SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni
Resoconto stenografico
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»
Seduta 19, martedì 3 marzo 2009
Audizione della Società italiana di medicina del Lavoro e igiene industriale (SIMLII)
Audizione della Federazione maestri del lavoro d’Italia
Presidenza del presidente TOFANI
Intervengono, in rappresentanza della SIMLII: il professor Giuseppe Abbritti, Presidente, il professor Antonio Bergamaschi, Vice Presidente, la dottoressa Lucia Isolani, Segretario, ed i dottori Alfonso Cristaudo, Ernesto Ramistella ed Adriano Ossicini, componenti del Direttivo; in rappresentanza della Federazione Maestri del lavoro d’Italia: il dottor Gianluigi Diamantini, Presidente, il dottor Giuseppe Desiderio, coordinatore Commissione scuola-lavoro, il dottor Mauro Nemesio Rossi, componente della Commissione scuola-lavoro, ed il signor Silvio Manfredi, Segretario Generale.
Audizione della Società italiana di medicina del Lavoro e igiene industriale (SIMLII)
PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione della società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale (SIMLII). Ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l’invito della Commissione.
L’odierna audizione risponde all’esigenza ed al compito a noi affidato di incontrare e confrontarci con persone che si interessano del problema su cui la Commissione svolge le proprie inchieste. In considerazione dell’opera che svolgete è, quindi, con grande piacere che ci accingiamo ad ascoltare il vostro contributo. Cedo pertanto la parola al professor Abbritti.
ABBRITTI
Desidero innanzitutto rivolgere un vivo ringraziamento ai membri di questa Commissione e al Presidente, senatore Tofani, per averci accordato il privilegio di essere auditi su un tema di grande rilevanza e con notevoli implicazioni politiche, sociali, economiche, sanitarie ed umane.
Ritengo doveroso innanzitutto presentarci. Sono Giuseppe Abbritti, professore ordinario di medicina del lavoro presso l’università di Perugia e presidente della Società italiana di medicina del lavoro e di igiene industriale.
Quest’ultima, fondata nel 1929 (a Firenze si terrà quest’anno un congresso in occasione dell’80º anniversario dalla fondazione), riunisce oltre 2.500 specialisti in medicina del lavoro che svolgono la loro attività nelle università, in alcuni ospedali, negli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, nell’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), nell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro); abbiamo poi una larga componente di medici competenti che operano nelle diverse realtà lavorative del Paese ed io ritengo una grande risorsa culturale, scientifica e professionale della nostra società la presenza di specialisti in medicina del lavoro in ambiti tanto diversi.
In questa occasione vorrei affrontare i seguenti punti: qual è il rapporto tra lavoro e salute oggi nel nostro Paese; quale il trend ipotizzabile per i prossimi anni; quale il ruolo che può svolgere il medico del lavoro competente nella prevenzione sia degli infortuni, che delle malattie professionali e quali le iniziative che potrebbero essere adottate per migliorare globalmente il rapporto tra lavoro e salute, soffermandomi principalmente sugli infortuni che oggi ci interessano in maniera particolare.
Lo farò ovviamente in modo estremamente sintetico, tuttavia, se vi fosse la necessità, potremo inviare successivamente un testo scritto su quanto mi accingo ad illustrare. Quanto all’attuale rapporto tra lavoro e salute nel nostro Paese, pur se il trend riferito agli infortuni nel corso degli ultimi anni sembra essere positivo non appare comunque soddisfacente. I dati INAIL, infatti, segnalano che nel quinquennio 2003-2007 sono state registrate 133.000 denunce di malattie professionali, 4.700.000 denunce di infortuni sul lavoro e vi sono stati circa 6.500 morti a causa del lavoro (nel 2007 i morti censiti finora risultano essere 1.170).
PRESIDENTE
Professor Abbritti, noi conosciamo questi dati. Vi chiediamo di collaborare riferendoci quali sono le riflessioni sul tema dal vostro osservatorio, che è altamente qualificato. Questo per noi sarebbe un valido contributo. Le chiedo scusa per la precisazione, ma in questo modo riusciamo ad affrontare in maniera più diretta la questione occupandoci degli aspetti che ci interessano.
ABBRITTI
Sorvolerò allora sulla parte introduttiva che mi sembrava tuttavia importante, per soffermarmi su alcuni aspetti particolari che attengono alla globalizzazione dell’economia. Al riguardo riterrei opportuna una riflessione per stabilire se dal punto di vista degli infortuni e delle malattie professionali la globalizzazione rappresenti un fattore positivo o se invece non si debba fare molta attenzione poiché potrebbe comportare effetti negativi per ciò che concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Tralascio l’analisi del fenomeno globalizzazione, a tutti noto, per trattare delle eventuali conseguenze che possono derivarne per quello che riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro.
Come tutti sanno la globalizzazione si avvale di nuove tecnologie informatiche e di comunicazione; richiede un’enorme flessibilità del lavoro e il ricorso sempre maggiore ai cosiddetti lavori atipici (lavoro somministrato, part-time orizzontale o verticale, telelavoro, lavoro a progetto, lavoro condiviso e così via); sono ormai milioni le persone che lavorano attraverso queste forme flessibili di lavoro. Chiaramente tali forme di lavoro modificano profondamente le condizioni e l’organizzazione del lavoro e, di conseguenza, anche i rischi per la salute e le condizioni di la sicurezza.
Ovviamente, non siamo contrari alla globalizzazione, e comunque non spetta a noi esprimere giudizi al riguardo, ma a nostro avviso sarebbe opportuno adattare le regole e le norme vigenti ad un mondo del lavoro che si organizza in maniera diversa dal momento che la globalizzazione rende più difficile l’applicazione delle norme di prevenzione e sicurezza...
PRESIDENTE
Gradiremo avere da voi delle riflessioni nel merito. Il quadro da lei delineato è noto, come pure conosciamo il fenomeno della globalizzazione e il lavoro atipico.
Ma voi cosa pensate di proporre? Questo è ciò che a noi interessa sapere.
ABBRITTI
Non sapendo quali fossero le conoscenze della Commissione probabilmente ho affrontato argomenti a voi già ben noti. Ciò che intendevo precisare è che sarebbe opportuno adeguare il nostro modo di fare prevenzione e sicurezza ai lavoratori flessibili oggi presenti sul nostro mercato.
PRESIDENTE
Siamo d’accordo. E secondo voi in che modo si potrebbe fare?
ABBRITTI
In primo luogo, sarebbe opportuno trovare nuovi strumenti per formare ed informare questi lavoratori (in particolare nel caso di lavoratori stranieri, molto spesso vi è il problema della lingua), ma anche nuovi mezzi per effettuare la sorveglianza sanitaria.
Come sappiamo, il decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto Testo Unico) prevede la sorveglianza sanitaria, ma è chiaro che una cosa è effettuarla su lavoratori stanziali, che mantengono cioè per tutta la vita, o comunque per un tempo molto lungo, lo stesso lavoro, altra cosa è effettuarla su persone per le quali le condizioni di lavoro mutano ogni tre, sei, o nove mesi. Bisogna trovare nuove regole per effettuare la sorveglianza sanitaria di questi lavoratori. Chi deve effettuarla? Colui che mette a disposizione dell’azienda il lavoratore oppure colui che utilizza il lavoratore per svolgere determinati lavori? Su questo punto la Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale ha avanzato alcune proposte nel commento al decreto legislativo n. 81 del 2008, suggerendo che sia colui che mette a disposizione dell’azienda il lavoratore ad effettuare una visita di sorveglianza sanitaria ampia e che la sorveglianza sanitaria del lavoratore sia eventualmente integrata tenendo conto dei rischi specifici presenti nelle aziende che lo utilizzano. Le questioni relative al lavoro flessibile rappresentano un punto importante, in quanto – come dicevo prima – è difficile fornire una formazione e un’informazione adeguate a persone che cambiano continuamente lavoro. Questo è un aspetto che va studiato in profondità, proprio per evitare che queste persone da un lato non ricevano una formazione e un’informazione adeguate e che, dall’altro, siano invece continuamente sottoposte a nuova formazione e informazione e a nuove visite mediche.
Un altro aspetto su cui vorrei soffermarmi concerne il ruolo che i medici competenti possono svolgere nella prevenzione degli infortuni, in particolare degli infortuni mortali. Qual è questo ruolo? Bisogna partire dal concetto di infortunio. L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) nel 1994 ha definito l’infortunio come una concatenazione di eventi a carattere multifattoriale, conseguenza statisticamente prevedibile di carenze tecniche, organizzative, sociali ed umane del sistema uomo-lavoro. Da ciò emerge che l’infortunio sul lavoro è il frutto di molte e diverse cause.
Un ruolo importante è svolto dai fattori ambientali, legati all’ambiente di lavoro e all’organizzazione del lavoro. Questi fattori possono essere, ad esempio, l’uso di macchine ed attrezzature pericolose o prive di dispositivi di sicurezza, un’organizzazione del lavoro che comporti un eccesso di fatica fisica o psichica, con turni frequenti e faticosi e poche pause, la presenza di rischi fisici, chimici o biologici che possono incidere sull’attenzione, sulla vigilanza e sullo stato di salute dei lavoratori o la presenza di dispositivi individuali o collettivi di prevenzione e protezione inadeguati.
Oltre a questi vi sono i fattori individuali, che attengono alla salute e alla condizione del lavoratore; possono influire l’età, il genere, il grado di informazione, di formazione e di addestramento, gli stili di vita, le abitudini voluttuarie (quindi non salutari) e le condizioni di salute. A nostro parere è estremamente importante il ruolo che può svolgere un medico competente che sia attento alle condizioni di salute del singolo lavoratore; i fattori individuali possono infatti portare ad una limitazione dell’idoneità a svolgere alcuni compiti lavorativi e possono predisporre ad un infortunio.
Rientrano tra questi casi i disturbi dell’equilibrio (penso in particolare a coloro che lavorano nell’edilizia), la pressione alta non ben controllata, le vasculopatie celebrali, le alterazioni del ritmo cardiaco, il diabete mellito non ben compensato, l’obesità o la sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno; si tratta di patologie estremamente comuni e diffuse. Bisogna tener conto inoltre dell’uso di farmaci che possono compromettere lo stato di vigilanza e di attenzione del lavoratore, come gli ansiolitici (il cui uso è diffusissimo), i sedativi, gli antistaminici per le malattie allergiche e così via. Particolare attenzione meritano inoltre (come è previsto dalla nuova legislazione varata dalla Presidenza del Consiglio) l’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope e l’abuso di sostanze alcoliche, che possono avere effetti negativi sulla salute del lavoratore, favorendo il verificarsi di infortuni anche mortali, e che possono causare gravi conseguenze per l’incolumità e la sicurezza di soggetti terzi. Secondo quanto previsto dalle norme, il medico competente ha il compito di partecipare alla valutazione dei rischi lavorativi, di collaborare alla formazione e all’informazione dei lavoratori e di collaborare alla predisposizione di misure per la tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori. Il suo ruolo principale consiste però nell’effettuare la sorveglianza sanitaria, cioè nell’eseguire le visite mediche preventive e le visite mediche periodiche. Se si legge attentamente la norma (oltre a considerare la prassi della medicina del lavoro), si vedrà che la visita medica preventiva, secondo quanto è stabilito nel decreto legislativo n. 81 del 2008, è volta a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro a cui è destinato il soggetto e a valutare la sua idoneità alla mansione specifica. La visita medica periodica, a sua volta, è finalizzata a controllare lo stato di salute dei lavoratori. Il decreto legislativo n. 81 prevede inoltre che le visite preventive e periodiche siano finalizzate alla verifica dell’assenza di condizioni di dipendenza alcolica e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Emerge quindi con chiarezza, da queste sintetiche osservazioni, che il medico competente non solo deve svolgere le attività di cui abbiamo parlato e partecipare alla valutazione dei rischi, ma deve anche valutare, attraverso una visita medica molto approfondita, lo stato di salute complessiva del lavoratore per poter esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Il medico del lavoro, se agisce in modo corretto, può svolgere un ruolo molto importante non solo nella diagnosi precoce e nella prevenzione delle malattie da lavoro, ma anche nell’individuazione di tutte quelle condizioni legate agli stili di vita (ad esempio l’abuso di alcol) o alle condizioni di salute (la sindrome vertiginosa, le vasculopatie cerebrali, ecc.) che possono essere causa di infortuni, anche mortali. E ` chiaro che per svolgere questo compito ci vogliono dei medici che abbiano una forte motivazione, un modo di lavorare eticamente corretto (noi facciamo riferimento al codice etico della Commissione internazionale dei medici del lavoro (ICOH), cioè della Società mondiale dei medici del lavoro) e una notevole competenza clinica e medica. In assenza di un adeguato grado di competenza medica, infatti, tutte quelle valutazioni sullo stato di salute dei lavoratori potrebbero sfuggire e quindi potrebbero non essere ravvisate le condizioni che possono costituire dei fattori predisponenti al verificarsi di un infortunio.
Su quali aspetti bisogna insistere di più? Lo diciamo da tanto tempo e mi permetto di ripeterlo, nonostante ciò sarà senz’altro notissimo alla Commissione. Indico soltanto alcuni aspetti, senza nessun ordine di priorità e senza nessuna pretesa di completezza. In primo luogo – credo che su questo siamo tutti d’accordo – nel nostro Paese (e non solo) la prevenzione in generale e la prevenzione nei luoghi di lavoro in particolare non rappresentano un valore. Questo è un dato di fatto, facilmente verificabile.
È necessario pertanto migliorare la cultura della prevenzione; si tratta di un aspetto fondamentale. Bisogna fare molta più informazione e formazione dei lavoratori, in particolare di quelli stranieri, che hanno ovvi problemi di lingua e che svolgono spesso lavori manuali fra i più rischiosi; ma bisogna anche fare formazione e informazione dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti. È indispensabile che le norme di prevenzione siano le più semplici possibili. Il fatto che il decreto legislativo n. 81 (che non è neanche un Testo Unico perché non raccoglie tutte le norme) sia composto da 304 articoli e 50 o 60 allegati sicuramente non aiuta gli imprenditori e tutti gli operatori della prevenzione a svolgere al meglio il loro compito. Quindi le norme di prevenzione devono essere poche, semplici e non devono richiedere adempimenti burocratici.
PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, il suo discorso è molto interessante, però le chiedo di darci anche alcuni suggerimenti, altrimenti il nostro incontro diventa un gioco inutile. Siamo tutti d’accordo sul fatto che servirebbero norme più semplici, più chiare e accessibili. È giusto che voi poniate i problemi ma dovreste proporre anche almeno una gamma di soluzioni. Noi siamo felici di ascoltarvi, però dovete restare sul concreto: secondo voi, chi deve fare prevenzione e come? Siamo tutti d’accordo sul fatto che la prevenzione sia necessaria, ma chi deve fare informazione e come? Che ruolo potete avere voi, medici, specialisti, scienziati della materia in questo ambito?
Voi dovreste parlarci di questo, qualora lo doveste ritenere opportuno, perché tutto il resto lo conosciamo dato che si tratta di argomenti sui quali ci stiamo informando ormai da tempo. Per questo vi saremmo grati se nei vostri interventi – non mi riferisco necessariamente a quello di oggi, anche attraverso una interlocuzione – avanzaste alcune proposte.
La senatrice Donaggio ha assunto un incarico molto importante insieme al gruppo di lavoro per il monitoraggio dell’applicazione cosiddetto Testo Unico e se poteste fornirci delle indicazioni ve ne saremmo grati. Questo è il sistema collaborativo che cerchiamo. Per il resto siamo tutti d’accordo che bisogna ridurre gli infortuni e i morti, che bisogna ridurre il numero delle norme e renderle più chiare, ma come dovrebbe avvenire tutto questo?
ABBRITTI
Signor Presidente, è proprio questo ciò che cerchiamo di dire.
PRESIDENTE
Non si tratta di dire cose ovvie. L’Italia spesso rischia perché non valorizza le proprie specialità, nel senso che tutti parlano di tutto. Dal nostro punto di vista voi rappresentate la scienza. Nel momento in cui vi incontriamo, noi incontriamo la scienza. La politica ha la necessità di capire quali risposte può dare la scienza, e lo dico a voi come ad altri che si occupano di ambiti specifici diversi. Quindi il suo discorso non è né prolisso né ripetitivo, perché riporta notizie corrette ma noi speriamo che la sua associazione, cui noi guardiamo con grande attenzione, possa darci anche qualcosa in più nel futuro.
ABBRITTI
Avevo anticipato che siamo disponibili a fornire anche una documentazione scritta. Quello che dice lei, Presidente, è verissimo.
L’unico problema – se posso essere franco – è che quando i Governi o le istituzioni lavorano alla preparazione delle leggi si guardano bene dal coinvolgere le società scientifiche nel fare delle proposte operative, come invece lei ci sta chiedendo ora.
PRESIDENTE
Le ricordo che noi facciamo parte della struttura di cui sta parlando, per cui lasciamo stare le polemiche. Non siamo uno Stato corporativo ma uno Stato democratico. Noi ascoltiamo diversi soggetti, rispettando le articolazioni che le istituzioni si danno. Questa è una Commissione parlamentare d’inchiesta voluta dal Senato della Repubblica, che segue determinati processi perché fa riferimento ad uno Stato parlamentare, e ci teniamo a sottolineare che vogliamo mantenere il profilo di istituzione parlamentare. Dunque voi, oggi, vi trovate davanti ad un tavolo istituzionale al quale, se vi va, potete partecipare, altrimenti va bene lo stesso.
ABBRITTI
Mi dispiace se sono stato frainteso.
PRESIDENTE
Ci stiamo incontrando oggi, per cui ci dia degli elementi, senza fare un processo alle intenzioni perché non è stato ascoltato prima. Io non so perché non sia stato ascoltato prima, ma non credo che ciò debba interessare questa Commissione, dato che abbiamo dato tutta la nostra disponibilità alla sua associazione ed ai suoi autorevoli rappresentanti che sono ora seduti intorno a questo tavolo. Abbiamo detto che siamo pronti a ricevere le vostre proposte e iniziative. Lei non può chiederci perché non è stato ascoltato prima; questo è un altro problema che lei affronterà, se vorrà, con il Governo posto che questo processo lo ha portato avanti il Governo. Le istituzioni parlamentari vi stanno ponendo dei quesiti che purtroppo, fino adesso, non hanno ricevuto risposta. Se sarete in grado di risponderci noi saremmo felicissimi di continuare a collaborare con voi. Il nostro obiettivo è questo. Lei riporta i dati dell’INAIL che noi conosciamo perché abbiamo contatti continui con l’INAIL, oppure ci parla di fenomeni di carattere macropolitico legati alla globalizzazione che noi ben conosciamo.
Noi vi chiediamo, invece, di riferirci su aspetti che non conosciamo perché non abbiamo la vostra cultura scientifica nel settore e quindi vogliamo abbeverarci a questa fonte. A questo serve il nostro lavoro altrimenti non avrebbe alcun senso né scopo.
CRISTAUDO
Signor Presidente, credo che un elemento importante da sottolineare sia quello del ruolo del medico competente e di come tale figura potrebbe essere modificata alla luce dei problemi che il professor Abbritti stava testé esponendo. Sappiamo tutti che l’articolazione produttiva del nostro Paese è composta da aziende di piccole e piccolissime dimensioni. Conosciamo tutti l’organizzazione del lavoro e della sicurezza: il responsabile del servizio di prevenzione, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il medico competente e il datore di lavoro. Nelle piccole e piccolissime imprese, che sono la maggioranza delle nostre imprese, l’unica figura adibita alla prevenzione è, appunto, quella del medico competente perché il datore di lavoro spesso assume i compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ma sovente non fa né l’uno né l’altro.
Ebbene, una delle proposte che la società ha messo per iscritto, e vi farà sicuramente pervenire, parla proprio delle modalità con le quali il medico competente potrebbe svolgere un maggiore ruolo di consulenza generale nei confronti dei lavoratori e delle imprese a fronte delle problematiche e difficoltà che tali imprese hanno nell’affrontare i problemi della sicurezza.
Quindi le proposte che vi faremo pervenire in forma scritta rappresentano modelli di semplificazione di alcuni vincoli che le normative oggi impongono al medico competente, proprio nell’ottica di rendere più disponibili le sue conoscenze, che sono conoscenze vive perché rappresentano esperienze professionali e conoscenze della disciplina, nei confronti di tutti i soggetti che nelle piccole e piccolissime imprese vedono questa come l’unica figura di riferimento.
Ciò mi sembra molto importante perché noi abbiamo il modello di riferimento del decreto legislativo n. 81 dove si parla di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, di addetti al servizio di prevenzione e protezione, di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, di datori di lavoro preposti, mentre nella realtà il 95 per cento delle imprese del nostro Paese vede una struttura organizzativa legata a pochissimi dipendenti e ad un unico punto di riferimento che è il medico competente, il quale deve sottostare a tutta una serie di vincoli burocratici eccessivi che lo distolgono dal suo lavoro concreto che dovrebbe essere quello di fornire un servizio e le sue conoscenze nell’ambito del lavoro quotidiano.
ROILO (PD)
Quali sarebbero questi vincoli burocratici?
CRISTAUDO
Faccio alcuni esempi: il decreto n. 81 prevede per il medico competente l’obbligo di inviare alla ASL, al servizio di vigilanza, una volta all’anno, entro il primo trimestre, una relazione riguardante tutta una serie di dati, la maggior parte dei quali (il numero di assenze, il numero di infortuni ed altri ancora) non sono in suo possesso, né sono di sua competenza.
ROILO (PD)
Fanno capo al medico?
CRISTAUDO
Fanno capo al medico anche che se non sono di sua competenza perché il medico non può conoscere il numero di infortuni, come non è tenuto a sapere quale sia il numero delle assenze. Il decreto legislativo n. 81 al riguardo è piuttosto generico. Faccio un esempio concreto, visto che mi è stato chiesto. Il medico del lavoro ha l’obbligo ogni anno di redigere 300 o 400 relazioni su argomenti di questo tipo, che non sono – ripeto – di sua competenza, mentre potrebbe impiegare il proprio tempo a fare altro, magari a dialogare con i servizi di vigilanza in modo non burocratico, cosa che sarebbe importante. Come ricordava giustamente il Presidente, i dati sugli infortuni sono già a conoscenza della pubblica amministrazione, non occorre richiederli al medico competente, ma esistono altri aspetti burocratici che vincolano il medico competente.
Abbiamo predisposto un documento assai articolato, che faremo pervenire alla Commissione, in cui vengono affrontati questi punti e avanzate delle proposte concrete per risolverli. Si tratta di aspetti che possono sembrare banali o marginali, ma l’eliminazione di taluni vincoli burocratici renderebbe più fungibile questa figura, che è più di quanto si possa immaginare importante e centrale nella rete delle piccole imprese che rappresentano la struttura produttiva nazionale.
PRESIDENTE
Se è possibile gradiremmo ricevere una riflessione anche sul ruolo del medico di famiglia. Lei, dottor Cristaudo, ha tracciato un percorso in cui mi sembra, infatti, che anche il medico di famiglia debba essere centrale in riferimento ad una serie di patologie ed abitudini che rientrano nell’anamnesi del soggetto. Vi saremmo, quindi, grati se ci farete pervenire le vostre considerazioni al riguardo, anche in un secondo momento perché la nostra collaborazione non termina con questo incontro, ma inizia quest’oggi. Tutto ciò che riterrete opportuno inviarci nell’obiettivo comune di ridurre e, se possibile, eliminare gli infortuni e le morti sul lavoro sarà da noi ben accolto.
OSSICINI
Signor Presidente, mi preme sottolineare che questa Commissione in passato ha predisposto un importantissimo documento in cui era contenuto un principio basilare e cioè che il medico competente deve partecipare alla stesura del documento di valutazione dei rischi fin dall’inizio. Un principio che noi medici del lavoro abbiamo sposato integralmente.
Purtroppo, il decreto legislativo n. 81 prevede la partecipazione del medico competente ai soli fini della sorveglianza sanitaria e ciò rappresenta un controsenso visto che non si conosce chi si deve visitare, né si sa quali siano i rischi. Questo è il problema.
Lei sta giustamente chiedendo a noi delle soluzioni. Ma voi avevate già individuato una soluzione perfetta che tuttavia non è stata attuata.
PRESIDENTE
Non sempre quello che si propone viene accolto.
OSSICINI
Lo so bene. Ma ribadisco che una delle soluzioni principali per prevenire certi fenomeni è che il medico competente venga coinvolto fin dalla fase iniziale della stesura del documento di valutazione dei rischi, anche se poi magari il documento non servirà perché non sarà necessaria la sorveglianza sanitaria. Questo è fondamentale ed il percorso indicato in quel documento è perfetto. Questo è il principio basilare attraverso cui, secondo noi, si possono rendere più efficaci la sorveglianza sanitaria e la prevenzione.
PRESIDENTE
Ringrazio il professor Abbritti e gli altri rappresentanti della SIMLII per il prezioso contributo offertoci nella speranza che inizi da oggi una proficua collaborazione.
Audizione della Federazione Maestri del lavoro d’Italia
PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti della Federazione Maestri del lavoro d’Italia.
Saluto i nostri ospiti e li ringrazio per aver accolto l’invito della Commissione. Il tema di cui trattiamo è a voi noto. Vi invito a formulare delle riflessioni e delle proposte in merito, in questa sede o successivamente, proprio in riferimento al contrasto che dobbiamo svolgere con sempre maggiore determinazione nei confronti degli infortuni e delle morti sul lavoro, oltre che delle malattie professionali di cui spesso si parla poco ma che rappresentano un gravissimo problema.
DIAMANTINI
Innanzitutto, desidero ringraziare lei, signor Presidente, e i membri della Commissione per averci concesso questa audizione.
Entrando immediatamente in argomento, non ritengo sia necessario illustrare a lor signori chi siano i Maestri del Lavoro, né la funzione che la Federazione svolga. Richiamerò semplicemente uno degli aspetti indicati nell’ultima edizione della nostra legge istitutiva, la legge n. 143 del 1992, ove il legislatore indica quali siano gli ambiti nei quali i Maestri del Lavoro, una volta ottenuta l’onorificenza e accolti in questa Associazione (eretta peraltro a Ente Morale nel 1954 con decreto del Presidente della Repubblica), possono e debbono svolgere la loro attività, cioè gli impegni morali che loro derivano dal riconoscimento di tale particolare onorificenza.
Tra questi impegni morali, vi è anche quello di prestare la collaborazione, in sintonia con gli enti e le istituzioni a ciò preposte a vario titolo, per la difesa del patrimonio artistico-culturale, la difesa del patrimonio ambientale e la difesa civile. Da quest’ultima indicazione è derivato uno degli impegni maggiori, in virtù del quale siamo appunto presenti quest’oggi davanti a voi.
Nello svolgere la nostra attività come Federazione, da molti anni abbiamo la possibilità di frequentare l’ambiente delle scuole, sia medie che superiori; uno dei nostri obiettivi principali è infatti quello di agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Nel momento in cui instauriamo questo contatto con i giovani, specialmente del penultimo e dell’ultimo anno delle scuole superiori, le domande che ci vengono poste dai professori e dai dirigenti scolastici non riguardano soltanto la necessità di orientare i ragazzi sotto l’aspetto professionale, ma anche quella di creare in loro i fondamenti morali per affrontare, in modo più coscienzioso, l’attività che andranno a svolgere, qualunque essa sia. In quest’ambito, ci è stato chiesto di svolgere il ruolo di informatori e formatori sul tema che lei, signor Presidente, richiamava poc’anzi. Abbiamo avvertito quest’esigenza anche il 1º maggio del 2008, in occasione dell’incontro al Quirinale per la consegna delle nuove Stelle al Merito del Lavoro. Preciso che l’anno scorso tale incontro non ha avuto luogo al Quirinale, ma davanti all’edificio dall’INAIL all’Eur, perché nell’occasione il Presidente della Repubblica ha voluto inaugurare un monumento ai caduti sul lavoro, manifestazione di cui certamente avrete conoscenza.
PRESIDENTE
Dottor Diamantini, potrebbe indicarci più specificamente il ruolo che siete chiamati a svolgere e gli ambiti nei quali operate, dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo?
DIAMANTINI
Certamente. A conclusione di quanto stavo dicendo, di fronte al Presidente della Repubblica abbiamo assunto l’impegno di svolgere questa attività nelle scuole attraverso i Maestri del lavoro presenti su tutto il territorio nazionale in 94 Province, in rappresentanza anche delle venti Regioni. Da quel momento ci siamo messi in contatto con la Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, che rappresenta l’altra faccia della medaglia delle onorificenze per meriti di lavoro, e con questa abbiamo raggiunto l’accordo di entrare nelle scuole e di portare i giovani nelle aziende, in modo di fare teoria e pratica al tempo stesso. Inoltre, volendo essere scrupolosi nel messaggio che intendiamo trasmettere, ci siamo messi in contatto con l’INAIL per ricevere noi stessi dagli uffici dell’Istituto la formazione più opportuna in ambito di prevenzione e di sicurezza sul lavoro. Non meno importante è il contatto che abbiamo assunto con il Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile presso il Ministero dell’interno, per affiancare, se necessario, le loro risorse uomo con le nostre, seppur modeste, in quest’opera di diffusione di determinati principi e di determinate normative. Questo è lo scenario generale nel quale intendiamo muoverci. Se lei, signor Presidente, desidera conoscere più dettagliatamente quante scuole contattiamo e qual è l’impatto reale della nostra azione, il mio collega, dottor Desiderio, potrà fornirle informazioni numeriche sull’attività che svolgiamo.
DESIDERIO
Signor Presidente, allo stato attuale vengono contattati circa 1.000 istituti scolastici, per una consistenza di oltre 50.000 studenti.
La costituzione, presso la Federazione, di un’apposita commissione nazionale per l’attività scuola-lavoro ha lo scopo di incentivare anche quei consolati che finora hanno svolto in tono minore o non hanno svolto affatto...
PRESIDENTE
Può specificare meglio cosa intende per «consolati»?
DESIDERIO
Ha ragione, signor Presidente; c’è una premessa che ho saltato. L’attività volta a favorire l’inserimento delle giovani leve nel mondo del lavoro, prevista dal nostro statuto, è svolta dai consolati provinciali, che sono le strutture territoriali dei Maestri del lavoro.
PRESIDENTE
Mi scusi lei. Io avevo pensato subito all’estero.
DIAMANTINI
In effetti siamo presenti anche all’estero, signor Presidente, in quattro Paesi.
DESIDERIO
Dicevo che la costituzione presso la Federazione nazionale della commissione scuola-lavoro ha lo scopo di incentivare quei consolati dove l’attività viene svolta in modo minore o, addirittura, non viene svolta affatto. Attualmente, sulla base di quanto il presidente Napolitano ha indicato nella cerimonia di consegna della stella al merito del lavoro, l’attenzione dei Maestri del lavoro che svolgono tale attività nelle scuole è volta essenzialmente a sensibilizzare gli studenti sul tema della sicurezza, sia domestica che sul lavoro. L’attività di volontariato è svolta da Maestri del lavoro esperti in aspetti diversi, perché provenienti da varie attività lavorative; noi Maestri del lavoro proveniamo infatti da una vasta gamma di imprese, dove abbiamo prestato la nostra opera. L’azione che si sta svolgendo presso l’INAIL, l’ISFOL e i Vigili del fuoco tende a migliorare la conoscenza delle problematiche connesse alla sicurezza. E ` pertanto auspicabile un convinto e significativo appoggio delle istituzioni affinché detto intento possa realizzarsi.
PRESIDENTE
Vi saremmo grati se ci vorrete fornire maggiori elementi nel corso dei prossimi mesi, nonché valutazioni e consuntivi sull’attività che svolgete, con tutti quegli elementi che dovessero emergere di carattere sia problematico che propositivo. È importante che vi sia questo rapporto di collaborazione.
ROSSI
Signor Presidente, io sono uno dei Maestri del lavoro operativi, nel senso che vado nelle scuole a diffondere i temi della sicurezza sul lavoro, peraltro in una zona che presenta aspetti di una certa difficoltà, la provincia di Caserta, dove la Commissione è venuta qualche tempo fa. Mi reco anche nelle scuole dove c’è la malavita organizzata, la camorra, che ha un ruolo deleterio nei confronti delle cosiddette «morti bianche». Esiste infatti un lavoro nero sotterraneo che le statistiche non rilevano, così come non vengono rilevate nei dati ufficiali le morti bianche che si verificano nei cantieri abusivi, la cui incidenza è molto pesante. Devo dire la verità: ogni qualvolta sono andato nelle scuole mi è sembrato che il mondo accademico fosse un po’ distratto nei confronti delle problematiche della sicurezza sul lavoro. Le stesse leggi che dovrebbero tutelare gli addetti ai lavori il più delle volte non sono rispettate neanche nelle scuole, che sono quasi tutte non a norma. I pericoli, quindi, si possono rilevare anche nell’ambito scolastico e questo è un grave handicap per chi deve insegnare ai ragazzi le norme della sicurezza sul lavoro; ragazzi che rischiano magari di chiudersi le mani nel cancello della scuola, che non è a norma, oppure di scivolare per le scale perché mancano le strisce antisdrucciolo.
Questo è un aspetto molto evidente nelle scuole, quindi chi deve controllare che la sicurezza sia applicata anche nel mondo scolastico dovrebbe essere più sollecito nel farlo.
La nostra associazione ha in ogni consolato un rappresentante che si interessa di sicurezza sul lavoro. Il rapporto con gli studenti è rilevante perché inizia alle scuole medie e continua nelle superiori. Insegniamo attività molto semplici, per esempio come si deve posizionare una scala; nel nostro campo c’è una grande preparazione su questi temi e una buona professionalità di persone che possono mettere a disposizione le proprie conoscenze in modo anche gratuito per lo Stato, per aiutare dove è necessario. Abbiamo bisogno, però, lo dico con molta franchezza, di un supporto legislativo perché ogni qualvolta ci rechiamo nelle scuole sembra quasi che siano loro a fare un piacere a noi. Il più delle volte i presidi, gli insegnanti ci accettano con benevolenza ma non con la convinzione che possiamo dare un contributo effettivo. Chiediamo innanzitutto che i nostri esperti possano essere inseriti nei CLES (comitati lavoro e sicurezza) provinciali perché indubbiamente se fosse presente nelle commissioni provinciali un nostro componente potrebbe dare un contributo anche dal punto di vista istituzionale.
Infine, vorrei rivolgervi una richiesta. Lei, Presidente, ricorderà che esiste una poesia molto importante di Raffaele Viviani, che tratta del tema della sicurezza sul lavoro e nei cantieri; ebbene vorremmo che a questo mio carissimo concittadino fosse intitolata una campagna per la sicurezza nelle scuole.
Mi auguro che la nostra audizione abbia fornito un contributo ai vostri lavori, restando disponibili per ulteriori approfondimenti.
DIAMANTINI
Vorrei aggiungere una notazione. Signor Presidente, lei sicuramente è a conoscenza del sistema partecipato messo in atto dal Dipartimento del Ministero dell’interno, cui facevo prima cenno. In tale sistema si parla soltanto di incendi, però potrebbe essere uno spunto da sviluppare. Il sistema partecipato coinvolge oltre all’Istituzione, cioè al Corpo dei vigili del fuoco, anche figure esterne come i progettisti per la richiesta dei permessi per i cinematografi, le sale da ballo e quant’altro.
PRESIDENTE
Per questo ci sono le commissioni presso ogni Prefettura.
DIAMANTINI
Certamente. Ora, siamo venuti a conoscenza del fatto che si vorrebbe utilizzare la risorsa dei Vigili del fuoco in pensione per costituire un gruppo di un migliaio di persone che possa viaggiare per l’Italia e mettersi a disposizione delle aziende, degli enti e dei privati per dare supporto informativo e formativo sulle forme di prevenzione.
PRESIDENTE
A me questo non risulta, chi lo decide?
DIAMANTINI
Vorrebbero farlo e noi ci siamo messi a disposizione per aggiungere eventualmente le nostre risorse alle loro.
PRESIDENTE
Sarebbe un esempio per un settore specifico.
DIAMANTINI
Comunque vale anche per tutti gli altri settori.
PRESIDENTE
Sì, ma si dovrebbe creare una struttura organica in cui inserire anche le vostre importanti collaborazioni, diversamente diventa difficile avere delle risposte. Intendo dire che il volontariato è una cosa importantissima ma deve fare sistema con le strutture organizzate altrimenti, come diceva prima il dottor Rossi, non si sa se sono loro che fanno un piacere a voi o viceversa.
Vi ringrazio per il vostro contributo ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l’audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica