Cassazione Penale, Sez. 4, 28 gennaio 2011, n. 3095 - Datore di lavoro "di diritto" e datore di lavoro "di fatto"


 

Responsabilità del legale rappresentante di una società fornitrice di un miniescavatore privo di cinture di sicurezza per la morte dell'acquirente, ribaltatosi mentre alla guida del detto veicolo eseguiva dei lavori: egli veniva infatti sbalzato dal posto di guida e schiacciato sotto l'escavatore.

 

 

 

Il Tribunale ha ritenuto provata l'accusa: si è ravvisato che le emergenze fattuali conducano univocamente alla conclusione che la vittima si trovasse all'interno dell'escavatore quando esso si ribaltò.
La Corte d'appello, invece, ha riesaminato il complessivo materiale probatorio ed ha ritenuto che non vi siano certezze in ordine alla dinamica del sinistro; sicchè non può escludersi che, al momento del ribaltamento del mezzo, la vittima non si trovasse all'interno del veicolo, ma sul terreno intento a sistemare l'albero che intendeva trapiantare.

 

Ricorrono per Cassazione le parti civili, il Procuratore generale e l'imputata - Rigetto di tutti i ricorsi.

 

L'imputata in particolare fonda il proprio ricorso sull'assunto che la responsabilità sia stata basata su una condotta omissiva in una situazione in cui, tuttavia, la ricorrente non assumeva la veste di garante.

"Orbene la premessa su cui si articola il gravame è infondata. Infatti, nel capo d'imputazione si legge che l'accusa riguarda "la commercializzazione e la vendita" dell'escavatore irregolare.
Commercializzare e vendere soni due verbi che all'evidenza descrivono comportamenti positivi; e dunque, nel caso in esame, non trovano, alcun ingresso problematiche afferenti alla responsabilità omissiva.
In particolare, poi, la commercializzazione sul piano semantico, precede la vendita: essa attiene alla scelta aziendale di mettere in vendita, di porre sul mercato quella categoria di veicolo priva delle necessarie cinture di sicurezza. Orbene, la Corte d'appello si attiene a tale lineare conformazione dell'imputazione quando, infine, giunge ad affermare che ciò che rileva è che la donna, come dalla stessa dichiarato, rivestiva la qualità di "amministratore formale della ditta" e che questo "ruolo in sostanza nominale" non la liberava dei propri obblighi e doveri. L'articolazione del ragionamento è faticosa, ma in definitiva emerge correttamente il dato essenziale che il ruolo rivestito nell'azienda attribuiva alla L. la responsabilità in ordine alle fondamentali scelte aziendali afferenti alla commercializzazione dei prodotti: giudizio tanto più immune da censure se si considera che si è in presenza di illecito contravvenzionale e quindi ascrivibile anche a titolo di colpa."


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo Presidente

Dott. MAISANO Giulio Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco M. rel. Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI FIRENZE;

2) K.E.M., N. (OMISSIS) parte civile;

3) K.E.M. N. IL (OMISSIS) parte civile per il figlio minore;

4) L.C. N. IL 2.2.1954 - imputata; avverso la sentenza n. 1077/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 09/10/2009; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA; Udito il Procuratore Generale che ha concluso per l'annullamento con rinvio; udito per le parti civili l'avv. Bujani e Mazzeo che hanno chiesto l'accoglimento dei loro ricorsi e l'inammissibilità di quello dell'imputata; Udito il difensore avv. D'Apota per l'imputata, che ha chiesto l'accoglimento del proprio ricorso ed il rigetto di quello del Procuratore Generale e delle parti civili.

 

FattoDiritto

 


1. Il Tribunale di Pistoia, Sezione distaccata di Monsummano Terme, ha affermato la responsabilità di L.C. in ordine al delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro ed alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6; e la ha altresì condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.
La pronunzia è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Firenze che ha assolto l'imputata dal delitto perchè il fatto non sussiste, ha revocato le statuizioni civili ed ha rideterminato la pena quanto alla contravvenzione.

All'imputata è stato mosso l'addebito di aver venduto al lavoratore artigiano R.M. un miniescavatore privo di cinture di sicurezza, con la conseguenza che l'acquirente, ribaltatosi mentre alla guida del detto veicolo eseguiva dei lavori, veniva sbalzato dal posto di guida e schiacciato sotto l'escavatore, con conseguenze letali.

Il Tribunale ha ritenuto provata l'accusa: si è ravvisato che le emergenze fattuali conducano univocamente alla conclusione che la vittima si trovasse all'interno dell'escavatore quando esso si ribaltò; e che, conseguentemente, l'evento sia da ascrivere alla L. che vendette il veicolo mancante dell'apparato di trattenuta.

La Corte d'appello, invece, ha riesaminato il complessivo materiale probatorio ed ha ritenuto che non vi siano certezze in ordine alla dinamica del sinistro; sicchè non può escludersi che, al momento del ribaltamento del mezzo, il R. non si trovasse all'interno del veicolo, ma sul terreno intento a sistemare l'albero che intendeva trapiantare.

 

2. Ricorrono per Cassazione le parti civili, il Procuratore generale e l'imputata.

 

2.1. La parte civile R.E., figlio minore della vittima, rappresentato dalla madre, prospetta vizio della motivazione.
L'argomentazione della Corte non tiene conto che, se il R. fosse stato intento a sistemare l'olivo imbracato, si sarebbe trovato non in prossimità del veicolo, ma a distanza di alcuni metri, atteso che il braccio meccanico era nella sua massima estensione. Inoltre, un evento come quello prospettato dalla Corte avrebbe senz'altro determinato un tentativo di fuga. Ancora, il R. ha erroneamente ritenuto di poter operare da solo, sicchè egli non sistemò l'olivo nella buca preparata, operazione cha avrebbe richiesto l'intervento di altra persona. Poi, le lesioni riportate e la posizione prona inducono a ritenere che la vittima venne colpita quando si trovava già a terra e rimase intrappolata sotto il roll- bar dell'escavatore.
Infine, il fatto che la vittima ridetta fosse pulita non è irrilevante, come erroneamente ritenuto dalla Corte, visto che un distacco di terreno vi fu, per via del cedimento del ciglio della piazzola.

 

2.2 La parte civile K.E. prospetta questioni dello stesso tenore. Si rimarca tra l'altro la circostanza che se il R. si fosse trovato in terra, la sua posizione sarebbe stata rilevata ad alcuni metri e non in prossimità della macchina.
Inoltre, le lesioni subite non sono state devastanti, sicchè esse non sono compatibili con l'ipotesi dell'investimento, che avrebbe cagionato danni ben più radicali.

 

2.2 Il Procuratore generale propone censure sostanzialmente coincidenti con quelle prospettate dalle parti civili.

 

2.3 L'imputata ricorre avverso l'affermazione di responsabilità in ordine al reato contravvenzionale. Si lamenta che non è stata dimostrata alcuna condotta commissiva in ordine alla vendita dell'escavatore oggetto dell'imputazione; e che la L. è stata condannata nella veste di legale rappresentante della società fornitrice del mezzo, cioè di presidente del consiglio di amministrazione dell'officina B. s.r.l..
La pronunzia trascura che l'istruttoria dibattimentale ha dimostrato che la gestione dell'officina era completamente affidata al consigliere di amministrazione L.S.; mentre l'imputata svolgeva di fatto solo mansioni di segreteria e contabilità.
La L. stessa è stata ritenuta responsabile solo alla stregua di condotta omissiva colposa, per non aver impedito l'evento. Tuttavia, non vertendosi nell'ambito di infortunio sul lavoro, sono inconferenti le argomentazioni del giudice di merito in ordine alla posizione di garanzia. La condotta illecita attiene alla vendita e quindi coinvolge chi abbia posto in essere tale attività, che nella specie si identifica in L.S.. La Corte d'appello ha completamente trascurato di esaminare le doglianze al riguardo prospettate nei motivi d'impugnazione.
La stessa Corte ha pure inutilmente discusso di un tema inconferente, relativo all'esistenza o meno di una delega di fatto.
La configurazione di responsabilità omissiva, oltre a tutto il resto, comporta una larvata ed impropria immutazione della contestazione.

 

2.4 L'imputata e le le parti civili hanno presentato memorie.

 

3. Tutti i ricorsi sono infondati.

 

3.1 Quanto a quelli, sostanzialmente coincidenti nei loro tratti essenziali, proposti dall'accusa pubblica e privata, s'impone una disamina unitaria.
La Corte territoriale ha adottato pronunzia assolutoria in ordine al reato di omicidio colposo avendo ravvisato l'esistenza di dubbi insuperabili in ordine alla reale dinamica del sinistro. E' stato accertato che la vittima è stata schiacciata sotto l'escavatore mentre stava spostando un pesante ulivo che aveva imbracato ed agganciato al braccio mobile della macchina;
e che lo schiacciamento è seguito al ribaltamento del veicolo.

Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto assiomaticamente che il R., al momento del ribaltamento, si trovasse all'interno del veicolo, sia stato sbalzato in terra a causa della mancanza della cintura e quindi schiacciato.
In realtà, secondo la Corte, la dinamica del sinistro non può essere ricostruita con certezza, poichè nessuno ha assistito ai fatti ed i rilievi eseguiti non consentono di accreditare l'ipotesi accusatoria.

Al contrario, non è priva di plausibilità l'ipotesi secondo cui egli si trovasse a terra e stesse probabilmente lavorando attorno all'imbracatura quando, per l'effetto leva determinato dal braccio meccanico in estensione e per il cedimento del ciglio del terreno allentato per la pioggia, l'escavatore si ribaltò.
Non può escludersi, secondo la Corte di merito, che anche un piccolo intervento come quello di tentare di sistemare meglio la posizione dell'ulivo abbia determinato la rottura del precario equilibrio legato all'appendimento della pianta al braccio esteso. Tale ipotesi è ben compatibile con la posizione del corpo, vicina e parallela al veicolo. Nè ha pregio l'argomento critico secondo cui, se vi fosse stato uno smottamento del terreno, la vittima sarebbe stata sporca di terra: tale argomento non tiene conto del fatto che in realtà non vi fu un vero smottamento ma il mero cedimento del ciglio che, come emerge dai rilievi, non causò un apprezzabile distacco di terreno.
Tale valutazione della vicenda è basata su definite e significative acquisizioni probatorie, è immune da vizi logico-giuridici e non è quindi sindacabile nella presente sede di legittimità.

La stessa Corte, contrariamente a quanto dedotto, non ha ritenuto infondata l'ipotesi accusatoria, ma ha al contrario ravvisato che essa, sebbene non priva di plausibilità, non riesce a fornire prova certa dell'evento, posto che è in piedi l'alternativa ipotesi eziologica argomentatamente prospettata dalla difesa. In perfetta coesistenza delle diverse ipotesi, non essendo stato possibile confutare radicalmente nessuna delle due, conduce ad una situazione di dubbio irresolubile sullo sviluppo causale degli accadimenti, che impone l'adozione di pronunzia assolutoria. Dunque, le argomentazioni dei ricorrenti, che ripropongono considerazioni già valorizzate dal primo giudice, non confutano l'argomentato assunto che fonda la decisione: l'esistenza di un dubbio non superabile.

 

3.2 Pure privo di pregio è il ricorso dell'imputata.


Esso si fonda, in sintesi, sull'assunto che la responsabilità sia stata basata su una condotta omissiva in una situazione in cui, tuttavia, la ricorrente non assumeva la veste di garante. Orbene la premessa su cui si articola il gravame è infondata. Infatti, nel capo d'imputazione si legge che l'accusa riguarda "la commercializzazione e la vendita" dell'escavatore irregolare.
Commercializzare e vendere soni due verbi che all'evidenza descrivono comportamenti positivi; e dunque, nel caso in esame, non trovano, alcun ingresso problematiche afferenti alla responsabilità omissiva.
In particolare, poi, la commercializzazione sul piano semantico, precede la vendita: essa attiene alla scelta aziendale di mettere in vendita, di porre sul mercato quella categoria di veicolo priva delle necessarie cinture di sicurezza. Orbene, la Corte d'appello si attiene a tale lineare conformazione dell'imputazione quando, infine, giunge ad affermare che ciò che rileva è che la donna, come dalla stessa dichiarato, rivestiva la qualità di "amministratore formale della ditta" e che questo "ruolo in sostanza nominale" non la liberava dei propri obblighi e doveri. L'articolazione del ragionamento è faticosa, ma in definitiva emerge correttamente il dato essenziale che il ruolo rivestito nell'azienda attribuiva alla L. la responsabilità in ordine alle fondamentali scelte aziendali afferenti alla commercializzazione dei prodotti: giudizio tanto più immune da censure se si considera che si è in presenza di illecito contravvenzionale e quindi ascrivibile anche a titolo di colpa.

 


Conclusivamente, tutti i ricorsi devono essere rigettati. Segue per legge la condanna dell'imputata e delle parti civili al pagamento delle spese processuali.

 


P.Q.M.

  

 

Rigetta tutti i ricorsi; condanna l'imputata e le parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali.