SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 19 ottobre 2009

Audizioni svolte presso la Prefettura di Venezia



Presidenza del presidente TOFANI

INDICE

Audizione del sindaco di Venezia e dell’assessore alle politiche e ai servizi per l’occupazione e il lavoro
Audizione del procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Venezia
Audizione del questore di Venezia, del comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei VVFF
Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore generale dell’AULSS 12 di Venezia, del direttore del dipartimento territoriale
Audizione del segretario generale dell’Autorità portuale e del comandante della Capitaneria di porto
Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL e dell’UGL

 

Audizione del sindaco di Venezia e dell’assessore alle politiche e ai servizi per l’occupazione e il lavoro



Intervengono il sindaco di Venezia, professor Massimo Cacciari e l’assessore alle politiche e ai servizi per l’occupazione e il lavoro, dottor Paolino D’Anna.

PRESIDENTE
Rivolgo il benvenuto della Commissione al sindaco di Venezia, professor Massimo Cacciari e all’assessore alle politiche e ai servizi per l’occupazione e il lavoro, dottor Paolino D’Anna.
La nostra presenza in questa sede non è dettata da motivi specifici di carattere emergenziale o dall’insorgere di un evento infortunistico di una qualche gravità, bensì per conoscere come, nei vari territori italiani, viene affrontato il problema degli infortuni e delle morti sul lavoro. Cerchiamo quindi di acquisire notizie da tutti i soggetti coinvolti e dalle istituzioni locali per raccogliere elementi che ci consentano, mediante un monitoraggio che la nostra Commissione sta portando avanti per verificare l’attuazione del nuovo Testo unico sulla materia, di coniugare le nuove esigenze emergenti con la necessità, ove vi fosse, di introdurre modifiche che possano favorire o agevolare l’azione di contrasto a tale fenomeno.
Sebbene il numero degli infortuni, per i dati di cui disponiamo, sembri essere in calo, ciò non giustifica un rallentamento della necessità di tenere alta la guardia. Vi chiediamo quindi di farci un quadro degli elementi a vostra conoscenza.

D’ANNA
È con vero piacere che siamo qui per essere ascoltati dai membri di questa Commissione, nel tentativo di fornire un utile contributo sul problema degli infortuni e delle morti sul lavoro che rappresenta un dato dolente per il nostro Paese.
Per quanto riguarda Venezia, sottolineo che la Provincia non ha competenza in materia. Non abbiamo dati al riguardo, se non quelli di fonte INAIL ed INPS. Sono questi i principali soggetti competenti ed è per tale motivo che stiamo pensando di attivare una rete di comunicazione, significativa ed utile, assieme ai suddetti Istituti per disporre di dati più ampi. Infatti, a parte le informazioni provenienti dai nostri Centri per l’impiego, non disponiamo di dati al riguardo, non avendo alcuna competenza sulla materia. Attivando questa rete ci proponiamo, pertanto, di comprendere qualcosa di più sull’argomento.
Quando ho saputo della vostra visita mi sono attivato, ma obiettivamente abbiamo ben poco in mano essendo l’INAIL l’attore principale. La situazione globale dei nostri Centri per l’impiego – ripeto – non fornisce dati sugli infortuni sul lavoro.

CACCIARI
Ringrazio la Commissione per l’attenzione che ci ha voluto prestare. In aggiunta a quanto detto dal dottor D’Anna, desidero sottolineare come dal mio punto di vista, a parte la necessità di leggi severe e di nuove normative, sia il contesto complessivo che determina il fenomeno degli incidenti sul lavoro. E questo mi preoccupa molto, soprattutto con riferimento all’area industriale di Marghera, che conosco più direttamente.
Infatti, in una situazione di crisi, di chiusura complessiva di impianti in un’area integrata come quella di Marghera, dove non c’è un impianto separato ma tutto fa sistema (dalle attività portuali a quelle logistiche e industriali di ogni genere), il venir meno di un solido presidio, di un’attività permanente comporta altresì il venire meno delle normali e quotidiane operazioni di manutenzione, con un aumento esponenziale dei rischi sia per i lavoratori che per la popolazione. Non bisogna considerare soltanto il pericolo legato all’incidente sul lavoro, perché spesso in situazioni industriali complesse tale rischio è strettamente legato a quello della popolazione che risiede nelle vicinanze. È un ragionamento di sistema. Una cosa è affrontare il problema degli infortuni sul lavoro per impianti separati o ben definiti nella loro localizzazione, altra, completamente diversa (e non so come si possa tenerne conto in un dispositivo di legge, ma occorrerebbe farlo), riguarda i sistemi industriali integrati. Da questo punto di vista Marghera è un caso esemplare, trattandosi quasi di un’unica fabbrica, attualmente in grave crisi.
Tutto ciò, signor Presidente, comporta un problema enorme, perché l’industriale che deve chiudere un impianto a volte trascura anche le più elementari norme di manutenzione. Al momento, quindi, a Marghera il rischio è molto alto, anche se per fortuna finora non è successo nulla.
Siamo sempre in allarme ed è una situazione davvero defatigante. La popolazione vive in un costante stato d’ansia. Ogni volta che si accende una fiammella scatta l’emergenza. Giorni fa un fumo determinato dalla combustione di spazzatura per strada ha causato un allarme generale della Prefettura, dei Vigili del fuoco e della Protezione civile. Ripeto, viviamo in una situazione di costante allerta. Considerare solo il problema degli infortuni sul lavoro significa affrontare la questione secondo un’ottica estremamente riduttiva. Occorrono norme che facilitino l’opera dell’ente locale perché, volenti o nolenti, le segnalazioni poi arrivano a noi. Anche se le nostre competenze, come diceva l’assessore D’Anna, sono limitatissime, la gente non lo sa ed è inutile cercare di spiegarglielo; quindi se si verifica un incidente ci si rivolge al Sindaco. In quest’ottica occorrerebbe avere qualche possibilità in più di intervento.
Abbiamo poi l’enorme problema di ricevere le informazioni. I proprietari dei vari impianti tendono a minimizzare il rischio e ad informare sempre in ritardo perché prima di suscitare un allarme generale cercano di arrangiarsi. Accade spesso, inoltre, che incidenti verificatisi all’interno degli impianti causino danni tali da non poter più distinguere tra l’infortunio sul lavoro e l’incidente ambientale, perché l’operaio respira lo stesso gas tossico che poi arriva nella casa o nella scuola che si trova a cento metri di distanza. Occorrono norme che obblighino le imprese, con vincoli precisi e con azioni punitive puntuali, a informare tempestivamente chi di dovere.
Occorre un’informazione diretta, norme che permettano agli enti locali di essere direttamente e tempestivamente informati dalle imprese perché, indipendentemente dalle competenze, se a Marghera si verifica un incidente la gente chiede a noi e a nessun altro cosa si è fatto per prevenirlo. Vorrei quindi che due questioni venissero tenute presenti quando si parla di infortuni sul lavoro. La prima è che ci troviamo in un sistema industriale complesso e non di fabbrichette sparse, mentre quasi sempre il problema dell’infortunio sul lavoro viene affrontato in termini di singolo cantiere o di singola fabbrica. In questo caso la situazione è diversa. La seconda concerne la necessità di stabilire l’obbligo per le imprese di informare direttamente l’ente locale.
Da questo punto di vista a Venezia è stato fatto molto. Dopo un incidente mortale al porto (purtroppo è tipico del nostro Paese intervenire solo dopo che gli incidenti si sono verificati, per cui non c’è da stupirsi) si è concluso un accordo importante tra tutte le istituzioni (organizzazioni sindacali e parti sociali) per un maggiore controllo delle attività portuali di carico e scarico, che sono tra le più delicate. Sarebbe auspicabile avere norme che costringano il sistema delle imprese ad andare comunque in questa direzione. Volevo sottolineare tale aspetto e la peculiarità della situazione di Marghera.

PRESIDENTE
Le chiederei di chiarire meglio l’ultima parte del suo intervento.

CACCIARI
Abbiamo concluso un accordo quadro, siglato in Prefettura, tra Comune, Provincia, Regione, sindacato e Confindustria, per monitorare costantemente la situazione relativa alle attività portuali di carico e scarico, dopo l’incidente mortale verificatosi circa due anni fa. Qualcosa di analogo non esiste per quanto riguarda la situazione complessiva dell’area industriale di Marghera.

D’ANNA
Ciò che ha detto il sindaco è certamente condivisibile. La situazione di Marghera è critica, drammatica, anche se noi cerchiamo sempre di mantenere la calma, che però da parte dei lavoratori non c’è. Porto un esempio pratico. La municipalità di Marghera, grazie al Comune, appena si verifica un incidente, anche piccolo, fa suonare l’allarme. Si tratta di un suono che copre una vasta area e che, a seconda dei venti, si sente anche a Mestre. Ma è proprio qui che dobbiamo lavorare: dobbiamo sapere in tempo reale se si è verificato un incidente. Oggi il Comune di Venezia con gli SMS arriva un po’ dappertutto, ma se c’è un incidente i primi ad essere informati dovrebbero essere il Sindaco, il Comune e la Provincia per lanciare l’allarme e cercare di mantenere la calma, avendo ben presente l’entità del problema.
Tavoli sulla materia ce ne sono a iosa, soprattutto in questo periodo in relazione alle attività del porto di Marghera, ma manca un coordinamento.
Al momento, mancano completamente le informazioni da parte di INAIL e INPS.

CACCIARI
Aggiungo che come Comune abbiamo il compito di dare l’allarme alla popolazione. Ma in tutti i casi – e sono numerosissimi – in cui si sono verificati incidenti, veri o presunti tali perché la situazione è ansiogena, quasi mai il sistema delle imprese ci ha trasmesso l’informazione immediatamente. Quasi sempre abbiamo dovuto cercarla e questo è un problema veramente molto delicato.
Ripeto, occorre che la normativa preveda sanzioni nei confronti di quelle imprese che non avvisano chi nel territorio ha la responsabilità di allarmare la popolazione. Torniamo, quindi, all’aspetto generale cui ho già accennato: è necessario affrontare il problema degli infortuni sul lavoro in termini di sistema, perché in un sistema industriale complesso l’infortunio sul lavoro è infortunio nell’ambiente.

PRESIDENTE
Mi permetto di sottoporre alla sua attenzione una riflessione. Sarebbe possibile costituire per il polo industriale di Marghera lo stesso sistema di controllo che avete creato per le attività portuali?

CACCIARI
La differenza è abissale, signor Presidente. L’Autorità portuale è concentrata nella figura di un presidente, mentre i sistemi industriali sono costituiti da decine e decine di società. Questo è il problema.
Non c’è un interlocutore unico; il sistema portuale prevede un unico responsabile che deve predisporre ed effettuare tutti i controlli e che ha possibilità pervasive tali da ottenere dagli operatori il rispetto delle regole, perché in caso contrario revoca loro la licenza. Io non ho alcun potere di questo tipo. Posso protestare e se l’impresa compie atti particolarmente clamorosi posso rivolgermi al magistrato.

PRESIDENTE
La Commissione si attiverà anche su questo aspetto, in modo da stabilire un coinvolgimento delle aziende. In merito alla richiesta di un intervento normativo per modificare il sistema sanzionatorio, non credo ci siano elementi specifici per soddisfarla.
Si tratta di una atipicità, anche se non è l’unica.

CACCIARI
Il problema però si pone in modo particolare là dove sul nostro territorio insistono poli chimici industriali.

PRESIDENTE
Quindi fra Venezia e la Sicilia.

CACCIARI
Anche in Sardegna.

PRESIDENTE
È un tema che valuteremo con attenzione.

CACCIARI
Poi, naturalmente, si verificano anche eventi «naturali», quali l’omicidio al cantiere De Poli, o gli episodi del porto, oltre ad una fenomenologia, ahimè, normale a Venezia come in tutto il resto del Paese: incidenti nei cantieri edili o negli impianti metalmeccanici, ma in quel caso si tratta di tipici infortuni sul lavoro.

D’ANNA
Molte volte questi incidenti sono addebitabili alla negligenza dei lavoratori.

CACCIARI
Bisogna peraltro capire fino a che punto in una situazione difficile, di crisi, la riduzione del numero degli infortuni derivi anche da una riduzione delle ore lavorate.

PRESIDENTE
Siamo in possesso di questo dato e fortunatamente non risulta una correlazione tra la diminuzione del numero degli infortuni e la diminuzione delle ore lavorate. Il dato relativo al numero degli infortuni è globale, ma deve essere collegato al numero degli addetti, altrimenti il quadro non risulta attendibile. La relazione intermedia della Commissione, che verrà presentata mercoledì mattina nell’Aula del Senato, fa riferimento proprio a questo elemento. Il dato generale è positivo, anche se sempre drammatico dal momento che nel 2008 gli infortuni denunciati sono stati 870.000 e gli incidenti mortali sono stati 1.120. Ad ogni modo, è un dato significativo.
La nostra Commissione si è suddivisa in dieci gruppi di lavoro, uno dei quali si occupa proprio degli infortuni in itinere e di quelli che coinvolgono gli addetti ai trasporti, non per diminuire la portata del fenomeno ma proprio per comprenderlo meglio. Noi consideriamo anche questo aspetto del problema. A tal proposito verrà avviato un confronto con la magistratura, proprio perché abbiamo rilevato che spesso determinati infortuni vengono classificati come semplici incidenti stradali senza che sia stata verificata la presenza delle dovute condizioni di tutela e di protezione del soggetto colpito. Il procuratore generale di Torino, dottor Guariniello, ha proposto di creare un’apposita procura dedicata al problema degli infortuni sul lavoro. È una proposta molto forte ma è anche vero che ci sono diversi problemi, lo sostiene il dottor Guariniello e lo stiamo verificando anche noi per taluni aspetti. Ad esempio, nel corso delle audizioni che abbiamo svolto in questi mesi (sindacati, organizzazioni, enti, che ci forniscono continui elementi) siamo casualmente venuti a sapere che nell’arco di circa dieci mesi sono morti 12 postini nello svolgimento delle loro mansioni lavorative. Qualcuno di loro ha avuto un incidente in itinere, ma la maggior parte è deceduta durante la distribuzione della posta perché coinvolta in incidenti stradali. Gli elementi a disposizione delle procure portano a classificare questi fenomeni come incidenti stradali.
Molti di questi incidenti, però, hanno visto coinvolti i mezzi di cui si servono i postini per svolgere il loro lavoro: motocicli di cilindrata 125 c.c., omologati per lo svolgimento di quell’attività; ma i postini si muovono un po’ come il suonatore di piazza nelle feste di paese, che riesce a suonare con il piede, con la testa e con le braccia, perché si spostano sul motociclo con una borsa davanti al corpo, una borsa dietro il sedile ed un’altra in mezzo alle gambe. È un aspetto che stiamo approfondendo, anche se finora non siamo riusciti ad avere tutti gli elementi di cui vorremmo disporre.
Non sempre riusciamo ad avere i dati relativi al volume degli incidenti mortali che si sono verificati e, non disponendo di questi elementi, tali incidenti non vengono classificati come infortuni sul lavoro ma come incidenti stradali, che non rientrano quindi nella competenza della nostra Commissione.

CACCIARI
Lo stesso problema si pone, ad esempio, per quanto riguarda i servizi di trasporto rifiuti, quindi per tutte quelle mansioni che obbligano gli addetti a lavorare per strada.

PRESIDENTE
Certamente. È un aspetto del problema veramente particolare. Quando abbiamo appreso la notizia degli incidenti mortali tra i postini siamo rimasti alquanto meravigliati; poi abbiamo approfondito la questione e ci siamo resi conto dell’esistenza di una nuova realtà. Forse a Venezia il problema si pone in termini un po’ diversi.

CACCIARI
Non ho avuto notizia di incidenti del genere avvenuti qui a Venezia.

PRESIDENTE
Non risultano neanche a noi. Ho voluto però fornirle questo ulteriore elemento di riflessione in riferimento a quanto da lei osservato circa il fatto che per alcune situazioni l’infortunio sul luogo di lavoro non è rilevato perché l’incidente è classificato come di altra natura.
Alcune procure stanno cominciando a fornirci degli elementi utili. Ad esempio, spesso si riferisce del casco trovato distante dal soggetto incidentato, il che significa che non era ben allacciato o che era appeso da qualche parte. Ad ogni modo, per il momento non abbiamo elementi sufficienti.
Per questo stiamo cercando di dedicare particolare attenzione al problema, anche per verificare se in incidenti di questo tipo le regole di prevenzione sotto il profilo della sicurezza vengano rispettate o meno.
Oggi incontreremo anche un sovrintendente della polizia scientifica di Venezia il quale, in virtù di queste riflessioni, ha cominciato a chiedere di affidare i rilievi da eseguire in questo tipo di incidenti a soggetti che sono stati istruiti per dedicare particolare attenzione anche a questi dettagli.
Ho voluto ricordare detto aspetto come elemento ad adiuvandum per la riflessione da voi posta in ordine alla complessità del problema, sviscerando il quale ci si rende conto di come l’incidente sul lavoro non si limiti alla caduta dell’operaio dall’impalcatura ma presenti una serie di aspetti che dovrebbero essere verificati. È vero che ormai esiste un responsabile per la sicurezza e che il datore di lavoro è la figura in capo alla quale sono concentrate le responsabilità, tuttavia ci sono ancora dei vuoti nel sistema dei controlli.

CACCIARI
Forse c’è un vuoto anche nei controlli durante la fase di dismissione di un impianto, cui prima ho fatto riferimento. A Torino si è verificato proprio questo problema che qui a Marghera è altrettanto drammatico.

PRESIDENTE
È necessario alzare il livello di attenzione.

CACCIARI
Quando il padrone porta i libri in tribunale e comincia la fase di liquidazione della fabbrica, non si sa più di chi è la responsabilità.

PRESIDENTE
I problemi cominciano a presentarsi già nel momento in cui si dà inizio alla mobilità o addirittura quando si comincia a ridurre la produzione perché lo stabilimento è in fase di chiusura o di trasferimento.

CACCIARI
Proprio nel corso dell’ultima dismissione avviata abbiamo vissuto una fase molto difficile, in cui si è proceduto allo svuotamento dell’impianto, e trattandosi di un impianto chimico il passaggio è estremamente delicato. Ci sono stati momenti abbastanza drammatici: la proprietà era assente, i tecnici lavoravano ma non sapevano a chi fare riferimento pur dovendo procedere allo svuotamento dell’impianto in tempi rapidi. Noi non abbiamo lanciato nessun allarme, non abbiamo avviato nessuna procedura particolare, è intervenuto solo il prefetto. In casi del genere qui a Marghera possono anche verificarsi disastri ambientali, simili a quello avvenuto a Viareggio. Nella fase di dismissione di uno stabilimento il rischio aumenta enormemente. Pertanto, una normativa che puntualizzi questo aspetto e che stabilisca obblighi precisi nella fase di ristrutturazione o di dismissione di impianti complessi come quello di Marghera sarebbe utilissima.

D’ANNA
Sarebbe anche opportuno riesaminare la questione delle competenze degli enti locali, in particolare della Provincia e del Comune che obiettivamente non hanno molto potere in materia. Se provviste di competenze precise, le amministrazioni locali potrebbero coordinare in un certo modo le reti e i tavoli che dovessero essere stabiliti per legge.
È questo il messaggio che vogliamo dare per poter essere veramente efficienti.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo molto per il vostro contributo.
Dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione del procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Venezia



Interviene il procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Venezia, dottor Carlo Nordio.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Nordio per aver accolto il nostro invito.
Gli obiettivi di questa Commissione sono noti. Con questi sopralluoghi intendiamo raccogliere il maggior numero possibile di elementi, non solo per valutare le circostanze in cui si verificano eventi drammatici quanto per svolgere anche un’azione di monitoraggio sul territorio. Stiamo quindi cercando di conoscere le varie problematiche che si manifestano nelle diverse realtà territoriali. A tal fine consideriamo utili anche le informazioni relative alle specifiche competenze della procura e all’approccio della magistratura nei confronti di un infortunio grave o mortale.
È da tempo che la nostra Commissione sta mantenendo sotto osservazione un particolare aspetto del problema. Alcuni infortuni, infatti, vengono classificati come incidenti stradali perché presentano le dinamiche tipiche degli incidenti di questo tipo, ma ciò accade in realtà solo perché i rilievi vengono effettuati senza prestare particolare attenzione ad una serie di specificità che potrebbero indicare la mancata osservanza di determinate regole di prevenzione dei rischi o di tutela del lavoratore che svolge la propria mansione per strada. Questo crea dei problemi alla Commissione in quanto non si forniscono elementi utili per lo svolgimento delle nostre funzioni, che non sono quelle dell’infortunistica stradale, ma di altro tipo.
Gradiremmo quindi un suo autorevole parere sul tema degli infortuni che accadono sulla strada; non mi riferisco a quelli che si verificano in itinere, bensì a quelli che occorrono sui mezzi con cui si svolge il proprio lavoro. Le chiediamo pertanto se nella procura che lei rappresenta sia emerso un simile problema e come, a suo avviso, si potrebbe affrontarlo.
Oltre a ciò, laddove lei disponesse di dati in proposito le saremmo grati se potesse metterli a nostra disposizione.

NORDIO
Signor Presidente, vorrei anzitutto precisare che tutte le procure d’Italia grandi o medio-grandi sono divise in aree (ad esempio terrorismo, soggetti deboli ed altro). In qualità di procuratore aggiunto sono incaricato di coordinare l’area C della procura della Repubblica, molto importante a Venezia, che ha la competenza di tutti gli infortuni sul lavoro.
Attualmente di essa si occupano due sostituti procuratori. Non vorrei fare, come al solito, un cahier de doléances sulle carenze della giustizia né sull’organizzazione delle risorse, però tengo a far presente che in questo settore due sostituti più il procuratore aggiunto, che però si occupa di numerosissime altre problematiche, sono drammaticamente pochi. Stiamo pensando di inserire un terzo collega, privando tuttavia altri settori altrettanto vitali. Ripeto, la mia vuole essere una parentesi che ritengo doveroso enunciare in tale sede per far capire le difficoltà che incontriamo, ma che certo voi non potete risolvere, se non in piccola parte attraverso i vostri contributi in Parlamento.
Per quanto riguarda il problema specifico, non ho elementi per rispondere positivamente. Ammetto con profonda umiltà di non aver posto il quesito ai colleghi che si occupano di tale materia da più tempo di me.
Dispongo ad ogni modo di tutti dati della procura relativi agli infortuni sul lavoro della nostra Provincia, che penso abbiate anche voi. Posso precisare subito che la gran parte dei processi pendenti riguarda processi formali o cosiddetti reati di omissione, non reati di evento: quindi violazioni della normativa infortunistica che, fortunatamente, non si sono trasformati in eventi reato (omicidio o lesioni colpose). Il dato generale è che la maggior parte di essi si è conclusa con un decreto di condanna (con o senza opposizione, ma generalmente senza opposizione), o con richieste di archiviazione, quindi con un nulla di fatto.
Dal punto di vista delle possibili iniziative da intraprendere, bisogna precisare che tale settore fa emergere ogni giorno problemi nuovi. Quello che lei ci pone ha proprio tale caratteristica e quindi non siamo preparati a rispondere immediatamente. Vorrei altresì aggiungere che in questo momento per quanto ci riguarda si presentano altri tipi di problemi, in particolare quello della comunicazione: da varie parti – ad esempio dall’INAIL – ci vengono richieste notizie su procedimenti in corso che noi non possiamo dare; questo accade perché alcuni articoli del codice di procedura penale, a partire dall’articolo 116, pongono dei limiti non troppo chiari e non si capisce bene quale sia il paletto al di là del quale possiamo fornire notizie. Esprimendo un’opinione personale, credo che nell’ottica della collaborazione tra funzioni dello Stato, e nella misura in cui non si vulnerano determinati diritti, ossia l’onorabilità dell’indagato e il segreto per non compromettere le indagini, sarebbe giusto fornire il massimo possibile dell’informazione. Purtroppo, in tale ambito non c’è molta chiarezza: in linea teorica e nei dibattiti tra magistrati, qualcuno afferma che non si possono comunicare determinate notizie agli organi istituzionali che le richiedono perché prevale il segreto istruttorio; diversamente, altri ritengono – e io la penso in questo modo – che alcune notizie si possano fornire. Mi riferisco a notizie nel merito; le statistiche, infatti, possiamo e dobbiamo trasmetterle. Quando si parla di determinati tipi di reati o dei nomi degli indagati e delle loro funzioni, scattano certi tipi di segreti e di limiti che il codice di procedura penale impone.
Credo che voi sappiate che ogni procura è una sorta di piccola Repubblica.
Purtroppo in Italia l’incertezza del diritto è tale che non tutte le normative vengono applicate allo stesso modo ovunque, ciò non a causa di volontà preconcette, ma semplicemente perché le normative non sono chiare, come appunto nel caso del segreto istruttorio. Per quanto riguarda la procura della Repubblica di Venezia, se la vostra Commissione ci sottoponesse direttamente una serie di domande e di problematiche potremmo studiare il modo per fornirvi il maggior numero possibile di risposte utili, compatibilmente con il nostro segreto istruttorio. Al momento non posso pertanto fornirvi molte informazioni, ma posso promettervi – è una promessa perfino banale – la massima collaborazione. Potreste inviare una richiesta alla procura della Repubblica di Venezia e noi vi risponderemmo attraverso una valutazione che tenda ad assicurare la massima disponibilità di collaborazione, pur nei limiti del rispetto di una legge di cui non conosciamo gli esatti confini.

PRESIDENTE
Signor procuratore, tenga presente che avendo la nostra Commissione una funzione inquirente, con possibilità di secretare le informazioni, su richiesta del magistrato, la nostra è una posizione diversa da quella di altri soggetti. Da questo punto di vista, stiamo trattando in modo paritetico.

NORDIO
È vero, Presidente. Devo ammettere che questo aspetto mi era sfuggito. Sono stato consulente della Commissione stragi e quindi ne sono consapevole.

PRESIDENTE
Potrete pertanto fornirci delle notizie chiedendoci di secretarle.

NORDIO
Alla luce di ciò, a maggior ragione posso affermare che i limiti di riservatezza saranno ridotti. Devo sinceramente ammettere che tale aspetto mi era sfuggito.

PRESIDENTE
Le chiediamo inoltre, poiché questo ci sarebbe di grande aiuto, di prestare particolare attenzione nelle indagini, soprattutto nella prima fase; quindi non solo alle dinamiche dell’incidente stradale ma anche, trattandosi di un incidente o di un infortunio verificatosi durante il periodo lavorativo, al riscontro delle condizioni di sicurezza che debbono garantirsi in un determinato tipo di lavoro. Spesso si configurano infatti procedure e prassi che tendono a considerare alcuni infortuni occorsi durante il lavoro come meri incidenti stradali. In questo senso, dopo aver parlato con i miei colleghi, invieremo una lettera a tutte le procure.
Andrebbero sensibilizzati anche coloro che si recano sul posto per rendersi conto dell’accaduto.

NORDIO
Presidente, la ringrazio per aver sottolineato tale aspetto perché per noi è una novità. Abbiamo, infatti, l’area degli infortuni sul lavoro in senso classico e quella degli infortuni in itinere. L’aspetto a cui lei ha fatto riferimento – e lo affermo con tranquillità – non lo abbiamo mai trattato. Per noi ogni incidente stradale è a sé e non esiste un’area di specializzazione, pertanto viene assegnato al magistrato di turno. Il protocollo di intervento è quello di attendere il rapporto della forza di polizia intervenuta (interviene chi per primo arriva in zona, che si tratti dei vigili urbani, della Polizia stradale, dei Carabinieri o persino della Guardia di finanza), la quale manda una segnalazione urgente sull’accadimento. Il rapporto o l’eventuale notizia di reato segue a distanza di tempo spesso notevole (a volte qualche mese). Successivamente, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati, si procede quasi sempre con una consulenza tecnica da parte del pubblico ministero. Tutto ciò è gestito dal magistrato di turno interno e non necessariamente, se non per pura coincidenza, dell’area di specializzazione.
Ripeto, si tratta di un’ottica che a noi manca, pertanto vi ringraziamo per averci sollecitato in questo senso. Poiché la questione non riguarda solo l’area degli infortuni, bensì tutta l’ambito di intervento della procura, ne riferirò al procuratore capo, che peraltro porge i suoi saluti alla Commissione e si scusa per la sua assenza, causata da un contestuale impegno a Roma. Il modo migliore per intervenire, nell’immediatezza del problema che ci è stato posto, credo che sia quello di fare uno screening preliminare per tutti gli incidenti stradali, per capire se vi sia almeno il fumus di una possibile collocazione nel settore da lei menzionato ed inserirli quindi nell’area di specializzazione.

PRESIDENTE
Come dicevo, chiederemo questo a tutte le procure, perché si tratta di qualcosa che manca. Del resto, quando un problema non viene posto spesso non si attenziona.

DONAGGIO (PD)
Signor procuratore, vorrei sapere se a lei risulta che gli incidenti mortali nella Provincia di Venezia, verificatisi tra il 2008 e il 2009, siano in aumento. Dai dati dell’INAIL a nostra disposizione abbiamo rilevato che nel 2008 ci sono stati 17 incidenti mortali, mentre nei primi quattro mesi del 2009 (al 30 aprile) vi sono già stati 16 incidenti mortali denunciati dalle aziende e indennizzati. Inoltre ne mancano alcuni perché avvenuti successivamente; mi riferisco a quelli verificatisi nei comuni di Martellago ed altri. Questo farebbe pensare che siamo in presenza di un incremento degli incidenti mortali rispetto al 2008 nella Provincia di Venezia.
Vorrei sapere se tale dato le risulta e se avete qualche idea sulle cause. Infatti, se nel primo quadrimestre registriamo 16 incidenti mortali, siamo già arrivati al totale del 2008. Poiché dai giornali sappiamo che si sono verificati altri incidenti, sarebbe utile comprendere quali siano le ragioni di questo incremento e in quali settori si collocano. Ieri ho avuto modo di leggere sul «Gazzettino» di Venezia un articolo relativo ad un’indagine che dimostra come i lavoratori in cassa integrazione vengano utilizzati da altre aziende per lavorare in nero. Si tratta di un’indagine che si sta compiendo nella Provincia, da cui risulta che aziende che figurano senza dipendenti raccolgono in realtà lavoratori in cassa integrazione che non riescono a vivere con gli 800 euro di retribuzione previsti dalla cassa integrazione e che quindi li integrano con altri 800 euro in nero, lavorando in aziende che magari figurano senza dipendenti. È una situazione che si sta diffondendo nella nostra Provincia e nell’ambito della quale incidenti qualificati di carattere generico nascondono invece incidenti sul lavoro.
Credo pertanto che alcuni fatti vadano monitorati in relazione all’andamento dei dati.
Come affermavano i due interlocutori precedenti, abbiamo una legge sulla sicurezza del lavoro che dà per scontato che l’azienda funzioni in maniera regolare senza andare incontro a particolari momenti di difficoltà.
Questa invece è una fascia che si sta ampliando rispetto alla crisi che abbiamo di fronte e nelle pieghe di questa situazione molti incidenti, qualificati come generici, nascondono in realtà infortuni sul lavoro.
Vorrei capire se tutto questo le risulta, se avete riscontrato dati anomali e state verificando come intervenire sotto il profilo delle vostre competenze.

NORDIO
Credo sia opportuno sezionare analiticamente i tre problemi. Per quanto concerne la prima domanda, se le morti sul lavoro siano aumentate o meno, dai dati statistici di cui dispongo potrei darle una risposta negativa, nel senso che le pendenze della procura della Repubblica non sono tali in questo momento da consentire di dire «sì»; non sono però nemmeno tali da consentire di dire «no» e questo per un ragionamento per noi semplice, ma per il cittadino complesso e per certi versi incomprensibile.
L’iscrizione nel registro degli indagati, in base agli articoli 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni colpose) del codice penale, non è immediata e transita attraverso il cosiddetto modello 45, quando non si sa se il reato sia tale o non lo sia, trattandosi per esempio di caso fortuito, o attraverso il modello 44, denuncia contro ignoti, quando c’è un sospetto di reato ma non si sa chi l’abbia commesso. Affinché il dato figuri nelle nostre statistiche come procedimento pendente, occorre che sia riportato nel modello 21, dove è iscritto il reato, il fatto, la data e il luogo in cui il delitto è stato commesso nonché l’indagato. Sotto questo profilo la mia risposta sarebbe negativa, non ci risulta che le morti sul lavoro siano aumentate.
Per quanto concerne invece la seconda domanda, ci sono situazioni intermedie in fase di evoluzione. Alcuni incidenti, che non sembrano connessi alla violazione delle norme antinfortunistiche possono rivelarsi tali nel prosieguo delle indagini. Le violazioni formali, i cosiddetti reati di omissione per cui la persona viene incriminata perché ha omesso quel certo tipo di cautele antinfortunistiche, vengono definite quasi sempre con un decreto penale di condanna, salvo poi emerga che da queste violazioni si sono sviluppati fatti che si sono trasformati in lesioni o in morte.
L’esempio classico è quello della morte per malattia professionale. Non sempre l’infortunio sul lavoro vede l’evento verificarsi in stretta connessione con l’azione o con l’omissione. Per il povero operaio che cade dall’impalcatura è facile dire che è caduto perché c’è stata un’omissione per quanto concerne il fermapiede o altre strutture necessarie. Ma la persona che dopo due anni si ammala, perché esposta a vapori, polveri o amianto, e dopo dieci anni muore crea giuridicamente parlando, al di là dell’aspetto umano che qui dobbiamo tralasciare, problemi immensi. In quel caso, infatti, iniziamo l’indagine con una certa fattispecie (violazione della norma antinfortunistica), dopo tre anni dobbiamo trasformarla in lesioni colpose, perché la persona si è ammalata, e dopo dieci anni, quando magari il processo si è concluso, dobbiamo trasformarla in omicidio colposo perché quella persona è morta.
Vorrei portare un caso emblematico, che dà l’idea della complessità giuridica di certe fattispecie, accaduto a Venezia proprio alla Fincantieri.
Durante la costruzione di una nave un operaio cade per manifesta violazione delle norme di cautela antinfortunistica e subisce lesioni gravissime, diventando tetraplegico. Si instaura un processo di una difficoltà tecnica enorme, trattandosi di quantificare il danno esistenziale, biologico e così via, che dura due anni e si conclude con una sentenza ben motivata, finita la quale l’imputato propone appello. Nel frattempo il povero operaio muore. Abbiamo quindi un processo che, per quanto riguarda il fatto e il nesso di causalità tra l’omissione e l’evento, si è concluso con una sentenza che dice che l’operaio si è fatto male perché l’imprenditore ha omesso alcune cautele. Quindi l’omissione, la violazione delle norme antinfortunistiche e il nesso causale tra omissione ed evento sono stati accertati in sentenza. Il problema però è che l’evento è cambiato in quanto se due anni prima era rappresentato dalle lesioni oggi si è trasformato in morte, perché a seguito di quelle lesioni il lavoratore dopo due anni è morto. Questo è l’esempio più eclatante, ma potremmo farne molti altri.
Le statistiche di cui disponiamo non rendono pienamente giustizia e non sono in grado di rispondere alle domande che lei pone. Si tratta di statistiche che vanno analizzate caso per caso.
Per quanto riguarda la terza domanda, questione nuova anche per noi, la senatrice Donaggio ha detto giustamente che la nostra legislazione e i nostri processi partono dal presupposto che l’operaio si faccia male in un’azienda nota, della quale è titolare il signor Tizio, laddove vi sono non soltanto aziende ombra, ma anche un sistema di trasmigrazione aggravato dal fatto – anche oggi ne parla la stampa – che iniziano a fiorire aziende fantasma, tenute da cittadini non italiani che hanno sistemi propri di tutela, di autotutela e di non tutela. Quando a seguito di altre operazioni, non necessariamente finalizzate alla normativa antinfortunistica, ad esempio controlli sull’igiene, sull’immigrazione clandestina o sulla contraffazione dei marchi, la Guardia di finanza fa irruzione nel solito laboratorio di cinesi e trova cento persone ammassate in condizioni subumane, senza alcun rispetto delle regole umane o divine, non sappiamo nemmeno quanti e quali siano gli infortuni che avvengono in quella situazione.
Esiste infatti una tale omertà e una compartimentazione di queste enclave, che hanno vere e proprie strutture interne (tribunali, ospedali e quant’altro) che rende difficile venirne a conoscenza. È un mondo che per noi si sta aprendo. La domanda, quindi, non solo è più che legittima, ma ci fa riflettere sul modo di affrontare tali questioni.
Concludo aggiungendo che non bisogna mai enfatizzare troppo i compiti della procura della Repubblica, come spesso fanno i giornali.
Noi siamo i capi della polizia giudiziaria, ma è una supremazia funzionale non gerarchica. Non siamo noi che diamo ordine ai Carabinieri, o alla Guardia di Finanza di cosa fare e dove andare. Quando individuano una notizia di reato ce la trasmettono e noi diamo loro le direttive su come svolgere l’indagine. Di fatto, però, il potere di iniziativa della procura, che pure avremmo (qualche volta estrapoliamo dai nostri processi alcune notizie di reato e le gestiamo in prima persona), si attiva, nel 99 per cento dei casi, sulla base delle notizie provenienti dalla polizia giudiziaria. Questa domanda, davvero pregnante, è giusto venga rivolta a noi per sapere come gestiamo la situazione, ma è molto più importante rivolgerla ai capi della polizia giudiziaria.
Ciò che posso promettere è che attenzioneremo questo problema che sino a ieri in effetti ci sfuggiva. Cercheremo quindi di sapere quanti e quali eventi (esattamente come per gli incidenti stradali che possono coprire un sinistro che in realtà è connesso latu senso con il mondo del lavoro) possono essere connessi ad un’impresa fantasma che è tale perché non figura formalmente.
Sono materie nuove, signor Presidente, onorevoli membri di questa Commissione, che per primi dobbiamo affrontare con un po’ di fantasia.
La legge arriva sempre dopo il sorgere del fenomeno e quindi finché non viene aggiornata in corrispondenza delle problematiche che si pongono dobbiamo agire in termini analogici. Naturalmente l’analogia non può mai essere in malam partem, a sfavore del reo, e quindi anche in questo caso abbiamo dei paletti. Comunque sarà mia cura, nella prossima riunione con i colleghi, porre questi problemi. Eventuali comunicazioni da parte della vostra Commissione in questo senso ci darebbero maggior impulso anche nei confronti della polizia giudiziaria perché, ripeto, checché si legga sui giornali, non è il pubblico ministero che ha l’iniziativa.

PRESIDENTE
La ringraziamo per la collaborazione e per le preziose informazioni fornite.
Dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione del questore di Venezia, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di Finanza e del comandante provinciale dei Vigili del fuoco



Intervengono il questore di Venezia, dottor Fulvio Dalla Rocca, il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, colonnello Giovanni Cataldo, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, generale Walter Manzon e il comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, ingegner Tolomeo Litterio.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la vostra partecipazione.
La nostra Commissione sta tentando di acquisire nelle varie zone del territorio nazionale elementi che possano risultare utili ai fini dell’inchiesta che stiamo conducendo, il cui scopo è quello di proporre iniziative sempre più cogenti nel contrasto al fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro nell’ambito del quale stanno emergendo delle problematiche nuove. Ci stiamo soffermando, in particolare, sugli incidenti di cui rimangono vittime quei lavoratori che svolgono le proprie mansioni sulla strada ma che, essendo classificati e, quindi, trattati come incidenti stradali, non ci consentono di acquisire elementi utili alla nostra indagine per valutare se e quali norme di sicurezza e di tutela vengono osservate, o meno, in questi settori. Rimane quindi un vuoto proprio perché, ripeto, l’evento viene gestito, anche nell’istruttoria che segue, come incidente stradale.
Ciò comporta la mancata attenzione ad alcuni elementi necessari per capire se la persona che rimane vittima di un incidente sia consapevole delle regole di sicurezza che dovrebbe rispettare o se tali regole siano state rispettate o meno. Questo aspetto del problema si è posto alla nostra attenzione in maniera determinante con riferimento agli incidenti che hanno visto coinvolti i portalettere. Dalle interlocuzioni con le procure competenti per territorio abbiamo rilevato che nella grande maggioranza dei casi tali infortuni sono gestiti come incidenti stradali, quindi anche i rilievi che vengono effettuati sono quelli tipici degli incidenti stradali e non anche degli infortuni sul lavoro. Spesso questi postini erano alla guida di motocicli; in quei casi sarebbe stato necessario verificare se, a prescindere dalle dinamiche dell’incidente, tali mezzi erano idonei a svolgere il servizio e se i lavoratori erano stati messi nelle condizioni di rispettare tutte le regole di sicurezza. I magistrati ci rispondono che non sono in possesso di questi elementi perché i rilievi fatti dalla Polizia, dai Carabinieri o dai vigili urbani trascurano tali aspetti dell’infortunio posto che questo viene configurato come semplice incidente stradale.
Vi chiediamo quindi non solo di fornirci quante più informazioni possibili sul fenomeno in generale, quanto anche di prestare un’attenzione maggiore e diversa nel caso vi doveste trovare a gestire incidenti che coinvolgono soggetti i quali svolgono il proprio lavoro spostandosi sul territorio.
La nostra Commissione sta avviando una campagna di sensibilizzazione presso tutti gli organismi competenti affinché, con una loro collaborazione in tal senso, si possa avere dalle procure che si trovano a gestire questi casi risposte che ci consentano di raccogliere elementi informativi utili alla nostra inchiesta. Bisognerebbe sapere, ad esempio, se il lavoratore indossava il casco o meno e se chi doveva controllare in partenza il rispetto di tale norma di sicurezza l’ha fatto. Noi non vogliamo fare alcun processo alle intenzioni. Vorremmo però farvi comprendere il nostro disagio nei confronti di questo problema perché non riusciamo ad avere elementi che ci consentano di intervenire, non perché non c’è la volontà di fornirceli ma perché purtroppo non esistono. In dieci mesi sono morti 12 postini e noi vorremmo quindi individuare, in collaborazione con la stessa società Poste Italiane, meccanismi idonei ad evitare questo tipo di incidenti.

DALLA ROCCA
Signor Presidente, di certo il suo invito verrà esteso agli organi investigativi, a prescindere dalla peculiarità di una città come Venezia in cui i postini non si spostano certamente in motorino.

PRESIDENTE
Venezia però non si limita solo al centro storico, la sua competenza territoriale è certamente più estesa.

DALLA ROCCA
Sì, indubbiamente. Peraltro, a Venezia centro i postini si muovono in barca e di incidenti possono capitarne anche con questi mezzi.
I rilievi effettuati dal nostro personale negli incidenti stradali mortali sono complessi e completi, al fine di porre l’autorità giudiziaria in condizione di disporre di un quadro completo. Probabilmente, oltre a specificare la dinamica dell’evento, dovrebbe essere indicato anche l’ente o il privato per il quale lavora la vittima. Diverso è il caso degli infortuni in itinere, che coinvolgono coloro che si spostano da casa al luogo di lavoro e viceversa, talora in condizioni di affaticamento, ma non credo che questa casistica abbia a che fare con il problema che lei ha posto.
Ad ogni modo, sarà sicuramente nostra cura sensibilizzare ulteriormente i nostri operatori per monitorare questo particolare aspetto del problema sicuramente di grande importanza.

PRESIDENTE
La ringraziamo per la collaborazione.
Abbiamo parlato di questi nuovi aspetti anche con il procuratore Nordio, proprio perché la funzione della nostra Commissione è volta anche alla comprensione dei lati ancora poco in luce della situazione complessiva.
La nostra è un’esortazione.

CATALDO
Ovviamente anch’io richiederò a tutti i comandi dei Carabinieri sparsi nella Provincia una maggiore sensibilità nell’approccio alla rilevazione statistica dell’incidente, proprio perché un evento catalogato come incidente stradale non viene valutato come possibile infortunio sul lavoro. Pur considerando che nella maggior parte dei casi i rilievi vengono effettuati dalle polizie locali, faremo comunque in modo che all’atto del rilevamento si consideri anche se il soggetto coinvolto nell’incidente stesse in quel momento svolgendo o meno un’attività lavorativa. In tal caso l’evento potrebbe non rientrare nella mera casistica dell’incidente stradale ed essere quindi catalogato anche come incidente sul lavoro. Faccio però presente che non ci sono molti elementi in più da valutare perché – per riprendere l’esempio da lei citato – la rilevazione da effettuare per verificare se il soggetto indossasse o meno il casco al momento dell’incidente è sempre la stessa. In un incidente in cui risulta coinvolto un camion è noto che il cronotachigrafo permette di appurare a quale velocità viaggiasse il mezzo, il tempo di percorrenza e la località da cui il mezzo è partito, elementi che possono essere importanti dal punto di vista della rilevazione sia dell’incidente meramente stradale sia dell’incidente sul lavoro.

MANZON
Signor Presidente, prendiamo atto della necessità di sensibilizzare gli organismi deputati, come lei ci ha invitato a fare. La Guardia di finanza è interessata molto marginalmente all’attività di rilevamento negli incidenti stradali. Ad ogni modo, è un indirizzo che senz’altro impartiremo alle nostre unità periferiche sparse nella Provincia. Nell’ipotesi in cui la Guardia di finanza dovesse essere coinvolta in questo tipo di eventi, tali aspetti saranno certamente posti in evidenza.

PRESIDENTE
Vorrei anche sapere quali competenze preveda a vostro carico la generale attività di contrasto al lavoro nero e alle fasce d’ombra, a parte quelle proprie della ASL o degli ispettorati del lavoro.
La senatrice Donaggio avrà comunque modo di intervenire in merito con dati più dettagliati.

DONAGGIO (PD)
Rivolgo a voi la stessa domanda posta al dottor Nordio, basandomi su dati ufficiali di cui siamo in possesso. La mia preoccupazione, infatti, è che gli infortuni nella provincia di Venezia si vadano intensificando come in effetti risulta dai primi dati che abbiamo a disposizione. Nel 2008 sono stati denunciati 16.957 infortuni di cui 17 mortali. Dai dati INAIL, invece, risulta che nei primi quattro mesi del 2009 gli infortuni sul lavoro sono stati nel complesso 9.734, di cui 16 mortali. Ciò significa che sicuramente a tutto il mese di ottobre i numeri sono decisamente aumentati, basti considerare i quattro incidenti mortali avvenuti nella provincia di Venezia (Martellago e dintorni). Pertanto, se consideriamo che in tutto il 2008 gli incidenti sono stati quasi 17.000 e solo nel primo quadrimestre del 2009 sono stati quasi 10.000, è evidente che siamo di fronte ad una accentuazione della pericolosità del lavoro.
Vorremmo quindi comprenderne le ragioni.
Il dottor Nordio ha affermato che la procura della Repubblica si muove su potere d’iniziativa della polizia giudiziaria, che segnala le situazioni a rischio su cui deve concentrarsi l’attenzione anche della magistratura.
Dai giornali degli ultimi giorni – mi riferisco agli articoli pubblicati ieri ed oggi su «Il Gazzettino» – emerge che la situazione di crisi, in conseguenza della quale molti lavoratori sono stati messi in cassa integrazione, ha generato una serie di scambi di occupazione: mi riferisco al fatto che molti lavoratori in cassa integrazione vanno a lavorare in nero in altre aziende. Si sa bene che in una simile situazione non si denuncia un infortunio all’INAIL, ma si ricorre ad altro tipo di giustificazioni. Abbiamo assistito molte volte a casi del genere. Ulteriore aspetto, che credo sia molto presente nella nostra Provincia, è la diffusione del lavoro nero, della contraffazione e dei laboratori fantasma, nei quali si stanno costruendo, a quanto dichiara il dottor Nordio, sistemi paralleli di sicurezza e di prevenzione, chiusi all’interno di determinate comunità.
Noi ci dedichiamo a monitorare tali situazioni, ma ritengo che la questione di come si affronta la crisi (spesso con un abbassamento delle soglie di tutela), andrebbe maggiormente evidenziata. Vorremmo capire qual è l’azione di contrasto che svolgete in proposito e se conducete un monitoraggio del territorio. Questo ci aiuterebbe anzitutto a comprendere meglio quella punta dell’iceberg che ha richiamato l’attenzione della Commissione, ossia l’incremento degli incidenti mortali, che sono sicuramente più numerosi di quelli a consuntivo del 2008. In secondo luogo, questa situazione nuova e diversa fa intuire che, accanto al sistema pubblico di tutela e di intervento sulla sicurezza del lavoro, si è costruito un sistema parallelo che sfugge a qualsiasi controllo ed intervento di quantificazione.
Ripeto, da parte delle forze dell’ordine competenti vorrei sapere se svolgono un’attività di rilevazione sul territorio per questo specifico aspetto, per meglio comprendere la situazione che abbiamo di fronte.
Il sindaco di Venezia ha richiamato, invece, il tema di come ci si regola nelle fasi di passaggio, che a Porto Marghera sono piuttosto consistenti.
Quando un’azienda vive un momento di trasformazione nel quale si smontano macchinari e si trasportano da un’altra parte, c’è una fase di chiusura durante la quale l’azienda non è più gestita, governata, organizzata da responsabili precisi e si apre quindi un momento delicato. Ricordo un incidente sul lavoro avvenuto perché il lavoratore non aveva rispettato il percorso prestabilito nel passaggio dei macchinari ed un pezzo di macchinario gli era caduto sulla testa. Sotto tale profilo, vorremmo capire meglio come procede la vostra attività e se stiate affrontando e monitorando il fenomeno.

MANZON
Senatrice Donaggio, lei ha fatto riferimento al rilevante fenomeno del lavoro nero ed irregolare, un settore che impegna molto la Guardia di finanza, così come anche le altre forze di polizia.

PRESIDENTE
Ha qualche dato in relazione al lavoro minorile?

MANZON
Come dicevo, quello del lavoro irregolare è un fenomeno rilevante in questa provincia, anche se diffuso su tutto il territorio nazionale.
Per quanto riguarda la nostra attività di contrasto, nel 2008 abbiamo eseguito 115 interventi, individuando 129 lavoratori completamente in nero e 151 irregolari; 189 erano italiani e 92 stranieri. Prevalentemente coinvolti in questo tipo di fenomeno sono i cinesi, alcuni anche clandestini, ed i loro laboratori. Abbiamo individuato un solo minore in nero nel 2008, impiegato in un laboratorio cinese. La categorie economiche prevalentemente interessate sono quelle dei ristoranti, bar, pasticcerie, panifici, cantieri edili, tomaifici e laboratori tessili, abbastanza caratteristici della zona.
Per quanto riguarda il 2009, al mese di settembre, gli interventi sono stati 95; abbiamo individuato 170 lavoratori in nero (quindi si registra un incremento rispetto all’anno precedente) e 58 irregolari, dei quali 138 cittadini italiani e 90 stranieri. Anche quest’anno le percentuali di irregolarità, con riferimento alle nazionalità, sono le stesse: al primo posto i cinesi, quindi bulgari, rumeni, egiziani e quant’altro. Anche nel 2009 sono stati individuati lavoratori immigrati clandestini, tra cui due minori, anche in questo caso cinesi; le categorie economiche coinvolte rimangono le stesse.
Questa è l’attività che ci vede impegnati prevalentemente: il contrasto al lavoro nero e al lavoro irregolare, fenomeni contigui a quello dell’incidentistica in senso stretto, rispetto al quale in verità interveniamo ben poco come Guardia di finanza, essendo di preciso interesse di altre forze di polizia ed istituti.

DALLA ROCCA
Anche noi abbiamo svolto diversi interventi per il contrasto al lavoro nero, partendo principalmente dalla presenza di immigrati clandestini. Negli ultimi mesi abbiamo individuato due laboratori cinesi con lavoratori irregolari. Per quanto riguarda l’attività sui cantieri, abbiamo linee guida che ci sono state fornite dalla procura, soprattutto in caso di intervento per situazioni di infortunio. Naturalmente il primo intervento deve essere fatto dall’ASL e quindi dagli organi tecnici competenti.
Come Polizia di Stato, il nostro organo tecnico è la polizia scientifica, a cui competono gli interventi e le verifiche. Tra l’altro, esistono delle linee guida del 2008, controfirmate dal procuratore generale della Repubblica, che sono abbastanza precise in ordine a ciò che la procura richiede in caso di infortuni gravi. Esiste altresì un protocollo firmato in prefettura qualche mese fa, contenente anch’esso linee guida. In base a tale protocollo, le situazioni di rischio dovrebbero esserci segnalate da un apposito ente.
Allo stato attuale, non abbiamo ricevuto segnalazioni come quelle da voi indicate. Diversamente, il nostro intervento sarebbe stato immediato, perché ci potrebbero essere numerosi altri fattori oltre a quello della pericolosità del movimento di mezzi.

CATALDO
Signor Presidente, il nostro lavoro rientra nel complesso delle attività preventive di ordine generale. L’Arma dei Carabinieri, presente su tutto il territorio della Provincia con 37 stazioni, due tenenze e cinque compagnie, ha anche un reparto che lavora alle dirette dipendenze della Direzione provinciale del lavoro di Venezia, ossia l’Ispettorato del lavoro. Si tratta di un nucleo abbastanza ristretto, che svolge attività soprattutto per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. Un concetto quest’ultimo molto ampio, che comprende non solo la sicurezza fisica, ma altresì verifiche sul lavoro irregolare, sul lavoro senza pagamento dei contributi e sul lavoro minorile, ossia tutti gli aspetti che concernono l’impiego del personale.
Per citare dei dati, il nucleo Carabinieri ispettorato del lavoro, che opera il più delle volte con il concorso dell’Arma territoriale, nel 2008 ha effettuato 155 ispezioni aziendali e nel 37,4 per cento dei casi sono state riscontrate irregolarità in materia di occupazione. Il 28,8 per cento dei lavori controllati è risultato irregolare e, di essi, il 36 per cento è in nero. Una delle principali mancanze o contestazioni è quella del lavoro in nero. Nei primi sei mesi del 2009, i controlli hanno riguardato 52 aziende e nel 36,5 per cento dei casi sono state riscontrate irregolarità in materia occupazionale; nel dettaglio, il 25,3 per cento dei lavoratori controllati sono risultati irregolari e, di questi ultimi, il 51,2 per cento in nero. Si può pertanto rilevare, nelle contestazioni relative all’irregolarità del lavoro, una tendenza all’aumento concernente soprattutto il lavoro in nero.
Senza voler offrire giustificazioni, ci sembrerebbe di poter affermare che una simile situazione si verifica maggiormente nei momenti di crisi, come dimostrato dai dati. Ad ogni modo, si tratta di cause e motivazioni che non spetta a noi riscontrare, essendo organi accertatori, di verifica e spettando ad altri il compito dell’analisi.

DONAGGIO (PD)
Nelle vostre risposte non ho colto una conferma dell’innalzamento del numero degli infortuni e di quelli mortali. Comprendo che la vostra attività si concentra sul lavoro in nero e sommerso, ma ho evidenziato anche una certa situazione che emerge dai dati. Qualora risultasse anche a voi – e allora mi pare che siamo al di là dell’ordinaria amministrazione – avete in mente qualche attività straordinaria? Ci si pone il problema di affrontare questo fenomeno oppure, come lei ha affermato, colonnello Cataldo, si lascia correre con la giustificazione che siamo in un momento di crisi?

CATALDO
Ma non voleva essere una giustificazione.

PRESIDENTE
Senatrice Donaggio, loro hanno compiti particolari.

DONAGGIO (PD)
Lo so, ma vorrei sapere se rilevano un innalzamento degli infortuni e delle morti sul lavoro. Sono state eseguite delle verifiche presso la Fincantieri sull’utilizzo della forza lavoro, ad esempio?
L’industria delle costruzioni navali nella provincia di Venezia è in questo momento il più grande mercato del lavoro irregolare.

MANZON
Si riferisce a controlli sulla regolarità dell’impiego del lavoro?

DONAGGIO (PD)
Regolarità del lavoro e tipo di infortuni che lì si sono registrati.

MANZON
Ripeto, per quanto riguarda l’infortunistica non è a me che deve fare riferimento, perché non ho queste evidenze. Quando si parla di decessi il dato è obiettivo, c’è poco da aggiungere, le cifre parlano chiaro.
Mi sembra che il collega dell’Arma poc’anzi abbia parlato di una riduzione dei decessi.

CATALDO
I dati in mio possesso riguardano gli interventi da noi effettuati, non sono dati generali. Per quanto riguarda i decessi, al momento, cioè nei primi nove mesi del 2009, l’Arma dei Carabinieri è intervenuta in quattro casi, ovvero lo stesso numero di decessi per i quali è intervenuta lo scorso anno. Quindi, tendenzialmente, calcolando il dato in proiezione, al termine dell’anno si potrebbe registrare un incremento del 33 per cento.
Tuttavia non sono in possesso dei dati generali a livello provinciale; i dati di cui dispongono sono quelli relativi agli interventi che hanno visto coinvolti i Carabinieri. Lei poc’anzi ha citato un numero considerevole di infortuni, ma non in tutti sono intervenute le forze di polizia perché l’infortunio può essere anche la mera denuncia di infortunio sul lavoro che il lavoratore fa alla ASL o ad altro organismo. Gli accertamenti e i rilievi non vengono poi eseguiti dalla polizia giudiziaria che in effetti interviene solo quando si verifica un reato.

LITTERIO
Signor Presidente, per quanto ci riguarda, quest’anno il fuoco non ha causato alcun infortunio sul lavoro. Come sapete abbiamo competenza nella prevenzione degli incendi e relativi infortuni che derivano dall’inosservanza di norme in questo settore. Svolgiamo attività di prevenzione con sopralluoghi sul posto, che si tratti di attività lavorative o civili. In particolare, per l’aspetto di cui oggi ci occupiamo, nel corso di quest’anno abbiamo espletato circa 50 sopralluoghi a seguito di esposti, quindi al di fuori dell’attività che svolgiamo usualmente e che implica 1.500 sopralluoghi a richiesta. A seguito di esposto abbiamo invece effettuato 50 sopralluoghi che hanno dato origine tutti a sanzioni. In questi 50 sopralluoghi rientrano anche attività civili che hanno i propri lavoratori dipendenti, come le scuole e gli ospedali.
L’anno scorso e quest’anno abbiamo effettuato circa 30 sopralluoghi per ciascun anno, su indirizzo del Ministero dell’interno. Nel 2008 sono stati effettuati nei confronti delle attività di fonderia. Dopo i tragici eventi della ThyssenKrupp di Torino abbiamo controllato 30 fonderie in ambito provinciale; quest’anno stiamo controllando altrettante aziende che svolgono attività scolastiche e di vendita al pubblico (ipermercati, supermercati).
Purtroppo quasi tutti i controlli danno luogo a sanzioni per inosservanza delle norme. Sarò più preciso a fine anno quando avremo terminato i controlli, ma il quadro generale è stato per le fonderie del 100 per cento di sanzioni per inosservanza alle norme mentre per scuole e per gli ipermercati il dato è più basso, ma ci stiamo ancora lavorando.

PRESIDENTE
Forse dipende dal fatto che le procedure in riferimento alle competenze che lei rappresenta prevedono, una volta approvato il piano antincendio, che il discorso sia chiuso.

LITTERIO
L’attuale procedura prevede, una volta approvato il progetto, un sopralluogo a richiesta dell’utente.

PRESIDENTE
Ci dobbiamo attivare per far modificare questa norma. È lì il problema. Infatti, se non ci sono richieste di controllo – e la ThyssenKrupp è uno di questi casi – arriviamo quando ormai tutto è accaduto. Il fatto che la documentazione antincendio sia in regola e che voi, in modo corretto, la riteniate valida, non può portare ad un’interruzione ad libitum del rapporto. La questione è seria. È una atipicità sulla quale noi – non voi – dobbiamo intervenire.

LITTERIO
Il Ministero dell’interno ha in parte ottemperato a questa necessità con il nuovo indirizzo finalizzato ad effettuare sopralluoghi a campione, quindi senza richiesta da parte di qualcuno.

PRESIDENTE
Questo avviene ora. C’è stata infatti una forte pressione in tal senso di questa Commissione, altrimenti sarebbe rimasto un compartimento bloccato. Nel momento in cui l’azienda era a posto con la documentazione si interrompeva il rapporto. Noi abbiamo rilevato questo aspetto, ma al di là della direttiva ci vorrebbe forse una norma specifica per agevolare il vostro lavoro. Per lo meno siamo arrivati ad una sollecitazione.
Ringrazio i rappresentanti delle forze dell’ordine per le preziose informazioni fornite e dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore generale dell’AULSS 12 di Venezia, del direttore del dipartimento territoriale ISPESL Venezia e del coordinatore dello SPISAL Venezia e del Sovrintendente della polizia di Stato Enrico Gavagnin



Intervengono il direttore provinciale del lavoro, dottor Michele Monaco, il direttore provinciale dell’INAIL, dottor Antonio Santoro, il direttore provinciale dell’INPS, dottor Raffaele Parisi, il direttore del dipartimento territoriale ISPESL Venezia, ingegner Francesco Boella, il coordinatore dello SPISAL Venezia, dottor Giancarlo Magarotto e il sovrintendente della polizia di Stato, dottor Enrico Gavagnin.

PRESIDENTE
Saluto i nostri ospiti. Chiunque desideri intervenire può prendere la parola sulla base degli argomenti che interessano entrambe le parti, al fine di riflettere insieme su alcune problematiche. I membri di questa Commissione desiderano anche che esponiate alcune rilevazioni di carattere critico nella gestione delle attività di prevenzione.

MONACO
Signor Presidente, signori senatori, per quanto attiene alla specifica materia degli infortuni, come struttura territoriale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali abbiamo competenza diretta in materia di lavori in edilizia, in maniera concorrente con l’attività dei servizi sanitari locali.

PRESIDENTE
Quanti ispettori avete?

MONACO
Sul territorio attualmente sono operativi 29 ispettori, due dei quali con competenza in materia tecnica. Per quanto attiene all’attività di vigilanza nei cantieri edili, da un anno a questa parte abbiamo ritenuto di associarla, in fortissima sinergia, anche grazie a protocolli di intesa stipulati in prefettura, a delle notifiche preliminari, sulle quali lavora il mio ufficio, da distribuire poi alle quattro aziende sanitarie locali del territorio per avere una mappatura coerente della situazione dei lavori in edilizia nella nostra Provincia. Tuttavia ciò che rende il servizio più agevole è l’attività a vista, svolta dai nostri ispettori che si muovono sul territorio individuando i cantieri che possono presentare delle irregolarità. Ovviamente cerchiamo di distribuirci le aziende in modo da non collidere con l’attività svolta dai servizi delle aziende sanitarie.

PRESIDENTE
Scusi se la interrompo, ma vorrei sapere se c’è un rapporto tra voi e l’amministrazione comunale in riferimento alle autorizzazioni.
Come lei sa, infatti, chi inizia un’attività deve presentare una domanda specifica di avvio di un determinato cantiere, vorrei quindi sapere se avete i dati di tutti i cantieri presenti nel Comune di Venezia e negli altri Comuni e se esiste un rapporto di sinergia con l’amministrazione comunale.

MONACO
Signor Presidente, l’attività in edilizia è comunque annunciata dalle notifiche preliminari. Come le dicevo, abbiamo avviato questa mappatura, destinata ad essere perfezionata.

PRESIDENTE
Ma i Comuni vi inviano le notifiche?

MONACO
Le notifiche devono inviarle i committenti.

PRESIDENTE
Dobbiamo fare un discorso serio per colmare le lacune là dove esistono. Parlando con il Sindaco di Venezia abbiamo saputo che egli è ben disposto ad ogni forma di collaborazione, ma non riceve le notizie, che invece si devono incrociare. Mi riferisco al Sindaco di Venezia perché siamo a Venezia ma il discorso vale per qualsiasi altra città.
Credo che questo aspetto sia importante. Non possiamo immaginare che il Sindaco andando a passeggio e vedendo un cantiere possa pensare di ispezionarlo per vedere che aria tira. Sarebbe un modo troppo empirico di procedere.

MONACO
Signor Presidente, mi permetto di chiarire meglio il concetto.
Le notifiche preliminari vengono trasmesse dai committenti, come prevede la legge. Pertanto, sia noi che l’azienda sanitaria locale competente veniamo informati e riceviamo la notifica preliminare dell’avvio di un determinato cantiere. L’attività che definivo «a vista» nasce dalla necessità che molto spesso alla notifica preliminare non corrisponde l’immediato avvio del cantiere. Mi spiego. La notifica preliminare può essere fatta prima dell’avvio dei lavori, ma non è detto che poi questi ultimi abbiano avvio proprio nella data indicata nella notifica preliminare. In questo caso può effettivamente essere utile uno stretto rapporto con l’amministrazione comunale. L’evoluzione del sistema telematico dovrebbe portare ad incrociare l’informazione resa ai Comuni sui dati relativi all’inizio dell’attività. Ci stiamo incamminando su questa strada.
Fornisco qualche numero per inquadrare il fenomeno. Nel 2008, la Direzione provinciale del lavoro di Venezia ha visitato 378 cantieri nei quali erano coinvolte 815 aziende. Ha quindi esaminato la posizione di circa un migliaio di lavoratori occupati e ne ha trovati 87 totalmente in nero. Nel primo semestre di quest’anno i lavoratori totalmente in nero individuati nei cantieri edili sono stati 41.

PRESIDENTE
In rapporto a quale numero?

MONACO
Finora abbiamo visitato 138 cantieri con 427 lavoratori occupati. Siamo a circa un 10 per cento sia nel 2008 che nel 2009. Significativi nell’attività di competenza della Direzione provinciale del lavoro sono stati due provvedimenti che in qualche modo hanno migliorato le nostre performance, la nostra capacità di analisi. Innanzitutto, è stato finalmente previsto l’obbligo di comunicare l’assunzione del lavoratore almeno il giorno precedente all’avvio dell’attività lavorativa, laddove prima lo spazio temporale per tale comunicazione era molto esteso. Sembra peraltro che il numero degli infortuni registrato nel primo giorno lavorativo sia drasticamente diminuito. Sarà poi eventualmente il collega dell’INAIL ad illustrare i dettagli.

PRESIDENTE
C’è stato un grande dibattito parlamentare su questo aspetto.

MONACO
Altra novità normativa che ha consentito un miglioramento del nostro lavoro è stata la possibilità di sospendere l’attività imprenditoriale nel caso di rinvenimento di manodopera occupata in nero per un numero di unità superiore al 20 per cento, disposizione attualmente richiamata nell’articolo 14 del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. A tal proposito faccio presente che le sospensioni di attività nel settore edile, l’unico in cui abbiamo competenza diretta e siamo operativi sul campo, sono state 44 nel 2008 e 18 nel primo semestre di quest’anno. Le competenze in materia di salute e sicurezza sono estremamente marginali e di scarso interesse: ci occupiamo di radiazioni ionizzanti e quant’altro, aspetti che certamente non sono di particolare rilevanza ai fini del vostro lavoro.
La Direzione provinciale del lavoro cerca di garantire, nei limiti delle sue possibilità e capacità, una copertura sul territorio abbastanza variegata, al fine di assicurare le cosiddette precondizioni della sicurezza, quindi la regolarità dei rapporti di lavoro, con particolare riferimento anche all’orario di lavoro spesso individuato quale concausa di eventi infortunistici.
Nel settore degli autotrasporti, ad esempio, abbiamo una competenza diretta.
Uno dei dati desunti dalla nostra attività di vigilanza, che presumo rivesta una certa importanza per la Commissione, è quello relativo al numero di lavoratori in nero (fattispecie diversa da quella dei lavoratori irregolari) che sono stati 846 nel 2008 e 458 nel primo semestre del 2009.

MARAVENTANO (LNP)
E per quanto riguarda i minori?

MONACO
Non abbiamo elementi significativi per ritenere che questo possa essere un territorio ad alto rischio di occupazione illegale di minori.
Considerate le caratteristiche della città, il settore che potrebbe prestarsi a possibili rischi di manifestazione di questo fenomeno è quello dello spettacolo, anche se ci vengono sempre richieste le dovute autorizzazioni.
Faccio presente che proprio la settimana scorsa il Ministero ha stipulato una convenzione con Telefono azzurro per cercare di raccogliere ulteriori elementi significativi in materia. Manterremo comunque vigile l’attenzione sul fronte dell’impiego di minori nello spettacolo, anche se – ripeto – il territorio sembra essere immune da questo fenomeno. Comunque è sempre pericoloso fare affermazioni così categoriche in questa materia, proprio perché è possibile essere smentiti subito dopo. Di certo, però, nel corso dell’attività di vigilanza svolta anche in collaborazione con le forze dell’ordine in situazioni a rischio, quali i laboratori e gli opifici appartenenti a determinate etnie, non abbiamo ancora riscontrato elementi significativi che possano far supporre la diffusione di un fenomeno di questa natura.
Il nostro ufficio è sempre disponibile ad avviare intese sinergiche con gli altri partner istituzionali. Ricordo che a seguito del tristissimo evento che ha coinvolto la nostra città nel gennaio dello scorso anno, in cui sono morti due operai nel porto di Venezia, abbiamo creato con la ASL e con i Vigili del fuoco un organismo di vigilanza integrata presente all’interno del porto che ritengo stia già dando buoni risultati, quanto meno sotto il profilo della capacità di coesione e di coordinamento.

PARISI
L’Ufficio provinciale dell’INPS non si occupa propriamente della sicurezza sui luoghi di lavoro quanto della sicurezza futura dei lavoratori che si dispiega nel rapporto previdenziale, aspetto comunque di un certo rilievo. È del tutto scontato, infatti, che la regolarità previdenziale è sinonimo di regolarità negli adempimenti sotto il profilo della sicurezza sui luoghi di lavoro, e viceversa. Vorrei portare testimonianza dell’esperienza che ho vissuto a Bologna, dove è stata promossa un’attività sinergica con la Provincia ed i Comuni nell’ambito della quale un ruolo particolare, soprattutto nel settore edile, era stato assegnato alla polizia municipale che, avendo una vasta capacità di intervento e ramificazioni diffuse, è il primo sensore di eventuali fumus di irregolarità e illegalità sotto il profilo sia della sicurezza che dei controlli urbanistici. L’accordo vedeva coinvolti la provincia, i comuni, l’INPS, l’INAIL, la Direzione provinciale del lavoro e le diverse aziende sanitarie locali. È stata creata una struttura di formazione per i vigili urbani che ha dato loro modo di verificare quali fossero le nostre necessità. Il risultato ottenuto è stato eccezionale perché riuscivamo a ricevere rapporti quotidiani ed informazioni immediate da tutto il territorio provinciale. È questo un sistema, a mio avviso, da importare anche nella Provincia di Venezia. Ho quindi chiesto di essere ricevuto dal Presidente della Provincia, proprio per lanciare questo sasso.

PRESIDENTE
Se mi consente l’interruzione, dottor Parisi, il sasso è stato raccolto. Questa mattina, infatti, l’assessore alle politiche e ai servizi per l’occupazione e il lavoro ha auspicato proprio la creazione di questo tipo di rapporto.

PARISI
È una notizia positiva, perché – ripeto – l’esperienza che ho vissuto a Bologna è stata eccezionale. Vorrei ora fornire alcuni dati relativi all’attività ispettiva dell’Istituto che, come dicevo, si incentra su aspetti del rapporto di lavoro diversi da quelli connessi alla sicurezza.
Nei primi nove mesi di quest’anno abbiamo ispezionato circa 1.700 aziende appartenenti a tutti i settori; in particolare, abbiamo effettuato ispezioni in 232 aziende edili a seguito delle quali sono stati registrati 97 casi di lavoratori in nero su circa 1.300, un numero che consideriamo alquanto elevato, anche se non eclatante.
Nel settore edile, infine, l’introduzione del DURC è stata una intuizione veramente importante, che ha consentito di eliminare molti alibi e di dotare noi di diverse armi, utili anche per capire come si muove nel territorio il mondo degli appalti, dei subappalti e delle catene tra imprenditori.
Su input della direzione generale dell’Istituto stiamo inoltre monitorando con particolare attenzione i laboratori gestiti dall’etnia cinese, cui ha già accennato il direttore della Direzione provinciale del lavoro. La scorsa settimana abbiamo effettuato un’ispezione in un laboratorio dove operava un’azienda diversa da quella che ci era stata segnalata. In quell’occasione, peraltro, gli ispettori sono stati circondati da una decina di bambini, incontrando alcune difficoltà nello svolgimento del loro compito.
Per questo motivo, al fine di poter verificare meglio situazioni a rischio come queste, ho richiesto il supporto della questura.
In base alla mia esperienza quarantennale, ritengo che il fenomeno dell’occupazione illegale di minori sia più facilmente rinvenibile nell’etnia cinese piuttosto che in altre. Lavoro all’INPS dal 1970 e sono stati assai pochi i casi di lavoro minorile. È però opportuno continuare a dedicare un’attenzione particolare all’etnia cinese che può riservare delle sorprese. Ritengo, in conclusione, che i passi che si stanno muovendo in materia risultino essere efficaci sia sotto il profilo della legalità complessiva del rapporto di lavoro sia sotto il profilo della garanzia della sicurezza, aspetti da mantenere entrambi sempre sotto osservazione.

SANTORO
Gli interventi dei miei colleghi hanno presentato una realtà orientata ad una prospettiva positiva. Il mio, al contrario, potrebbe apparire un intervento alquanto negativo, anche se una buona notizia va subito data: dalle nostre banche è possibile estrapolare un periodo di osservazione abbastanza esteso, dal 2004 al 2008, e questo ci consente di valutare positivamente l’andamento del fenomeno. A Venezia, infatti, il numero degli infortuni sui luoghi di lavoro è diminuito del 17 per cento.
Probabilmente l’anno 2008 ha risentito della crisi; è però indicativo che nel periodo di osservazione gli indici di miglioramento o di minore incidenza degli infortuni siano stati rilevati nel limite del 5 per cento per ogni anno.
Se questa è la prospettiva, a fronte di un’occupazione che si mantiene stabile, il risultato si presenta positivo e ci lascia supporre che qualcosa di efficace nell’ambito della sicurezza si stia facendo.

DONAGGIO (PD)
Abbiamo dei dati INAIL diversi dai suoi.

SANTORO
Forse lei ha il raffronto tra il 2007 e il 2008, io sto parlando dei dati del 2004.

DONAGGIO (PD)
Noi facciamo riferimento a ciò che è accaduto tra il 2008 e il 2009.

SANTORO
Per il 2009 abbiamo la rilevazione da gennaio ad agosto.

PRESIDENTE
La documentazione a nostra disposizione proviene da voi.

SANTORO
È della direzione generale.

PRESIDENTE
Appunto, è della banca dati dell’INAIL e riporta gli infortuni sul lavoro denunciati dalle aziende ed indennizzati a tutto il 30 aprile 2009, per settore di attività.

SANTORO
Presidente, indennizzati non significa accaduti.

PRESIDENTE
Nella specifica c’è una colonna che ci ha turbato, quella che riporta il numero dei morti. In complesso, si parla di sedici infortuni mortali. Così come è scritto e come ci appare, sembrerebbe che nei primi quattro mesi ci siano stati sedici morti.

SANTORO
I sedici morti sono i casi segnalati, ma non sono sedici infortuni sul lavoro, perché noi ne abbiamo indennizzati dieci, di cui otto in itinere.

PRESIDENTE
Ma sono pur sempre sedici morti!

SANTORO
Certo, Presidente, ma gli indennizzati sono dieci; non si tratta di sedici morti per infortuni sul lavoro.

DONAGGIO (PD)
Sono sedici morti, di cui dieci indennizzati. Poi andrete avanti con le cause, perché qualcuno si appellerà e si aprirà un contenzioso, però i morti rimangono sedici.

SANTORO
Certo.

DONAGGIO (PD)
È la differenza tra la burocrazia e la realtà.

SANTORO
Sono assolutamente d’accordo con lei, senatrice, però vorrei dirle che otto sono in itinere.

PRESIDENTE
Nel 2008, invece, il totale dei morti è diciassette. Se nei primi quattro mesi del 2009 vi sono stati sedici morti, e sappiamo di altri decessi che nel frattempo ci sono stati...

SANTORO
Nei primi quattro mesi?

PRESIDENTE
Questo leggiamo nel documento dell’INAIL.

SANTORO
Noi abbiamo dati dei primi otto mesi.

PRESIDENTE
Abbiamo un’informativa che fa riferimento al 2009, fino al 30 aprile, ossia ai primi quattro mesi dell’anno.

DONAGGIO (PD)
Non vogliamo sapere il numero degli indennizzati, ma il numero dei morti.

SANTORO
I morti del 2009 sono tredici.

DONAGGIO (PD)
Di che periodo dell’anno parliamo?

SANTORO
Fino al 31 agosto.

DONAGGIO (PD)
Sono stati conteggiati anche quelli di Martellago?

SANTORO
Sì. Vi sono stati otto morti a San Donà di Piave, sei morti a Marghera e nessun morto al centro storico di Venezia. Delle morti occorse nel 2009, dieci sono state indennizzate, di cui otto in itinere. A noi sta apparendo che l’incidenza del rischio stradale è notevole rispetto a quella nell’ambiente di lavoro.

PRESIDENTE
Quanti sono stati gli incidenti in itinere nel 2008 sui diciassette totali?

SANTORO
Dieci per rischio strada, occorsi nel 2008.

PRESIDENTE
Quindi sette nell’attività più direttamente lavorativa?

SANTORO
Sì.

PRESIDENTE
Invece dei sedici morti lei ci dice...

SANTORO
Dieci sono stati indennizzati ed otto in itinere.

PRESIDENTE
Il discorso dell’indennizzo a noi non interessa, perché è un fatto burocratico. Noi stiamo parlando dei morti.

SANTORO
Signor Presidente, se qualcuno muore per malore sul posto di lavoro, non si tratta di infortunio sul lavoro. Il caso ci viene segnalato, ma noi lo respingiamo perché la morte è stata provocata da una malattia comune, anche se il soggetto è caduto sul posto di lavoro.

PRESIDENTE
Quindi gli otto lavoratori non indennizzati ritenete non rientrino negli infortuni sul lavoro?

SANTORO
Si è trattato di malori sul posto di lavoro o di incidenti stradali non indennizzabili perché non configurabili come incidenti in itinere.
Gli altri sono accaduti sul posto di lavoro.

PRESIDENTE
Ma allora bisognerebbe predisporre le tabelle in maniera diversa.

SANTORO
La banca dati assorbe tutti i casi segnalati.

PRESIDENTE
Certo, ma i casi segnalati sono sedici nei primi quattro mesi, non nei primi otto mesi. Dunque, anche tenendo conto dei distinguo da lei fatti, siamo sicuramente oltre il dato del 2008. Quindi c’è un aumento anche significativo, se queste cifre si riferiscono a un periodo di quattro mesi, a meno che non ci sia stato un errore materiale.

SANTORO
Io le riporto i dati dei primi otto mesi.

PRESIDENTE
Noi ne prendiamo atto, ma dobbiamo altresì tener conto che ufficialmente ci è arrivata una tabella dell’INAIL che parla dei primi quattro mesi del 2009.

SANTORO
Di incidenti indennizzati?

PRESIDENTE
No, nei primi quattro mesi i morti sono sedici, anche se gli indennizzati sono dieci. Purtroppo abbiamo notizia di altri morti che si sono verificati da aprile in poi. Intanto bisogna capire se vi saranno altri casi di incidenti mortali indennizzati, perché immagino si siano aperti dei contenziosi. In più ci sono gli infortuni, che nei primi quattro mesi, sempre secondo la tabella, sono stati 9.734, laddove gli infortuni dell’intero 2008 sono stati 16.956. Dunque, in quattro mesi vi è stata più della metà degli incidenti verificatisi nell’anno precedente.

SANTORO
Nel 2009, in otto mesi, si sono verificati 9.892 infortuni, a fronte degli otto mesi del 2008...

PRESIDENTE
Allora lei ci dichiara che ci ha fornito una scheda...

SANTORO
Non ve l’ho data io, ma la direzione regionale del Veneto; io sono della direzione provinciale.

DONAGGIO (PD)
Si tratta di un’altra INAIL?

SANTORO
Non è un’altra INAIL, ma il dato più aggiornato che ho voluto fornirvi porta il raffronto tra i dati dei primi otto mesi del 2008 e dei primi otto mesi del 2009, estrapolati dalle banche dati; potete tranquillamente verificarli. Tra il 1º gennaio e il 31 agosto 2008, gli infortuni occorsi in tutte le gestioni (agricoltura, industria e dipendenti dello Stato) sono 11.623. Invece, nello stesso periodo del 2009 gli infortuni sono stati 9.892 infortuni, con un calo degli incidenti del 14,9 per cento.

PRESIDENTE
Noi abbiamo lavorato sui dati che ci sono stati consegnati, che parlano del 30 aprile per settori di attività.

SANTORO
Non voglio insistere, Presidente, ma si parla di infortuni «indennizzati a tutto il 30 aprile 2009», e ciò significa che possono anche essere di competenza del 2008, perché un infortunio del dicembre 2008 può trascinarsi nel 2009.

PRESIDENTE
Rispetto agli indennizzati nel 2009, quanti si sono verificati nel 2008 e quanti nel 2009?

SANTORO
Non ho i dati del trascinamento. Dovrei estrapolare i dati mensili dalle banche dati, sommando il dato depurato degli indennizzati con quelli accaduti. Se volete conoscere il numero degli indennizzati, si può ottenere tale dato tramite la banca dati. Però se interessa il fenomeno infortunistico per anno di competenza, dal raffronto dello stesso periodo risulta una diminuzione di quasi il 15 per cento. Altra cosa sono gli indennizzati; io parlo di quelli denunciati per anno di competenza, perché – lo ripeto – un infortunio del dicembre 2008 può essere indennizzato nel 2009 e pertanto entra nell’anno di competenza 2009, quindi non coincide con il momento dell’accadimento.

PRESIDENTE
La lingua italiana però non ci tradisce, infatti vi è una virgola: «infortuni sul lavoro denunciati dall’azienda, e indennizzati a tutto il 30 aprile 2009 per settore di attività». Quanto meno avremmo dovuto avere una specifica che distinguesse tra gli infortuni indennizzati e quelli denunciati. In secondo luogo, avremmo dovuto avere una specifica degli infortuni del 2008 e di quelli del 2009, altrimenti è molto difficile leggere una tabella di questo tipo.

SANTORO
Sono perfettamente d’accordo.

PRESIDENTE
Quindi lei sostiene che, secondo i dati che ci sta fornendo, il 2009 registra un trend positivo?

SANTORO
Sì, nel periodo di osservazione fino al 31 agosto rispetto allo stesso periodo del 2008.

PRESIDENTE
A noi fa piacere. Avevamo visto invece un dato che ci aveva allarmato.

SANTORO
Ripeto che, nel complesso, considerando tutte le gestioni dell’INAIL (agricoltura, industria e servizi, dipendenti per conto dello Stato), nel periodo che va dal 1º gennaio al 31 agosto 2008 si sono registrati 11.623 infortuni; nello stesso periodo del 2009, e con le stesse gestioni, 9.892 infortuni. La differenza positiva è del 14,9 per cento.

DONAGGIO (PD)
Scusi, noi però abbiamo delle tabelle diverse; se fossero identiche allora potremmo ragionare, diversamente, ragiono con quelle a nostra disposizione, che parlano di «infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto per gestione e anno» nella Provincia di Venezia.
Nel 2008 il totale è 11.623, mentre nel 2009 (si tratta di dati provvisori e non consolidati, riferiti al periodo gennaio-agosto) il totale è 9.892, quindi quasi 10.000. Pertanto le chiedo: come si fa a dire che gli infortuni sono in flessione se nei dodici mesi del 2008 il totale era 11.623, e dopo otto mesi nel 2009 siamo quasi a 10.000?

SANTORO
Senatrice, il 2008 è considerato fino ad agosto.

DONAGGIO (PD)
Ma sulla tabella non c’è scritto che il 2008 è comparato al 2009 in termini di otto mesi!

SANTORO
C’è scritto: «infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto per gestione e anno». Il totale del 2008 è 16.957: questo è un dato che la direzione regionale deve avervi fornito. Pertanto, gli 11.623 infortuni del 2008 sono rapportati al mese di agosto e non ai dodici mesi. Solo così il raffronto ha una valenza e un valore.

PRESIDENTE
Questa definizione però è riportata fuori dalla tabella.

SANTORO
Ripeto, non sono dati che vi ho mandato io.

PRESIDENTE
Ci stiamo confrontando, stiamo cercando di capire.
Indubbiamente, come lei può vedere, avrebbero dovuto inserire nella tabella ciò che invece è riportato fuori.

SANTORO
L’importante è averlo chiarito.

PRESIDENTE
C’è poi un asterisco che opportunamente ricorda che si tratta di dati provvisori e non consolidati, perché voi li consolidate l’anno successivo.

SANTORO
Certo.

PRESIDENTE
Bene. Questa è una buona notizia e ci fa piacere. Per come l’avevamo interpretata ci lasciava piuttosto perplessi.

SANTORO
Noi, Presidente, le abbiamo dato un significato molto positivo.
Nel settore delle costruzioni le percentuali si sono abbassate del 25 per cento, anche se il dato ancora non è consolidato. Tuttavia è un notevole passo avanti, perché per noi era uno dei settori più pericolosi.

PRESIDENTE
Questo in base ai dati di cui lei dispone e secondo la sua lettura. I nostri dati, con una lettura meno dettagliata, ci inducevano in errore. Purtroppo la tabella di cui disponiamo non è ben fatta, poiché la dicitura che riguarda la tabella deve essere inserita all’interno della stessa, non fuori. La prossima volta fatela correttamente così non ci saranno equivoci.

SANTORO
Se sarà chiesta a me la farò in questo modo. Non ho fatto io tale schema. Io ho i dati di sede (peraltro sono gli stessi dati inviatimi per e-mail domenica dalla direzione generale) ed è in base a quelli che ho fatto il raffronto 2004-2009.

PRESIDENTE
Per il 2009 però il problema è più complesso.

SANTORO
Siamo a un meno 17 per cento, come dato di partenza, rispetto all’anno scorso. Nel 2006 abbiamo 17.962 infortuni, quindi un aumento rispetto al 2005 dove ne registriamo 17.733.

PRESIDENTE
Nel 2006 quindi c’è stato un picco a livello nazionale.

MAGAROTTO
Anzitutto voglio porgere le scuse del dottor Antonio Padoan, direttore generale della ULSS12 Veneziana, per la sua assenza, causata da un impegno istituzionale precedentemente concordato. Sono il coordinatore dello SPISAL (Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro) di Venezia e rappresento anche i miei colleghi della Provincia con i quali fino ad oggi c’è stato un coordinamento informale, che verso la fine dell’anno diverrà istituzionale attraverso la nascita di un organismo provinciale di coordinamento che, dal punto di vista istituzionale, ci darà la possibilità di lavorare in modo migliore e con risultati più concreti.
Illustrerò brevemente la nostra attività. Attualmente riusciamo a controllare il 2,5 per cento di tutte le attività produttive insediate nel nostro territorio. Questo dato diventa più elevato se consideriamo il settore delle costruzioni, dove riusciamo a esaminare il 10 per cento dei cantieri e il 13 per cento delle imprese che lavorano all’interno.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda i cantieri edili, vorrei sapere se c’è un collegamento con l’Ufficio provinciale del lavoro e con il nucleo dei Carabinieri, anche per capire se esiste un’informazione reciproca.

MAGAROTTO
Sì. È un aspetto estremamente rilevante e di reciproca soddisfazione; da quando abbiamo iniziato a collaborare tra enti questa collaborazione è diventata sempre più attiva nel territorio. Attualmente promuoviamo alcune campagne specifiche di prevenzione e di controllo nei cantieri coordinandoci – come accadeva anche in precedenza – per pianificare l’oggetto specifico di questo tipo di interventi, per stabilire quali saranno i compiti di ciascuno e per cercare di mettere assieme i risultati degli uni e degli altri. Lo abbiamo fatto sia nei cantieri edili, con alcune campagne significative che hanno riguardato l’allestimento dei ponteggi (e quindi il rischio di caduta dall’alto, che in quella fase della costruzione è particolarmente delicato) e la posa dei solai, sia in altre situazioni esterne alla cantieristica edile, ad esempio, come ricordava poc’anzi il dottor Monaco, nel porto di Venezia dove siamo andati a verificare le operazioni di carico e scarico da nave.
Questi controlli hanno consentito anche di mettere a punto strumenti e metodi di lavoro che, per quanto possibile, abbiamo condiviso con altri soggetti. Mi riferisco sia al discorso della posa dei solai che a quello del carico e scarico da nave dove, dopo una serie di incontri con i rappresentanti delle imprese (terminaliste nel caso del porto e di costruzione nel caso dell’edilizia) e le parti sociali, abbiamo definito piccoli manuali informativi in cui vengono specificamente individuate le modalità con cui è opportuno svolgere questo tipo di attività per garantire la sicurezza dei lavoratori.

PRESIDENTE
Quanti ispettori avete?

MAGAROTTO
La ASL di Venezia ne ha 12. La Provincia ne ha all’incirca 25.

PRESIDENTE
Possiamo dire che nella Provincia di Venezia ci sono più di 50 ispettori tra ispettorato del lavoro e ASL?

MAGAROTTO
Sì.

PRESIDENTE
Quanti sono i Carabinieri del nucleo? È importante saperlo per disporre di un elemento che ci consenta di capire come le forze sono distribuite sul territorio.

MAGAROTTO
Per quanto riguarda questo aspetto, una risposta precisa può essere fornita dal dottor Monaco della Direzione provinciale del lavoro (DPL), da cui dipende il nucleo dei Carabinieri. Un fatto che riteniamo positivo è che da quest’anno, a livello di Regione Veneto, abbiamo adottato il medesimo programma informativo di gestione delle attività per tutti i servizi delle ULSS. Ciò consentirà, nel breve periodo, una maggiore uniformità di lavoro, ad esempio gli output, gli atti formali si presenteranno allo stesso modo e inoltre verranno raccolti in maniera uniforme i dati della nostra attività e quindi anche la reportistica, sia di servizio che regionale, sarà più precisa e puntuale. A seguito di un protocollo d’intesa sottoscritto in Prefettura alla fine del 2007 con quello della DPL stiamo integrando il nostro sistema informativo, per la parte che riguarda i cantieri. In Regione avrà sede un unico database nel quale confluiranno le notifiche di cui parlava poc’anzi il dottor Monaco. Tra breve le notifiche, che la Direzione provinciale del lavoro si è fatta carico di inserire per evitare la duplicazione delle informazioni, verranno messe in questo database a disposizione nostra, delle ULSS (Unità locali socio-sanitarie) e del CPT (comitato paritetico territoriale) degli enti bilaterali che, a seguito della legge n. 81, ha accesso a questo tipo di informazione. Ciò permetterà di avere in ogni momento la situazione relativa alla distribuzione dei cantieri sul territorio e quindi di programmare le nostre attività in modo da assicurare un’uniformità di copertura, senza lasciare aree meno presidiate di altre, nonché di evitare sovrapposizioni o incongruenze nel lavoro tra gli enti. Il database consentirà non solo di avere informazioni sulle notifiche ma anche sulle nostre attività.

PRESIDENTE
Lei sa che questo è un compito precipuo della Regione, posto che la legge attuale gliene fa obbligo.

MAGAROTTO
Si tratta di un’iniziativa sperimentale che la Regione Veneto finanzia nella Provincia di Venezia con l’intesa, se realizzata positivamente, di estenderla a tutta la Regione. In questo momento stiamo quindi sviluppando un progetto sperimentale.

PRESIDENTE
Probabilmente precedente alla definizione del Testo unico per cui vi siete trovati in corsa. L’attuale legislazione ha attribuito la specificità del coordinamento alle Regioni. C’è stato un periodo in cui, in attesa della definizione della decreto legislativo n. 81 e successive integrazioni, erano le Province a svolgere questa funzione.

DONAGGIO (PD)
Quindi la Regione è ancora in fase sperimentale, non ha attuato la normativa?

MAGAROTTO
La Regione ha insediato il comitato regionale di coordinamento il 29 settembre.

PRESIDENTE
Il decreto legislativo n. 106 è del 3 agosto 2009.

MAGAROTTO
È stata inviata una nota a tutte le direzioni delle ULSS affinché entro la fine dell’anno attivino i comitati provinciali.
L’altra questione che ritengo importante sottolineare è che, oltre ad un’attività di vigilanza il più possibile integrata, si mira ad individuare imprese che magari lavorano peggio di altre. La base di dati che stiamo creando ci consentirà di individuare, più facilmente di quanto non avvenga attualmente, quelle imprese che lavorano male per quanto riguarda la sicurezza.
Questo ci consentirà di utilizzare gli strumenti di repressione più forti (sospensione e quant’altro). Oggi è difficile per il singolo ente riuscire ad ottenere certe informazioni, dal momento che molte imprese hanno cantieri di ambito provinciale, regionale e a volte nazionale.
Altra questione che mi permetto di sottolineare è che in un territorio come questo c’è tanta manodopera che proviene dal di fuori della Provincia, della Regione e anche della Nazione. Penso soprattutto alle attività in appalto e subappalto nei grandi cantieri navali o nelle grandi aziende.
Questi lavoratori sono più vulnerabili di altri sia per struttura organizzativa d’impresa sia per formazione all’accesso al lavoro. Su questo tema stiamo cercando di portare avanti iniziative di sensibilizzazione, campagne di comunicazione e stiamo cercando di organizzare, con le stesse imprese e con gli stessi datori di lavoro, momenti formativi a cui diamo un contributo.

PRESIDENTE
Anche l’INAIL si occupa di questo.

MAGAROTTO
Non parlo solo pro domo mea, ma mi riferisco anche ad altri enti. Un’ulteriore iniziativa regionale importante, adottata nella Provincia di Venezia, si chiama «Azienda sana-La salute in azienda». Si tratta di un concorso con il quale abbiamo individuato delle imprese che rappresentano nel Veneto l’eccellenza in materia di sicurezza sul lavoro.
Avere esempi validi da presentare per dimostrare che le cose si possono fare in modo migliore, che si può lavorare bene senza infortuni, dando la possibilità ai lavoratori di trovarsi in una situazione di benessere, è importante. Non si deve parlare soltanto di ciò che va male. Con questa iniziativa abbiamo evidenziato le aziende virtuose, che operano in tutti i settori. Nell’edilizia ne abbiamo individuate alcune di pregevoli. Un’iniziativa europea sulla promozione della salute nei luoghi di lavoro svoltasi a Perugia ha visto una di queste aziende come testimonial.
Si tratta di un aspetto importante. A volte premiare e incentivare coloro che lavorano bene è un aspetto che viene trascurato, che passa in secondo piano laddove, accanto ad un intervento di vigilanza, anche forte e di repressione, occorre prevedere sistemi premiali per le aziende che lavorano bene. Nel Veneto ne abbiamo un certo numero che giustifica, almeno in parte, l’andamento positivo rispetto alla diminuzione degli infortuni.
Dai pronti soccorsi, dall’INAIL stesso, ci arrivano regolarmente le notifiche degli eventi infortunistici.
Se l’evento è grave o mortale veniamo informati dalla questura o dai vigili del fuoco affinché possiamo intervenire nell’immediato. Quest’anno abbiamo registrato una riduzione significativa delle notifiche dei pronti soccorsi.

PRESIDENTE
Di certo i dati possono anche essere interpretati in maniera soggettiva. È come quando in una giornata fredda abbiamo la sensazione che faccia caldo solo perché siamo noi che abbiamo caldo.

BOELLA
Dirigo il dipartimento territoriale dell’ISPESL di Venezia Mestre competente per le province di Venezia, Treviso e Belluno.
Vorrei fare una breve panoramica sulle modalità con cui si estrinseca sul territorio l’attività dell’Istituto, che voi conoscete sicuramente molto bene – attraverso i dipartimenti. Poiché dobbiamo occuparci di ricerca, sperimentazione, controllo e verifica, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni in generale e non operiamo come organismo di vigilanza sugli infortuni, forse è necessario chiarire come interveniamo nel processo e qual è il nostro scopo dal punto di vista della prevenzione stessa. Per fare questo sono costretto ad illustrare l’organizzazione che si è data il dipartimento territoriale negli ultimi anni. In attesa del riordino dei servizi anche per le sedi territoriali, il dipartimento di Venezia, per questioni di coordinamento e razionalizzazione, su iniziativa del precedente direttore ha adottato una forma organizzativa che io ho sostanzialmente modificato sulla base delle esigenze territoriali. Il dipartimento è dotato di 20 unità complessive: il sottoscritto, 15 unità di ruolo tra cui 11 tecnici (dei quali quattro sono laureati), due tecnici con compiti tecnico-amministrativi di supporto e due amministrativi. Tra questo personale ci sono quattro collaboratori a contratto, due tecnici laureati, due amministrativi non laureati e un comandato tecnico da altro ente. Queste 20 unità sono suddivise tra i settori di intervento istituzionale – specificherò poi successivamente gli ambiti di nostra competenza – con compiti di verifica su apparecchi a pressione e impianti di riscaldamento e impianti di sollevamento e di messa a terra, ripercorrendo, in sostanza, la suddivisione logica seguita all’interno dell’ANCC (l’Associazione nazionale controllo combustione) e dell’ENPI (l’Ente nazionale prevenzione infortuni) da cui il nostro Istituto deriva.
Rappresentiamo poi l’organo territoriale dell’organismo notificato (che, in realtà, è un dipartimento centrale) e in tale veste, sempre per alcuni tipi di verifica, in particolare su impiantistica a pressione, operiamo in regime di concorrenza con gli altri organismi notificati sul territorio. Inoltre, dobbiamo occuparci anche dell’interazione con l’ambiente in cui sono collocati gli impianti e in questo caso il problema è rappresentato dagli stabilimenti a grosso rischio industriale, come il polo di Marghera.

PRESIDENTE
La Commissione sa qual è la vostra attività in generale, anche perché è in contatto con la struttura nazionale dell’ISPESL.
Vorremmo sapere se nello svolgimento del vostro compito di verifica avete colto aspetti particolari relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro, se avete rilevato delle criticità o se avvertite l’esigenza di raccogliere ulteriori elementi per l’esercizio della vostra funzione.

BOELLA
Sulla base della nostra esperienza riteniamo che nel settore industriale sia necessario modificare l’approccio con il quale si effettua il lavoro di verifica, che non deve essere solo burocratico ma anche culturale.
A volte manca il trait d’union tra la normativa, peraltro esistente e in continua evoluzione, e l’utenza che deve metterla in pratica. Il nostro Istituto, quindi, cerca di stabilire un approccio a tutti i livelli per quanto concerne il rapporto tra l’utente, l’uomo, e la macchina, l’apparato, il dispositivo.
In virtù di tale impostazione non ci attiviamo solo quando riceviamo una denuncia ma svolgiamo un intenso lavoro preparatorio che ci consente di porre in evidenza alcune criticità nelle fasi di interpretazione, di progettazione e di intervento.

PRESIDENTE
Dottor Boella, la sua relazione, pur se apprezzabile, ha un carattere generico, mentre la Commissione necessita di elementi concreti e specifici, che può sempre fornirci successivamente nel caso non ne disponga ora. Questo ci aiuterebbe a riflettere con maggiore cognizione e a valutare se il suo Istituto incontra problemi di allineamento con gli altri organismi competenti.

BOELLA
Proprio per la tipologia specifica dell’attività che svolgiamo, che non prevede solo una funzione di verifica e controllo ma contempla anche tutta una serie di compiti correlati, non è possibile per il dipartimento territoriale redigere statistiche come fanno i colleghi della sede centrale, in modo da rilevare la maggiore o minore incidenza degli infortuni nei vari settori, anche se, ovviamente, siamo sensibili al problema.
Nell’ambito delle sedi di coordinamento con le altre istituzioni abbiamo infatti verificato che i cantieri edili rappresentano una criticità e a fronte di tale evidenza abbiamo predisposto progetti di intervento in questo settore.
Ad esempio, sono state potenziate le due attività di controllo che più direttamente incidono sulla cantieristica, cioè la verifica degli impianti di messa a terra e la verifica degli impianti di sollevamento.
Il problema è che il nostro dipartimento deve istituzionalmente farsi carico di un ampio spettro di attività e questo non ci permette di concentrarci su un settore piuttosto che su un altro. L’unico margine che abbiamo è quello di aumentare il numero degli interventi in un determinato comparto, come è accaduto per quello di sollevamento riguardo al quale i dati hanno dimostrato un incremento esponenziale degli interventi, ovvero il raddoppio di anno in anno del numero delle verifiche.
Le condizioni in cui operiamo sono alquanto delicate. Pur sapendo che il problema è comune ad altri organismi, il personale che abbiamo a disposizione è ancora sottodimensionato. Nel settore sollevamento, ad esempio, attualmente lavorano due tecnici a tempo pieno e con questi numeri si riescono ad effettuare quasi 400 verifiche all’anno. Faccio presente, poi, che la nostra competenza si estende su tre province e che, quindi, i tempi di percorrenza da una zona all’altra del territorio sono abbastanza lunghi. Questo induce i tecnici a lavorare fuori sede per quattro quinti dell’orario di lavoro, sacrificando spesso anche il proprio tempo libero; a ciò si aggiunge il lavoro d’ufficio necessario per il completamento delle pratiche tecniche. Il livello di efficienza non può decisamente definirsi ottimale, anche se tendiamo sempre a raggiungere il massimo risultato.
Siamo quindi sensibili a certi aspetti del problema, tuttavia non posso permettermi di sguarnire certi settori – comunque, ripeto, sottodimensionati – come quello di controllo delle apparecchiature a pressione che in una realtà industriale quale quella di Venezia assume connotazioni di un certo rilievo. La richiesta di prestazioni è decisamente superiore a quella che noi riusciamo a soddisfare. Questo però è un problema strutturale che va anche oltre la questione contingente. Dai dati risulta ancora possibile un margine di miglioramento dell’efficienza delle nostre prestazioni e stiamo lavorando con grande impegno per ottimizzare la nostra attività.
Ho assunto l’incarico di direttore del dipartimento territoriale dell’ISPESL il 1º gennaio di quest’anno e ho immediatamente cercato di avere degli indicatori in base ai quali migliorare la nostra presenza. Il personale del dipartimento, però, è quello: 20 unità che operano su tre province.
Certamente il problema si pone per tutti gli organismi di vigilanza; se il numero di tecnici fosse doppio rispetto a quello attualmente a disposizione, probabilmente riusciremmo ad effettuare un numero di verifiche superiore al doppio di quelle che sono state già fatte, e non sarebbero ancora sufficienti.

PRESIDENTE
Lei comunque, in base a ciò che il suo dipartimento riesce a fare, potrebbe comunicarci se ci sono dei punti di criticità.

BOELLA
Senza dubbio. Bisogna sempre considerare cosa noi intendiamo per punti di criticità.

PRESIDENTE
Il denominatore è comune: il contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro.

BOELLA
Certamente.

PRESIDENTE
Lei, quindi, potrebbe fornirci a tal proposito degli elementi che noi potremmo in qualche modo valutare.

BOELLA
Quindi, esulando dal problema del sottodimensionamento del personale.

PRESIDENTE
Sappiamo bene che il sottodimensionamento degli organici è un problema comune a tutti gli organismi di vigilanza. Tuttavia vorremmo sapere quali sono, in base alla sua esperienza, gli elementi di criticità che il vostro dipartimento ha avuto modo di cogliere. L’ISPESL, infatti, è essenzialmente un organismo di studio e di ricerca e la sua funzione è anche quella di dare alla nostra Commissione la possibilità di capire come si manifesta il fenomeno; a volte, infatti, gli incidenti sono ripetitivi.
Questo, ad esempio, potrebbe essere un elemento di aiuto, di supporto al nostro lavoro.
Per il resto, so benissimo quali sono i problemi che ogni struttura affronta quotidianamente per svolgere il compito che le è stato assegnato, ma questi sono diffusi.

BOELLA
Comprendo che da quanto ho detto potrebbe sembrare che, in realtà, non riusciamo a fare altro che attività di verifica. Vorrei quindi specificare meglio, sempre che abbia tempo per farlo.

PRESIDENTE
Ci scriva, allora, che non potete fare altro che verifiche.

BOELLA
Questo non è vero.

PRESIDENTE
L’ha detto lei.

BOELLA
Io ho detto che potrebbe sembrare.

PRESIDENTE
Noi però abbiamo bisogno di contenuti, di dati, non di letteratura. Abbiamo bisogno di elementi concreti da elaborare e valutare.
La Commissione ha avuto ripetuti incontri con i vertici dei vostri Istituti e dispone già dei dati generici. Vorremmo quindi sapere se nella vostra esperienza, nella vostra ricerca che investe tutto il territorio, a prescindere dalle province di vostra competenza, avete colto elementi di criticità che potrebbero aiutarci nel nostro lavoro. La presenza della Commissione sul territorio serve proprio a questo. Le informazioni che lei ci ha dato finora (il numero insufficiente di unità, il tempo ancora limitato dell’incarico) sono comuni un po’ a tutti gli organi di controllo. Ma la nostra presenza sul territorio rappresenta una possibilità di confronto volto innanzitutto a farvi capire che non siete soli, in virtù non di quello che rappresentiamo singolarmente ma di ciò che rappresentiamo come istituzione.
Se lei, quindi, ritiene di avere elementi importanti da portare alla nostra conoscenza ce li può anche fornire per iscritto, gliene saremmo grati.

BOELLA
Includeremo allora anche i dati relativi alle attività che prescindono da quelle di verifica, che sono molto importanti ma che non ho potuto illustrare per questioni di tempo.

PRESIDENTE
Grazie.

GAVAGNIN
Signor Presidente, sono il sovrintendente della Polizia di Stato Enrico Gavagnin.

PRESIDENTE
La sua convocazione dimostra come siamo attenti ad ascoltare anche figure non storicizzate, perché lei ci ha mandato una comunicazione che abbiamo ritenuto interessante.

GAVAGNIN
La ringrazio, signor Presidente. Faccio parte della polizia scientifica presso la questura di Venezia e, come sovrintendente, sono nei ruoli operativi, quindi mi confronto con l’infortunio sul lavoro ad infortunio avvenuto, quando veniamo chiamati per espletare i rilievi tecnici di competenza. Faccio parte della polizia scientifica dal 1992-1993 ed ho avuto esperienze in altre parti d’Italia, ma ho notato che per quanto riguarda questo genere di infortuni le problematiche sono sempre le stesse.
Ho formalizzato l’osservazione di queste ultime in un progetto che ho presentato esattamente un anno fa al questore; ne ho fatto menzione con due professori della facoltà di architettura della università IUAV di Venezia e con il direttore della prevenzione della ASL, dottor Lafisca, stimolando una forma di collaborazione tra le tre istituzioni. Da ciò è nato un protocollo d’intesa, sottoscritto il 13 gennaio 2009; su di esso sono poi sorte delle criticità in quanto io tendevo a mantenere il focus sulla safety, laddove è stata inserita anche la security. Pertanto non ho più partecipato ad alcuna riunione ed ho ricercato altri attori organizzativi, tra le istituzioni ed anche tra i privati. In particolare, ho instaurato una collaborazione con l’amico ingegner Boella dell’ISPESL; inoltre, l’assessore alla sanità Sandri della Regione Veneto mi ha messo in contatto con il dottor Marchiori, uno dei responsabili della linea SPISAL del dipartimento di prevenzione regionale; ho contattato anche la Save aeroporti SpA, della quale ho incontrato il risk manager, poiché a mio avviso occorre fare un collegamento tra i rilievi tecnici sull’infortunio avvenuto e sul risk management, ossia sul rischio predittivo, sulla base di studi fatti soprattutto da James Reason, uno studioso americano dell’errore umano. Da ultimo, abbiamo incontrato l’ente zona industriale di Porto Marghera.
Da tali contatti è scaturito un incontro sul tema della cultura della prevenzione attiva, svoltosi in data 28 luglio presso il VEGA, per cercare di creare un altro protocollo d’intesa. Nel frattempo, ho contattato la facoltà di ingegneria di Udine ed ho inviato loro la metodologia investigativa sull’infortunio sul lavoro, che secondo me è da modificare. L’ingegner Damiana Chinese, ricercatrice, mi ha messo in contatto con il professor Gioacchino Nardin, ordinario di impianti industriali, e si sono detti disposti a sviluppare delle tesi di laurea su tale metodologia, considerato che essa riguarda anche gli impianti industriali.
Il mio progetto parla di infortunio sul lavoro attraverso la prospettiva investigativa, individuando le problematiche metodologiche. La novità consiste nell’intreccio tra le due metodologie d’indagine attualmente utilizzate nell’infortunio: il metodo accusatorio e quello funzionale, dal quale emergono alcune linee di prevenzione rivolte verso il mondo del lavoro e della scuola.

PRESIDENTE
Abbiamo letto la memoria che lei ci ha inviato. Noi siamo particolarmente interessati al fatto che occorre avere un approccio diverso da parte di chi interviene per primo sui luoghi dell’infortunio, perché a noi, ed eventualmente al magistrato che deve avviare le indagini, occorre avere a disposizione elementi adeguati che ci permettano di capire meglio come si è determinato l’infortunio. La richiesta che stiamo facendo alle procure e alle forze di pubblica sicurezza è che, nel momento in cui si arriva sul teatro del dramma, vi sia una particolare attenzione a determinati aspetti.

GAVAGNIN
Purtroppo manca la formazione.

PRESIDENTE
Lo so molto bene, ecco perché il suo progetto è interessante.
Noi ci poniamo il problema che sui luoghi di lavoro ove si è determinato un infortunio, soprattutto se grave o mortale, vi sia la presenza di personale specializzato nel rilievo dei primi elementi, che saranno quelli sulla base dei quali si avvierà l’indagine: è a tale aspetto che siamo interessati.

GAVAGNIN
Alla metodologia.

PRESIDENTE
Il resto non è di nostra competenza. Abbiamo detto più volte che molti incidenti stradali occorsi durante il lavoro vengono considerati, nei rilievi svolti da parte di chi interviene, come meri incidenti stradali. Bisogna capire se il soggetto che stava lavorando era dotato di quelle coperture di sicurezza necessarie alla prevenzione. Non vogliamo entrare nelle competenze dei vari corpi di polizia, che si organizzeranno autonomamente, ma intendiamo porre un problema alla magistratura così come ai rappresentanti delle forze di polizia; saranno loro stessi ad organizzarsi di conseguenza. A noi interessa che una procura non ci risponda più dicendo che purtroppo i rilievi svolti non forniscono elementi tali da dare una risposta ai quesiti che poniamo e questo non perché non intendono mettere tali elementi a nostra disposizione, ma perché non ne sono in possesso, non li hanno. Il tema di come si raggiungerà tale risultato non rientra nelle nostre competenze, perché poi ognuno adotterà il proprio progetto.
Vogliamo quindi attenzionare il suo lavoro perché lo riteniamo utile proprio per il motivo che ho sottolineato. Meno contaminata e più attenzionata specialisticamente è la scena del delitto, più facile diventa cogliere gli elementi che serviranno all’indagine. L’infortunio deve pertanto essere visto con la stessa attenzione riservata alla scena del crimine.

GAVAGNIN
In questo caso c’è un equivoco. La criticità che ho osservato in questi anni è dovuta al fatto che si trasla l’analisi della scena del crimine sulla scena dell’infortunio. Teniamo presente che in letteratura non esiste la scena dell’infortunio e quindi è da creare completamente.

PRESIDENTE
Lo stiamo dicendo anche noi e conveniamo su questo.
Lei ha posto un problema nuovo.

GAVAGNIN
Secondo me, l’indagine deve essere condotta rifacendosi alle teorie di James Reason.

PRESIDENTE
A noi questo però non interessa, perché non è nostro compito; non siamo un tavolo in cui specificare le teorie alle quali dobbiamo rifarci. Nel suo progetto c’è un aspetto interessante, che tutti abbiamo colto nella sua importanza, ossia che manca una specificità di approccio alla scena dell’infortunio.

GAVAGNIN
Non abbiamo tale specificità né un’uniformità nel territorio.

PRESIDENTE
Quindi dovremmo sensibilizzare alcuni soggetti – di questo siamo grati a lei e all’ISPESL – su un aspetto che non è affatto marginale. I dettagli e i contenuti non dipendono da noi, ma da esperti, tecnici e ricercatori. Spetterà ai singoli organismi di appartenenza fornire gli elementi didattici adeguati a far meglio comprendere il problema.

GAVAGNIN
Ritengo inoltre che si debba fare un salto concettuale ulteriore, intervenendo anche sulla prevenzione, perché è necessario incentivare gli investimenti degli imprenditori sulla sicurezza.

PRESIDENTE
Su questo siamo d’accordo.

GAVAGNIN
Possiamo arrivare a tale obiettivo entrando nel circuito del credito, quindi nel rapporto tra imprese e banche.

PRESIDENTE
Essendoci molte tesi al riguardo, noi ci fermiamo ad un aspetto evidente: se l’operatore non è stato preparato a cogliere gli aspetti di sicurezza del lavoratore coinvolto, ad esempio, in un incidente automobilistico, si rischia di descrivere l’accaduto come un semplice incidente stradale, invece non deve essere così. Abbiamo colto questo aspetto ed il procuratore Nordio, che abbiamo poc’anzi ascoltato, ha dato la massima disponibilità al riguardo, perché si tratta di un tema di approfondimento.
Abbiamo interlocuzioni con altre dieci procure per incidenti definiti stradali occorsi nel periodo lavorativo, ma purtroppo non ci vengono dati gli elementi che abbiamo richiesto, non perché non vogliono trasmetterli, ma perché, come dicevo, non li hanno.
È emerso tale aspetto e ci sembra opportuno confortarla ad andare avanti.

GAVAGNIN
Presidente, finora sto procedendo a livello personale, visto che nessuna istituzione mi ha sostenuto.

PRESIDENTE
Adesso avrà sicuramente un’istituzione parlamentare che è d’accordo sulla necessità di avere una funzione specialistica nel rilievo dell’infortunio sul lavoro. Quanto agli altri aspetti da lei elaborati, ho studiato filosofia e capisco i problemi dell’essere umano, ma purtroppo non rientrano nella nostra competenza.
Congedo i nostri ospiti ringraziandoli per il contributo fornito e dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione del segretario generale dell’Autorità portuale e del comandante della Capitaneria di porto



Intervengono il segretario generale dell’Autorità portuale di Venezia, generale Franco Sensini, e il comandante della direzione marittima, ammiraglio Sefano Vignani.

PRESIDENTE
A nome della Commissione do il benvenuto al comandante della capitaneria di porto, l’ammiraglio Stefano Vignani, e al segretario dell’Autorità portuale, il dottor Franco Sensini, rappresentanti dell’Autorità portuale di Venezia.
I motivi della nostra presenza sono legati alla necessità di conoscere meglio sul territorio le problematiche relative alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro. Siamo quindi a Venezia per ascoltare i diversi soggetti coinvolti nelle tematiche in esame.
Cedo immediatamente la parola all’ammiraglio Vignani.

VIGNANI
Sono il comandante della Capitaneria di porto di Venezia.
Insieme a me ascolterete anche il segretario dell’Autorità portuale, dottor Franco Sensini. Affronteremo il problema degli infortuni per quanto riguarda l’ambiente marittimo portuale, settore di nostra competenza. Depositerò agli atti della Commissione un documento nel quale si affronta in modo sintetico il tema della sicurezza del lavoro a bordo delle navi e nei porti.
Per quanto riguarda la sicurezza del lavoro a bordo delle navi, la principale normativa di riferimento è il decreto legislativo n. 271 del 27 luglio 1999; vi sono poi norme particolari per le unità da pesca, contenute in altre disposizioni. Questo decreto si applica ai lavoratori marittimi e quindi principalmente alla gente di mare e al restante personale occasionalmente imbarcato su navi mercantili e da pesca di bandiera italiana ed alle navi da diporto impiegate in attività commerciali, per esempio le unità da noleggio.
Gli organi deputati all’applicazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro a bordo delle navi sono la Capitaneria di porto, le aziende sanitarie locali e gli uffici di sanità marittima. In caso di infortunio su una nave italiana (in navigazione, in rada o in porto), la Capitaneria riceve una denuncia di infortunio e comunque effettua un’inchiesta per accertare le cause dell’infortunio, se questo è di una qualche gravità. Se l’infortunio avviene su una nave straniera in porto, l’inchiesta viene condotta dal commissariato polizia-scalo marittimo.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, ma noi saremmo interessati prevalentemente a capire le azioni che ponete in essere con riferimento alla prevenzione. Vorremmo centrare subito l’argomento essendo quello di pertinenza della nostra inchiesta.

VIGNANI
La prevenzione e la protezione dagli infortuni sul lavoro sono attribuiti per legge all’armatore, che deve nominare un responsabile del servizio di sicurezza a bordo delle navi e gli addetti al servizio di sicurezza.
I compiti della Capitaneria di porto sono preventivi (una volta che la nave ha lasciato il porto non è più possibile controllarla) e si estrinsecano in ispezioni a bordo per verificare che vi sia una corretta organizzazione del lavoro e che questa venga rispettata.
I momenti ispettivi sono tre: la visita iniziale quando la nave è pronta, quindi prima di entrare in esercizio; la visita periodica biennale tecnico-sanitaria, obbligatoria; visite occasionali, che di fatto svolgiamo anche ogni sei mesi, per controllare l’idoneità dell’equipaggio e quindi l’addestramento e che si chiamano «servizi di bordo» (si tratta di visite di controllo previste dal Regolamento di sicurezza italiano; in quella sede effettuiamo anche controlli spot sull’applicazione della normativa di cui al decreto legislativo n. 271 del 1999).
Per quanto riguarda le navi straniere, che non rientrerebbero in questa normativa, nell’ambito dell’attività di controllo che viene espletata sulle navi di bandiera estera, applichiamo come strumento pertinente la convenzione internazionale ILO n. 147, che detta norme per la sicurezza e l’igiene delle navi degli Stati aderenti all’IMO (International Maritime Organization), ovvero la totalità delle flotte mondiali; alla luce di quella convenzione effettuiamo gli stessi controlli che facciamo sulle navi italiane.
Statisticamente gli incidenti nel porto di Venezia sono estremamente contenuti per quanto riguarda le navi. Da un’analisi della situazione risulta che, dal 2006 al 2009, nessun infortunio o incidente è avvenuto in porto durante le operazioni di carico e scarico. Pochi incidenti sono avvenuti in navigazione o in rada e si tratta comunque di incidenti di lieve entità, nel senso che in questi quattro anni soltanto in due casi la prognosi è stata uguale o superiore a 60 giorni. Questo per quanto riguarda le navi.
Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro in porto o in banchina, su cui l’Autorità portuale ha diretta competenza, ai lavoratori dei porti e dei cantieri navali che lavorano in porto si applica il decreto legislativo n. 272 del 1999, che non si applica invece agli stabilimenti industriali e petrolchimici del porto. L’organo preposto all’applicazione della normativa e della sicurezza sul lavoro è lo stesso datore di lavoro, a cui fanno capo tutti gli obblighi. Gli organi di controllo sono l’Autorità portuale o, dove non istituita, per esempio nel porto di Chioggia, la Capitaneria di porto.
Il porto di Venezia ha costituito il comitato di sicurezza e di igiene sul lavoro e, in aggiunta, in base ad un accordo siglato proprio in questa sala della Prefettura il 22 febbraio 2008, un servizio operativo integrato.
Di questo servizio operativo fanno parte la Capitaneria, l’Autorità portuale, lo SPISAL, l’Ispettorato del lavoro e i Vigili del fuoco. Questo servizio è stato istituito a seguito di un grave incidente avvenuto nel porto di Venezia nel gennaio 2008, che ha provocato la morte di due lavoratori portuali nella stiva di una nave. Per evitare incidenti simili l’Autorità portuale ha emanato un’apposita ordinanza con cui ha disciplinato ancor più puntualmente il lavoro nelle stive. Si è creata quindi una doppia rete, una vera e propria sicurezza intrinseca per impedire che si verifichi nuovamente un avvenimento come questo, accaduto per una serie di circostanze e inadempienze.
L’attività del servizio operativo integrato si sostanzia nell’attività di un ufficio, aperto tutti i giorni, che riceve segnalazioni, denunce e quant’altro, reso attivo da una persona a rotazione della Capitaneria di porto, dell’Autorità portuale o di alcuno degli enti sottoscrittori, con incontri periodici (almeno una volta al mese) per discutere delle tematiche della sicurezza e dare immediatamente risposte operative. Tra i filoni di attività sviluppatisi in questo anno e mezzo abbiamo: la fumigazione, necessaria soprattutto rispetto ai contenitori per evitare che parassiti, tarli, animali, insetti eccetera diventino un pericolo se il container viene aperto senza essere fatto arieggiare correttamente prima di entrare al suo interno; l’accesso a bordo navi; il problema della caduta dall’alto nelle stive, dove mancano i parapetti e l’uso di dispositivi individuali di sicurezza. Questi sono i tre filoni principali dell’attività del SOI (Sistema operativo integrato del porto di Venezia).
La situazione non è ideale ma può essere considerata soddisfacente. Interventi importanti andrebbero fatti soprattutto per migliorare la qualità della viabilità delle banchine e della segnaletica per la presenza nel porto di buche, dossi e altro. Comunque stiamo facendo consistenti progressi anche su questo versante.

SENSINI
Cercherò di non ripetere quanto detto ma di dare conto del nostro punto di vista. Come già anticipato dall’ammiraglio Vignani sono due le normative specifiche del nostro settore, il decreto legislativo n. 272 del 1999 e la legge n. 84 del 1994.
Abbiamo predisposto una documentazione per rendere più chiara la nostra esposizione partendo dalla considerazione preliminare che il porto di Venezia si distingue in due grandi aree, una dedicata alla crocieristica, dove arrivano all’incirca un milione e mezzo di passeggeri (tema che si collega al problema della sicurezza) e l’altra dedicata alle attività commerciali e che quindi riguarda il porto commerciale, situato a Marghera, con 5.000 lavoratori diretti. Vi sono poi 1.350 lavoratori specificamente dedicati ai terminal. Abbiamo un registro per individuare esattamente le persone che lavorano nel porto e registriamo una fisarmonica piuttosto ampia che va dai 15.000 ai 19.000 addetti che complessivamente possono entrare nel porto. Non si tratta solo dei lavoratori che effettuano le operazioni, ma vi rientrano anche le ditte che svolgono servizi accessori, ad esempio i trasportatori.
È un mondo che gestisce questi servizi in funzione dell’arrivo della nave.
Nella documentazione viene riportato il numero complessivo delle imprese che svolgono queste attività: 26 imprese portuali, 24 società di servizi, oltre 100 ditte iscritte ad altre attività, sostanzialmente collegate all’attività del ciclo nave. Abbiamo poi un piano di investimenti complessivi dell’Autorità portuale che rappresenta un fattore importante. Alcuni aspetti della sicurezza negli ambienti di lavoro sono infatti fortemente collegati alle risorse finanziarie che l’Autorità portuale mette a disposizione assieme ai terminalisti, che attualmente hanno adempimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria sui beni dati in concessione.
Abbiamo voluto mettere in evidenza un percorso che, nato dall’applicazione delle normative di cui alla legge n. 84 e al decreto legislativo n. 272, si è poi collegato con le attività principali che abbiamo svolto sulla sicurezza. Queste attività, che hanno avuto una forte accelerazione dopo l’incidente del 18 gennaio 2008, che ha portato alla morte di due operai in una stiva, si distinguono in attività di sicurezza, cioè di ispezione e di vigilanza, attività di promozione della cultura della sicurezza nel luogo di lavoro e attività di formazione. In relazione a quest’ultimo aspetto, nel gennaio 2007 è stata istituita la Commissione per la formazione, che dal 1º gennaio 2010 dovrebbe dare risultati operativi concreti per l’accesso dei lavoratori alle banchine e al lavoro portuale. Ricordo anche il tavolo del lavoro che ha portato alla sottoscrizione in questa sede del protocollo d’intesa con le istituzioni, le organizzazioni sindacali, l’Autorità portuale e le imprese e ha prodotto il Sistema operativo integrato per la sicurezza nonché altre iniziative, ivi comprese alcune pratiche di eccellenza, che riteniamo di applicare in quanto questo percorso, quando accadono incidenti, porta non solo a fare delle riflessioni ma anche a trovare soluzioni concrete al problema della sicurezza. Si tratta ovviamente di un percorso che non ha un termine essendo le attività di prevenzione e formazione continue.
Una particolare attenzione è dedicata all’accesso al porto sia del singolo lavoratore, per il quale sono stabiliti dei tempi per l’accesso all’area e per lo svolgimento delle mansioni, sia delle imprese che devono avere una certificazione su tre livelli di controllo (qualità, ambiente, sicurezza).
È un sistema questo che abbiamo imposto in modo condiviso e che ha una certa importanza perché l’attività che si svolge all’interno della nave, nella stiva, e attorno ad essa, sulla banchina e nel piazzale, comporta necessariamente il coordinamento del lavoro di più imprese, perno fondamentale attorno al quale ruota la certificazione.
Il personale a disposizione dell’Autorità portuale è costituito da circa 80 unità, otto delle quali (il 10 per cento) sono dedicate ad attività di ispezione nel porto di Venezia. È un dato significativo anche perché si lavora h24: le ispezioni e i controlli vengono effettuati sette giorni su sette, 24 ore su 24, sabato e domenica compresi. Lo scorso anno abbiamo realizzato 704 ispezioni, una media di due al giorno, e dall’ultimo dato del luglio 2009 risultano essere state effettuate 500 ispezioni; immaginiamo, quindi, di poter raggiungere entro la fine dell’anno la quota di 1.000 ispezioni.
L’attività che svolgiamo non è solo strettamente ispettiva; non si limita soltanto alla verifica della presenza delle dotazioni di sicurezza o al controllo sul coordinamento tra le procedure. Verifichiamo anche la rispondenza del lavoro svolto nell’area portuale alla normativa di riferimento, che nel nostro caso è rappresentata dal decreto legislativo n. 272 del 1999, oltre alle disposizioni dell’ILO concentrate in una sorta di manuale delle pratiche di eccellenza che noi abbiamo provveduto a diffondere a tutti gli operatori in modo da stabilire non solo un obbligo quanto, soprattutto, la maturazione di una consapevolezza dell’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro. L’opera di sensibilizzazione in questo senso è continua, anche se non sempre si riesce nell’intento. In particolare ci si concentra sull’importanza del rispetto delle regole atte ad evitare gli infortuni sul lavoro.
A seguito dell’ultimo incidente che si è verificato nel porto di Venezia, nel 2009 è stata emanata l’ordinanza n. 295, oggetto anche di un approfondimento tra le diverse istituzioni coinvolte, che prevede le nuove regole cui deve attenersi chi lavora nell’area portuale o nelle stive delle navi. In particolare, è stabilito che le misurazioni relative alle concentrazioni di gas nella stiva della nave devono essere effettuate dal datore di lavoro tramite un consulente chimico del porto. Pertanto, il portellone della stiva che dovesse essere stato chiuso per maltempo o semplicemente perché il lavoro è terminato verrà riaperto solo previa verifica da parte del consulente chimico o di un addetto del terminal attraverso adeguata strumentazione.
È importante inoltre richiamare l’obbligo di coordinamento tra le imprese che lavorano attorno alla nave, oltre all’obbligo di comunicazione dei membri delle squadre delle varie imprese che lavorano a bordo nave. Questa procedura, che sarà a breve informatizzata, rappresenta un grande modello di controllo, proprio perché, sapendo in anticipo quali sono le imprese e i lavoratori impiegati, si facilita l’attività di ispezione.
Le varie ispezioni vengono effettuate attraverso un sistema di controlli sia casuali che sistematici, suddivisi questi ultimi per tipologia merceologica o per attività, in modo tale da garantire un campione ampio e significativo di ciò che si controlla.
Il numero degli incidenti occorsi è sempre elevato: nel 2008 sono stati 7 in itinere e 33 nell’area portuale, di cui due mortali. Di questi ultimi, 14 sono avvenuti a bordo della nave (di qui l’importanza del rispetto del decreto legislativo n. 271 del 1999, quindi, dell’azione congiunta tra i vari organismi coinvolti e, in particolare, delle relazioni quotidiane con la Capitaneria di porto), 7 sotto bordo e 12 di altro tipo (ad esempio, quelli a piazzale). Può sembrare un numero contenuto, ma in termini assoluti non lo è.

PRESIDENTE
Quali sono i dati relativi al 2009?

SENSINI
Non sono ancora disponibili, neanche in forma parziale.
Saremo comunque in grado di comunicarli successivamente.

PRESIDENTE
Sarebbe importante confrontare i dati del 2008 con quelli dell’anno in corso, proprio a dimostrazione della bontà di tutto ciò che state facendo. È importante capire quali risultati ha prodotto l’intesa che avete realizzato fra tutti gli organi preposti che, con un’armonia di azioni, ha messo sotto costante monitoraggio la situazione portuale.

SENSINI
Vi faremo senz’altro avere al più presto sia i dati storici che quelli relativi all’anno 2009.
Circa la promozione della cultura della sicurezza nel lavoro, abbiamo promosso l’iniziativa del safety day, una giornata celebrata ogni anno all’interno del porto e dedicata alla sensibilizzazione di tutti gli operatori al tema della sicurezza. Ho già accennato, poi, all’iniziativa relativa alla certificazione sui tre livelli - qualità, ambiente e sicurezza – che l’impresa deve avere per poter entrare nel porto e lavorare per i 24 mesi successivi.
È un percorso questo che abbiamo promosso anche attraverso la realizzazione di seminari, tenutisi tra settembre e ottobre di quest’anno, in cui le tematiche della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro sono state approcciate anche sotto il profilo normativo, al fine di diffondere la conoscenza dei decreti legislativi nn. 231 del 2001, 271 e 272 del 1999 (relativi alla sicurezza a bordo nave) e 81 del 2008, di integrazione delle normative precedenti. Nell’ambito di tali seminari sono state fornite informazioni anche in ordine al sistema di gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro, al sistema di gestione ambientale e al sistema di gestione della qualità.

PRESIDENTE
Tutta questa attività formativa e informativa viene gestita dal comitato che avete costituito?

SENSINI
È gestita a livello dell’Autorità portuale.

PRESIDENTE
Ci sono altri protagonisti?

SENSINI
Sì, sono tutti i soggetti chiamati a rivestire per quota parte un ruolo di responsabilità, quindi anche la Capitaneria di porto e il datore di lavoro in base al decreto legislativo n. 81. È un tavolo aperto a più soggetti.

PRESIDENTE
Quindi, sono state definite delle competenze complementari alle vostre, sia a bordo nave che a terra?

SENSINI
Sì.

PRESIDENTE
Di conseguenza, l’attività di informazione e formazione deve essere stata uniformata a quella degli altri soggetti che, comunque, hanno potere ispettivo.

SENSINI
Certamente. Infatti tutti questi elementi rientrano nell’attività del comitato S.O.I. nel quale sono presenti l’INPS, l’INAIL, lo SPISAL, la ASL di Venezia, la Capitaneria di porto e l’Autorità portuale.
L’intento è quello di coinvolgere e coordinare tutte le imprese che vengono invitate a tali iniziative formative. Finora siamo riusciti ad ottenere una risposta estremamente positiva da parte degli operatori, a dimostrazione che la sensibilità sul tema della sicurezza è alta.

PRESIDENTE
È anche una conseguenza del condizionamento determinato dall’azione dell’Autorità portuale: o le imprese rispondono positivamente a tali iniziative oppure non entrano in porto. È proprio questa la chiave della sensibilizzazione.

SENSINI
Certo, ed è uno dei temi trattati nel protocollo firmato proprio qui in prefettura. Altro elemento estremamente significativo è il libretto individuale delle professionalità, previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Già nel 2007 l’Autorità portuale di Venezia ha cominciato a predisporre delle regole in base alle quali ogni operatore che entra nel porto, compresi gli addetti ai terminal, deve essere certificato attraverso un libretto individuale in cui vengono indicati il profilo professionale ed i corsi di formazione seguiti, in modo da avere la certezza che il dipendente sia impiegato per svolgere effettivamente le mansioni per le quali è stato formato. Questo percorso verrà completato entro la fine dell’anno così da rendere operativa la regolamentazione a partire dal 1º gennaio 2010. Da quel momento chiunque intenda entrare e operare nel porto di Venezia deve soddisfare le condizioni stabilite: innanzitutto, deve aver seguito un percorso di formazione individuale costituito da non meno di 30 ore per il lavoratore generico e da 150 ore per quello specializzato che deve utilizzare strumenti e macchinari di un certo tipo; inoltre, deve essere in possesso del libretto individuale rilasciato da una commissione presieduta da un dirigente dell’Autorità portuale che verifica per ogni dipendente il percorso formativo e le attività svolte. Il libretto viene rilasciato solo a seguito di tale verifica. Questa procedura non solo risponde all’esigenza principale di aumentare il profilo di sicurezza, essendo immediatamente identificabile la mansione cui è addetto il lavoratore, ma consente di garantire anche la qualità della prestazione, altro elemento indotto dal libretto, strumento che ci sembra rappresentare la risposta più importante che possiamo dare in termini di sicurezza. Chi non è in possesso di questi requisiti ottenuti nel corso della precedente esperienza biennale deve sostenere un esame con la commissione di formazione di cui ho già parlato.
Lascio comunque agli atti della Commissione un documento in cui sono riportati ulteriori elementi di conoscenza.

PRESIDENTE
Quali sono stati gli effetti di questa vostra iniziativa?
È un dato importante da conoscere al fine di avere dimostrazione della positività della procedura messa in atto, a prescindere dalle vostre buone intenzioni.

VIGNANI
Sicuramente si è avuto un accrescimento della sicurezza sostanziale.

PRESIDENTE
Ne siamo convinti. Se non fosse così, la situazione sarebbe drammatica.

DONAGGIO (PD)
Poiché coordino il gruppo di lavoro interno alla Commissione che si occupa della verifica dello stato di attuazione della normativa vigente, vorrei capire il senso della proposta innovativa da voi evidenziata. È stato affermato in questa sede che a seguito dell’attuazione del protocollo d’intesa si è ridotto il numero degli incidenti e che la situazione è sotto controllo. La documentazione presentata, peraltro, dimostra chiaramente quanta attenzione sia stata riservata alla questione della sicurezza nell’ambito portuale. Vorrei però sapere per quale motivo proponete di affidare all’Autorità portuale anche l’applicazione delle sanzioni.
Da cose nasce questa esigenza e quali effetti dovrebbe produrre, a vostro avviso?
L’ammiraglio Vignani ha poi affermato che le navi straniere che entrano in porto sono equiparate a quelle italiane. Vorrei sapere se vi sono comunque elementi che dovrebbero essere ulteriormente affinati. Non mi risulta, infatti, che la situazione sia così semplice, perché so che ci sono seri problemi di applicazione della normativa italiana alle navi che provengono dall’estero. Posto che il numero di dette navi sta aumentando, sarebbe interessante capire come si possa estendere anche a queste i principi di tutela e di sicurezza.

SENSINI
L’esigenza di riconoscere all’Autorità portuale il potere di applicare una sanzione amministrativa pecuniaria, in aggiunta agli altri organismi dotati di potere sanzionatorio, nasce dal fatto che l’unico strumento di cui disponiamo a fronte di una infrazione più o meno grave è quello della sospensione dell’operazione e del ripristino delle condizioni di sicurezza nel caso si rilevi una situazione di pericolo per il lavoratore.
A seguito di queste misure, il lavoro riprende. Tuttavia, non esiste alcuna sanzione che rappresenti un ulteriore disincentivo. Si potrebbe invece stabilire, ad esempio, che dopo tre sanzioni in materia di sicurezza, la concessione e l’autorizzazione siano revocate. Chiediamo altresì che venga applicata una sanzione amministrativa da devolvere ad ulteriori percorsi di formazione o, considerato ciò che è accaduto nel nostro porto, ai parenti delle vittime, al fine di garantire loro un minimo di ristoro rispetto agli incidenti avvenuti.

VIGNANI
Signor Presidente, la verifica della sicurezza a bordo delle navi straniere non è uguale a quella delle navi italiane, dal momento che per queste ultime il controllo è sistematico, mentre per le navi straniere è occasionale: questa è la prima grande differenza. A ciò si aggiunga il fatto che gli armatori sono a conoscenza di quei porti dove i controlli vengono eseguiti con una certa superficialità, soltanto a livello documentale. Noi abbiamo un grande vanto, quello di rappresentare un’eccellenza nei controlli del PSC (Port State Control), nel senso che i nostri ispettori sono ben preparati e, quando necessario, rivoltano le navi da cima a fondo; difficilmente quindi una deficienza rilevante potrebbe sfuggire. Tuttavia, se una nave ha fatto i suoi controlli all’estero e dopo dieci giorni arriva a Venezia dovrebbero esserci dei gravi e dichiarati motivi per intervenire, come ad esempio la segnalazione di un sindacato. Solo di fronte a una denuncia, a un incidente o a un sinistro in navigazione potremmo intervenire su una nave che ha appena eseguito il PSC in un altro porto.
Lo strumento di riferimento, l’ILO 147, è uno strumento più generico e debole della legislazione nazionale, ma penso che su questo aspetto non si possa fare nulla. Sarebbe opportuno che tutte le navi soddisfacessero la suddetta normativa; il problema è poterle visitare. Quando troviamo degli interventi fatti in anticipo la strada ci è preclusa. Bisogna anche aggiungere che le navi sono oggettivamente molto numerose. A Venezia vengono visitate normalmente 130-150 navi all’anno e circa 50 vengono controllate a Chioggia: in totale quindi sono circa 200. In base alla regola del 25 per cento, dovremmo visitarne 250 e ciò è materialmente impossibile.
Spesso si fa soltanto una visita pro forma di tipo documentale, ossia si controlla che ci siano i certificati e poco più, ma non è questo il nostro metodo. Le nostre visite durano mediamente dalle quattro alle sette ore, proprio perché si va in profondità. Sinceramente, non saprei suggerire una soluzione in proposito.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per le dettagliate informazioni fornite. Dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL e dell’UGL



Intervengono il segretario generale della CGIL, signor Sergio Chiloiro, il segretario generale della CISL, signor Paolo Pozzobon, il segretario generale della UIL, signor Bruno Zacchei e il segretario regionale trasporti della UGL, signor Sebastiano Costalonga.

PRESIDENTE
Saluto a nome della Commissione i rappresentanti sindacali e cedo loro la parola.

CHILOIRO
Signor Presidente, sul tema della sicurezza sul lavoro la nostra preoccupazione è quella di lavorare in concerto con gli enti preposti e con le istituzioni locali per far crescere la consapevolezza rispetto a tale problematica. Vorrei brevemente menzionare parte del lavoro che abbiamo svolto. A seguito di alcuni eventi drammatici siamo riusciti, anche con il supporto della prefettura e delle istituzioni, a concludere importanti accordi sul porto, sull’edilizia e ultimamente anche sul MOSE. La nostra preoccupazione è che, passata l’emozione per l’evento, le scelte contenute nei protocolli non vengano attuate e monitorate, laddove sarebbe importante che da parte dell’autorità di governo locale ci fosse un continuo monitoraggio sull’attuazione degli accordi.
Circa l’applicazione degli adempimenti previsti dalla nuova legge sulla sicurezza, vorrei sottolineare un punto che va nella direzione auspicata, che consiste nell’individuare una sede territoriale per una verifica puntuale del rispetto degli adempimenti. Tuttavia, tale aspetto non è stato ancora sufficientemente approfondito. Le aziende, in caso non siano in grado di assolvere gli adempimenti previsti, si devono avvalere di strutture e modalità di livello superiore a quello aziendale. A tal riguardo entra in gioco il ruolo delle rappresentanze sociali a livello territoriale, sia dei lavoratori che delle imprese. Mi pare che su alcuni aspetti stiamo ancora annaspando e che non ci sia una giusta consapevolezza di come affrontare la questione per la quale ci sarebbe bisogno di una regia.
Quanto alle strutture bilaterali esistenti in molte categorie, ci sono esperienze interessanti, che funzionano; riteniamo che questa modalità debba essere sostenuta ed incentivata. Inoltre, c’è un serio problema di organico, soprattutto nello SPISAL. I nostri lavoratori ci denunciano una situazione di questo tipo: indicazioni anche da parte delle istituzioni superiori – in questo caso le ASL dipendono dalla Regione – che puntano ad obiettivi alti ma oggettivamente impraticabili, pensati per salvare le apparenze, ma che nelle condizioni date in termini di organico, mezzi e funzioni, non sono raggiungibili. Credo che questa sia la denuncia più seria: gli organici delle ASL del nostro territorio sono totalmente insufficienti ad adempiere agli obiettivi previsti dall’ultima legge.

PRESIDENTE
Qual è il numero degli addetti?

CHILOIRO
In questo momento non ricordo le cifre esatte, ma le posso dire che coloro che vanno in pensione non vengono sostituiti. I lavoratori potrebbero anche eseguire alcune ispezioni a livello formale, ma svolgendo con professionalità il proprio lavoro si raggiunge solo il 5-10 per cento degli obiettivi prefissati dalla programmazione regionale.

ZACCHEI
Signor Presidente, confermo quanto dichiarato dal collega Chiloiro. Sul problema della sicurezza abbiamo avuto un approccio corretto, a mio parere, perché abbiamo puntato tutta la nostra azione sulla sinergia delle iniziative, giacché soltanto in questo modo si possono conseguire risultati apprezzabili. A differenza di quanto accadeva dieci anni fa, quando c’era molta resistenza su questo tema, numerose imprese di Venezia si sono rese conto che la salute e la sicurezza rappresentano un investimento oltre che un costo; abbiamo dovuto impiegare molto tempo per far capire questo alle imprese. Abbiamo fortemente sottolineato che non serve puntare tutto sulle abitudini e sulle esperienze nel lavoro, perché non sempre nel mondo del lavoro basandosi solo sull’esperienza si assicura un regime di sicurezza.
Per quanto riguarda il supporto dell’RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), si tratta di un fenomeno diffuso, a macchia di leopardo: abbiamo visto che ci sono aziende che riescono a formare e ad informare gli RLS, mentre in molti casi, quando ciò non accade, gli RLS sono solo ignari testimoni delle situazioni drammatiche che si determinano.
Lo stesso vale per il percorso formativo ed informativo. Ci sono della realtà territoriali che in tale ambito si stanno muovendo molto bene, in particolare l’Autorità portuale ed il consorzio Venezia Nuova, dove la sperimentazione della massima sinergia tra le diverse azioni viene realizzata nel migliore dei modi. Per altre aziende, purtroppo, non si può dire altrettanto. Ad ogni modo, dobbiamo cercare di esportare questi due esempi importanti, specialmente per ciò che concerne il fenomeno della formazione e dell’informazione.
C’è tuttavia in questa sinergia una gamba più debole, che è quella delle condizioni concrete del lavoro. Non a caso ultimamente sono accadute alcune sciagure, mi riferisco principalmente al porto, ai due morti nella stiva di una nave (uno dei quali faceva il pasticciere per cinque giorni alla settimana e il sesto giorno andava a lavorare nella stiva delle navi). In queste situazioni ci può essere il massimo della sinergia, ma basta un anello mancante o debole per mettere in discussione tutto il lavoro fatto.
Vi sono altre situazioni che si possono denunciare. Porto l’esempio dell’Università Ca’ Foscari. È stato fatto un appalto per una nuova società di servizi e si è presentata una ditta con un ribasso del 27 per cento. Non essendo stata presa in considerazione la ditta ha presentato ricorso. Anche Ca’ Foscari ha fatto ricorso al TAR e ha vinto. Poi la ditta ha presentato ricorso al Consiglio di Stato e ha vinto e ora ci troviamo con questo problema.
Ho portato tale esempio perché è l’ultimo, ma ne potrei fare altri mille. Occorre rafforzare l’anello della sinergia istituzionale. Le stesse istituzioni devono essere più attente all’aspetto della sicurezza, anche perché cinicamente dobbiamo riconoscere che una situazione di mancata sicurezza ha un costo maggiore rispetto ad una di sicurezza.

PRESIDENTE
La ringrazio. Ritengo importante uno scambio di informazioni, posto che siete gli attori principali in queste vicende.
Per quanto riguarda il massimo ribasso, lo stiamo esaminando con grande attenzione e credo sarà uno degli argomenti della risoluzione che porteremo in Aula al Senato mercoledì prossimo. Dovremo coniugare tale aspetto con le direttive comunitarie che, come sapete, ci creano problemi.
Per esempio, nelle progettazioni di strutture si arriva a ribassi del 60-70 per cento e nelle realizzazioni a ribassi che vanno ben oltre il 24 per cento. Se è vero però che non può essere toccata la parte che riguarda la sicurezza, in questo senso si rischia di fare solo teoria. A parte la qualità dell’opera, vi sono problemi oggettivi.
Volevo darvi questa notizia, trattandosi di un argomento che ci vede tutti d’accordo, perché occorre affrontare la questione del massimo ribasso.

POZZOBON
Per quanto concerne la questione del massimo ribasso e dell’impegno che le istituzioni stanno ponendo su questo tema per vedere se esso inquini il mercato del lavoro con il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, riporto un’esperienza che ho vissuto da sindacalista nel settore edile. Abbiamo sempre combattuto questa piaga e attraverso accordi con le controparti abbiamo stabilito regole importanti nell’ambito dei contratti di lavoro. Uno dei messaggi fondamentali però è rappresentato dalle norme premiali riconosciute alle imprese più serie: qualora un’impresa dimostri di applicare le norme sulla sicurezza in modo adeguato ha uno sconto presso l’INAIL (la famosa legge applicata prima nel settore edile e poi allargata ad altri settori). Di fronte ad un impianto legislativo importante come quello del decreto legislativo n. 81 e della convenzione firmata in questa prefettura (i colleghi citavano sia l’accordo per il porto che quello del MOSE) si è visto come gli accordi sindacali in certi casi arrivino prima della legge. Certamente però è fondamentale il dialogo tra le due parti, con i soggetti chiamati ad applicare le norme legislative.
A mio avviso è determinante dare indicazione agli enti preposti per un meccanismo premiale nei confronti di chi sta operando correttamente.
Il rapporto bilaterale tra i soggetti interessati dà la possibilità di applicare gli accordi previsti in relazione ai rappresentanti territoriali. Nel cantiere MOSE, al momento il più grande d’Europa, vista anche la crisi delle attività lavorative nel nostro Paese, in alcuni mesi abbiamo concluso un accordo che è già operativo. Non ci siamo messi ad infiorettare i testi scritti, come di solito fanno i sindacalisti che si divertono tanto a scrivere e poi dimenticano la necessità di far applicare gli accordi. Questo accordo è diventato applicativo: dal 1º settembre i rappresentanti delle imprese si confrontano con i rappresentanti dei lavoratori. È un meccanismo che se si vuole si può allargare.
Tra poco incontrerete i rappresentanti degli imprenditori. Vi pregherei di ricordare loro questi accordi che hanno sottoscritto con noi; ci sono però settori anche importanti dove tali accordi non ci sono, laddove la legge dovrebbe essere applicativa per tutti i settori, commercio, agricoltura, artigianato. Nel Veneto abbiamo messo in piedi un accordo importante sull’artigianato per cui in ogni Provincia abbiamo i rappresentanti territoriali dell’artigianato anche se, come sappiamo, per le piccole aziende ciò non dovrebbe essere possibile se non hanno almeno 15 dipendenti.
La questione importante, nel settore edile, è trovare queste intese, che in realtà esistono. Sono più di vent’anni che lavoriamo su questo, ora occorre trovare il sistema per applicare le norme.
L’altro aspetto è quello relativo alla creazione del Fondo per creare sinergie umane ed economiche in modo da avere la possibilità di individuare dei rappresentanti territoriali, oggi abbiamo una legge che definisce questo punto, ma non è operativa in quanto all’INAIL manca il personale preposto. Né è prevista la possibilità di un richiamo alle aziende che non comunicano la presenza o meno del rappresentante RLS o che non hanno versato le famose due ore per creare detto Fondo. Questo è un deterrente importante perché, se non altro, si farebbe una fotografia di chi sta rispettando le norme, sempre con il meccanismo che ho citato poc’anzi: se un un’azienda è seria ed applica le norme le si può dare un traguardo e se lo raggiunge si può esserle riconosciuto uno sconto, come forma di premio, rispetto alla quota che deve versare.

PRESIDENTE
Su questo tema, abbastanza complesso, abbiamo costituito un gruppo di lavoro che ha monitorato l’applicazione del decreto legislativo n. 81 stabilendo disposizioni integrative e correttive dello stesso, talune condivise ed altre meno, che hanno dato luogo al decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106. Questo gruppo di lavoro, presieduto dalla senatrice Donaggio, è chiamato ora a coordinare l’attuazione di tale decreto. Ci sono infatti tanti elementi, di questo e di altro tipo, che stanno emergendo dalle varie audizioni. La difficoltà sta proprio nel passare dalla fase teorica a quella pratica.
Da questo punto di vista intendiamo rassicurarvi circa il fatto che c’è grande attenzione sull’elaborazione del Testo unico, che alla fine riguarderà tutti.

COSTALONGA
Signor Presidente, vengo in sostituzione del segretario generale oggi impegnato. Posso aggiungere ben poco perché tutti i punti che avevo intenzione di esporre sono stati trattati dai miei colleghi.
La normativa esiste ed è senz’altro molto corposa. A nostro modo di vedere non servono leggi nuove in tema di sicurezza ma una semplificazione per fare in modo che le aziende abbiano indicazioni ben chiare sulla normativa al fine di applicarla in maniera incisiva. A mio avviso, si tratta di un passaggio fondamentale, altrimenti restiamo sempre sul teorico, come diceva poc’anzi il Presidente.
Nel nostro territorio abbiamo concluso accordi importanti, come quello relativo alle attività del porto, che stanno già dando i frutti sperati.
Occorre lavorare sulla semplificazione. Anche noi pensiamo che effettivamente i controllori siano sempre meno mentre occorrerebbe spendere di più su queste figure. In sostanza manca il personale, problema già denunciato parecchie volte.
Vorrei aggiungere qualcosa sul decreto legislativo n. 81. È stato molto importante introdurre il discorso dello stress correlato al periodo di crisi. In questo periodo le aziende stanno cercando di tenere le fila, di stare nel mercato sfruttando di più il lavoratore. È importante dunque che nel testo sia stato introdotto questo aspetto anche perché, visto quanto sta accadendo in altre nazioni, è fondamentale che le aziende prendano atto di questa nuova forma di rischio che è lo stress sul posto di lavoro.
Per quanto riguarda il settore dell’edilizia l’attenzione è alta. Anche qui il problema della crisi provoca uno sfruttamento dei lavoratori extracomunitari.
È quindi importante che nelle aziende sia prevista la formazione di queste persone (una formazione anche maggiore di quella dei lavoratori italiani) che devono inserirsi nel nostro sistema economico in maniera adeguata. Costoro, infatti, nei cantieri spesso vengono mandati allo sbaraglio. Anche negli appalti ferroviari sovente si fa fatica a lavorare con gli stranieri, che spesso non conoscono l’italiano e quindi non comprendono nemmeno le normative presenti nell’impianto ferroviario, che devono essere puntualmente seguite. La formazione quindi per noi è fondamentale.

PRESIDENTE
Prima di ringraziarvi e congedarvi volevo chiedervi un impegno, che non nasce da noi ma da una richiesta del sindaco di Venezia, fortemente preoccupato per la zona industriale di Marghera. Come per il porto si è riusciti a concludere un importante accordo, sebbene la realtà di Marghera sia più complessa (come ci è stato ampiamente spiegato perché i soggetti che vi operano sono molteplici e ciò determina una difficoltà maggiore nella gestione dell’area industriale), credo potreste forzare la mano per un tavolo di lavoro con gli imprenditori, ai quali farò la medesima richiesta tra poco. Del resto i processi di dismissione, di riduzione sono estremamente complessi, non solo in riferimento all’occupazione, ma anche per quanto riguarda i danni e i rischi alla salute e all’ambiente.
È una richiesta dalla risposta ovvia, perché non potete non condividere la necessità di questo impegno. Sarebbe però importante che anche voi chiediate al sindaco di aprire questo tavolo. Consentitemi di suggerirvi questa iniziativa.

ZACCHEI
Il sindaco ha interpretato le nostre esigenze e le nostre richieste nel migliore dei modi.

PRESIDENTE
Vi chiederei comunque questa cortesia.

POZZOBON
Abbiamo incontrato il sindaco non più tardi di una settimana fa proprio per discutere dei controlli.

PRESIDENTE
Poiché tutto quello che abbiamo detto rimane agli atti, mi è sembrato giusto dirvelo ed esprimere la mia soddisfazione per la vostra disponibilità.

CHILOIRO
È importante che tutto questo rimanga agli atti.

PRESIDENTE
Poiché il sindaco ci ha manifestato questa esigenza, che sicuramente noi conosciamo e la senatrice Donaggio più di tutti, mi è sembrato giusto informare anche voi in modo tale che quando vi presenterete all’amministrazione comunale possiate essere pronti.

ZACCHEI
Ha solo anticipato un percorso che avevamo condiviso già da tempo.

PRESIDENTE
Non potevo non informarvi. Se non l’avessi fatto avrei avuto la sensazione di mancarvi di rispetto.

DONAGGIO (PD)
La presenza a Venezia della Commissione non è casuale. Alcuni incidenti che si sono verificati negli ultimi tempi hanno richiamato l’attenzione su questo territorio in fase di trasformazione. La nostra intenzione è quindi quella di verificare come viene garantita la sicurezza nei luoghi di lavoro. Tutto ciò che vi ha riferito il Presidente è emerso nel corso della nostra attività.

PRESIDENTE
Noi facciamo squadra. Serviamo anche a questo.
Vi ringrazio per la vostra disponibilità e per il vostro contributo e dichiaro conclusa l’audizione.


Audizione di rappresentanti provinciali delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane



Intervengono il segretario generale della camera di commercio, dottor Roberto Crosta, il responsabile sindacale di Confindustria Venezia, dottor Antonio Baldi, il presidente dell’ANCE, signor Lionello Barbuglio, il rappresentante della CGIA, dottor Paolo Zabeo, segretario della CNA di Venezia, ragionier Claudio Citran, il presidente di Confagricoltura, dottoressa Anna Trettenero, il segretario provinciale di Coldiretti, signor Paolo Casaro.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la vostra presenza.
La vostra audizione conclude il ciclo di incontri che ha caratterizzato la nostra presenza qui a Venezia. L’iniziativa di questa Commissione parlamentare d’inchiesta è volta a monitorare il territorio nazionale per avere contezza di quale sia lo stato dell’azione di contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro e di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro nelle varie realtà territoriali.
Alcuni fenomeni, poi, ci preoccupano in modo particolare e credo che in voi la preoccupazione sia ancor più forte dal momento che vivete in prima persona il territorio. Ciò che suscita maggiore allarme qui a Venezia è il polo industriale di Marghera ed è questo il motivo per cui chiedo anche a voi – come ho già fatto con i rappresentanti dei sindacati, dopo aver ascoltato il sindaco che ha molto insistito su tale problema – di promuovere la creazione di un tavolo o, comunque, di un’intesa che possa in qualche modo consentire di monitorare con maggiore attenzione la situazione del polo di Marghera. Sarà sicuramente un’intesa più difficile da raggiungere rispetto ad altre, considerata anche la pluralità dei soggetti che operano nell’area e, quindi, la maggiore complessità gestionale. Del resto, le vostre associazioni – alcune in particolare – possono garantire per quei soggetti che nell’impianto pensano di operare meno o di non operare più. Infatti nella fase attuale si stanno paventando, o sono già in corso, processi di dismissione e di contenimento degli investimenti e, conseguentemente, di compressione del lavoro. È proprio in questi momenti che è più facile abbassare la soglia di attenzione sulla sicurezza, anche per motivi non voluti, non ricercati, semplicemente per un clima generale creato dalla situazione contingente. Dobbiamo poi tenere presente che per quanto riguarda il polo di Marghera alla questione della sicurezza dei lavoratori si aggiunge anche il problema della sicurezza ambientale.
Per questi motivi, vi esorto a raccogliere l’invito del sindaco. Non credo sia necessaria la nostra azione persuasiva in quanto ritengo siate già convinti della necessità di compiere ogni sforzo per la creazione di un tavolo di monitoraggio specifico su Marghera. È un aspetto importante del quale la Commissione si sta occupando, grazie anche all’apporto della senatrice Donaggio la quale, essendo di questo territorio, ci ha fornito elementi di maggior consapevolezza e conoscenza. Ed è proprio questo lo scopo del nostro sopralluogo qui a Venezia. La Commissione d’inchiesta, infatti, non si è mossa su impulso di particolari problematicità, ma perché sta effettuando una ricognizione per l’Italia, dalla Sicilia al Veneto, da Est a Ovest, per raccogliere elementi e comprendere le varie necessità territoriali che nascono a fronte non solo delle problematiche che si presentano, quanto anche dell’organizzazione normativa sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro da poco definita. La Commissione esercita un monitoraggio permanente in tal senso; è chiaro, però, che il confronto con i rappresentanti delle varie realtà territoriali è fondamentale perché ci consente di sollecitare il Ministero ad emanare disposizioni interpretative delle direttive impartite, che aiutino a meglio comprendere le intenzioni che ha avuto il legislatore nel definire questo enorme complesso di regole e disposizioni che voi avete avuto modo di conoscere. È un’esigenza questa che nasce anche da ragioni didattiche; uno degli obiettivi comuni, infatti, è proprio quello di garantire prevenzione e formazione, in modo da anticipare la fase sanzionatoria ed evitare di confondere la causa con gli effetti.
Su questi e altri temi su cui riteniate opportuno fornirci le vostre indicazioni siamo ben lieti di ascoltarvi.

BARBUGLIO
Signor Presidente, sono molto contento di poter essere qui oggi perché questo incontro rappresenta l’occasione per presentare il pensiero di noi costruttori in questo momento particolare. Cercherò, pertanto, di trasmettere a questa Commissione non solo le nostre idee quanto, soprattutto, la situazione di fatto in cui vivono oggi le imprese, in particolare nel mercato delle costruzioni che, come voi ben sapete, sta soffrendo moltissimo, così come altri settori. Il nostro contesto, però, presenta una specificità tutta particolare perché i cantieri edili, di fatto, non sono aziende industriali programmate e organizzate ma comportano un’organizzazione continua, quotidiana, che tutti i giorni dobbiamo rinnovare perché è purtroppo soggetta a tutta una serie di fenomeni, dalle condizioni meteorologiche all’evento improvviso quale, ad esempio, l’assenza di determinati operatori; questo comporta la necessità di procedere quotidianamente ad una nuova programmazione.
In una situazione di questo tipo si rendono necessarie competenze e figure che siano in grado di prevenire gli effetti dell’evento improvviso, proprio perché ad ogni azione corrisponde un pericolo effettivo. Di qui l’esigenza di creare figure competenti, dal momento che quelle che ruotano intorno al cantiere sono per lo più maestranze edili, con una scarsa formazione della prevenzione e con una conoscenza e coscienza delle con- dizioni di rischio alquanto limitate. Questo non consente loro di recepire immediatamente le più svariate condizioni di pericolo che possono crearsi all’interno del cantiere. Bisogna tenere presente che il cantiere è fatto da uomini e che ha alla base un’impresa. In tutti questi anni l’ANCE (Associazione nazionale costruttori edili) è stata sempre protagonista, insieme al legislatore, nella definizione dell’intera normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro perché molto sensibile e attenta a questo tipo di problemi, di cui siamo assolutamente coscienti. Condividiamo, quindi, tutto ciò che è stato fatto e tutto ciò che si intende fare. Riconosciamo anche il lavoro svolto dai vari enti ed organismi che fanno parte del sistema dei controlli e verifiche e la grande maturità e capacità acquisite negli anni dai diversi operatori. Dobbiamo far presente, però, che il meccanismo è talmente complesso che soltanto poche imprese, quelle meglio organizzate, sono in grado di leggere e intellegere all’interno del quadro normativo.
Allo stesso tempo, bisogna anche riconoscere che il complesso di imprese in Italia è molto valido, ma se non definiamo il concetto di impresa è difficile riuscire a fare un’azione mirata e ben coordinata proprio in questo campo. Le imprese edili vengono iscritte alla camera di commercio con una spesa di circa 250 euro; a quel punto l’imprenditore diventa tale a tutti gli effetti, anche se l’impresa è composta dal titolare e da uno o due dipendenti. Alcune riescono a gestire direttamente i cantieri; altre, invece, non sono neanche imprese ma solo prestatrici di manodopera o ditte specializzate che lavorano all’interno del cantiere facendo comunque attività imprenditoriale con una propria autonomia e concorrendo nell’immaginario collettivo a produrre dati, statistiche e, purtroppo, anche infortuni che sono sempre numerosi, per quanto sia stato fatto tanto in questi ultimi anni. Cerchiamo pertanto di definire il concetto d’impresa e il fatto che un imprenditore, per diventare tale, deve averne la capacità tecnica, morale e finanziaria; ci sono dei presupposti che sono alla base di tutto ciò.
Dal 2002 l’ANCE si è fatta promotrice di un disegno di legge finalizzato ad introdurre presso la camera di commercio una sorta di esame per le imprese. Tuttavia, da allora nulla è stato fatto. Noi invece siamo disposti a subire dei controlli, ma vorremmo anche che questi ultimi diventassero più semplici per gli imprenditori più qualificati. Le imprese riunite nell’ANCE sono le più conosciute, strutturate ed organizzate, ma rappresentano solo il 10 per cento delle imprese edili e il 3 per cento di quelle iscritte alla camera di commercio. Abbiamo difficoltà a seguire un iter burocratico-amministrativo molto difficile. Ci domandiamo dunque come le imprese con un solo un dipendente, in cui c’è soltanto un imprenditore che tutti i giorni deve pensare all’attività quotidiana, possano fare prevenzione in questo campo.
Dobbiamo mettere le imprese nelle condizioni di crescere allo stesso modo in cui crescono le necessità di una civiltà più evoluta e la sensibilità nei confronti degli infortuni. Dobbiamo mettere gli imprenditori nelle condizioni di crescere nella stessa misura in cui è mutato il ruolo che esse vengono chiamate ad assumere, che è sempre diverso, nuovo e moderno.
Per fare ciò, dobbiamo cercare di creare un meccanismo virtuoso in cui vi sia un legame stretto tra l’imprenditore e le proprie maestranze. Noi facciamo la formazione, abbiamo gli enti paritetici, stiamo lavorando molto per formare le nostre maestranze, ma si tratta di una realtà che diventa sempre più difficile. Oggi nel nostro territorio quasi il 40 per cento della manodopera è straniera, quindi c’è un problema di lingua, di comprensione e di organizzazione interna. C’è un problema di affinità tra i lavoratori, perché gli uomini lavorano a stretto contatto, gomito a gomito, con un’organizzazione in cui il lavoratore più formato riesce a dare dei buoni consigli a chi lavora con lui. Per fare ciò vi deve essere la capacità di comunicare, che deriva anche dal fatto di stare insieme da tanto tempo e di fare squadra. Mi riferisco al fatto che una buona impresa ha delle maestranze fidelizzate e per averle bisogna fare una formazione strettamente legata al sistema organizzativo dell’impresa. Se le nostre maestranze migrano da un’impresa all’altra e da un sistema imprenditoriale a un altro si continua a fare una formazione fine a sé stessa, che di fatto è del singolo e non rappresenta un’organizzazione all’interno del cantiere: questo è il primo grande problema. Periodicamente il nostro sistema sperimenta anni di «vacche magre», momenti in cui il sistema imprenditoriale va in crisi per una serie di motivi. Per dieci anni le nostre imprese edili hanno lavorato, sono cresciute ed hanno potuto progredire molto sul versante della sicurezza. Oggi viviamo un momento di recessione che ci preoccupa, perché in simili situazioni ci sono cantieri ed imprese che riducono la propria attività e il proprio personale. La disoccupazione prolungata provoca un’ulteriore frammentazione e polverizzazione del sistema. I disoccupati, che ovviamente non si rassegneranno a tale condizione, alimenteranno il mercato del sommerso. Non dobbiamo dimenticare che quest’ultimo si alimenta continuamente al di là delle crisi, dei buoni propositi, dei controlli e di qualsiasi sforzo che ragionevolmente possiamo compiere. Dobbiamo pertanto fare in modo che vi sia un meccanismo virtuoso che premi le imprese che si impegnano, non soltanto attraverso misure come la defiscalizzazione degli oneri, ma dando loro la possibilità di lavorare e di mantenere il livello occupazionale mediante un contratto virtuoso tra pubblica amministrazione, politica e forze imprenditoriali; chi lavora bene deve avere il diritto di continuare a farlo. Se dimentichiamo questo passaggio, ci troveremo con meno imprese e con più realtà imprenditoriali di cui non conosciamo l’origine e la stabilità, e che usufruiranno di una manodopera che è stata lasciata a se stessa, rendendo inutili gli sforzi formativi compiuti.
Occorre che vi sia uno stretto connubio fra buona qualità del lavoro e buona qualità dell’impresa. Non bisogna dimenticare che un simile impegno richiede uno sforzo comune. L’impresa è un bene sociale – lo ripeto continuamente – perché essa accompagna i nostri investimenti sia in termini infrastrutturali che di territorio; l’impresa conosciuta del posto è quella che offre le migliori risposte alle domande che quotidianamente poniamo dal punto di vista della qualità del lavoro, dell’efficienza e della sicurezza sul cantiere.

BALDI
Signor Presidente, le osservazioni proposte dal presidente dell’ANCE sono interamente condivisibili. La fotografia della situazione attuale ci vede in un trend migliorativo rispetto agli anni precedenti: ciò è il frutto del costante monitoraggio e della continua attenzione che le aziende pongono al problema della sicurezza, una cultura che nelle nostre aree sta aumentando. Sottolineo altresì che questo avviene in collaborazione con tutti gli enti di riferimento, in primo luogo con il sindacato.
Tengo ad evidenziare che con il sindacato stiamo svolgendo un lavoro importante, perché il coinvolgimento delle parti sociali, nelle questioni della sicurezza e non solo, è fondamentale. Ciò è dimostrato, tra l’altro, da iniziative concrete come quella di «Azienda sana». Il coinvolgimento continuo di tutte le parti sociali è la soluzione che, secondo la mia opinione, ci ha portato ad avere risultati in netto e costante – questo è importante – miglioramento.
Presidente, sottolineo il suo accenno alla questione di Marghera. Condividiamo la posizione del sindaco: Marghera è un unicum in tutti i sensi, anche positivi. Marghera attraversa una fase difficile e proprio per questo, sulla sicurezza del lavoro ed in generale, merita l’attenzione che le è dovuta rappresentando un polo unico in Italia. La sicurezza viene privilegiata se mettiamo le aziende – questo è un messaggio che vogliamo diffondere in maniera decisa nei confronti delle istituzioni – nelle condizioni di continuare a lavorare, di crescere e di permettere l’arrivo di nuove aziende: questo è un passaggio fondamentale per il mantenimento delle imprese e di un sistema che ha posto il proprio perno anche sulla sicurezza.

PRESIDENTE
Bene, facciamo allora in modo che dalle enunciazioni condivise si possa trarre qualche conclusione. Il sindaco e le forze sociali ascoltate in precedenza hanno sottolineato la propria disponibilità, e voi fate altrettanto. A questo punto ritengo che sarebbe opportuno vi fosse un incontro.

BALDI
Ci sono già degli incontri.

PRESIDENTE
Certo, ma occorre che ci si parli in modo aperto della realtà di Marghera. Gli interventi ascoltati sono tutti condivisibili, per cui occorre una verifica.

BALDI
Presidente, le vorrei fare un esempio: senza una bonifica a Marghera non si può fare nulla e quindi non possono neanche arrivare nuove aziende.

PRESIDENTE
Intanto bisogna trattenere quelle che vorrebbero andare via.

BALDI
Siamo però in un libero mercato.

PRESIDENTE
Non sto certo dicendo che dobbiamo incatenarle. Tuttavia, dobbiamo tutelare innanzitutto le imprese presenti e favorire quanto più possibile altre iniziative. Ogni volta occorre fare uno step, come anche lei ha giustamente sottolineato. Se non si realizzano determinati presupposti, non si può procedere; è necessario quindi individuare i soggetti competenti.
Il mio è un ausilio in questo senso, altrimenti si rischia di rimanere fermi a ciò che spesso accade – dal Nord al Sud – con la nostra mentalità italiana: le pronunce sono tutte condivisibili, ma quando si va a chiudere il cerchio, alla fine è sempre un quadrato.

BALDI
Presidente, noi cogliamo positivamente tale stimolo.

DONAGGIO (PD)
Credo che qualsiasi tipo di iniziativa si intraprenda, non possa non partire dalla verifica degli impegni presi in passato in quest’area, che sono stati ampiamente disattesi. Partendo dalla verifica di quanto si era convenuto di fare, occorre ripartire, come ha dichiarato il sindaco Cacciari, per affrontare tale problema. Tuttavia, se le intese raggiunte non vengono attuate, si pone un problema di credibilità.

BALDI
Questo è vero. Gli accordi di programma sono sotto gli occhi di tutti, nella loro parte positiva e in quella non attuata. Bisogna però fare un passo importante, perché Marghera lo merita: questa è la nostra convinzione.

PRESIDENTE
Il mio auspicio era proprio rivolto a tal fine.

ZABEO
Signor Presidente, vorrei innanzitutto ribadire quanto già espresso da coloro che mi hanno preceduto; i dati sono positivi, c’è una forte contrazione sia degli infortuni sul lavoro che degli incidenti mortali nella provincia di Venezia. Questo è positivo, ma bisogna fare di più; anche un solo morto all’anno rappresenta pur sempre un dramma. Ad ogni modo, tali risultati indicano che un grande lavoro è stato compiuto anche dalle associazioni di categoria. La nostra associazione sta lavorando da anni in maniera molto intensa sull’attività formativa ed informativa. Posso assicurare che non si tratta di un compito facile, perché la complessità della materia è elevata, ma il lavoro svolto e i risultati raggiunti dimostrano che questo è il percorso sul quale lavorare.
Presidente, lei ha sollevato il problema di Marghera e ne approfitto per sottolineare un aspetto abbastanza drammatico che si sta acuendo in questo periodo di crisi economica: mi riferisco al fenomeno dei subappalti e alle attività di manutenzione all’interno delle grande aziende. Negli ultimi decenni c’è stata una fortissima esternalizzazione di tali attività, delegate ormai ad aziende esterne, spesso piccole o microaziende artigiane, chiamate a lavorare in condizioni di grande precarietà, con tempi di consegna o del servizio sempre più contenuti, e con tempi di pagamento che si allungano sempre più. Da un lato, questo è il frutto della crisi e della difficoltà economica; dall’altro, si tratta una situazione che, a mio avviso, si sta un po’ imbarbarendo. Su questo vi invito a fare una riflessione. Noi rimaniamo a disposizione per fornirvi altri elementi di approfondimento.

CITRAN
Signor Presidente, la ringrazio per questo invito finalizzato ad ascoltare le esigenze e le problematiche attinenti agli infortuni e alla sicurezza sul lavoro. Come già sottolineato da chi mi ha preceduto, le statistiche confermano che, per lo meno nel comparto artigiano, si è ultimamente registrata un’inversione dell’incidenza degli infortuni sul lavoro; ciò
è testimoniato dalla riduzione della gestione artigiani INAIL, che è in attivo.
Rispetto alla situazione generale testé illustrata, volevo sottoporre alla vostra attenzione una questione particolare legata al settore del trasporto merci. Se è vero che bisogna rispettare le leggi è anche vero che bisogna consentire a chi opera nel trasporto su strada di essere messo nelle condizioni di rispettare le norme in materia di sicurezza. Mi riferisco agli obblighi degli orari di guida. Se il trasportatore nel percorso stradale e nelle infrastrutture viarie non ha la possibilità di fermarsi e sostare in condizioni di sicurezza con il mezzo di trasporto, viene messo in una condizione estremamente difficile per quanto concerne il rispetto dei tempi di guida, che notoriamente sono ben precisi. Approfitto di questa occasione per sottolineare la problematica, perché quando accadono incidenti, anche gravi, è facile dare la colpa solo al lavoratore su strada e non considerare che ci sono delle cause che dovrebbero essere esaminate ed affrontate.

CROSTA
Signor Presidente, la Camera di commercio di Venezia comprende oltre 90.000 imprese attive iscritte, circa 101.000 considerando anche le inattive. Desidero sottolineare due aspetti. Il primo è che questo è il secondo anno che la Camera di commercio di Venezia mette a disposizione delle imprese fondi per la formazione in tema di sicurezza. Lo scorso anno abbiamo messo a disposizione 170.000 euro e abbiamo avuto un’ottima risposta sia da parte delle aziende che delle associazioni di categoria.
Quest’anno i fondi a disposizione superano i 300.000 euro, investiti dalle imprese sulla formazione e quindi in linea con quanto dicevano poc’anzi i colleghi delle associazioni quando affermavano che c’è una maggiore attenzione su questo tema.
Per quanto concerne le imprese di costruzione, tema caro anche ai componenti della Commissione provinciale dell’artigianato oltre che all’ANCE, c’è la necessità di maggiori controlli circa l’iscrizione. Si tratta di capire – e ciò riguarda tutte le normative di settore, impiantistica, autoriparazioni e quant’altro – come conciliare queste norme con le direttive comunitarie; mi riferisco in particolare alla direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, che tra qualche settimana verrà applicata anche in Italia. Mi chiedo se non abbia più senso, anziché mettere paletti in entrata, dotare la Camera di commercio ed altri enti (commissione provinciale dell’artigianato, associazioni di categoria) di poteri di controllo in itinere. È una domanda che vi rivolgo e che lascio aperta, richiedendo una risposta complessa. Il rischio è che i requisiti vengano verificati all’inizio, soprattutto se si tratta di attività delicate come quelle degli impianti, ma poi nel corso degli anni non si effettuino più controlli e l’imprenditore non faccia più formazione perdendo alcune competenze in ordine alla sicurezza.
Dal nostro osservatorio registriamo una riduzione degli incidenti e una maggiore sensibilizzazione rispetto al problema. Condivido quanto diceva poc’anzi il presidente dell’ANCE Venezia, vale a dire che l’impresa è un valore sociale del territorio e quindi tutti gli investimenti in formazione e sicurezza vanno incentivati in ogni modo. Noi continueremo a farlo anche nei prossimi anni.
Sulla questione di Marghera c’è da parte nostra la massima disponibilità a parlare di quest’area partendo dal presupposto che dai nostri dati emerge una situazione particolare. In questo momento nell’area è insediato un numero di imprese maggiore rispetto a quando Marghera era appieno operante; questo fa un po’ sorridere quando poi girando per Marghera si vedono aree da bonificare e quant’altro. Quindi occorre un ripensamento su Marghera come area di sviluppo o incubatore di nuova impresa. In questo contesto partirà a breve su Marghera un piccolo progetto di rivalorizzazione di tutto il centro storico e del litorale, perché se si va verso l’ipotesi di avviare un nuovo processo di industrializzazione è necessario assicurare anche nuovi servizi.

CASARO
Signor Presidente i dati vedono gli infortuni sul lavoro in continuo calo nell’ambito del settore agricolo. Anche nel 2008 questo trend viene confermato. Vorrei però analizzare un dato, risultante dal rapporto annuale dell’INAIL, che finora non è stato sottolineato: l’aumento delle malattie professionali sia in agricoltura che negli altri settori. Tale aumento è anche frutto di una maggiore attenzione da parte degli interessati e di informazione da parte delle associazioni di categoria e dell’INAIL.
Ritengo fondamentale continuare un percorso di formazione e informazione per quanto riguarda i diritti legati alle malattie professionali, anche alla luce della riforma tabellare delle malattie denunciate e non denunciate nei settori dell’agricoltura e dell’industria.
Altro dato interessante, che emerge dal rapporto dell’INAIL, riguarda gli infortuni dei lavoratori extracomunitari che fanno registrare un aumento.   Complessivamente si registra una diminuzione in tutti i comparti mentre aumentano gli infortuni tra i lavoratori stranieri. In proposito occorre analizzare due aspetti. Il primo è legato all’indubbio aumento del numero di questi ultimi, il secondo alla scarsa capacità di offrire informazione e una corretta ricezione agli stranieri.

TRETTENERO
Mi associo a quanto detto dal collega della Coldiretti per quanto riguarda il calo degli incidenti sul lavoro nel settore dell’agricoltura.

PRESIDENTE
Ma il numero degli addetti in questo settore è aumentato o diminuito?

TRETTENERO
Arrivo al punto. Al riguardo è necessario fare una suddivisione tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Nel campo dei lavoratori autonomi è calato il numero degli incidenti, ma è calato anche il numero delle aziende, come è possibile verificare in Camera di commercio. Viceversa, tra i lavoratori dipendenti il calo va di pari passo con la nascita di una cultura diversa. Infatti, il numero di giornate lavorative è aumentato e in questo senso si sono ridotti gli infortuni. Notiamo una maggiore cultura in relazione alla sicurezza sul lavoro e quindi in materia di infortuni, sulla base dei decreti legislativi nn. 81 e 626, là dove ci sono lavoratori dipendenti, ma la vera sfida è quella di estendere questa cultura anche ai lavoratori autonomi. Spesso e volentieri le aziende agricole hanno pochi dipendenti e la complessità amministrativa che deriva dall’applicazione delle normative in materia a volte crea difficoltà oggettive.
Questa per noi è la sfida.

BARBUGLIO
Vorrei intervenire perché l’occasione è troppo ghiotta per tacere. Vorrei cogliere fino in fondo questa opportunità perché è vero che la concertazione esiste nel nostro territorio, dal momento che le varie organizzazioni sindacali e imprenditoriali discutono con il sindaco e s’incontrano quotidianamente, trovandosi a volte d’accordo a volte no, tuttavia c’è un dato di fondo che va considerato. Mi riferisco al concetto di impresa, che tengo a ribadire. Chi si occupa di costruzioni deve essere in grado di avere un controllo completo sull’intera filiera, altrimenti accadono gli incidenti. Non è soltanto un problema di concertazione locale, ma di impegno governativo affinché alcune leggi esistenti vengano modificate.
La nostra capacità locale, la nostra autonomia non è in grado di sovvertire le leggi sul mercato del lavoro e soprattutto quelle che regolano l’appartenenza al sistema impresa.
È un problema del Governo affrontare tutto questo, se ritiene che ciò che ho detto poc’anzi corrisponda a verità.

PRESIDENTE
Le saremmo grati se potesse fornire anche delle proposte.
Un mio vecchio maestro, che non cito perché non è opportuno, diceva che potevamo porre tutti i problemi che ritenevamo ma dovevamo proporre anche delle soluzioni. Lo stesso vale in questo caso, altrimenti le Camere si riempiono di problemi ma non di soluzioni. Pertanto, se può fornire indicazioni, anche di carattere legislativo, normativo, le faccia pervenire e noi saremo ben felici di approfondirle.

BARBUGLIO
Non presentavo soltanto un problema, ma anche una proposta che farò pervenire per iscritto.

PRESIDENTE
La ringrazio, diversamente non riusciremo a venirne a capo. Ci stiamo ponendo un problema serio circa la professionalità di coloro che operano. Si tratta di un discorso ampio che non riguarda solo voi. Il presidente della Camera di commercio sa bene che la questione è molto più complessa. È questo un elemento di criticità non solo per la sicurezza e la salute nei posti di lavoro, ma anche per la continuità dell’azienda stessa. Siamo tutti molto attenti a questi argomenti.
Abbiamo a che fare con un concetto di libero mercato, che lei conosce tanto quanto me e forse più di me perché deve viverci ogni giorno, abbiamo una serie di normative comunitarie che su questo argomento sono abbastanza limitative, per parte nostra stiamo cercando e studiando dei varchi e se ci arriveranno ulteriori proposte e soluzioni saremo ben felici di esaminarle.
Il nostro ultimo impegno è sul massimo ribasso, un tema sul quale ci stiamo muovendo in modo serissimo perché è davvero difficile immaginare di andare avanti con il massimo ribasso. D’altronde siamo condizionati da direttive comunitarie e quindi occorre capire se è il caso di aprire una procedura d’infrazione.

BARBUGLIO
Mi creda, le direttive comunitarie spesso sono una scusa per non risolvere i nostri problemi in casa. Il sistema imprenditoriale francese, o quello tedesco, sono completamente diversi dal nostro. La legge tedesca, adatta alle imprese tedesche, non può andar bene per quelle italiane; il gruppo Buig è dieci volte più grande dell’Impregilo, il gruppo Philip-Holzmann è venti volte più grande, che è nulla in confronto. Il nostro sistema è completamente diverso.

PRESIDENTE
Sono d’accordo.

DONAGGIO (PD)
Sarebbe interessante sapere come la pensate anche sulle sanzioni.

BARBUGLIO
Si è parlato tanto della patente a punti, sulla quale concordo. Per conseguire la patente, però, si sostiene un esame e ci si sottopone anche a visita medica. È veramente così? Mi auguro di sì.

PRESIDENTE
Noi ci stiamo lavorando.

DONAGGIO (PD)
Come membro anche di altre Commissioni del Senato, mi sto occupando altresì della riforma del codice della strada.
Grande assente in quella riforma è la trasformazione dell’intero settore dell’autotrasporto che non si riesce ad affrontare perché in questo momento le associazioni di categoria non si sentono pronte ad accogliere una riforma. Bisognerà trovare quindi il modo affinché il legislatore entri in sintonia con le varie categorie coinvolte che, però, dovranno affrontare al loro interno anche un processo di autoriforma. Non è possibile rinviare semplicemente la questione. Si affronta un processo di autoriforma e a quel punto si può porre al legislatore il problema di come la legge possa accompagnarlo; altrimenti si rimpallano le proposte senza trovare la soluzione.
Questo è il punto.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la vostra disponibilità.
Dichiaro conclusa l’audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica