SENATO DELLA REPUBBLICA

XIV LEGISLATURA

Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

RELAZIONE FINALE



Allegato 3

RELAZIONE FINALE GRUPPO DI LAVORO «MALATTIE PROFESSIONALI»



Coordinatore Sen. Antonio Gianfranco VANZO

Premessa
Il documento approvato dalla Undicesima Commissione Permanente del Senato nella seduta del 24 febbraio 2000, a conclusione dell’indagine conoscitiva sulla sicurezza e l’igiene del lavoro, per la parte concernente le «malattie professionali e da lavoro», segnalava:
– «si tratta di dati meno noti e spesso non approfonditi», ... anche se «il complesso rimane rilevante» ... ed «è destinato ad aumentare» il numero delle malattie definite dagli studiosi come «perdute» e di quelle definite come «patologie del futuro»;
– colpisce il dato relativo alle «malattie non tabellate, ma ricollegabili con nesso di causalità alla prestazione di lavoro»: è «assai elevato il numero delle malattie denunciate ma non riconosciute»: aspetto da approfondire, per «capire quali siano le ragioni del fenomeno».

Attività svolta dal gruppo di lavoro sulle malattie professionali
Sono state effettuate una serie di audizioni e di acquisizioni documentali (vedi Allegato) nel corso dei mesi di novembre e dicembre 2005, che hanno consentito di approfondire alcuni dei temi principali:
– il trend delle malattie professionali negli ultimi anni (tabellate e non tabellate);
– i criteri di riconoscimento dell’INAIL;
– le patologie «nuove» ed i nuovi rischi;
– la sottostima del numero dei tumori rilevati;
– la mancanza e la tardività delle diagnosi e il ruolo del medico (soprattutto in azienda);
– la formazione e l’informazione dei soggetti coinvolti (R.L.S., R.S.P.P., datore, ecc.);
– il sistema dei controlli;
– la sorveglianza sanitaria (anche sugli ex-esposti);
– la riparazione e il risarcimento del danno;
– la creazione di osservatori del rischio e/o delle malattie;
– la prevenzione.

Sintesi sui contenuti emersi
1 – Il numero complessivo delle malattie professionali denunciate all’INAIL ha registrato, come per gli infortuni sul lavoro, un trend complessivo negativo negli ultimi decenni (il picco di frequenza risale agli anni settanta), anche se per l’ultimo quinquennio (2000-2004) l’INAIL ha segnalato un andamento oscillante (vedi Relazione datata 15.11.2005).
Per quanto concerne le patologie, l’INAIL ha rilevato nel corso degli anni la diminuzione di quadri «classici» e storici di patologie da lavoro (come la pneumoconiosi e la silicosi), la permanenza delle ipoacusie da lavoro, la comparsa di patologie a livello del sistema osteoarticolare e muscolo- scheletrico, il progressivo aumento di patologie neoplastiche.
Di particolare interesse è l’evoluzione della casistica rispetto al tipo di malattia, tabellata o non tabellata. Dai dati forniti da INAIL risulta evidente come l’incidenza delle malattie non tabellate sia cresciuta sempre di più: negli ultimi anni, esse hanno rappresentato circa il 65% delle malattie denunciate, mentre il loro riconoscimento (e indennizzo) è più problematico e meno automatico.
2 – Il cosiddetto «sistema misto» per il riconoscimento delle malattie professionali (introdotto sostanzialmente con sentenza n. 179 del 10-18 febbraio 1988 della Corte Costituzionale e confermato dal decreto legislativo n. 38/2000) ha sanato una grave situazione di ingiustizia per il lavoratore, in precedenza sostanzialmente privo di tutela (anche assicurativa) per tutte le malattie e le lavorazioni non inserite nelle tabelle allegate al testo unico.
Peraltro, la ancora eccessiva rigidità del «sistema misto» (pur mitigato dalla previsione di periodici aggiornamenti delle tabelle) impone al lavoratore degli oneri di prova in ordine alla sussistenza della malattia sicuramente complicati e molto «onerosi» per il lavoratore stesso. E, dall’altra parte, consente di fatto all’INAIL di rigettare legittimamente la maggior parte delle denunce-domande presentate per le malattie non tabellate. I dati riportati dallo stesso INAIL sono chiari e confirmativi al proposito.
Importante è allora rilevare come la rigida e antiscientifica pretesa di raggiungere la certezza assoluta sulla sussistenza del nesso causale tra lavorazione e malattia cozza non solo con i più elementari principi scientifici, ma anche con l’interpretazione data dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel luglio del 2002 (sentenza «Franzese») al concetto di nesso di condizionamento, oltre che con le norme del codice penale vigente e del progetto di nuovo codice penale (della «commissione Nordio»). Sul punto, infine, non va dimenticata l’impostazione solidaristica e pro lavoratore del nostro sistema normativo, a partire dalla Carta Costituzionale (art. 41 di quest’ultima. e art. 2087 del codice civile).
3 – In ordine al fenomeno della complessiva tendenza alla diminuzione delle malattie professionali (e degli infortuni sul lavoro) negli ultimi decenni, va detto che i dati INAIL più recenti (vedi Rapporto INAIL 2004) devono essere interpretati con prudenza, perché non sono completi, né esaustivi (per ragioni amministrative, ma non solo: i dati si riferiscono solo alla popolazione assicurata, descrivono in minima parte il settore agricolo, esistono alcuni milioni di lavoratori non assicurati dall’INAIL, tra cui ad esempio i liberi professionisti, gli addetti alla pesca marittima, le forze di polizia, le forze armate, i datori di lavoro).
L’osservazione e l’analisi del mondo del lavoro indica una realtà più complessa, di tipo misto: si vanno affermando nuove tipologie di rischio (che coesistono con quelle vecchie), si delinea un quadro di coesistenza di nuove forme di precarietà (vulnerabilità legate alle continue modifiche dei rapporti di lavoro, redistribuzioni per genere e per età, lavoratori «in affitto» e temporanei), esiste un’area non ponderabile legata alla quota del cosiddetto «lavoro nero», si ampliano situazioni di trasferimento del rischio dalle grandi imprese (dove certe tutele esistono) alle imprese minori, che lavorano in regime di appalto-subappalto. Questa realtà finisce con l’influire soprattutto sulla rilevazione dei dati relativi alle malattie professionali, essendo evidente che è più difficile che passi inosservato un infortunio (specialmente se mortale), piuttosto che una situazione patologica personale, magari tumorale e che può iniziare ad emergere lentamente o lontano nel tempo rispetto al periodo di esposizione.
Ancora più complicata si presenta la situazione, se si considerano nello specifico le malattie cosiddette «nuove» o «emergenti» o «difficili», quali ad esempio:
– le patologie da movimenti ripetuti e altre disergonomie (malattie muscoloscheletriche);
– le patologie da stress lavorativo (come ansia, depressione, disturbi psicosociali);
– le patologie da esposizione ad agenti chimici (soprattutto cancerogeni) a basse dosi;
– le patologie da eziologia multifattoriale (come i tumori);
– le malattie allergiche;
– le patologie derivanti dalla organizzazione del lavoro (tempi e metodi).
4 – Una stima (peraltro molto conservativa), relativamente al numero totale dei tumori annui in Italia, attribuisce il 4% di essi a cause di esposizione occupazionale. Ne consegue che ogni anno si dovrebbero registrare in Italia circa 8.000 casi di tumori professionali.
INAIL però riceve ben meno denunce di patologie tumorali, ma soprattutto ne riconosce soltanto alcune centinaia l’anno, per lo più da amianto. E, in particolare, tra le neoplasie sono proprio i mesoteliomi da amianto le patologie più numerose, destinate peraltro ad un preoccupante aumento nel corso dei prossimi anni, tanto che il picco della curva di crescita è previsto tra il 2015 e il 2020. Ciò impone una maggiore attenzione (sotto i profili non solo della normativa previdenziale, ma anche della sorveglianza sanitaria per gli ex-esposti e del censimento delle aree, zone e strutture a rischio-amianto) da parte di tutti gli organismi pubblici (legislativi, amministrativi, tecnici), per la parte di rispettiva competenza.
Ma quali sono i motivi della segnalata sottostima del numero dei tumori denunciati e (ancor peggio) riconosciuti/indennizzati?
Il problema della sottostima si presenta in maniera analoga per l’insieme delle malattie professionali. La causa principale è costituita dall’omissione di denuncia da parte dei sanitari, sottodenuncia peraltro generalizzata e appannaggio di tutte le categorie di medici: di famiglia, ospedalieri, specialisti, di «fabbrica». Questo mancato riconoscimento-denuncia dei rischi in campo professionale è maggiormente rilevante per le patologie «emergenti» e per quelle neoplastiche. E’ vero che per queste ultime esistono difficoltà intrinseche alla loro stessa natura (lunghi tempi di latenza, esposizione a diversi cancerogeni, esposizioni ambientali extra-lavorative, multifattorialità, abitudini di vita, dati dispersi negli archivi ospedalieri); non possono però sottacersi la scarsa (alle volte nulla) attenzione posta alla anamnesi professionale, la cattiva pratica, l’ignoranza della medicina del lavoro e qualche volta persino l’indolenza o la voglia di non «immischiarsi».
Fondamentale, quindi, si rivela la necessità di avere nei luoghi di lavoro, quali «medici competenti», professionisti veri, dotati di un curriculum formativo specifico e adeguato, «autonomi» (magari sul modello francese o belga) rispetto al datore di lavoro stesso.
5 – La sorveglianza sanitaria non può più essere orientata alla ricerca dei segni del danno più o meno precoce, ma deve inserirsi come elemento di ulteriore garanzia della tenuta di un sistema a «rischio moderato» o meglio «lieve». È comunque preliminare il tema della qualità dei dati sanitari e delle indagini, soprattutto quando si riduce il rischio e quando perciò diventa necessaria una maggiore sensibilità per cogliere ogni minima alterazione.
Il discorso vale anche per chi è addetto alla vigilanza e ai controlli: la qualità dell’accertamento diagnostico va anteposta alla sua frequenza.
E ciò richiede maggiori risorse: di personale, di mezzi, di fondi e di tempo.
Risorse che debbono essere rese disponibili anche nei confronti di chi «esce» dal mondo del lavoro, con disponibilità di strumenti diagnostici e di monitoraggi adeguati, utili per la sorveglianza ambientale, per la prevenzione, per la valutazione ed il controllo del rischio.
6 – Un approccio preventivo sistematico si fonda su criteri ed elementi noti:
– conoscenze tossicologiche;
– progettazione e gestione delle strutture e degli impianti;
– valutazione e gestione del rischio;
– verifica della tenuta del sistema;
– assunzione di responsabilità da parte di produttori commercianti e utilizzatori di sostanze tossiche, - ruolo delle istituzioni pubbliche (soprattutto nella fase di creazione e di verifica degli standard e delle linee-guida, garantendo procedure con l’effettiva partecipazione di tutti gli interessati: la democraticità del processo di produzione normativa, nell’elaborazione delle norme anche tecniche);
– coordinamento tra i vari soggetti pubblici competenti (A.S.L., I.N.A.I.L., Ispettorati del Lavoro, ecc.);
– ruolo del medico del lavoro (che deve esprimersi nella gestione del lavoratore e del rischio, non limitandosi alla applicazione di semplici e rigidi protocolli e criteri «tabellari»);
– reale formazione ed informazione dei soggetti interessati (dai R.L.S. ai datori di lavoro ai singoli lavoratori, per i quali nessuno controlla se «sanno» davvero: e questa è una delle maggiori «ipocrisie»).
7 – La necessità e l’efficacia della prevenzione non possono essere valutati solo sulla base della riduzione o eliminazione della patologia professionale (assicurata o riconosciuta dall’ente assicuratore). Occorre piuttosto rivolgersi alla capacità di controllo del complesso degli elementi collegati con l’esposizione ai rischi lavorativi e con la loro gestione. Occorre applicare rigorosamente il complesso delle norme e delle procedure tendenti a controllare all’origine i rischi più aggiornati, che possono essere attivi nelle varie realtà lavorative e nei confronti di ogni singolo lavoratore esposto.
In conclusione, si può affermare che vanno controllati più i fattori di rischio che le malattie, anche se non vanno scordate l’importanza e la validità della creazione di osservatori sia delle malattie professionali (e dei tumori, in particolare) che delle esposizioni (e quindi del rischio), osservatori complementari tra loro nell’ottica della sorveglianza come in quella della prevenzione.


Allegato


ELENCO DELLE AUDIZIONI E DELLE ACQUISIZIONI DOCUMENTALI EFFETTUATE DAL GRUPPO DI LAVORO «MALATTIE PROFESSIONALI»



AUDIZIONI
15 novembre 2005: audizione dei rappresentanti dello INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), nelle persone di: dottor Maurizio CASTRO, Direttore Generale INAIL; dottor Giuseppe CIMAGLIA, Sovrintendente Medico Generale INAIL; dottor Paolo VACCARELLA, Direttore Centrale Prestazioni INAIL.
24 novembre 2005: audizione del Procuratore Aggiunto della Procura della Repubblica di Torino, dottor Raffaele GUARINIELLO.
6 dicembre 2005: audizione di esperti della prevenzione, nelle persone di: professor Francesco CARNEVALE, Direttore della Unità Funzionale Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro G. Pieraccini dell’Azienda Sanitaria di Firenze; dottor Domenico TADDEO, Presidente SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione).
20 dicembre 2005: audizione della dottoressa Roberta PIRASTU, Università La Sapienza e Istituto Superiore di Sanità; del professor Annibale BIGGERI, ordinario presso il Dipartimento di Statistica G. Parenti dell’Università di Firenze; della dottoressa Dolores CATELAN, ricercatrice presso il Dipartimento Statistica dell’Università di Firenze.

ACQUISIZIONI DOCUMENTALI
F. Carnevale, Per la prevenzione delle malattie da lavoro, dicembre 2005 [elaborato preparato in funzione di audizione presso gruppo di lavoro «Malattie professionali » della Commissione parlamentare d’inchiesta Infortuni sul Lavoro e c.d. morti bianche]
INAIL – Direzione Centrale Prestazioni, Le malattie professionali e la tutela assicurativa, Roma 15 novembre 2005
INAIL, Circolare n. 71 del 17 dicembre 2003
R. Pirastu, Epidemiologia dei tumori professionali: metodi di studio e applicazioni, 20 dicembre 2005 [testo accompagnato da una serie di allegati, il cui elenco si trova nel testo stesso]
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino – Ufficio Malattie Professionali, Sistema informativo per la gestione dell’osservatorio sui tumori professionali, novembre 2005
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), Linee di un documento programmatico per la formulazione di un testo unico sulla sicurezza e igiene del lavoro [senza data]
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), La prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali in Puglia, 22 agosto 2005
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), La prevenzione in Italia oggi: difficoltà e prospettive, aprile 2003
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), Progetto di collaborazione INAIL/USL 5 di Pisa – USL 11 di Empoli – azienda ospedaliera pisana per la ricerca attiva delle malattie professionali, 12 dicembre 2005
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), Il quadro dei danni alla salute correlati al lavoro. Infortuni e malattie professionali. Proposte, 5 dicembre 2005
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), Sull’adozione di un testo unico in materia di sicurezza del lavoro [senza data]
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione), Rivista, n. 63, settembre 2004 [numero monografico sul rischio chimico]
Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sede di Roma, sez. 3º ter, Sentenza 17 maggio 2005 [sui ricorsi riuniti n. 2532/2004 e n. 9497/2004, avverso la Circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003]
Atti del convegno La prevenzione del rischio cancerogeno nei luoghi di lavoro, svoltosi a Pisa dal 20 al 22 febbraio 2003
Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna a cura di A. Biggeri, F. Casson, D. Catelan, R. Pirastu, B. Terracini, ora in: Epidemiologia e prevenzione (2006), 30 (1) suppl: 1-64
________
Fonte: Senato della Repubblica