SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico




Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 3, martedì 7 ottobre 2008

Audizione del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi


Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi ed il sottosegretario di Stato al medesimo dicastero Viespoli, accompagnati dal dottor Fantini.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso.
Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Ringrazio il Ministro per la sua presenza e disponibilità e gli cedo immediatamente la parola.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Signor Presidente, non intendo riproporre i dati dell’INAIL in materia di infortuni sul lavoro, dal momento che domani lo stesso Presidente dell’Istituto li fornirà nel dettaglio in sede di audizione davanti alla Commissione.
La fonte alla quale ci riferiamo è appunto l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni, in attesa di produrre lo strumento fondamentale ipotizzato dal Testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), attualmente in fase di implementazione.
Si tratta di un sistema informativo che dovrebbe essere frutto di più fonti (INAIL, ISPESL, IPSEMA e Regioni) e che pertanto sarebbe caratterizzato da una maggiore condivisione istituzionale, utile ad orientare l’attività dei decisori, ovvero le loro funzioni ispettive e le politiche attive per prevenire e contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro.
Abbiamo già attivato le relative procedure, non solo attraverso incontri con i soggetti interessati ma anche attraverso la predisposizione di una bozza per la realizzazione del sistema informativo nazionale. Sono stati quindi insediati i gruppi tecnici per la definizione delle regole informatiche di funzionamento del sistema. Del resto, un approccio per obiettivi oltre che per regole, da noi sollecitato con forza, non può che muovere dall’utilizzo di uno strumento di tale natura; un approccio sostanzialista, che voglia confrontarsi con la possibilità di misurare il conseguimento di risultati effettivi, ci appare pertanto necessario.
D’altronde (mi limito a questo per quanto riguarda le statistiche), al di là della progressiva riduzione nel corso degli ultimi anni del fenomeno degli infortuni, anche di quelli più gravi (con l’unica eccezione per gli infortuni mortali del 2006), permane uno zoccolo duro che per quanto riguarda questi ultimi si aggira intorno alle 1.200 unità ed è altresì rimasto pressoché costante nel tempo, dopo i picchi registrati alla metà degli anni sessanta, in particolare nel 1963. Mi riferisco ad un periodo in cui gli infortuni avevano purtroppo dimensioni straordinarie a causa della grande trasformazione economico-sociale di quegli anni e del passaggio repentino dalle campagne alle fabbriche, non sempre dotate queste ultime degli strumenti che pure le normative del tempo prevedevano e che successivamente si sono significativamente evolute.
Da quel momento in poi, pur essendo il numero degli infortuni certamente diminuito, si è tuttavia mantenuto su una dimensione inaccettabile, che ci deve indurre a riflettere circa l’approccio sin qui seguito: come scalfire questo zoccolo duro, in via di contenimento ma secondo una cadenza troppo modesta rispetto agli obiettivi che legittimamente dobbiamo perseguire?
Questo Governo ritiene si debba sviluppare un’azione più per obiettivi che per regole, il che significa anche partire dalla comprensione delle ragioni alla base della gran parte degli infortuni. A questo riguardo sarà utile per la Commissione svolgere anche l’audizione dei rappresentanti dell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), che da un monitoraggio degli infortuni più gravi ha dedotto che la maggior parte di questi sarebbe di natura comportamentale. Ciò non significa minimamente colpevolizzare coloro che sono vittime di infortuni sul lavoro, anche gravi, ma piuttosto riconoscere che è insufficiente il livello di investimento nella formazione e informazione dei lavoratori, affinché questi per primi siano posti in condizione di conoscere i propri diritti e quindi di utilizzare appieno i dispositivi di protezione della loro salute nonché i protocolli comportamentali per la prevenzione dei danni alla persona.
La scelta da noi compiuta si sostanzia pertanto nelle seguenti linee di intervento: un piano straordinario per la formazione e l’informazione; un significativo rafforzamento del sistema di sicurezza attraverso il necessario coordinamento di tutte le funzioni ispettive; un maggiore coinvolgimento delle parti sociali, soprattutto attraverso gli organismi bilaterali o comunque le forme di collaborazione paritetica liberamente generate dalle parti nei diversi settori e sul territorio.
Per quanto riguarda la formazione, è nostra intenzione destinare ad essa una somma di 30 milioni di euro, sui 50 disponibili per l’anno 2008. Abbiamo presentato quindi una proposta alla Conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell’articolo 11 del Testo unico, che prevede un riparto delle risorse per attività promozionali. La relativa bozza è stata consegnata alle Regioni il 6 agosto 2008 e siamo in attesa del parere della Conferenza.
Tale bozza prevede che la somma di 50 milioni di euro sia ripartita in 30 milioni da assegnare alla formazione e 20 milioni da assegnare all’informazione, al fine di mobilitare una campagna straordinaria che ci auguriamo si colleghi ad altre iniziative, alcune delle quali della nostra stessa Amministrazione. Stiamo verificando, ad esempio, la possibilità di impiegare risorse della Direzione generale per la formazione, a valere sui cosiddetti PON (Programmi operativi nazionali), in modo da orientarne una parte in funzione della formazione rivolta alla salute e alla sicurezza nel lavoro. Inoltre, al fine di dare massa critica ad una stagione intensiva di formazione, abbiamo sollecitato anche il ricorso ai fondi interprofessionali, che nella loro assoluta autonomia possono destinare risorse significative.
In questo senso è stato già deliberato un finanziamento per 23 milioni di euro e sono state programmate risorse per 56 milioni di euro.
Richiamo altresì il ruolo di attori terzi rispetto all’amministrazione pubblica, che peraltro impiegano risorse ritenute pubbliche perché raccolte in forma obbligatoria (mi riferisco allo 0,30 per cento sul monte salari).
Infatti, l’obiettivo di perseguire un intervento a carattere straordinario richiede di integrare quanto più possibile la mobilitazione di risorse e di attività sia da parte del pubblico che da parte del privato, o del privato sociale che in sussidiarietà amministra risorse pubbliche.
Per quanto riguarda l’informazione, non soltanto abbiamo ipotizzato la destinazione – come ho già evidenziato - di 20 milioni di euro nell’ambito del riparto dei fondi disponibili, ma abbiamo cercato di realizzare anche in questo caso una robusta sincronia tra l’attività del Ministero determinata dal Testo unico ed altre attività dello stesso Dicastero. Mi riferisco, ad esempio, alla campagna (avviata proprio in questi giorni) in funzione dell’integrazione dei lavoratori immigrati, che in parte abbiamo voluto orientare verso l’obiettivo della salute e della sicurezza nel lavoro, giacché – come noto – questo è un gruppo sociale particolarmente a rischio. Lo stesso discorso vale per altre attività dell’Amministrazione: ci siamo collegati con l’INAIL, che ha avviato una campagna di 20 milioni di euro dedicata alla sicurezza; stiamo verificando al nostro interno la possibilità di utilizzare risorse dei Programmi operativi nazionali di competitività e convergenza; ci siamo ulteriormente integrati con una campagna della fondazione «Pubblicità progresso», che abbiamo recentemente presentato presso il Ministero. Tutto ciò ha lo scopo di dare massa critica ad un’attività di informazione affinché, in un tempo concentrato, si effettui un’adeguata mobilitazione di risorse utili ad elevare il livello della consapevolezza e della conoscenza delle regole e degli strumenti relativi alla prevenzione degli infortuni.
Per quanto riguarda l’attività di vigilanza, sottolineo che è senza dubbio migliorato il coordinamento tra le attività ispettive del Ministero del lavoro e quelle dell’INPS, dell’INAIL, dell’INPDAP e dell’ENPALS, cioè degli enti previdenziali. Il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro assegna alle Regioni il coordinamento dell’attività ispettiva nel suo insieme, quindi di quella centrale con quella svolta dalle aziende sanitarie locali. Abbiamo già individuato gli ambiti di integrazione e di collaborazione, a partire dalle attività formative condivise con le Regioni stesse e con il personale delle aziende sanitarie locali; abbiamo altresì predisposto un protocollo di collaborazione finalizzato ad identificare le situazioni che presentano maggiori rischi, ad articolare le responsabilità in rapporto ad esse, ad avviare un reciproco accesso alle informazioni e a migliorare la strumentazione tecnologica a disposizione del personale ispettivo.
Il Governo non nasconde il proprio orientamento, volto a ricondurre a responsabilità centrale le attività di vigilanza; d’altra parte, la riconduzione alla competenza statuale di tutta la materia della salute e della sicurezza nel lavoro era compresa nella riforma costituzionale. In attesa di questa, o comunque di un’ipotesi di questo tipo, che noi confidiamo possa registrare un ampio consenso (ricordo che le organizzazioni sindacali hanno più volte ipotizzato il ritorno ad una competenza dello Stato per quanto riguarda questa materia e, in particolare, l’attività di vigilanza), credo debba essere rafforzata la capacità di coordinamento e di integrazione delle funzioni.
Proprio stamani, ho avuto un incontro con il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri al fine di individuare le modalità per rafforzare la capacità operativa del Nucleo Carabinieri presso il Ministero del lavoro e soprattutto per fare sì che quello stesso Nucleo (e con esso le nostre capacità ispettive) possa ancor più avvalersi delle moltissime stazioni dei Carabinieri presenti sul territorio, quali punti di riferimento per l’individuazione di quel sommerso totale che rappresenta un immanente pericolo per l’incolumità delle persone. Ad esempio, un cantiere abusivo è privo di qualunque regola e, quindi, costituisce – possiamo ben dirlo – un concreto pericolo per la salute e la sicurezza delle persone.
Per quanto riguarda la specifica attività di prevenzione, ricordo il programma dell’INAIL, che domani il presidente Sartori avrà modo di illustrare in codesta Commissione.
Quanto al Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sottolineo che proprio oggi le parti sociali si sono incontrate, su nostro invito, al fine di produrre un avviso comune – a ciò le abbiamo sollecitate – in funzione di una modifica quanto più possibile condivisa del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Tutto ciò è doveroso giacché - come è noto – nel periodo elettorale, ad un certo punto, il dialogo tra le parti sociali si è interrotto (possiamo anche capirne le ragioni) e, quindi, il Governo ha proceduto alla redazione del Testo unico sulla base del consenso delle organizzazioni sindacali, ma anche del dissenso di tutte le 15 organizzazioni rappresentative degli imprenditori e dei lavoratori autonomi. Un quadro così lacerato delle organizzazioni di rappresentanza non è il miglior viatico per quella collaborazione tra le parti che a noi appare fondamentale al fine di sviluppare un più robusto controllo sociale sulle attività produttive, volto anche, attraverso la vigilanza, ad un maggiore rispetto delle normative e soprattutto alla creazione di luoghi di lavoro più sicuri.
Ricordo che, sommando tutte le funzioni ispettive, la capacità ispettiva complessiva può ragionevolmente raggiungere il 5 per cento delle imprese, laddove solo una diffusa capacità di controllo sociale da parte degli stessi attori collettivi (che si realizza, come ho evidenziato poc’anzi, attraverso gli organismi bilaterali e le forme paritetiche di collaborazione) può ampliare la trasparenza e la vigilanza sulle attività produttive, in particolare, su quelle di piccola dimensione o quelle che presentano maggiori rischi.
Ritengo che le parti debbano cercare di risolvere i numerosi problemi che hanno determinato tra di esse un contenzioso. In ogni caso, soprattutto se incoraggiati dal dialogo diretto tra le parti (che in questo momento viene seguito soltanto in sede tecnica nell’ambito del Ministero del lavoro, proprio per rispettare l’autonomia di queste ultime), verificheremo la possibilità di rendere alcune disposizioni del Testo unico cedevoli di fronte alla bilateralità e alla collaborazione tra parti sociali.
Quella che avanzo è solo un’ipotesi di scuola perché mi auguro siano le parti sociali stesse ad avanzare suggerimenti. Il documento di valutazione del rischio, ad esempio, può essere più utilmente redatto sulla base di indicazioni elaborate dalle parti sociali – ove queste, in un determinato ambito merceologico, aziendale, territoriale, decidano di collaborare – piuttosto che unicamente sulla base di indicazioni formalistiche quali quelle contenute nel Testo unico e nella disciplina legislativa. Lo stesso adempimento diventa meno formale e molto più sostanziale se trasferito alla responsabilità degli attori sociali.
Quindi, la «cedevolezza» potrebbe avvenire in relazione ad un’esplicita forma di sussidiarietà verso le parti sociali laddove queste ultime decidano liberamente di collaborare, riconoscendo che la collaborazione è un valore: dare vita ad un ombrello sociale e ridurre l’ambito delle imprese verso le quali concentrare l’attività ispettiva stessa. Quest’ultima, infatti, dovrebbe rivolgersi prioritariamente, non esclusivamente, verso gli ambiti non illuminati dalla collaborazione tra le parti sociali in modo che il complesso delle funzioni pubbliche e degli attori sociali possa davvero sottoporre a maggiore controllo l’insieme delle attività produttive.
Daremo conto al Parlamento anche di queste consultazioni e cercheremo di procedere all’attuazione della legge in relazione agli altri adempimenti da essa previsti. Mi riferisco al Fondo di sostegno alla piccola e media impresa, da definire entro il 15 maggio 2009. Sono già state programmate due riunioni tra le parti sociali e le Regioni per dare vita agli strumenti attuativi. Mi riferisco anche alle attività per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi o a quelle per l’elaborazione delle procedure standardizzate per la valutazione del rischio nelle aziende fino a dieci lavoratori. Si tratta di norme contenute nell’articolo 6, comma 8, del Testo unico, nelle quali si fa riferimento ad una Commissione consultiva permanente per la quale abbiamo già ricevuto, in data 3 ottobre, le ultime designazioni; è quindi in via di predisposizione il decreto relativo alla costituzione di detto collegio. Penso altresì alla costituzione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, per il quale sono state già chieste le relative designazioni, e alla Commissione per gli interpelli, di cui all’articolo 12 del Testo unico, già operativa.
Tale Commissione, sul modello dell’interpello da tempo istituito per l’interpretazione delle norme relative alla regolazione dei rapporti di lavoro, sta già dando risultati in ordine ad una più certa applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Penso, infine, alle caratteristiche dei corsi di formazione per il datore di lavoro che svolga direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione e alla definizione della durata e delle modalità della formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Tutte disposizioni per le quali gli atti implementativi devono essere realizzati entro il 15 maggio 2009.
Siamo invece in attesa di proposte da parte dei Ministeri competenti in ordine a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, del Testo unico, relativamente all’applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza di particolari settori.
Infine, per quanto riguarda i programmi sperimentali in materia di salute e sicurezza nelle scuole, dobbiamo al Presidente di questa Commissione, promotore della relativa disciplina nell’ambito del Testo unico, e a tutti voi, la firma di un protocollo tra Ministero del lavoro, Ministero della pubblica istruzione e Regioni, che verrà sottoposto all’approvazione della Conferenza Stato-Regioni.

DE LUCA (PD)
Ringrazio il ministro Sacconi e sottolineo che per la nostra Commissione accelerare l’applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 è prioritariamente una questione di carattere culturale.
Stiamo percorrendo la strada giusta. Pur condividendo in linea di massima la relazione del Ministro, vorrei sottolineare due aspetti principali: da una parte, l’assoluta necessità di un coordinamento delle attività di prevenzione nell’ambito del Testo unico, dall’altra, una maggiore azione, anche in termini finanziari, sulla formazione e l’informazione. Affermo ciò anche per esperienza diretta.
Signor Presidente, durante il cammino di questa Commissione sarebbe assai opportuno e positivo prevedere conferenze regionali o nazionali sulla materia, trattandosi sostanzialmente di una questione di responsabilità diffusa. Pur condividendo, infatti, la necessità di rafforzare il rapporto tra istituzioni e parti sociali, che devono dimostrare un maggior grado di responsabilità rispetto a queste tragedie (è un segnale di civiltà per il Paese), desidero tuttavia sottolineare quanto avviene sul piano legislativo regionale in Campania. Da circa un anno in tale Regione è in vigore una disposizione normativa, contenuta nel Testo unico sui lavori pubblici, relativa alla sicurezza nei cantieri edili, che prevede un incentivo per le imprese capaci di garantire un più elevato livello di sicurezza nei luoghi di lavoro. Ebbene, non c’è un solo cantiere edile che abbia utilizzato tale articolo e quindi usufruito di quell’incentivo. Ciò significa che, al di là dell’impatto emotivo legato a queste tragedie, occorre porre in essere una forte azione di informazione e formazione, perché il settore necessita davvero di un tale intervento.
Appare quindi fondamentale procedere ad una rapida applicazione del Testo unico e accentuare il rapporto di responsabilità tra Stato e Regioni nell’ambito del controllo e del coordinamento, non solo in fase di prevenzione ma anche di verifica. Rispetto ad un problema tanto tragico, auspico una maggiore rigidità nella fase di repressione delle violazioni nel momento in cui si individuano passaggi non chiari da parte di chi ha la responsabilità della mancata messa in regola dei lavoratori.
Dobbiamo continuare a lavorare seguendo l’impostazione e la programmazione che ci siamo dati. Altrimenti, indipendentemente dagli sforzi compiuti, se non vi sarà un humus diffuso sul piano delle responsabilità di tutti i soggetti, difficilmente supereremo questo dramma. Al di là della calamità o dell’infortunio dovuti ad incidente, si deve avviare un’azione di prevenzione che assegni le responsabilità su tutto il territorio nazionale sulla base di un quadro normativo. Ho citato l’esempio del Testo unico sui lavori pubblici, che fa riferimento alle direttive europee, per sottolineare come anche in presenza di una premialità e di un incentivo in questo settore si avverta una certa distrazione (per utilizzare un eufemismo).
Sono assolutamente d’accordo sulla necessità di predisporre un solido quadro di riferimento normativo generale, sviluppando un coordinamento anche nell’azione di controllo (che, peraltro, è opportuno ampliare) e avviando con forza un’azione di formazione e di informazione. Percorrendo questa strada, potremo conseguire un risultato migliore, al di là di quello che storicamente si è raggiunto all’inizio del terzo millennio.

ROILO (PD)
Signor Presidente, ritengo che alcune delle osservazioni svolte dal ministro Sacconi siano condivisibili mentre altre francamente lo sono meno. In particolare, concordo con la prima parte del suo intervento, là dove ha sottolineato che siamo in presenza di un fenomeno tutt’altro che contingente. Nel merito abbiamo discusso anche nel corso della precedente legislatura, in particolare in occasione della definizione della legge 3 agosto 2007, n. 123, e poi del connesso decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. In quelle occasioni non sempre siamo stati concordi nella valutazione: da parte di alcuni c’era un atteggiamento, a mio avviso, un po’ troppo ottimistico perché basato sull’idea che progressivamente il numero degli infortuni, a partire da quelli mortali, si sarebbe ridotto; da parte di altri, invece, si avvertiva una preoccupazione maggiore rispetto ad un fenomeno che – ahinoi! – anche negli ultimi anni non è mai sceso al di sotto di un certo livello, di quello che il ministro Sacconi ha definito lo «zoccolo duro». In particolare, per citare alcuni dati numerici, non si è mai riusciti ad andare al di sotto dei mille infortuni mortali e di quasi un milione di infortuni l’anno.
Prima della pausa estiva, dinanzi all’Ufficio di Presidenza della Commissione lavoro del Senato, abbiamo audito il direttore generale dell’INAIL, che ha parlato anche a nome del presidente dell’Istituto: egli ha lasciato intravedere la possibilità, soprattutto scorporando dal totale degli infortuni gli incidenti mortali in itinere, di abbattere per il 2007, in modo anche significativo, il dato che ho poc’anzi richiamato. Mi fa piacere comunque che il ministro Sacconi abbia riconosciuto la necessità di aggredire questo «zoccolo duro» perché non credo sia possibile affidarsi alla sorte oppure alla buona disponibilità dei soggetti interessati; è necessario, invece, che da parte del Governo e naturalmente da parte di tutte le istituzioni venga avviata un’azione concreta in tale direzione.
Sono d’accordo sulla necessità di potenziare la formazione e l’informazione, attraverso le quali passa necessariamente la prevenzione. Tanti incidenti accadono proprio perché i lavoratori non vengono informati, oltre che formati a prevenire i rischi lavorativi ai quali vanno incontro.
Allo stesso modo mi pare condivisibile l’idea di potenziare, attraverso il coordinamento, le funzioni ispettive anche sul versante repressivo.
Il ministro Sacconi ha fatto riferimento alla possibilità di utilizzare, soprattutto nelle condizioni di assoluta illegalità (è ben noto il nesso esistente tra lavoro nero e condizioni lavorative a rischio), i Carabinieri, ma si potrebbe fare ricorso anche alla Guardia di finanza. Interventi di questa natura, infatti, possono essere realizzati soltanto dalle forze dell’ordine e non possono certo essere affidati alle parti sociali.
Non mi convincono, invece, due osservazioni svolte dal Ministro. Innanzitutto, egli ha fatto un discorso, per la verità un po’ vago (non voglio sembrare eccessivamente polemico), sulle funzioni della bilateralità. Se non ricordo male, nel Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è stato compiuto qualche passo in avanti rispetto alla precedente legislatura: agli organismi bilaterali è stata affidata la possibilità di verificare le condizioni lavorative nelle aziende. Non è stata assolutamente prevista – come in qualche modo è stato vagheggiato nel corso della precedente legislatura – la possibilità per tali organismi di sviluppare le azioni assegnate a chi è preposto alla vigilanza. Francamente non ho capito bene se il ministro Sacconi abbia idee precise su ciò che sarebbe utile fare in più rispetto all’attuale normativa sul versante della bilateralità.
Mi convince ancor meno l’idea di cedere alle parti sociali prerogative che competono alla legge. Non siamo su un generico terreno di relazioni sindacali, dove poter affrontare diverse materie; in questo caso, ci muoviamo in un ambito in cui è fondamentale salvaguardare la salute e spesso anche la vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Ci deve essere una certezza normativa, che naturalmente tenda a salvaguardare il più possibile la salute dei lavoratori e delle lavoratrici. A mio avviso, non si può affidare questo diritto fondamentale ed irrinunciabile al rapporto tra le parti sociali.
Non so se il ministro Sacconi avrà modo di replicare anche a tale riguardo, ma vorrei sottolineare che se questo avviso comune fosse semplicemente orientato ad individuare le azioni necessarie per applicare e possibilmente migliorare l’attuale normativa sarebbe ben accetto (ci mancherebbe altro!); se, però, dovesse in qualche modo sostituire o surrogare l’intervento legislativo, francamente non sarei d’accordo.

DONAGGIO (PD)
Ringrazio il ministro Sacconi per la sua relazione che è molto importante ai fini dell’avvio del nostro lavoro. Dall’insieme delle osservazioni che egli ha svolto, traggo tuttavia l’impressione generale che rimanga in piedi la sua avversione nei confronti del Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non riesco a fugare questo mio disagio non solo rispetto a quanto il signor Ministro ha detto in questa sede, ma anche a ciò che è avvenuto negli ultimi cinque mesi con riguardo alle norme di modifica del Testo unico contenute in alcuni decreti.
Ad esempio, con il decreto-legge n. 90 del 2008 sull’emergenza rifiuti in Campania si è colta l’occasione per manomettere la nuova normativa in materia di sicurezza del lavoro, e ciò proprio in riferimento ai lavoratori che in quella realtà territoriale sono impegnati nella gestione e trasformazione dei rifiuti, un’attività che, com’è noto, presenta un tasso di pericolosità elevato per gli addetti, per le popolazioni e per l’ambiente.
Poi, con il successivo decreto-legge n. 97 del 2008 sono stati prorogati i termini, in particolare per le disposizioni relative alla comunicazione di informazioni sugli incidenti e in materia di visite mediche, nonché per l’abrogazione delle misure che prevedevano il regime di responsabilità solidale tra committente e appaltatore per quanto concerne le ritenute fiscali e previdenziali, con un’evidente contraddizione rispetto alla lotta al lavoro nero e irregolare. Per non parlare dell’abolizione dell’obbligo da parte del datore di lavoro dell’esposizione del cartellino nominativo. Alla fine siamo almeno riusciti ad ottenere che si ripristinasse l’obbligo di comunicazione dell’assunzione almeno un giorno prima che il lavoratore inizi l’attività e non, come era previsto, il giorno stesso.
Le regole servono, non ci sono solo gli obiettivi, anche perché quando le regole non vengono rispettate, come abbiamo visto in questi giorni, ciascuno si sente libero di comportarsi come crede.
C’è poi un altro aspetto che non mi convince ed è la decisione, come sottolineava poc’anzi il senatore Roilo, di affidare ad un avviso comune tra le parti sociali la rivisitazione di alcune norme e competenze. Ricordo, signor Ministro, che anche lei tentò di fare il Testo unico, senza successo proprio perché le parti sociali non riuscirono a trovare un’idea condivisa rispetto ad alcuni temi. Questa è la mia opinione. Non vorrei, allora, che si facesse affidamento sulla divisione, al tavolo comune, delle parti sociali per introdurre modifiche che magari non vedono d’accordo alcune organizzazioni rispetto ad altre. Venendo da un’esperienza sindacale di parecchi anni, in un settore che tra l’altro registra un indice di infortuni sul lavoro piuttosto elevato, quale quello dei trasporti, ho seguito sempre con molta attenzione questa materia e posso affermare che se la posizione delle organizzazioni sindacali può presentare su diversi temi elementi di divisione, su questo aspetto è invece sicuramente unitaria.
Suggerirei pertanto, come già richiesto al presidente Tofani, di insediare un gruppo di lavoro per il monitoraggio della messa a regime del Testo unico, perché esso è ormai legge dello Stato e come tale va applicato fin da subito nella sua interezza. Quando, e se, ci saranno le condizioni per intervenire con delle modifiche – mi auguro dei miglioramenti – si seguirà la procedura di modifica di una legge vincolante dello Stato.
Oggi però il Testo unico è legge e credo sia compito del Governo iniziare non un lavoro di demolizione o interdizione dell’efficacia di alcune norme, bensì di applicazione delle medesime.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
C’è una sola scadenza che sia stata elusa?

DONAGGIO (PD)
Non lo so, ma giungono segnali preoccupanti, che è possibile dedurre dal clima diffuso nelle aziende. Il fatto che ci si predisponga a cambiare il Testo unico fa sì che da parte di chi ne ha l’obbligo non vengano applicate in maniera cogente tutte le norme relative alla sicurezza, come invece noi ci aspettavamo. Mi auguro di non dover assistere ad un’ulteriore commemorazione in Aula, perché credo che verrebbe ripetuto quanto detto in questa sede, rispetto alla tiepidezza con la quale nel frattempo si lavora per l’applicazione cogente di norme che abbiamo contribuito ad introdurre a seguito degli eventi che tutti conosciamo.

PRESIDENTE
Colleghi, in considerazione dell’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, dobbiamo interrompere la nostra seduta. Il ministro Sacconi, che ringrazio per le preziose informazioni fornite, ci ha già comunicato la sua disponibilità a tornare in questa sede per proseguire il nostro incontro.
Poiché non si fanno osservazioni, così resta stabilito.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna e ne rinvio il seguito ad altra seduta.
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Fonte: Senato della Repubblica