Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Lunedì 16 marzo 2009

Audizioni svolte presso la Prefettura di Catania



Presidenza del presidente TOFANI

INDICE

Audizione del presidente della Provincia regionale e del Sindaco di Catania
Audizione del questore di Catania, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei Vigili del fuoco
Audizione del dirigente dell’Ufficio provinciale del lavoro, del dirigente dell’Ispettorato provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS e del direttore generale dell’USL3
Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL e dell’UGL
Audizione del presidente di Confindustria Catania, del vice presidente di Apindustrie, del segretario provinciale della CNA, del presidente di Confartigianato Catania e del presidente della UPL-CLAI
Audizione del presidente dell’ANCE, del presidente dell’Ordine degli ingegneri, del presidente dell’Ordine degli architetti-PPC e del presidente dell’ANIS


Audizione del Presidente della Provincia regionale e del Sindaco di Catania



Intervengono il presidente della Provincia regionale, onorevole Giuseppe Castiglione, e il sindaco di Catania, senatore Raffaele Stancanelli.

PRESIDENTE
Do il benvenuto ai nostri ospiti che ringrazio per la loro disponibilità.
La presenza della Commissione oggi qui a Catania non è legata ad un evento specifico, ma piuttosto alla necessità di monitorare la situazione nazionale, attraverso una conoscenza più approfondita di alcune realtà territoriali con riferimento, in particolare, alle problematiche esistenti a livello locale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di riuscire a svolgere un ruolo più mirato ed attento, anche alla luce della nuova normativa in itinere (mi riferisco soprattutto ai vari provvedimenti richiamati dal decreto legislativo n. 81 del 2008). Il nostro obiettivo è quello di raccogliere dati per elaborare un modello di intervento più efficace per il contrasto al fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro.
Da qui nasce dunque l’esigenza di un confronto con le varie istituzioni, anche nella volontà di far percepire una maggiore vicinanza dello Stato sul territorio.
Cedo subito la parola ai nostri ospiti.

STANCANELLI
Signor Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare la Commissione per aver scelto la nostra città nell’ambito dell’azione di monitoraggio che state svolgendo sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda specificamente il problema degli infortuni sul lavoro, possiamo dire che nel Comune di Catania la situazione – difficile sotto altri profili – è sotto controllo (come risulta anche da un’apposita analisi condotta tra il 2003 e il 2008) e vi è una posizione assicurativa territoriale (PAT) regolarmente funzionante. Si è verificato soltanto un infortunio mortale nel 2002, che ha coinvolto un agente della polizia municipale; successivamente non ci sono più stati eventi mortali e, più in generale, gli stessi incidenti sul lavoro sono diminuiti, come risulta anche dai tabulati a nostra disposizione.
A partire dal mio insediamento come sindaco, avvenuto nel giugno del 2008, sono stati rafforzati nel Comune i presidi di sicurezza, che siamo riusciti così a fornire, già lo scorso ottobre, a tutti i dipendenti: abbiamo dunque cercato di fare tutto il necessario, nonostante le poche risorse a nostra disposizione. Penso che questo rappresenti un fatto importante in una città che si trova a vivere una serie di difficoltà rispetto a tante altre problematiche.
Vorrei sottolineare, ancora, che presso il Comune di Catania esiste un piano di formazione e informazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché specifici servizi al riguardo; corsi di formazione sono stati inoltre programmati anche per gli uffici decentrati del Comune. Per quanto riguarda l’organizzazione relativa ai corsi (ad esempio quelli antincendio o di primo soccorso), iniziati già lo scorso anno, consegnerò alla Commissione una specifica relazione predisposta al riguardo dal dottor D’Emilio, dirigente dell’apposito servizio comunale in materia di rischi sul lavoro e di valutazione degli stessi.
In conclusione, ribadisco la mia soddisfazione per la presenza della Commissione qui a Catania, che ritengo importante soprattutto in un momento difficile come quello che oggi la città sta vivendo. Spero che ne possa derivare un messaggio forte relativamente all’attenzione riservata dal Senato al problema degli infortuni sul lavoro nel nostro territorio, dove purtroppo lo scorso anno si sono verificati alcuni eventi tragici (mi riferisco, ad esempio, a quanto avvenuto a Mineo).
Ringrazio nuovamente la Commissione, alla quale auguro buon lavoro.

CASTIGLIONE
Signor presidente, ringrazio l’autorevole Commissione del Senato per la sua presenza oggi nella città di Catania, anche nella prospettiva di una sinergia tra istituzioni locali e nazionali.
Purtroppo anche la nostra Provincia conosce il fenomeno degli infortuni sul lavoro, che riguarda ormai tutto il territorio nazionale, dal Nord al Sud del Paese: giorno dopo giorno, infatti, avvertiamo la difficoltà di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, che risulta sempre più rischio. Il dramma delle morti bianche è ricorrente: si è verificato nella nostra Isola e anche nella nostra Provincia. Oltre all’evento di Mineo, al quale il sindaco ha fatto poc’anzi riferimento, non possiamo dimenticare la vasta eco che ha avuto a livello nazionale l’incidente di Motta Sant’Anastasia, che ha visto coinvolti due dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato. Sui luoghi di lavoro dunque si muore e si continua a morire.
Sicuramente nella nostra Provincia ci sono molti altri problemi: c’è, ad esempio, un tasso molto alto di incidenti stradali dovuto alla viabilità provinciale, che costituisce uno dei principali settori di intervento della Provincia regionale. A tal proposito, vorrei ricordare che la nostra è stata la prima Provincia ad approvare uno specifico piano in adesione alle risorse assegnate a livello nazionale per la viabilità provinciale, anche se il provvedimento dello Stato ha conosciuto purtroppo una fase altalenante, con risorse prima assegnante e poi recuperate dal Governo centrale. Abbiamo dunque già adottato un piano per la viabilità provinciale, che è in fase di esecuzione. Fortunatamente, infatti, dal momento che la situazione finanziaria della Provincia di Catania è abbastanza sana e non ci sono particolari difficoltà, siamo stati in grado di anticipare alcune somme (circa 3 milioni di euro) per le indagini geognostiche. Questo ci ha permesso di utilizzare i 52 milioni di euro messi a disposizione della nostra Provincia, anche se le risorse assegnate sul piano regionale, ad esempio, non sempre sono sufficienti in un territorio vasto come il nostro, che ha ben 2.500 chilometri di strade provinciali. Vi è dunque, in realtà, una forte esigenza di reperire risorse ulteriori, stanziate anche a livello nazionale.
Un altro tema importante per la Provincia, sul quale vorrei richiamare l’attenzione della Commissione, è quello della sicurezza nelle scuole. Nel nostro territorio sono presenti 130 plessi scolastici, corrispondenti a circa un milione di metri quadrati di superficie di cui la Provincia è chiamata ad occuparsi sul piano della manutenzione e delle ristrutturazioni. Anche in questo settore, però, si pone il problema della limitatezza delle risorse, per cui il reperimento di fondi rappresenta una priorità: abbiamo già fatto un investimento per circa 45 milioni di euro, che sicuramente ci lascia soddisfatti, anche se, ovviamente, con più risorse a disposizione avremmo maggiori possibilità di intervento.
L’attuale Consiglio provinciale ha approvato il PEG (Piano esecutivo di gestione), nonché nei termini (cioè entro il mese di dicembre) il proprio bilancio, investendo risorse per la sicurezza nelle scuole. Il 90 per cento del patrimonio edilizio scolastico oggi è – per così dire – sano; i problemi riguardano per lo più il restante 10 per cento, costituito dagli edifici storici in cui sono allocate strutture scolastiche, soprattutto perché, in relazione ad essi, si intersecano competenze diverse e spesso diventa difficile intervenire: da questo punto di vista potrebbe essere utile innanzitutto una semplificazione delle procedure. In molti edifici scolastici si pone poi anche il problema della sicurezza all’uscita, soprattutto per alcuni grandi istituti ubicati in aree della città difficoltose da gestire e per i quali si richiederebbero interventi al limite tra la protezione civile e l’edilizia scolastica.
Per quanto riguarda più in generale il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, i rischi maggiori si registrano in particolare nei cantieri, dove spesso vengono impiegati lavoratori stranieri. Si pone dunque il problema di dare garanzie a questi lavoratori, non solo dal punto di vista economico ma anche sotto il profilo della sicurezza sul lavoro, adottando tutti gli accorgimenti necessari. Occorre spingere su questo aspetto, investendo risorse, semplificando le procedure e aumentando i controlli da parte degli organi di polizia. Ritengo, in particolare, che sia necessaria un’intensa azione di verifica e di controllo nelle imprese, nonostante la situazione economica sia oggi particolarmente difficile per le nostre aziende, come del resto in tutto il Paese: credo infatti che al tema della sicurezza debba essere riconosciuta priorità rispetto a tutto il resto.
Ho sviluppato soltanto alcune brevi considerazioni che intendevo sottoporre alla vostra attenzione su una materia nella quale ritengo che la cooperazione sia assolutamente preziosa. Vi ringrazio ancora per la vostra presenza, manifestando sin da ora la nostra più ampia disponibilità a collaborare e a fornire, anche in via informale, tutte le indicazioni che dovessero rivelarsi necessarie, oltre a quelle che potranno comunque darvi oggi le Forze dell’ordine, nonché gli autorevoli esponenti del mondo del lavoro e gli esperti di sicurezza sul lavoro che tra poco ascolterete.

DONAGGIO (PD)
Come ha già accennato dal presidente Tofani nell’introduzione ai nostri lavori, la presenza della Commissione oggi qui a Catania non è legata ad un accadimento specifico, ma si inserisce nel quadro più ampio della ricognizione che intendiamo svolgere sul territorio nazionale per comprendere come le autonomie locali si pongono rispetto al problema della sicurezza sul lavoro.
In proposito, vorrei sapere innanzitutto se, a seguito dell’entrata in vigore del cosiddetto Codice sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, vengano impartite direttive precise per il rispetto delle procedure legate ai profili della sicurezza, non solo per quanto riguarda le attività interne – quelle cioè svolte in proprio dalla Provincia o dal Comune – ma anche per quelle date in appalto.
In secondo luogo, considerato che su scala nazionale sono state ormai individuate le tipologie di lavoratori maggiormente a rischio (gli immigrati, cui sono legati gli indicatori di rischio più elevati, nonché i lavoratori temporanei o precari), vorrei sapere se avete dato indicazioni ai vostri uffici su come controllare le imprese che utilizzano questo tipo di manodopera, nel momento in cui esse si occupano di svolgere determinate attività in nome e per conto delle vostre amministrazioni: sarebbe interessante conoscere questo profilo, perché ciò ci consentirebbe anche di capire meglio come può funzionare il Codice sulla sicurezza.

CASTIGLIONE
Su questo aspetto, dopo aver letto su «Il Sole 24 ore» una esperienza nata nella Provincia di Milano con un protocollo molto interessante, abbiamo fatto un incontro ad hoc con i dirigenti del settore tecnico. La contrattualizzazione del servizio e dell’appalto viene accompagnata. L’abbiamo ribadito con una nota da parte dell’amministrazione.
Vorremmo però anche adottare alcuni provvedimenti sulla formazione e approfondire altre iniziative.
Comunque alle strutture appaltanti, quindi agli enti cui si appalta un servizio o un lavoro nella nostra Provincia, abbiamo dato delle prescrizioni.
L’obbligo di aderire alla legge mi pare quasi scontato. C’è però una attività supplementare da parte dei nostri uffici per la parte relativa alla manutenzione, in quanto abbiamo una società di servizi della Provincia.
In conclusione, la vigilanza è molto forte soprattutto rispetto a ciò che è dato in appalto.

PRESIDENTE
Ringrazio il sindaco ed il presidente della Provincia per il loro contributo e dichiaro conclusa questa prima audizione.


Audizione del questore di Catania, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei Vigili del fuoco



Intervengono il questore di Catania, dottor Domenico Pinzello, il comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Giuseppe Governale, il comandante provinciale della Guardia di finanza, generale di brigata Ignazio Gibilaro, e il comandante provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Salvatore Spanò.

PRESIDENTE
Signori, buongiorno e grazie per essere intervenuti.
Questa audizione per noi è importante perché ci dà il quadro della presenza in questa Provincia dello Stato, delle forze dell’ordine, delle forze di polizia, dei soggetti orientati alla prevenzione e al contrasto in riferimento al lavoro nero, allo sfruttamento sul lavoro e alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Gradiremmo quindi avere da parte vostra, sia pure in modo sintetico, un quadro della situazione. Qualora non lo aveste già definito e dovesse essere ancora in itinere vi preghiamo comunque di inviarcelo, anche perché all’interno della Commissione operano una serie di gruppi di lavoro su specifici argomenti.

PINZELLO
Signor Presidente, sono a Catania dal 1º febbraio del 2009 e ho avuto il battesimo nella città durante le festività agatine. In ordine al fenomeno delle morti bianche, ed in relazione anche ad un input della prefettura di Catania, dal marzo scorso abbiamo effettuato, unitamente ad altri organismi che hanno delle competenze specifiche nel settore (INPS, INAIL, Ispettorato provinciale di lavoro e AUSL 3 di Catania), numerosi controlli presso cantieri edili. Altri controlli sono stati invece effettuati unicamente con l’Ispettorato provinciale del lavoro.
I risultati sono i seguenti: 33 cantieri controllati dalla polizia di Stato e 51 ditte esaminate; 140 le irregolarità amministrative varie riscontrate...

PRESIDENTE
Chiedo scusa se la interrompo. Considerata anche la vostra funzione specifica, i controlli in questi cantieri nascono da esigenze di altro tipo?

PINZELLO
No. Sono stati effettuati solo per esigenze di carattere preventivo, tuttavia è mio intendimento, in occasione dei controlli che avverranno nel corso del 2009, non limitarci ad una attività di mera assistenza o di ordine pubblico, ma verificare anche situazioni quali eventuali noli o subappalti, così come le ditte fornitrici, per accertare se vi siano determinate imposizioni in aree ben specifiche o se il libero mercato può svolgere la sua funzione.
Quindi l’input che sto dando dal momento del mio insediamento (come in precedenza ho fatto durante il mio mandato alla questura di Trapani, ove facevo presenziare anche personale della squadra mobile per attenzionare situazioni che potevano essere suscettibili di approfondimento) è di far sì che queste attività non siano di mero accompagnamento e che possano dare delle indicazioni per eventuali sviluppi successivi da parte degli organismi investigativi.
Oltre a questa attività di assistenza, indirettamente svolgiamo, tramite una specifica squadra della polizia amministrativa, una attività di controllo sui luoghi di lavoro. Quando effettuiamo dei controlli, per esempio, nelle fabbriche di esplosivo, la nostra attività è anche a tutela dei lavoratori che operano in detti locali. Altrettanto possiamo dire dei controlli che svolgiamo presso le discoteche, perché oltre agli utenti c’è anche il personale che fa parte dell’organizzazione. Abbiamo effettuato controlli anche presso gli istituti di vigilanza, giacché ritengo che la sicurezza del lavoratore non debba essere intesa unicamente con riferimento ai locali ove svolge la sua attività, ma anche nello svolgimento di essa. Quindi se un dipendente di un istituto di vigilanza non dispone di quei mezzi che gli consentano di poter operare anche a salvaguardia della propria incolumità, noi interveniamo (ad esempio se non vi sono delle radio portatili che consentano un collegamento o se il lavoratore dell’istituto di vigilanza non effettua le attività di esercitazione al tiro).
Come ho già detto, la sicurezza nei luoghi di lavoro non deve essere vista solo sotto un profilo statico (il locale ove si svolgono i propri compiti), ma anche sotto un profilo dinamico, includendo quindi tutte le attività che vanno verso l’esterno. In questo breve periodo ho potuto notare de visu parecchie inosservanze. Anche uscendo dalla questura, qui dietro l’angolo, ho visto operai al lavoro senza caschetto, qualcosa forse di minimale ma certamente essenziale sotto il profilo della sicurezza. Mi sono quindi subito attivato al riguardo. Cito questo episodio per evidenziare non una mia attività, bensì un certo lassismo che si riscontra in questa materia, quasi a dispregio delle norme.
Voglio anche sottolineare una attività positiva sotto il profilo investigativo a seguito di morti bianche. Cito l’episodio che ha colpito due ferrovieri a Motta Sant’Anastasia il 1º settembre 2008. Nell’arco di appena dodici giorni, in stretto raccordo con l’autorità giudiziaria, si è arrivati a delineare le responsabilità di chi doveva porre in essere le misure di sicurezza a salvaguardia dei lavoratori e quindi all’emissione di un provvedimento restrittivo. Abbiamo avuto in questo caso un esempio di giustizia rapida e di raccordo tra i vari soggetti istituzionali. Importante è stato soprattutto il messaggio circa la rilevanza di questo episodio. Si doveva dare una risposta ferma e in tempi brevi e ritengo che così sia stato, dal momento che il provvedimento restrittivo è stato emesso in pochissimi giorni.
Anche il messaggio è stato chiaro: l’episodio deve essere letto non solo dal punto di vista della repressione, ma anche dal punto di vista della prevenzione.

GOVERNALE
Rivolgo anzitutto un saluto agli onorevoli rappresentanti della Commissione. Sono comandante provinciale dei Carabinieri di Catania dal 22 settembre 2007. Desidero porre in primo luogo in evidenza che nella Provincia di Catania gli infortuni sul lavoro presentano un trend crescente, essendo passati dagli 8.898 del 2007, pari al 19,7 per cento degli oltre 45.000 casi della Regione, agli 9.248 del 2008, corrispondenti al 20 per cento degli oltre 46.000 infortuni registrati nell’Isola.
Il dato, reso disponibile dall’INAIL, è da ritenersi comunque parziale considerato che gli incidenti meno gravi, soprattutto quelli relativi alle malattie professionali, tendono a non essere denunciati.
Nello stesso periodo si è registrato un notevole incremento degli incidenti mortali: dai 15 del 2007 si è passati ai 28 del 2008 (un incremento di oltre l’86 per cento), con casi anche di grande rilevanza pubblica. Il questore di Catania ha ricordato l’episodio del 1º settembre 2008, quando a Motta Sant’Anastasia due lavoratori delle Ferrovie hanno perso la vita.
Personalmente voglio richiamare l’episodio, che ha visto protagonista nell’attività investigativa l’Arma dei Carabinieri, del 12 giugno 2008, quando a Mineo hanno perso la vita sei operai, rinvenuti esanimi all’interno dell’impianto di depurazione comunale.
Premettendo che prendo a riferimento sempre i dati INAIL, le cause dell’espansione del fenomeno possano essere individuate: nella diffusione di imprese con meno di 15 dipendenti (su circa 87.000 imprese registrate nella Provincia, il 51 per cento risulta infatti con un solo addetto), ove si concentrano i più alti tassi di infortuni e di mortalità; nell’eccessiva frammentazione delle imprese che concorrono al processo produttivo nei cantieri edili, circostanza che determina difetti di coordinamento con conseguente crescita del rischio; nella non sempre coerente cultura della sicurezza tra i lavoratori.
Nei primi due mesi del 2009 sono stati denunciati 1.242 infortuni, di cui quattro mortali. In tale contesto, tenuto conto della particolare importanza e delicatezza del fenomeno – peraltro sottolineata recentemente anche dal comandante generale dell’Arma in un suo intervento ufficiale all’inaugurazione dell’anno accademico alla Scuola ufficiali, quando ebbe ad indicare che la particolare attività ispettiva deve essere potenziata attraverso l’impiego congiunto delle unità territoriali specializzate dell’Arma, in piena sinergia con gli organi territoriali del Ministero del lavoro – il comando provinciale di Catania, peraltro fin dall’autunno del 2007, ha disposto una serie di controlli e verifiche, con la collaborazione del Nucleo ispettorato del lavoro. I dati ufficiali sono testimonianza di come il comando provinciale dei Carabinieri di Catania sia uno tra i più attivi a livello nazionale. Nel 2008 sono state controllate 452 imprese, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria 230 soggetti a vario titolo responsabili di violazioni della normativa sulla sicurezza e in tema previdenziale, sono state comminate 789 contravvenzioni, si è arrivati ad una sospensione dell’attività lavorativa in 126 casi, con il sequestro di immobili per oltre 12 milioni di euro, e sono stati verificati 415 lavoratori in nero. Del resto, nei primi tre mesi dell’anno in corso – i numeri potranno essere desunti più specificamente dalla relazione – il trend si è rivelato pressoché identico.
Il 5 giugno 2008, in occasione della festa dell’Arma dei Carabinieri, al dipendente comando del gruppo di Catania è stato tributato un encomio da parte del comandante della Regione Sicilia proprio con riferimento alla particolare attività svolta nel delicato settore.
Nel corso del 2009 l’attività ispettiva dell’Arma ha continuato ad essere svolta in maniera incessante. Senza entrare eccessivamente nello specifico, mi limito a riferire solo alcune date: 23 gennaio Catania, 29 gennaio Grammichele, 11 febbraio Biancavilla e Adrano, 12 febbraio Biancavilla, 13 febbraio Catania, 14 febbraio Scordia, 1º marzo Biancavilla e Paternò, 3 marzo l’hinterland, 6 marzo Belpasso, 12 marzo Catania.
A supporto dell’attività della Commissione e al fine di delineare proposte concrete per contrastare questo fenomeno particolarmente negativo nella Provincia di Catania, oltre ad una ulteriore intensificazione dei controlli da parte degli enti a vario titolo chiamati a garantire l’osservanza delle norme a tutela della sicurezza, forse potrebbe essere opportuno incentivare i datori di lavoro a ricorrere alle strutture e ai mezzi di protezione dei dipendenti, nonché accrescere l’efficacia delle procedure finalizzate ad accertare eventuali responsabilità e la deterrenza delle sanzioni penali in caso di morte o lesioni personali gravi verificatesi durante il processo lavorativo. Si potrebbe, ad esempio, prevedere una sorta di incentivo o rottamazione degli impianti vetusti. Si tratterebbe di uno strumento particolarmente utile, soprattutto nel campo dell’edilizia, settore in cui si registra il maggior numero di incidenti mortali, sovente dovuti oltre che alla mancanza di dispositivi di protezione individuale, come ricordato dal questore, a carenze strutturali, come nel caso dei ponteggi. Si potrebbe assegnare l’espletamento delle indagini relative agli infortuni sul lavoro a pool di magistrati inquirenti specializzati nella particolare materia e configurare, oltre all’omicidio colposo, ipotesi di reato più aderenti al disvalore oggi unanimemente attribuito agli infortuni sul lavoro. La traduzione in norma penale della linea processuale seguita dalla procura della Repubblica di Torino nel caso ThyssenKrupp potrebbe costituire un deterrente efficace rispetto ad occasioni del passato in cui, confidando sulla lunghezza dei processi (ricordo che in questa terra due più due non fa quattro ma quasi sempre cinque), con la sola imputazione di omicidio colposo si riusciva a godere di una sostanziale impunità.
Infine, si potrebbe considerare vantaggiosa l’istituzione presso ogni prefettura di una Conferenza permanente sulla sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, che consenta uno scambio sistematico di informazioni e il monitoraggio di fenomeni particolarmente cruenti nonché di pianificare con metodicità ispezioni anche congiunte con gli altri enti preposti.

GIBILARO
Buongiorno, Presidente. Sono il generale Ignazio Gibilaro, comandante provinciale della Guardia di finanza di Catania dall’agosto 2008. La Guardia di finanza, in base al decreto legislativo n. 68 del 2001, assolve oltre alle funzioni di polizia giudiziaria e di ordine e sicurezza pubblica anche funzioni di polizia economica e finanziaria. L’attività di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni, che interessa vari settori, ci porta ad interessarci anche del comparto della previdenza, assistenza e altre forme obbligatorie di sicurezza sociale pubblica proprie del mercato del lavoro.
In particolare, sviluppiamo la parte preponderante del nostro intervento in concomitanza con attività ispettive volte al controllo delle realtà imprenditoriali ed economiche che rientrano nell’area di nostra competenza.
Un aspetto da noi riscontrato, che può essere utile evidenziare, è che di norma in presenza di un soggetto economico che opera in condizioni patologiche risulta più accentuata l’esposizione al rischio dei lavoratori e dei dipendenti, anche con riferimento alle salvaguardie di legge previste in materia antinfortunistica.
Quindi, ci troviamo impegnati su due fronti. Da un lato, rilevare situazioni di sommerso di azienda, relative a realtà imprenditoriali ed economiche che per risparmiare operano senza tenere in alcuna considerazione norme tributarie e di sicurezza sul lavoro. Nel momento in cui l’impresa decide di operare in nero per abbattere i costi viene automaticamente coinvolto a cascata l’intero comparto in termini di salvaguardia della salute e della vita degli operai. Dall’altro, individuare nel corso delle attività ispettive le posizioni lavorative in nero oppure in grigio, cioè quelle posizioni irregolari in cui sostanzialmente viene presentata una determinata posizione di lavoro dell’impiegato o del lavoratore, che in realtà non corrisponde a verità. Viene dissimulato il lavoro dipendente con altre forme meno costose dal punto di vista previdenziale e tributario.
Se si analizzano i due settori, sommerso d’azienda e d’impresa e lavoro sommerso, i dati relativi al 2008 – e quindi sostanzialmente aggiornati ad oggi – mettono in evidenza ben 149 interventi su realtà economiche aziendali che operavano totalmente in nero. Per dare un’idea reale della rilevanza economica di questi soggetti, basti pensare che a seguito di questi 149 controlli sono uscite proposte di recupero, come base imponibile, pari a 132 milioni, a prescindere da valutazioni relative all’Iva. Ben 21 attività ispettive di controllo svolte come polizia tributaria ed economico- finanziaria hanno dato esito positivo. Nell’ambito dell’individuazione di violazioni, sono risultati 109 lavoratori in nero e 65 lavoratori irregolari.
Nel documento viene svolta anche una rapida disamina dei settori principalmente interessati da queste attività irregolari. Per il sommerso di azienda sono quasi tutte collegate al settore dell’edilizia, mentre per quanto riguarda i lavoratori in nero o in grigio si fa soprattutto riferimento al settore del commercio e della ristorazione, oltre a quello dell’edilizia o ad altri ad esso collegato.
Le nostre nuove modalità ispettive, varate dal 1º gennaio di quest’anno, in base alla circolare n. 1 del 2008, ribadiscono per tutte le pattuglie del Corpo impegnate in attività di controllo fiscale l’obbligo di procedere anche al controllo della regolare posizione previdenziale e contributiva dei lavoratori dipendenti. È un modo per procedere in maniera sistematica, anche perché grazie alla nostra attività di controllo fiscale è sostanzialmente possibile fare emergere posizioni di lavoro nero o grigio.

SPANÒ
Sono il comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Catania.
Il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, come certamente è noto a tutti, è una struttura dello Stato incardinata nell’ambito del Ministero dell’interno ed ha tra i suoi compiti principali la prevenzione e l’estinzione degli incendi oltre che in generale la difesa civile e il soccorso pubblico.
Nell’ambito del servizio di prevenzione incendi il Corpo svolge una funzione di controllo di determinate attività, elencate nell’ambito di uno specifico decreto ministeriale, soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi. Nell’ambito di tale attività rientra anche quanto previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2008 in merito alla sicurezza dei lavoratori dipendenti.
Svolgiamo poi un’intensa attività di formazione nell’ambito della sicurezza che, oltre a prevenire il rischio di incendio, è finalizzata anche alla salvaguardia degli stessi lavoratori. Con riferimento all’attività di prevenzione incendi, si sottolinea che nella Provincia di Catania si riesce quasi sempre ad espletare le procedure di prevenzione incendi entro i termini previsti dalle leggi in vigore. Ciò non toglie che esiste un certo sommerso che si ripercuote sulla sicurezza dei lavoratori, messa in pericolo per la mancanza di taluni elementi di prevenzione antincendio. Purtroppo, è il caso di dire che la normativa di riferimento è un po’ «ingessata», nel senso che devono essere ancora emanati i decreti attuativi riferiti al decreto legislativo n. 217 del 2005. C’è poi da rilevare che gli enti locali, che avrebbero l’obbligo di acquisire il certificato di prevenzione incendi prima ancora di rilasciare l’atto di autorizzazione definitivo, spesso non lo acquisiscono, per cui moltissime attività non sono in regola con le norme di prevenzione incendi e quindi con le norme di sicurezza relative ai lavoratori. In realtà l’attività ispettiva ricade sulle locali forze di polizia, in particolare sui vigili urbani, anche se di fatto siamo noi a svolgere le ispezioni a seguito di esposti o segnalazioni, sia per le attività per le quali viene richiesto il certificato di prevenzione incendi, sia su richiesta dei titolari delle attività medesime.
Per quanto riguarda l’attività di formazione, l’anno scorso abbiamo svolto 53 corsi, circa uno alla settimana, e formato 1.014 lavoratori. Inoltre, abbiamo portato avanti il progetto «scuola sicura» ed incontri a diversi livelli con i Comuni e le scuole per inculcare la cosiddetta cultura della sicurezza e il modo di comportarsi in caso di incendio, terremoto o altra calamità naturale.
Anche se l’attività svolta è di notevole rilievo, è d’obbligo una segnalazione. In base alla normativa sulla sicurezza delineata attraverso il decreto legislativo n. 626 del 1994, successivamente integrata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, si prevede la redazione del documento di valutazione del rischio e del piano di sicurezza e di evacuazione. Ora, in assenza di specifiche ispezioni questi documenti, particolarmente voluminosi, rischiano di essere archiviati in quanto tali. A mio parere sarebbe invece necessario incentivare l’attività di ispezione svolta dagli organi preposti (Ispettorato del lavoro, ASL, etc.) in modo da rendere questi adempimenti oltre che formalmente ineccepibili dal punto di vista normativo anche efficaci rispetto alle indicazioni contenute nei documenti di valutazione del rischio.
In ogni caso lascerò agli atti della Commissione una breve relazione.

MARAVENTANO (LNP)
Signor Presidente, da quanto abbiamo ascoltato dobbiamo concludere che, tutto sommato, la Provincia di Catania può dirsi molto fortunata, considerato che nessuno degli auditi ci ha parlato di sfruttamento del lavoro minorile: sembrerebbe dunque che in questa Provincia il fenomeno non esista. Se è così – lo ripeto – la Provincia di Catania è molto fortunata, perché significa che da questo punto di vista un po’ di cultura c’è.
Noi speriamo che le cose stiano veramente questo modo tuttavia, se così non fosse e se, magari, non ci sono stati forniti dati al riguardo perché non si è avuto il tempo di reperirli, sarei veramente grata ai nostri ospiti se potessero farceli avere, anche trasmettendoceli in seguito: quello dello sfruttamento minorile, infatti, è un tema che mi preme in modo particolare, occupandomene personalmente con il mio gruppo di lavoro all’interno della Commissione.

GOVERNALE
È vero, senatrice, non ho parlato di sfruttamento dei minori, ma non parlare di un fenomeno non significa che non esista.

MARAVENTANO (LNP)
Era proprio quello che volevo sapere, Comandante.

GOVERNALE
Il problema dello sfruttamento minorile sicuramente incide – per dirla in maniera eufemistica – sul fenomeno di cui ci stiamo occupando. Per quanto riguarda in particolare l’Arma dei Carabinieri, i dati di cui disponiamo non rientrano tra quelli specifici di settore; provvederemo comunque a trasmettere alla Commissione le percentuali di cui disponiamo al riguardo.

DONAGGIO (PD)
Ringrazio gli auditi per il loro contributo, soprattutto perché ognuno di loro si è soffermato sul tema dell’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, il cosiddetto Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che la Commissione si impegna a rendere il più efficace possibile in tempi brevi.
Al riguardo, vorrei che i nostri ospiti ci aiutassero a capire il livello di coordinamento esistente tra i vari soggetti, con riferimento in particolare alle eventuali carenze che si registrano da questo punto di vista e, quindi, alle conseguenti difficoltà per un’efficace azione complessiva di intervento in materia di sicurezza sul lavoro. Mi ha molto preoccupato, infatti, quanto ha detto prima il Comandante provinciale della Guardia di finanza sul fatto che dai dati risulta un trend di crescita del fenomeno: forse andrebbe rafforzato il coordinamento tra i vari soggetti sul piano dei controlli, come ipotizzato anche dal Testo unico.

GOVERNALE
Quando poco fa ho parlato del coordinamento realizzato dalla Prefettura in questo particolare ambito – penso di poter parlare in questo senso anche a nome del Questore – non intendevo riferirmi alle forze di polizia, a mio avviso molto ben coordinate tra loro anche in questo settore. Il riferimento è piuttosto ad altri organismi esterni che, pur essendo deputati a svolgere attività di questo tipo, non sono presenti in modo efficace, sia per la difficoltà di reperire risorse organiche da sfruttare poi sul territorio, sia probabilmente per le modalità di azione, spesso non adeguate rispetto al modulo ben collaudato proprio delle forze di polizia, per cui sarebbe forse opportuna una registrazione degli stessi.

GIBILARO
Per quanto concerne la Guardia di finanza, signor Presidente, posso dire che a Catania non ci sono problemi di coordinamento tra le forze di polizia.

PRESIDENTE
Mi scusi, Comandante, ma non penso che fosse questo il profilo cui intendeva fare riferimento la collega Donaggio, di cui conosco l’impegno: siamo sicuri che tra le forze di polizia vi sia un coordinamento, questo è un dato confermato. Penso che la collega volesse soltanto riuscire a capire – e mi associo in questo senso alla sua richiesta – se vi è un coordinamento con gli altri soggetti preposti all’attività di prevenzione e di contrasto al fenomeno degli infortuni nei luoghi di lavoro.

GIBILARO
Come Guardia di finanza abbiamo siglato con la Provincia di Catania due protocolli d’intesa (il primo un paio di anni or sono, il secondo solo qualche mese fa) che vedono la partecipazione non solo delle procure di Catania e di Caltagirone, ma anche dell’INPS, quale organo ispettivo, nonché, appunto, della Guardia di finanza, come organo di polizia amministrativa economico-fiscale. Tali protocolli mirano a rendere più efficace l’interazione tra le diverse istituzioni per il contrasto a tutti gli illeciti in materia previdenziale e contributiva, con un’azione di controllo quindi più sistematica sul mondo del lavoro.
Per quanto riguarda squisitamente il discorso sulla sicurezza, pur non essendo quest’ultimo in premessa di quei protocolli, diventa di fatto in molti casi un portato a cascata: infatti, nel momento in cui si ha a che fare con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro possono emergere situazioni di lavoro nero, grigio o, più in generale, violazioni che come organi di polizia amministrativa noi rileviamo.

PRESIDENTE
Abbiamo compreso benissimo questo aspetto: dobbiamo dunque constatare che non c’è coordinamento tra le forze di polizia, la ASL e l’Ispettorato del lavoro, che sono poi i due soggetti in qualche modo preposti alle azioni di prevenzione e controllo in materia di sicurezza sul lavoro. Tutto ciò che voi fate è meritevole, ma spesso si tratta solo di interventi a ricaduta: questo discorso ovviamente non vale per i Carabinieri, che hanno un nucleo operativo specifico presso l’Ispettorato del lavoro. In proposito, se possibile, vorremmo sapere dal Comandante provinciale dei Carabinieri quante sono le unità che lavorano presso l’Ispettorato del lavoro nella Provincia di Catania.

GOVERNALE
Otto unità, signor Presidente.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo, rinnovando loro l’invito a trasmettere quanto prima alla Commissione i dati relativi al lavoro minorile, secondo la richiesta formulata dalla senatrice Maraventano.


Audizione del dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, del dirigente dell’Ispettorato provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS e del direttore generale della USL 3 di Catania



Intervengono il dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, dottor Domenico Palermo, il dirigente dell’Ispettorato provinciale del lavoro, ingegner Dino Cacopardo, il direttore provinciale dell’INAIL, dottoressa Maria Grazia Ciotta, il direttore provinciale dell’INPS, dottor Domenico Busciglio ed il direttore generale della USL 3 di Catania, dottor Antonino Scavone.

PRESIDENTE
Diamo il benvenuto ai nostri ospiti e li ringraziamo per la loro disponibilità.
La presenza della nostra Commissione qui a Catania non è legata ad un accadimento specifico, ma si inserisce piuttosto all’interno di una più ampia attività di monitoraggio che stiamo compiendo in varie parti del nostro Paese, nel tentativo di comprendere più da vicino, proprio attraverso il confronto diretto con chi opera sul territorio, le problematiche riguardanti in particolare i soggetti preposti alle attività di prevenzione, di contrasto e quindi di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Invitiamo quindi gli auditi a fornirci tutti gli elementi a loro disposizione, avendo sicuramente maggiore contezza delle difficoltà che quotidianamente si pongono, e ad indicarci anche eventuali vulnus, in modo da dare a questa Commissione la possibilità di comprendere meglio la situazione.

CIOTTA
Signor Presidente, sono il direttore provinciale della sede INAIL di Catania. L’Istituto da sempre si occupa di sicurezza, anche se la sua mission si è modificata, in particolare a seguito del decreto legislativo n. 38 del 2000: è stata così avviata lentamente, ma progressivamente e con continuità, un’operazione di prevenzione per la messa in sicurezza sia delle fabbriche che delle scuole presenti sul nostro territorio.
Devo dire che all’inizio non è stata data la giusta risposta alle nostre iniziative, forse perché i messaggi non erano chiari o forse perché c’è stata scarsa comunicazione ed informazione al riguardo. Ed infatti, nonostante la possibilità di recuperare denaro per fare prevenzione nelle fabbriche, ci sono state poche richieste da parte delle imprese. Ultimamente stiamo registrando invece un riscontro più ampio: molte aziende si stanno mettendo in regola e ci stanno chiedendo di poter attingere ai finanziamenti da noi messi a disposizione per adeguare i livelli di sicurezza nelle fabbriche.

PRESIDENTE
Mi scusi, dottoressa Ciotta, potrebbe chiarire meglio questo passaggio?

CIOTTA
Il nostro Istituto ha adottato diverse iniziative (abbiamo iniziato ad esempio con i fondi ISI1 ed ISI2) per consentire alle aziende di adeguare i propri macchinari ed assicurare così agli operai una maggiore sicurezza sul lavoro. Sono state però pochissime, soprattutto nel Meridione e, in particolare, in Sicilia, le imprese che hanno presentato progetti per accedere ai nostri fondi. In ogni caso si è trattato di un percorso lento e progressivo: infatti, pur di non far entrare istituti come l’INAIL o l’INPS all’interno delle fabbriche – nel timore forse che potessero essere eventualmente scoperte situazioni di lavoro nero o irregolarità – si preferiva non fare domanda per ottenere le risorse messe a disposizione.
Oggi, invece, i datori di lavoro cominciano a presentare domanda per accedere ai nostri finanziamenti, forse perché hanno capito che non siamo organi di polizia, ma che ci occupiamo soltanto di assicurazione e di prevenzione; hanno capito che i nostri tecnici, di cui l’Istituto si vanta, con la Contalp, vanno sul posto per verificare di che tipo è la carenza a livello di sicurezza e quindi per aiutare a risolvere il problema.
In Italia il trend delle morti bianche e degli infortuni è in diminuzione...

PRESIDENTE
Sappiamo che qui è il contrario.

CIOTTA
... mentre a Catania è in aumento.

PRESIDENTE
Scusi se la interrompo, dottoressa. Potrebbe fornirci i dati anche in riferimento all’avvicinamento delle aziende alle istituzioni, che per noi è un fatto molto significativo?

CIOTTA
Certo. Il trend è in aumento soltanto nella Provincia di Catania, sia rispetto al dato della Sicilia che al dato nazionale. Ricordo in proposito i sei morti di Mineo dell’anno scorso. Tuttavia l’Istituto, come si può vedere dalla documentazione, nell’arco di 24 ore, 48 al massimo, riesce a liquidare – con grande sacrificio dei miei collaboratori – sia la rendita alla vedova superstite sia le indennità di lutto e quant’altro.
Certo con soli cinque ispettori nella sede di Catania, che devono governare anche Enna, Ragusa e Siracusa, riesce molto difficile parlare di sicurezza e prevenzione. Purtroppo da molti anni non si fanno assunzioni, alcuni ispettori sono andati in pensione, altri sono deceduti, per cui la Sicilia nel suo complesso vanta soltanto 18 ispettori per 9 province, 5 COT (Centri operativi territoriali), 4 sedi di tipo B e dieci agenzie.
Il territorio che gestisco è grande, perché la città, pur avendo 300.000 abitanti, ha numerosi comuni e province limitrofe. Eppure c’è soltanto un COT a Caltagirone e un’agenzia a Giarre. Per poter parlare di comunicazione bisognerebbe avere, oltre alle risorse finanziarie, anche le risorse umane. Ciononostante, la struttura che gestisco da tre anni ha adottato una miriade d’iniziative, tutte documentate e riepilogate nella mia relazione.
Ho iniziato un percorso soprattutto volgendo lo sguardo alle scuole: oggi studenti, domani futuri lavoratori. Se ai nostri tempi ci avessero fatto la necessaria formazione e informazione su quanto fa male il fumo oggi probabilmente io non fumerei. Allora mi sono detta che se avessimo iniziato con i ragazzi a dire qual è il sistema giusto di approccio al lavoro, qual è la legalità e qual è la giustizia che si devono chiedere ai datori di lavoro, forse il messaggio sarebbe passato. E così è stato. Abbiamo iniziato dalle scuole elementari, con un concorso caratterizzato da una presenza che non immaginavamo potesse essere così elevata (oltre 30 scuole) e da una grande collaborazione delle istituzioni. Qui a Catania tra le istituzioni, Ispettorato del lavoro, INPS, direzione provinciale del lavoro e ASL, c’è grande collaborazione. Abbiamo ottimi rapporti, ci sentiamo e facciamo in sinergia iniziative comuni. A quel punto, se eravamo stati prudenti e un po’ timidi, iniziando con le elementari, abbiamo pensato di poter proseguire l’iniziativa con le scuole superiori. Così abbiamo contattato la sovrintendenza scolastica e i presidi, cominciando dalle scuole alberghiere (oggi studenti, domani cuochi o direttori di sala). Abbiamo proseguito con gli istituti tecnici, come, per esempio, quello per geometri (oggi studenti, domani geometri nei cantieri), presentandosi con i caschetti e le scarpe da ginnastica.

PRESIDENTE
Siamo d’accordo, perché la cultura della sicurezza è fondamentale. Come Commissione ci siamo impegnati molto su questo argomento cui gli stessi provvedimenti, sia la legge n. 123 del 2007 che il decreto legislativo n. 81 del 2008, hanno dato particolare rilievo. Speriamo che si vada oltre. Lo dico perché c’è una armonia tra le istituzioni anche nei livelli locali.

PALERMO
Come saprete, in Sicilia non c’è un’unica direzione provinciale del lavoro: abbiamo l’Ufficio provinciale del lavoro, che si occupa delle politiche per il lavoro, e l’Ispettorato provinciale del lavoro, che si occupa del settore della vigilanza. Sono però parte della stessa amministrazione regionale, per cui si lavora in assoluta sinergia.
Voglio dire solo pochissime cose per dare un quadro del mercato del lavoro a Catania e Provincia, in modo che sia chiaro qual è il contesto in cui si verificano gli infortuni e gli incidenti sul lavoro. Si tratta di un territorio molto dinamico dal punto di vista del mercato di lavoro. Contrariamente a quel si può pensare, nel 2008 abbiamo avuto un trend complessivamente positivo in termini di occupazione. Le assunzioni sono state il doppio dei licenziamenti, anche se nell’ultimo periodo dell’anno (dicembre 2008) si sono cominciati a manifestare in modo grave alcuni segnali di crisi che già nei primissimi mesi del 2009 si sono trasformati in fonte di grandissimo allarme sociale. Soltanto tra gennaio e febbraio abbiamo avuto 15 processi di crisi aziendale, che hanno coinvolto e stanno coinvolgendo 390 dipendenti. Il distretto tessile della zona di Bronte e Randazzo, che impiega circa 800 persone, ha sospeso tutto il personale. Una grande azienda, che era il vanto della Provincia di Catania e non solo, una grande multinazionale nel campo dell’elettronica, da pochi giorni ha messo in cassa integrazione 2.200 persone. Anche l’indotto ne sta risentendo e le previsioni per il 2009 sono veramente allarmanti.
Dico questo perché è noto come le aziende in dismissione, le aziende in fase di chiusura, per prima cosa allentano le misure di sicurezza. È un fatto che avviene non soltanto in Sicilia, ma anche nel resto del Paese, in Europa e nel mondo. Quindi siamo preoccupati che queste crisi incessanti, inarrestabili e collegate tra loro possano produrre nel 2009 un allentamento delle misure di sicurezza.
Per quanto ci riguarda (il collega Cacopardo dell’Ispettorato vi darà poi informazioni più dettagliate sulla vigilanza), abbiamo dato applicazione alla finanziaria del 2008 per la parte che riguarda i benefici nei confronti dei familiari delle vittime per incidenti sul lavoro. Abbiamo così dato occupazione ai familiari dei sei operai rimasti uccisi nell’incidente occorso l’anno scorso a Mineo. La stessa cosa abbiamo fatto per tre familiari dei due ferrovieri morti a Motta Sant’Anastasia.
Stiamo intervenendo molto efficacemente nella prevenzione degli infortuni sul lavoro attraverso una serie di brevissimi ed obbligatori corsi di formazione (16 ore) rivolti ai dipendenti del settore dell’edilizia, prima ancora che entrino in azienda. I risultati sono molto positivi. Altrettanto positivi sono gli interventi che la Regione siciliana ha approvato in questi giorni in materia di sicurezza circa la formazione del personale e dei datori di lavoro in tutti i settori produttivi. Noi pensiamo che intervenendo con corsi di formazione brevi ed efficaci si possa prevenire efficacemente il fenomeno delle morti bianche e comunque degli infortuni sul lavoro.
Questo è il quadro che, dal punto di vista dell’Ufficio provinciale del lavoro, riteniamo di poter dare alla Commissione. C’è una breve relazione che poi consegnerò, con i dati statistici più significativi. Comunque, siamo a disposizione per ulteriori chiarimenti.

PRESIDENTE
A questo punto do la parola al dottor Cacopardo, che è stato chiamato in causa. Il dottor Palermo ha fatto la cornice del quadro, adesso vediamo il dipinto.

CACOPARDO
Per quanto riguarda i numeri dell’anno 2008 faccio riferimento alla relazione che depositeremo.
Mi piace in questa sede sottolineare il fatto che noi abbiamo cercato di agire soprattutto sulla capacità degli ispettori del lavoro di incidere sempre più fortemente sul territorio, perché riteniamo che soprattutto il fenomeno del lavoro nero, del lavoro sommerso sia strettamente connesso...

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo. Invito lei e gli altri dirigenti a far riferimento anche ad un fenomeno al quale siamo molto attenti, in modo particolare la collega Maraventano, ossia quello dello sfruttamento dei minori e del lavoro minorile. Se non aveste i dati in questo momento, vi prego di inviarceli successivamente.

CACOPARDO
Nell’ambito della attività di vigilanza espletata troviamo minori (in maniera però non rilevante), lavoratori stranieri e, soprattutto, personale italiano che non è in regola, quindi lavora in nero. Abbiamo rafforzato l’intervento dal momento in cui il legislatore ci ha offerto la possibilità di intervenire più incisivamente con il provvedimento della sospensione dei lavori; uno strumento che risale al 2006 e che il legislatore, con l’articolo 14 del decreto legislativo n. 81, ha ripreso estendendolo agli ispettori delle ASL. Noi ci siamo accorti che si tratta di uno strumento fortissimo. Abbiamo quindi cercato, almeno questo è stato mio intendimento, di allargare il nostro intervento. Precedentemente, infatti, si riteneva che l’ispettore tecnico dovesse fare esclusivamente il tecnico e l’ispettore amministrativo dovesse fare esclusivamente l’amministrativo.
Da ispettore del lavoro che proviene dal Ministero del lavoro sono sempre stato contrario a questa impostazione molto rigida, perché non è concepibile che l’ispettore del lavoro che interviene in un cantiere edile debba controllare solo ed esclusivamente se ci siano o meno i parapetti, ma non possa svolgere alcun controllo sul personale, laddove la prima cosa che bisogna fare è intervenire in maniera forte per identificare tutto il personale e verificare se ci sono persone non in regola e poi, se necessario, partire con i provvedimenti di sospensione che, per la verità, sono abbastanza numerosi. Nell’anno 2008 sono stati 110.
È dal 2006 che siamo molto attenti a questo argomento e ciò è stato possibile grazie ad una notevole presenza di ispettori che operano nell’ambito del NIL, il nucleo Carabinieri composto dal comandante e da altri 10 militari assegnati a questo compito. Inoltre, come dicevo, ho cercato di estendere questo discorso anche ai tecnici che, sia operando da soli che insieme agli amministrativi, riescono a rendere l’intervento più incisivo e capace di dare maggiori risultati dal punto di vista della prevenzione.
Purtroppo il fenomeno del lavoro nero determina più facilmente incidenti sui luoghi di lavoro trattandosi spesso di personale disposto a fare di tutto senza peraltro risultare agli atti.
Se si riuscirà a rafforzare questo sistema di controllo, come si è cercato di fare negli ultimi anni, riteniamo di poter ridurre il fenomeno con le forze a disposizione. I due ispettori del lavoro distaccati direttamente presso il tribunale tengono sotto controllo proprio gli interventi strettamente connessi a reati di rilevanza penale, con particolare riferimento agli infortuni sul lavoro avvenuti in Provincia di Catania, comunicando eventuali risultanze direttamente agli organi della magistratura preposti.
Per quanto concerne l’attività svolta in sinergia con la polizia di Stato, l’anno scorso essa è stata molto proficua grazie ad un’azione sinergica svolta dagli ispettori amministrativi e dagli ispettori tecnici. È particolarmente utile che tali interventi siano svolti in sinergia perché talvolta, come nel caso di un controllo in un cantiere edile, l’assenza di un coordinamento con le forze dell’ordine, dà luogo a risultati certamente meno efficaci. La semplice presenza dei rappresentanti delle forze dell’ordine, che operano parallelamente ma disgiuntamente dagli ispettori del lavoro, garantisce di poter identificare le persone presenti e di evitarne la fuga.
In questo modo si realizza un’azione di controllo preventivo molto più incisiva rispetto al passato.

BUSCIGLIO
Sono il direttore provinciale INPS di Catania. Come è noto, l’INPS è istituzionalmente chiamato ad accertare le omissioni contributive ed è principalmente su questo fronte che è indirizzata l’azione di vigilanza. Spesso è proprio nell’ambito di questi controlli che emergono le aziende ed i lavoratori che operano in nero; si tratta quindi di una delle attività cui mira l’Istituto per garantire non solo un recupero contributivo, ma anche una maggiore tutela di questi lavoratori che altrimenti rimarrebbero totalmente ignoti e continuerebbero ad essere esposti a tutti i rischi legati all’attività svolta.
Nel corso del 2008 la nostra attività ha portato all’emersione di circa 1.100 lavoratori in nero su più di 600 aziende che operavano in nero, con ciò confermando un trend già verificato negli anni precedenti. Per il resto, in tema di accertamenti l’Istituto opera di concerto con l’Ispettorato del lavoro e la Guardia di finanza, anche se l’azione primaria resta indirizzata all’individuazione delle situazioni irregolari e alla prevenzione delle situazioni di rischio.

SCAVONE
Sono il direttore generale della USL 3. Ringrazio la Commissione per l’occasione odierna che ci consente di presentare il lavoro svolto in questa latitudine periferica del Paese. I diversi enti qui rappresentati hanno da tempo imparato, come avrete avuto modo di ascoltare questa mattina, ad operare congiuntamente sul territorio in modo tale da realizzare, pur in presenza di grandi difficoltà di personale ereditate dal passato e ognuno nel proprio ambito di riferimento, un’azione efficace rispetto ad una realtà vivace come quella della Provincia di Catania.
L’articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2008 mette al centro l’azione delle aziende sanitarie locali, le quali operano di concerto con gli enti che hanno specifica competenza nei servizi di vigilanza e prevenzione.
La nostra struttura, così come previsto nella circolare emanata nel 1996, è organizzata sulla base di sei unità operative, di controllo e vigilanza (l’ex ENPI), sanitaria ed epidemiologica, amministrativa, di assistenza e formazione e può contare su un gruppo molto impegnato ma anche eccessivamente esiguo nei numeri.
Non si può pensare – dico questo da direttore che si confronta con le difficoltà organizzative delle ASL – che strutture così importanti non risentano del limite che viene imposto al sistema sanitario. Pur nella consapevolezza che la nostra Regione, forse per errori del passato, non può non tenere conto di situazioni di bilancio assolutamente fuori controllo, ma certo è altrettanto evidente che una situazione del genere rischia di limitare ulteriormente l’azione di prevenzione.
Mi riferisco in particolare, come accaduto anche per il Lazio, la Campania, la Calabria e il Molise, alle limitazioni che sono state imposte dal Ministero, come nel caso del reclutamento del personale. Dal mese di febbraio 2007 ad oggi non è stato più possibile bandire concorsi e garantire nuove assunzioni. L’unità operativa di controllo e vigilanza, che ha operato con numeri significativi – di cui sarà mia cura trasmettere alla Commissione copia cartacea – è composta da due dirigenti, un ingegnere e un medico, tre tecnici della prevenzione, di cui uno part-time, un collaboratore e un coadiutore amministrativo. L’anno scorso, in violazione delle limitazioni formalmente espresse dal governo regionale, abbiamo assunto due tecnici della prevenzione. In sostanza, si trattava di due pensionati che è stato possibile riassumere in base ad una particolare formula contrattuale. Alla base della motivazione che ha portato a tale assunzione si è inoltre sottolineato come un’azione corretta di prevenzione sia tra l’altro economicamente produttiva per gli enti presso cui si interviene. Si è cercato di portare le nostre motivazioni all’attenzione degli organi del governo regionale preposti, che proprio in questi giorni si stanno apprestando a varare una legge di riforma che interessa la sanità regionale nel suo insieme.
Credo che questo aspetto possa essere considerato in sede normativa.
Le strutture di vigilanza e di prevenzione che operano all’interno della ASL, che si occupano di una mole impressionante di attività, dall’assistenza medica ai controlli, dalla gestione delle farmacie al percorso che i cittadini intraprendono a tutela della loro salute, necessitano di un’attenzione particolare, tale da consentire loro di non essere soggette a particolari vincoli che in ambito sanitario possono anche essere previsti, ma che non devono in ogni caso ricadere eccessivamente sugli organi di vigilanza previsti nei luoghi di lavoro.
Vale la pena di fare un breve accenno alla collaborazione offerta ai tribunali di Catania e Caltagirone, con una tempestività di intervento più volte segnalata dalla procura (basta una rapida scorsa agli atti che certificano l’attività svolta nel 2008, che risulta in forte crescita rispetto ai numeri prodotti nel 2007). Catania, per quanto riguarda l’attività svolta a livello regionale, brilla anche per una capacità di iniziativa legata proprio ai tanti funzionari di valore che operano al suo interno e che ho il piacere di ricordare.
Le unità operative assistenza, informazione, formazione ed educazione alla sicurezza del lavoro – molti direttori che mi hanno preceduto lo hanno ricordato – hanno messo in campo una serie di iniziative, anche in collaborazione con gli altri enti interessati. In modo particolare, ricordo che è stato avviato lo sportello relativo alla prevenzione grazie al quale è possibile dare informazioni e assistenza all’utenza in materia di prevenzione degli infortuni e di tutela della salute sul posto di lavoro. Lo sportello è aperto nei giorni di lunedì e venerdì, la mattina e il pomeriggio.
Abbiamo erogato quasi 300 iniziative.
Ricordo poi l’attivazione di una serie di attività di promozione ed organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento in materia di sicurezza e salute dei lavoratori per varie figure professionali, nonché di una serie di moduli per formare i responsabili del servizio di prevenzione e protezione per gli addetti al servizio stesso oltre che per i datori di lavoro.
Abbiamo poi sviluppato ben cinque corsi per addetti al primo soccorso all’interno dell’azienda (il cosiddetto primo soccorso aziendale), e tre corsi per i lavoratori addetti all’attività di rimozione, smaltimento e bonifica dei manufatti in amianto, ancora in numero eccessivo dalle nostre parti.
Oltre all’aggiornamento, ricordo che è stato aperto lo sportello unico per le attività produttive in collaborazione con molti comuni della Provincia di Catania, con 64 pareri rilasciati su 400 domande presentate. Sono stati inoltre esaminati e rilasciati 16 pareri preventivi in materia di sicurezza e igiene del lavoro, ai sensi dell’articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, volti ad autorizzare la realizzazione di centri di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione ed il recupero di materiali. Sono state poi sottoscritte alcune convenzioni e collaborazioni. Ne ricordo in particolare due: la prima, stipulata con l’Ordine dei medici della Provincia di Catania, volta ad affrontare insieme gli aspetti sanitari; la seconda, al fine di avviare la formazione delle figure di cui abbiamo parlato, previste per legge, all’interno del colosso STMicroelectronics (precedentemente nota come SGS-THOMSON). Tra l’altro, come è noto, l’ST ha fatto della sicurezza e della prevenzione sul lavoro il proprio cavallo di battaglia, tanto da affidarne la gestione interna alla ASL.
Ci siamo anche occupati dell’elaborazione di alcune linee guida pratiche. In particolare, ricordo quella relativa al responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale. Considerato il ruolo strategico che questa figura riveste all’interno dell’azienda, abbiamo voluto affidare ad un documento cartaceo le specifiche di base e gli adempimenti cui essa è tenuta all’interno dell’azienda. I nostri funzionari partecipano inoltre ad una serie di tavoli tecnici (tra cui quello dell’Ispettorato regionale sanitario e quello del gruppo regionale sulla sicurezza nei cantieri) ed uno dei nostri ingegneri ha preso parte alla commissione istituita a livello nazionale per la stesura del Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tanto è stato fatto; potrei continuare ricordando i tentativi e gli sforzi compiuti dal nostro servizio di prevenzione e sicurezza. In conclusione, tornando a quanto detto all’inizio, credo che a queste funzioni dovrebbe essere riconosciuto, a livello normativo, un canale privilegiato all’interno delle ASL, in modo da consentire l’allineamento delle forze in campo rispetto ai compiti enormi che questi uffici sono chiamati a svolgere all’interno del più generale panorama della sanità.

PRESIDENTE
Vorrei porre due questioni ai nostri ospiti.
Come risulta anche dall’intervento della dottoressa Ciotta, che nel descrivere le attività proprie dell’INAIL ha evidenziato alcuni aspetti richiamati poi in qualche modo negli altri interventi, sicuramente esiste tra di voi una collaborazione. Vorremmo però capire – se non è possibile ora magari anche con una successiva riflessione più attenta e accurata – come mai si registra un aumento di infortuni e di morti sul lavoro che va un po’ in controtendenza rispetto al dato nazionale. Vi saremmo grati se poteste inviarci un breve documento scritto al riguardo, per aiutarci a comprendere, anche fornendoci eventualmente opinioni al riguardo.
Per quanto concerne la sanità, dottor Scalone, come tutti sappiamo si tratta di una delle materie di competenza della Regione, rispetto alla quale la funzione dello Stato centrale è soltanto quella di rimettere finanziamenti, che rientrano nel piano sanitario nazionale: in particolare, sono previste specifiche poste in bilancio per le attività di prevenzione, mentre rientra nella facoltà delle Regioni decidere come investire quelle risorse.
Al riguardo è quindi opportuno, a mio avviso, fare qualche riflessione sul dibattito sviluppatosi a livello parlamentare proprio per dare una risposta a questo problema – che esiste e che anche noi ci stiamo ponendo – in modo da comprendere fino a che punto possa continuare a configurarsi una legislazione concorrente tra Stato e Regioni in una materia nella quale, invece, sarebbero necessarie indicazioni più omogenee, ferme restando le competenze territoriali delle Regioni e delle relative articolazioni.
Dico questo anche a nome dei colleghi, perché oggi il dibattito si sta concentrando proprio su tale aspetto.
Abbiamo ben presenti alcuni dei temi emersi in molte delle vostre riflessioni; se vi può consolare, dunque, non siamo lontani da questo mondo. Certamente questo non è molto, ma speriamo di poter tradurre presto tale consapevolezza in interventi concreti.

DONAGGIO (PD)
Signor Presidente, vorrei una precisazione dai nostri ospiti. Com’è stato ricordato, sono stati definiti due protocolli con l’INPS e con gli organi di contrasto al lavoro nero e all’evasione contributiva; all’interno degli stessi, però, non sono stati sufficientemente evidenziati gli aspetti legati alla sicurezza. Vorrei sapere se siamo in presenza di una diversa modalità con la quale da parte dei vari enti si pensa di affrontare il fenomeno.
L’altra questione che vorrei porre riguarda più specificamente la lotta al lavoro nero e al sommerso. Certamente si tratta di tipologie di lavoro che già si pongono al di fuori delle regole, vorrei sapere però se, rispetto alle attività più a rischio, vengono compiute ispezioni. In particolare, al fine di rendere più efficace l’azione in questo settore, visto che – com’è stato detto – la sospensione dell’attività rappresenta lo strumento di lotta più efficace, vorrei conoscere la frequenza delle ispezioni e le modalità con le quali vengono stabiliti gli interventi, sapendo che ci sono i problemi di organico che avete sottolineato. In verità ricordo che lo scorso anno è stato assunto circa un migliaio di ispettori del lavoro, di cui stiamo verificando la dislocazione sul territorio.

CACOPARDO
Purtroppo, senatrice Donaggio, le assunzioni degli ispettori del lavoro non hanno interessato la nostra Provincia, anche se la Regione Sicilia si è comunque attivata per una riconversione del personale appartenente ai vari uffici provinciali del lavoro. In particolare, attraverso il progetto Formispe sono stati avviati dei corsi di formazione per ispettori del lavoro, che adesso dovremmo recuperare, anche se in proposito ho qualche perplessità. Molti di questi aspiranti ispettori infatti (non so se sia il caso di dirlo, ma lo faccio ugualmente) non hanno le caratteristiche di entusiasmo e, soprattutto, la preparazione culturale e l’età adeguate per svolgere tale compito. Condivido perciò la scelta del Ministero del lavoro di assumere ispettori giovani e laureati: francamente sarei stato contento se ciò fosse accaduto anche in Sicilia, dove ci troviamo invece in una situazione nella quale credo che non si risolveranno gli annosi problemi esistenti.
Auspico comunque che nel settore della sicurezza sul lavoro le forze in campo, sia pure ridotte – abbiamo sentito poco fa il dottor Scalone – possano confluire in un’unica struttura o, quantomeno, che vi siano indirizzi univoci, perché penso che ciò possa dare risultati.

CIOTTA
Signor Presidente, se è possibile vorrei fare una precisazione.
Per quanto riguarda il fenomeno delle morti bianche – di cui tanto si parla ed al quale si sono interessati tutti i massimi esponenti sia della Chiesa che dello Stato – spesso non si riflette sul fatto che molte di esse sono causate da malattie professionali; infatti, mentre fa scalpore la notizia di un operaio caduto da un ponteggio o di sei operai morti in un pozzo, non si sa nulla di tante malattie professionali, nessuna testata giornalistica ne parla.
Proprio per questo motivo, presso la sede provinciale dell’INAIL di Catania, con il primario del nostro centro medico-legale abbiamo avviato nel 2007 il progetto Nautilus, con la collaborazione dell’università di ricerca di Catania e dell’Osservatorio sui tumori. Abbiamo studiato i casi di 200 lavoratori, presi casualmente da una lista di persone decedute per tumore, e ad oggi, cioè ad un anno e mezzo dall’avvio del progetto, possiamo dire che ben 49 di essi presentano molti tratti in comune: tutti lavoravano, ad esempio, con vernici e tinture in centri e in fabbriche di tipo meccanico. Siamo certamente fieri di questa iniziativa, ma non basta: avremmo bisogno di maggiore sostegno e di maggiori risorse per poter continuare in questo nostro progetto, ad esempio per studiare le cause cui ricondurre le caratteristiche comuni presentate dai vari casi esaminati.

PRESIDENTE
Ringraziamo la dottoressa Ciotta per quest’ultimo dato che ha voluto fornirci e la invitiamo a trasmetterci la relazione elaborata al riguardo, corredata anche dai relativi dati scientifici, perché si tratta di temi molto delicati.
Per quanto riguarda specificamente la questione delle malattie professionali, ad essa riconosciamo particolare importanza, come dimostra anche il fatto che all’interno della nostra Commissione opera un gruppo di lavoro che studia specificamente questo settore, che si occupa non soltanto delle malattie note, ma anche di quelle che lei, dottoressa, chiamerebbe «non tabellate», proprio perché non vogliamo trovarci tra vent’anni a vivere nuovamente un dramma simile a quello che ha coinvolto, ad esempio, i lavoratori esposti all’amianto.
Colgo l’occasione per ribadire ancora una volta che l’incontro odierno non vuole essere in alcun modo esaustivo, ma piuttosto interlocutorio.
Per questo sin da ora ringraziamo i nostri ospiti per eventuali suggerimenti, riflessioni e dati che vorranno inviarci.


Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL e dell’UGL



Intervengono il segretario provinciale responsabile per la sicurezza sul lavoro della CGIL, dottor Gabriele Centineo, il segretario territoriale della CISL, dottor Giuseppe Foresta, il segretario generale della UIL, dottor Angelo Mattone e il segretario generale della UGL, dottor Carmelo Mazzeo.

PRESIDENTE
Buongiorno e grazie per la vostra partecipazione.
Siamo qui a Catania per un monitoraggio circa le problematiche legate agli infortuni e alle morti sul lavoro nonché, come giustamente detto nel precedente incontro, alle cosiddette malattie professionali, che caratterizzano questo territorio. Come forze sociali e sindacali ci darete sicuramente degli elementi di riflessione importanti.
Nel dirvi che faremo tesoro del vostro contributo, vi lascio la parola.

CENTINEO
Le considerazioni delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL sulle questioni poste dalla Commissione sono state inserite in un documento che credo la Commissione parlamentare abbia già ricevuto e che comunque produrremo in copia. Il nostro ragionamento è molto semplice. I dati prodotti dall’INAIL e dall’attività complessiva di controllo mostrano che Catania registra il più alto tasso di incidenti sul lavoro possibile e che il trend, diversamente da quello nazionale – che mostra una diminuzione negli anni, anche se si ferma ad uno zoccolo duro di 1.000-1.200-1.300 morti l’anno – è in crescita.
La natura di questi incidenti sul lavoro (non parliamo di malattie professionali perché mancano dati significativi, anzi al riguardo sarebbe molto importante che la Commissione si attivasse per avere un quadro più preciso della situazione) è collegata, secondo noi, alla struttura dell’apparato produttivo, caratterizzato da piccole e piccolissime imprese, al sistema degli appalti che vengono messi in atto, soprattutto nel settore edilizio, e alla sistematica mancanza di controlli da parte delle istituzioni deputate.
L’unico dato positivo che abbiamo riscontrato negli ultimi due anni è una forte attività di controllo dell’Ispettorato del lavoro e dell’Arma dei Carabinieri, che ha portato a sanzioni per un certo numero di fabbriche. Credo che i relativi dati siano già stati forniti alla Commissione dall’Arma dei Carabinieri, che aveva prodotto un memorandum dettagliato sulla situazione.
L’attività dell’Ispettorato ha avuto esiti positivi per quanto riguarda il lavoro nero, il lavoro grigio, l’attività nell’edilizia, però è carente su un’altra serie di questioni. Come CGIL abbiamo ripetutamente richiesto un intervento, sia relativamente al quadro dell’attività di trasformazione dei co.co.pro. in stabilizzazione, come previsto precedentemente, sia relativamente alle condizioni di lavoro nei call center. Dai dati a nostra disposizione risulta che nella maggiore parte dei call center catanesi, al di là delle questioni del lavoro atipico, esistono situazioni di grave pericolo, con particolare riferimento ai sistemi elettrici, spesso non a norma, alla disabilità, alla mancanza di strutture e all’igiene; questo, sia per i call center più piccoli sia per i più consistenti, come, per esempio, quelli relativi al gruppo COS, ora AlmavivA.
Altro aspetto, anch’esso da analizzare meglio, concerne il fatto che anche laddove le ispezioni sono effettuate, come per un largo spettro di queste situazioni, i dati non vengono poi forniti. Ciò trova una giustificazione nel fatto che si tratta di segreto giudiziario, tuttavia in questo modo si impedisce il controllo da parte delle organizzazioni sindacali. È inutile fare una ispezione se poi i risultati di questa non sono resi pubblici.
Da questo punto di vista, la nostra preoccupazione è che il meccanismo messo in atto a livello nazionale, di smembramento del Testo unico, con lo spostamento dei termini nel tempo e l’impedimento alla formazione degli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), soprattutto di sito (pensiamo con preoccupazione a quel che avviene nei porti per la movimentazione delle merci e agli incidenti corrispondenti), abbia diminuito le capacità di controllo sul fenomeno.
Sono queste le considerazioni fondamentali. Chiediamo quindi con forza al Parlamento che vengano attuate le norme del Testo unico, che non si proceda alla sua eversione e che si abbia una capacità di intervento più elevata, anche attraverso un sistema di monitoraggio (che noi pensiamo possibile dal momento che ci sono state esperienze positive in passato) che non preveda l’introduzione di nuovi organismi.

MAZZEO
Nella Provincia abbiamo registrato un numero abbastanza rilevante di morti sul lavoro, basti ricordare i sei operai rimasti uccisi a Mineo, anche se in quel caso non si è trattato di mancanza di sicurezza.
Lo vorrei sottolineare anche perché ho quarant’anni di esperienza in aziende nelle quali il rischio era notevole. È il caso della ST di Catania, una azienda metalmeccanica che produce componenti elettronici usando molta chimica, anche materiale altamente esplosivo e nocivo. Tra l’altro mi occupavo proprio di sistemi di sicurezza, quindi ho un’esperienza specifica nel ramo. A Mineo, come a Molfetta (dove però si trattava di una cisterna) c’è stata una certa leggerezza da parte dei lavoratori che non hanno capito che entrando in quella vasca i gas nocivi avrebbero potuto prima stordirli e poi farli morire. Non lo ha capito nemmeno colui che avrebbe dovuto essere il più esperto e che addirittura teneva lezioni sulla sicurezza.
Tuttavia ci sono casi in cui il lavoratore non è colpevole. Sono quei casi in cui in azienda manca la cultura della sicurezza, una cultura che spesse volte viene o trascurata o addirittura, in modo negligente, non considerata.
Infatti, nonostante numerose aziende abbiano ricevuto finanziamenti specifici al riguardo, i corsi non sono stati fatti oppure sono stati fatti solo sulla carta: i lavoratori firmano di aver partecipato, ma nella realtà ciò non avviene o non per tutti; l’importante è che l’azienda abbia ricevuto i soldi da parte della Regione o dello Stato, a seconda di chi promuove l’iniziativa. Quindi ci vorrebbero maggiori ispezioni e maggiori controlli. Purtroppo qui in Sicilia, non so anche nel resto d’Italia, attualmente mancano gli organi ispettivi. Si è fatto un corso accelerato per creare 209 ispettori, ma a tutt’oggi queste professionalità non sono state messe in campo.
Dai dati INAIL risulta che spesso la mortalità è conseguenza di incidenti automobilistici lungo il tragitto da e per l’azienda, ma noi registriamo numerosi morti nell’edilizia, dove c’è un lavoro sommerso e in nero spaventoso, non solo di siciliani ma anche di extracomunitari, gente messa lì senza alcuna preparazione e senza alcun accorgimento, e che a volte perde la vita. È il caso di un lavoratore catanese a Belpasso; mentre nella zona di Agrigento è morto un operaio rumeno nella ristrutturazione di alcune case al mare, dove è crollato tutto. Incidenti che derivano da una scarsa cultura della sicurezza, specialmente da parte dei datori di lavoro che non impiegano né mezzi né risorse per istruire i lavoratori.
Chiediamo maggiore attenzione, maggiori ispezioni, maggiori controlli, ma fatti con capacità. Non è sufficiente dare soldi alle aziende per i corsi di formazione sulla sicurezza; si deve vigilare sul loro effettivo svolgimento e sul fatto che vengano fatti veramente per i lavoratori e non semplicemente al fine di ricevere risorse.

MATTONE
Non credo di dover aggiungere particolari informazioni, se non quelle relative al fatto che vi sono certamente due comparti a rischio nella Provincia di Catania: il primo è il comparto edile, come ha detto il collega Mazzeo poco fa; il secondo è il comparto agricolo, nel quale l’utilizzo della manodopera sul piano dell’illegalità, del lavoro nero e quant’altro, è assolutamente diffuso.
Abbiamo numerosi indicatori (o indizi se così si può dire, perché gli indicatori nascono nel nostro osservatorio sindacale proprio da indizi) del fatto che al di là di alcune indicazioni di facciata che spesso vengono dalle associazioni datoriali, la vera lotta al lavoro nero non sembra aver preso corpo. Tra l’altro devo segnalare anche il fenomeno, assolutamente esiziale per l’economia catanese, di alcune ditte in nero che non hanno l’iscrizione né presso la camera commercio né altrove.
Ciò detto, riteniamo che l’aspetto repressivo, e quindi la possibilità di pattugliare e controllare il territorio, rientri tra i compiti specifici dello Stato. Solo l’espletamento di questo compito può scoraggiare certi fenomeni.
Ricordo l’esperienza portata avanti negli anni scorsi, da quando il Governo centrale ha cominciato a dare indicazioni concernenti il fenomeno dell’emersione del lavoro nero, dal professor Meldolesi che per lungo tempo ha presieduto una commissione di livello nazionale, con diverse sperimentazioni anche a Catania; una commissione che lavorò per diversi anni al fine di produrre varie analisi e proposte. Di fatto, nel momento in cui a livello nazionale fu varata una legge di riferimento, le aziende che decisero di emergere furono soltanto una decina, un numero talmente deludente da far dire che la montagna aveva partorito un topolino.
Ciò non significa che non si è fatto nulla, ma solo che nonostante un notevole sforzo la situazione non è sostanzialmente cambiata.
In conclusione, proprio sulla base di quanto osservato, riteniamo che solo un atteggiamento dello Stato fortemente repressivo e penalizzante nei confronti di tutte le aziende che agiscono nell’illegalità possa costituire lo strumento per tentare di porre rimedio ad un fenomeno purtroppo particolarmente diffuso. In questo territorio il lavoro nero non rappresenta una percentuale minoritaria, bensì maggioritaria del modo di intendere il lavoro.

FORESTA
Sono segretario della CISL di Catania. Credo che il documento congiunto elaborato da CGIL, CISL e UIL che abbiamo consegnato possa aiutare molto più di tante parole a delineare un quadro abbastanza certo della situazione della Provincia. Oggi bisogna registrare con qualche rammarico, unanimemente condiviso, che la logica partecipativa che il decreto legislativo n. 626 del 1994 aveva tentato di introdurre, cioè considerare la sicurezza un processo da condividere tra lavoratori e datori di lavoro per raggiungere un obiettivo sempre in evoluzione e migliorabile, purtroppo non ha avuto il seguito auspicato. Inoltre, anche se è bene ricordare alcune realtà particolarmente sensibili da questo punto di vista, come la WYETH (ex CYANAMID) in cui per anni non si è registrato alcun infortunio o fatto rilevabile in termini di sicurezza sul lavoro, nella gran parte dei casi si evidenziano situazioni molto difficili e precarie, originate da un mercato del lavoro sbilanciato che porta tanti lavoratori a subire ricatti pur di trovare o mantenere un impiego. In questa Provincia il mercato del lavoro è particolarmente sbilanciato sul fronte del lavoro nero o di aziende, che pur essendo formalmente in regola, di fatto negano o compri- mono tutti i diritti dei lavoratori, compreso il diritto alla salute ed alla sicurezza pur di ottenere profitti.
In una situazione del genere, il lavoratore che vuole interessarsi di sicurezza dà fastidio all’impresa, che tendenzialmente lo relega ai margini e non gli consente di esercitare il suo ruolo. Considerato che il sistema non è in grado di emendarsi da solo, è bene ribadire la necessità di aumentare i controlli, da effettuare a caldo, mentre le varie fasi di produzione aziendale sono attive. Solo così è possibile verificare l’esistenza di eventuali pericoli e rilevare l’incongruenza tra quanto formalmente dichiarato nel documento di valutazione dei rischi e quanto avviene di fatto nella prassi quotidiana. In Provincia di Catania quasi ogni ponteggio reca il cartello «ponteggio in allestimento» o «ponte non praticabile»; un avviso che resta esposto dall’inizio alla fine delle attività.
A questo problema si aggiunge quello relativo agli scarichi e alle emissioni, particolarmente nocivi per la salute. In base all’attuale regime autorizzatorio, è sufficiente che la commissione provinciale esamini le carte ed esprima i pareri di competenza per consentire ai sindaci di autorizzare gli scarichi o le emissioni. I controlli successivi sono talmente rari ed aleatori da potersi affermare che qualsiasi azione di controllo al riguardo è affidata al senso di responsabilità dell’azienda che opera sul territorio.
Ora, è evidente che se la figura del controllato coincide con quella del controllore ne risente l’ambiente, che fatalmente si degrada. Potrei raccontare numerosi episodi, a cominciare da comunicazioni alla ASL, prive di qualsiasi riscontro, relative a gravi inadempienze di aziende che poi sono fallite o sono state chiuse. Nel frattempo, però, il danno si era prodotto con evidenti ripercussioni sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. È necessario dunque migliorare notevolmente o quantomeno applicare l’attuale sistema repressivo, in tempi brevi e con un grande dispiegamento di forze sul territorio.

PRESIDENTE
Desidero innanzitutto ringraziarvi. In riferimento ad una sorta di rassegnazione che sembra trasparire dalle vostre parole, vorremmo sollecitare un rapporto sinergico con questa Commissione, volto a garantire un’azione di sostegno e di supporto. Del resto, come prima ricordava la senatrice Maraventano, la nostra è una Commissione d’inchiesta con poteri assimilabili a quelli giudiziari. Ora, per offrire un contributo fattivo alla soluzione di determinate problematiche la Commissione deve essere opportunamente coinvolta in tutte le vicende che interessano il territorio, così come avviene nel resto del Paese con le procure della Repubblica.
Si persegue dunque un obiettivo comune, tanto che la nostra presenza qui oggi va intesa proprio nel senso di non far sentire solo nessuno.
Anche la sola comprensione di questo nostro obiettivo darebbe un senso compiuto al nostro sopralluogo a Catania. Mi auguro dunque che questo rapporto di collaborazione possa mantenersi e migliorare.
Da un esame della normativa relativa alla istituzione di questa Commissione d’inchiesta emergono con chiarezza le specifiche competenze di detto organismo. È evidente che le risultanze delle nostre indagini sono molto diverse da quelle proprie della magistratura; è comunque nostro compito svolgere inchieste volte a comprendere il funzionamento di taluni meccanismi che dovrebbero essere garantiti ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori. Da questo punto di vista è molto importante per la Commissione la vostra collaborazione in qualità di osservatori direttamente presenti sul territorio.

DONAGGIO (PD)
Anzitutto ringrazio i nostri ospiti. Come ha testé ricordato il Presidente, per questa Commissione è molto importante conoscere il grado di applicazione delle norme di riferimento in materia di sicurezza, in modo particolare in aree del Mezzogiorno come questa, che presentano situazioni differenziate e particolarmente complesse.
Ora, dal momento che ognuno è chiamato a svolgere compiti precisi in base al decreto legislativo n. 81 del 2008, vorrei ricordarvi che vostro compito specifico è arrivare ad una scelta della rete dei responsabili dei lavoratori per la sicurezza. Poiché ho avuto modo di leggere il vostro documento, scritto prima che il Parlamento si occupasse della questione, vorrei rassicurarvi sul fatto che non è stata approvata la norma che prevedeva l’eliminazione della figura del rappresentante per la sicurezza sul territorio, preferendosi mantenere l’ispirazione originaria del testo.
In ogni caso sarebbe interessante conoscere la situazione complessiva della Sicilia rispetto alla figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nei luoghi di lavoro e rispetto a specifiche istanze territoriali. Per assicurare la vigilanza massima su certi fenomeni è fondamentale conoscere anche in che misura sono attive le parti sociali, considerato che dal vostro documento questo dato non sembra emergere. Si tende, infatti, a mettere in luce solo determinate carenze, come nel caso degli ispettori.
Una volta fugata la preoccupazione da voi espressa in merito al rappresentante territoriale, è necessario conoscere meglio le difficoltà che eventualmente si incontrano nella diffusione di questa rete dei responsabili dei lavoratori per la sicurezza.

MATTONE
In generale, per le aziende con più di 15 dipendenti si procede all’elezione dei responsabili dei lavoratori per la sicurezza. In questo caso si prova ad avanzare la candidatura di chi tra i lavoratori ha una maggiore competenza in materia. In ogni caso la persona prescelta viene sottoposta ad una votazione. Per quanto riguarda invece le aziende con meno di 15 dipendenti, il rappresentante dei lavoratori a livello territoriale può ricevere una chiamata, anche se comunque è tenuto a sorvegliare le aziende di riferimento e a rendersi disponibile per tutti gli interventi necessari.
Spero che questa spiegazione sintetica chiarisca alla Commissione come si configurano le due opzioni di intervento, a seconda del numero di dipendenti impiegati.

MAZZEO
Mi rifaccio a quanto diceva poc’anzi il collega Foresta. La presenza del responsabile dei lavoratori per la sicurezza in azienda ancora non viene accettata, ma piuttosto subita. Faccio in particolare riferimento alle aziende con più di 15 lavoratori, perché per le altre realtà aziendali di una figura del genere proprio non si parla. Come dicevo, le aziende subiscono la presenza di questa figura perché imposta dalla legge. In ogni caso si tratta di un soggetto che si cerca di far agire il meno possibile, tanto che spesso capita che sia sottoposto ad un vero e proprio ricatto.

CENTINEO
Come ha detto anche il rappresentante dell’UGL, dobbiamo renderci conto che le figure degli RLS, ove esistono, vengono boicottate in ogni modo e nella maniera più radicale. Vorrei portare al riguardo due esempi molto semplici. Come sapete, la facoltà di farmacia dell’università di Catania è stata chiusa per devastazione ambientale: ad oggi abbiamo un elenco di circa venti persone che accusano malattie professionali gravissime legate proprio alla frequentazione di quell’ambiente.
Stiamo parlando in questo caso di un’università, quindi di un ente molto grande all’interno del quale gli RLS sono presenti, e non già per elezione, ma a seguito di nomina da parte dell’organizzazione sindacale. Ciò nonostante, abbiamo avuto gravi problemi addirittura per riuscire a visionare il documento di valutazione del rischio. Inoltre, una volta aggiornato il documento – per gli ovvi motivi derivanti dalla situazione specifica – la quasi totalità degli RLS non lo ha firmato, non solo perché inadatto, ma perché non era stata prevista la loro consultazione in fase di elaborazione dello stesso.
Un altro caso che vorrei richiamare è quello dell’ospedale Cannizzaro di Catania, nel quale è stata condotta dagli RLS della CGIL una importante inchiesta in ordine a tutta una serie di pericoli esistenti all’interno della struttura, molto preoccupanti non solo per i lavoratori. Anche in quell’occasione, però, i nostri rappresentanti sono stati completamente messi ai margini, mentre le conclusioni di quell’inchiesta non sono state assunte. È mai possibile – ci chiediamo – che la ASL non intervenga di fronte alla notizia di fatti gravissimi, come quelli che ho appena richiamato?
È mai possibile, poi, che, in caso di intervento da parte della ASL, non se ne dia notizia? Per quanto riguarda gli RLS territoriali, soltanto per i lavoratori edili esiste una struttura che funziona; per tutte le altre categorie bisognerebbe fare accordi con la Confindustria, che però sfugge rispetto a questi problemi.
Per concludere, abbiamo una rete di RLS nelle grandi aziende e nelle aziende agroalimentari, che sono abbastanza importanti, manca del tutto però il riconoscimento degli RLS a livello della parte datoriale, che li accetta solo perché non può farne a meno.

FORESTA
Avevo già accennato a questo aspetto, che è stato poi ulteriormente chiarito. Il nostro punto di osservazione principale è rappresentato dalle aziende medio-grandi, visto che in quelle con meno di 15 dipendenti non riusciamo comunque a penetrare, non essendoci possibilità di sindacalizzazione di questi lavoratori. Confermo perciò quanto già detto dai colleghi che mi hanno preceduto: nelle aziende di dimensioni medio- grandi c’è solitamente una discreta accettazione ed un discreto rapporto con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, che vengono – quando va bene – normalmente tollerati; sono invece considerati un disturbo assolutamente da emarginare nelle piccole aziende.
In diverse occasioni abbiamo avuto modo di incontrare questi rappresentanti, anche se in molti casi si trattava di figure create appositamente dall’azienda in modo da poter dire di aver provveduto a costituire una struttura per la sicurezza dei lavoratori. Spesso costoro non avevano alcuna cognizione di quale fosse il loro ruolo, di cosa dovessero fare e di quali fossero i loro doveri e le loro funzioni.
Signor Presidente, la situazione è difficile, e non lo dico per rassegnazione: la nostra è una constatazione. È difficile fare sindacato ed occuparsi di sicurezza sui luoghi di lavoro quando non c’è libertà dal bisogno, quando una persona che perde il proprio posto di lavoro si considera rovinata perché non sa dove andare a lavorare. Questa è la musica di fondo; questa è la condizione di base.

PRESIDENTE
Voglio precisare che la mia affermazione non voleva essere certamente un commento sul piano comportamentale, non mi permetterei mai: era soltanto un modo per dirvi che avete un alleato.
Vi ringrazio per il contributo dato ai nostri lavori.


Audizione del presidente di Confindustria Catania, del vice presidente di Apindustrie, del segretario provinciale CNA, del presidente di Confartigianato Catania e del presidente della UPL-CLAI



Intervengono il presidente di Confindustria Catania, dottor Domenico Bonaccorsi di Reburdone, il vice presidente di Apindustrie, dottor Francesco Bizzini, accompagnato dalla dottoressa Monica Cicci, responsabile per la sicurezza, il segretario provinciale della CNA, signor Salvatore Bonura, il presidente di Confartigianato Catania, signor Antonio Barone e il presidente UPL-CLAI, signor Orazio Platania.

PRESIDENTE
Do il benvenuto ai nostri ospiti e li ringrazio per la loro presenza, sicuro che potranno fornirci elementi utili nell’ambito della nostra attività d’inchiesta, al fine di approfondire il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in relazione in particolare alla normativa in itinere.
Come ho già detto alle altre delegazioni intervenute, è intenzione della Commissione aprire un canale di confronto con le istituzioni che operano sul territorio, auspicando una collaborazione che non si esaurisca con l’incontro di questa mattina, ma che possa proseguire nel futuro. Comunico quindi sin da ora la piena disponibilità dei nostri uffici a mantenere i contatti e a valutare le iniziative, le proposte e le indicazioni che riterrete opportuno fornirci sul tema oggetto della nostra attività di inchiesta.

BONURA
Signor Presidente, insieme alle altre due associazioni artigiane presenti (Confartigianato e UPL-CLAI), la CNA – che qui rappresento – ha predisposto un documento molto sintetico, che consegnerò alla Commissione, nel quale è riportata innanzitutto l’attività formativa che abbiamo svolto nei confronti delle imprese associate: nel solo 2008 essa ha interessato complessivamente quasi 900 imprese. Oltre all’attività formativa, abbiamo promosso anche una campagna di sensibilizzazione e d’informazione, coinvolgendo le strutture di tutte e tre le associazioni, mediante l’adozione di tre iniziative provinciali e di molte iniziative comunali, quasi tutte svolte all’interno delle sale dei consigli comunali. Lo scopo voleva essere quello di aggregare non solo i nostri associati, ma anche le imprese non associate, nel tentativo di diffondere una certa sensibilità rispetto ai problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro che, purtroppo, nella nostra Provincia, hanno avuto un’eco particolare a causa di eventi a voi ben noti. Ci siamo dunque occupati sia di formazione che di informazione.
Per quanto riguarda più in generale la questione della sicurezza sul lavoro – rispetto alla quale stiamo assistendo ad una crescita, sia pur lenta, del grado di sensibilità tra le imprese – riteniamo sarebbe necessario muoversi su tre diversi piani. Innanzitutto bisognerebbe combattere in modo più concreto il fenomeno delle attività imprenditoriali abusive, particolarmente diffuse al Sud e in una Provincia come Catania. Infatti, quando si parla di imprese destrutturate, all’interno delle quali si verificano incidenti che possono menomare il fisico, o addirittura provocare la morte dei lavoratori, il riferimento è in primo luogo proprio alle imprese che non operano legalmente e che non rispettano alcun tipo di norma. È chiaro che, se un’impresa decide di nascondersi e muoversi in una situazione di completa illegalità, per fare concorrenza a chi opera legalmente, cercherà di risparmiare su tutto, naturalmente – e forse soprattutto! – anche sull’adozione delle misure necessarie per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. È questa dunque la prima battaglia che occorre ingaggiare per combattere il fenomeno drammatico degli infortuni e delle morti sul lavoro.
In secondo luogo, sarebbe opportuna una campagna di sensibilizzazione da parte di tutte le istituzioni (Regione, Provincia, Comuni), nonché da parte delle scuole: riteniamo infatti che svolgendo un’opera di educazione e cultura su questi temi sin dalla più giovane età, con un impegno corale da parte delle istituzioni, si potrebbe ottenere qualche risultato in più.
Infine, pensiamo sia necessario intervenire incentivando l’attività formativa, giacché spesso alcuni incidenti accadono proprio per mancanza di formazione sull’utilizzo dei dispositivi di sicurezza e su cosa significhi operare all’interno di determinati locali, magari manipolando particolari prodotti; quando c’è mancanza di formazione possono verificarsi avvenimenti tragici, come di fatto è avvenuto anche nella nostra Provincia.
Sono questi soltanto alcuni degli aspetti su cui riteniamo necessario concentrare l’attenzione. Per quanto ci riguarda, come dicevo, le nostre imprese, sia pure con difficoltà e molto lentamente, hanno acquisito e stanno acquisendo una sensibilità e una cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro che prima onestamente non c’era o era presente in misura assai inferiore rispetto ad oggi. Ma c’è ancora molto da fare e noi siamo disponibili a dare il nostro contributo.

BARONE
Intervengo a completamento di quanto detto dal collega Bonura, le cui semplici proposte credo mettano in condizione di poter arginare questo grave problema, che è importante affrontare con maggiore determinazione assieme agli enti locali, soprattutto perché la situazione di imprese destrutturate, che non appartengono all’albo delle imprese artigiane e che effettuano azione di abusivismo, soprattutto in determinati periodi è drammatica. A partire dall’inizio della primavera e per tutta l’estate la battaglia sarà impari. A fronte di quelle imprese che hanno la partita IVA e sono iscritte all’albo delle imprese artigiane, e che vengono identificate quasi sempre dagli organi di controllo, ce ne sono tantissime altre che purtroppo non sono individuabili perché non hanno questi requisiti e quindi non figurano. Sono come piccoli fantasmi che in ben 58 comuni della Provincia esercitano questo tipo d’attività, prevalentemente con orari difformi, nei pomeriggi o la sera. Ci stiamo attivando per chiedere la collaborazione di imprese e artigiani, così da poter fare noi stessi, come organizzazioni di categoria, delle denunce in questo senso.
Per il resto, la sintesi che abbiamo presentato credo sia esaustiva. In ogni caso siamo a completa disposizione per il rapporto di collaborazione che intendiamo portare avanti e che è nell’interesse di tutti noi, in particolare delle imprese.

BIZZINI
A nome personale e dell’associazione che rappresento ringrazio questa Commissione per l’invito e per l’opportunità che ci viene data.
Il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro è importante e ci vede fortemente coinvolti. Da sempre, ma soprattutto in quest’ultimo periodo e comunque con maggiore intensità, la nostra associazione ha attivato una serie d’iniziative volte alla formazione e all’informazione in maniera puntuale e continua dei nostri imprenditori e degli addetti alla sicurezza.
Collaboriamo con vari enti e teniamo all’interno della nostra associazione una serie di corsi di formazione. Su questi e altri aspetti abbiamo predisposto un documento che vi lasceremo e che sintetizza la nostra attività, divisa per gruppi. In particolare, abbiamo esposto la nostra attività sulla formazione e sull’informazione.
Con l’INAIL di Catania – iniziativa che vogliamo portare all’attenzione di questa Commissione – abbiamo attivato uno sportello per dare la possibilità ai nostri associati di aderire volontariamente ad un check up preventivo, attraverso un turno di prenotazione e di assistenza. Si tratta di un’iniziativa cui partecipa un nostro funzionario, rivolta esclusivamente ai datori di lavoro, sui quali ricade la responsabilità. Abbiamo iniziato questa opera di sensibilizzazione perché troppo spesso nel passato, sottovalutando i rischi e le responsabilità del datore di lavoro, alcune cose in azienda non venivano fatte nel giusto modo. Come dicevo, il datore di lavoro può accedere se vuole a questo check up preventivo, attraverso il quale, con un’attività che dura alcune ore (3 o 4), viene esaminata tutta la situazione dell’azienda, dal punto di vista sia documentale, sia del piano sicurezza, sia dell’andamento storico degli infortuni. Questo ci serve per capire come e dove poter intervenire e quali sono i punti deboli della struttura. Ovviamente, tutto ciò che emerge nell’ambito di questo check up non può essere oggetto di sanzione, come prevede espressamente il protocollo, ma anche la norma, e quindi i funzionari dall’INAIL che partecipano a tale attività non possono utilizzare le informazioni assunte per colpire l’azienda. Lo spirito è quello di formare e di promuovere una cultura della sicurezza. Abbiamo riscontrato una certa reticenza, paura e preoccupazione da parte degli associati, ma vogliamo continuare su questa strada.
Passo ora ad alcune proposte che intendiamo sottoporvi. Intanto, l’istituzione di un nuovo comitato sulla sicurezza. Tale organismo già esiste a livello regionale; credo si possa pensare di istituirlo su scala provinciale per discutere (ovviamente con la giusta cadenza, non è che si debba riunire ogni mese) la situazione di tutti gli attori in campo in materia di sicurezza sul lavoro.
Si potrebbe poi prevedere la possibilità per l’imprenditore (non so attraverso quali norme) di aderire volontariamente ad un check-up preventivo dell’azienda o del cantiere mobile. Non so se ci siano fondi disponibili...

PRESIDENTE
Su questo vorrei intervenire subito ed essere chiaro.
Noi dobbiamo stare attenti. La prevenzione è fondamentale, però creare una commistione tra soggetti che debbono svolgere l’attività ispettiva e soggetti che debbono fare consulenza è rischioso. Secondo me è bene mantenere separati i due aspetti, perché potrebbero nascere problemi anche di responsabilità giuridica.
L’azienda deve organizzarsi con altri soggetti, con professionisti che svolgono questa attività. Non so se la normativa in Italia arriverà a questo, però attualmente il problema si pone, dal momento che sono in corso indagini giudiziarie su soggetti pubblici che dovrebbero svolgere un lavoro di controllo, di prevenzione, e che svolgono anche attività di consulenza.
Bisogna scindere le due cose. Ne sto parlando in modo anodino, non sto prendendo posizione. Però è un problema. Ricordo che ci sono soggetti preposti cui l’azienda si può rivolgere nonché i processi ascensionali che coinvolgono anche soggetti previsti dalle normative vigenti. Non so se arriveremo ad una legislazione di tipo diverso, ma oggi abbiamo già la possibilità di operare senza confondere i due soggetti. Con la stessa INAIL siamo ormai borderline, perché ha un ruolo di controllo e di ispezione.
È vero pure che è un’assicurazione obbligatoria, quindi in qualche modo il limite c’è; tuttavia se si dovesse arrivare all’Ispettorato del lavoro o all’ispettorato della ASL vi sarebbe incompatibilità, perché non può fare da consulente chi invece deve svolgere un lavoro diverso.

BIZZINI
Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Pensavamo di prevedere la possibilità di un’ispezione preventiva, a monte. È chiaro che non vogliamo creare alcuna commistione...

PRESIDENTE
E chi la dovrebbe fare?

CICCI
Per esempio, il reparto di prevenzione della ASL.

PRESIDENTE
Qui bisogna chiarirci bene. Potremmo anche rivedere la normativa – ci sono delle spinte in tal senso –, ma oggi questo tipo controllo non è previsto. Se invece il discorso è quello di porre un quesito alla ASL su come l’azienda si deve comportare per un determinato problema, è diverso. Sono due aspetti differenti. Vorrei essere chiaro. Non è che non ci deve essere il confronto con questi organismi, ma deve essere di tipo conoscitivo. Le norme non contemplano l’ispezione preventiva. È un fatto nuovo.

BIZZINI
Ma su un cantiere particolare, se potessimo avere la possibilità di un’ispezione preventiva...

PRESIDENTE
Guardi, dobbiamo parlare chiaro. Sul cantiere ci sono norme precisissime e anche semplicissime; non si tratta di ispezione preventiva: il ponteggio o è a norma, e si sa quando è a norma, o non lo è; gli strumenti, le macchine o sono a norma o non lo sono a norma. Cerchiamo di capirci. Che cosa vogliamo trovare sul cantiere? Il casco bisogna metterselo, così come le scarpe antinfortunio; al lato delle impalcature ci debbono essere delle scale, per non parlare dei parapetti di protezione; quanto alle gru, prima di essere impostate, deve essere fatto un calcolo da parte dell’ingegnere strutturista che firma il rapporto tra peso e altezza.
Non veniamo da una società primitiva; siamo una società evoluta, con norme evolute, quindi vi prego caldamente di non tentare di scoprire l’acqua calda, che è stata già scoperta da un pezzo.

BIZZINI
Allora si dovrebbe maggiormente responsabilizzare il coordinatore della sicurezza.

PRESIDENTE
Ecco il discorso. Non si può sostituire il pubblico con il privato!

BIZZINI
Negli appalti pubblici il coordinatore della sicurezza dovrebbe, all’atto della consegna dei lavori, attestare mediante un documento che porti la sua firma e che deve essere allegato al lavoro che ha esercitato tutte le attività preventive di controllo. I direttori della sicurezza devono partecipare ad attività di formazione ed essere figure altamente qualificate (si può anche pensare all’istituzione di un albo), perché come dicevano prima i colleghi, noi vogliamo muoverci nel pieno rispetto delle regole. Il che significa che quelle aziende che operano in modo irregolare per noi fanno concorrenza sleale.

BONACCORSI DI REBURDONE
Sono il presidente di Confindustria Catania. Ringrazio anzitutto la Commissione per averci invitato. Abbiamo predisposto un documento contenente alcune nostre proposte, di cui passo a riassumere i punti salienti, non prima però di aver sottolineato che a questo tema Confindustria riserva ovviamente la massima importanza. Il fenomeno in esame viene da noi valutato anche in termini di concorrenza sleale da parte di aziende che lavorando al di fuori delle regole danneggiano aziende che invece operano secondo la normativa vigente.
Il problema della sicurezza sul lavoro non è legato tanto ad una carenza di regole, quanto piuttosto alla loro mancata applicazione e a controlli insufficienti. La sezione autonoma dell’ANCE, relativa ai costruttori edili, si occupa con grande attenzione dei propri associati e svolge un’attività assolutamente encomiabile in termini di sensibilizzazione delle imprese e delle maestranze. Abbiamo costituito insieme a CGIL, CISL e UIL un fondo paritetico, Fondimpresa, che mette a disposizione 12 milioni di euro grazie alle risorse trasferite al fondo dall’INPS per la realizzazione di piani formativi condivisi tra le parti sociali, rivolti alla formazione per l’innalzamento dei livelli di sicurezza sul lavoro e di salute dei lavoratori e delle lavoratrici delle imprese dell’interfondo.
Nel documento è contenuta altresì una proposta concreta relativa alla segnalazione da parte degli enti locali delle autorizzazioni relative all’esecuzione dei lavori. Vorremmo impegnare i Comuni che autorizzano l’esecuzione dei lavori a trasmettere agli enti interessati le autorizzazioni e le concessioni rilasciate in modo tale che i soggetti preposti al controllo non debbano procedere alla cieca, ma sapendo con esattezza cosa e dove cercare per verificare se si opera in sicurezza. Per il resto rinvio al documento da noi predisposto che mettiamo a disposizione della Commissione.

DONAGGIO (PD)
Il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede l’istituzione di un fondo a sostegno delle piccole e medie imprese che mira proprio ad aiutarle nella predisposizione e attuazione delle misure previste dalle norme antinfortunistiche. Tale fondo va proprio nella direzione di risolvere alcuni problemi concreti e dunque anche quello del sostegno economico.
Ritenete che si tratti di uno strumento valido, tale da poter contribuire alla predisposizione di tutti gli interventi che sono necessari per consentire ai cantieri o ai luoghi di lavoro di mettersi a norma e di essere considerati in regola quando viene svolta un’attività ispettiva? In particolare, penso al settore dell’artigianato in cui si ha a che fare con pochissime persone e con ambienti di lavoro di ridotte dimensioni. Del resto, l’imprenditore, proprio perché condivide con i propri collaboratori lo stesso ambiente di lavoro e dunque la stessa sorte, mettendo a rischio l’incolumità di questi ultimi di fatto mette a rischio anche la propria.
Quel fondo era stato immaginato per dare un sostegno economico sia rispetto al disbrigo di alcune attività di natura burocratica, sia per sensibilizzare l’intero comparto su questo fronte. Ora, considerato che al Testo unico si dovrà dare applicazione, si tratta di comprendere se il fondo in questione è veramente utile. Ritenete che possa essere la strada più giusta da perseguire rispetto ad altre?
In secondo luogo, dall’audizione dei rappresentanti di alcune organizzazioni sindacali è emerso che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, vale a dire quella figura che sul territorio è chiamata ad interloquire con le aziende con meno di 15 dipendenti, viene vissuto con fastidio da parte delle imprese. Dal vostro punto di vista, è utile avere sul territorio un’interlocuzione con il rappresentante dei lavoratori, che magari può essere inteso come un punto di riferimento utile per nel rappresentare gli specifici interessi della controparte, pur in un’ottica di collaborazione con il datore di lavoro? Ritenete che questi due elementi possano essere utili?

BIZZINI
Senatrice Donaggio, siamo perfettamente d’accordo con questa soluzione. Anche nel nostro documento viene messo l’accento sulla necessità di riuscire ad esercitare, con l’aiuto delle associazioni di categoria, un controllo adeguato sulla spesa di questi fondi nella convinzione che una cultura che vuole favorire la sicurezza deve coinvolgere contemporaneamente il datore di lavoro e i lavoratori. È un percorso da portare avanti insieme, evitando inutili contrapposizioni, soprattutto nell’ambito delle piccole e medie imprese in cui il datore di lavoro partecipa al rischio d’impresa in prima persona.
Non mi sembra invece che si evidenzino problemi con riferimento alla collaborazione che deve garantire il rappresentante della sicurezza. La sua presenza è fondamentale. Bisogna cercare in ogni modo di invertire questa tendenza.
Ora, tenuto conto del fatto che il Testo unico è non soltanto pienamente condivisibile, ma anche perfettamente adeguato rispetto alla materia cui si riferisce, il vero problema è legato piuttosto ad una carenza in termini applicativi. Deve essere nostra cura aiutare tutte le aziende che intendono operare nell’ambito della legalità; un’operazione non semplice, che richiede anche di individuare soluzioni che consentano di correggere determinati errori.

CICCI
Sono la rappresentante per la sicurezza di Apindustrie Catania.
Riallacciandomi a quanto ricordava il collega Bizzini, abbiamo avanzato l’ipotesi di un contributo da attribuire all’associazione, magari sulla base del numero di associati, in modo da consentirle di svolgere un’azione di formazione diretta e a stretto contatto con le aziende. Si potrebbe, ad esempio, individuare un fondo di formazione per i lavoratori stranieri, che ancora oggi vivono una situazione di grave difficoltà non solo ad inserirsi nel tessuto sociale ma addirittura a farsi comprendere. È chiaro che l’associazione ha già svolto un’attività di formazione, ma certo se si disponesse di un fondo ad hoc l’attività potrebbe essere più efficace, considerati i costi che sostiene direttamente l’associazione. Se fosse possibile prevedere, grazie all’approvazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, norme di attuazione specifiche da parte dello Stato, la situazione potrebbe migliorare.
Osservo poi, anche per l’esperienza che ho maturato sul campo, che la presenza di un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza con una certa preparazione in materia in aziende di piccole dimensioni (anche se certamente una mediazione tra questa figura ed il datore di lavoro risulta più difficile considerato il rapporto immediato e diretto che si instaura tra le parti) è comunque utile e tale da far crescere una cultura della sicurezza nell’ambito in cui interviene. Ben vengano dunque entrambe le soluzioni.

BONURA
Per evitare qualsiasi equivoco, vorrei chiarire che la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza non è vista con fastidio, anche se bisogna tenere conto di un problema molto concreto. Il tessuto imprenditoriale della Provincia di Catania è costituito per oltre il 95 per cento da imprese con un numero di dipendenti variabile da uno a cinque al massimo. Sotto i 15 dipendenti, come è stato giustamente sottolineato, intervengono accordi tra sindacati ed organizzazioni imprenditoriali.
È evidente che quando viene scelto un rappresentante della sicurezza, che nell’ambito della sua funzione è tenuto ad interessarsi di un certo numero di imprese, bisogna anche riconoscergli determinati diritti, sia in termini di permessi sindacali che di aggiornamento professionale o formativo, che costringono l’impresa ad accollarsi costi non indifferenti. Chi è tenuto ad accollarsi questi costi? Un’impresa a nome di tutte le altre oppure è possibile suddividere il costo tra tutte le imprese interessate? Bisogna dunque tenere conto di questi problemi, al di là di quelli che già incidono in materia di sicurezza.
Ciò non toglie che sia da parte nostra, sia da parte delle organizzazioni sindacali sono stati segnalati alcuni ritardi di cui bisogna parlare con franchezza. Probabilmente, se ci fossimo mossi con più determinazione, in un’ottica comune, sarebbe stato più facile dare risposte positive ai problemi ai quali facevo riferimento.
Osservo poi che, in assenza di specifiche norme attuative del decreto legislativo di riferimento, è difficile stabilire quali e quanti benefici possono derivare alle imprese che si adeguano alle norme in materia di sicurezza. In ogni caso la predisposizione di un fondo specifico, considerati i costi della sicurezza e dei necessari adeguamenti, è altamente auspicabile.
Considerato che anche solo frequentare un corso di formazione ha un costo non indifferente, la possibilità di attingere ad un fondo ad hoc rappresenta non solo un vantaggio per le imprese, ma anche per le associazioni particolarmente impegnate su questo fronte. Una volta data attuazione alle norme alle quali facevo riferimento, sarà possibile coinvolgere un gran numero di imprese in quest’azione di sensibilizzazione sui temi della sicurezza.
Da ultimo, sottolineo ancora una volta la necessità di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso nell’ambito delle attività imprenditoriali abusive. Insisto molto su tale questione anche in considerazione del fatto che siamo in presenza di una crisi economica che incide in modo particolare sulle realtà locali, tanto che i dati in nostro possesso tendono a mettere in luce nella Provincia di Catania una situazione particolarmente negativa in termini numerici, tale da far pensare che molte imprese che prima lavoravano nella legalità oggi, non riuscendo più a sostenere i costi d’impresa, piuttosto che dismettere l’attività preferiscono non risultare dai registri per non pagare determinate spese. È evidente che l’esercizio di un’attività abusiva finalizzata al risparmio porta con sé una serie di problemi e rischi, che non credo sia necessario richiamare, tra i quali anche quelli legati alla sicurezza.

PRESIDENTE
Queste occasioni di confronto servono anche per far emergere ed affrontare determinate problematiche. Del resto, lo scopo della presenza della Commissione sul territorio è proprio finalizzato ad una migliore comprensione delle specifiche realtà territoriali. Tra l’altro, al di là del fatto che le vostre riflessioni ci aiutano ad acquisire elementi di conoscenza che ci possono permettere di svolgere un’azione maggiormente propositiva o, qualora necessario, anche di maggiore prudenza nei confronti del Governo, come ricordato dalla senatrice Donaggio, mi auguro che nel contempo la nostra presenza e le nostre indicazioni possano essere di aiuto rispetto al vostro lavoro e alla comprensione di certi fenomeni. La Commissione ha dato un grande contributo alla stesura del cosiddetto Testo unico, pertanto, disporre di questi elementi è per noi un fatto prezioso.
In particolare, è interessante il discorso fatto dal Presidente di Confindustria sull’obbligatorietà di comunicare le concessioni edilizie: penso che come Commissione – parlo anche a nome dei colleghi – possiamo prendere un impegno formale per cercare di introdurre questo profilo, magari attraverso un emendamento, nel tentativo di assicurare un ulteriore elemento di trasparenza.
Ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo.


Audizione del presidente dell’ANCE, del presidente dell’Ordine degli ingegneri, del presidente dell’Ordine degli architetti-PPC e del presidente dell’ANIS



Intervengono il presidente dell’ANCE, geometra Andrea Vecchio, il presidente dell’Ordine degli ingegneri, ingegner Carmelo Maria Grasso, il presidente dell’Ordine degli architetti-PPC, architetto Antonio Licciardello e il presidente dell’ANIS, ingegner Antonio Leonardi, accompagnato dal segretario, ingegner Di Mauro.

PRESIDENTE
Do il benvenuto ai nostri ospiti e li ringrazio per la disponibilità.
Cedo subito loro la parola per ascoltare le riflessioni che vorranno svolgere sul tema della sicurezza sul lavoro.

VECCHIO
Signor Presidente, vi ringraziamo innanzitutto per l’invito.
In merito al fenomeno degli infortuni sul lavoro nella Provincia di Catania, l’ANCE da tempo svolge una certa attività; già in passato abbiamo realizzato specifici interventi, che abbiamo provveduto a riassumere in una relazione che consegneremo alla Commissione, nella quale risulta compendiato anche il nostro punto di vista sull’argomento.
Per quanto ci riguarda, riteniamo che vi siano tre profili di massima importanza. Innanzitutto crediamo sia necessario assicurare il controllo del mercato dell’edilizia, con un osservatorio istituito presso la Cassa edile (avevamo già assunto un’iniziativa al riguardo nel giugno 2005, cercando di sensibilizzare in tal senso l’allora prefetto di Catania). Abbiamo dunque inviato una lettera circolare a tutte le amministrazioni comunali della Provincia, invitandole a trasmettere alcune informazioni che dovrebbero confluire in una banca dati, che pensiamo di istituire tra INAIL, INPS e Cassa edile. Tali informazioni dovrebbero riguardare, da un lato, tutti i finanziamenti pubblici spesi dalle amministrazioni (un piccolo cottimo o l’affidamento di lavori di riparazione); dall’altro, tutte le autorizzazioni e le concessioni edilizie rilasciate dall’amministrazione, con l’indicazione dell’ubicazione della concessione, del titolare della stessa – quindi del proprietario – nonché dell’imprenditore chiamato ad eseguire i lavori.
L’intenzione è quella di monitorare l’intero sviluppo del lavoro nell’edilizia considerato che, a nostro a avviso, la maggior parte degli infortuni in questo settore si verifica all’interno di imprese non strutturate, cioè in quelle imprese raffazzonate, che non hanno né struttura, né esperienza, né conoscenza. Raccogliendo quindi le varie informazioni in una banca dati si avrebbe la possibilità di incrociarle. Oggi, ad esempio, non risulta in alcun modo accertabile quando un’azienda versa i contributi alla Cassa edile per una certa quantità di manodopera, mentre li versa all’INPS per una quantità inferiore e all’INAIL per una quantità ancora diversa. Se invece ci fosse questa banca dati, sarebbe possibile incrociare le informazioni, con la conseguenza che verrebbe automaticamente alla luce gran parte del lavoro in nero, in verità già ampiamente emerso grazie al Documento unico di regolarità contributiva (DURC), che si è rivelato da questo punto di vista veramente importante: a Catania, ad esempio, abbiamo registrato un aumento del 40-50 per cento della manodopera dichiarata alla Cassa edile. Questo è di certo un elemento estremamente positivo, ma non basta. L’altro suggerimento che ci permettiamo di dare riguarda la possibilità di prevedere – ad esempio attraverso un’ordinanza prefettizia o un decreto governativo, anche se in realtà non sappiamo quale potrebbe essere lo strumento normativo più adatto – l’obbligo per le amministrazioni locali di comunicare queste informazioni a detta banca dati.
Il secondo profilo sul quale vorremmo richiamare l’attenzione di questa autorevole Commissione è la condizione delle attrezzature delle imprese.
In un momento come quello che stiamo vivendo, con un mercato estremamente asfittico ed un’economia disastrata, è difficile per un’impresa dotarsi di attrezzature moderne ed adeguate. Può accadere allora che le imprese, soprattutto quelle non strutturate, utilizzino ponteggi vecchi o macchine ed attrezzature fuori normativa. Al riguardo riteniamo che, attraverso interventi in sinergia con l’INAIL, o mediante forme di incentivazione fiscale, si potrebbero ipotizzare misure volte alla rottamazione di ponteggi, macchine edili ed attrezzature varie obsolete o non adeguate, spingendo le imprese ad investire in sicurezza, rinnovando ed elevando i propri standard qualitativi in termini di tecnologie oltre che di formazione.
Infine, il terzo profilo per noi estremamente importante, e sul quale l’ANCE nazionale discute da tempo, è quello relativo alla qualificazione delle imprese che eseguono in particolare edilizia privata. Mi spiego meglio.
Per accedere ad un contratto per l’esecuzione di un’opera pubblica occorre la certificazione SOA (Società organismo di attestazione) che, analizzata la qualità dell’impresa, la qualifica secondo specializzazioni e categorie. Per quanto riguarda l’edilizia privata, invece, qualunque azienda edile che faccia istanza, in carta bollata, di iscrizione alla Camera di commercio, nello spazio di dodici ore diventa un’impresa in grado di affrontare la costruzione di un edificio del valore di 100.000 euro come di 50 milioni di euro, senza magari avere alcuna competenza, preparazione o qualificazione. In un Paese moderno non è possibile che ciò si verifichi: è necessario, invece, per l’iscrizione di un’impresa edile alla Camera di commercio, una qualifica, la documentazione e una preparazione pregressa.
In caso contrario, infatti, non si riuscirà ad arginare la piaga degli infortuni sul lavoro che, secondo il nostro giudizio, si verificano per la maggior parte nell’esecuzione di lavori di edilizia privata realizzati da imprese non strutturate.

PRESIDENTE
In realtà avvengono anche nei grandi cantieri.

VECCHIO
Per carità, Presidente. In Provincia di Catania abbiano avuto l’esempio eclatante dell’impresa di costruzioni Pizzarotti: in quel caso era stata utilizzata per diversi anni un’attrezzatura realizzata sulla base di un calcolo errato. Ciò fa parte sicuramente dell’errore umano. Possiamo prestare la massima attenzione, ma questi casi episodici non credo potranno essere eliminati. A Catania si è verificato un incidente emblematico.
Un piccolo imprenditore-operaio, che aveva avuto in appalto la ristrutturazione di un intero edificio e che lavorava in prima persona, è salito al 5º piano ed è caduto giù, perché un pannello di collegamento tra due parti del ponteggio era stato messo male. È stato in questo caso proprio il responsabile dell’azienda, il titolare del contratto, ad essere vittima di quell’evento. Non sostengo che se fosse stato più preparato l’incidente non si sarebbe verificato...

PRESIDENTE
Quel che ha detto è molto chiaro. Come abbiamo colto anche da altri incontri, c’è questo importante problema dell’iscrizione.
La ringraziamo per averlo ricordato di nuovo. Come dire, siamo addetti ai lavori...

VECCHIO
Certo. Infatti, ho utilizzato un linguaggio piuttosto tecnico e non giornalistico, perché ritengo di trovarmi di fronte ad esperti.
Ho terminato la mia esposizione. Se occorrerà qualche altro chiarimento, sono a disposizione.

LICCIARDELLO
Buongiorno, affronterò per le linee generali una parte dell’argomento, nella speranza, non essendoci divisi i compiti, di non ripetere cose già dette o dire ciò che altri ripeteranno. Da diverso tempo, da ancor prima dell’avvento di queste leggi, l’ordine che ho l’onore e anche l’onere di presiedere si è sempre preoccupato di trattare la problematica degli infortuni sul lavoro. Il mio ordine, ma penso che lo stesso si possa dire per gli altri, ha avuto un atteggiamento responsabile posto che gli iscritti, secondo la mentalità del nostro consiglio, non possono maturare un’anzianità soltanto anagrafica. L’aggiornamento non è soltanto per i giovani, ma deve essere continuo, quindi anche per gli iscritti più navigati, che purtroppo, da quel che abbiamo scoperto, ancora prima del decreto legislativo n. 494 del 1996, non si aggiornavano frequentemente.
L’aggiornamento dunque deve essere continuo e per tutti, non solo per coloro che arrivano dall’università e che sono impreparati per il cantiere.
Negli anni precedenti, assieme all’ordine degli ingegneri, ciascuno presso la propria facoltà, abbiamo cercato di fare protocolli d’intesa affinché l’accesso alla professione fosse più comodo. Io non ho studiato qui a Catania, ma al Politecnico di Torino e posso dire che nella nostra città manca completamente il rapporto con la professione. Spesso chi deve dirigere le operazioni in cantiere ha una preparazione solo a livello di teoria, senza un minimo di pratica. Abbiamo cercato di fare formazione, ma è un’attività che esula dalle nostre competenze, almeno con il vecchio ordinamento.
E poi non abbiamo le risorse economiche. La tanto auspicata riforma degli ordini ancora non c’è stata, anzi con un colpo di spugna stavamo scomparendo.
Come ordine di Catania abbiamo oggi una sede che ci consente un incontro continuo con gli iscritti attraverso riunioni; quindi possiamo monitorare le loro posizioni, anche perché tenendo i corsi (noi come gli ingegneri li abbiamo fatti in casa) li conosciamo e li seguiamo. Abbiamo anche portato, con visite organizzate specialistiche, dei gruppi in cantieri molto grandi, inserendo due o tre di questi stage nel corso previsto dal decreto legislativo n. 494. Ma non basta. Abbiamo presentato un primo documento sulle problematiche del settore e quindi non mi dilungo.
Passo ora alle iniziative e alle proposte. Cerchiamo intanto di diffondere le conoscenze, mediante riunioni e convegni. Tartassiamo gli iscritti, sia telefonicamente che via e-mail, comunicando, ad esempio, che alle ore 17 il geometra Andrea Vecchio presso la sua sede terrà degli incontri, anche per piccoli gruppi. Ci scambiamo informazioni e sappiamo chi partecipa ai corsi, così da aggiornare i nostri elenchi e decidere, se arriva una richiesta, di mandare le persone più preparate. Questo è un qualcosa che facciamo a livello artigianale. Abbiamo schedato tutti gli iscritti secondo l’attività lavorativa per vedere chi fa più cantieri, perché purtroppo non abbiamo solo liberi professionisti. L’ordine deve fare i conti con questo grave problema: gente che non entrerà mai in cantiere, che non farà mai la professione e che dopo dieci anni potrà svolgere funzioni di collaudo.
È un fatto grave. Come si possono fare collaudi solo perché si hanno dieci anni di anzianità? In questo la legge non c’è mai venuta incontro.
Attraverso il nostro organismo, la consulta regionale degli ordini, siamo cercando di modificare con la Regione siciliana, che ce lo potrebbe permettere, alcune cose, ma qui in Sicilia siamo arretrati, non riusciamo ad avere né un testo unico dell’urbanistica né altro. La Regione ha una certa autonomia, ma è anche 1’unica che non ha delle leggi specifiche.
Tra le ultime attività, quella dei dieci «Progetti esatti». A parte il fatto che siamo stati tra i primi ad aderire all’ANIS, l’Associazione nazionale ingegneria della sicurezza, presieduta dall’ingegner Leonardi, con gli ingegneri abbiamo fatto protocolli d’intesa su tutte le problematiche, abbiamo abbracciato subito questa iniziativa dell’ANIS per tenere corsi di alta qualità e monitorare gli iscritti. I dieci «Progetti esatti» sono dieci incontri gratuiti che facciamo per ingegneri e architetti presso la nostra sede su vari argomenti, tra i quali l’infortunistica.

PRESIDENTE
Ogni ordine si organizza. Voi fate attività professionali e approfondimenti.

LICCIARDELLO
Purtroppo il Governo in questo caso non c’è venuto incontro, perché i nostri corsi di laurea sono stati inflazionati dai corsi brevi. Sono più di 800 lauree inutili. Tra queste alcune brevi lauree triennali, come anche quella quadriennale in conservazione o paesaggistica.
Si tratta di persone che non sono laureate in architettura e che svolgono attività di cantiere. E chi li controlla? L’ordine non ha questa possibilità.
Ci sono quindi soggetti che svolgono attività per le quali, secondo la legge, non sarebbero competenti. Su questo il Governo dovrebbe intervenire. L’architetto e l’ingegnere junior sono professionisti a metà, che possono svolgere una ricerca universitaria o uno studio generale, eppure li ritroviamo in cantiere. Chi li controlla? Non abbiano il personale né la facoltà per farlo. I disastri capitano anche per comandi sbagliati che vengono impartiti.

GRASSO
Ringrazio l’autorevole Commissione per questa audizione.
L’attività dell’ordine nell’arco degli ultimi quattordici anni è stata improntata soprattutto ad una promozione culturale e ad una attività di formazione e di informazione nei confronti prevalentemente dei nostri iscritti, quindi ingegneri, che se non adeguatamente e debitamente formati diventano una sorta di cerniera debole nel rapporto tra le imprese e i lavoratori.
Abbiamo quindi svolto un’attività di formazione su cui lascerò agli atti una documentazione. Tra l’altro, abbiamo istituito all’interno dell’ordine una fondazione proprio per curare meglio questa attività formativa. Tra ordine e fondazione abbiamo realizzato decine e decine di corsi e convegni su questo tipo di argomenti. Abbiamo anche organizzato, insieme ad altri organismi, istituzioni ed enti, come la Provincia di Catania, attività di formazione nelle scuole. Un bando è stato fatto quattro anni fa. Un altro partirà tra qualche giorno con la partecipazione della prefettura, dell’INAIL, della ASL, del provveditorato agli studi e di altri organismi.
Per quanto concerne le proposte operative, esse riassunte in questo documento congiunto ingegneri-architetti-ANIS. Sono undici punti, che vanno dall’inserimento della materia nei corsi di studio, sia universitari che di scuola superiore, ai bandi di concorso che abbiamo in programma per premiare alcuni progetti significativi in questo settore, alle linee guida.
Infatti, uno dei problemi più frequenti che viene riscontrato è che su questo tipo di problematiche spesso non vi è certezza interpretativa, quindi avere protocolli precisi e linee guida, che l’ordine ha cercato di preparare e pubblicato già negli anni scorsi, diventa elemento fondamentale per dare forza a chi oggi deve andare a svolgere questo delicato ruolo.

LEONARDI
Signor Presidente, con la Commissione ci siamo già incontrati due anni fa circa in Senato e ancora qualche giorno fa, visto che aderiamo alla CIIP (Consulta interassociativa italiana per la prevenzione), un nostro delegato, l’ingegner Gerbino, ha fatto parte del gruppo che è stato da voi audito.
L’associazione è nata per affermare e valorizzare il ruolo strategico dell’ingegneria della sicurezza e quindi anche della progettazione della sicurezza.
Molti degli infortuni accadono su macchine, attrezzature, impianti, cantieri e strutture e riteniamo che l’ingegneria della sicurezza possa incidere significativamente sull’abbattimento degli infortuni. Abbiamo avviato iniziative, collaborazioni con l’autorità di vigilanza sui lavori pubblici e con altri enti e Ministeri, attività sulle quali non mi soffermerei, anche perché lasceremo agli atti un documento di presentazione.
Mi soffermerei invece, ringraziando ancora la Commissione per averci uditi, sull’illustrazione di un documento che abbiamo realizzato come Associazione nazionale ingegneri della sicurezza, ordine degli ingegneri e ordine degli architetti della Provincia di Catania, che lasciamo agli atti e che concerne una serie di proposte operative per la diffusione e la promozione della cultura della sicurezza e per interventi operativi in altri settori. Ovviamente i due aspetti di cui parliamo sono la formazione e l’informazione.
Sappiamo che il Testo unico su 301 articoli ripete ben 161 volte le parole «formazione» e «informazione». Quindi anche il legislatore ne ha voluto sottolineare il valore strategico. L’altra proposta riguarda la vigilanza.
Quanto alla formazione, uno degli aspetti cui si era già accennato è quello della diffusione dell’insegnamento della sicurezza nei percorsi scolastici ed universitari, quindi a partire dai banchi di scuola media e superiore, che riteniamo fondamentale. L’articolo 11 del Testo unico lo prevede già, ma non è ancora decollata un’iniziativa particolare. Chiediamo di inserire tale insegnamento nei POF (piani dell’offerta formativa) e quindi di farlo diventare curriculare nell’ambito del percorso scolastico.
Poiché l’alunno di oggi sarà l’operaio, l’imprenditore, il professionista, il consulente di domani, è necessario che il valore della salute e della sicurezza faccia già parte del bagaglio culturale del ragazzo che esce dalla scuola media, dalla scuola superiore, soprattutto tecnico-professionale, e dall’università. In questo senso le università italiane ancora non hanno implementato l’attivazione di specifici insegnamenti. C’è qualche esperienza sparuta; registriamo in sole due università il corso di laurea in ingegneria della sicurezza, che crediamo possa invece rappresentare uno strumento fondamentale per preparare dei professionisti della sicurezza, che poi svolgeranno il ruolo di responsabile del servizio di protezione e prevenzione o quello di coordinatore per la sicurezza nei cantieri oppure altri ruoli inerenti lo scenario organizzativo della sicurezza aziendale del cantiere e che potrebbero essere significativi per l’abbattimento degli infortuni.
Sul piano della formazione è bene vigilare maggiormente, anche in considerazione del fatto che, a seguito di alcuni corsi per responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori, i cosiddetti RSPP, nascono all’improvviso pseudoassociazioni di categoria, magari con un numero limitato di imprese, che in realtà non sono in grado di assicurare una formazione sufficientemente qualitativa e professionale per le figure di coordinamento dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione.
Su tali realtà andrebbe operata una verifica più attenta.
Un altro aspetto importante è relativo al potenziamento numerico degli organi di vigilanza, non solo per il territorio siciliano ma più in generale per tutte le Regioni che si trovano al di sotto di Roma, rispetto alle quali il fenomeno della carenza di risorse umane e strumentali degli organi di vigilanza è particolarmente evidente. Il problema quantitativo, già ricordato da altri colleghi, risulta particolarmente evidente dal seguente raffronto. In Provincia di Modena si calcola essere presente un tecnico della protezione ogni 20.000 abitanti; nella Provincia di Catania questo rapporto è molto più basso, con un tecnico ogni 120.000 abitanti.
Altrettanto rilevante è l’aspetto qualitativo, con riferimento a quelle figure tecnico-professionali o ingegneristiche che devono essere assicurate all’interno degli organi di vigilanza. È un aspetto che si evidenzia in tutta Italia, tant’è vero che al momento sono presenti per lo più figure medicosanitarie.
All’interno degli organi di vigilanza si evidenzia un rapporto di 15 medici ogni ingegnere, laddove sarebbe molto più opportuno che all’interno degli organi di vigilanza l’ingegnere svolgesse un ruolo più strategico nell’ottica di un’adeguata prevenzione degli infortuni. Questa figura professionale offre maggiori garanzie sia nella sua veste di coordinatore dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori, sia per l’apporto che può dare all’interno degli organi di vigilanza. In tal senso la Regione Sicilia dovrebbe attivare le procedure previste nel piano sanitario nazionale regionale, volte all’istituzione all’interno dei dipartimenti di prevenzione delle ASL di un servizio impiantistico ed infortunistico che dovrebbe specificamente occuparsi di macchine, impianti ed attrezzature, ma che per il momento non è presente in quasi nessuna delle ASL italiane.
L’altro aspetto su cui si può ragionare, anche se a livello nazionale è molto controverso, è riferito all’Agenzia. Lo stesso Ministro, infatti, ha parlato di un’Agenzia che potrebbe essere assimilabile a quella che si occupa a livello nazionale di protezione dell’ambiente, con specifiche diramazioni a livello regionale. Potrebbe essere uno strumento di intervento utile.
Si è parlato spesso anche di misure di finanziamento a favore di azioni di miglioramento della sicurezza e dell’igiene del lavoro. In particolare, campagne di rottamazione di macchine e attrezzature non a norma, finanziamenti agevolati per investimenti di innovazione tecnologica o a sostegno di iniziative di formazione, oltre a misure di finanziamento agevolato volte ad implementare all’interno delle aziende sistemi di gestione della sicurezza, secondo quanto previsto dall’articolo 30 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Questo risultato si può conseguire solo grazie ad adeguati investimenti finanziari, magari assicurando misure premiali per le aziende che investono in sicurezza, diffondono una cultura della sicurezza e applicano le misure a tale scopo previste.
Con riferimento alle linee guida, il Testo unico parla di un documento per la valutazione dei rischi, pur in assenza di un vero e proprio regolamento sui contenuti minimi propri di siffatto documento, strumento principe dello scenario organizzativo della sicurezza aziendale. Si evidenzia una carenza anche in termini di requisiti professionali da garantire affinché il professionista tenuto a redigere i suddetti elenchi possa disporre di strumenti utili, pratici e concreti per mettere a punto documenti di valutazione dei rischi efficaci ed efficienti. Poco fa il presidente dell’ANCE ha fatto riferimento anche all’istituzione di osservatori.

PRESIDENTE
La interrompo per farle presente che un’attività in questo senso è già stata svolta a livello nazionale e che lo scopo della presenza della Commissione a Catania è finalizzata proprio a conoscere più da vicino le varie situazioni presenti a livello territoriale. Del resto la Commissione, oltre a valutare e a tentare di rispondere alle problematiche relative al contesto nazionale, ritiene altrettanto importante operare una verifica sul territorio per comprendere meglio se vi sono aspetti sui quali è più opportuno porre l’accento.

LEONARDI
Il potenziamento degli organi di vigilanza attraverso specifiche figure professionali riguarda nello specifico anche la Provincia di Catania.

PRESIDENTE
Lei sta parlando di competenze proprie della Regione siciliana, in materia di lavoro e di gestione delle aziende sanitarie locali.
La Commissione, per avere un quadro oggettivo della situazione, ha bisogno di cogliere alcuni elementi propri delle varie realtà locali. Ad esempio, come mai a Catania continua ad aumentare il numero degli infortuni e delle morti sul lavoro? Le audizioni che si tengono sul territorio hanno proprio questo specifico significato. Altrimenti, sarebbe sufficiente limitarsi ad ascoltare i rappresentanti degli ordini professionali o altri soggetti che operano nel settore direttamente nella sede parlamentare istituzionale.
Se disponete di elementi relativi al territorio – anche da farci pervenire successivamente per iscritto – che possano arricchire l’attività della Commissione ne saremo lieti. Se non ci fornite elementi specifici, si rischia di trasformare una materia che dovrebbe avere caratteristiche sinteticamente propositive in una materia dialogica. Diversamente la presenza sul territorio della Commissione perde di significato. Anche se gli ordini professionali si stanno muovendo nel modo più opportuno, magari proponendo soluzioni che potrebbero tradursi in specifiche norme di legge che alla fine riescono a porre rimedio a determinate situazioni, è bene che ognuno nel proprio ambito territoriale faccia conoscere le problematiche che interessano la propria zona di riferimento, che sicuramente in questa Provincia risulteranno diverse da quelle proprie di altre realtà italiane.

LEONARDI
Signor Presidente, riferisco di alcune iniziative che si stanno avviando a livello provinciale, come nel caso dell’istituzione di un codice etico deontologico, riferito al coordinatore per la sicurezza nei cantieri, che individua alcune linee guida e procedure che devono essere correttamente applicate dal professionista, dal coordinatore, per migliorare la sua prestazione. Allo stesso modo, vorrei ricordare l’avvio di iniziative volte a premiare chi realizza un progetto relativo alla gestione della sicurezza aziendale. A questo scopo sta per essere bandito un concorso rivolto ai professionisti, per la promozione della sicurezza, e a quelle imprese di settore che implementano sistemi di gestione della sicurezza nel territorio in cui è inserita l’azienda.

PRESIDENTE
La prego di mettere a disposizione della Commissione una documentazione specifica in tal senso, con riferimento a tutte le questioni di cui vi state interessando.

VECCHIO
Con riferimento al nostro territorio è bene sottolineare l’importanza dell’osservatorio di cui si parlava precedentemente. Anche se è probabile che a Brescia o a Bergamo le procedure rivolte all’edilizia siano seguite in maniera più corretta da parte delle amministrazioni e degli imprenditori...

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo. Forse sarebbe meglio essere cauti nel vedere più verde l’erba del giardino accanto. I dati di cui disponiamo fotografano, a macchia di leopardo, l’intero territorio italiano.
Fortunatamente è priva di fondamento la sintesi secondo cui il Meridione vivrebbe una situazione di disagio maggiore di quella che si registra in altri contesti territoriali. Non è così. Del resto il Meridione non è rappresentato soltanto dalla Provincia di Catania, ma ciò non toglie che bisogna conoscere dati specifici relativi a questa realtà in modo da verificare gli aspetti che vanno corretti. Altrimenti l’intera audizione rischia di non fornirci quegli elementi di dettaglio necessari a fare chiarezza su determinate problematiche.
Del resto, i problemi che si evidenziano in questo territorio, con aziende non in regola o altro, non sono specifici soltanto del Sud, ma si evidenziano altresì al Nord. È bene togliersi di dosso tale complesso.

VECCHIO
Noi siamo orgogliosi di rappresentare il nostro territorio e le sue specificità e peculiarità. Il problema reale è che su questo territorio l’economia è estremamente frammentata.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per l’interessante contributo e dichiaro concluse le audizioni.

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Fonte: Senato della Repubblica