrere per appalti di opere che non è in grado poi di eseguire. La legge prevede la possibilità per un'impresa appaltatrice di subappaltare soltanto il 30 per cento della categoria prevalente: ad esempio, per la costruzione di un ponte (OS18) la legge prevede che possa essere subappaltato il 30 per cento dell'opera; l'azienda si premurerà allora di trovare un carpentiere che sappia fare seriamente quel lavoro. Ma come viene realizzato il restante 70 per cento? L'impresa principale risponde direttamente di quello che sta facendo: necessariamente dovrà trovare altri meccanismi, alcuni leciti, altri probabilmente meno trasparenti, per rispondere alla commessa pubblica. Potrà sicuramente noleggiare delle attrezzature, far dirigere il personale dall'impresa specializzata che poi si occuperà anche di gestire quell'attrezzatura, o potrà ricorrere a forniture con posa in opera. Insomma, potrà mettere in piedi tutta una serie di meccanismi che forse le consentiranno di entrare nella fase finale: ma in che modo e con quali risultati? Tutta questa approssimazione necessariamente costringe le imprese ad individuare delle soluzioni. E logico che si subappalti in maniera casuale, perché non c'è nessun obbligo di subappaltare il lavoro a chi lo sa fare. Se si possiede una qualificazione solo sulla carta e la si utilizza per lavorazioni reali, nessuno potrà garantire che quel tipo di lavoro sia stato fatto bene e ciò necessariamente va a scapito della qualità dell'opera e della sicurezza sul luogo di lavoro.
Un altro aspetto a nostro avviso molto grave del nuovo regolamento del Codice dei contratti pubblici è l'assenza dell'allegato A1, citato dal dottor Artale, previsto nelle prime bozze del regolamento. Il Codice dei contratti pubblici rimanda al regolamento per la definizione delle lavorazioni di particolare specializzazione (realizzazione di ponti, grossa impiantistica, perforazioni e altro). Il regolamento non solo deve fornire l'elencazione di queste lavorazioni, ma anche le caratteristiche che devono avere le imprese per qualificarsi come superspecialistiche. Quindi, un costruttore può concorrere sul mercato per realizzare la facciata continua di un grattacielo, ma il regolamento deve definire quali caratteristiche debba avere l'impresa per qualificarsi in tal senso: questa è secondo noi una previsione assolutamente opportuna per le ragioni sopraindicate, soprattutto nel caso di lavorazioni molto delicate e particolari che impongono l'effettiva capacità di eseguire l'opera con mezzi idonei e personale qualificato. L'allegato A1, previsto fino alla penultima versione del regolamento, ma stralciato dal documento finale approvato dal Consiglio dei ministri il 20 settembre scorso, definiva per ogni categoria specialistica o superspecialistica i requisiti necessari in termini di dotazione di attrezzature e di qualificazione del personale. L'eliminazione dell'allegato A1 è stata una decisione del Ministero dell'ultimo momento, dal momento che anche il Consiglio di Stato si era pronunciato in favore del suo mantenimento, pur specificando come fosse necessario verificare la congruenza tra i requisiti imposti dal regolamento e il tipo di lavorazione richiesta, per evitare di oberare le imprese con l'imposizione di una mole eccessiva di requisiti, laddove non necessari. Come dicevo, tale allegato è stato eliminato dal Ministero, ritenendo probabilmente necessario un approfondimento. Con una norma del regolamento si è quindi rinviata la successiva definizione di questi contenuti ad un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, ma la Corte dei conti, nel registrare il regolamento, ha cassato questa previsione, dal momento che un regolamento che è già stato delegato da una norma primaria non può a sua volta rimandare ad altra norma. Il Codice dei contratti pubblici delega al regolamento la definizione delle caratteristiche. Infatti, l'articolo 85 del regolamento dispone l'acquisizione da parte dell'impresa principale del 10 per cento della qualificazione SOA delle lavorazioni eseguite in subappalto. L'impresa per qualificarsi avrebbe dovuto possedere le caratteristiche definite nell'allegato A1 e l'equilibrio sarebbe stato fatto salvo: ebbene, l'allegato A1, che rappresentava un baluardo per la seria qualificazione delle imprese, è stato eliminato. E rimasta la previsione del 10 per cento dei lavori effettuati in subappalto ma è sparita la definizione reale e concreta delle caratteristiche che devono avere i superspecialisti, laddove la capacità di realizzare un'opera è per noi fondamentale. Come ha detto giustamente il dottor Artale, non bisogna soltanto verificare la congruità di alcuni parametri, ma anche la reale capacità di realizzazione da parte delle imprese. Necessariamente, quando non tornano i conti su qualcosa si deve tirare. Gli oneri della sicurezza, per quanto formalmente intoccabili, sono spesso difficili da quantificare, per cui accade che i costi vengano scaricati su di essi. Il costo del materiale, infatti, si può toccare fin ad un certo punto e per il costo della manodopera ci sono le tabelle (pur con tutto il lavoro nero che si vuole inserire) ; le voci meno tangibili si rivelano pertanto un campo d'azione più semplice da percorrere.

PONTALTO
Signor Presidente, la ringrazio anzitutto per l'accoglienza. Io rappresento un settore e un lavoro impegnativi: noi siamo coloro che movimentano, che sollevano e che posano in opera tutte le infrastrutture. I miei associati sono aziende proprietarie di autogru, di mezzi di trasporto eccezionale, di gru a portale e di tutte quelle attrezzature che servono a sollevare e a porre in opera determinate strutture, come i ponti in acciaio, i viadotti in cemento armato o tutti componenti di una raffineria (reattori, tubazioni, altiforni). Il nostro è un lavoro di nicchia, che nessuno tiene in considerazione e che non viene rispettato per quello che è. Anzitutto - e mi riallaccio al discorso del dottor Artale - noi prendiamo ordini non dal main contractor, ma da un signore che è riuscito ad ottenere un'attestazione SOA. Ma a noi non serve ricevere ordini da una persona che ha ottenuto un'attestazione SOA per realizzare un lavoro dove, su 1.000 euro, ad esempio, 900 sono nostri e 100 del posatore; non è giusto che questa persona gestisca l'opera perché la responsabilità dei sollevamenti e, quindi, il coordinamento della sicurezza in cantiere ricade su di noi. Vorremmo pertanto ricevere ordini direttamente dal main contractor e non essere il subappalto del subappalto del subappalto: è un'assurdità. Questa è un'esigenza che avvertiamo da molto tempo e che non è ancora stata soddisfatta.
C'è poi un altro problema. Noi facciamo riferimento ai contratti dell'edilizia e dei metalmeccanici, ma siamo un'altra categoria: siamo industria trasporti. Ebbene, non abbiamo alcuna certificazione per il lavoro che svolgiamo, nonostante le numerose richieste al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti così come al Ministero del lavoro. Abbiamo sempre ricevuto risposte negative. Siamo noi stessi a gestire la nostra qualifica e sono ormai anni che ci formiamo da soli. I gruisti oggi non sono più dei semplici operatori macchine, ma hanno quasi le competenze degli ingegneri, perché le grandi autogrù, che sollevano fino a 3.000 tonnellate, hanno a bordo dei dispositivi elettronici tali da richiedere conoscenze di tipo ingegneristico per gestirli. Sono le nostre stesse imprese ad occuparsi della formazione e dell'informazione. Lei sa, signor Presidente, che in Italia non abbiamo il patentino per i gruisti, che invece esiste in tutta l'Europa? Se andiamo all'estero con una nostra autogru, siamo costretti a far scendere il nostro gruista per far salire un gruista francese, tedesco o olandese, perché all'estero è obbligatoria la patente, mentre qui non lo è. Lo stesso discorso vale per gli operatori della movimentazione con mezzi eccezionali in cantiere: in altri Paesi europei c'è una scuola che rilascia a questi operatori una certificazione, da noi non c'è nulla. In Italia questi operatori vengono formati, ma non c'è un ente pubblico che certifichi la loro attività. Abbiamo addirittura sollecitato un ordine del giorno nel luglio dell'anno scorso, che è stato accolto dal Governo, nella persona del sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Giachino; tuttavia da allora la Motorizzazione non ci ha più interpellati. Se noi avessimo una certificazione e un patentino saremmo portati a valutare anche le situazioni sul cantiere in modo diverso, più specialistico e maggiormente rivolto alla sicurezza. Le faccio un esempio, signor Presidente: abbiamo talmente a cuore il problema della sicurezza nel cantiere che, nell'ambito dei lavori per l'alta velocità da Torino a Novara, effettuati in occasione delle Olimpiadi di Torino di tre anni fa, non si è verificato alcun incidente, sebbene vi fossero anche 180 autogrù che lavoravano contemporaneamente (parlo del settore che rappresento, cioè dei sollevamenti). Vorremmo pertanto avere una certificazione. Ciò garantirebbe maggiore visibilità alla nostra preparazione tecnica e alla serietà nell'esecuzione del lavoro. Vorremmo inoltre un riconoscimento da parte dei main contractor e vorremmo altresì essere controllati. Infatti, sebbene siano obbligatorie revisioni e verifiche annuali degli apparecchi di sollevamento, molto spesso l'ente pubblico a ciò preposto (l'ARPA) non effettua le verifiche. Senza queste ultime non possiamo entrare nei cantieri e quindi siamo costretti a tenere le gru a casa. Vogliamo quindi che i controlli vengano effettuati, ma non si riesce ad averli, forse per mancanza di personale (non conosco i motivi esatti). Se si riuscisse a realizzare quanto chiediamo, credo si andrebbe sicuramente nella direzione di una maggiore sicurezza nei cantieri, aspetto che, come ho detto, ci sta molto a cuore e sul quale insistiamo con forza.

CORTESI
Signor Presidente, l'AIPAA (Associazione italiana per l'anticaduta e l'antinfortunistica) è un'associazione di recente costituzione, che raccoglie i produttori e i progettisti di sistemi anticaduta e antinfortunistica. A conclusione degli interventi di questa giornata, vorrei portare alla vostra conoscenza i dati di un studio che, come associazione, abbiamo condotto nel settore dei lavori in quota. Si tratta di dati molto importanti; siamo arrivati infatti alla conclusione che l'88 per cento degli addetti a questo tipo di attività (non mi riferisco solo all'edilizia, ma a tutto il settore delle costruzioni) non ha la percezione di stare lavorando in quota. Non sto parlando di infortuni mortali o gravi, ma semplicemente della percezione di ciò che si sta facendo. Questo dato è fondamentale, se visto all'interno della questione degli appalti e dei subappalti. Più si scende di livello nel subappalto, andando verso aziende piccole o microscopiche, più questa percentuale aumenta, rasentando il 100 per cento. Il motivo principale è che le aziende non sono qualificate e specializzate per effettuare i lavori in quota. Anche nel caso di aziende leader nei lavori in quota, addette all'installazione delle cosiddette linee vita, sistemi anticaduta di ultima generazione che vengono montati sui tetti: chiunque può svolgere questi lavori e ciò non è ammissibile. La richiesta che vogliamo avanzare in questa sede concerne la necessità di formazione del personale, ma soprattutto di qualificazione delle imprese che lavorano in questo settore. Tra i vari aspetti emersi, dalla nostra indagine risulta che moltissime di queste aziende purtroppo lasciano alla carta l'assolvimento degli obblighi di sicurezza e guardano poco alla sostanza. In aggiunta, tenendo a mente l'esempio che vi ho citato prima, le aziende che installano linee vita o reti anticaduta intervengono in un numero di cantieri che va dai quattro ai sei al giorno, perché sono installazioni di poca importanza dal punto di vista dei tempi e dei mezzi messi a disposizione. Il problema è che ciascuna di queste aziende deve anche predisporre per ogni cantiere i piani di sicurezza, che consistono in piani fotocopia, considerato che in una giornata devono predisporne fino a sei. Vorremmo quindi sottoporre all'attenzione di tutti l'esigenza che queste procedure siano semplificate.
L'ultimo aspetto, nonché il più importante emerso dalla nostra indagine, concerne la necessità di formazione del personale. Questa deve essere qualificante e non va confusa, come avviene oggi nella maggior parte dei casi, con l'informazione, ossia sostanzialmente con la distribuzione da parte del datore di lavoro dell'azienda, grande o piccola che sia, di documentazione. Questa non è formazione, ma informazione del più basso livello. La formazione purtroppo costa e molto. Per qualificare gli operai nei lavori in quota ci vogliono numerose ore di formazione: tutto questo rientra nella questione complessiva della suddivisione degli appalti e degli oneri necessari a sostenere questo tipo di formazione.
Sottolineo, infine, nuovamente il dato sulla mancata percezione di lavorare in quota che interessa l'88 per cento degli addetti, chiedendo l'autorizzazione a trasmettere alla Commissione la documentazione integrale dell'indagine che abbiamo condotto sul tema.

PRESIDENTE
Prendo atto con piacere che l'audizione odierna ci ha consentito di andare al di là di quelle che erano le nostre conoscenze. Questo va detto in piena umiltà: le audizioni sono necessarie ai fini della missione di questa Commissione, che è quella di conoscere e approfondire anche questioni di cui non è completamente a conoscenza. Ritengo che nel prosieguo dei lavori della Commissione sarà necessario soffermare la nostra attenzione su alcuni degli argomenti emersi oggi, dal momento che avete posto temi di straordinaria importanza ed interesse rispetto ai quali, a mio parere, questo incontro non può essere considerato esaustivo.
Cercheremo di individuare una modalità operativa più circoscritta per affrontare tali argomenti, essendosi peraltro costituito all'interno della Commissione un gruppo di lavoro che si interessa specificatamente della questione degli appalti. Sarà mia cura chiedere al senatore De Luca, che ne è il coordinatore, di dare luogo agli opportuni approfondimenti su alcuni dei temi sollevati. Indubbiamente, gli addetti ai lavori riescono a comunicare con grande facilità e anche con un'ottima proprietà di linguaggio - della quale va dato atto a tutti gli intervenuti - sulle questioni di loro competenza, tuttavia in merito ad alcuni passaggi avverto l'esigenza di capire meglio. Dato che il lavoro di questa Commissione è tutt'altro che un mero rituale, e non lo è mai stato, dopo l'incontro odierno avvieremo un'interlocuzione anche scritta tra la nostra Commissione, la F.IN.CO. e i suoi associati che, pur essendo riuniti sotto un'unica sigla, operano in campi diversi e con normative diverse. Sicuramente, quindi, avremo l'opportunità di incontrarci ancora.
La nostra Commissione, per quanto riguarda gli appalti pubblici, si può attivare (ad esempio, per fare in modo che determinati allegati non si perdano nelle pieghe della burocrazia), ma sarebbe anche interessante capire che cosa avviene nel settore privato, perché se è vero che gli intervenuti di oggi operano per la stragrande maggioranza nel pubblico, c'è anche un mondo privato che è interessato dalla questione degli infortuni: mi riferisco soprattutto al settore industriale. A tal riguardo bisogna capire in che modo si può agire. È uno sforzo che la nostra Commissione sta portando avanti: basta leggere la proposta di risoluzione della Commissione che è stata unanimemente approvata giorni fa dall'Aula del Senato in sede di esame della seconda relazione intermedia sull'attività svolta dalla Commissione. Il problema non riguarda solo il settore dell'edilizia, dove la questione è molto evidente, ma in generale tutto il settore delle costruzioni, perché c'è un mondo privato che non è assoggettato a nessun tipo di un regolamento, laddove delle norme, per quanto eccepibili, vigono nel pubblico. Vi chiederei quindi cortesemente di fare una riflessione anche su questi aspetti che attengono al privato: se avrete elementi da proporci ve ne siamo fin d'ora grati, ma comunque dovranno essere oggetto di ulteriori incontri di approfondimento.
Dal momento che rappresentate settori in cui il rischio di infortunio è particolarmente elevato, appare significativo il fatto che si verifichino incidenti poco gravi. Non ho ascoltato nessuno degli intervenuti - o forse mi sono distratto, perché avete parlato di grandi opere - affrontare la questione delle gallerie. Le vostre associazioni si occupano anche di questo tipo di opere?

SETOLA
Sì.

PRESIDENTE
Proprio pochi giorni fa c'è stato un incidente in una galleria.

SETOLA
Rappresento l'ACAI (Associazione fra i costruttori italiani in acciaio). Vorrei toccare un tema che secondo me è fondamentale, altrimenti è inutile parlare settorialmente di quello che rappresentiamo e di cosa vorremmo: mi riferisco al problema del massimo ribasso. Come è stato diffusamente detto, l'asta al massimo ribasso presenta due negatività. La prima ha a che fare con il riciclaggio del denaro sporco, perché un'impresa che evidentemente non ha interesse all'utile, così come si compra il ristorante a Roma, ricicla il denaro sporco nei lavori pubblici. La seconda è relativa alla sicurezza sul lavoro: se si ha a che fare con camorristi, 'ndranghetisti o mafiosi che operano con lavoratori terzomondisti, tutto ciò evidentemente si ripercuote sulla sicurezza. Sono questi gli aspetti su cui bisogna intervenire. In Europa ci chiedono il performance bond: noi oggi dobbiamo fornire milioni di euro di materiale e non c'è un'impresa che sia in grado di darci una piccola fideiussione per far fronte al problema dei pagamenti. In Europa le imprese che partecipano alle gare hanno dei requisiti e forniscono delle fideiussioni bancarie in fase di ingresso. Oggi basta semplicemente un pezzo di carta e un'attestazione SOA e tutti possono partecipare. Oggettivamente, il problema va inquadrato nella qualificazione. Le imprese non devono essere delle scatole vuote, bensì devono disporre di mezzi, di uomini e di capacità finanziarie e tecniche. Questo, secondo me, è il punto fondamentale. Purtroppo in Europa non esiste la mafia e non esistono le organizzazioni delinquenziali che ci sono in Italia. Ricordo un episodio accaduto circa un mese fa: ad un giapponese che voleva entrare allo stadio per vedere la partita è stato chiesto di esibire la tessera del tifoso, in quanto non residente nel Lazio. Nel resto d'Europa non esiste, mentre noi l'abbiamo introdotta. Sarà forse un esempio banale, però, se vogliamo combattere il fenomeno del riciclaggio del denaro, dobbiamo inevitabilmente introdurre delle griglie. Il massimo ribasso è un meccanismo che bisogna abbandonare, perché le morti bianche dipendono anche da questi fenomeni.

PRESIDENTE
Credo che il riciclaggio di denaro sporco sia un fatto globale; è difficile stabilire dove le realtà malavitose vadano a riciclare il denaro. Non dobbiamo quindi pensare che l'erba del vicino sia sempre più verde.

SETOLA
Ma il massimo ribasso è uno dei meccanismi che favoriscono questo fenomeno.

PRESIDENTE
Io mi riferivo agli aspetti del riciclaggio. Ormai, con gli strumenti e le tecniche finanziarie attuali e con la globalizzazione del mercato, viviamo in una società che è difficile poter controllare.

NEROZZI (PD)
Molte delle cose che avete detto sono importanti e credo, come diceva il Presidente, che si debbano prevedere ulteriori incontri di approfondimento. Nell'ambito degli appalti, noi consideriamo la questione del massimo ribasso negativa per più di una ragione; voi ne avete posta una, dal vostro punto di vista, ma in altri settori ce ne sono di diverso tipo, che riguardano anche l'esigibilità dei diritti delle persone. Purtroppo il sistema degli appalti è un sistema complesso. Alcuni degli elementi che ci avete fornito sono importanti rispetto al tentativo di apportare delle modifiche legislative in questo settore, tentativo che abbiamo avviato insieme al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro del lavoro. Anch'io sarei interessato, come il Presidente, ad un approfondimento della questione degli appalti nel privato. Si tratta infatti di un settore meno investigato, sul quale c'è una conoscenza minore.
Da quanto ho capito, voi contribuite a costruire opere importanti, come cisterne, reattori, raffinerie o acciaierie; si tratta di impianti che a noi interessa verificare anche dal punto di vista delle misure di sicurezza. Abbiamo esaminato recentemente un impianto che aveva delle vie di fuga programmate poco certe (non voglio citare il luogo, ma stiamo parlando comunque di un grande impianto). Quindi anche il modello di costruzione è interessante. Poi c'è il modello di formazione degli addetti; non mi riferisco agli addetti delle vostre imprese, ma a coloro che utilizzano strumenti ed impianti realizzati dalle vostre imprese. In quest'ambito, credo sia utile un interscambio delle conoscenze. Abbiamo notato infatti che, soprattutto nei grandi impianti, c'è un problema di conoscenze non sempre accurate, anche quando è stata fatta la formazione; spesso ciò accade per diverse ragioni "colpose", ma qualche volta anche semplicemente per ragioni tecniche.
Le vostre imprese dispongono di macchinari di livello molto elevato; è stata chiamata in causa poco fa la questione delle verifiche dei titoli degli addetti, in rapporto agli altri Paesi europei. Però una parte dei vostri subappalti, o comunque degli appalti che vengono realizzati in cantieri dove siete presenti anche voi, non sempre impiegano materiale di nuova costruzione. Noi abbiamo proposto unitariamente, sia nel settore agricolo che in quello dell'edilizia, la rottamazione delle macchine per il movimento terra; c'è poi tutto il problema dei ponteggi e delle gru. Sappiamo che voi, per ovvie ragioni di appalti internazionali di un certo livello, avete materiale nella norma; ma questo non avviene dappertutto. Potrebbe quindi esserci utile una maggiore conoscenza e un apporto tecnico più approfondito su questo aspetto, posto che si tratta di una delle cause degli incidenti che si verificano nell'edilizia (in agricoltura è addirittura la causa principale). Una collaborazione più specifica potrebbe quindi esserci utile per capire meglio il problema. Voi rappresentate sostanzialmente l'industria meccanica e dei trasporti, non il settore dell'edilizia; qui si potrebbe aprire un ragionamento su come uniformare tali settori, ma non è un tema di competenza di questa Commissione. È indubbio, comunque, che ci sono delle questioni e delle conoscenze tecniche che voi avete e che possono interessarci in riferimento ad alcune domande specifiche che vi porremo. Anche se la nostra Commissione ha ottenuto un sia pur limitato intervento del Governo in questo campo (non tanto, ma è pur vero che viviamo una fase di ristrettezze economiche) con il decreto-legge n. 40 del 2010, è indubbio che nel settore edile quella delle attrezzature obsolete comincia ad essere una delle cause maggiori di infortuni (più che di incidenti mortali si tratta di incidenti che incidono sulla salute delle persone).

PRESIDENTE
Penso che possiamo ritenere conclusa l'audizione odierna, fermo restando l'impegno per un inizio di collaborazione con le vostre associazioni. A tal fine vi chiediamo di mantenere un rapporto costante con la nostra Commissione, anche perché nelle relazioni ci avete indicato delle possibili iniziative parlamentari, tese a chiarire ruoli o situazioni particolari, di cui ci faremo attentamente carico.
In altre circostanze, la nostra Commissione ha funzionato da elemento propulsivo. Ci auguriamo quindi di poter fornire delle risposte sull'argomento che è di primaria competenza di questa Commissione, ossia la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, risposte che contestualmente andrebbero a colmare le lacune che avete evidenziato. Ciò rappresenterebbe un fattore di maggiore operatività e faciliterebbe l'interrelazione con il resto d'Europa, dal momento che in Italia abbiamo normative diverse o, addirittura, non abbiamo normative che altrove sono previste. Per citare l'esempio offerto dal dottor Pontalto, in altri Paesi europei vi è l'obbligo del patentino per i gruisti: questo è un caso eclatante, essendo difficile immaginare, ogniqualvolta vediamo montare un ponte in cemento o in ferro con quei mostri mastodontici, che vi sia stata soltanto una forma di autoformazione dell'operatore.

PONTALTO
Vorrei solo aggiungere che, nella veste di presidente nazionale dell'Associazione noleggi autogrù e trasporti eccezionali e membro della medesima associazione europea, mi sento veramente un "calimero" allorquando mi confronto con gli altri Paesi europei.

PRESIDENTE
Speriamo di porre riparo a questa situazione.

PONTALTO
Mi sento un po' a disagio. In effetti in sede europea ci stimolano ad adeguarci alle normative. Io dico loro che noi ci stiamo provando, ma ci serve una mano.

ARTALE
Signor Presidente, vorrei confermare la nostra piena disponibilità a collaborare, secondo le indicazioni che ci darete. Per rassicurare il senatore Nerozzi, abbiamo prestato molta attenzione alla questione delle opere provvisionali e ci siamo molto compiaciuti della risoluzione che è stata approvata per quanto riguarda casseforme, ponteggi e macchine movimento terra.
In conclusione, è vero che lavoriamo per le grandi opere, ma lavoriamo anche per le opere minori. Abbiamo parlato soprattutto di opere pubbliche, ma la regolamentazione pubblica funge da indirizzo per quella privata. Tra i nostri soci, ad esempio, c'è l'Assistal, firmataria con Federmeccanica del contratto nazionale collettivo per metalmeccanici, un'associazione che rappresenta costruttori di impianti elettrici, telefonici e termici che molto spesso si occupano di piccole opere di installazione.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica