Senato Della Repubblica

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 38, mercoledì 18 novembre 2009



Audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Mariastella Gelmini



Presidenza del presidente TOFANI

Interviene il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Mariastella Gelmini, accompagnato dai dottori Nunziata, capo di gabinetto, Bono, direttore generale, Panzironi, capo dell’ufficio legislativo, Zennaro, direttore generale, Bocchieri, capo della segreteria tecnica, e Gregorini, segretaria particolare.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Comunico altresì che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
L’audizione del Ministro è per noi molto importante per una serie di motivi, primo fra tutti e più significativo, il fatto che ogni volta che affrontiamo i temi degli infortuni sul lavoro in sede di audizione qui al Senato o nel corso di missioni quasi sempre ci troviamo di fronte ad una richiesta puntuale e ripetuta: vi è bisogno di sviluppare la cultura della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, per diffondere la quale la scuola deve comunque svolgere il proprio ruolo.
Abbiamo già avuto modo di dire che il Governo, in modo particolare il ministro Gelmini, ha mostrato attenzione a questo tema. Già nella legge n. 123 del 2007 vi è una norma specifica che dà la possibilità, sia pure nel rispetto dell’autonomia dell’attività scolastica, di promuovere progetti di questi tipo (mi riferisco al punto p) dell’articolo 2). Inoltre, il 28 ottobre scorso, in sede di discussione della conversione in legge del decreto-legge n. 137, è stato approvato un ordine del giorno in cui il Governo recepisce questa istanza.
In estrema sintesi, signora Ministro, siamo qui non solo per ascoltarla, considerato che siamo in sede di audizione, ma per chiederle se esistano i tempi per inserire, nelle scuole di ogni ordine e grado, moduli didattici tesi appunto a fornire delle risposte che, in qualche modo, diano un senso alle richieste che ci vengono da più parti, della fondatezza delle quali noi siamo convinti. Speravamo di poter ottenere dei primi risultati già nell’anno scolastico 2008-2009, con riferimento all’ordine del giorno approvato lo scorso anno. Comprendiamo, tuttavia, le numerose problematiche che la scuola si trova ad affrontare in questo momento, così come la continua necessità di dare risposte, di ammodernare, di cambiare e, quindi, di rapportarsi con la situazione esistente. Da questo punto di vista, è comprensibile la difficoltà nell’organizzare tale incontro, a causa dei suoi enormi carichi di lavoro. Se possibile, però, vorremmo oggi ricevere da lei elementi di conoscenza relativi a questo tema e, soprattutto, conferme sul fatto che si possa iniziare a parlare di questo argomento sin dalle scuole elementari.
La ringraziamo, pertanto, per la sua presenza in questa sede e ci disponiamo ad ascoltarla con piacere.

GELMINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Presidente, voglio innanzitutto ringraziare lei e la Commissione tutta per l’opportunità che mi viene data di relazionare su quanto le scuole si stanno impegnando a realizzare per favorire la promozione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Oramai, infatti, ritengo che vadano riconosciute al mondo della scuola una sensibilità e un’attenzione profonda su questo tema, anche se lo sforzo che dobbiamo compiere è quello di uscire dalle migliori pratiche, dalle sperimentazioni e dalle iniziative delle singole scuole per arrivare a un’organicità e a una programmazione condivisa e omogenea su questa tematica che, voglio ricordarlo, è stata fatta oggetto della legge n. 123 del 2007. Tale provvedimento prevede, all’articolo 4, comma 7, che nel rispetto delle disposizioni e dei principi vigenti, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da un lato, e il Ministero della pubblica istruzione, dall’altro, devono avviare, a decorrere dall’anno scolastico 2007- 2008, nell’ambito delle dotazioni finanziarie e di personale disponibili e all’interno dei Programmi operativi nazionali (PON), progetti sperimentali in ambito scolastico e nei percorsi della formazione professionale volti a favorire la conoscenza delle tematiche concernenti la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro. Cito questa legge perché, a mio avviso, essa ha avuto una grande importanza, nel senso di aver dato il via ad una maggiore presenza all’interno delle scuole di questa tematica e ad una progettualità che si è andata sviluppando e che diviene sempre crescente.
In questa ottica si è mosso anche il Ministero con azioni che sono andate ad incidere, da un lato, sugli insegnanti (quindi, sulla formazione, sull’aggiornamento e sulla sensibilizzazione dei docenti) e, dall’altro, su una maggiore educazione degli studenti a questo tema, in molti casi attraverso testimonianze e con il coinvolgimento del sindacato, per cercare di sensibilizzare i ragazzi a partire dalla scuola media. Le scuole elementari, infatti, sono un segmento della scuola dove il tema della sicurezza sul luogo di lavoro va molto sviluppato. Se è vero, infatti, che si tratta di un’età non ancora adatta a comprendere un tema complesso come questo, è anche vero che si può avviare un percorso in tal senso. Sicuramente, però, nella scuola secondaria di primo grado, nelle scuole superiori e negli istituti della formazione professionale, sono stati impiegati risorse e mezzi e sviluppate anche le cosiddette best practice. Ad esempio, il progetto la «Sicurezza in cattedra» è stato sperimentato secondo un percorso triennale, dal 2002 al 2005, negli istituti tecnici professionali di diverse Regioni (il Veneto, la Toscana e altre Regioni del Centro-Sud). L’obiettivo di questo progetto è quello di creare all’interno degli istituti le condizioni per sviluppare la cultura della sicurezza tra gli allievi, attraverso una sperimentazione in cui un ruolo da protagonista è stato assegnato al Servizio di prevenzione e protezione. Nel progetto questo Servizio viene proposto come il soggetto che, nell’ambito delle proprie funzioni, promuove il coinvolgimento degli allievi nella gestione della sicurezza, collaborando con i docenti nelle diverse discipline. Il progetto è stato inserito nel Piano dell’offerta formativa degli istituti coinvolti, garantendo ad esso una certa continuità e le risorse necessarie per una sua realizzazione protratta nel tempo. A mio avviso, considerata la valenza culturale e didattica del progetto, penso che esso possa essere estendibile non solo alle sette Regioni che oggi lo hanno avviato ma a livello nazionale. Il Ministero sta dunque cercando di recuperare le risorse necessarie, in partnership con le singole scuole e con le direzioni scolastiche regionali, per dare all’iniziativa una prospettiva nazionale (e sarebbe la prima volta che ciò accade), non rimanendo una sperimentazione circoscritta.
Vorrei poi sottolineare un’altra iniziativa concreta, «Dalla scuola un lavoro sicuro – per la formazione alla sicurezza per l’alternanza scuola-lavoro», sviluppata in alcune Province dell’Emilia Romagna. Con il ministro Sacconi abbiamo appena siglato, anche in collaborazione con il ministro Meloni, un accordo che vuole rappresentare il Libro bianco sulla integrazione scuola-lavoro. Quindi, vi è la volontà di superare il concetto di alternanza e di abbreviare i tempi del passaggio dalla scuola (e quindi dalla formazione) all’ingresso nel mondo del lavoro. In tutto ciò, si prevede un forte coinvolgimento delle imprese e del tessuto produttivo per dare un vero peso specifico al tirocinio, allo stage e a tutte le esperienze di formazione sul luogo di lavoro. All’interno di questo progetto, abbiamo previsto una sezione dedicata alla formazione e alla sensibilizzazione sul tema della sicurezza.
Devo riconoscere che c’è stata da parte della Regione e delle Province dell’Emilia Romagna una particolare attenzione e che il progetto è stato giudicato da parte dei docenti, dei dirigenti scolastici e altresì degli studenti un progetto riuscito. Gli studenti-lavoratori sono stati messi in grado di conoscere i concetti generali della prevenzione nei luoghi di lavoro e degli obblighi legislativi cogenti e i rischi specifici della mansione, della lavorazione e delle procedure di lavoro.
Sottolineo che stiamo lavorando anche sull’università per fare in modo che nelle diverse facoltà – penso ad architettura ma soprattutto ad ingegneria e geologia – si faccia attenzione alla normativa vigente. Purtroppo abbiamo riscontrato – come hanno sottolineato anche alcuni ordini professionali – che spesso non solo si consegue un diploma di scuola superiore ma persino una laurea senza avere contezza degli elementi di base delle procedure normative relative a questo specifico tema. Ne abbiamo parlato al Consiglio universitario nazionale e anche in sede di Conferenza dei Rettori per fare in modo che, non solo nella scuola, ma anche nei corsi universitari tecnici, che sono destinati a sfornare profili professionali competenti in materia, si preveda, accanto a tante materie teoriche, una preparazione di questo tipo.
Il progetto «La scuola adotta un cantiere», nell’anno scolastico 2008-2009, ha avuto un buon riscontro. Si tratta di una sperimentazione operata dall’INAIL e dal MIUR presso l’istituto «A. Meucci» di Roma, che aveva la finalità di promuovere un’azione sul delicato terreno dell’educazione alla sicurezza degli studenti delle scuole superiori. In questo caso il progetto ha la particolarità di aver abbinato la didattica all’esperienza in cantiere, prevedendo una specie di praticantato, un’esperienza concreta con stage formativi e addestrativi concepiti ad hoc che sono stati svolti nei cantieri.
Abbiamo promosso anche il concorso «Primi in sicurezza», giunto alla settima edizione nell’anno scolastico 2008-2009. La risposta a questa iniziativa è stata di grandi proporzioni, con migliaia di studenti che, riuniti in classi, dalle materne fino alle superiori (il progetto ha coinvolto scuole di tutti gli ordini), hanno inviato diverse tipologie di elaborati: giochi, magliette, videocassette, disegni, sondaggi, riflessioni, favole, canzoni e quant’altro. Si è cercato, quindi, il coinvolgimento emotivo, assecondando gli interessi dei giovani, per portare al centro dell’attenzione il tema della sicurezza. Tutti gli studenti hanno risposto positivamente e hanno affrontato con grande serietà e impegno questo tema. Dunque ritengo che l’obiettivo di essere «Primi in sicurezza», così come recita la denominazione del concorso, sia stato almeno in parte raggiunto. Inoltre i lavori degli alunni sono stati esposti e quindi la scuola non solo è diventata un veicolo di formazione per gli studenti ma, superando la funzione didattica, ha permesso un coinvolgimento più ampio. Credo che si possa parlare quasi di assolvimento di una funzione sociale, comunitaria, allargata alle famiglie e anche al settore delle imprese perché, in molti casi, sono state coinvolte le associazioni di categoria e si è cercato di creare, ancora una volta, uno scambio, una collaborazione e una sinergia fra la formazione e il mondo del lavoro.
Un altro concorso che ormai è diventato una piacevole consuetudine (siamo alla sedicesima edizione) è «La scuola luogo di cultura della prevenzione degli infortuni sul lavoro». Si tratta di un concorso che ha avuto un seguito prevalentemente nelle scuole del Nord e al quale hanno partecipato 1.700 studenti. Il progetto si è concluso ancora una volta con la presentazione da parte dei ragazzi degli elaborati realizzati su quanto appreso.
Infine, abbiamo stampato un opuscolo, «Vietato l’accesso al lavoro insicuro», distribuito in moltissime scuole e consultabile anche on line sul sito del Ministero. L’obiettivo era quello di vietare l’accesso nei cantieri dove il lavoro non risulta sicuro. L’opuscolo, realizzato in collaborazione dalle scuole e dall’INAIL, risponde ad una serie di domande ricorrenti, come, ad esempio, quali sono i diritti riconosciuti a tutti i lavoratori per evitare gli infortuni, quali i loro doveri, cosa fare in caso di incidenti, come ottenere le tutele e gli indennizzi previsti per chi ne rimane vittima.
È una pubblicazione adatta alla consultazione, con un approccio concreto e pragmatico che credo costituisca un altro elemento positivo.
Come dicevo all’inizio, riconosciuta oggettivamente la sensibilità e l’impegno da parte delle scuole su questo fronte, è chiaro che si tratta di compiere uno sforzo ulteriore per unificare i singoli interventi in una programmazione complessiva. In tal senso stiamo collaborando con altri Ministeri, il Ministero del welfare e il Ministero della gioventù, ma anche con alcune associazioni come l’ANMIL (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) che partecipa anche ad un tavolo tecnico in materia presso il Ministero. Con l’ANMIL è stato siglato anche un protocollo che ha la finalità di favorire la diffusione della cultura della prevenzione, dell’educazione alla tutela della salute negli ambienti di vita, studio e lavoro e per potenziare la ricerca finalizzata al miglioramento della qualità dei processi produttivi e organizzativi, in stretto collegamento con le azioni in materia di sicurezza e di salute negli ambienti di vita e di lavoro.
In base al suddetto protocollo, l’ANMIL si è impegnata ad organizzare incontri, dibattiti e seminari sulle tematiche della sicurezza e della prevenzione sul lavoro, coinvolgendo studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Si è impegnata, inoltre, a collaborare con il MIUR e con il Ministero del lavoro per concordare iniziative da proporre alle scuole. Il Ministero dell’istruzione si è impegnato a sostenere, anche economicamente, le diverse iniziative e a diffondere le attività durante il prossimo triennio (il protocollo, infatti, è valido per i prossimi tre anni). Il tavolo tecnico istituito presso il Ministero sta elaborando una serie di iniziative, alcune già note e altre che rappresentano una novità, che hanno una connotazione in parte diversa ma che rispondono sempre alla volontà di sensibilizzare e divulgare la cultura della sicurezza.
Anche il Ministero del lavoro è coinvolto nel protocollo e si è impegnato a collaborare ai programmi di intervento nelle scuole con propri esperti in materia di sicurezza e di salute. Al momento sta predisponendo materiale didattico e a questo fine stiamo cercando di coinvolgere le aziende, i laboratori specializzati e le realtà artigianali per poter simulare nelle scuole i buoni comportamenti da tenere sul luogo di lavoro. Ovviamente, anche il Ministero del lavoro partecipa con appostamenti finanziari finalizzati.
Sulla base di questo protocollo è stato messo a punto sull’intero territorio nazionale il «Progetto S.I.L.O.S.: la cultura della sicurezza» che punta a dare vita ad un modello coerente di disseminazione della cultura della sicurezza tra le giovani generazioni attraverso il coinvolgimento delle scuole superiori e del corpo docente, con l’utilizzo di approcci didattici facilitati. Questa nuova metodologia si basa sull’inserimento della sicurezza nell’ambito delle materie curriculari. È questo l’aspetto più delicato e complesso perché, come sapete, esistono gli ordinamenti ma esiste anche l’autonomia scolastica. Peraltro, la materia tocca anche le competenze regionali. Da qui la necessità che l’azione di sensibilizzazione e di diffusione della cultura della sicurezza si concretizzi non solo con questi progetti, che si devono estendere sempre di più, ma entrando a far parte degli ordinamenti. Nell’ambito della riforma delle scuole superiori, in particolare degli istituti tecnici, che sarà avviata dal prossimo anno, abbiamo previsto di inserire tra le ore di laboratorio una sezione dedicata alla sicurezza sul lavoro. Questo è il primo elemento che ci consente di far entrare a pieno titolo questo insegnamento tra le materie curriculari.
Ovviamente vi sarebbero molte altre cose da aggiungere ma, come ho detto in apertura, va riconosciuto alla scuola un impegno sia sul piano della progettualità che sul piano finanziario. Anche l’opera di orientamento, di formazione e di aggiornamento dei docenti è stata importante ma è chiaro che rimane un work in progress, cioè un’attività per certi versi ancora nuova e poco sperimentata, che deve avere un crescendo di attenzione e, soprattutto, di declinazione sull’intero territorio nazionale.
Parlando con gli addetti ai lavori, ho riscontrato qualche perplessità nell’inserimento di questa materia tra gli insegnamenti della scuola dell’obbligo e, nello specifico, della scuola elementare, dove, però, può essere insegnata in maniera più sfumata. Noi dobbiamo senz’altro puntare a fare in modo che nella scuola media e in quella superiore, in modo particolare nella formazione tecnica, tale materia abbia piena dignità e autorevolezza e venga insegnata in maniera puntuale e con esperienze anche di tipo pratico.
Come avviene in altri settori, ritengo che questo tema possa essere, a pieno titolo, riportato ad una centralità, così come ritengo che la questione fondamentale sia mandare questa materia a sistema e renderla ordinamentale.
Ad esempio, per quanto concerne la lotta alla droga, gli ultimi dati riportano che il consumo nella fascia di età dai 14 ai 16 anni è in lieve diminuzione (mentre aumenta nelle fasce di età più adulte) e la mia opinione è che un ruolo importante per l’ottenimento di questo risultato lo abbia avuto la scuola. Anche in un altro settore, quello dell’educazione alla conoscenza delle nozioni fondamentali del diritto finanziario, stiamo avviando una campagna di sensibilizzazione in accordo con la Banca d’Italia e con l’ABI.
Molti risultati sono stati già raggiunti e poche sono, ormai, le diffidenze o le contrarietà da superare. Chiaramente, anche l’attenzione da voi dedicata all’argomento e al coinvolgimento della scuola sono elementi utili: più si è a combattere questa battaglia a favore della sicurezza, maggiore è il coinvolgimento, migliori saranno i risultati. Chiaramente, anche se tali risultati si vedranno sul medio periodo, se cominciamo ad agire in maniera incisiva, prendendo atto di quanto è stato fatto e implementando questa realtà, sarà una conquista positiva, non solo per la scuola, ma anche per i giovani e per il Paese.

PRESIDENTE
Signora Ministro, la ringrazio per la relazione che ha svolto e che resterà agli atti. Nelle relazioni finali che questa Commissione ha steso nelle passate legislature e nelle relazioni intermedie di questa legislatura, così come nel dispositivo di risoluzione a chiusura del dibattito che si è svolto in Aula, dovendo noi riferire annualmente all’Assemblea sulle attività che svolgiamo, si è riproposto questo tema. Mi sembra, quindi, che vi sia una coralità di intenti.
La soddisfazione maggiore, però, è la volontà, che già conoscevamo, da lei dimostrata e confermata nella sua relazione, di porre il tema non soltanto nella pur rispettabile autonomia dei singoli istituti ma di affrontarlo con un approccio di tipo sistemico, facendone una materia di insegnamento o, comunque, inserendolo nei moduli didattici dei programmi scolastici, di modo che si possa effettivamente contrastare questo fenomeno.
Io mi permetto di raccomandare alla sua attenzione la scuola elementare.
Le dico ciò come docente, perché i modelli si assorbono e si assimilano meglio, con metodologie e con linguaggi ovviamente adeguati, proprio da bambini. Questo ci permetterà, nel momento in cui l’insegnamento diventerà più sistemico nelle scuole medie di primo e secondo grado, di far sì che i ragazzi non arrivino completamente ignari di questo argomento.
Tale discorso, anche in termini giocosi, dovrebbe iniziare da quando i bambini cominciano a relazionarsi con il mondo esterno, cioè prima che tocchino la stufa e, capendo che possono scottarsi, non la tocchino più.
Noi siamo particolarmente interessati a questo argomento, come dimostra il fatto che questa Commissione vi lavora ininterrottamente da cinque anni, esattamente dal 2005. Abbiamo sempre operato in grande sintonia, cercando di tenere fuori quella pur giusta dialettica di riferimento e di appartenenza di ogni singolo componente. E debbo riconoscere, con grande soddisfazione, che tutte le nostre relazioni finali sono state approvate all’unanimità e che, quindi, da parte di tutti i commissari c’è un forte interesse. Siamo convinti che questa ulteriore accelerazione, che anche lei nella sua relazione ha confermato di voler imprimere, sicuramente rappresenterà un fatto positivo e, auspicabilmente, anche risolutivo.
Non dimentichiamo, infine, che l’attività di questa Commissione si sviluppa anche attraverso gruppi di lavoro, ben dieci, ciascuno dei quali si occupa di singole problematiche. Ebbene, uno degli ambiti dove non risultano incidenti, ma che è molto significativo quanto al numero di casi verificatisi, è quello domestico. La collega Colli coordina il gruppo di lavoro che si occupa in modo particolare di questo tema. Quindi con la nostra attività abbiamo fatto emergere delle realtà che magari si danno per scontate o che sono sconosciute.
Pertanto, rivolgere anche alla fascia di età più bassa l’insegnamento di moduli educativi (ovviamente, con riferimento all’età e alle capacità di apprendimento) significa fornire informazioni importanti di attenzione e di comportamento anche tra le mura domestiche, posto che si tratta di un discorso a 360 gradi.
Concludo, signora Ministro, ringraziandola per quanto sta facendo e per quanto ha riferito di voler fare.

DE LUCA (PD)
Anch’io desidero ringraziare la signora Ministro perché ci aiuta ad approfondire una questione che la Commissione sta affrontando, come detto anche dal Presidente, con grande intensità e, a mio giudizio, anche conseguendo qualche risultato. Infatti, di questi tempi, un’Aula che vota all’unanimità una relazione rappresenta quasi un miracolo ed anche il segno di una grande attenzione verso l’argomento.
Quindi, cogliendo in positivo tutti gli spunti da lei evidenziati nella relazione, dobbiamo riuscire a dare attuazione a questa volontà.
Voglio sottolineare due aspetti da noi affrontati, che tra l’altro sono contenuti nella relazione conclusiva, relativi al decreto legislativo n. 81 del 2008 e a questa materia più in generale. Un primo aspetto è legato al rapporto con la Conferenza Stato-Regioni, posto che per molti versi questa è proprio una materia concorrente. Porto un esempio. Nella mia Regione, la Campania, nello svolgimento dell’attività legislativa a livello regionale abbiamo individuato un articolo della legge sui lavori pubblici che coinvolge in maniera importante gli aspetti della formazione e della scuola. Infatti, il primo punto cui fanno riferimento tutti coloro che ascoltiamo in audizione è quello della prevenzione, che riguarda la cultura e la formazione. Questo aspetto, quindi, è quanto mai fondamentale.
In secondo luogo, per una società come la nostra, considerando anche il raffronto con i dati degli altri Paesi europei, è ancora drammaticamente alto il numero dei morti, oltre mille all’anno, e degli incidenti. Per questo sono d’accordo con il Presidente quando afferma che i primi approcci con il problema della sicurezza dovrebbero partire se non addirittura dalle scuole elementari, comunque dalle scuole medie per arrivare fino all’università.
La sicurezza sui luoghi di lavoro (seppur prevedendo un orario minimo, considerata la discussione che si sta svolgendo in queste ore sull’ennesimo decreto sulla scuola) dovrebbe essere studiata dalle scuole medie e superiori all’università (soprattutto nelle facoltà di ingegneria, architettura e geologia). Mi auguro, come lei auspicava nella sua relazione, che l’inserimento di questa materia nel programmi scolastici possa costituire un segnale di grande civiltà per il nostro Paese. È inconcepibile, infatti, che una persona esca di casa la mattina per andare a lavorare e non vi faccia più ritorno.
Poiché la cultura della sicurezza è alla base di qualsiasi iniziativa che riguardi il mondo del lavoro, se lei si farà carico di questo impegno, tenendo fede alla volontà espressa, avrà il sostegno del Partito Democratico anche dal punto di vista legislativo, nonostante la carenza di risorse del nostro Paese. Non possiamo più assistere a morti e ad infortuni che si ripetono continuamente, allo stesso modo. Si tratta di un’opera da svolgere con assiduità e costanza. Apprezzo l’impegno del Presidente, al di là delle differenze di maggioranza e opposizione, volto a far sì che tutte le posizioni possano essere condensate in una proposta di Governo che introduca la sicurezza sui luoghi di lavoro come materia di studio nelle scuole. Se riusciremo in questo intento, ritengo che avremo compiuto un decisivo passo in avanti.

CARLONI (PD)
Signor Presidente, mi unisco anch’io ai sinceri ringraziamenti per la relazione con la quale la signora Ministro ha illustrato la quantità e la qualità dei progetti posti in essere per iniziativa del suo Dicastero.
Il primo problema che volevo sollevare è relativo alla necessaria continuità di questi progetti speciali, perché una loro caratteristica è quella di avere un inizio e una fine. Oggi siamo in presenza di una diffusa sensibilità su questo tema, in gran parte dovuta ai richiami continui del Presidente della Repubblica. Dobbiamo dunque porci il problema della continuità.
Il Ministro prefigurava la possibilità di inserire questa materia nell’ordinamento scolastico medio e superiore. Certamente sarebbe un’iniziativa molto importante ma ritengo lo sia ancora di più per quanto riguarda gli istituti di tipo tecnico. Secondo me, però, è anche necessario dare delle risposte modulate e integrate ai vari ordini di scuola. Nel corso del suo intervento, il Presidente faceva riferimento alla scuola dell’obbligo; certamente in questo caso bisogna studiare delle soluzioni che si integrino pienamente con il complesso dei programmi scolastici, perché difficilmente potrebbero configurarsi come ora di educazione alla sicurezza.
Un altro problema che volevo sollevare è relativo all’assenza, nella sua relazione e nel catalogo di iniziative che ci ha presentato, di progetti attivi nel Mezzogiorno. Più volte lei ha citato gli effetti positivi rilevati nelle scuole del Nord, ma noi sappiamo che i problemi maggiori di sicurezza li abbiamo al Sud. Per questo le chiedo una particolare attenzione in tal senso.
Infine, vorrei sapere se non ritiene importante occuparsi della sicurezza degli edifici scolastici, posto che la scuola è anche un luogo di lavoro per gli insegnanti e il personale ATA (ausiliario, tecnico e amministrativo).
Molti edifici scolastici non sono in sicurezza; in questo campo esiste una voragine che riguarda soprattutto le scuole del Mezzogiorno e la relativa carenza di risorse.

COLLI (PdL)
È un problema che fa capo alle Province.

CARLONI (PD)
È vero, ma oggi stiamo parlando di progetti promossi dal Ministero. Non mi riferivo tanto al tema della messa in sicurezza quanto di un’iniziativa che riguardi l’educazione dei ragazzi e la relativa
funzione delle scuole. È difficile parlare di sicurezza in una scuola dove tutto cade a pezzi, come spesso accade nel nostro Mezzogiorno.
Per quanto riguarda le risorse, il problema è molto grave, in particolare per la scuola (in Aula, ad esempio, stiamo discutendo il decreto cosiddetto salva-precari). Mi chiedo se potrebbero essere intercettate risorse europee per i progetti sulla sicurezza, considerato che l’Unione Europea si occupa molto di questo tema. Inoltre, si potrebbe potenziare il partenariato, come è stato fatto con l’INAIL relativamente ad uno dei progetti indicati.

DE ANGELIS (PdL)
Signor Presidente, ringrazio anch’io il Ministro per la sua presenza e per il suo intervento. Vorrei incentrare il mio discorso su due argomenti che lei ha già trattato, uno dei quali in maniera piuttosto esaustiva, che riguardano l’insegnamento della cultura della legalità all’interno delle scuole di ogni ordine e grado. Questo è un punto sul quale abbiamo molto discusso perché collegato al problema dell’emergenza scolastica. Sappiamo benissimo che più dell’80 per cento degli edifici scolastici italiani non è a norma, sia per quanto riguarda le certificazioni necessarie – statiche e antincendio – sia per quanto riguarda l’impiantistica.
Comunque, insegnare ai ragazzi la cultura della legalità e della sicurezza sui posti di lavoro è importantissimo. Anche l’articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008 parla di percorsi formativi da iniziare nelle scuole. Mi sembra che nel suo intervento abbia illustrato questo punto in maniera soddisfacente. Vorrei chiederle, però, se ritiene utile organizzare corsi di formazione integrati per i direttori didattici addetti alla sicurezza antincendio.
Il secondo aspetto è relativo al problema della prevenzione e della medicina del lavoro all’interno delle scuole. A questo proposito, secondo la mia esperienza, i dirigenti scolastici brancolano nel buio. C’è, effettivamente mancanza di certezza sulle loro mansioni e sui loro compiti. Tra l’altro, le prescrizioni della medicina del lavoro non vengono quasi mai seguite all’interno delle scuole ma, nel caso siano applicate, vanno a gravare sui costi di funzionamento della scuola. Questo è un altro problema che, a mio avviso, andrebbe affrontato.
Un’altra questione riguarda l’edilizia scolastica. Lei riferiva che in Italia vi sono dei gravi deficit in tale campo e noi ne abbiamo parlato anche con il ministro Sacconi. Da questo punto di vista, il problema più serio è di tipo finanziario. Vorrei pertanto chiederle se lei ritenga opportuno, anche nell’ambito della discussione (che avverrà a breve) dei decreti di attuazione, che in questi siano inserite alcune norme che potrebbero in qualche modo facilitare gli interventi che comunque andranno programmati.
Volendo sintetizzare l’elenco di tali interventi, mi chiedo se non si ravvisi la necessità che il Ministero intervenga per coordinare al meglio i rapporti tra istituzioni scolastiche ed enti locali ed i rapporti tra i vari attori della filiera scolastica (scuole, Comuni, Province) per meglio armonizzare le competenze di ciascuno all’interno del percorso (che dovrà comunque essere fatto) della messa a norma delle scuole.
Inoltre, mi sembra che non venga presa in considerazione una questione che invece reputo importantissima. Mi riferisco all’istituzione del fascicolo del fabbricato per gli edifici scolastici di ogni ordine e grado (dopo aver verificato una serie di competenze sulla proprietà). Questo fascicolo dovrebbe contenere l’intera «storia» della vita del fabbricato, relativamente alle sue carenze e agli interventi di manutenzione compiuti. Una volta inseriti in rete, i fascicoli relativi agli interventi su tutti gli edifici scolastici nazionali potranno aiutare nella definizione di un percorso di organicità per quanto concerne gli interventi e la sistemazione della scuola italiana.

COLLI (PdL)
Ringrazio la signora Ministro poiché è sempre attenta e sensibile anche verso argomenti che non costituiscono propriamente il fulcro dell’attività del suo Ministero. Vorrei sottolineare che la pericolosità di alcuni edifici scolastici è un problema che non riguarda soltanto il Sud, dove forse il fenomeno è più diffuso, ma anche il Nord. Rispetto a tale questione vanno sollecitate le Province, che hanno la competenza sull’edilizia scolastica per gli interventi di manutenzione e di messa a norma. Infatti, non ho mai visto una Provincia sprovvista di fondi per la messa a norma degli edifici scolastici. Si tende forse a rinviare gli interventi, ma le disponibilità per realizzarli vi sono senz’altro e questo, naturalmente, tranquillizzerebbe le famiglie. E ` anche vero però che spesso chi mette a norma gli edifici o, comunque, cerca di rendere più accogliente e vivibile l’ambiente scolastico, nel giro di pochi mesi vede realizzarsi condizioni di degrado, legate d’altra parte alla vivacità dei ragazzi.
Appoggio sentitamente la proposta del presidente Tofani di insistere sulle scuole elementari, perché è vero che quella è l’età più formativa. Per portare un esempio personale, i miei due nipotini mostravano una certa contrarietà a lavarsi i denti. Ebbene, da quando mia figlia ha inventato il gioco della guerra contro i batteri, per i bambini lavarsi i denti è diventato un divertimento. Quindi, se già a partire dall’età scolare più tenera si stimola un’attenzione verso la sicurezza e verso quello che, un domani, diventerà un problema molto serio e avvertito da tutti i cittadini, si potrà ottenere un grande successo.
In conclusione, signora Ministro, la ringrazio ancora per quanto fa, perché dimostra grande determinazione e grande sensibilità.

GELMINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Presidente, desidero ringraziare tutti i commissari intervenuti per avere posto l’accento su queste tematiche e per aver fatto importanti osservazioni.
Parto dalla sollecitazione, contenuta in diversi interventi e che faccio mia, per realizzare qualcosa in più per quanto concerne la preparazione nella scuola elementare.
È chiaro, infatti, che in quel contesto occorre avere creatività e fantasia per rendere appetibile una materia come questa ma, con riferimento al tema della sicurezza in generale (quindi anche in ambito domestico), la scuola elementare può rivestire un ruolo importante.
Come sottolineato dal senatore De Luca, si tratta chiaramente di una competenza concorrente rispetto agli enti territoriali. La Conferenza Stato-Regioni è senz’altro il luogo adatto per discutere di questo tema. D’altra parte, con un po’ di fatica, abbiamo proseguito il dialogo anche su altre questioni, forse più complesse, quali l’edilizia scolastica, sulla quale riferirò in seguito. Quindi, il fatto che la competenza sia frammentata tra realtà diverse non deve impedire di compiere uno sforzo comune e una messa a sistema delle risorse umane ed economiche in questa materia.
Con riferimento all’ordinamento scolastico, tema affrontato dalla senatrice Carloni, a mio avviso la ratio deve essere improntata alla trasversalità.
La parola d’ordine deve essere: non un’ora in più. Non continuiamo, cioè, ad aumentare il numero delle ore perché è dimostrato che, oltre un certo limite, la soglia di attenzione cala drasticamente. Alcune materie tecniche, però, possono contemplare anche l’insegnamento della cultura della sicurezza. Forse sono stata imprecisa nella mia relazione, ma voglio rassicurare la Commissione del fatto che alcuni di questi progetti (ad esempio, il progetto «Sicurezza in cattedra») vedono la partecipazione anche di Regioni del Mezzogiorno, come la Sicilia, la Puglia e la Campania; risorse dei fondi PON sono state utilizzate anche per finanziare questi progetti.
Vengo ora al tema più delicato, quello dell’edilizia scolastica. In questo campo il nostro Paese vive una vera e propria emergenza perché, per molto tempo, si è accresciuto il patrimonio edilizio nella sua globalità ma si è persa di vista l’opera di manutenzione e di ristrutturazione dei singoli edifici. Quindi, se va riconosciuto ai Comuni (per quanto riguarda la scuola dell’obbligo) e alle Province (per quanto riguarda la scuola superiore) l’impegno nella realizzazione di nuovi e più moderni edifici, in molti casi però il patrimonio esistente risale a venti o trenta anni fa (a volte anche quaranta, cinquanta o sessanta) e le manutenzioni non sono state condotte con regolarità. Oggi, quindi, esiste un serio problema al riguardo nel Mezzogiorno ma, purtroppo, esiste anche al Nord. Ricordo, infatti, che la tragedia avvenuta nel novembre scorso, in cui un ragazzo ha perso la vita ed un altro è ora sulla sedia a rotelle, si è verificato a Rivoli, in Provincia di Torino. Dico ciò a significare che questo è un problema nazionale, sul quale noi siamo intervenuti da subito. Devo riconoscere che, dopo una prima fase abbastanza conflittuale in sede di Conferenza unificata, è prevalso il buonsenso e la leale collaborazione fra le Regioni, gli Enti locali e il Governo.
Stiamo collaborando anche con il Sottosegretario per le infrastrutture, il senatore Mantovani, perché la sicurezza degli edifici pubblici non compete al Ministero dell’istruzione bensì al Ministero delle infrastrutture. Si tratta di una collaborazione proficua: entro dicembre, al massimo entro la fine di gennaio, riteniamo di poter disporre di un patrimonio di informazioni.
Il senatore De Angelis affermava che il problema principale relativamente all’edilizia scolastica è di tipo finanziario. Ciò è senz’altro vero, ma vi è anche un problema di coordinamento e forse, ancor prima, un problema conoscitivo. Ad esempio, noi disponiamo dell’anagrafe dell’edilizia scolastica nazionale sui rischi relativi agli elementi strutturali, mentre non c’è alcuna informazione (o solo informazioni molto frammentate e parziali) sui rischi relativi agli elementi non strutturali (che sono poi quelli che provocano i danni maggiori). Oltre alla staticità degli edifici, infatti, in molti casi il problema riguarda l’impianto elettrico, quello idraulico e quello antincendio, cioè elementi strutturali che incidono direttamente sulla sicurezza dei ragazzi (in quanto collocati sulla loro testa e sotto i loro piedi) e rispetto ai quali non vi è alcun tipo di informazione.
Si inserisce a questo punto la formazione dei dirigenti scolastici più che degli insegnanti. Inoltre la frammentazione delle competenze fra Comuni, Province, Regioni e singola scuola ha determinato una confusione e una mancanza di azione che stiamo superando con un’intesa stipulata in sede di Conferenza unificata. Tale intesa permetterà di aggiornare l’anagrafe degli edifici scolastici (al momento aggiornata al 65 per cento) entro la fine dell’anno, al massimo all’inizio di gennaio. Nel frattempo, abbiamo stanziato un miliardo di euro per l’edilizia scolastica. I primi 250 milioni sono stati investiti a L’Aquila dopo il terremoto. Anche il lavoro svolto in quella occasione è poco noto ma vi assicuro che la riapertura dell’anno scolastico a L’Aquila è stata un’impresa veramente difficile la cui riuscita si deve ai dirigenti scolastici locali, all’ufficio scolastico regionale e alla Protezione civile.
Questo modello comunque ci è servito anche là dove, fortunatamente, non c’è stata l’emergenza terremoto. Infatti, abbiamo accelerato moltissimo la raccolta dei dati costituendo delle squadre costituite da rappresentanti di tutte le realtà coinvolte, Comune, Provincia, Regione e Ministero.
Abbiamo già un elenco delle priorità per le quali cominciare a stanziare i primi 350 milioni di euro. Altri 350 milioni saranno disponibili non appena sarà completata l’anagrafe. Ritengo che questo lavoro sia veramente importante anche perché è stata prevista la compilazione di un «fascicolo di istituto» che contenga e renda disponibili un ventaglio di informazioni precise su ogni singolo edificio. Dunque il primo passo sarà la sistematizzazione delle informazioni. È chiaro che un miliardo di euro non basta, però voglio ricordare che si tratta del contributo dello Stato, al quale si dovrebbe aggiungere – e io ritengo che si debba pretenderlo – la compartecipazione degli enti territoriali, prevista d’altronde dalla legge n. 123 del 2007. E ` chiaro che, ancora una volta, si tratta di una battaglia culturale dal momento che le risorse sono poche in tutti i settori. Accanto al piano per le carceri è importante prevedere un piano per la scuola al quale partecipino tutti i diversi enti poiché lo Stato, al momento, non può stanziare più di un miliardo.
Devo dire che le difficoltà incontrate nell’impiegare queste risorse mi hanno sorpresa. Infatti, considerata l’emergenza, pensavo che nell’arco di pochissime settimane il capitolo scendesse quantitativamente. Invece l’accavallarsi di competenze rende la procedura burocratizzata e farraginosa.
Comunque devo riconoscere a tutti – Province, Regioni e Comuni – una certa sensibilità sul tema e la disponibilità alla collaborazione. Per questo mi auguro che nell’arco di pochi mesi potremo entrare in possesso delle informazioni necessarie, spendendo le risorse stanziate che vengono in parte dai FAS (fondi per le aree sottoutilizzate) e in parte dai fondi PON. Inoltre questo metodo dovrebbe diventare un modello, un paradigma da seguire per raggiungere lo scopo, anche attraverso il dimensionamento della rete scolastica.
Per quanto riguarda il dimensionamento, sul quale sono state dette tante cose e che viene presentato quasi come un impoverimento dell’offerta formativa, io credo profondamente nel dovere di dimensionare gli edifici scolastici. Infatti non si tratta di ridurre il numero delle scuole ma di fare un’operazione di trasparenza e di prendere atto, senza fingere di non vedere, che molti edifici non sono sicuri e che, se non siamo in grado di garantire la sicurezza in tutte le scuole, è meglio chiuderne qualcuna e potenziare i mezzi di trasporto, anche creando qualche disagio, piuttosto che lasciare la situazione invariata. Chiudere una scuola è certamente un’operazione impopolare ma io non vorrei nemmeno dover poi tirare fuori un morto o un ferito da quella stessa scuola, come a volte è capitato.
È inutile rimbalzarsi le responsabilità. Se riusciamo ad attuare il dimensionamento della rete scolastica, ad utilizzare queste risorse e a mettere a regime le informazioni, finalmente faremo chiarezza e potremo migliorare.
È chiaro che l’ammodernamento di tutto il patrimonio edilizio scolastico è un’operazione complessa che necessiterà di tempo. Non sono contraria neanche al project financing, cioè al fatto che vi siano investimenti da parte dei privati, ma prima bisogna avere un quadro completo della situazione e bisogna procedere all’operazione di accorpamento dei plessi laddove gli edifici scolastici non sono sicuri e non sono agibili o lo sono solo parzialmente.
Per fare ciò, è necessaria la collaborazione di tutti i gli enti e dei diversi livelli di governo ma anche la formazione dei dirigenti scolastici perché, con la scusa che la sicurezza è competenza degli enti territoriali, spesso i dirigenti scolastici peccano di superficialità su questo tema. Dunque, il personale scolastico va formato e la collaborazione deve superare quei cavilli burocratici o quella eccessiva frammentazione delle procedure che potrebbe portare il Ministero dell’economia a chiedere conto delle risorse stanziate e non spese. Purtroppo la procedura è complessa e sta a noi velocizzarla il più possibile. Se lo riterrete opportuno, quando questo lavoro sarà finito, mi farebbe piacere illustrarvelo, ma ribadisco che si tratta comunque di un dato importante e di un segnale positivo perché da molto tempo non si lavorava sull’aggiornamento delle informazioni e con una collaborazione così stretta tra i diversi livelli di governo.

DE ANGELIS (PdL)
Signora Ministro, riallacciandomi all’intervento della senatrice Colli che ha esperienza nel settore, volevo chiedere se gli enti territoriali non siano in qualche modo obbligati ad intervenire con la propria parte dopo lo stanziamento del contributo statale.

GELMINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
No, senatore De Angelis.

DE ANGELIS (PdL)
A questo proposito vorrei anche il conforto della senatrice Colli. Non so se è già previsto, signor Ministro, ma gli enti locali, oggi, a fronte di un’emergenza seria come quella scolastica, dovrebbero avere l’obbligo di integrare le risorse statali mettendo a disposizione almeno il 30 per cento dei fondi necessari per ogni opera, perché sono in grado di farlo e soprattutto perché la scuola rappresenta uno dei servizi di riferimento per i cittadini. Dunque, se questo obbligo non è stato previsto si dovrebbe emanare un provvedimento ad hoc in modo tale che Comuni, Province e Regioni contribuiscano ad ogni intervento con un minimo del 30 per cento della spesa per poter usufruire dei fondi statali. Si otterrebbe così un moltiplicatore che potrebbe agevolare gli interventi.

GELMINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Senatore De Angelis, la sua è un’osservazione assolutamente corretta.
Tale proposta è stata da me avanzata nel corso dell’ultima riunione con gli assessori regionali e non ho ricevuto risposte entusiaste. Detto questo, però, siccome c’è un tavolo tecnico che sta valutando i criteri di riparto, dobbiamo insistere perché, effettivamente, abbiamo a disposizione un miliardo di euro ma, se anche le Province e i Comuni contribuissero alla spesa, ci sarebbe un positivo effetto moltiplicatore.

DE ANGELIS (PdL)
Se non li si obbliga, non lo faranno.

GELMINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Vede, senatore De Angelis, esiste anche un problema di funzionamento della Conferenza Stato-Regioni che io ho sottoposto al ministro Fitto, perché non sono ben chiare le responsabilità e i compiti di ognuno. Per questo motivo, se non si trova un accordo, non si possono utilizzare le risorse e il raggiungimento di un accordo spesso è frutto di un compromesso al ribasso. Gli edifici scolastici, però, cadono a pezzi e dato che ci sono risorse disponibili, il Ministero dell’economia preme perché potrebbe spenderle in altro modo. Per questo ci troviamo tra l’incudine e il martello.
Spero nelle prossime riunioni che passi questo concetto perché è effettivamente sacrosanto e perché rappresenta una priorità. Non penso che ci sia nulla di più importante della sicurezza nelle scuole.

PRESIDENTE
Ringrazio il Ministro per il suo intervento e per il suo contributo ai lavori della Commissione.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna.
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Fonte: Senato della Repubblica