SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni

 


Resoconto stenografico


Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 5, martedì 14 ottobre 2008



Audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi
(L’audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali è stata svolta anche nella seduta del 7 ottobre 2008)



Presidenza del presidente TOFANI

Interviene il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi, accompagnato dal dottor Fantini.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca il seguito dell’audizione del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi, sospesa nella seduta del 7 ottobre scorso.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso.
Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Ricordo che nella seduta precedente il ministro Sacconi ha svolto un’ampia relazione, in ordine alla quale sono già stati posti alcuni quesiti. Invito quindi i colleghi interessati ad intervenire.

DE ANGELIS (PdL)
Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare il Ministro per la sua disponibilità e per la sua puntualità. Qualche sera fa ho seguito un programma televisivo che rafforzava, laddove ve ne fosse bisogno, un ragionamento che avevamo già svolto in questa sede, in occasione della prima audizione del Ministro e dell’audizione del Presidente-commissario dell’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).
Signor Ministro, lo ribadisco anche a lei: secondo me c’è bisogno di una rivoluzione copernicana riguardante la prevenzione degli infortuni e l’intera politica della sicurezza sul lavoro, in special modo per quanto riguarda la pubblica amministrazione. Ricordo un problema che negli anni passati ho affrontato innumerevoli volte: l’80 per cento delle scuole italiane è fuori norma in termini sia di staticità, sia di impiantistica, sia di collaudi e per tutto ciò che riguarda la sicurezza. Pensiamo all’input negativo che si offre ai giovani che crescono in queste scuole. Ritengo che la stessa percentuale riguardi i palazzi pubblici e le proprietà immobiliari dello Stato. C’è quindi bisogno di rivoluzionare la politica della sicurezza.
Un altro problema che si sta evidenziando attiene al deficit ispettivo nei cantieri italiani che va ad aggiungersi al problema del lavoro nero e ad altre questioni. A seguito dell’audizione del Presidente dell’INAIL abbiamo saputo che quest’anno vi è stata purtroppo una diminuzione del 5 per cento delle ispezioni nei cantieri da parte dell’INAIL, dell’INPS e delle ASL (anche se si registra un calo degli incidenti, per quanto possa sembrare strano). Si tratta chiaramente di un problema politico, di risorse e di investimenti nel settore. So che lei, signor Ministro, si sta impegnando nella risoluzione di questo problema, anche se nessuno ha la bacchetta magica o proprietà taumaturgiche per risolvere questioni che stanno diventando ormai quasi connaturate al sistema produttivo italiano.
Ritengo che il problema debba essere affrontato proprio partendo dal pubblico; è necessaria un’educazione diversa, per far capire sia ai lavoratori, sia alle aziende, anche a quelle più piccole, che il problema della formazione dei lavoratori e delle ispezioni non è più rinviabile. So che vi state attivando e che state lavorando in tal senso.
Sappiamo che l’INAIL è un ente che possiede un patrimonio non indifferente: sarebbe allora il caso che, anziché fare operazioni di carattere finanziario, come negli anni passati, investisse parte del proprio patrimonio in operazioni di prevenzione e in ispezioni.
Vorrei che il Ministro ci desse la sua opinione in merito a tali riflessioni e illustrasse l’attività intrapresa dal Governo, al di là del decreto legislativo n. 81 del 2008 e dei 44 decreti attuativi.

PARAVIA (PdL)
Signor Ministro, le faccio anzitutto i miei auguri e le comunico che abbiamo condiviso l’impostazione che lei ha illustrato nella precedente seduta. Nel frattempo è intervenuta l’audizione del Presidente (o commissario, se si preferisce) dell’INAIL, sulla quale, insieme a tanti colleghi, ci siamo soffermati con osservazioni puntuali, in particolare in merito al miglioramento delle statistiche che l’Istituto ci ha offerto. Purtroppo sussistono ancora aspetti carenti: manca l’indicazione dei rapporti tra infortunistica e lavoratori occupati (anche part time e stagionali) così come manca la suddivisione dei dati rispetto al sesso e ad altri aspetti.
Tuttavia l’audizione con il nuovo responsabile di questo ente è stata molto interessante. L’INAIL agisce – lo ricordo – in regime di monopolio per la maggior parte dei lavoratori italiani, con il placet dell’Unione europea.
Intendo affrontare un aspetto che riguarda soprattutto le imprese. Nel sistema italiano queste ultime sono soprattutto di dimensioni medio-piccole, se non, nella maggior parte dei casi, piccole e piccolissime (microimprese).
Ritengo che occorra migliorare l’insieme dei dati sull’infortunistica (peraltro nella media rispetto ai dati europei). Si tratta di un aspetto meritevole dell’attenzione del Parlamento, della nostra Commissione e di tutti gli altri consessi che sono obbligati a pianificare, a vigilare e a svolgere ispezioni. Tale problematica, a mio avviso, fino ad oggi è stata affrontata con l’affanno del «dover» fare, senza ragionare sul «come» fare.
All’INAIL abbiamo rammentato che forse solo negli ultimi anni si è iniziato a svolgere un’azione di informa-formazione, che tuttavia non è ancora sufficiente, proprio in ragione di questa tipologia particolare del sistema imprenditoriale italiano, composto da microimprese. Ho rappresentato al commissario dell’INAIL – come faccio ora con lei – che alcuni settori, che affrontano già da tempo le problematiche relative alla cultura della sicurezza nelle imprese, sia pure in quelle piccole, hanno ottenuto grandi successi proprio con l’informazione. Infatti, determinati infortuni (direi quasi la maggior parte) devono essere analizzati nel contesto in cui si sono verificati. Pertanto, nel contesto delle varie differenziazioni merceologiche del sistema produttivo e di servizi italiano, gli infortuni, sia di media portata che più gravi (quelli che danno luogo ad invalidità permanente o, addirittura, in casi malaugurati, alla morte del lavoratore), una volta verificatisi dovrebbero, a mio avviso, essere in qualche modo registrati, fotografati, se possibile anche filmati – nelle modalità in cui si pensa si siano svolti – e pubblicizzati, proprio a vantaggio delle associazioni e delle imprese appartenenti a quel particolare settore merceologico, al fine di ridurne il numero. Per un particolare settore che mi riguarda, il cui associazionismo si è impegnato molto su questi temi, abbiamo addirittura promosso una pubblicazione a fumetti – quindi di semplice lettura – con la quale è stato possibile evidenziare molti dei comportamenti che dovrebbero essere evitati. La cultura in base alla quale il lavoratore è sicuro del fatto suo ed è convinto che, per le proprie modalità di lavoro e per la sua bravura, non può accadergli niente è perdente perché prima o poi qualcosa gli capiterà.
Nell’ultimo Testo unico sono state inserite alcune norme che, se considerate dal punto di vista dell’impresa, possono essere giudicate francamente allucinanti; mi riferisco, in particolare, alle disposizioni relative al problema delle differenze linguistiche. Immaginiamo, per esempio, cosa può significare per il responsabile di un’impresa di tre o quattro dipendenti, che opera in aree del Paese in cui l’uso dell’italiano è spesso accompagnato da quello di forme dialettali, essere obbligato a provvedere all’istruzione e alla vigilanza del lavoratore straniero affinché conosca la lingua. Ciò si tradurrebbe con la chiusura dell’impresa stessa. Sono norme approvate dal Parlamento con la precedente maggioranza che, a mio avviso, stridono non con la flessibilità ma con la logica operativa. La visione sempre e comunque punitiva, a mio avviso, non aiuta a risolvere i problemi. È necessaria una cultura diversa, che punti soprattutto sull’informazione rispetto a ciò che accade. Richiamo l’attenzione, per esempio, sul fatto che nel settore agricolo moltissimi infortuni si verificano a causa del ribaltamento del trattore. Tali infortuni si contano a decine durante l’anno e talvolta non riguardano neanche dei lavoratori veri e propri, ancorché segnati come tali (ricordo, al riguardo, diversi nomi importanti di persone incorse in questa tragica fine che, peraltro, risultavano lavoratori perché magari faceva comodo avere una proprietà terriera intestata come cooperativa agricola, o altro). Per ovvia discrezione non faccio nomi, ma molti sono stati gli infortuni sul lavoro di questo tipo, accaduti anche a miei colleghi imprenditori. Sarebbe opportuno, quindi, pubblicizzare la pericolosità del trattore che non è un giocattolo da utilizzare il sabato o la domenica, oppure prevedere un rollbar come misura di protezione soprattutto per chi lo utilizza tutti i giorni. Mi sembra strano che, pur verificandosi da decenni incidenti anche mortali di questo tipo, non sia ancora obbligatoria l’adozione di una misura protettiva del genere, né si sia ancora provveduto a fornire un livello minimo di educazione alla sicurezza sul lavoro nel settore agricolo. Accade, pertanto, che chiunque di noi acquista una piccola proprietà terriera, o anche un semplice lavorante che vi viene impiegato, può utilizzare un trattore senza alcuna previsione di tutela, non essendo neanche obbligatoria la patente.
Se questo come moltissimi altri interventi in materia di sicurezza sul lavoro fossero adeguatamente pubblicizzati potrebbero in qualche modo rappresentare un vincolo affinché non solo le imprese ma anche le organizzazioni sindacali prestino maggiore attenzione alla tematica.
Mi aspetto, pertanto, che il Ministro, nel corso della sua attività che svolgerà sempre con maggiore energia – come è nel suo carattere – avanzi delle proposte volte non solo a massimizzare l’attività di informa-formazione ma, nello stesso tempo, a concentrare l’attenzione sul sistema industriale del Paese, costretto ad affrontare ulteriori problemi derivanti anche dalla recessione economica, dalla crisi di liquidità, dal comportamento di uno Stato che, con l’ultima legge finanziaria, si permette il lusso di cancellare e non pagare sei miliardi di debiti già contratti e quindi di fatture giacenti da tempo al Ministero del tesoro! Si tratta di un atto che nel privato viene definito truffa. Le ricordo, infatti, signor Ministro, che il comma 36 dell’articolo 3 della legge finanziaria per il 2008, varata da Prodi e Padoa Schioppa, ha portato la perenzione amministrativa da sette a tre anni; quindi, di un sol colpo sono spariti 28 miliardi di euro dal bilancio dello Stato per migliorare il rapporto deficit-PIL, creando un fondo compensativo di 400 milioni. In un rapporto da privato a privato si tratterebbe di truffa perché dopo aver aggiudicato una gara d’appalto, dopo che i lavori sono stati eseguiti e portati a termine, dopo aver, quindi, contratto un debito da pagare, ci si spoglia dei beni e il debito non viene estinto.
Ripeto, in un rapporto tra privati si tratterebbe di truffa, ma nello Stato è tutto consentito. Il Governo si è impegnato a risolvere i problemi di carenza di liquidità, ma la prima liquidità che manca al Governo è quella per fare fronte ai pagamenti contratti in termini di debiti dal Governo precedente.
Sono consapevole, signor Ministro, dei problemi che il suo Ministero è costretto ad affrontare, anche per l’accentramento di competenze, stabilito sempre dall’ultima legge finanziaria, che ha accresciuto gli oneri in capo al suo Dicastero. Non vorrei, quindi, affliggerla ulteriormente. La prego, però, di prestare nel corso del suo mandato la massima attenzione, per quanto le è possibile, non solo alla problematica dell’infortunistica, soprattutto sotto il profilo dell’informa-formazione, quanto anche alle misure da adottare a vantaggio delle imprese italiane, senza mai dimenticare la realtà del sistema industriale. Altrimenti, come accade in alcune parti dell’ultimo provvedimento approvato in materia dalla precedente maggioranza, si fanno sogni che poi difficilmente si possono calare nella realtà.

CARLONI (PD)
Signor Ministro, sono rappresentante di una Regione, la Campania, nella quale – per utilizzare le sue parole – la percezione del fenomeno è veramente insopportabile. La qualità ed il rilievo di tanti eventi drammatici sono legati per lo più alle diffuse aree di illegalità, alle infiltrazioni criminali, alla dimensione del lavoro nero e sottopagato ed anche allo sfruttamento del lavoro dei minori, come testimoniano alcuni casi drammatici in cui sono morti dei ragazzini.
Considero molto significativi i dati forniti dall’INAIL nell’audizione svolta da questa Commissione la scorsa settimana alla quale, purtroppo, non ho potuto partecipare. Secondo tali dati, nel quadro di un fenomeno ad impatto decrescente, la ripartizione territoriale degli infortuni sul lavoro vede al di sopra della media nazionale alcune piccole Regioni, innanzitutto il Molise e la Valle d’Aosta, mentre la Campania sorprende con il dato dell’1,6 per cento. Le percentuali più alte continuano ad appartenere alle Regioni del triangolo industriale del Nord. I dati elaborati dall’INAIL relativi alla Campania sono interessanti anche per il valore dell’indice di frequenza, ma non ho ancora potuto approfondirne il rilievo con i miei referenti, sia delle organizzazioni sindacali che di quelle datoriali. Sarebbe molto bello pensare che tali dati siano il frutto di un lavoro e di un impegno (che indubbiamente sono stati reali e costanti) attribuibili anche alle organizzazioni datoriali (quindi Confindustria) e, soprattutto, a quelle sindacali.
Nel corso della campagna elettorale ho potuto far valere l’esercizio della funzione ispettiva incontrando le parti sociali in importanti cantieri pubblici della mia Regione, quelli per la metropolitana e per l’impianto dinamico-funzionale della stazione Napoli Gianturco. Indubbiamente in questi casi si trattava di punti di eccellenza, soprattutto con riferimento alle tecnologie impiegate. Tuttavia, il problema emergeva con enorme risalto relativamente ai subappalti anche in questi cantieri, dove relazioni sindacali e tecnologia sono da considerarsi a livelli di eccellenza. Tutti evidenziavano come la questione fosse in primo luogo di ordine culturale, formativo e informativo ma, prima ancora, sottolineavano l’abbassamento dei livelli di legalità nella nostra realtà.
Alla luce dell’esperienza personale maturata, credo che l’obiettivo da perseguire debba essere quello di creare un modello generale che prevenga i rischi in maniera migliore rispetto a quanto accade attualmente. Per questo motivo serve grande continuità nell’impegno delle forze sociali. Ritengo che questo dramma, più di altri problemi del nostro Paese, richieda che il Governo e le classi dirigenziali a tutti i livelli diano segnali di continuità nel proprio impegno. È dunque giusto che si appronti un sistema di regole capace di integrare formazione e informazione e, quindi, un forte quadro di prevenzione, insieme alla diffusione di buone prassi che possano essere portate a conoscenza di un pubblico sempre più ampio, con una progressione dell’impegno sul piano della responsabilità sociale delle imprese.
Signor Ministro, vorrei sottolineare un aspetto che mi sta molto a cuore: la situazione degli infortuni in relazione alle lavoratrici. L’INAIL ci ha sempre fornito molti dati, tuttavia non ne ho trovato alcuno al riguardo in questo rapporto. Lo scorso 8 marzo l’INAIL si impegnò anche a realizzare un osservatorio di dati sulle donne. Dalle rilevazioni emergerebbe che, mentre c’è un calo degli infortuni in tutta l’area produttiva, nell’area dei servizi la situazione non è migliorata. Secondo il dato generale fornitoci dall’INAIL un terzo degli infortuni sarebbe «rosa», il che corrisponde al rapporto donne-mercato del lavoro più in generale. In alcuni settori come la pubblica amministrazione e i servizi (penso alle infermiere negli ospedali, per esempio) – dove è più alta la percentuale di occupazione femminile – gli infortuni sono in aumento. Credo, allora, che in questi settori sia bene tenere i riflettori accesi, considerando anche la situazione dell’occupazione femminile nelle zone più deboli e quindi più esposte all’illegalità, alla precarietà e a tutto ciò che ne consegue.
Per quanto riguarda l’intenzione di modifica del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 per iniziativa delle parti, così come lei ce l’ha rappresentata nel suo intervento introduttivo, penso che in questo campo sarebbe importante che il Governo si muovesse in modo da non far passare segnali di abbassamento dell’attenzione. Sappiamo che la convergenza tra le parti, la collaborazione e il dialogo sono fondamentali e che se c’è conflitto l’azione di prevenzione è chiaramente meno efficace. Questa materia richiede grande equilibrio ed è necessario che non vengano dati segnali di abbassamento dell’attenzione. Il Governo precedente ha mantenuto l’impegno di emanare tutti gli atti conseguenti la delega sulla sicurezza. Sappiamo che le leggi da sole non bastano e che occorre applicarle, coordinarsi, essere molto determinati negli obiettivi, realizzandoli e anche correggendoli ove necessario.
Immagino che questo Governo avrà l’ambizione di fare di più e di meglio in tal campo e questo è l’augurio che gli rivolgo con tutta sincerità.
Credo che tante buone idee, tante esperienze, come la strada dei protocolli a livello provinciale, potrebbero essere perseguite nel senso di rafforzare e migliorare ciò che di buono é stato fatto.

NEROZZI (PD)
Signor Ministro, non voglio riprendere quanto detto dagli altri colleghi, tengo solo a sottolineare un punto. Nella precedente seduta lei ci ha detto di attendere che le parti le inviassero un avviso comune per migliorare la legge approvata nella passata legislatura. Non so se questo avverrà; nell’attesa sarebbe utile che il monitoraggio e l’applicazione della legge fossero avviati e rafforzati, cosa che mi pare non avvenire in diverse parti del Paese. In proposito è già intervenuto il collega Roilo e, quindi, non aggiungerò altro.
È indubbio che è necessario procedere verso un coordinamento dell’insieme degli enti che intervengono sulla prevenzione degli infortuni e della sicurezza sul lavoro. A tal riguardo, vorrei sapere se il Governo sta avviando una riflessione o intende avanzare delle proposte rispetto a tale coordinamento o ad ipotesi di riforma.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi intervenuti. Ritengo assolutamente utili oltre che doverosi questi confronti che consentono innanzitutto di stabilire che c’è un comune sentire rispetto alla priorità dell’obiettivo di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
La differenza di approccio che emerge nella discussione, a mio avviso, può essere sanata da una logica quanto più pragmatica, alla quale ho fatto riferimento quando ho sottolineato l’importanza di disporre di un sistema informativo condiviso dai principali attori istituzionali e sociali coinvolti nell’impegno per garantire la salute dei lavoratori. Già nella bozza di Testo unico predisposta nel corso della XIV legislatura avevamo sottolineato la priorità di uno strumento di questo tipo, che consentisse di rendere più efficace l’azione delle amministrazioni pubbliche, degli attori sociali, degli stessi imprenditori e dei lavoratori.
Anche in riferimento alle osservazioni del collega Paravia riguardo a determinate patologie comportamentali, che si realizzano con determinati mezzi in un determinato settore, bisogna valutare quanto ci aiuta il fatto di capire l’intensità di queste patologie rispetto ad altre molto più rare, quindi tarare l’azione in rapporto a ciò e misurare nel tempo se si producono o meno risultati. Se si producono quella strada si rivela utile e giusta, se non se ne producono evidentemente sono necessarie azioni correttive. Marco Biagi parlava di management by objectives, riferendosi ad una gestione per obiettivi, piuttosto che per regole. Non perché le regole non debbano essere utilizzate e non siano necessarie, ma perché in una gestione per obiettivi è diverso l’approccio.
Raccolgo l’augurio formulato dalla senatrice Carloni nell’interesse di tutti, soprattutto delle lavoratrici e dei lavoratori, nel senso che siamo i primi a volerci misurare con i risultati e poter dire non solo che la statistica ci dimostra che la frequenza degli infortuni (soprattutto quelli di carattere grave e mortale) è in ulteriore calo, ma che questa discesa avviene in termini anche più rilevanti di quanto, purtroppo, negli ultimi anni si è verificato. Ho parlato, appunto, di uno zoccolo duro – e questo concetto è stato ripreso – perché non vi è dubbio che negli ultimi anni il fenomeno si è manifestato in una dimensione che deve essere significativamente ridotta.
Ebbene, vogliamo utilizzare questo approccio. Ciò porta, in certa misura, ad una correzione della regolazione, nel senso che c’è una soglia (che chiedo venga comunemente accettata almeno in linea teorica, anche se divergiamo sull’identificazione del punto in cui essa debba essere fissata), oltre la quale l’eccesso di regolazione formale e l’eccesso di sanzioni ad essa connesse rappresentano un disincentivo riguardo all’impegno sostanziale. Probabilmente non abbiamo la stessa opinione sul punto in cui fissare tale soglia e, conseguentemente, sul fatto se il Testo unico per alcuni contenuti abbia superato o meno questa soglia. Almeno in via teorica vorrei però convenissimo sul fatto che esiste un punto oltre il quale un datore di lavoro è talmente preoccupato dell’adempimento formale e della sanzione che lo sostiene, da risolvere la gran parte del suo impegno per la sicurezza nell’assolvimento di tale adempimento formale, a scapito delle condizioni di sicurezza per i lavoratori in quell’ambiente di lavoro.
In questa sede tutti noi abbiamo sottolineato l’importanza della formazione e dell’informazione, come ha fatto anche il Presidente della Repubblica prima di noi e in occasione della giornata dedicata agli invalidi del lavoro cui insieme abbiamo partecipato domenica scorsa. Ma proprio la formazione e l’informazione invocano attitudini sostanziali a creare condizioni di sicurezza e non adempimenti formali; da questo punto di vista l’adempimento è minimo. Quello che serve è qualcosa che nessuna norma potrà mai codificare: una sincera volontà in tal senso e creare le condizioni perché questa volontà si determini. Io mi permetto di ritenere che le condizioni migliori in cui ciò accade sono quelle che presuppongono la collaborazione fra le parti, ovvero quando queste condividono gli obiettivi e le modalità di realizzazione degli stessi senza che ciò significhi che la parte sindacale assume la responsabilità dell’infortunio.
Ho ascoltato pregiudizi e paure dettati da considerazioni di questo tipo che, onestamente, non hanno ragion d’essere perché, per quanta condivisione vi possa essere da parte del sindacato nell’impostazione e, per certi aspetti, nella gestione di politiche e di attività per la sicurezza, questo nulla toglie alla responsabilità che rimane del titolare dell’impresa o del management responsabile per gli aspetti della sicurezza.
La condivisione, la collaborazione fra parti – come dicevo – crea il contesto idoneo affinché vi possa essere un approccio per obiettivi e quindi un’attenzione a ciò che fa prevenzione, informazione e formazione.
Di qui l’esigenza, a mio avviso, di ripensare alcuni aspetti del Testo unico. Come certamente saprete, proprio con l’intenzione di non dare segnali di abbassamento della soglia di attenzione, ma anzi di insistere nella collaborazione fra parti, abbiamo chiesto a queste di incontrarsi. I primi incontri hanno avuto luogo, anche se con una certa difficoltà. Tuttavia non possiamo non porci il problema che si è creata una lacerazione. Non fa sorgere neanche un piccolo dubbio il fatto che attori sociali come la Lega delle cooperative, come la Confederazione nazionale dell’artigianato, come la Confesercenti (consentitemi di fare queste citazioni non solo per spicciola comodità dialettica), che anche organizzazioni che enfaticamente fanno riferimento a determinati valori e culture politiche, hanno fortemente criticato il Testo unico? Il fatto che ci sia un atteggiamento compatto di contrapposizione a questo testo di tutte e quindici le organizzazioni dei datori di lavoro pone qualche problema, non possiamo dire che non lo ponga.
Ed allora abbiamo invitato le organizzazioni ad una maggiore autoregolamentazione, cui noi potremmo uniformarci. In altre parole, se esistono avvisi comuni noi li prenderemo tali e quali e li tradurremo in correzioni al Testo unico. Laddove per una serie di ragioni non vi fossero tali avvisi comuni, avvalendoci della discussione che ha avuto luogo tra le parti sociali e dal momento che i decreti correttivi richiedono il parere del Parlamento il testo tornerà all’esame parlamentare, come è giusto e doveroso che sia. È, comunque, necessaria una regolamentazione.
Faccio un esempio, tra l’altro su un aspetto che non può non sollecitare qualche regolazione anche in termini di chiarimento. Come sanno coloro che hanno seguito l’iter del Testo unico che ho avuto modo di predisporre nel corso della XIV legislatura, noi per primi vorremmo allargarne il campo di applicazione. Dunque, abbiamo accolto l’ipotesi per cui anche il lavoratore autonomo rientrerebbe nel campo di applicazione, seppure limitatamente ai dispositivi di protezione individuale, alla visita medica periodica e quant’altro. Ma il volontariato? Vogliamo davvero considerarlo lavoro subordinato? Provengo da una terra in cui il volontariato raggiunge percentuali altissime e va dai vigili del fuoco volontari ad un potentissimo volontariato socio-sanitario, passando per una robustissima rete nella protezione civile. Ebbene, il coordinatore di quelle unità di volontariato dovrebbe rispondere come un datore di lavoro. Ma non sono forse costoro dei lavoratori in proprio? Io sostengo che sono tali. Sono dei volontari che prestano un’opera sulla base di una libera scelta che non costituisce rapporto di lavoro e pertanto ritengo sia corretto applicare anche a costoro quei dispositivi di protezione individuale, come la visita medica periodica, nella misura in cui svolgono questa attività e che, dunque, non si debbano considerare a tutti gli effetti lavoratori subordinati con tutte le implicanze a carico del coordinatore del gruppo di volontariato, o a carico del lavoratore stesso.
La senatrice Donaggio e il senatore Roilo mi sono parsi molto preoccupati dalla possibilità che questo Testo unico venga modificato. Spero non lo si consideri un Talmud (anche quello toccabile in fondo), ma uno strumento per valorizzare – come già ricordato – la bilateralità.
Non penso si debba nutrire diffidenza nei confronti della bilateralità (mi è sembrato di percepirne nell’intervento del senatore Roilo); non si deve temere che questa si trasformi in strumento collusivo a danno del lavoratore.
Certo, tutto può accadere, può accadere che una funzione pubblica devii dal solco dei suoi doveri e che ci sia un comportamento patologico, ma voglio sperare non sia questa l’attitudine tendenziale di una funzione pubblica. Così pure voglio sperare che l’incontro tra le parti sociali nell’organismo bilaterale o nel comitato paritetico sia di per sé tendenzialmente virtuoso. Quindi, la cedevolezza di alcune disposizioni nei confronti dei comitati paritetici e degli organismi bilaterali è un modo per coniugare le esigenze di un approccio sostanziale alla sicurezza, da un lato, e di una regolazione quanto più semplice, dall’altro, proprio per consentire il primo approccio e per conferire una dimensione adeguatamente competitiva all’impresa.
Il senatore Paravia opportunamente affermava che non deve prevalere una logica punitiva. Anche a questo proposito, non in questa sede ma altrove, ho sentito criticare le linee-guida che abbiamo prodotto per i servizi ispettivi. Come sempre in Italia, molta gente non sa che le linee-guida sono circolari che interpretano la legge esistente, non la innovano. In questo caso si tratta della legge Biagi, mantenuta per questi aspetti dalla successiva maggioranza di Governo, con cui si prevede che le funzioni ispettive siano orientate innanzitutto ad accompagnare il rispetto delle norme, avendo una funzione di consulenza e di promozione dei comportamenti che obiettivamente sono funzionali alla sicurezza sul lavoro. Concordo sul fatto che il primo approccio non può essere sempre quello punitivo; per questo motivo, le maxi linee-guida che abbiamo prodotto hanno fortemente sottolineato, anche con riferimento alla salute e alla sicurezza sul lavoro, l’approccio di servizio che deve essere reso da parte delle funzioni ispettive.
Condivido l’esigenza di avvalersi degli enti esperti in termini quanto più possibile coordinati. Il senatore Nerozzi ha ragione quando, credo riferendosi in primo luogo all’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) e all’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), richiama la necessità di un più stretto coordinamento. La fusione probabilmente sarebbe un’operazione troppo complessa; forse sarebbe stato meglio non avere questo dualismo che in altri Paesi non c’è (anche nella rete internazionale normalmente vi è un unico soggetto di riferimento nella stessa raccolta di informazioni).
Stiamo cercando di stimolare un coordinamento tra INAIL e ISPESL, in modo da garantire questa unicità, pur in presenza di due enti, ma condivido assolutamente l’esigenza di un’integrazione di molte delle loro funzioni.

NEROZZI (PD)
Mi chiedevo se l’intenzione del Governo andasse anche oltre.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Diffido delle fusioni.

NEROZZI (PD)
Non mi riferivo a quello, ma al coordinamento con il sistema sanitario.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Ho fatto riferimento innanzitutto all’ISPESL e all’INAIL; per quanto riguarda il sistema delle aziende sanitarie, il coordinamento investe certamente l’attività ispettiva, come ho ricordato nella mia relazione. Stiamo definendo protocolli di lavoro integrato, anche se questo potrebbe riguardare l’utilizzo di informazioni e di servizi esperti, proprio come quelli dell’ISPESL e dell’INAIL.
Condivido altresì la necessità di rivolgere maggiore attenzione alle fasce più esposte del mercato del lavoro: le donne, di cui parlava la senatrice Carloni, gli immigrati, cui si è fatto riferimento, e certamente i lavoratori a termine; i lavori più instabili sono nondimeno meritevoli di attenzione.
Anche in questo caso emerge il tema della formazione e dell’informazione, che credo sia la risposta fondamentale che a questo proposito deve essere garantita.
Il senatore De Luca ha espresso considerazioni che sono da me largamente condivise e che corrispondono all’approccio che intendiamo mantenere.
Anche lui, come il senatore De Angelis, ha fatto riferimento al tema dei controlli. Ritengo che l’integrazione possa alzare il livello della capacità di controllo, ma devo insistere: la bilateralità può aiutare la funzione di controllo o quantomeno può consentire di circoscriverne il campo. Dove c’è il cono di luce della bilateralità si può anche soprassedere sulle funzioni ispettive, dando prioritaria attenzione ad ambiti che invece non godono della collaborazione tra parti sociali. Implicitamente quindi si allarga il campo di azione dei servizi ispettivi e la loro verosimile capacità di individuare situazioni patologiche.
Il senatore De Angelis ha richiamato l’attenzione anche sulle pubbliche amministrazioni. Convengo con lui sul fatto che queste possono rappresentare un ambito di non perfetta regolazione, anche se non dispongo in questo momento di dati esatti per poterlo affermare con certezza. È vero però che talora vi è una presunzione sbagliata, quella per cui il privato è per definizione un soggetto sospetto ed il pubblico è per definizione un soggetto non sospetto, che mette in atto tutto ciò che garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore. Queste due presunzioni sono sbagliate e anche in relazione a questa sollecitazione prenderò iniziative con il ministro Brunetta per eseguire un check-up delle amministrazioni pubbliche al riguardo.

PRESIDENTE
Ringraziamo il signor Ministro per la sua presenza e per aver riferito su quelle che saranno alcune linee-guida per il prosieguo di un’attività molto importante e sensibile come questa.
Siamo convinti che tale incontro non può ritenersi esaustivo. Manterremo un rapporto continuo e costante con il Ministro che mi permetto di invitare – qualora lo ritenga opportuno – ad incontrare ancora questa Commissione per creare una maggiore collaborazione e una più diretta conoscenza dei processi che possono riguardare la normativa relativa alla legge n. 123 del 2007 e al decreto legislativo n. 81 del 2008.
Sarebbe auspicabile un’interazione, affinché si abbia conoscenza delle volontà politiche del Governo su questo fronte, considerato che tra i gruppi di lavoro che si stanno costituendo in seno alla Commissione – è giusto che ella, signor Ministro, ne abbia contezza - se ne costituirà uno relativo proprio al monitoraggio sul Testo unico. Con ciò intendiamo manifestare la massima disponibilità a collaborare anche in merito a questo non secondario segmento di cui la Commissione si interessa e su cui si sta impegnando.
Dichiaro conclusa l’audizione.


COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE
Colleghi, vorrei dare ora alcune comunicazioni in merito all’attività che la Commissione è chiamata a svolgere anche in questa legislatura.
Ricordo a tal proposito che, anche sulla base delle indicazioni fornite in sede di Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari, si rende opportuno costituire dei gruppi di lavoro – così come accaduto nella precedente legislatura – che si occupino delle varie problematiche che emergono in materia di infortuni sul lavoro o che incentrino la propria attenzione su settori particolarmente sensibili al fenomeno: edilizia, appalti pubblici e personale della pubblica amministrazione (argomento trattato anche nel corso dell’audizione odierna); malattie professionali (di cui il senatore Roilo si era già occupato nella precedente Commissione); infortuni domestici (altro grande tema spesso sottovalutato); lavoro agricolo; lavoro minorile e sommerso, trasporti; formazione e prevenzione. A questi temi intendiamo aggiungere l’attività di monitoraggio dell’attuale legislazione concentrata in quello che per comodità definiamo Testo unico.
Invito, quindi, i colleghi a comunicare agli Uffici le proprie intenzioni circa la partecipazione ai vari gruppi che verranno costituiti e la possibilità di proporsi quali coordinatori dei medesimi, in ragione della propria disponibilità e sensibilità in un senso o in un altro. Sarebbe pertanto opportuno dare avvio a questo tipo di attività, indicando anche gli eventuali rapporti di collaborazione che si dovessero rendere necessari, possibilmente in sintonia con le esigenze dei gruppi, dal momento che tutti sappiamo quanto sia importante lavorare con persone con le quali c’è un certo affiatamento, esperte e competenti, evitando di rivolgersi a soggetti terzi con i quali, magari, non ci sono neanche linee di condivisione.
Pertanto, se riuscissimo in breve tempo a definire queste due esigenze – la costituzione dei gruppi di lavoro e l’indicazione dei collaboratori – tra loro collegate, potremmo fare già un primo passo nell’avvio di un percorso di lavoro che sia il più significativo per ognuno di noi. Faccio presente, infatti, che tali gruppi di lavoro possono riunirsi indipendentemente dalla Commissione e svolgere per proprio conto anche audizioni. È questa una gemmazione di attività di indagine, di inchiesta e di conoscenza.
Mi auguro che tutto ciò possa essere realizzato nel più breve tempo possibile, cercando di coniugare le aspettative, le esigenze e le inclinazioni di ciascuno dei membri della Commissione. L’obiettivo non è quello di affidare ma quello di chiedere e di fare.
Vorrei poi segnalare, con riferimento alle procedure di cui all’articolo 23, comma 3, del Regolamento interno della Commissione, la disponibilità della dottoressa Francesca Costantini, magistrato presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Cassino, nell’ambito dell’ufficio che si occupa di infortunistica in ambiente di lavoro, la quale, previa acquisizione delle autorizzazioni degli organi competenti, presterebbe, a titolo gratuito, attività di consulenza giuridica per la Commissione.
Desidero inoltre fornire alcune informazioni in merito al programma dei lavori della Commissione. Abbiamo già discusso della proposta della collega Donaggio, avendo più volte richiamato l’importanza del monitoraggio sul cosiddetto Testo unico. Ricordo, inoltre, che l’Ufficio di Presidenza ha già deliberato, in accordo con la Conferenza dei Capigruppo, in merito al programma dei sopralluoghi che la Commissione intende effettuare sia in Italia che all’estero. A tal proposito, ricordo la decisione di svolgere una missione in Francia, in Germania e nel Regno Unito dal 10 al 14 novembre 2008. Sono già in corso verifiche organizzative avanzate. Inoltre, è stato deliberato di effettuare entro la fine dell’anno dei sopralluoghi a Firenze e a Caserta. Alcuni colleghi hanno poi richiesto che la Commissione svolga delle visite anche a Porto Marghera, Catania, Siracusa e Gela, sopralluoghi che mi sembra giusto inserire in calendario per il 2009.

ROILO (PD)
Sarebbe opportuno prevedere anche un sopralluogo della Commissione nell’area di Milano.

PRESIDENTE
Possiamo sin da subito inserire tale proposta nel programma, dal momento che questo non preclude ulteriori iniziative. L’obiettivo, infatti, è quello di svolgere almeno un sopralluogo al mese.
A tal proposito, faccio presente ai colleghi che è uso della Commissione partire da Roma la domenica sera per effettuare il sopralluogo nella giornata del lunedì e rientrare in sede il lunedì sera. Questo ci permette di attendere tranquillamente ai nostri doveri parlamentari per il resto della settimana.

CONTI (PdL)
Vorrei fin d’ora comunicare al Presidente che i settori degli infortuni domestici e del lavoro minorile e sommerso sono quelli in cui sarei felice di impegnarmi, quale supporto ad altri colleghi più esperti di me in materia.
Vorrei poi cogliere l’occasione per manifestare a lei, signor Presidente, ma anche ai colleghi tutti un mio stato d’animo che però corrisponde ai sentimenti ed alle esigenze che ho colto nei territori in cui insisto politicamente e svolgo la mia attività professionale, prescindendo dall’impegno parlamentare. Quando mi è stato proposto di partecipare ai lavori di questa Commissione d’inchiesta sono sorti in me alcuni dubbi – che ho ancora adesso – riferiti alla percezione che fuori da questi autorevoli palazzi istituzionali, in cui lavoriamo, si ha di organismi come questo, percezione che non mette assolutamente in discussione né la capacità della Commissione di affrontare il fenomeno, né la validità del lavoro che il Governo ed il Parlamento svolgono in materia.
Il problema, a mio avviso, è che la nostra partecipazione a questa Commissione non viene percepita all’esterno come un atto forte che possa incidere concretamente sulle tematiche che affrontiamo. Il punto non è tanto quello di far recepire alla gente che ci impegniamo perché ciò appartiene alla nostra coscienza. Rispetto al dramma delle persone che perdono la vita per infortuni sul lavoro, dovremmo far comprendere ai nostri concittadini che questa non è una delle solite commissioni d’inchiesta: trattiamo di una questione che va al di là degli schieramenti di maggioranza ed opposizione; tutti insieme siamo impegnati a far sì che questo scandalo abbia termine.
Dico questo con grande modestia e rispetto nei confronti del ruolo della Commissione e del ruolo istituzionale che tutti noi abbiamo. Voglio trasmettere questo mio stato di animo che riflette un’esigenza che ho avvertito all’esterno. Dovremmo, quindi, avere la capacità di compiere qualche gesto autorevole, comune e – come si dice in altri ambiti – trasversale che coinvolga tutte le parti politiche che siedono in Parlamento per far capire che c’è una forte volontà di incidere concretamente e subito su meccanismi che non riguardano i tempi delle leggi – che sappiamo essere lunghi e travagliati – ma che corrispondono all’esigenza morale che appartiene ad ognuno di noi per il ruolo istituzionale che ricopriamo.

DE LUCA (PD)
Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che condivido pienamente il programma delineato per il completamento dei gruppi di lavoro.

PRESIDENTE
Una puntualizzazione: i gruppi di lavoro non devono per forza essere ripetuti in modo pedissequo rispetto alla scorsa legislatura; possiamo raggrupparli, ridurli o privilegiare quelli di maggiore azione.

DE LUCA (PD)
Desidero fare una precisazione prendendo spunto dalle considerazioni del collega Conti. Penso che il lavoro stesso della Commissione dimostri l’intensità dell’impegno che stiamo portando avanti, anche se è chiaro che una volta stabiliti questi passaggi dobbiamo, per così dire, uscire fuori. Non penso che questa sia una Commissione qualsiasi; il problema di cui ci occupiamo – purtroppo tragico – ha innanzitutto un carattere culturale e, poi, di formazione e informazione.
Vi è, inoltre, l’aspetto della normativa. Questa Commissione, proprio per il clima di collaborazione instauratosi tra tutti i suoi componenti può fornire un contributo effettivo sia dal punto di vista normativo, sia dal punto di vista culturale, nel senso che può veramente trasmettere una cultura di cambiamento ai protagonisti di queste tragedie. Ovviamente molto dipende da noi e da come porteremo avanti l’intensa programmazione, che potrà essere migliorata non solo per far conoscere la nostra attività. Nella scorsa seduta ho fatto un esempio che ho ricordato anche qualche giorno fa in occasione di un’iniziativa svoltasi in Campania: da circa un anno è in vigore un articolo di legge che concede incentivi alle imprese del settore edile per investimenti nella sicurezza (insisto su questo aspetto perché è emblematico): ebbene, nessun imprenditore ha utilizzato le risorse per aumentare la sicurezza nei suoi cantieri. Questo è avvenuto probabilmente perché non c’è un’adeguata cultura rispetto a questa condizione e dimostra come un mutamento culturale sia quanto mai necessario.
Desidero infine sottolineare positivamente che si tratta di una Commissione d’inchiesta che durerà per almeno tre anni di questa legislatura.
Come rappresentante dell’opposizione dico che, proprio per il lavoro che stiamo svolgendo e per l’attenzione che stiamo ponendo sulla questione, possiamo tentare una svolta. Certo, nel nostro Paese spesso accade che la legge tanto invocata non sia poi osservata da alcuno. È questa una cultura che dobbiamo superare. Esprimo questa riflessione proprio perché ritengo che stiamo svolgendo un lavoro eccellente. Affermo ciò, ripeto, nonostante sia un esponente dell’opposizione; non desidero quindi sollevare alcuna polemica come, invece, spesso qualche collega della maggioranza fa nei confronti del Governo precedente.

PARAVIA (PdL)
Signor Presidente, apprezzo e condivido in buona parte gli interventi che mi hanno preceduto sulla validità di questa Commissione.
Sono leggermente più pessimista del collega Conti sulla possibilità di recuperare l’immaginario collettivo della gente sull’importanza, significatività e operosità della Commissione. Ritengo che questo lo si potrà percepire al di fuori solo se riuscissimo tutti ad essere più concreti, ovvero per mezzo dei fatti e delle azioni che andremo a promuovere di intesa con il Ministro del lavoro e con gli enti preposti al controllo e soprattutto se riusciremo a cogliere dei risultati, quali la diminuzione del numero dei casi causa di inabilità temporanea o invalidità permanente o, peggio ancora, mortali a seguito di infortunio. Tuttavia sappiamo, essendo persone dotate di normale intelligenza, che questo tipo di risultati si manifesta a distanza di anni rispetto alle azioni che si vanno a compiere oggi. Francamente, quindi, non condivido il sogno di dedicare tempo ed energie per convincere chi è fuori di qui di quanto siamo o potremmo essere utili.
Precedentemente ho espresso la mia disponibilità, che confermo, per compiti che mi si vorrà assegnare nelle modalità che lei, Presidente, riterrà più opportune. Devo dire con franchezza che nella scorsa legislatura, proprio per la fine anticipata della stessa, non riuscimmo a compiere un gran lavoro: alcuni dei gruppi di lavoro non si sono quasi mai riuniti e nell’unico che lo ha fatto, in realtà, ha lavorato solo il Presidente perché non ci sono state, almeno per quanto ricordo, convocazioni o scambi, ma si è tenuta solo una riunione.
Preso atto, quindi, della voglia di tutti di collaborare pienamente, non mi sottraggo; per cui, nelle modalità che lei vorrà, signor Presidente, mi rendo disponibile sia per il gruppo di lavoro concernente edilizia, appalti pubblici e personale della pubblica amministrazione che per quello relativo alle malattie professionali, dove presumo di poter dare un contributo maggiore, viste le mie esperienze imprenditoriali e associative.

DE ANGELIS (PdL)
Signor Presidente, considero la mia appartenenza a questa Commissione un onore; per cui partecipo alle sedute sempre con il massimo impegno per dare un contributo, piccolo o grande che sia. Lo faccio perché credo nel lavoro che stiamo svolgendo. Spero che al di fuori abbiano sentore della nostra volontà e del nostro impegno.
Ascoltando l’intervento del ministro Sacconi mi ha colpito il fatto che abbia puntualizzato come rispetto a certe tematiche – che secondo me non sono né di destra né di sinistra, ma sono importanti per tutti – alcune imprese che fanno riferimento alla sinistra abbiano anch’esse puntualizzato alcuni problemi. Chi vota per il centro-destra la mattina non va certo in azienda con la frusta!

NEROZZI (PD)
Neanche quelli di centro-sinistra vanno con la frusta.

DE ANGELIS (PdL)
Volevo dire proprio questo. Ritengo che tale tema debba essere affrontato senza steccati ideologici e battute che in questo contesto non hanno alcun senso.
In base alle competenze maturate, per aver lavorato a lungo nel settore, le chiedo, signor Presidente, di essere inserito nel primo gruppo di lavoro.

PRESIDENTE
Ringrazio tutti gli intervenuti per il contributo apportato ai nostri lavori.
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Fonte: Senato della Repubblica