In caso di domanda proposta nei confronti dell’I.n.p.s. per ottenere la rivalutazione dell'anzianità contributiva, ai sensi della legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, da un soggetto a cui sia stata riconosciuta, dall'I.n.a.i.l., l’asbestosi polmonare per esposizione per oltre un decennio ad amianto e che abbia già conseguito il diritto a pensione al momento dell’entrata in vigore della legge n. 257/1992, occorre distinguere l’ipotesi dell’assicurato che abbia goduto della pensione di invalidità di cui all’art. 10 del R.d.l, n. 636 del 1939, convertito in legge n. 1272 del 1939, dall’ipotesi in cui abbia goduto dell'assegno di cui alla legge n. 222 del 1984, perchè ben diversa è la disciplina che regola l'una o l'altra prestazione, con riguardo al riconoscimento del beneficio in esame.
Infatti, “… per quanto riguarda la pensione di invalidità di cui alla citata legge del 1939, nessuna disposizione prevede la sua automatica trasformazione in pensione di vecchiaia; al contrario, la possibilità di mutamento del titolo di pensione – anche nei casi di espressa domanda dell'assicurato – in particolare la possibilità di ottenere al compimento dell’età pensionabile, la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia …” è stata da ultimo riconosciuta “… dalle Sezioni unite di questa Corte che, con la sentenza n. 8433 del 2004, hanno appunto composto il contrasto che si era determinato. Tuttavia, proprio per la mancanza di qualsiasi previsione espressa della legge, non può ipotizzarsi la trasformazione "automatica" della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia. E' quindi indispensabile in primo luogo, secondo la regola generale che presiede alla pensione di vecchiaia, la espressa domanda dell'interessato”... inoltre, occorre verificare “… se al compimento dell'età sussistesse anche il requisito assicurativo e contributivo … Diverso è il discorso da svolgere nel caso di titolarità dell'assegno di invalidità, giacché la citata legge n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, dispone che "Al compimento dell'età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia, l'assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia". La disposizione sembra quindi fare riferimento ad una trasformazione automatica, ope legis e quindi anche in assenza di espressa domanda dell'interessato”. Anche in tal caso, però, è necessario verificare la sussistenza degli altri requisiti prescritti per il diritto alla pensione di vecchiaia.
Asbestosi polmonare per esposizione ultradecennale all’amianto – Benefici previdenziali ex art. 13, c. 8, legge n. 257/2992 – Titolare di pensione di invalidità o di assegno di invalidità – Esclusione dal beneficio – Presupposti
“Sono esclusi dal beneficio per esposizione all'amianto solo i titolari di pensione di invalidità con decorrenza anteriore all'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, i quali – prima di tale data – avessero sia compiuto l'età pensionabile, sia proposto domanda per trasformare la prestazione in godimento in pensione di vecchiaia ed avessero, sempre prima dell'operatività della legge n. 257 del 1992, tutti i requisiti per godere della pensione di vecchiaia medesima. Sono altresì esclusi dal beneficio per esposizione all'amianto coloro che, prima dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, fossero titolari dell'assegno di invalidità ai sensi della legge n. 222 del 1984, art. 1 e che avessero altresì tutti i requisiti prescritti per il diritto alla pensione di vecchiaia (sempre anteriormente alla citata legge del 1992)” (principio di diritto)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 febbraio 2002 la Corte d'Appello di Bari riformando la statuizione resa dal locale Tribunale a 1850/2001, rigettava la domanda proposta da S.C., vedova di C.G. (nato il (OMISSIS)), nei confronti dell'I.n.p.s. per ottenere la rivalutazione dell'anzianità contributiva, ai sensi della L. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per essere stato riconosciuto, dall'I.n.a.i.l., affetto da asbestosi polmonare per esposizione ad amianto per oltre un decennio. La Corte Territoriale si riportava all'orientamento giurisprudenziale per cui il beneficio richiesto non spettava a coloro che avessero già conseguito il diritto a pensione al momento di entrata in vigore della L. n. 257 del 1992. Soggiungevano i Giudici di merito che il C., al momento di entrata in vigore di detta Legge, aveva (OMISSIS) anni, per cui, avendo già maturato l'età in cui la pensione di invalidità ovvero l'assegno di invalidità si trasformano in pensione di vecchiaia, era al di fuori dell'ambito di applicazione della L. n. 257 del 1992.
Avverso detta sentenza gli eredi C., ossia, C. V., L., F., A., E., M., G. e la vedova S.C. propongono ricorso affidato ad un unico motivo. L'I.n.p.s. ha depositato procura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza per difetto di motivazione, violazione e falsa applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, nonché della L. n. 222 del 1984, art. 1. La Corte Territoriale aveva escluso esso ricorrente dal richiesto beneficio sulla considerazione che la pensione di invalidità si era tramutata in pensione di vecchiaia alla data di entrata in vigore della L. n. 257 del 1992, mentre egli godeva non già della pensione di inabilità e neppure dell'assegno di cui alla L. n. 222 del 1984, ma della pensione di invalidità, secondo la normativa anteriore, prestazione la quale non si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia al compimento dell'età. Inoltre la prestazione di cui era titolare non precludeva lo svolgimento di attività lavorativa. Vi sarebbe altresì violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. perchè nell'atto di appello dell'Istituto non si era mai eccepito che la pensione di invalidità si era trasformata in pensione di vecchiaia.
Il ricorso è fondato.
1. La Corte Territoriale prende correttamente le mosse dalla giurisprudenza di questa Corte che include nella tutela di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 anche i titolari della pensione di invalidità e dell'assegno di invalidità con decorrenza anteriore all'entrata in vigore della legge, mentre ne esclude i titolari delle pensioni di vecchiaia e di anzianità, (cfr. tra le tante Cass. 6620 del 7 luglio 1998, 13786 del 7 luglio 2001, 18243 del 21 dicembre 2002). La Corte Territoriale afferma poi che il C., al momento di entrata in vigore della L. n. 257 del 1992, aveva (OMISSIS) anni e poiché, al momento dell'età pensionabile, sia la pensione, sia l'assegno di invalidità si trasformano automaticamente in pensione di vecchiaia, il medesimo era fuori dell'ambito di tutela della legge invocata.
La tesi è erronea, secondo quanto già rilevato da questa Corte con la sentenza n. 622 del 2005.
In primo luogo sussiste il difetto di motivazione perchè la Corte Territoriale non chiarisce se l'assicurato godesse, come si sostiene in ricorso, della pensione di invalidità di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 convertito in L. 6 luglio 1939, n. 1272, ovvero dell'assegno di cui alla L. 12 giugno 1984, n. 222, perchè ben diversa è la disciplina che regola l'una o all'altra prestazione con riguardo all'aspetto che interessa.
2. Infatti, per quanto riguarda la pensione di invalidità di cui alla citata Legge del 1939 - nessuna disposizione prevede la sua automatica trasformazione in pensione di vecchiaia; al contrario, la possibilità di mutamento del titolo di pensione - anche nei casi di espressa domanda dell'assicurato - in particolare la possibilità di ottenere, al compimento dell'età pensionabile, la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, è stata per anni oggetto di contrasto in dottrina e in giurisprudenza; la questione è stata da ultimo risolta in senso affermativo dalle Sezioni unite di questa Corte che, con la sentenza n. 8433 del 2004, hanno appunto composto il contrasto che si era determinato. Tuttavia, proprio per la mancanza di qualsiasi previsione espressa della legge, non può ipotizzarsi la trasformazione "automatica" della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia. E' quindi indispensabile in primo luogo, secondo la regola generale che presiede alla pensione di vecchiaia, la espressa domanda dell'interessato. La necessità di inoltrare domanda per la pensione di vecchiaia era invero prevista dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 62, convertito in L. 6 aprile 1936, n. 1155, come modificato dal D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 18; lo si desume dal fatto che la data della domanda determinava la decorrenza della prestazione, questa infatti maturava dal primo giorno del mese successivo alla richiesta. La disciplina fu poi innovata ad opera della L. 23 aprile 1981, n. 155, art. 6, nel senso che la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo al compimento dell'età pensionabile, il che però non fa venire meno la necessità della domanda, che viene considerata come presupposto, contemplando detta disposizione la facoltà dell'assicurato di chiederne la decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda. Inoltre, per affermare che la originaria prestazione di invalidità si era trasformata in pensione di vecchiaia, oltre al requisito della domanda, sarebbe stato necessario accertare se al compimento dell'età pensionabile il C. avesse effettivamente i requisiti per la pensione di vecchiaia, che sono notoriamente diversi da quelli richiesti per la pensione di invalidità, essendo prescritti per la prima almeno quindici anni di versamenti contributivi (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, n. 1) successivamente aumentati a venti dal D.Lgs. n. 503 del 30 dicembre 1992, art. 2; mentre per la seconda, erano previsti solo cinque anni di contribuzione (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, n. 2). Invero tutto il dibattito intervenuto sulla possibilità di mutamento del titolo di pensione ha sempre avuto, come ovvio presupposto, che il titolare della pensione di invalidità avesse successivamente maturato, al compimento dell'età pensionabile, i requisiti prescritti per la pensione di vecchiaia.
Ha dunque errato la Corte di Bari nell'affermare che al compimento dell'età pensionabile, la pensione di invalidità si era automaticamente trasformata in pensione di vecchiaia, senza verificare se fosse stata proposta apposita domanda dall'interessato, e se al compimento dell'età sussistesse anche il requisito assicurativo e contributivo.
3. Diverso è il discorso da svolgere nel caso di titolarità dell'assegno di invalidità, giacché la citata L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 dispone che "Al compimento dell'età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia, l'assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia". La disposizione sembra quindi fare riferimento ad una trasformazione automatica, ope legis e quindi anche in assenza di espressa domanda dell'interessato. Anche in tal caso era però necessaria la verifica della sussistenza degli altri requisiti prescritti per il diritto alla pensione di vecchiaia".
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio ad altro Giudice, che si designa nella Corte d'Appello di Lecce, la quale, dopo avere accertato quale fosse la prestazione di invalidità di cui il ricorrente godeva, seguirà il principio per cui "Sono esclusi dal beneficio per esposizione all'amianto solo i titolari di pensione di invalidità con decorrenza anteriore all'entrata in vigore della L. n. 257 del 1992, i quali - prima di tale data - avessero sia compiuto l'età pensionabile, sia proposto domanda per trasformare la prestazione in godimento in pensione di vecchiaia ed avessero, sempre prima dell'operatività della L. n. 257 del 1992, tutti i requisiti per godere della pensione di vecchiaia medesima. Sono altresì esclusi dal beneficio per esposizione all'amianto coloro che, prima dell'entrata in vigore della L. n. 257 del 1992, fossero titolari dell'assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, art. 1 e che avessero altresì tutti i requisiti prescritti per il diritto alla pensione di vecchiaia (sempre anteriormente alla citata Legge del 1992)".
Il Giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Lecce.