SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 28, mercoledì 20 maggio 2009

Audizione dei rappresentanti della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’INAIL, dell’ISPESL e dell’ISS

Presidenza della vice presidente COLLI

Intervengono, in rappresentanza dell’ISPESL, il professor Antonio Moccaldi, Commissario straordinario, accompagnato dalla dottoressa Alba Rosa Bianchi, dirigente medico di II fascia, dalla dottoressa Stefania Massari, ricercatrice del laboratorio di epidemiologia e statistica occupazionale, dal dottor Carlo Gentile e dalla dottoressa Cristina Dentici, ricercatori del dipartimento processi organizzativi; in rappresentanza dell’INAIL, la dottoressa Rita Chiavarelli, vicario del Direttore generale, l’avvocato Luigi La Peccerella, legale dell’avvocatura generale, ed il dottor Luigi Sorrentini, dirigente vicario del Direttore centrale prestazioni; in rappresentanza della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il dottor Fabrizio Oleari, Direttore generale, accompagnato dalla dottoressa Giuseppina Lecce, dirigente medico; in rappresentanza dell’Istituto Superiore di Sanità, il dottor Alessio Pitidis, primo ricercatore dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione dei rappresentanti della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), dell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro) e dell’ISS (Istituto superiore di sanità).
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Comunico altresì che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Diamo inizio ai nostri lavori ringraziando gli ospiti qui presenti per essere intervenuti, con delegazioni numerose, anche se, per ragioni di tempi, riterrei opportuno che prenda la parola un rappresentante per Istituto; qualora poi gli interventi andassero incrementati, potranno intervenire anche gli altri rappresentanti.
Vorremmo rivolgere ai nostri ospiti alcune domande strettamente legate agli infortuni domestici, che ovviamente coinvolgono molte persone, segnatamente donne, che si occupano della casa, per ricevere informazioni e dati su alcuni aspetti del fenomeno di cui si occupa un gruppo di lavoro della Commissione appositamente istituito e da me coordinato.
Con riferimento particolare all’INAIL, bisognerebbe approfondire le condizioni economiche del Fondo autonomo speciale per gli infortuni in ambito domestico: quanti contributi riceve e quante prestazioni fornisce.
Naturalmente vorremmo ascoltare dalla dottoressa Chiavarelli anche una descrizione più generale della situazione.

CHIAVARELLI
La situazione generale del Fondo al 31 dicembre 2007 presenta un avanzo patrimoniale pari a 93.693.168 euro. Sotto il profilo del conto economico, l’esercizio 2007 si è concluso con un avanzo di 9.209.863 euro: quest’ultimo dato risente della riduzione del tasso tecnico di attualizzazione delle rendite e del conseguente aggiornamento del coefficiente di capitalizzazione, nonché dell’abbassamento del grado minimo di indennizzabilità portato dalla legge finanziaria del 2007 dal 33 al 27 per cento. Questa è la situazione patrimoniale del Fondo, mentre con riferimento alle rendite abbiamo predisposto un monitoraggio degli infortuni in ambito domestico dal 1º marzo 2001 al 31 dicembre 2008 (quindi, dalla data in cui è entrata in vigore l’assicurazione obbligatoria in ambito domestico).
Rispetto ai prospetti vorrei però evidenziare che nel lasso di tempo che ho precedentemente indicato all’Istituto sono state presentate 10.920 domande di rendite, delle quali ben 9.782 sono state definite negativamente e 692 si trovano in fase istruttoria, mentre sono pari a 446 le rendite effettive erogate. I dati mettono in evidenza che le rendite per l’assicurazione nei termini previsti dalla legge n. 493 del 1999, nonostante i miglioramenti intervenuti (quindi anche quello precedentemente indicato, ovvero la riduzione del grado di invalidità) ed il fatto che nel 2006 si sia riconosciuto il caso di morte, in realtà sono sempre un esiguo numero. Infatti, fondamentalmente riconosciamo la rendita soltanto nel caso in cui si subiscano lesioni comportanti un grado di invalidità pari almeno al 27 per cento, percentuale effettivamente elevatissima. Ad esempio, allo stato sono stati riconosciuti dall’Istituto soltanto 22 casi mortali, anche se bisogna sempre tenere in considerazione che stiamo facendo riferimento ad un lasso di tempo breve.

PRESIDENTE
C’è un aspetto che suscita in me molta curiosità: nel caso in cui una casalinga si bruci una mano, con olio o acqua bollente, o si ferisca mentre mette a posto i vasi sul balcone, non succede nulla?

CHIAVARELLI
Signora Presidente, ripeto che la risposta è negativa, se non viene riconosciuto un grado di invalidità pari almeno al 27 per cento.

PRESIDENTE
Che mi sembra una percentuale talmente alta da escludere di fatto gran parte delle vittime di infortuni domestici.

CHIAVARELLI
Sì.

SORRENTINI
Signora Presidente, bisogna partire dalla considerazione che la platea dei soggetti assicurati dalla legge n. 493 del 1999 ovviamente è diversa da quella di coloro che comunque possono incorrere in un infortunio in ambito domestico. La suddetta platea, infatti, riguarda solamente le persone che hanno un’età compresa tra i 18 ed i 65 anni e svolgono attività in ambito domestico per la cura del nucleo familiare e appunto dell’ambito domestico stesso. La platea è quindi già ristretta a monte, rispetto alla generalità di coloro che possono incorrere in questa tipologia di infortuni.
Questo è il primo aspetto su cui riflettere, perché se è vero che i dati che l’ISTAT pubblica ogni anno in merito agli infortuni domestici ci indicano un volume e una dimensione di un certo tipo, è altrettanto vero, però, che la copertura assicurativa riguarda una platea più ristretta. Questa riflessione evidenzia l’esistenza di uno scarto tra il numero complessivo degli infortuni domestici e quello delle rendite poi riconosciute dall’Istituto.
È evidente che rispetto alla situazione economica del Fondo, che registra un avanzo, vi sono margini per un miglioramento della tutela assicurativa, che dal 2007 ha incluso il caso di morte. Gli effetti di questo ampliamento non si sono ancora pienamente registrati a livello statistico, così come non è ancora pienamente visibile l’effetto della riduzione del grado minimo indennizzabile al 27 per cento.
Nel 2007 sono state costituite 44 rendite in più nella fascia di grado di invalidità compresa tra il 33 e il 27 per cento, quindi è chiaro che l’effetto potrà essere rilevato in un arco di tempo più lungo. La specifica copertura assicurativa ha carattere sperimentale, come lo stesso legislatore ha dichiarato, avendo anche previsto all’interno della legge una delega sostanzialmente di livello amministrativo, che poi ha portato l’inclusione nella polizza del caso di morte. Questo ci dà la dimensione del problema che stiamo affrontando e della realtà complessiva che il Paese vive rispetto a questa tipologia di infortuni.

PRESIDENTE
Avete fatto una campagna di comunicazione, di informazione?

CHIAVARELLI
Sì, tutti gli anni vengono fatte campagne di informazione.
Da questo punto di vista, l’INAIL si è attivato moltissimo.
Lei faceva giustamente riferimento a quella che dovrebbe essere la platea presunta in base ai dati ISTAT, cioè una popolazione di 5.200.000 persone. Al 31 dicembre 2008, ci risultano iscritti circa 2.160.000 soggetti, di cui solo circa 199.000 per i quali il premio è a carico dello Stato. Le motivazioni di ciò possono essere diverse, ad esempio una scarsa sensibilità, una scarsa cultura, oppure il fatto che ancora non si è capita la rilevanza dell’assicurazione obbligatoria, oppure l’alto grado di invalidità richiesta per accedere ad una rendita. Si dovrebbe quindi migliorare la tutela preordinata dalla legge.
Occorre sottolineare inoltre l’aspetto sanzionatorio. La norma prevedeva che, a cinque anni dall’entrata a regime dell’obbligo, in caso di inosservanza si potessero applicare delle sanzioni; tuttavia rispetto ad un premio di 12,91 euro lo strumento sanzionatorio non appare del tutto idoneo per garantire l’iscrizione dei soggetti all’assicurazione obbligatoria. Nonostante le associazioni di categoria e i soggetti che hanno contribuito alla definizione della legge si siano dati molto da fare, nonostante l’INAIL abbia svolto numerose campagne informative nel corso degli anni, soprattutto nel periodo in cui l’assicurazione scade oppure deve essere sottoscritta, non c’è una risposta soddisfacente.

PRESIDENTE
Credo ci sia anche un problema di diffidenza. Mi è capitato di partecipare ad alcune trasmissioni televisive durante le quali veniva aperto il collegamento telefonico con gli spettatori ed ho potuto constatare come molte persone si dichiarino profondamente deluse: ad esempio, un marito ha raccontato che l’iter per il risarcimento è talmente lungo che nel frattempo la moglie era morta; un’altra donna si lamentava del fatto che pur essendo rimasta ferita in un incidente non aveva diritto all’indennizzo, probabilmente perché aveva riportato un’invalidità inferiore al 27 per cento. Mi chiedo, ad esempio, come ci si comporti nei confronti di chi ha subito un’invalidità, ad esempio, del 25 per cento.
Ritengo che la campagna informativa dovrebbe essere veramente aggressiva, perché se l’assicurazione è obbligatoria questo obbligo dovrebbe essere il più conosciuto possibile. Inoltre, poiché c’è un avanzo consistente, pari al 10 per cento (in un momento in cui è difficile reperire fondi per migliaia di euro laddove in questo caso si parla di un avanzo di milioni di euro), forse bisognerebbe tentare la strada di una maggiore sollecitazione.
Sicuramente occorre anche procedere ad una revisione della legge, rivedere i parametri e abbassare la soglia dell’indennizzo, posto che il 27 per cento corrisponde alla perdita di un occhio, che rappresenta un cambiamento di vita totale.

DONAGGIO (PD)
Vi ringrazio per le interessanti relazioni. Mi richiamo a ciò che ha detto la presidente Colli per porre qualche domanda.
So che l’INAIL sta predisponendo un progetto dedicato alla prevenzione in tema di salute e sicurezza sul lavoro. In base a quanto previsto nel cosiddetto Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008), l’INAIL può stipulare convenzioni con le ASL dal punto di vista della prevenzione. Dando un’accezione ampia al tema del lavoro all’interno delle mura domestiche, è previsto che le attività casalinghe vengano comprese nella definizione di questo progetto a cui si sta dedicando l’INAIL e che dovrebbe formare anche oggetto di accordo con il Ministero della salute? Poiché attualmente il Ministero della salute è onnicomprensivo, concordo con la collega Colli nel dire che dovrebbe essere questo il taglio da dare all’azione di prevenzione degli infortuni in cui si può incorrere all’interno delle mura domestiche.
La seconda domanda riguarda i dati che avete fornito. C’è una certa reticenza nel riconoscere gli incidenti domestici e se ne comprende anche la ragione: in un Paese come il nostro, che ha un tasso di lavoro nero, di lavoro sommerso enorme, gran parte del quale si svolge all’interno delle case, con una polizza assicurativa di soli 12 euro l’anno il datore di lavoro viene sollevato dalla contribuzione ordinaria. Questo lo comprendo. Vorrei però sapere se dall’analisi dei tipi di infortunio che vengono evidenziati siete in grado di elaborare una casistica delle attività che si possono ricondurre al lavoro casalingo in senso stretto e degli infortuni che invece avvengono nell’ambito del lavoro sommerso svolto all’interno delle mura domestiche, che si vogliono far passare impropriamente per incidenti di natura lavorativa. Credo che questo ci servirebbe a far chiarezza su quali infortuni dovrebbero essere riconosciuti dall’assicurazione tra quelli che avvengono nello svolgimento dell’attività di carattere familiare.

LA PECCERELLA
Fornisco innanzitutto un chiarimento. Il lavoro domiciliare è diverso dall’attività di cura dell’ambiente domestico e delle persone del nucleo familiare. Il lavoro domiciliare è tutelato dall’INAIL in base al Testo unico dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 e successive modifiche) ed è governato dal principio di automaticità delle prestazioni. Quindi, il fatto che il datore di lavoro del lavoratore a domicilio abbia o non abbia versato premi non incide sul diritto alla tutela.
L’assicurazione delle casalinghe, invece, ha un oggetto ben specifico, che è l’attività necessaria per la cura dell’ambiente domestico e per la cura delle persone. In questo caso non esiste un datore di lavoro. Le competenze riconosciute, o meglio riconfermate all’INAIL dal decreto legislativo n. 81 del 2008 non possono essere ampliate in base agli articoli dello stesso decreto legislativo n. 81, che si riferiscono specificamente ad attività lavorativa alle dipendenze di imprese e così via. Pertanto, senza un supporto normativo, l’Istituto non potrebbe fare attività di prevenzione degli infortuni in ambito domestico.
Per quanto riguarda invece le prestazioni sanitarie, l’Istituto ha alcuni compiti ben precisi di tutela dei lavoratori infortunati e degli invalidi del lavoro. In sostanza deve prestare le prime cure e le cure riabilitative per il reinserimento socio-lavorativo. Comunque questa è solo una piccola parte della competenza generale del servizio sanitario ed essendo una competenza in deroga al principio generale, l’INAIL non può estenderla oltre i limiti, oggettivi e soggettivi, chiaramente definiti dalla legge.

PRESIDENTE
Molto chiaramente definiti.

LA PECCERELLA
Infine, per quanto riguarda la platea dei soggetti, il dottor Sorrentini citava il limite dei 18-65 anni. Bisogna considerare anche il limite richiamato nell’intervento precedente e dunque se il soggetto svolge un’altra attività che dà diritto ad una qualunque forma di assicurazione sociale obbligatoria non gli si può applicare anche il regime delle casalinghe. La legge restringe la platea dei soggetti interessati fino a rendere non sorprendente che il numero degli iscritti sia di poco superiore ai due milioni. Il dato di confronto non devono essere i cinque o sei milioni di casalinghe esistenti ma una certa fetta di elusione, meno estesa di quel che può sembrare se si considerano i requisiti soggettivi necessari per l’iscrizione al fondo casalinghe.

PRESIDENTE
Il discorso circa l’obbligatorietà è chiaro, non mi sembra che presenti punti incomprensibili. Notiamo, però, che viene scartato l’87 per cento delle domande. Sulla base di questo dato ci domandiamo se siano state trovate molte situazioni anomale durante l’istruttoria oppure se i richiedenti non raggiungevano la quota percentuale necessaria.
Onestamente, voi non siete investigatori e le persone infortunate, se corrispondono a determinati parametri, devono poter percepire il risarcimento per il danno. Questo darebbe molta più fiducia agli altri due milioni e mezzo di casalinghe che non hanno mai fatto questa iscrizione (che, tra l’altro, ho trovato lodevolmente semplice, quindi il problema non è l’apparato burocratico che la gente si rifiuta di affrontare).

SORRENTINI
Volevo aggiungere ulteriori elementi di riflessione: circa il 65 per cento delle domande di risarcimento per infortuni domestici presentate all’INAIL riguarda lesioni con un grado di invalidità largamente inferiore al minimo indennizzabile. Peraltro per tali domande in alcuni casi viene presentata una documentazione a supporto in cui non è indicato il grado di invalidità e chiaramente anche questo crea un problema nella fase di definizione dei casi.
Per quanto riguarda l’analisi del fenomeno infortunistico, come sappiamo, questa assicurazione è inserita in una norma che si occupa della tutela della salute nelle abitazioni. In tale ambito l’attività di prevenzione è di competenza del Servizio sanitario. Naturalmente ciò non significa che l’Istituto, essendo ente gestore dell’assicurazione, si sia chiamato fuori da questa importante funzione. Infatti, al di là delle azioni finalizzate a diffondere la conoscenza sull’esistenza di un’assicurazione sociale obbligatoria, l’Istituto, unitamente all’ISPESL e ad altri soggetti, realizza anche prodotti informativi/formativi sui rischi e sulle principali cause e circostanze degli infortuni in ambito domestico.
Naturalmente, come sappiamo, le cause prevalenti di questi infortuni sono le cadute dalle scale, le ustioni e i tagli; la lesione prevalente è la frattura degli arti superiori e inferiori. Dall’analisi che abbiamo svolto emerge però un’esigenza di miglioramento di questa forma sociale di tutela e dunque probabilmente, pur essendo entrati per primi in Europa con assicurazioni di questo tipo, il nostro compito non è concluso. D’altra parte lo stesso fatto che si sia ritornati sul tema con il decreto ministeriale 31 gennaio 2006 e nel 2007 con la legge finanziaria, la legge n. 296 del 2006, prima per estendere l’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico ai casi di infortunio mortale e poi per riparametrare il grado di invalidità, è significativo.
Non dimentichiamo, inoltre, che questa assicurazione, ad oggi, non tutela il danno alla salute come fa l’assicurazione infortunistica INAIL per la generalità dei lavoratori che tutela, innanzitutto, la lesione all’integrità psicofisica e, per le menomazioni più gravi, anche il danno patrimoniale.
L’assicurazione degli infortuni in ambito domestico, in realtà, è ancora legata all’assetto originario del Testo unico precedente alla riforma del decreto legislativo n. 38 del 2000 che ha introdotto l’indennizzo del danno biologico. Questa non è un’osservazione di poco conto perché è vero che la nostra Costituzione tutela il lavoro in tutte le sue forme, ma tutela anche il diritto alla salute come tale. Si tratta, secondo me, di un punto fondamentale sul quale riflettere.
Oggi, questa assicurazione indennizza il danno derivante da una ridotta attitudine al lavoro di una persona che si infortuna svolgendo un’attività in ambito domestico. Il danno è quantificato in un indennizzo patrimoniale e non considera la lesione dell’integrità psicofisica in sé. Questo mi sembra un aspetto non di poco conto.

DONAGGIO (PD)
Signora Presidente, in un ambiente di lavoro, se una macchina non è a norma si può intervenire imponendo al datore di lavoro di metterla a norma perché nessuno si faccia male. Se una casalinga si trova costretta ad usare una vecchia cucina a gas che il marito non si decide a cambiare e si fa male perché la cucina ha un ritorno di fiamma oppure perché non funziona il blocco del gas, il problema è che si è fatta male in casa o che l’apparecchiatura alla quale lei era esposta non era a norma e quindi, oggettivamente, poteva causare un simile infortunio? Il ragionamento che stiamo facendo sulla difficoltà di definire gli ambiti dell’assicurazione credo sia questo.

PRESIDENTE
Consideri che sono dieci anni che non si possono costruire macchine del gas che non si spengono alla prima goccia d’acqua versata.

DONAGGIO (PD)
Peccato che esplodono tutti i giorni!

PRESIDENTE
Io parlo di cose normali: se si stanno scolando gli spaghetti sul lavandino ci si può ustionare con l’acqua bollente.

DONAGGIO (PD)
Non vi è dubbio su questo. Il problema di natura tecnico-giuridica che bisognerebbe risolvere per poter accedere ad altri tipi di assicurazione riguarda il concetto di luogo di lavoro. Credo che questo sia un limite della norma attuale. Il luogo di lavoro, per essere riconosciuto idoneo, deve avere delle caratteristiche. Ricordiamoci che il calore non si trova soltanto in casa ma anche in tante altre attività.
La differenza fra l’esposizione al calore fuori e dentro le mura domestiche è data dal concetto di luogo di lavoro: credo che su tale aspetto bisognerebbe lavorare anche a livello normativo, perché chi applica la norma ci dice che l’ambiente domestico non è facilmente riconducibile al concetto di luogo di lavoro, mentre a mio avviso bisognerebbe lavorare in quella direzione.

LA PECCERELLA
Signora Presidente, vorrei aggiungere soltanto una precisazione: il problema non è l’equiparazione o l’equiparabilità dell’ambiente domestico al luogo di lavoro. Ai fini della tutela assicurativa per l’Istituto l’evento è tutelabile quando abbia prodotto un danno alla persona e si sia verificato nell’esercizio dell’attività di cura dell’ambiente domestico.
L’Istituto, quale gestore del Fondo, ha inteso interpretare l’ambiente domestico non nel senso restrittivo delle mura e degli arredi, ma come insieme di tutte quelle attività finalizzate a garantire un ordinato e sereno svolgimento della vita familiare nell’ambito domestico.
Il problema relativo a chi controlla questi luoghi di lavoro e la loro idoneità e sicurezza è diverso e ovviamente non riguarda le competenze dell’INAIL, ma forse dell’ISPESL o della sanità.

DONAGGIO (PD)
Stavo ragionando esattamente di questo, del polo sicurezza, di come lo si debba intendere, perché visto che vi state accingendo a realizzarlo bisognerà su questo punto rimuovere tali ostilità; ma questo è un altro discorso.

OLEARI
Signora Presidente, del tema di incidenti domestici si definisce ambiente di vita, non solo la propria abitazione, ma anche aree ad essa assimilate. A seguito della transizione demografica e data l’età media della nostra popolazione, molti anziani vivono in residenze protette, in case di riposo o in alloggi che rappresentano soluzioni abitative del tutto particolari, in collegamento con i servizi sociali.
È un problema di sanità pubblica noto a livello europeo, nonché al Servizio sanitario nazionale da molto tempo prima che venisse varata la legge n. 493 del 1999 che affida all’INAIL la gestione dello specifico tema. Il nostro sistema di sorveglianza nasce dal progetto europeo ELHASS (European Home and Leisure Accident Surveillance System). In Italia con il coordinamento dell’Istituto superiore di sanità si sono mossi in rete una serie di pronti soccorsi in numerose regioni italiane per la rilevazione degli accessi per incidenti domestici. Il progetto ELHASS dimostra l’importanza di tale tematica a livello europeo.
I dati italiani del sistema di sorveglianza rilevano che ogni anno abbiamo più di 5.000 morti e circa 3,2 milioni di eventi segnalati, dei quali 130.000 sono ricoverati attraverso un accesso al pronto soccorso di 1,7 milioni. È chiaro che nella definizione dei casi è stato importante avere una rete basata sui pronti soccorsi: se qualcuno riporta una lesione minima non si reca al pronto soccorso; quell’1,7 milioni di persone che vi si recano in genere lo fanno per danni che non solo esse ritengono rappresentare un problema importante di salute, ma che realmente lo rappresentano.
Gli incidenti domestici hanno un grande impatto sulla salute e un notevole peso in materia di salute pubblica. Per far fronte a queste tematiche bisogna chiedersi cosa occorra fare. In sanità pubblica, è necessario avere sistemi di sorveglianza che consentano di monitorare i fenomeni, la loro incidenza, le loro caratteristiche e l’impatto sulla popolazione. Riguardo gli incidenti domestici, non tutte le età e i sessi sono coinvolti nello stesso modo.
In Italia, il sistema di sorveglianza sugli incidenti domestici è il SINIACA (Sistema informativo nazionale in ambienti di civile abitazione) che nasce dal progetto europeo ELHASS.
Accanto a questo sistema informativo coesistono numerose «survey» e progetti pilota, finanziati dal Ministero della salute, tramite il CCM (Centro controllo delle malattie) che coinvolgono Regioni e ISPESL.
La rete di rilevazione nazionale è costituita da 25 pronti soccorsi distribuiti in alcune Regioni. La rete europea (formalizzata come Injury database) rileva gli stessi fenomeni dal punto di vista sovranazionale, rilevando dati più analitici che non sono strettamente attinenti alla nostra tematica.
In secondo luogo, oltre ad un sistema di sorveglianza sono necessari interventi che agiscano sull’individuo in termini di formazione, educazione, informazione e di comunicazione. Ad esempio, la percezione del rischio, sia nei bambini sia negli adulti, oltre che negli anziani, è estremamente attutita per quanto riguarda l’ambiente domestico; non ci si aspetta né si percepisce che esso può rappresentare di per sé un ambiente rischioso, anzi è esattamente il contrario: la formazione, quindi, è importantissima.
Parallelamente un ruolo cardine lo svolge l’informazione. Il codice del consumo ha attribuito molte responsabilità ai produttori. È noto che per quanto riguarda alcuni settori specifici (i giocattoli), esistono apposite normative di tutela, così come per i prodotti industriali, nei quali rientrano anche gran parte delle attrezzature che caratterizzano l’ambiente domestico. Sono previste attività di vigilanza che il Codice del consumo attribuisce a comitati presieduti dal Ministero delle attività produttive.
Quindi: 1) controllo a monte sui prodotti, 2) attività a valle svolta dai Dipartimenti di prevenzione, strutture cardine dei presidi del Servizio sanitario nazionale, insieme al distretto e all’ospedale. Il Dipartimento di prevenzione, oltre ad occuparsi obbligatoriamente di tutti i settori, connotabili come vita di comunità (scuole, case di riposo e centri per anziani), ha anche il compito di intervenire, nel rispetto della privacy, con attività preventive in ambiente familiare e domestico. Tale attività di vigilanza è molto delicata. Per comprendere l’entità del fenomeno è importante analizzare la casistica (traggo i dati cui faccio riferimento dal SINIACA; tra l’altro è qui presente il dottor Pitidis dell’Istituto superiore di sanità, che segue appunto il sistema SINIACA). C’è congruenza fra il campione di popolazione che si rivolge al pronto soccorso e la popolazione italiana?
Se ritenessimo che le persone che si presentano ai pronti soccorsi rappresentano un campione che non ha nulla a che vedere con la popolazione italiana, non ci interesserebbero molto il progetto SINIACA e gli altri progetti, perché verrebbe meno la loro significatività rispetto all’intervento di sanità pubblica che vogliamo condurre. Invece questi dati emergono sia dal campione rilevato dal programma europeo Injury database, cioè dai centri facenti capo al sistema europeo (sette ASL e nove ospedali), che forniscono ad Eurostat, per la parte nazionale, quegli elementi informativi che concorrono a stabilire la misura del carico di malattia a livello europeo, sia dai 25 pronti soccorsi che fanno parte del sistema SINIACA. Per esempio, nell’anno 2005, il sistema nazionale ha registrato 45.323 accessi in pronto soccorso per incidente domestico, mentre il sistema europeo ne ha rilevati 20.715.

PRESIDENTE
Avete anche altri obiettivi per individuare e prevenire gli incidenti domestici? Avete pensato in che modo poterli intuire e quantificare?

OLEARI
I dati forniti dal SINIACA – che sono estremamente rappresentativi – hanno consentito, con il Piano nazionale della prevenzione 2005-2007, poi prorogato al 2008, di calibrare anche gli obiettivi del sistema sanitario nazionale. Inoltre, sulla base di tali obiettivi, diverse Regioni, nella programmazione sanitaria regionale, hanno inserito piani di prevenzione in materia di incidenti domestici. Questi piani prevedono sia la formazione degli operatori dei dipartimenti di prevenzione, sia campagne di informazione e di comunicazione rivolte alle categorie a maggiore rischio di incidente domestico. Si è promosso un approccio integrato per la prevenzione degli incidenti domestici coinvolgendo tutte le amministrazioni competenti in materia.
Circa la distribuzione degli incidenti domestici per età: il 18 per cento dei pazienti ha un’età inferiore ai quindici anni, il 54 per cento ha un’età compresa fra i quindici e i sessantaquattro anni e il 28 per cento ha più di sessantacinque anni. Le fasce di età a maggiore rischio di incidente domestico sono quelle dei bambini in età prescolare e degli anziani.
Se dal campione emergono questi dati, possiamo concentrare gli interventi sui soggetti più a rischio, evitando così di prevedere misure generiche. Le dinamiche di incidente più frequenti sono la caduta (40 per cento), le ferite da taglio e le punture (15 per cento), gli urti e gli schiacciamenti (13 per cento), le ustioni, i soffocamenti, gli avvelenamenti. In alcuni di questi casi è quasi sempre necessario il ricovero ospedaliero.
Il piano nazionale della prevenzione, citato in precedenza, ha indicato le linee di intervento operative per la programmazione regionale in materia.
Su questa base siamo oggi in grado di riferire i risultati del primo monitoraggio effettuato sugli interventi previsti dai piani regionali emanati a seguito dell’indicazione di queste linee operative. Molte Regioni, per esempio, hanno avviato programmi formativi nella scuola dell’obbligo (è utile considerare il target dei bambini per aumentare la percezione del rischio in ambiente domestico; occorre fare attenzione a tale aspetto, perché se non si vede il problema non si riesce neanche ad evitarlo) e programmi informativi rivolti ai genitori, addirittura durante il corso preparto, in occasione degli appuntamenti vaccinali nella prima infanzia e dei bilanci salute affrontati dal pediatra. Per intercettare queste persone, infatti, bisogna approfittare di alcuni momenti chiave del percorso che essi fanno, sani o malati, all’interno del servizio sanitario. Per quanto riguarda il primo target, rappresentato dai bambini, è chiaro che gli appuntamenti delle vaccinazioni, dei bilanci salute dal pediatra e del corso preparto sono momenti critici, sono colli di bottiglia che consentono di trovare un momento di incontro. Se invece si interviene in modo generico, non si riesce ad arrivare al target.
L’altra grande fascia di età a rischio di incidente è quella degli anziani, che spesso sono difficilmente raggiungibili. A titolo esemplificativo ricordiamo che in occasione delle emergenze legate alle ondate di calore si rese necessario individuare dove erano collocati fisicamente questi anziani, perché la mortalità maggiore si verificava nelle grandi città, non nei piccoli centri, tra gli anziani isolati al quinto piano senza ascensore, i vedovi e le persone che si trovavano in stato di necessità.

PRESIDENTE
Spesso si tratta di persone sole, oltre che anziane.

OLEARI
Esatto. In quel periodo fu fatto un enorme lavoro, per cui oggi abbiamo armi molto importanti per combattere le ondate di calore, in quanto sappiamo dove sono i soggetti più fragili, dove dobbiamo andare a proteggerli, in quali luoghi e occasioni possiamo dare un messaggio mirato.
È fondamentale, dunque, sapere dove si trovano gli anziani. L’approccio per prevenire gli incidenti domestici dovrebbe essere analogo a quello messo in campo per le ondate di calore.
Uno degli aspetti più importanti per prevenire gli incidenti domestici nella popolazione anziana è promuovere l’attività fisica. Si è insistito moltissimo sull’attività fisica come modifica positiva dello stile di vita; tutti sappiamo che il mondo punta a stili di vita salutari. È stato promosso anche un progetto per gli anziani «Diamo anni alla vita e vita agli anni», nell’ambito del quale c’è un’iniziativa legata appunto all’attività fisica. Questo può essere uno dei modi per intercettare gli anziani che non sono istituzionalizzati o che non passano una parte della loro giornata in comunità. Nella valutazione del rischio per gli anziani, tra l’altro, si deve tenere conto anche dei problemi relativi ai deficit di orientamento spazio-temporale e cognitivi. Abbiamo, infatti, a che fare con soggetti a cui a volte è difficile dare un messaggio, che spesso non sono autosufficienti.
Non mi soffermo sul tema delle disautonomie perché ci porterebbe lontano e comunque riguarda anche il servizio sanitario nazionale. Desidero però sottolineare l’importanza dell’approccio sociosanitario integrato, delineato in numerose leggi (dalla legge n. 419 del 1998 al decreto legislativo n. 229 del 1999) e in tutti i piani predisposti, che stabilisce che accanto a prestazioni sanitarie di rilevanza sociale esistono prestazioni sociali di rilevanza sanitaria. In alcuni settori in particolare (basti pensare ai malati terminali o ai tossicodipendenti, a chi sta seguendo il percorso madre-bambino e agli anziani) è necessario garantire un approccio che consenta l’utilizzo di risorse non solo sanitarie ma anche di tipo sociale. A solo titolo di esempio ricordiamo il ruolo degli educatori con la figura del custode sociale, progetto sperimentale nato nell’area lombarda.

PRESIDENTE
Si è iniziato a Milano, ma adesso il progetto si è molto ampliato.

OLEARI
Non solo il servizio sanitario nazionale, per quanto concerne le prestazioni prettamente sanitarie, concorre al raggiungimento del risultato voluto; anche il contesto sociale può giocare un ruolo importante, magari attraverso un’organizzazione ed un inserimento reali del volontariato all’interno dell’attività dei servizi, come suol dire il professor Fazio.
Sono stati organizzati molti corsi per i formatori. A supporto di queste attività, c’è il progetto del Centro controllo malattie (CCM), un’articolazione organizzativa della Direzione generale della prevenzione sanitaria (che presiedo dal punto di vista operativo), ma da essa distinta, e che è stata istituita illo tempore per far fronte ai rischi emergenti. Tutte le Regioni sono state coinvolte in un piano formativo per la prevenzione degli incidenti domestici e sono state invitate, nell’ambito del progetto SINIACA, ad individuare almeno un ospedale, in una delle loro Province, da inserire nella rete attraverso la quale viene elaborato il rapporto che è stato pubblicato definitivamente dal dottor Pitidis. Cito a tal proposito anche l’ISPESL, che tramite l’attività del proprio Osservatorio supporta l’attività di sorveglianza e prevenzione. Questo è l’altro braccio attraverso cui opera il Ministero, che appunto agisce attraverso i suoi Istituti, oltre che attraverso le Regioni. Quindi l’ISS e l’ISPESL, attraverso il SINIACA e l’Osservatorio, agiscono su due versanti concorrenti e sinergici per ottenere risultati attraverso un’azione più concreta delle Regioni.
Comunque io credo che l’azione diretta non competa agli Istituti in quanto tali. In un sistema fortemente devoluto, come quello formatosi dopo l’approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione, la competenza chiave in materia sanitaria è stata affidata alle Regioni mentre il nostro compito è fornire gli indirizzi generali. Inoltre è compito del CCM supportare l’attività regionale, la pianificazione e monitorare le attività messe in campo.
Pur non entrando nello specifico, aggiungo che ci sono altri tre progetti che coinvolgono la Regione Piemonte e la Regione Friuli-Venezia Giulia finalizzati all’aggiornamento del personale e all’assistenza per l’avvio dei piani regionali di prevenzione. In generale si cerca di affrontare i problemi dell’ambiente esterno: ad esempio, è chiaro che se ad un crocevia avvengono molti incidenti stradali o incidenti ai pedoni, non si può certo costruire un centro ortopedico-traumatologico sul posto; oppure, a proposito delle cadute, in reparto o al proprio domicilio, che rappresentano, stanti anche alcune condizioni favorenti come l’osteoporosi, una delle principali cause di morbosità e di mortalità per l’anziano (soprattutto per il grande anziano), è chiaro che si devono attrezzare opportunamente l’ambiente, i percorsi stradali, i marciapiedi, gli attraversamenti, in modo tale da ridurre gli incidenti di questo tipo. Non è certo aumentando il numero di ospedali, ambulatori e specialisti che si riesce ad ottenere una diminuzione degli incidenti ma solo attraverso una programmazione multisettoriale.
A questo proposito, mi preme ricordare che sono stati avviati il programma «Guadagnare salute» e il programma CCM 2008 che prevede un grande progetto anziani che si sposa con il cosiddetto «codice argento» per creare percorsi preferenziali per gli anziani che giungono al pronto soccorso in seguito ad un incidente domestico. Ciò potrebbe consentirci una maggiore capacità di sorveglianza e quindi d’intervento perché i servizi locali agiscono – e lo fanno molto bene – se si riesce ad individuare il problema o il cluster di problemi.

PITIDIS
Signora Presidente, sono ricercatore presso l’Istituto superiore di sanità. In questi ultimi anni ho seguito lo sviluppo del sistema informativo nazionale sugli incidenti domestici. Vorrei ribadire, come giustamente diceva il direttore generale Oleari, che dobbiamo prima individuare qual è il carico di malattia di questa patologia che riguarda milioni di persone e quali sono i gruppi di popolazione a rischio, per evidenti finalità di prevenzione ma anche per esigenze organizzative e assicurative.
Aggiungo che noi avremmo gli strumenti per stimare il numero di persone che rimangono invalide. In collaborazione con l’ISTAT, dopo diversi anni (perché non è stato facile arrivare ad un numero attendibile), siamo riusciti a stimare la mortalità per incidente domestico in Italia: 5.500 persone all’anno, l’80 per cento delle quali rappresentato da donne ultrasettantenni. Se consideriamo la fascia di donne in età lavorativa, tra i diciannove e i sessantanove anni, non più di 450 persone all’anno muoiono per incidente domestico, un numero comunque elevato. Partendo dall’esperienza sulle casistiche di incidente, si stima che per ogni caso di morte, secondaria a trauma, ci siano almeno due invalidi gravi, cioè con invalidità riconosciuta superiore al 10 per cento. Dunque il numero di donne rese invalide in età lavorativa che ci dobbiamo attendere ogni anno è di circa 900. Questi sono i dati su cui dobbiamo ragionare per programmare il nostro intervento anche nello specifico caso assicurativo.
Come giustamente diceva il dottor Oleari, i gruppi di popolazione maggiormente a rischio sono i bambini in età pre-scolare e gli anziani, perché non solo questi sono tra i casi più frequentemente osservabili in pronto soccorso ma soprattutto sono, mediamente, sono quelli più gravi.
Per fortuna gran parte degli incidenti domestici, l’80 per cento circa, si inquadra in una casistica non grave: gli infortunati vanno al pronto soccorso e poi vengono rimandati a casa senza ulteriori conseguenze. Considerato però che le persone che ogni anno vengono curate al pronto soccorso sono 1 milione e 700.000, il 20 per cento residuo rappresenta un numero comunque elevato.
Come dicevo, il rischio è maggiore per bambini e anziani. Per esemplificare, se consideriamo le persone che arrivano al pronto soccorso in immediato pericolo di vita (i codici rossi da triage) vediamo che il 22 per cento di queste sono bambini sotto i quindici anni, mentre i bambini in tale fascia di età non rappresentano più del 10 per cento della popolazione residente. Per l’anziano, invece, la caduta con frattura dell’arto inferiore, evento frequente e grave, è un dramma che cambia totalmente la vita e crea un carico sui servizi sanitari difficilmente sopportabile. A titolo di esempio, considerate che il 70 per cento dei costi di ricovero ospedaliero per incidente domestico – cioè il 60 per cento dei costi sanitari totali – è legato agli anziani ultrasettantenni. Per quanto riguarda i bambini esiste anche il rischio di soffocamento, ustione e avvelenamento.
Per la casalinga, per la donna in età lavorativa, secondo noi esiste, invece, un rischio specifico. Dal campione che osserviamo in pronto soccorso emerge che oltre l’80 per cento dei soffocamenti e dei pericoli per la respirazione riguarda le donne; i casi di folgorazione, per oltre il 70 per cento, riguardano donne così come, per oltre il 60 per cento, i casi di ustione. Nei centri antiveleni, che vorremmo inserire nella rete di sorveglianza, si osserva che il rischio da esposizione a sostanze tossiche si riscontra nel 90 per cento dei casi in ambito domestico e riguarda prevalentemente donne e bambini. Quindi esiste una condizione di rischio assimilabile al rischio professionale presente in un’industria o in una fabbrica.
Inoltre, non si tratta solo di un problema di esposizione a breve termine e questo, considerata anche la presenza di sostanze caustiche, vi assicuro che rappresenta un problema serio. Per capire il livello di gravità degli eventi a rischio cui le casalinghe sono tra le più esposte si consideri che, ad esempio, ben il 22 per cento degli ustionati che arrivano in pronto soccorso viene poi ricoverato. Se ci si taglia con un coltello, probabilmente un coltello da cucina, frequentemente l’intervistato nel campione nazionale ISTAT di indagine sulle famiglie dichiarerà questa modalità di incidente ma, a nostro giudizio, non è questo il principale problema di interesse sanitario in ambito domestico perché per un taglio ad un dito si viene rimandati a casa al massimo con qualche punto di sutura, tant’è vero che non più del 2 per cento di coloro che hanno una ferita da taglio viene ricoverato. I casi di avvelenamento e ustione (o corrosione) sono rari a vedersi in pronto soccorso, meno di uno su venti arrivi, ma sono molto lesivi ed è più frequente che finiscano con un ricovero. Per quanto riguarda i bambini in età pre-scolare, peraltro, dopo la caduta, il soffocamento, l’ustione e l’avvelenamento sono le prime cause di mortalità.
Tornando alla casalinga, l’esposizione a sostanze tossiche, così come l’utilizzo di apparecchi domestici, è un problema serio che la espone ad un rischio a breve termine, legato soprattutto all’uso di sostanze caustiche, ma anche ad un rischio a lungo termine che meriterebbe di essere studiato perché in casa si usano prodotti che possono generare condizioni di rischio.

MOCCALDI
Signora Presidente, la ringrazio per averci convocati oggi. Avendo l’opportunità di parlare dopo i colleghi dell’INAIL, del Ministero e dell’Istituto superiore di sanità, vi faccio grazia di tutti i dati già ampiamente illustrati e che comunque sono contenuti nei documenti che lasceremo agli atti. Mi preme sottolineare, come primo punto, che tutti i dati che riusciamo a tirare fuori non sono, a nostro giudizio, attendibili, nel senso che finora non è stata fatta una declaratoria di cosa s’intende per infortunio domestico: l’ISTAT dichiara 2.000 morti l’anno per infortunio domestico, l’ISPESL ne calcola 7.500 e l’Istituto superiore di sanità parla di un numero intermedio, ovviamente in base alle indagini che ha portato avanti, come precedentemente ricordava il collega. E ` inutile quindi soffermarsi su questo tipo di dati. C’è poi un’altra difficoltà, com’è stato detto, ossia quella di individuare esattamente cosa si deve dichiarare e cos’è riconducibile all’infortunio nei luoghi di lavoro. Questo vale soprattutto per gli infortuni mortali. Infatti, nel caso di un anziano che si rompe il femore e magari dopo un anno muore, sul referto il medico di famiglia dichiara che la causa della morte è un arresto cardiocircolatorio, quindi difficilmente l’evento si può ricondurre alla fattispecie dell’infortunio domestico.
La vera questione, al di là dei numeri e della disaggregazione, è un’altra. È ovvio che al primo posto, con il 65 per cento di infortuni, vi sono le donne, poi vengono anziani e bambini, mentre tra le cause figura spesso la caduta dalle scale. Quale problema si è posto dunque l’ISPESL in relazione alla recente attribuzione (la definisco così, anche se risale a dieci anni fa)? Si è proposto di individuare percorsi di studio, linee guida, informazione e formazione nei vari ambienti, andando altresì a vedere quali sono le cause di questi infortuni. Qui la questione è già più delicata, perché le principali cause di infortunio sono la distrazione della persona che si infortuna, l’inappropriatezza del comportamento, cioè l’assunzione di un comportamento non corretto e non consono, e, infine, un improvviso malessere che colpisce l’infortunato mettendolo in condizione di andare incontro ad un infortunio anche contro la sua volontà. Questi sono i tre fattori più importanti, ma poi ci sono tante altre cause.
Dobbiamo quindi ragionare su questo aspetto per vedere cosa si può fare per migliorare il sistema. Alla fine del mio intervento dirò qual è il mio pensiero al riguardo; ricordo solo per conoscenza che l’ISPESL ha attivato l’Osservatorio epidemiologico nazionale sulle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di vita, più volte citato, con molteplici scopi: monitorare tutti gli ambienti e individuare non solo le cause degli infortuni, ma – come diceva il collega Pitidis – anche l’esposizione dell’individuo che sta in casa (la casalinga, il bambino o l’anziano) ad alcuni determinanti, che possono essere di natura chimica (il monossido di carbonio, il fumo di tabacco, la formaldeide emanata dai mobili, l’amianto, dove purtroppo non è stato ancora rimosso, i detergenti, i cosmetici e ,gli stessi farmaci). Ebbene, l’ambiente domestico così descritto è una sorta di camera a gas; se poi aggiungiamo anche i risultati dello studio condotto dalla dottoressa Bianchi sulle piante ornamentali non possiamo parlare più di «casa dolce casa», ma di una vera e propria una giungla. E ` chiaro che tutto ha una scala di valori, ma bisogna considerare che ci sono determinanti di tipo biologico (come gli acari e le muffe) e di tipo fisico (i microclimi e il rumore, per non parlare dei campi elettromagnetici, ma ci addentreremmo in una giungla ancor più pericolosa).
Per ovviare a tutto questo, cosa ha cercato di fare l’ISPESL? In assoluto collegamento con il Ministero della salute sono stati elaborati i progetti finalizzati di cui abbiamo già detto ed altri progetti di ricerca, volti a conoscere il fenomeno e sempre inseriti nell’ambito dell’Osservatorio.
Quest’ultimo non solo ha portato avanti il monitoraggio, ma ha anche cercato di essere di ausilio e supporto alle conoscenze del sistema. Oggi possiamo dunque mettere a disposizione 22 pubblicazioni, che riguardano altrettanti tipi di rischio (dal gas, alle scale, all’esposizione agli agenti biologici, chimici o fisici).
Poco fa è stato citato l’esempio della casalinga cui il marito non compra la macchina del gas nuova, ma direi che molto più semplicemente basterebbe cambiare ogni tre o quattro anni il tubo di adduzione, che è la prima causa di incidente legato all’impiego del gas.

PRESIDENTE
Sono proprio questi gli aspetti da esternalizzare maggiormente, magari attraverso le trasmissioni televisive, anche locali, grazie alle quali la gente, e soprattutto i più anziani, può essere informata.

MOCCALDI
Signora Presidente, sto arrivando alle proposte, perché finora abbiamo raccolto nel cahier de doléance tutto quello che non va o non riusciamo a fare o è pericoloso. A mio giudizio, il problema più grande è come arrivare ad un’informazione capillare. Intanto, condivido il pensiero dei colleghi dell’INAIL relativamente al fatto che è troppo alta la percentuale dell’invalidità cui si può accedere per vedersi riconosciuto un infortunio. Si potrebbe anche pensare di abbassarla, legandola però a obblighi d’informazione per chi si infortuna: magari senza pensare all’esame o al patentino per la casalinga che deve dimostrare di sapere quali rischi presenta l’uso del gas o del detersivo se non utilizza i guanti (come la dermatite da contatto o, peggio, per osmosi attraverso la pelle, con la conseguente introduzione di sostanze tossiche nel sangue), si potrebbe quantomeno legare il riconoscimento dell’infortunio ad un’informazione più importante e seria.
Per la verità ho anche pensato di inserire in alcune riviste, soprattutto femminili, copia di alcune pubblicazioni che abbiamo fatto sia come Istituto, sia insieme all’INAIL e all’Istituto superiore di sanità. I costi però sono spaventosi, per cui non sono mai riuscito ad inserire neppure nel «Corriere dei Piccoli» queste 22 pubblicazioni, che ritengo invece molto utili e che la dottoressa Bianchi, coordinatrice dell’Osservatorio per gli infortuni nell’ambiente di vita, vi ha diligentemente portato. Il problema quindi è come ideare delle campagne che riescano a raggiungere veramente le casalinghe.
Con la Federcasalinghe e il MOICA (Movimento italiano casalinghe), che tra l’altro fanno parte del nostro Osservatorio, abbiamo organizzato diversi convegni e interventi. L’ultima iniziativa della Federcasalinghe e dell’INAIL è stata quella del «mamma day», che si è tenuto il 10 maggio.

PRESIDENTE
Ma è per addetti ai lavori.

MOCCALDI
Sì, infatti queste iniziative non hanno varcato la soglia degli addetti ai lavori. Il vero problema è appunto come varcare questa soglia.
L’INAIL, che per sua fortuna è più ricco dell’ISPESL (purtroppo i ricercatori sono sempre poveri per definizione!), potrebbe fornire un aiuto economico per consentire la realizzazione di queste campagne. Ovviamente, siamo disposti ad aiutare, a dare tutto il supporto possibile.
Cito altre due iniziative che abbiamo fatto con i nostri modesti fondi: durante il programma «Uno Mattina», sono state trasmesse 30 puntate di una mini fiction intitolata «La famiglia Sbadatelli», in cui si mostrava tutto ciò che in casa non deve essere fatto; le puntate erano seguite da brevi commenti di esperti che spiegavano come invece ci si dovrebbe comportare. Forse avremo raggiunto un milione di persone in questo modo, ma gli italiani sono 60 milioni.

PRESIDENTE
Con 30 puntate su «Uno Mattina», in realtà, avete raggiunto un numero assai più elevato di persone.

MOCCALDI
Speriamo. Prima ancora avevamo fatto un’altra trasmissione, intitolata «Mister Help», con un pupazzetto come protagonista.
Secondo me, dobbiamo arrivare a creare un team forte, che riesca a superare la barriera degli addetti ai lavori per entrare in un contesto più importante e più vasto. Chiaramente, l’associazionismo deve dare un grosso apporto, come già sta facendo attraverso il MOICA e la Federcasalinghe.
Ritengo che la casa come luogo di lavoro debba essere vista in maniera non «burocratica», altrimenti diventa impossibile operare. Il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede che quando in un luogo di lavoro entrano altre aziende, anche se si tratta di lavoratori autonomi o aziende familiari, seppure con un solo addetto, il datore di lavoro debba fare il cosiddetto DUVRI, il documento unico di valutazione dei rischi da interferenze.
Se per assurdo i lavori devono essere fatti nella casa del datore di lavoro, questi dovrà redigere il documento con riferimento alla sua casa e per chi si occupa dei lavori. In questo modo, si entra in un ginepraio, per capire come deve essere definita la casa. Bisogna invece andare al cuore del problema. Se è vero che le cause degli infortuni sono comportamentali, se gli incidenti avvengono per scarsa conoscenza dei rischi o per distrazione, questi problemi sono tutti superabili con l’informazione.
Un luogo dove sicuramente l’informazione va incrementata è la scuola. Numerose volte l’INAIL, l’ISPESL e l’Istituto superiore di sanità si sono recati nelle scuole, nell’ambito di progetti singoli, locali, dipartimentali, tuttavia ritengo che la scuola in quanto tale debba obbligatoriamente inserire nei programmi delle elementari, delle medie e delle superiori l’informazione relativa agli infortuni che si possono subire nel mondo del lavoro. Solo così riusciremo a creare la cultura della sicurezza. Ripeto, la sicurezza è un fatto culturale, che si riflette su tutti gli ambiti in cui viviamo, dalla casa alla strada, alla piscina, allo stadio, al luogo di lavoro.

PRESIDENTE
Il presidente Tofani ha già contattato il Ministero dell’istruzione, che ci farà avere una risposta; però l’istanza è già stata inoltrata.
Si può fare un lavoro anche nei vari centri anziani che sono sparsi per tutta l’Italia.

MOCCALDI
Certamente.
Ci sono altri due problemi che l’Osservatorio ha affrontato. Il primo è quello della violenza domestica, che non è secondario rispetto agli infortuni in casa, posto che spesso gli episodi di violenza domestica sono fatti passare come infortuni. È chiaro che in questo caso la questione è molto difficile da affrontare. L’ISPESL a Verona, insieme all’università, alla procura della Repubblica, alla questura e ai Carabinieri di quella città, ha svolto uno studio multicentrico in questo settore e sono emersi dati veramente interessanti, tant’è vero che la prefettura di Trieste vuole ripetere questa esperienza sul proprio territorio.
Un altro problema connesso con l’ambiente domestico è quello della droga: nei contesti degradati l’esposizione a determinati rischi aumenta in maniera notevole le probabilità di infortunio rispetto a quelle che possono esserci in una famiglia normale. Si tratta di un problema complesso, che a mio giudizio va affrontato in questa maniera.

BIANCHI
Vorrei aggiungere solo alcune informazioni. Innanzitutto, l’ISPESL ha studiato uno strumento per stabilire l’indice di rischiosità domestica, da mettere a disposizione della popolazione. E ` stato allegato alle nostre pubblicazioni, sia quella realizzata due anni fa per la sicurezza dei bambini, sia quella più recente, che raccoglie i dati degli infortuni su nove Regioni italiane. Tramite questo indice, il buon padre di famiglia, ma anche gli addetti ai lavori (medici, tecnici della prevenzione) possono rendersi conto dei pericoli dell’abitazione, effettuando le verifiche indicate in ogni stanza e rilevando l’indice di rischiosità.

PRESIDENTE
Dove si può reperire questa pubblicazione?

BIANCHI
Le pubblicazioni citate sono inserite nel nostro portale www.ispesl.it/osservatorio. Si tratta del Quaderno «La salute e la sicurezza del bambino» e del Quaderno tecnico «Infortuni domestici: individuazione dei fattori che intervengono nella dinamica infortunistica e nelle condizioni di salute». Del resto, gli italiani sono diventati tutti «navigatori», Presidente, come una volta lo era Cristoforo Colombo!

PRESIDENTE
Non sono molto convinta di questo.

BIANCHI
Comunque, regolarmente ci rechiamo anche nelle scuole e nei centri anziani per presentare questo strumento. Insieme alla Regione Friuli-Venezia Giulia, abbiamo elaborato uno strumento analogo, una check-list che, come diceva il presidente Moccaldi, permette di fare una valutazione del rischio nelle varie stanze della casa.
Recentemente, in Friuli-Venezia Giulia e in Veneto, abbiamo svolto corsi di aggiornamento per i compilatori delle schede ISTAT di morte.
Ci siamo, infatti, resi conto che le schede di morte ISTAT non sono compilate correttamente specie per quanto riguarda la morte violenta, in cui ricadono le morti da infortunio domestico. Siamo anche andati nei centri anziani del Comune di Roma, per spiegare a questi soggetti i rischi presenti negli ambienti domestici. Abbiamo riscontrato un notevole interesse; ritenevamo che l’attenzione sarebbe calata dopo un’ora, invece dopo tre ore non avevo più voce tanto ero stata subissata da domande.
Come ha già detto il commissario Moccaldi, l’informazione è fondamentale. Bisogna battere molto su questo tasto, a tutti i livelli: i mass media, il nostro Istituto e gli altri organismi e istituzioni deputati devono fare informazione a tappeto sul territorio nazionale. Quale membro dell’Osservatorio epidemiologico nazionale sulle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di vita, ritengo che in tal modo si possa gradualmente ridurre il fenomeno degli infortuni domestici. Penso non sia necessario aggiungere i dati, perché contenuti nei documenti che abbiamo lasciato.

PITIDIS
L’informazione è sicuramente uno strumento potente, soprattutto per la popolazione adulta, ma ci sono due gruppi a rischio – anziani e bambini molti piccoli – che difficilmente riusciremo a raggiungere, anche con l’intervento pervasivo dei mass media, perché non vi si relazionano e perché non sempre si riesce a suscitare l’interesse loro o dei soggetti ad essi preposti. Prendiamo in considerazione il gruppo degli anziani, che è anche quello più numeroso e che rappresenta un problema grande come un macigno: come raggiungiamo l’anziano, che magari ha anche problemi cognitivi? Una proposta di intervento operativo è cominciare dagli anziani che hanno una storia di cadute ripetute, che hanno già avuto per questo accesso al pronto soccorso e sono stati ricoverati in ospedale (non sono pochi, come abbiamo visto).
Dobbiamo studiare come agire. La letteratura scientifica internazionale ha valutato l’efficacia di vari tipi di intervento. Ebbene, l’unico intervento la cui efficacia è stata dimostrata scientificamente, anche quando non attuato insieme ad altri, è quello diretto al mantenimento della capacità di coordinamento e di equilibrio dell’anziano; ce ne sono anche altri, come il riadattamento delle condizioni dell’abitazione e gli strumenti in- formativi, che però funzionano solo nell’ambito di un intervento multisettoriale.
Il secondo gruppo fortemente a rischio è quello dei bambini, che sono pochi ma rappresentano una risorsa preziosa. Nei centri di pronto soccorso, che hanno partecipato al SINIACA, è stata raccolta un’ampia una casistica con la descrizione dell’evento, quindi sappiamo che cosa è successo e questo ci consente di capire quali condizioni lo hanno materialmente determinato. Abbiamo visionato decine di migliaia di casi, quindi possiamo fare una valutazione completa. La causa principale è la disattenzione dei genitori, come giustamente ricordavano i colleghi dell’ISPESL.
Tuttavia, per informare i genitori è necessario raggiungerli nel momento in cui sono essi stessi ad essere interessati. Infatti si può anche leggere un volantino alla ASL o seguire distrattamente un programma televisivo, ma in questo modo non si riesce a cogliere il messaggio perché non si riconosce il problema come importante. A nostro giudizio, invece, si deve fare in modo che sia il genitore ad essere interessato e a chiedere informazioni.
È la tipica condizione dei corsi pre-parto, della prima visita pediatrica o del bilancio-salute del bambino, situazioni in cui il genitore, principalmente la madre, è interessato a ricevere informazioni. Giustamente lo si informa sui vaccini e sulle varie misure di profilassi, ma bisognerebbe cominciare a parlargli anche del rischio di trauma, che è la prima causa di mortalità per il bambino in età prescolare. Bisogna richiamare l’attenzione dei genitori su questo aspetto, formare di conseguenza i pediatri e fornire ai medici di base gli strumenti informativi necessari.

GENTILI
Signora Presidente, il mio compito è coordinare l’attività di formazione dell’ISPESL. Nel corso della discussione si è parlato della necessità di informare e formare. In primo luogo, vorrei dire che, come è stato bene messo in evidenza, ogni istituto di prevenzione deve collaborare, in relazione alle proprie competenze e capacità, per individuare i bisogni e intraprendere le iniziative necessarie.
Per quanto riguarda il nostro Istituto abbiamo elaborato diversi prodotti formativi che possiamo mettere a disposizione per adottare nelle scuole attività di formazione adeguate ai livelli di età e alle conoscenze per sviluppare nei bambini e nei giovani, i cittadini di domani, la cultura della prevenzione e della sicurezza. I nostri «prodotti» sono quindi a disposizione per promuovere un’attività di formazione nuova e più diffusa.
Il problema, molto spesso, è la «scuola», presidente Colli, che è poco propensa ad aprirsi a simili iniziative. Infatti la scuola riceve moltissime richieste per l’insegnamento di svariate discipline e questo porta i dirigenti scolastici e lo stesso Ministro competente ad una insufficiente inclusione nei programmi scolastici della materia della prevenzione e della sicurezza sul lavoro. L’Istituto crede che la cultura della prevenzione e della sicurezza sia fondamentale, che nella scuola non può più essere considerata un fatto residuale o limitato agli istituti tecnici perché riguarda tutti. Inoltre abbiamo svolto ricerche insieme ad altre strutture proprio per verificare i bisogni di formazione collegati a rischi specifici degli ambienti domestici.
Nel corso della seduta abbiamo toccato vari aspetti, si è parlato anche della individuazione e gestione dei rischi e quindi della compilazione del DUVRI. Secondo quanto esaminato e definito nell’ambito dell’Osservatorio sugli ambienti di vita, siamo pronti a progettare attività di formazione specifiche sia per le scuole che per i soggetti che lavorano in ambiente domestico. Bisogna fare in modo che la formazione non serva solo ad informare ma anche a modificare effettivamente i comportamenti per renderli più adeguati ai rischi ed alle emergenze.

CHIAVARELLI
Credo che dalla discussione sia emerso in maniera chiara che tutti condividiamo la necessità di fare prevenzione. Come INAIL abbiamo sottolineato in particolare l’aspetto prettamente assicurativo e ribadiamo che, al di là della prevenzione sicuramente fondamentale, è necessario intervenire in maniera più fattiva anche nel momento in cui avviene un incidente che causa un danno alla persona, perché noi rappresentiamo un’assicurazione obbligatoria che non sempre è nelle condizioni di poter rispondere efficacemente alle aspettative. Siamo d’accordo sull’aspetto prevenzionale, però gradirei che la Commissione facesse attenzione anche all’aspetto della tutela assicurativa. L’INAIL e il Comitato amministratore del Fondo stanno lavorando per formulare proposte; tuttavia se queste ultime non si tradurranno in modifiche legislative la situazione resterà la stessa e continueremo ad avere numerosi infortuni gravi che provocheranno invalidità magari del 25 per cento senza poter fare nulla dal punto di vista della tutela.

PRESIDENTE
In questo senso, saremmo interessati ad acquisire, anche in un momento successivo, informazioni e proposte tese a favorire una più efficace azione di contrasto al fenomeno degli infortuni domestici per poterle studiare apportando le modifiche che verranno considerate opportune.
Questo invito, naturalmente, è esteso a tutti voi, considerata la gravità del quadro emerso dalla discussione odierna.
Ringrazio i nostri ospiti per il prezioso contributo offerto ai lavori della Commissione.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna.
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Fonte: Senato della Repubblica