Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»


Seduta 57, giovedì 8 luglio 2010


Audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome



Presidenza del presidente TOFANI indi del vice presidente NEROZZI


Intervengono, in rappresentanza della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’avvocato Vincenzo Riommi, Coordinatore vicario della Commissione salute e Assessore alla tutela della salute della Regione Umbria, il dottor Paolo Alessandrini, Dirigente responsabile rapporti con il Parlamento, il dottor Luciano Marchiori, Responsabile del Dipartimento della prevenzione della Regione Veneto, il dottor Michele Bove, Dirigente Ufficio di Roma della Regione Campania ed il dottor Giorgio Di Leone, Dirigente ASL Bari della Regione Puglia.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Comunico altresì che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Desidero anzitutto ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza.
L’audizione odierna verte su due temi, quello delle malattie professionali e quello della verifica dello stato di attuazione della disciplina recata dalla legge n. 123 del 2007 e dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto Testo unico), per la parte di competenza delle Regioni. A tali temi sono dedicati due appositi gruppi di lavoro della Commissione, coordinati rispettivamente dal senatore Giorgio Roilo (malattie professionali) e dalla senatrice Cecilia Donaggio (verifica dello stato di attuazione della normativa).
Per quanto riguarda il tema delle malattie professionali, i nostri Uffici hanno fatto pervenire alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome una serie di quesiti puntuali, predisposti dal senatore Roilo. In sostanza, si tratta di capire i problemi incontrati dalle Regioni nelle attività di rilevazione e di prevenzione delle malattie professionali, che non risultano omogenee su tutto il territorio nazionale. Ad esempio, in tema di rilevazione dei dati, solo alcune Regioni hanno attivato il sistema di registrazione MALPROF delle malattie professionali denunciate alle ASL e ancora non vi è una messa a sistema completa dei dati relativi alla vita lavorativa e alle possibili esposizioni, dei registri delle patologie e delle schede di dimissione ospedaliera, così come occorre capire se delle malattie denunciate alle ASL viene poi fatta segnalazione alle Procure della Repubblica.
Per quanto concerne l’attività di prevenzione, occorre verificare quale spazio il tema delle malattie lavorative trovi nei piani sanitari regionali, soprattutto in relazione a specifiche patologie; se gli interventi attuati dai servizi di prevenzione delle ASL siano o meno adeguati alle effettive esigenze di tutto il territorio nazionale e, in caso contrario, quali strategie si possano mettere in atto per migliorare la situazione.
Circa il processo di attuazione del Testo unico, nel corso delle audizioni recentemente svolte dalla Commissione con i dirigenti responsabili dei competenti Uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute è emerso con chiarezza come tale processo, ad oltre due anni dall’adozione della nuova disciplina, sia ancora incompleto.
In particolare, restano da emanare una serie di importanti norme di dettaglio, nella cui elaborazione sono da tempo impegnati appositi gruppi di lavoro formati dai rappresentanti delle amministrazioni competenti, delle Regioni e delle parti sociali, nell’ambito di una competenza di regolamentazione ripartita tra Stato e Regioni. Ciò implica la necessità di svolgere confronti ampi ed articolati fra detti soggetti: molto lavoro è già stato fatto e la Commissione ha avuto indicazione dai Ministeri competenti che molti dossier sono in avanzato stato di definizione. Tuttavia, poiché i ritardi costituiscono un elemento di criticità nel sistema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, appare opportuno verificare, con il concorso dei diversi interlocutori coinvolti (e, quindi, per i profili di loro competenza, anche con le Regioni), quali accorgimenti o semplificazioni si possano adottare per una rapida emanazione dei rimanenti atti di regolamentazione, al fine di consentire a tutti gli operatori del sistema (enti istituzionali, lavoratori e imprese) di disporre di una normativa stabile, completa, e che abbia altresì un’interpretazione e un’applicazione uniformi su tutto il territorio nazionale, evitando pericolose asimmetrie tra una Regione l’altra.
Ho voluto richiamare in modo specifico il tema di cui ci stiamo occupando, affinché anche voi possiate fornirci, sulla base delle vostre conoscenze e delle vostre riflessioni, elementi tali da rendere finalmente possibile la messa a regime di una normativa che purtroppo è ancora in parte inattuata. Come ho appena ricordato, abbiamo già avuto modo di ascoltare i dirigenti dei competenti Uffici del Ministero della salute e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nelle prossime settimane ascolteremo direttamente i Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali al fine di pervenire ad una sintesi e comprendere in che modo la nostra Commissione, per il suo ruolo istituzionale ed anche per lo scopo che si è prefissa con la costituzione di alcuni gruppi di lavoro, possa concorrere a velocizzare l’iter di attuazione della disciplina e a garantirne l’omogenea applicazione in tutto il Paese.
Mi scuso se non potrò assistere allo svolgimento dell’audizione per impegni concomitanti, ma avrò comunque il piacere di leggere il resoconto stenografico della seduta. Pertanto saluto i nostri ospiti e rimetto la presidenza dei lavori al vice presidente Nerozzi.

Presidenza del vice presidente NEROZZI

RIOMMI
Signor Presidente, come coordinatore vicario della Commissione salute e assessore alla tutela della salute della Regione Umbria, sono stato delegato dalla Conferenza delle Regioni a partecipare ai lavori di questa Commissione, che ringrazio per l’attenzione e la disponibilità.
Al fine di rispondere ai quesiti che sono stati formulati dalla Commissione e che si articolavano in dieci punti, la Conferenza delle Regioni ha predisposto un documento dettagliato, ove vengono trattati tutti gli aspetti sottesi al tema delle malattie professionali, che ritengo utile consegnare agli atti della Commissione per lasciarne una traccia completa ed organica.
La Conferenza ha anche elaborato un documento di sintesi, che è stato approvato oggi dalla Conferenza dei Presidenti, in cui si mettono in evidenza quattro diversi aspetti. Il primo aspetto è relativo alle modalità di acquisizione dei casi di malattia professionale da parte dei servizi e, successivamente, a quale seguito sia dato dai servizi delle aziende sanitarie locali.
Ai servizi delle ASL pervengono le denunce e i referti di malattia professionale, ai sensi dell’articolo 139 del DPR n. 1124 del 1965 o dell’articolo 365 del codice penale, a seguito dell’attività di sorveglianza sanitaria effettuata dai medici competenti o da istituti universitari e per azioni di sorveglianza e ricerca poste in essere direttamente dalle ASL (ad esempio, la sorveglianza sanitaria dei cosiddetti ex esposti ad amianto o a CVM (cloruro di vinile monomero) o ricerca di patologie da sovraccarico biomeccanico).
Nel 2009, a livello nazionale, sono state indagate nei servizi ASL 10.417 denunce di malattia professionale per la ricerca di responsabilità penale ai sensi degli articoli 589 e 590 del codice penale. Nel 10,6 per cento dei casi indagati è stata segnalata alla magistratura un’ipotesi di responsabilità penale per la malattia professionale. Poche risultano – usando un’espressione eufemistica – le esperienze di procedimenti penali conclusi con la condanna dell’imputato. In diverse Regioni o Province esistono protocolli operativi tra ASL e magistratura finalizzati alla definizione delle procedure di indagine più efficienti.
In termini di efficacia dell’azione di indagine, è opportuno valutare due differenti aspetti: l’aspetto penale, con finalità di giustizia e di risarcimento per il lavoratore danneggiato o per i superstiti, e l’aspetto di prevenzione, il quale però in molte situazioni è fortemente condizionato dai lunghi tempi di latenza della malattia cronica (basti pensare alle patologie derivanti da esposizione all’amianto, che hanno tempi di incubazione superiori ai trent’anni), che ci portano al riscontro di danni da esposizione avvenuta in un periodo molto lontano nel tempo. È evidente che in tutti questi casi la funzione di azione preventiva rischia di essere fortemente condizionata (così come anche quella sanzionatoria di carattere penale e risarcitoria).
Nel valutare le cause di una probabile sottostima delle malattie professionali, occorre tenere conto del mancato interessamento o coinvolgimento al problema degli operatori della sanità pubblica, con esclusione dei medici del lavoro, come documentato nella relazione allegata. Ne deriva, anche, che categorie di lavoratori non sottoposte all’obbligo della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente (coltivatori diretti, artigiani autonomi, «partite IVA», dipendenti pubblici), sfuggano ai sistemi di registrazione, monitoraggio e sorveglianza epidemiologica delle ASL o dell’INAIL.
Occorre anche considerare il fatto che l’INAIL riconosce mediamente il 30 per cento dei casi di patologia professionale denunciati; ciò può portare ad una sorta di autocensura da parte del medico del lavoro, finalizzata alla tutela del lavoratore stesso, soprattutto per le forme di patologia correlata al lavoro non facilmente riconosciute dall’INAIL.
Il secondo aspetto è relativo ai sistemi in uso nelle ASL per il monitoraggio e la sorveglianza delle malattie professionali o di ricerca delle malattie perdute. Come avvenuto per gli infortuni mortali, le Regioni con l’ISPESL hanno sperimentato il sistema MALPROF, a metà anni ’90, per definire obiettivi e caratteristiche di un sistema di registrazione delle malattie professionali svincolato da finalità assicurative. Inizialmente portato all’avvio volontario dell’attività di sorveglianza in due Regioni (Lombardia dal 1999 e Toscana dal 2000), il sostegno del Ministero ed il Patto per la tutela della salute hanno favorito nel tempo l’adesione di altre Regioni.
A testimonianza di ciò, nel corso degli ultimi otto anni sono stati pubblicati quattro Rapporti biennali, l’ultimo dei quali pubblicato nel 2009, con informazioni provenienti in complesso dai Servizi di prevenzione di 13 Regioni. Al momento, è in corso di preparazione il quinto Rapporto, che prevede un ulteriore allargamento della partecipazione delle Regioni (14).
È operativo il Registro nazionale dei mesoteliomi (DPCM 308/2002) presso l’ISPESL, articolato nei COR (centri operativi regionali) presenti in 19 Regioni con una copertura del 98 per cento della popolazione (ad oggi sono stati redatti due Rapporti nazionali, presenti su web). Tale linea d’intervento permette alle ASL il monitoraggio dei casi in tempo reale e l’attivazione delle indagini giudiziarie necessarie. In alcune Regioni, si affiancano interventi di sorveglianza sanitaria dedicati agli ex esposti ad amianto effettuati direttamente dalle ASL (LEA in Veneto).
La definizione dei contenuti e delle modalità di trasmissione delle informazioni necessarie all’attivazione del registro dei tumori (articolo 244) da parte dei Ministeri interessati d’intesa con le Regioni permetterà la completa definizione del sistema di sorveglianza, anche attraverso le informazioni che già giungono alle ASL (registri dei lavoratori esposti a cancerogeni).
A tale proposito, si sottolinea l’importanza del flusso informativo ex articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008, secondo lo schema sperimentato nel 2009, che permette l’evidenza delle aziende ove è attiva la sorveglianza sanitaria per il rischio cancerogeno e le inidoneità lavorative espresse. A titolo di esempio, i dati di un campione pari a circa il 30 per cento dei lavoratori del Veneto sono risultati significativi di una diffusione del rischio da cancerogeni pari al 5 per cento del totale dei lavoratori.
L’attivazione definitiva di tale flusso permetterebbe il monitoraggio delle aziende e delle attività dei medici competenti in maniera mirata ai rischi per la salute (cancerogeni, movimentazione carichi, agenti chimici, eccetera), analogamente ai flussi INAIL-Regioni per la sicurezza del lavoro.
Il terzo aspetto è relativo all’integrazione dei flussi informativi esistenti del sistema salute INPS, INAIL, schede di dimissione ospedaliera (SDO) nell’ottica del SINP, quale strumento essenziale per le azioni di prevenzione nei luoghi di lavoro, in un’ottica di efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione.
L’esperienza condotta con il progetto CCM – Realizzazione di modalità e strumenti per integrare le informazioni correnti del «sistema salute» e del «sistema lavoro» ai fini delle attività di prevenzione e vigilanza sul territorio degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – ha evidenziato come sia possibile, attraverso l’integrazione delle informazioni già esistenti, il raggiungimento degli obiettivi dell’articolo 8 (progetto assegnato alla Regione Veneto/Ulss di Verona, con l’adesione di ISPESL, Regione Emilia Romagna, AUSL di Reggio Emilia, Regione Toscana/AUSL Poggibonsi, Regione Lazio/Azienda Uls Roma C, Regione Marche Servizio Salute e Sanità Pubblica, Regione Campania Area Generale Coordinamento Assistenza Sanitaria, Regione Puglia/AUSL di Bari, Regione Molise/ ASREM Zona territoriale di Agnone (IS), Regione Piemonte, ULSS di Torino e la partecipazione «esterna» al gruppo di lavoro della Regione Liguria/ASL 3, della Regione Piemonte/ASL Torino 4). Peraltro, sono già operativi in alcune Regioni sistemi gestionali unici o centralizzati delle attività di vigilanza dell’ASL e sono state sperimentate, a livello locale o provinciale, forme di integrazione degli archivi ASL con INAIL, INPS, DPL, Prefetture o enti paritetici. Sono anche attivi sistemi informativi condivisi, relativamente ai certificati di infortunio, tra servizi di pronto soccorso delle ASL, INAIL e servizi di vigilanza delle ASL.
Sperimentazioni sull’utilizzo delle SDO (schede di dimissione ospedaliera), come possibile strumento per la ricerca delle malattie professionali perdute, si sono limitate a valutazioni di ordine statistico generale, in quanto la possibilità di evidenziare singole persone e singoli casi è impedita dalle limitazioni relative alla privacy dei dati. Tale aspetto può condizionare lo sviluppo di un sistema efficace ai fini della vigilanza.
Il quarto aspetto è relativo alle ipotesi di miglioramento possibile nell’ambito del Piano nazionale di prevenzione. Posto che gli interventi attualmente in atto dei servizi di prevenzione delle ASL per migliorare il benessere di chi lavora e ridurre il numero delle malattie da lavoro siano quantitativamente adeguati (LEA pari al numero corrispondente al 5 per cento delle unità locali con almeno un dipendente o socio lavoratore) ancorché non omogenei tra Regioni, si ritiene che esistano margini di un miglioramento possibile sul piano della qualità degli interventi, in termini di efficacia e di scelta delle priorità.
Il raffronto tra Regioni delle attività svolte evidenzia differenze e disomogeneità, probabilmente non imputabili solamente alla diversa lettura dei processi di lavoro. Le cause sono, principalmente, da ricercarsi nelle diversità sociali, economiche e produttive dei diversi ambiti territoriali, oltre che nelle forme concrete di organizzazione della pubblica amministrazione.
Le ipotesi di miglioramento percorribili nell’ambito del Piano nazionale di prevenzione e nella sua articolazione costituita dai Piani regionali sono pertanto relative allo sviluppo di obiettivi comuni, da ricercarsi attraverso il coordinamento interregionale. Sicuramente, gli obiettivi da condividere dovranno riguardare le priorità di comparto in termini di sicurezza e di salute, come l’edilizia e l’agricoltura, o di rischio, come il chimico e il cancerogeno, ma anche di danno, come gli infortuni e le malattie professionali. Nell’attesa, speriamo breve, dell’implementazione del SINP (Sistema informativo nazionale per la prevenzione), la progettualità regionale, dovrà necessariamente prevedere strumenti informativi di sorveglianza dei danni e dei rischi da lavoro, oltre che di monitoraggio delle attività di prevenzione delle ASL. Strumenti di supporto ed integrazione al futuro sistema nazionale della prevenzione. In ambito formativo, le azioni condivise tra Regioni e ISPESL nell’ambito dei Piani nazionali edilizia e agricoltura e di sorveglianza sugli infortuni mortali e sulle malattie professionali potranno essere rese permanenti e messe a sistema. Appare, infine, non ulteriormente procrastinabile lo sviluppo di un progetto formativo nazionale finalizzato allo sviluppo delle competenze proprie allo svolgimento dell’ispezione del lavoro e all’espletamento dell’attività di polizia giudiziaria collegata.
Ringrazio la Commissione e sono a disposizione per ulteriori chiarimenti.

PRESIDENTE
Dottor Riommi, ho due domande da porle, non prima di averla ringraziata per la presenza sua e dell’intera delegazione. La Commissione ha tutto l’interesse a rafforzare il rapporto con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Ricordo, peraltro, che nel primo anno di insediamento della Commissione non si è riusciti a stabilire con efficacia questo rapporto, anche per motivi di carattere più generale.
Vorrei avere un giudizio sullo stato di attuazione del decreto legislativo n. 81, che, come lei ha già detto, è contenuto nel documento allegato.
Ci interessa capire come il Testo unico viene applicato e quali sono i ritardi e le difficoltà che si riscontrano nella sua applicazione. Alcuni di essi sono noti (derivano anche dai rinvii e dalle deleghe), mentre altri sono stati portati alla nostra attenzione dal Ministro della salute, che abbiamo audito la settimana scorsa. Dal momento che le Regioni hanno su questo materia una competenza primaria, vorremmo capire cosa sta accadendo e, soprattutto, cosa si può fare affinché il provvedimento trovi applicazione in tempi brevi (ed eventualmente quali sono le parti che necessitano di ulteriori interventi).

MARCHIORI
Signor Presidente, nel documento che abbiamo depositato sono contenuti anche questi aspetti. In particolare, mi interessa fare una sottolineatura in relazione ai comitati regionali di coordinamento previsti dal Testo unico, che ad oggi sono attivi in tutte le Regioni ad eccezione della Calabria (che comunque ha già deliberato, anche se mi pare non sia stata ancora resa operativa la prima riunione). L’esperienza si sta dimostrando molto positiva, posto che nell’ambito di tali comitati è risultato possibile pianificare l’attività di prevenzione e di vigilanza, anche in maniera integrata con l’INAIL, l’INPS e le Direzioni provinciali del lavoro, creando tra le organizzazioni delle interrelazioni positive, non basate sulla competizione, che diversamente potrebbe esservi.
Un altro aspetto interessante riguarda il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 81. Anche in questo ambito dobbiamo aspettare l’emanazione delle norme di dettaglio e, come Regione, stiamo partecipando ai lavori promossi dal Ministero. Per quanto riguarda lo stato dei lavori, si sta attendendo il pronunciamento del Garante per la protezione dei dati personali.
Abbiamo prodotto a livello territoriale degli studi (che vi farò avere) relativamente ai flussi informativi esistenti nelle varie amministrazioni (penso, ad esempio, al progetto citato nella relazione). Essendo tali informazioni in realtà già presenti presso le varie amministrazioni, si tratta di metterle in rete e di far colloquiare queste ultime tra loro. È chiaro che si pone la questione della privacy: per utilizzare le informazioni ai fini di un’efficace vigilanza occorre che il problema venga affrontato in maniera approfondita.
Per quanto concerne l’articolo 11 del Testo unico, ossia degli interventi finalizzati alla formazione dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, con riferimento a categorie deboli, così come individuate nel decreto, o anche rispetto ai rischi prevalenti, già in diverse Regioni i bandi sono stati attuati e in altre sono stati approvati e messi a regime (troverete le informazioni necessarie nella relazione).

PRESIDENTE
Dottor Marchiori, vorrei sapere se nel documento allegato sono contenuti dati specifici relativi alle varie Regioni.

MARCHIORI
No, signor Presidente, tuttavia possiamo essere più precisi facendo pervenire alla Commissione una tabella.

PRESIDENTE
A noi interessa capire qual è la realtà per ogni singola Regione.

MARCHIORI
Oggi purtroppo non ha potuto essere presente l’ingegner Masi, che sarebbe stato probabilmente più preciso di me. Ad ogni modo, produrremo un’integrazione al monitoraggio.

PRESIDENTE
Dottor Marchiori, ho compreso l’eleganza istituzionale sia sua che dell’assessore. La comprendo e non gliene faccio una responsabilità.

MARCHIORI
Ci faremo sicuramente carico di produrre un documento di monitoraggio aggiornato in questo senso.

PRESIDENTE
La ringrazio, dottor Marchiori, e le pongo un’altra domanda. Lei ha parlato molto correttamente delle vostre competenze.
Ma noi, così come abbiamo fatto con il Ministero della salute e con gli altri soggetti che abbiamo audito, siamo interessati a conoscere anche l’opinione sugli altri enti dello Stato che svolgono funzioni in tale ambito: come funzionano e se nell’applicazione del decreto legislativo hanno riscontrato dei ritardi o comunque degli aspetti da accelerare. Ci interessa il vostro parere, non solo per le vostre competenze, ma anche perché questa è una delega a competenza condivisa. Ci interessa pertanto il giudizio politico su quello che sta avvenendo da parte della Conferenza.

MARCHIORI
Posso parlare della mia esperienza e anche di quella dei colleghi. Credo che i comitati regionali di coordinamento rappresentino effettivamente una grande innovazione. Abbiamo instaurato delle relazioni sicuramente nuove e positive, nell’intento di lavorare insieme, sia a livello di Regioni (quindi di Direzioni regionali del lavoro e di INAIL regionale), sia – soprattutto – a livello di territorio tra ASL e Direzioni provinciali.
Sono molte le esperienze di condivisione di sistemi informativi tra Direzione provinciale del lavoro e ASL, così come gli interventi congiunti nell’ambito del controllo della regolarità e della sicurezza del lavoro in edilizia (posto che i due aspetti non sono scindibili). Ripeto: sul territorio stanno nascendo queste esperienze.

PRESIDENTE
Dottor Marchiori, ci farebbe piacere poter avere del materiale su queste esperienze, per ogni Regione. Potremmo così capire meglio ciò cui faceva prima riferimento, ossia i meccanismi di funzionamento relativi alle esperienze positive che si sono registrate, così da permetterne un’eventuale estensione.

MARCHIORI
Senz’altro.

DI LEONE
Presidente, riprendendo la domanda da lei posta, desidero riferire che i livelli di collaborazione tra istituzioni sono buoni ma sicuramente da implementare e migliorare, perché sono diversificati sul territorio nazionale. Quindi, su suo suggerimento, forniremo degli elementi di dettaglio.
Vorrei segnalare, sempre nell’ottica della collaborazione e affrontando nuovamente il tema delle malattie professionali, la questione concernente l’articolo 139 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, relativo alle segnalazioni e denunce di malattie professionali.
L’ASL e l’INAIL danno una differente interpretazione, con valutazioni diverse a seconda delle Regioni, su chi debba essere il destinatario delle segnalazioni.
L’articolo 10 del decreto legislativo n. 38 del 2000 prevede, in maniera abbastanza chiara, che questa segnalazione sia inviata per conoscenza anche alle ASL oltre che all’INAIL e alle DPL, tuttavia molto spesso tali denunce non vengono inviate alle ASL e le stesse DPL ne omettono la trasmissione. Tale circostanza fa venire meno il rispetto di uno degli elementi fondanti dell’attività di prevenzione. Quindi, questo tipo di discorso andrebbe ripreso nell’ottica delle criticità che lei sollevava.
Segnalo tale aspetto anche nella prospettiva dell’articolo 7 del disegno di legge 3209-bis (il cosiddetto decreto Brunetta), il quale prevede che le segnalazioni degli infortuni sul lavoro vadano indirizzate all’INAIL e da questa direttamente alle DPL, bypassando le ASL. Chiaramente, ciò potrebbe costituire un elemento problematico per la gestione delle attività di prevenzione dal momento che nel campo degli infortuni sul lavoro prima si interviene meglio è. Richiamo pertanto la vostra attenzione sulla possibilità di emendare questa previsione.
L’altra questione che intendo sollevare, alla quale ha accennato anche l’assessore Riommi, è quella del popolo delle partite IVA. Rispetto all’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 e, comunque, di tutta la normativa sulla sicurezza, si tratta di una grande criticità. Si sta verificando in maniera diffusa una trasformazione dei rapporti di lavoro da dipendenti in autonomi per cercare di aggirare una serie di adempimenti, fra i quali anche quelli relativi alla sicurezza sul lavoro. Forse bisognerebbe puntare l’attenzione sui comparti lavorativi e sulle zone dove questo fenomeno sta diventando molto significativo. Sarebbe pertanto opportuno disporre di dati relativi a questo fenomeno che è molto recente (i dati di cui noi disponiamo non sono ancora validati).

PRESIDENTE
Dottor Di Leone, ci interesserebbe conoscere anche i dati relativi al lavoro minorile e agli infortuni sul lavoro. Sono consapevole di chiedere informazioni delicate, ma se disponete di dati in materia noi saremmo molto interessati ad ottenerli in modo da avere una mappatura reale di quanto sta succedendo. Si tratta di elementi importanti ai fini del nostro intervento. Da ciò deriva questa puntigliosità nel chiedervi dei dati. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome è un ente unitario e comprendo, quindi, le ragioni della vostra correttezza, ma noi abbiamo bisogno di conoscere la situazione reale per poterla poi correggere.

DI LEONE
Presidente, un’altra questione riguarda il fenomeno dell’abuso di alcol e droga come fattori di rischio per l’attività professionale.

PRESIDENTE
Infatti, il decreto legislativo n. 81 del 2008 viene applicato anche in questo campo con risultati direi positivi.
Bisogna sempre considerare che vi è una diminuzione dell’occupazione e del ricorso alla cassa integrazione; ci sono, però, anche fenomeni nuovi. Correttamente, lei sollevava la questione dell’abuso di alcol e droghe, problema che va indagato perché non abbiamo ancora gli elementi per comprenderne sia gli effetti che l’estensione. Sono state condotte ricerche a livello sociologico, ma non disponiamo di materiale scientifico e statistico preciso su tali fenomeni che, purtroppo, riguardano il futuro e non soltanto il passato.

DI LEONE
In questo momento, Presidente, è in discussione una proposta relativa alla modifica dell’allegato 3B dell’articolo 40 del Testo unico, concernente la scheda di segnalazione dei medici competenti, ovvero di coloro che lavorano in prima linea e che quindi riescono a fornire dei dati in tempi molto rapidi anche rispetto all’INAIL, che sconta ritardi di tipo amministrativo.
Il gruppo di lavoro delle Regioni ha condotto alla proposta al Ministero di una nuova scheda, che in questo momento è in discussione. All’interno di questa scheda è prevista anche la rilevazione dei dati di attività dei medici competenti in relazione proprio alla questione dell’abuso di alcol e di droghe. Da questo sistema probabilmente riusciremo a ricavare alcuni elementi utili.

PRESIDENTE
La prossima settimana questa Commissione ascolterà il Ministro della salute e, in quella sede, insisteremo affinché quanto da voi predisposto (i tecnici del Ministero ci hanno riferito essere a buon punto) trovi effettiva applicazione e non rimanga lettera morta.
Nel ringraziare tutti gli intervenuti, desidero rivolgere loro anche un piccolo rimprovero perché già l’anno scorso avevamo chiesto più volte un incontro con le Regioni, che abbiamo faticato ad ottenere.

MARCHIORI
In questo momento le Regioni hanno particolare piacere a discutere di questa materia.

PRESIDENTE
Noi siamo assolutamente rispettosi delle competenze delle Regioni e non vogliamo sottrarvele. Però, desideriamo conoscere la situazione e instaurare una collaborazione posto che il problema, purtroppo, è importante.
Ringrazio nuovamente i nostri ospiti e dichiaro conclusa l’audizione.

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Fonte: Senato della Repubblica