3. I SOPRALLUOGHI DELLA COMMISSIONE: GLI INFORTUNI ED IL SISTEMA DI PREVENZIONE ALL’ESTERO E IN AMBITO LOCALE

Come già accennato, nell'ambito della sua attività di inchiesta, la Commissione ha svolto una serie di sopralluoghi, sia all'estero che in Italia, dei quali si darà ora conto.


3.1. Sopralluogo a Berlino, Parigi e Londra (10-14 novembre 2008)
3.1.1. Introduzione
La Commissione ha svolto, mediante l'invio di una propria delegazione, una missione a Berlino, Parigi e Londra nel periodo dal 10 al 14 novembre 2008. Tale iniziativa aveva lo scopo di acquisire elementi di conoscenza e di confronto in ordine ai modelli adottati nel campo della prevenzione degli infortuni sul lavoro in tre paesi dell'Unione europea (Germania, Francia e Regno Unito).
A tal fine, la delegazione - composta dal presidente Tofani e dai senatori De Angelis, Donaggio, Nerozzi e Spadoni Urbani - ha condotto una serie di incontri ed audizioni con qualificati rappresentanti degli enti istituzionali competenti, pubblici e privati, ovvero Ministeri, agenzie governative ed organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.


3.1.2. Il sistema di protezione contro il rischio di infortuni sul lavoro in Germania
In Germania, la potestà legislativa in materia di sicurezza e salute del lavoro spetta in via esclusiva allo Stato centrale, che emana norme valide su tutto il territorio nazionale, tenendo conto anche delle direttive comunitarie in materia. I singoli Lander possono emanare norme di dettaglio, ma non derogare alle leggi federali, delle quali curano l'applicazione a livello locale e, insieme alle casse assicurative professionali, i relativi controlli.
Un ruolo importante nel processo legislativo e regolamentare del settore è svolto anche dalle parti sociali, che elaborano di comune accordo linee guida per i loro aderenti o proposte normative, sottoposte al vaglio e all'approvazione dello Stato. In particolare, vengono prodotte regole tecniche e buone prassi per le varie attività e settori lavorativi, attraverso le casse e gli enti professionali riuniti nella cosiddetta Assicurazione tedesca obbligatoria contro gli infortuni (Deutsche gesetzliche Unfallversicherung, DGUV).
A livello centrale, competente per il settore degli infortuni sul lavoro e il Ministero federale per il lavoro e la sicurezza sociale, che ha il compito di promuovere un lavoro di qualità all'interno delle imprese e di creare le condizioni ambientali adatte ad un lavoro sicuro. Accanto alla normativa sulla tutela e la prevenzione del rischio, in questa legislatura sono stati finanziati programmi per migliorare la vivibilità all'interno delle aziende e sui luoghi di lavoro, con la partecipazione degli enti locali e delle parti sociali.
Le attività di prevenzione, informazione e sensibilizzazione sono affidate all'Istituto federale per la protezione e la medicina del lavoro (Bundesanstalt fiir Arbeitsschutz und Arbeitsmedizin, BAuA), che ha sede a Dortmund e dipende dal Ministero del lavoro.
Nato nel 1996 come istituto di diritto pubblico, ha il compito di studiare, analizzare, informare, pubblicizzare, coordinare, formare e consigliare persone, imprese e parti sociali per il miglioramento delle condizioni di lavoro e per prevenire ogni tipo di incidente «al fine di rendere sani e competitivi i luoghi di lavoro». L'istituto gestisce ed elabora progetti di miglioramento della sicurezza e della qualità del lavoro sulla base di programmi governativi volti a migliorare la qualità sui luoghi di lavoro. Le iniziative sono molteplici, articolate a livello territoriale (federale, regionale e comunale), coinvolgendo direttamente le parti sociali e spesso gli stessi enti locali. La parte relativa all'infortunistica sul lavoro costituisce comunque solo una parte dell'attività dell'istituto, orientato a prevenire ogni tipo di rischio (sulla strada, a scuola, a casa e nel tempo libero, ecc.).
La Germania ha una lunga e consolidata tradizione nel campo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che risale ai tempi di Bismarck. Essa è gestita dalle cosiddette «casse professionali» e dai fondi infortunistici, che sono organismi di diritto pubblico, soggetti alla vigilanza dello Stato, ai quali aderiscono obbligatoriamente tutte le imprese di un determinato settore. I consigli di amministrazione sono formati paritariamente dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, eletti o nominati ogni cinque anni dai soci.
Gli enti assicurativi gestiscono i contributi ed erogano le prestazioni per gli infortuni sul lavoro. I contributi in questo settore sono versati interamente dai datori di lavoro: per ogni azienda, il loro ammontare è stabilito dalle associazioni professionali (Berufsgenossenschaften) e viene calcolato sulla massa salariale lorda e sul livello del rischio di infortunio. Quest'ultimo elemento è valutato sulla base di una serie di parametri, quali l'attività produttiva svolta, la dimensione aziendale e la storia infortunistica dell'impresa.
Nel 2007, dalla fusione delle 25 associazioni professionali e dei 15 fondi infortunistici del commercio e dell'industria è stata creata l'Assicurazione tedesca obbligatoria contro gli infortuni (Deutsche gesetzliche Unfallversicherung, DGUV). Si tratta di un ente pubblico che coordina le differenti casse professionali ed ha l'obiettivo di indirizzare e rendere omogenee le loro attività. La struttura, composta dalle varie casse, è nata dopo un lungo negoziato tra le casse stesse, in cui sono presenti i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, ed il Governo, che intendeva avere un organismo unico di coordinamento per rendere più omogenea la tutela contro i rischi sul lavoro.
Un ente analogo raggruppa i 9 istituti assicurativi del settore agricolo.
In Germania il sistema dell'assicurazione obbligatoria di previdenza sociale comprende cinque settori di attività: salute, assistenza agli anziani, disoccupazione, malattie professionali e infortuni sul lavoro. Mentre gli altri settori sono finanziati in parti uguali dai datori di lavoro e dai lavoratori, i contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sono interamente a carico dei datori di lavoro. Peraltro, tra i settori della previdenza sociale quello degli infortuni sul lavoro è il meno costoso (incide appena per l'1,3 per cento del costo totale), in quanto mentre le altre forme di assistenza (salute, anziani, ecc.) riguardano la generalità della popolazione, l'antinfortunistica interessa una platea più ristretta di soggetti.
Su una popolazione di circa 81 milioni di Tedeschi, 73 milioni sono assicurati con le casse e gli istituti del DGUV. Di questi, 42 milioni sono lavoratori, mentre il resto appartengono ad altri gruppi. L'obbligo assicurativo, infatti, è esteso a tutti i lavoratori dipendenti e ad alcune categorie di lavoratori indipendenti sottoposte al rischio di infortuni, inoltre sono obbligatoriamente assicurate allo stesso ente tutte le persone esposte ad un qualsiasi rischio anche se non legate ad un rapporto di lavoro (studenti, bambini che frequentano asili nido, ecc.). Per gli assicurati diversi dai lavoratori, i contributi sono versati da altri enti ed organizzazioni, come scuole ed università, che svolgono in questo caso una funzione analoga a quella dei datori di lavoro. Gli 8 milioni di Tedeschi non coperti dall'assicurazione obbligatoria sono ad esempio le casalinghe, i bambini che ancora non vanno all'asilo nido o a scuola, la maggior parte dei lavoratori autonomi (che hanno in genere assicurazioni private) ed i dipendenti pubblici (per i quali esiste un sistema a parte).
Le regole di gestione degli enti assicurativi impongono normalmente manovre compensative tese a ripianare gli eventuali passivi di bilancio ovvero ad utilizzare gli eventuali attivi, mediante aumenti o riduzioni dei premi, previa costituzione di accantonamenti. Il bilancio complessivo degli istituti assicurativi che fanno capo al DGUV ammonta a circa 11 miliardi di euro annui.
A seguito di una recente riforma, il DGUV ha assunto più penetranti compiti di coordinamento e supervisione nei confronti delle casse e degli istituti aderenti, al fine di armonizzare il più possibile le prestazioni. Nel settore antinfortunistico, queste si sostanziano nella prevenzione, nella riabilitazione e nell'indennizzo monetario.
La prevenzione costituisce un elemento prioritario: basti pensare che nel solo settore dell'industria operano circa 4.300 funzionari (tra professionisti, tecnici, ispettori ed amministrativi) al fine di prevenire incidenti ed evitare indennizzi. Compito degli ispettori e dei tecnici non è solo quello del controllo, ma anche di offrire consulenza e formazione alle imprese, formando i responsabili della sicurezza delle stesse aziende.
In Germania, i controlli in materia antinfortunistica sono basati sul «sistema duale», così chiamato in quanto prevede due categorie di ispettori del lavoro, che operano in modo sinergico: gli ispettori statali (circa 6.000), dipendenti dai Lander, e quelli dei singoli enti assicurativi (circa 3.000). Pur non essendo in numero molto elevato, gli ispettori del lavoro svolgono comunque un'attività molto penetrante. Possono irrogare sanzioni, che vanno dalle multe pecuniarie fino alla chiusura dell'attività o dell'azienda risultata irregolare, tuttavia, come già precisato, il modello di approccio preferito è quello della cooperazione e della consulenza alle imprese.
D'altra parte è lo Stato stesso che tende, per ragioni di bilancio, a ridurre il numero degli ispettori, che da soli non sarebbero assolutamente sufficienti in rapporto ai 3,4 milioni di aziende attualmente esistenti in Germania, se non vi fossero esperti della sicurezza del lavoro dentro le aziende stesse (ogni anno ne vengono formati circa 400.000). L'elemento qualificante del sistema risiede però soprattutto nel pieno coinvolgimento degli enti assicurativi, non solo nella fase di erogazione delle prestazioni agli infortunati, ma anche in quella di controllo e di prevenzione (incluse le attività di formazione alle imprese).
A partire dal 1990, anno della riunificazione tra Est ed Ovest, la Germania ha registrato una riduzione pressoché costante degli infortuni sul lavoro e di quelli in itinere. Così, ad esempio, secondo i dati ufficiali del DGUV, a fronte di 1.790.000 infortuni occorsi nel 1991 (di cui 1.590.000 sul lavoro e 200.000 in itinere), nel 2007 se ne sono avuti 1.130.000 (di cui 960.000 sul lavoro e 170.000 in itinere). Con particolare riferimento al triennio 2005-2007, vi è stato un aumento di circa l'1,2 per cento degli infortuni sul lavoro ed un calo del 12,6 per cento di quelli in itinere, che ha determinato, complessivamente, una riduzione dell'1,1 per cento. Per quanto concerne gli incidenti mortali, nel medesimo periodo 2005-2007 questi sono calati sensibilmente (-10 per cento in totale): in particolare, le morti sul lavoro sono scese da 656 a 619 (-12,9 per cento) e quelle in itinere da 552 a 503 (-6,0 per cento), anche se con la crescita dell'occupazione nell'ultimo anno si è registrato un incremento degli infortuni non mortali sui luoghi di lavoro. Passando dai dati assoluti a quelli relativi, su 1.000 occupati a tempo pieno nel 2005 si sono avuti 27,08 infortuni sul lavoro e 4,72 in itinere, mentre nel 2007 se ne sono registrati 26,81 sul lavoro e 4,05 in itinere.
Il sistema tedesco di prevenzione e gestione degli incidenti sul lavoro sembra quindi, nel complesso, aver dato buona prova di se. Ciò è dovuto essenzialmente alla stretta cooperazione tra Governo federale e Lander regionali da una parte, e tra associazioni dei datori di lavoro e sindacati dei lavoratori dall'altra. In particolare, il modello di cogestione tra le parti sociali adottato all'interno degli enti mutualistico-assicurativi e delle stesse aziende, implica un'assunzione congiunta di responsabilità in campo antinfortunistico che, se da un lato risponde anche ad esigenze di pace sociale, dall'altro consente una più efficace azione di intervento e prevenzione proprio nei luoghi di lavoro.
In questa logica rientra anche il fatto che, a fronte del pagamento dei contributi assicurativi integralmente a loro carico, i datori di lavoro non sono normalmente responsabili per gli infortuni occorsi ai lavoratori, tranne il caso di dolo o colpa grave. La responsabilità ricade sugli enti assicurativi, che provvedono a risarcire e ad assistere le vittime degli infortuni.
Le autorità tedesche sono intenzionate a consolidare anche nel prossimo futuro la tendenza alla riduzione degli infortuni e delle morti sul lavoro registrata negli ultimi anni. I motivi della riduzione sono generalmente individuati, oltre che nel miglioramento dei metodi di prevenzione e di sicurezza, anche nel cambiamento strutturale del mondo del lavoro, che vede negli anni più recenti una crescita delle attività intellettuali e impiegatizie a fronte di una diminuzione di quelle manuali e più pesanti. Questi ultimi settori, però, anche se rispetto al passato assorbono una quota minore di manodopera, presentano comunque indici di incidentalità e mortalità più elevati: i più colpiti ad esempio sono il settore edile, siderurgico, agricolo, della lavorazione del legno, dove si concentra anche un alto numero di lavoratori irregolari, spesso immigrati. Rispetto agli altri lavoratori, inoltre, livelli più alti di infortuni si riscontrano tra quelli interinali e neo-assunti. Per quanto riguarda la tipologia di aziende, sul fronte della sicurezza le piccole e medie imprese sembrano avere più difficolta, essendo meno diffusi i piani di valutazione del rischio aziendale ed i relativi esperti.
Il Governo tedesco, consapevole della situazione, sta investendo massicciamente in programmi tesi da un lato ad accrescere la prevenzione e la formazione sui luoghi di lavoro, dall'altro a garantire la copertura assicurativa a tutti i lavoratori. Accanto agli infortuni sul lavoro, un'attenzione sempre maggiore da alcuni anni è riservata alle malattie professionali (ad esempio quelle della pelle e muscolo-scheletriche), oggetto di specifiche campagne informative e considerate da taluni la vera sfida degli anni avvenire.


3.1.3. Il sistema di protezione contro il rischio di infortuni sul lavoro in Francia
In Francia, il sistema di protezione contro il rischio di infortuni sul lavoro ha un'articolazione alquanto complessa, essendo le varie competenze frazionate tra una pluralità di soggetti pubblici e privati.
In primo luogo, la competenza legislativa appartiene allo Stato centrale: la disciplina attualmente in vigore, che vale su tutto il territorio nazionale, comprende un corpus molto ampio di norme (si parla di quasi 2.800 pagine), estremamente dettagliate e complesse, stratificatesi nel corso degli anni. Per facilitarne l'applicazione, le norme legislative sono in genere «tradotte» in una serie di prescrizioni tecniche e raccomandazioni per i vari settori di attività, alla cui elaborazione partecipano anche i rappresentanti delle parti sociali (datori di lavoro e lavoratori).
Nell'ambito del Governo, le competenze in materia di sicurezza e salute del lavoro fanno capo a più dicasteri: al Ministero del lavoro, delle relazioni sociali, della famiglia e della solidarietà, attraverso la Direzione generale del lavoro, per quanto concerne gli aspetti della prevenzione e dei controlli; al Ministero della salute, della gioventù e degli sport e al Ministero del bilancio, dei conti pubblici e della funzione pubblica, attraverso la Direzione della sicurezza sociale, per quanto riguarda invece gli aspetti della previdenza sociale. Il coordinamento interministeriale è assicurato dall'Agenzia francese di sicurezza sanitaria dell'ambiente e del lavoro (AFSSET), che ha funzioni di consulenza scientifica e di sostegno alla ricerca.
Lo Stato si limita a fissare gli indirizzi politici generali ed i relativi stanziamenti, attraverso la cosiddetta legge di finanziamento della sicurezza sociale. Nel 2007, sono stati spesi in tutto circa 407 miliardi di euro (424 previsti nel 2008), di cui 12 per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (cifra che si prevede invariata per il 2008.
I veri responsabili delle attività sono i vari comitati ed agenzie specializzate, che affiancano i Ministeri. In particolare, per la prevenzione e controllo un ruolo primario spetta al Consiglio superiore per la prevenzione dei rischi professionali (CSPRP), recentemente trasformato in Consiglio di indirizzo sulle condizioni di lavoro (COCT), che è il massimo organo giuridico-consultivo in materia di salute e sicurezza del lavoro e riunisce le parti sociali, le amministrazioni interessate nonché gli organismi di prevenzione. A livello regionale operano strutture analoghe. Sono poi da citare l'Agenzia nazionale per il miglioramento delle condizioni di lavoro (ANACT) con la sua rete di 25 agenzie regionali (ARACT), e l'Istituto nazionale di ricerca e sicurezza per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INRS), nonché l'Istituto di vigilanza sanitaria (INVS) e l'Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (INRS).
Sul fronte della sicurezza sociale, la gestione delle prestazioni a favore delle vittime degli infortuni sul lavoro è affidata alla Cassa nazionale dell'assicurazione malattia dei lavoratori salariati (Caisse Nationale d'Assurance Maladie des Travailleurs Salaries, CNAMTS). Si tratta di un ente pubblico a carattere nazionale, dotato di autonomia giuridica e finanziaria e sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute e di quello dell'economia e delle finanze. Il consiglio di amministrazione è composto paritariamente da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il CNAMTS eroga tutte le prestazioni sanitarie a favore dei lavoratori, sia quelle ordinarie che quelle collegate a infortuni o malattie professionali, occupandosi quindi della gestione assicurativa dei relativi rischi e attuando le relative politiche di prevenzione.
La quota del bilancio dell'ente spesa per gli infortuni sul lavoro ammonta a circa 11,4 miliardi di euro all'anno. Di questi, il 74 per cento è finanziato dai contributi versati interamente dalle aziende, il 20 per cento dallo Stato in varie forme ed il restante 6 per cento da contribuzioni minori (ad es. trasferimenti da altri enti o risarcimenti giudiziari). I lavoratori pertanto non versano contributi per l'assicurazione contro i rischi professionali, diversamente da quanto accade per la cassa generale malattie, dove contribuiscono sia i datori di lavoro in forma diretta, che i lavoratori in forma indiretta attraverso il «contributo sociale generalizzato» (CGS), un prelievo sul reddito assimilabile ad un'imposta e destinato a finanziare il sistema sanitario (per un lavoratore salariato è in media pari al 22-23 per cento della retribuzione). Per le imprese, il contributo per l'assicurazione contro gli infortuni e differenziato secondo parametri quali il settore di attività, la dimensione e la storia antinfortunistica dell'azienda: in media, ammonta a circa il 2-3 per cento del fatturato.
Su oltre 60 milioni di abitanti e circa 28 milioni di occupati in Francia, il CNAMTS copre 22 milioni di lavoratori, soggetti al regime dell'assicurazione obbligatoria ed impiegati nei 9 settori del commercio e dell'industria. Restano escluse varie categorie di lavoratori, quali quelli agricoli, i marittimi, i dipendenti pubblici, ecc. assicurati presso casse mutue o istituti autonomi. L'aspetto importante da sottolineare è che, mentre il CNAMTS si occupa anche di prevenzione, le altre casse per lo più si limitano ad erogare indennizzi e assistenza alle vittime degli infortuni o delle malattie, ad eccezione del settore agricolo, nel quale opera la cassa della Mutualità sociale agricola (MSA).
Si tratta di un istituto di carattere mutualistico, vigilato dal Ministero dell'agricoltura e della pesca e che gestisce tutta la previdenza sociale per i lavoratori agricoli (coltivatori diretti e salariati), nei comparti della salute, della famiglia, della vecchiaia, degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, occupandosi anche dell'aspetto preventivo. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2006 e 2007 la MSA ha assicurato circa 1,7 milioni di salariati e 590.000 non salariati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. (Occorre comunque precisare che nel settore agricolo in Francia ricadono anche le industrie del comparto agroalimentare e perfino una grande banca come il Credit Agricole.)
L'attività del CNAMTS si esplica a livello locale attraverso 16 casse regionali di assicurazione malattia (Caisses Regionales d'Assurance Maladie, CRAM) e 4 casse d'oltremare, anche nelle quali la gestione è affidata in modo paritario ai rappresentanti delle parti sociali. Dal punto di vista operativo, le casse regionali devono attuare gli indirizzi generali dettati a livello nazionale dal CNAMTS, che ha recentemente acquisito più forti poteri di coordinamento nei loro confronti. Le casse coprono tutte le tipologie di rischi ma, al fine di contenere i costi delle attività, ciascuna di esse si specializza nello studio e nella valutazione di una particolare tipologia di infortuni o malattie professionali, i cui risultati sono poi utilizzati anche dalle altre casse.
La prevenzione contro gli infortuni e le malattie professionali in Francia vede la partecipazione di più soggetti, pubblici e privati. Nel settore pubblico, l'attività preventiva si interseca con quella di controllo ed è svolta dagli ispettori del Ministero del lavoro e da quelli delle casse regionali. Appositi comitati regionali di coordinamento assicurano il collegamento a livello locale. Gli ispettori del lavoro sono circa 700 e dispongono di ampi e penetranti poteri di controllo nei confronti delle aziende, potendo irrogare sanzioni, sospendere le attività irregolari, promuovere azioni giudiziarie ecc. Gli ispettori delle casse regionali ammontano invece a circa 1.000 e hanno poteri meno estesi di quelli degli ispettori del lavoro.
Il numero degli ispettori è comunque largamente insufficiente rispetto a quello delle aziende da controllare (circa 2 milioni) e da più parti si auspica il rafforzamento e l'unificazione dei due corpi ispettivi, sebbene essi abbiano attualmente compiti in parte diversi. Pur svolgendo entrambi sia attività di controllo che di prevenzione, infatti, gli ispettori ministeriali sono più orientati sul primo aspetto, mentre quelli delle casse sono in effetti esperti della sicurezza del lavoro che intervengono soprattutto con azioni positive di consulenza e informazione alle imprese, miranti a migliorare l'ambiente di lavoro e a contrastare gli infortuni.
Un ruolo essenziale nella prevenzione spetta anche alle parti sociali, attraverso i Comitati d'igiene, di sicurezza e delle condizioni di lavoro (Comites d'Hygiene, de Securite et des Conditions de Travail, CHSCT) costituiti all'interno delle aziende. Attualmente, l'obbligo di costituire un CHSCT riguarda tutti gli stabilimenti e le imprese, pubblici e privati, con almeno 50 dipendenti. Al di sotto di tale soglia, o quando le condizioni dell'impresa non ne consentono la creazione, le attribuzioni del Comitato sono esercitate dai rappresentanti del personale. Le aziende con meno di 50 dipendenti possono raggrupparsi a livello settoriale o intersettoriale per creare un Comitato, mentre quelle con oltre 500 addetti possono costituirne diversi. Fanno parte dei Comitati il datore di lavoro o un suo rappresentante (che lo presiede), i rappresentanti dei lavoratori, i medici del lavoro e l'incaricato della sicurezza aziendale, mentre gli ispettori del lavoro e delle casse regionali partecipano alle riunioni.
Infine, l'attività di prevenzione è svolta anche dai medici del lavoro: si tratta di circa 20.000 professionisti privati, che operano nei luoghi di lavoro secondo le linee guida stabilite dallo Stato, ma le cui retribuzioni sono interamente a carico dei datori di lavoro. Il loro numero, tuttavia, risulta inferiore alle esigenze delle imprese.
Secondo i dati del CNAMTS, negli ultimi dieci anni il numero degli infortuni sul lavoro in Francia ha avuto un andamento oscillante: è aumentato notevolmente fra il 1997 e il 2002 (da 675.500 a 760.000 casi), è diminuito fino al 2004 (692.000) e ha poi ripreso a crescere (720.150 nel 2007). La frequenza degli infortuni è rimasta però pressoché stabile (circa 39 casi ogni 1.000 occupati) a partire dal 2004, segno che l'aumento registrato dipende essenzialmente dalla crescita del numero degli occupati. Anche gli incidenti in itinere risultano in aumento costante fra il 1995 e il 2000 (da 77.500 a 91.000), subiscono un forte calo dal 2002 al 2004 (da 90.000 a 78.000), per poi risalire di nuovo negli ultimi tre anni (85.500 nel 2007). Per quanto riguarda i decessi, sono passati da 661 nel 2003 a 474 nel 2005, per poi aumentare a 622 nel 2007.
Queste cifre, pur nella loro sintesi, mostrano che il fenomeno degli infortuni sul lavoro in Francia è ancora molto serio, nonostante l'impegno delle istituzioni centrali e periferiche e delle stesse parti sociali. I principali problemi sono la necessita di un migliore coordinamento del sistema, troppo complesso e frammentato, e di una maggiore trasparenza da parte delle imprese, soprattutto quelle piccole e medie al di sotto dei 50 dipendenti. Qui infatti non vige l'obbligo dei comitati d'igiene e sicurezza e talvolta, per le resistenze dei datori di lavoro, manca anche il rappresentante per la sicurezza ed il piano per la valutazione dei rischi, così che spesso molti infortuni non sono denunciati. Poiché in Francia l'80 per cento dei lavoratori è occupato in aziende con meno di 10 dipendenti, la questione è assai rilevante e si sta cercando, soprattutto da parte dei sindacati, di favorire la creazione di comitati CHSCT o di rappresentanze per la sicurezza che possano servire una pluralità di piccole e medie imprese.
Gli infortuni sul lavoro si concentrano principalmente nei settori dei servizi (sanita, aiuto domestico, commercio, ecc.) e del lavoro temporaneo, dell'edilizia e dei lavori pubblici, dell'industria alimentare, dei trasporti e delle reti di distribuzione. L'alta incidentalità nei servizi è dovuta all'incidenza del trasporto stradale, che in Francia è una delle attività più rischiose e la principale causa di decessi lavorativi. Ancora, gli infortuni sul lavoro risultano più frequenti tra i lavoratori precari e tra quelli più giovani (stagisti, apprendisti e neo-assunti). Tassi più elevati si riscontrano anche nei contratti a breve durata e nei lavori esternalizzati, per i quali i sindacati chiedono una maggiore responsabilizzazione dell'azienda appaltante, mediante un aumento della quota contributiva (attualmente, infatti, i 2/3 dei contributi assicurativi sono a carico dell'azienda appaltatrice e solo 1/3 a carico di quella appaltante).
Negli ultimi tempi, comunque, l'attenzione in Francia si sta spostando sempre più sulle malattie professionali, in particolare i tumori derivanti dall'esposizione all'amianto, in forte aumento. Si prevedono infatti addirittura 100.000 morti nei prossimi vent'anni, a causa dei periodi di latenza molto lunghi delle malattie (30-40 anni): per fronteggiare questa emergenza, lo Stato ha creato un fondo ad hoc all'interno del CNAMTS per i risarcimenti alle vittime, prevedendo altresì un fondo di prepensionamento per i dipendenti. Questioni aperte di carattere generale sono la richiesta di risarcimenti integrali dei danni anziché solo forfetari, la rivalutazione delle pensioni, l'uniformazione dei trattamenti tra le varie casse mutue e l'identificazione degli aventi diritto ai benefici, mediante l'individuazione dei settori e delle attività anziché delle singole aziende a rischio. Preoccupazioni analoghe destano altri tipi di patologie a medio-lungo termine, come quelle derivanti dall'esposizione ad agenti chimici (CMR: cancerogeni, mutageni e reprotossici), le malattie muscolo-scheletriche e, più recentemente, i disturbi psico-sociali e lo stress legati all'ambiente di lavoro, tutti oggetto di specifiche iniziative di prevenzione.


3.1.4. Il sistema di protezione contro il rischio di infortuni sul lavoro nel Regno Unito
Nel Regno Unito, il sistema di protezione contro il rischio di infortuni sul lavoro ha un'articolazione piuttosto lineare, con pochi soggetti ai quali sono affidati compiti ben precisi.
La competenza legislativa in tema di salute e sicurezza del lavoro appartiene allo Stato centrale, attraverso il Ministero del Lavoro e delle Pensioni. Ancora oggi, l'atto normativo fondamentale del settore è l'Health and Safety at Work Act (Legge sulla salute e sicurezza sul lavoro) del 1974, che disciplina in particolare le responsabilita dei datori di lavoro e che, pur con le necessarie modificazioni ed integrazioni (soprattutto per recepire le direttive comunitarie in materia), si è dimostrato nel corso degli anni uno strumento estremamente valido ed efficace per il contrasto e la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Mentre il Ministero del Lavoro e delle Pensioni detta le linee guida generali, dal punto di vista operativo la tematica della salute e sicurezza sul lavoro era, fino alla primavera del 2008, di competenza di due agenzie governative dipendenti dallo stesso Ministero, ovvero la Health and Safety Commission (HSC) e la Health and Safety Executive (HSE). L'HSC era l’organo che regolamentava la materia della salute e sicurezza sul lavoro mentre l'HSE si occupava, insieme alle Autorita locali, dell'attuazione della normativa sotto la direzione dell’HSC. A partire dal 10 aprile 2008, per esigenze di razionalizzazione, esse si sono fuse in un unica agenzia, la Health and Safety Executive (HSE) che, finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Pensioni, dispone di un bilancio annuale di circa 230 milioni di sterline (266 milioni di euro) e si avvale di un organico di 3.000 persone.
Per quanto concerne gli aspetti assicurativo-previdenziali, anche questa gestione è affidata al Ministero del Lavoro e delle Pensioni, che eroga direttamente indennizzi a favore delle vittime di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, queste ultime se ricomprese fra quelle riconosciute da un apposito comitato tecnico-consultivo, l'Industrial Injuries Advisory Council (IIAC), composto da 16 membri, tra i quali 4 rappresentanti dei lavoratori e 4 dei datori di lavoro. I contributi sono versati dai lavoratori (dipendenti e autonomi) e dai datori di lavoro nell'ambito del National Insurance System, secondo scaglioni correlati al reddito e al volume d'affari, che sono rivisti periodicamente alla luce dell'andamento demografico.
Fatta eccezione per l'Irlanda del Nord, dove opera un organismo autonomo (l'Health and Safety Executive for Northern Ireland, HSENI), l'HSE ha competenza su tutto il Regno Unito. L'agenzia è responsabile della regolamentazione della salute e sicurezza nelle installazioni nucleari, miniere, aziende, ospedali, aziende agricole, settore energetico (gas e petrolio) e chimico, mentre le Autorità locali sono responsabili per la regolamentazione della materia negli uffici, nei negozi e nel settore dei servizi. Sia l'HSE che le Autorità locali si occupano di disciplinare anche altri aspetti concernenti la tutela dei lavoratori e la salute pubblica. Pur nella specializzazione delle funzioni, le Autorità locali non possono però derogare la normativa nazionale e devono attenersi alle linee guida emanate dall'HSE.
L'HSE si avvale nella sua attività anche di un'altra agenzia specializzata, l'Health and Safety Laboratory (HSL), che gestisce il più importante laboratorio nazionale di ricerca in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ed effettua numerosi studi e verifiche per conto di organizzazioni pubbliche e private (ad esempio su macchinari, processi produttivi, sostanze chimiche), a fini preventivi, di controllo, di rilascio di autorizzazioni e di indagine.
Dal punto di vista organizzativo, l'HSE è gestita da un Consiglio di amministrazione composto da rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro, delle Autorità locali e di altri enti. Il Presidente del Consiglio di amministrazione è nominato dal Ministro del Lavoro e delle Pensioni e nomina a sua volta il Direttore generale dell'HSE. Il CdA svolge un ruolo consultivo e propositivo nei confronti del Ministero per le politiche e le norme in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Missione principale dell'HSE - che svolge la sua attività in stretto coordinamento con le Autorità locali, con le parti sociali e con esponenti del settore pubblico/privato - è quella di migliorare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro non solo a livello nazionale e locale ma anche a livello di lavoro individuale. Le linee strategiche di azione, che sono periodicamente aggiornate dall'organo direttivo dell'HSE, sono illustrate da ultimo nel rapporto A strategy for workplace health and safety in Great Britain to 2010 and beyond che individua alcune aree principali di intervento: sviluppare una più stretta collaborazione tra i vari attori coinvolti; massimizzare i benefici di un'efficace gestione ed attenta cultura in materia di salute e sicurezza; promuovere una maggiore interazione tra lavoratori e datori di lavoro nella gestione dei rischi sul lavoro; dare risalto ai benefici ottenuti da una buona politica in materia. Nell'attuare tali linee guida, l'HSE si attiene in ogni caso alle disposizioni generali contenute nel già citato Health and Safety at Work Act.
Dal punto di vista operativo, l'HSE e le Autorità locali si occupano sia della prevenzione che dei controlli. L'enfasi maggiore è appunto sulla prevenzione, ritenuta il mezzo più efficace per aumentare la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro e perseguita mediante vari strumenti: campagne di formazione, informazione ed educazione (ad esempio mediante la pubblicazione di opuscoli, o l'istituzione di numeri di assistenza telefonica), elaborazione di linee guida e «pratiche migliori» per i diversi settori e tipi di attività, consulenza assistenza alle imprese ecc. Tutte queste iniziative sono elaborate sulla base di una strategia pluriennale e coordinate attraverso una precisa programmazione per obiettivi e risorse, a cadenza annuale. Punto qualificante di tale impostazione è la verifica periodica (annuale e trimestrale) dell'efficacia delle varie attività, misurata mediante opportuni indicatori.
Per quanto riguarda la fase ispettiva, anche qui le autorità britanniche, sulla base dell'esperienza acquisita, insistono più sull'aspetto della consulenza e della collaborazione con le imprese che su quello della repressione. Su 3.000 dipendenti, l’HSE dispone di circa 1.200 ispettori, ai quali si affiancano quelli delle Autorità locali (in genere le municipalità). Come già accennato, l'HSE si occupa dei settori a rischio più elevato, come impianti nucleari, miniere, aziende, ospedali, aziende agricole, settore energetico (gas e petrolio) e chimico, mentre le Autorità locali gestiscono i settori a rischio più basso: uffici, negozi, servizi (ad esempio la ristorazione). In media, il 60 per cento delle ispezioni assume carattere preventivo e di verifica, mentre il resto avviene come risposta ad incidenti specifici. Lo sforzo attuale è di aumentare il numero dei controlli «proattivi», sebbene ciò richiederebbe un ampliamento dell'organico che il Governo sembra per ora restio a concedere.
L'attuale sistema di regolamentazione e di controlli, infatti, è ritenuto dagli ambienti più liberisti eccessivamente gravoso e vessatorio per le imprese, in particolare quando si tratta di norme che recepiscono direttive comunitarie. È una critica ricorrente nel dibattito politico in Gran Bretagna, alla quale si contrappone la richiesta da parte dei sindacati di un maggiore intervento dei pubblici poteri. Ciò spiega l'atteggiamento cauto del Governo in questo settore, attento a non gravare le aziende di prescrizioni inutilmente burocratiche e costose.
In realtà, i dati dimostrano che il sistema è abbastanza equilibrato: la normativa fondamentale contenuta nell’Health and Safety at Work Act fissa in modo chiaro principi e linee guida, lasciando però adeguati margini di discrezionalità per la loro concreta applicazione, il che consente un approccio flessibile e non burocratico. Sebbene si tenda a privilegiare l’aspetto della prevenzione, tuttavia, in caso di accertate irregolare, gli ispettori godono di ampi poteri sanzionatori, che vanno dalla irrogazione di multe (fino a 20.000 sterline per le violazioni meno gravi) alla chiusura delle attività o dell'intera azienda.
Il deterrente rivelatosi più efficace resta però il principio della responsabilità dei dirigenti dell'azienda in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, espressamente sancito dall’Health and Safety at Work Act. È infatti possibile, in caso di infortuni riconducibili a dolo o colpa grave, citare in giudizio i dirigenti dell’impresa, che possono subire condanne anche pesanti. Al riguardo, è aperto il dibattito circa l'opportunità di inserire un vero e proprio concetto di «responsabilità oggettiva» a carico dei dirigenti ovvero di trasformare la responsabilità da individuale in collettiva (cioè estesa all'intera azienda).
Interlocutori privilegiati dell'HSE nello svolgimento della sua attività sono da una parte la Trade Union Congress (TUC), ovvero la principale confederazione sindacale, che con i suoi 58 sindacati affiliati rappresenta circa 7 milioni di lavoratori, e dall'altra la Confederation of British Industry (CBI), ovvero l'equivalente britannico della Confindustria, cui aderiscono 240.000 imprese che assorbono circa un terzo della forza lavoro del paese.
Nelle singole aziende, i sindacati operano inoltre attraverso i rappresentanti del personale per la sicurezza, la cui presenza è prevista per legge. Pur se in numero elevato (circa 200.000 in tutto il Regno Unito), tuttavia, specialmente nel settore manifatturiero esiste una forte disparita nella loro distribuzione tra le grandi imprese (dove sono presenti nel 70 per cento dei casi) e quelle piccole e medie, dove la presenza è molto più scarsa. Per quanto riguarda invece le aziende, la responsabilità prevista dalla legge in capo ai dirigenti si è dimostrata efficace nell'incentivare le imprese ad investire nella salute e sicurezza, sia per quanto riguarda interventi sugli ambienti di lavoro che per i singoli dipendenti. Iniziative specifiche di formazione rivolte ai dirigenti di azienda sono del resto contemplate espressamente dall'HSE. Sebbene non vi sia un modello di cogestione delle relazioni industriali come in Germania, anche nel Regno Unito la collaborazione tra sindacati e organizzazioni datoriali sui temi della sicurezza del lavoro è in genere piuttosto buona.
Attualmente, la Gran Bretagna ha circa 58 milioni di abitanti e 26,4 milioni di occupati. Le ultime statistiche ufficiali provvisorie relative ai morti e incidenti gravi sul lavoro pubblicate il 28 ottobre 2008 dall'HSE fanno stato di un certo miglioramento della situazione nel periodo 2007-08 rispetto al 2006-07. I casi di morti sul lavoro sono infatti scesi da 247 a 229, ovvero 0,75 casi ogni 100.000 lavoratori, mentre il numero di infortuni non letali denunciati si è ridotto da 115.799 a 109.912, ossia 360,9 casi ogni 100.000 lavoratori. Per dare un termine di paragone, nel 199091 sono avuti 433 morti per lavoro e 162.888 infortuni non letali denunciati. Sul lungo termine, si starebbe quindi affermando un trend decrescente nel numero di casi di incidenti mortali e non, anche se, di anno in anno, il miglioramento della situazione risulta essere meno visibile.
Secondo le statistiche, a fronte di 2,9 milioni di casi nel 1990-91, nel periodo 2007-08 si sono registrati 2,1 milioni di persone con malattie (casi vecchi e nuovi), le cui cause possono essere presumibilmente fatte risalire a lavori effettuati in passato o attuali. Infine, 1.028 e 354 sono state le azioni di repressione di violazioni della legge sulla salute e sicurezza sul lavoro condotte rispettivamente dall'HSE e dalle Autorità locali, a fronte di 1.051 e 340 effettuate nel 2006-07.
Fra tutti i principali comparti industriali, il settore agricolo e delle costruzioni sono quelli che hanno registrato i più alti tassi di incidenti mortali con quasi la meta nel numero dei morti sul lavoro nel Regno Unito e dove maggiore è l'esigenza di controlli. Altri settori particolarmente rischiosi sono la pesca, l'industria estrattiva e quella dello smaltimento e riciclaggio dei rifiuti. Sembrerebbe che il numero di incidenti sul lavoro nel Regno Unito, in particolare quelli mortali, sia uno dei più bassi se paragonato a quello dei principali partner europei. Ciò costituisce un risultato certamente positivo e testimonia la validità del sistema britannico, sebbene le autorità mantengano un impegno costante per cercare di ridurre ulteriormente il numero degli infortuni.
Ciononostante, permangono ancora vari problemi, soprattutto tra le imprese di minori dimensioni, scarsamente sindacalizzate e dove, a causa delle resistenze dei datori di lavoro, mancano spesso i piani di valutazione dei rischi e i rappresentanti del personale per la sicurezza, con la conseguenza che molti incidenti non vengono denunciati. La questione è particolarmente rilevante ed è al centro della strategia dell'HSE per gli anni avvenire, considerando l'alto numero di queste aziende operanti nel Regno Unito (circa 5.000.000, che assorbono il 50 per cento della forza lavoro) e la loro importanza per l'economia. Altro tema sensibile è quello dei lavoratori più giovani e soprattutto degli immigrati, spesso occupati in settori ad alto rischio (ad esempio l'edilizia) e per i quali si impongono specifici programmi di formazione, resi più difficili dal fatto che non tutti parlano inglese. Una preoccupazione recente riguarda infine le malattie professionali, in particolare quelle legate all'amianto che, nelle due forme dell'asbestosi e del mesotelioma, causano circa 4.000 morti all'anno. Altri disturbi spesso richiamati sono quelli da stress, legati al cambiamento del mondo lavorativo e alla prevalenza delle attività impiegatizie rispetto a quelle manuali.


3.2. Sopralluogo a Bologna-Sasso Marconi (23-24 novembre 2008)
Il primo sopralluogo in Italia della Commissione si è svolto a Bologna e a Sasso Marconi, dal 23 al 24 novembre 2008. La delegazione, guidata dal Presidente Tofani, era formata altresì dai senatori Donaggio, Maraventano e Nerozzi. Scopo della missione era quello di acquisire informazioni su un grave incidente determinatosi il 17 novembre 2008 presso uno stabilimento della Marconigomma, situato a Sasso Marconi.
L'infortunio era avvenuto in una società denominata Marconi Rubber Compounds, che è una delle società controllate al cento per cento dalla Marconi Group. La Marconi Rubber si occupa della produzione di elastomeri, mentre la seconda società, denominata Marconi Special, sita nelle immediate vicinanze della prima, si dedica alla ricerca e alla sperimentazione delle nuove miscele che verranno poi prodotte dalla società operativa.
L'incidente è avvenuto il 17 novembre, quando l'ingegner Fabio Costanzi, direttore dello stabilimento, ed uno degli operai, il signor Yadav Ramjas, stavano producendo, per la prima volta, all'interno di un mescolatore per gomme elastomeriche del tipo chiuso, un lotto sperimentale la cui formulazione prevedeva la mescola di un fluoroelastomero di VDF (vinilidenfluoruro) e HFP (esafluoropropene), con nome commerciale FPM2601B, con ossido di magnesio con nome commerciale ELASTO-MAG 170 nel rapporto 100/60. Un piccolo lotto con la stessa formulazione era stato testato in precedenza su un impianto pilota ed il risultato era stato positivo.
Improvvisamente però, dopo pochi minuti dall'inizio della lavorazione, si sono verificate tre esplosioni in immediata successione, innescatesi all’interno del mescolatore, che hanno causato la morte delle suddette persone mentre seguivano la lavorazione sulla passerella metallica di servizio del mescolatore, posta a circa 2 metri di altezza da terra è raggiungibile tramite una scala metallica a due rampe.
Mentre non è ancora possibile trarre conclusioni definitive sulle cause dell’incidente, essendo ancora in corso la relativa inchiesta della magistratura, la dinamica dell’incidente e le perizie eseguite sembrano comunque indicare una reazione imprevista all’interno del mescolatore, forse dovuta alla non perfetta compatibilità dei componenti miscelati, ancorché la mescola fosse stata testata in precedenza in laboratorio. Occorre infatti evidenziare che, da un punto di vista strettamente tecnico, le lavorazioni in impianto pilota simulano in modo molto blando ed aleatorio le condizioni reali di stress a cui sono soggette le materie prime quando le lavorazioni avvengono invece in un grosso impianto di produzione industriale.
Peraltro, occorre osservare che l'ingegner Costanzi, che seguiva personalmente tutte le sperimentazioni, era considerato un grande esperto del settore ed anche l'operaio che lo accompagnava aveva una notevole esperienza nei procedimenti di lavorazione.


3.3. Sopralluogo a Caserta (14-15 dicembre 2008)
Il 14 e 15 dicembre 2008 la Commissione ha inviato una sua delegazione, composta dal presidente Tofani e dai senatori De Luca e Maraventano, a Caserta. Questo sopralluogo, a differenza del precedente, non era legato al verificarsi di uno specifico evento infortunistico, ma era volto ad acquisire informazioni di carattere generale sul fenomeno degli infortuni sul lavoro nella provincia di Caserta.
Il quadro che è emerso dagli incontri con le Autorità preposte e con i rappresentanti delle parti sociali, conferma una situazione di elevata rischiosità, per la diffusa presenza di situazioni di irregolare nell'impiego dei lavoratori presso le varie aziende. La provincia di Caserta è caratterizzata infatti da una forte presenza di lavoratori extracomunitari, che vengono per lo più assunti in nero, specie per attività di carattere stagionale nell’edilizia e nell’agricoltura. In secondo luogo, l’economia locale risente pesantemente del condizionamento della criminalità organizzata e registra la presenza di molte aziende che operano in maniera irregolare o addirittura completamente in nero. Tali situazioni, aggravate dalla pesante disoccupazione locale, favoriscono purtroppo lo sfruttamento della manodopera ed un drastico abbassamento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, creando gravi problemi anche alle aziende sane, pur numerose, costrette ad affrontare la concorrenza sleale delle aziende irregolari o collegate alla criminalità organizzata, che producono, evidentemente, a costi più bassi.
Secondo i dati INAIL forniti alla Commissione in occasione del sopralluogo, nei primi nove mesi del 2008 si sono riscontrati in provincia di Caserta 3.202 infortuni sul lavoro (pari al 15 per cento dei quasi 23.000 casi registrati in Campania), con un calo del 6,7 per cento rispetto al 2007, quando si sono avuti 3.431 incidenti (corrispondenti al 15 per cento dei quasi 22.000 avvenuti nella Regione). Per quanto riguarda gli infortuni mortali, si sono avuti 16 casi (3 in meno rispetto all’anno precedente): tra questi ben 10 nell’industria (dato invariato rispetto al 2007), dei quali 8 nella sola edilizia (valore purtroppo raddoppiato rispetto al 2007). Sfortunatamente, proprio la diffusa presenza di attività economiche sommerse e di rapporti di lavoro irregolari, per indicazione degli stessi soggetti auditi, fa ritenere che il numero degli incidenti e dei decessi sia decisamente più alto. Per quanto riguarda l'attività ispettiva, particolarmente intensa, su circa 900 sopralluoghi effettuati dall’INAIL nel 2008, oltre un terzo ha riguardato i cantieri edili, che sono il settore più a rischio, come testimonia il fatto che su quasi 1.200 contravvenzioni irrogate, circa 800 hanno riguardato proprio questo comparto.
Un ulteriore conferma della particolare attenzione nel settore delle costruzioni arriva poi dal dato sui sequestri preventivi: su quasi 100 cantieri edili ispezionati dalla ASL, congiuntamente alle Forze dell’ordine, circa il 90 per cento sono stati assoggettati a sequestro preventivo, per gravi irregolarità e rischi all'incolumità dei lavoratori. Inoltre, mentre negli appalti di opere pubbliche, per l'elevato numero dei controlli, non si riscontrano in genere situazioni di gravi irregolarità, in quelli privati risultano invece frequentemente violazioni e problemi di vario tipo.
Di fronte alla situazione teste descritta, certamente preoccupante, è comunque da registrare positivamente la grande consapevolezza e l’impegno nella lotta al fenomeno infortunistico e più in generale all'economia illegale, dimostrati non solo dagli enti pubblici e dalle Forze dell’ordine, ma anche dai rappresentanti del mondo imprenditoriale e sindacale, che operano in stretto raccordo tra loro. Purtroppo, la pervasività delle attività illegali e la diffusione ancora scarsa di una adeguata cultura della sicurezza tra le imprese ed i lavoratori, fanno sì che le azioni di contrasto si debbano esercitare più sul fronte della repressione che su quello della prevenzione: in questo senso, come in altre parti del Paese, si sconta anche una certa insufficienza delle risorse finanziarie e di personale a disposizione degli enti istituzionali, che andrebbe adeguatamente sostenuta.


3.4. Sopralluogo a Trieste (1o-2 febbraio 2009)
Il 1o e 2 febbraio 2009 una delegazione della Commissione (composta dal presidente Tofani e dalle senatrici Donaggio e Maraventano) si è recata in missione a Trieste per acquisire elementi conoscitivi in relazione a due gravi infortuni sul lavoro, verificatisi in quella zona nelle settimane precedenti, rispettivamente il 12 gennaio presso la ferriera di Servola ed il 17 gennaio presso la cartiera Burgo di Duino Aurisina ed in entrambi i quali si erano purtroppo avuti anche dei morti.
Per quanto riguarda il primo incidente, dove è deceduto un operaio, il signor Dusan Poldini, esso si è verificato all'interno della linea produttiva della Lucchini S.p.A., la società che gestisce la ferriera di Servola, specializzata nella produzione di ghisa e cokeria. La Lucchini S.p.A. ha creato una società, la Servola S.p.A., che opera all'interno del porto, svolgendo attività di logistica e manutenzione, nell'esclusivo interesse della Lucchini ed utilizzandone in via di fatto anche il personale.
L'infortunio si è verificato durante la manutenzione di una gru in funzione: si tratta di un impianto di carico/scarico ubicato presso la banchina portuale, che ruota su se stesso e che alla base ospita un meccanismo che va periodicamente controllato e lubrificato. Il problema è nato dal fatto che la linea di manutenzione non ha informato la linea logistica, quella che effettua i lavori, dell'intervento di manutenzione, che è quindi avvenuto all'insaputa degli addetti alla lavorazione, cioè del responsabile della linea di logistica e dello stesso operatore che stava manovrando la gru. Così, quando il signor Poldini si è recato presso la base della gru per effettuare la manutenzione, la gru, anziché essere ferma, come prevede in questi casi la normale procedura, era in movimento e, durante la rotazione, ha agganciato l'operaio, uccidendolo sul colpo. Inoltre, è stata riscontrata l'assenza di alcune protezioni, in particolare con riferimento ad una specie di piattaforma sulla quale si appoggia ed opera la gru, che può aver concorso al verificarsi dell'infortunio.
Il 22 settembre 2009 la Procura di Trieste ha concluso le indagini preliminari, ipotizzando il reato di omicidio colposo aggravato (articolo 589, comma 2, del codice penale) a carico di alcuni soggetti della Servola S.p.A., vale a dire il datore di lavoro, il dirigente del reparto interessato ed il preposto. Secondo la magistratura, i suddetti soggetti non avrebbero attuato il necessario coordinamento tra i due settori coinvolti, la linea logistica e quella di manutenzione, concordando tempi e modalità dell'operazione di manutenzione secondo la regolare procedura (che prevede il fermo della gru per consentire ai manutentori di accedere agli impianti e di operare in condizioni di sicurezza). Inoltre, viene contestato agli stessi soggetti di non aver messo a disposizione del signor Poldini idonee attrezzature per comunicare con l'operatore della gru e di non aver informato quest'ultimo della presenza del Poldini.
Ferma restando la necessità di attendere l'esito finale del procedimento penale avviato, è da rilevare comunque che, secondo le verifiche della magistratura, lo svolgimento delle operazioni di manutenzione sulle due gru presenti nella banchina gestita dalla Servola, sarebbe spesso avvenuto, per espressa disposizione dei dirigenti responsabili, senza la necessaria comunicazione tra i reparti e quindi in assenza di tutte le necessarie misure di sicurezza, cosicché è stato solo per pura fatalità se prima del 12 gennaio non si sia verificato nessun altro infortunio analogo.
Il secondo incidente, in cui ha perso la vita l'operaio Mauro Burg, è avvenuto nell’area della cartiera Burgo di Duino Aluisina. Peraltro, la societa Burgo pare estranea all'infortunio e da ogni responsabilità, in quanto risulta essere solo la proprietaria dell'area dove è collocata la macchina addetta alla lavorazione dei tronchi presso la quale è accaduto l'incidente. La lavorazione dei tronchi, invece, è affidata ad una cooperativa della società Compagnia Portuale S.r.l. che è proprietaria del macchinario e datrice di lavoro degli addetti al macchinario stesso, incluso l'operaio deceduto.
L'infortunio si è probabilmente verificato per l'avvenuta alterazione del sistema di sicurezza: sulla macchina è installata una pedana su cui agisce l'operaio addetto al controllo dei tronchi che devono entrare a contatto con le seghe circolari; una volta tagliati, i segmenti di tronchi sono caricati sui camion e trasportati alla cartiera. Il sistema di sicurezza della pedana è tale che non appena questa viene liberata dal peso dell'operaio posto su di essa, l’impianto e le seghe si bloccano. Purtroppo, durante le lavorazioni, il signor Burg è caduto sul nastro trasportatore senza che il meccanismo di sicurezza intervenisse bloccando il nastro, che lo ha così trascinato fino alle seghe circolari dove è rimasto ucciso.
Premesso sempre che il procedimento giudiziario in corso non è ancora concluso, è da segnalare che il 9 settembre 2009 la magistratura ha concluso le indagini, formalizzando la richiesta di rinvio a giudizio per il reato di omicidio colposo aggravato (articolo 589 del codice penale) a carico del presidente della Compagnia Portuale, per colpa generica costituita da imprudenza, negligenza ed imperizia, nonché per colpa specifica, per aver omesso di realizzare un idonea protezione al fine di evitare i rischi di contatto meccanico tra operai e nastro trasportatore dei legnami, non aver garantito un idonea manutenzione sui sistemi di sicurezza sulla pedana e non aver redatto un documento relativo alla valutazione dei rischi delle operazioni di sblocco dell’inceppamento dei tronchi e alle conseguenti misure preventive da adottare.


3.5. Sopralluogo a Catania (15-16 marzo 2009)
La Commissione, in data 15 e 16 marzo 2009, ha svolto una missione a Catania, mediante l'invio di una delegazione formata dal presidente Tofani e dalle senatrici Donaggio e Maraventano. Anche in questo caso, il sopralluogo non era posto in relazione con specifici incidenti sul lavoro, ma mirava ad acquisire informazioni generali sulla problematica infortunistica nella provincia siciliana.
I dati INAIL disponibili al momento del sopralluogo evidenziano che nella provincia di Catania gli infortuni sul lavoro presentano un trend crescente, essendo passati dagli 8.898 del 2007, pari al 19,7 per cento degli oltre 45.000 casi della Regione, ai 9.248 del 2008, corrispondenti al 20 per cento degli oltre 46.000 infortuni registrati nell'isola. Peraltro, si tratta di dati parziali, considerato che gli incidenti minori, soprattutto quelli relativi alle malattie meno gravi, tendono a non essere denunciati. Nello stesso periodo si è registrato un ulteriore incremento degli incidenti mortali, in quanto dai 15 del 2007 si è passati ai 28 del 2008 (un incremento di oltre l'86 per cento), con casi anche di grande rilevanza pubblica. Da citare, in particolare, l'episodio del 12 giugno 2008, quando a Mineo sono morti sei operai, rinvenuti esanimi all'interno dell'impianto di depurazione comunale, è quello del 1o settembre 2008, quando a Motta Sant'Anastasia hanno perso la vita due lavoratori delle Ferrovie impegnati in un cantiere lungo i binari.
Le cause dell'espansione del fenomeno degli infortuni possono essere individuate nella diffusione di imprese con meno di 15 dipendenti (su circa 87.000 imprese registrate nella Provincia, il 51 per cento risulta infatti con un solo addetto), ove si concentrano i più alti tassi di infortuni e di mortalità; nell'eccessiva frammentazione delle imprese che concorrono al processo produttivo nei cantieri edili, circostanza che determina difetti di coordinamento con conseguente crescita del rischio; nella non sempre coerente cultura della sicurezza tra i lavoratori. A questi fattori si aggiunge poi un aggravarsi della disoccupazione nella provincia, che ha favorito l'aumento del lavoro irregolare o sommerso ed in generale dell'economia illegale, a cui non è ovviamente estranea la presenza della criminalità organizzata.
Come in altre parti del Paese, anche nella provincia di Catania, si registra una elevata diffusione di attività economiche sommerse, sia per quanto riguarda le aziende, che per quanto riguarda i lavoratori. Tale fenomeno si concentra particolarmente nel settore dell'edilizia e in parte dell'agricoltura, che sono non a caso quelli dove si registra anche la maggiore percentuale di infortuni. Sempre in questi settori, è assai diffusa anche la presenza di lavoratori immigrati, nonché di lavoratori temporanei o precari. Per dare un'idea del fenomeno, nel 2008 l'Arma dei Carabinieri ha controllato 452 imprese, comminando 789 contravvenzioni e 126 provvedimenti di sospensione dell'attività lavorativa che si aggiungono ai 110 disposti dall'Ispettorato generale del lavoro, mentre la Guardia di Finanza ha individuato 149 aziende che operavano totalmente in nero.
Peraltro, va segnalato come negli ultimi anni, anche per le esigenze di contrasto alla criminalità mafiosa, si sia raggiunto un elevato livello di coordinamento tra i diversi enti e Forze dell'ordine preposti al controllo del territorio, che ha conseguito positivi risultati sul fronte repressivo. La Commissione ha comunque potuto constatare anche un forte impegno degli enti istituzionali e delle organizzazioni datoriali e sindacali sul fronte della prevenzione e della formazione, che risulta però ancora non completamente sufficiente rispetto alle esigenze del territorio, anche per la carenza di risorse umane e finanziarie, specialmente per gli organici dei corpi ispettivi.
Tra le problematiche specifiche segnalate dai sindacati, deve essere citata una certa resistenza, specialmente tra le piccole e medie imprese, meno sindacalizzate, all’introduzione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, talora palesemente osteggiati. Per contro, le organizzazioni imprenditoriali hanno denunciato con forza la necessità di contrastare la concorrenza sleale delle imprese irregolari o sommerse, specialmente nel settore edilizio, dove manca anche una specifica preparazione degli imprenditori. Al riguardo, interessante è il suggerimento di raccogliere in un unica banca dati tutti i provvedimenti di rilascio di concessioni edilizie e di rendere obbligatoria l'iscrizione ad uno specifico albo delle imprese che operano nel campo edile, allo scopo di favorire i controlli delle autorità preposte.


3.6. Sopralluogo a Cagliari (11-12 giugno 2009)
L’11 e 12 giugno 2009, la Commissione ha effettuato una missione a Cagliari, mediante l'invio di una delegazione formata dal vice presidente Nerozzi e dai senatori Donaggio e Valli, alla quale era altresì aggregato, in rappresentanza della Commissione lavoro, il senatore Adragna. Scopo della missione era in questo caso quello di acquisire informazioni in ordine al grave incidente verificatosi il 26 maggio 2009 presso gli impianti della raffineria Saras di Sarroch, nel quale erano deceduti tre operai.
L’infortunio è occorso all’interno di un serbatoio in un impianto di desolforazione, che era stato fermato per consentire la bonifica della cisterna dai residui di lavorazione ai fini del successivo utilizzo. Addetta ad una fase delle operazioni di bonifica era la ditta Comesa, una delle numerose ditte esterne che lavorano per la Saras S.p.A. e che hanno in appalto alcuni lavori all’interno della raffineria, con circa 180 dipendenti. Secondo la ricostruzione dell’accaduto, il primo ad entrare nel contenitore è stato il signor Luigi Solinas, che è rimasto quasi immediatamente vittima di esalazioni tossiche di residui presenti nel serbatoio. Solinas era arrivato sul posto insieme ad un altro operaio della stessa squadra, il signor Porcu, il quale ha raccontato di essersi allontanato e, una volta tornato, di aver poi notato il corpo di Solinas, recandosi quindi subito a cercare aiuto. Nel frattempo sarebbero arrivati altri tre operai, appartenenti ad un altra squadra della Comesa, che sono penetrati nel serbatoio, presumibilmente per cercare di soccorrere Solinas. Purtroppo però i primi due, Daniele Melis e Bruno Muntoni, sono a loro volta morti per le esalazioni, mentre il terzo, Luca Fazio, è rimasto solo intossicato, così che Porcu, al suo ritorno, ha trovato non una ma tre vittime.
In effetti, la dinamica dell’accaduto è ancora tutta da chiarire, atteso che occorre stabilire se Solinas si fosse introdotto nel serbatoio di sua iniziativa, quindi senza attendere le prescritte autorizzazioni che attestavano l’assenza di rischi derivanti appunto da residui tossici, o se viceversa avesse ricevuto l'incarico, esplicito o implicito, di iniziare direttamente le attività di manutenzione.
Compito della squadra della Comesa era di scrostare le pareti del serbatoio, un enorme accumulatore dove viene stoccato il gasolio di passaggio, separato dallo zolfo. Poiché nel processo si sviluppano solfuri che, una volta aperta l'apparecchiatura, potrebbero esplodere a contatto con l'ossigeno ed il calore dell'ambiente, prima di iniziare il lavoro la cisterna viene bonificata con l'immissione di azoto, un gas inerte che serve a scongiurare le esplosioni. Gli operai possono intervenire solo successivamente con maschera e respiratore, dopo che una serie di apparecchiature hanno accertato l'assenza di gas letali. Questi rigidi protocolli di sicurezza, evidentemente, non sono stati messi in pratica. La bonifica, probabilmente, non ha concluso il suo ciclo e nel deposito sono rimaste in sospensione sostanze letali (l'idrogeno solforato o forse lo stesso azoto). Le indagini, tuttora in corso, dovranno quindi ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente ed individuare gli errori nella procedura di bonifica che avrebbe dovuto essere effettuata in precedenza. Certo è che gli operai non avevano le dotazioni di sicurezza prescritte.
La vicenda ricorda tristemente altri eventi simili accaduti in passato: secondo fonti di stampa6, negli ultimi due anni si sono infatti verificati ben 11 infortuni di questo tipo, che hanno causato la morte di 22 persone, sempre a causa di vapori tossici sprigionatisi all'interno di serbatoi o cisterne durante lavori di pulizia o di manutenzione. Proprio il carattere ripetitivo di questi incidenti solleva ancora una volta gravi dubbi circa l'effettiva preparazione delle imprese e del personale addetto a questo tipo di operazioni.
Il caso della Saras è emblematico anche sotto altri punti di vista, perché richiama il problema della sicurezza nei casi in cui fasi di lavorazione secondaria o servizi di manutenzione vengono affidati in appalto a ditte esterne da parte di società più grandi, pubbliche o private. Quello di Sarroch è infatti una delle sei maggiori raffinerie d'Europa, con una capacità di lavorazione di 300.000 barili al giorno, pari al 15 per cento della capacità di raffinazione in Italia. L'azienda è nota per la correttezza e la scrupolosità delle misure di sicurezza adottate, tuttavia è soggetta ad un notevole carico di lavoro e ospita al suo interno, accanto ai 1.000 dipendenti in organico, anche 3.000-4.000 addetti di aziende appaltatrici dei servizi di manutenzione, che sono per lo più ditte locali di piccole o piccolissime dimensioni. Ciò rende abbastanza difficile la gestione complessiva ed aumenta il rischio di interferenze nelle lavorazioni.
Per quanto la Commissione ha avuto modo di accertare, almeno da un punto di vista formale, le aziende appaltatrici della Saras risulterebbero selezionate sulla base di criteri rigorosi ed i loro dipendenti riceverebbero un addestramento adeguato. Tuttavia, proprio la dinamica dell'incidente, per come si è potuta ricostruire finora e fermi restando gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria in corso, pone seri interrogativi sia sulle procedure di sicurezza adottate dalle ditte esterne che sulla formazione degli addetti.
Si tratta, è bene ribadirlo, di un problema di carattere generale, che va al di là dell’incidente di Sarroch e che è reso ancora più grave dai tempi di lavorazione molto serrati e dalle conseguenti pressioni che spesso si producono sulle piccole ditte appaltatrici, specie in un contesto, come quello attuale, caratterizzato da una elevata crisi occupazionale.