Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Lunedì 16 novembre 2009

Audizioni svolte presso la Prefettura di Milano



Presidenza del presidente TOFANI

INDICE

Audizione di rappresentanti di istituzioni locali
Audizione del procuratore aggiunto e di un sostituto procuratore della procura della Repubblica di Milano
Audizione del vice questore vicario, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di Finanza e del comandante provinciale dei Vigili del Fuoco
Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS e di rappresentanti delle ASL di Milano e provincia
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali


Audizione di rappresentanti di istituzioni locali



Intervengono, su delega del sindaco di Milano, l’assessore infrastrutture lavori pubblici, dottor Bruno Simini, il direttore centrale infrastrutture lavori pubblici, dottor Adriano Musitelli e il direttore centrale area tecnica e mobilità, trasporti, ambiente, ingegner Antonio Acerbo; su delega dell’assessore regionale alla sanità, il dirigente unità organizzativa governo della prevenzione, tutela sanitaria, piano sicurezza, dottor Luigi Macchi, il dirigente della struttura prevenzione ambienti di vita e di lavoro, dottor Gianfranco Bertani e il dottor Fanuzzi; su delega del presidente della provincia di Milano, l’assessore all’industria, artigianato, commercio, formazione professionale e lavoro, dottor Paolo Giovanni Del Nero.

PRESIDENTE
Do il benvenuto ai nostri ospiti.
La presenza della Commissione qui a Milano è tesa a monitorare una serie di situazioni in riferimento alle problematiche legate alla salute e agli infortuni nei luoghi di lavoro. Del resto, si tratta di una Commissione d’inchiesta costituita ad hoc e quindi cerchiamo di conoscere le diverse situazioni sul territorio nazionale, così come cerchiamo di seguire i primi passi del nuovo Testo unico. Ci interessa pertanto sapere come ci si organizza e ci si muove sul territorio e se vi sono elementi che possono essere utili per una riflessione più ampia a livello nazionale.

SIMINI
Sono l’assessore ai lavori pubblici del Comune di Milano. Il tema è particolarmente ampio, quindi è indispensabile provare a dare qualche elemento di cornice per capire su cosa si voglia poi mettere l’accento.
La prima notazione che mi sembra opportuno fare è che il sistema degli appalti pubblici e le logiche del lavoro privato seguono due direttrici completamente disgiunte, diverse, distanti anche dal punto di vista normativo.
È chiaro che tutti i temi concernenti la sicurezza sui luoghi di lavoro sono direttamente collegati. Dico questo sulla base dell’esperienza maturata da qualche anno per il Comune di Milano, peraltro particolarmente attivo su una serie di adempimenti e di iniziative che proverò a riassumere.
Il vero deterrente a qualsiasi forma di leggerezza, di superficialità, fino alla criminalità, anche organizzata, è l’aspetto del controllo: dove si accende una luce sui vari passaggi di lavorazione – e anche procedurali – si crea un meccanismo di pulizia del sistema, di chiarezza, di trasparenza, che poi dà garanzie dal punto di vista della qualità del lavoro e della qualità delle condizioni di lavoro.
In questo senso, abbiamo intrapreso da qualche anno un grande lavoro di prevenzione rispetto alla possibilità di una società di aggiudicarsi i lavori nella nostra città. Premetto che nel nostro Paese più dell’80 per cento dei lavori è di natura privata, quindi il comparto pubblico assorbe una quota relativamente piccola di tutti i cantieri legati all’edilizia. Come dicevo, il percorso per gli appalti pubblici è particolarmente prescrittivo e codificato, non foss’altro per la catena molto corta degli aspetti legati al subappalto, che invece per le attività private può essere una catena senza soluzione di continuità. Negli appalti pubblici, in realtà, potendo subappaltare solo tre categorie di lavori e non esistendo di fatto il subappalto del subappalto, il sistema di riferimento e di controllo è più semplice rispetto alla possibilità di seguire con lucidità e trasparenza tutto il percorso del sistema dei lavori che c’è nel privato.
Ci siamo mossi – dicevo – con un’intenzione di forte prevenzione, accendendo i riflettori proprio sul momento dell’ingresso nel sistema pubblico.
Abbiamo creato delle strutture di controllo e di monitoraggio già all’atto della presentazione delle domande, intercettando molte realtà di società che in qualche modo, nella logica del cartello (quindi in una logica di aggiramento delle normative e delle leggi), di fatto organizzavano un sistema di presentazione delle domande. Ad oggi, in più di 450 situazioni abbiamo allontanato imprese con denunce molto puntuali e molto precise che, a seguito delle indagini svolte, si sono rivelate tutte - purtroppo o per fortuna – assolutamente fondate rispetto ai nostri dubbi. Naturalmente il tema è quello del collegamento sostanziale, quindi aziende che con delle scorciatoie si presentavano alle gare d’appalto cercando di aggiudicarsi i lavori con metodi scorretti.
Questo dato, secondo me, non va sottovalutato, non solo perché ormai tre anni fa Transparency International, un’organizzazione dell’ONU, ha riconosciuto al Comune di Milano, con un premio per le buone pratiche in materia di trasparenza, la bontà di questo meccanismo che abbiamo creato, ma lo stesso Governo quest’anno ci ha dato un riconoscimento per questa procedura.
Tutto ciò, al di là delle segnalazioni che abbiamo fatto alla procura e alla magistratura, credo abbia creato un meccanismo di deterrenza molto forte. Il numero di tentativi di infiltrazione scende ogni anno progressivamente, quindi significa che i «furbetti» del cantiere probabilmente stanno alla larga dagli appalti che noi facciamo. Da questo punto di vista è evidentemente un sistema di deterrenza che funziona; quando il controllo è molto alto fin dall’origine si può cercare di ripulire il mercato.

PRESIDENTE
Lei giustamente ha fatto un’analisi rispetto ai lavori pubblici, soffermandosi, per quelle che sono le competenze, sulle procedure, le buone prassi e quindi anche i risultati che ha ottenuto in riferimento agli appalti e ai soggetti che dovranno poi realizzare le opere.
Per quanto riguarda invece le concessioni che vengono date, desideravo sapere se il Comune ha un sua organizzazione, una sua struttura per verificare la situazione in quei cantieri. Sappiamo benissimo che non avete competenze dirette al riguardo, però avete una competenza diretta in riferimento alla realizzazione in conformità alla concessione. È un elemento molto importante anche per comprendere il clima in un cantiere; uno dei temi centrali, infatti, è proprio quello che riguarda le attività dell’edilizia. Pur non avendo i Comuni tali competenze (lo sappiamo benissimo e stiamo riflettendo per vedere di coinvolgerli così come accade in altre parti d’Europa), vorrei sapere se esiste una sorveglianza legata non ai fenomeni della sicurezza ma ai fenomeni dell’adeguatezza e della corrispondenza della realizzazione in riferimento alla concessione che è stata data.

SIMINI
La risposta è parzialmente positiva. Ci sono strutture comunali attrezzate per fare quello che ci chiede la legge. Quest’ultima chiede una verifica – come lei ha detto opportunamente – di congruità e di coerenza rispetto alla concessione che è stata data per una realizzazione, nonché la valutazione che la realizzazione compiuta sia esattamente quella per cui è stata rilasciata la concessione. In un certo senso si possono controllare – e il Comune lo fa – il punto di partenza e il punto di arrivo. Tutte le problematiche legate alla mancanza di sicurezza sono invece nel cono d’ombra che riguarda i passaggi intermedi, che hanno dei limiti.
Come sistema pubblico abbiamo delle criticità diverse dalla logica del sistema privato. A mio modo di vedere, il sistema privato, non avendo un controllo o una regolamentazione particolari sulla filiera del subappalto, può in linea teorica subappaltare i lavori con sconti crescenti per livelli differenti; naturalmente da un certo punto in avanti, quando il prezzo comincia a diventare assolutamente insostenibile rispetto al lavoro da svolgere, partono tutte le ipotesi possibili e immaginabili in tema di irregolarità, da quelle più blande, ovvero un alleggerimento delle maglie e quindi dei vincoli sui temi della sicurezza, fino alla criminalità vera e propria. Il punto nevralgico nel sistema privato è in questo cono d’ombra in cui forse giustamente la legge non crea un meccanismo di intervento diretto. Sarebbe in effetti molto complesso per un’amministrazione (non solo comunale, visto che l’80 per cento dei lavori nel nostro Paese è di natura privata) poter essere presente nel percorso. Quest’ultimo, a mio avviso, va punteggiato da un sistema di regole e di norme, che devono obbligare il privato a portare la luce in alcune zone d’ombra, ad esempio il movimento terra e alcuni passaggi che vengono considerati intermedi rispetto alla realizzazione e che sappiamo essere i punti nevralgici.
Concludo con un aspetto che in questo momento sta creando difficoltà a noi e al sistema pubblico in generale. Mi riferisco ad un’interpretazione un po’ prescrittiva delle normative europee sulle modalità di gara. Oggi per gli appalti sopra al milione di euro dobbiamo verificare tutte le proposte, le cosiddette anomalie. Dobbiamo cioè valutare anche proposte (permettetemi il termine un po’ forte) indecenti; ad esempio, mentre una volta si poteva escludere automaticamente una proposta che arrivava al Comune per la realizzazione di un lavoro con il 50 per cento di sconto, oggi dobbiamo controllare se ha le carte in regola e teoricamente potrebbe anche averle perché se una persona dice che paga il materiale un terzo, un quinto, un decimo e lo può documentare nessuno può dissentire. A tal proposito credo che livelli di sconto alti possano generare una certa preoccupazione rispetto alla qualità del lavoro e a tutto quello che può accadere nel percorso. Naturalmente la legge ha una sua ratio generale per il sistema Paese, perché se nella maggioranza dei Comuni gli appalti sopra il milione di euro sono pochissimi in una grande città rischiano invece di rappresentare una percentuale enorme. Oggi, dunque, a causa della crisi che stiamo attraversando, siamo esposti alla eventualità che alcune gare vengano aggiudicate con livelli di sconto preoccupanti da tutti i punti di vista, che non portano solo ad un risparmio ma, appunto, al decadimento della qualità dell’amministrazione o, peggio ancora, ci espongono a rischi che non vogliamo nemmeno immaginare e per i quali dobbiamo innalzare il livello di controllo e di vigilanza. È necessario verificare, infatti, che a simili livelli di sconto non corrisponda lavoro nero o un alleggerimento delle responsabilità che spettano a chi si aggiudica i lavori.
Questo è il quadro generale, anche se i settori pubblico e privato sono molto diversi tra loro, anche dal punto di vista normativo.

PRESIDENTE
Signor assessore, relativamente all’importante problema del massimo ribasso cui ha accennato alla fine del suo intervento, comunico a lei e agli altri convenuti che ci siamo già attivati, tra l’altro segnalando il problema nella relazione intermedia che la Commissione d’inchiesta ha presentato all’Assemblea del Senato. Inoltre tale aspetto è stato oggetto di uno dei punti principali della risoluzione votata in Aula non più di venti giorni fa. Questo meccanismo, infatti, anche se è condizionato dalle normative comunitarie, necessita di essere riconsiderato per diversi motivi posto che riguarda non solo gli appalti ma anche la progettazione.
Ci sono dei casi in cui il ribasso arriva al 70 per cento ed è molto difficile capire come sia possibile gestirlo.
Vi assicuro, quindi, che siamo consapevoli dei problemi che avete sollevato e mi è sembrato corretto informarvi sui lavori in corso in materia.

MACCHI
Signor Presidente, sono il responsabile dell’unità organizzativa governo della prevenzione, tutela sanitaria e piano sicurezza della Regione e partecipo alla riunione odierna con delega conferitami dall’assessore. Sono inoltre presenti Gianfranco Bertani, responsabile della struttura prevenzione ambienti di vita e di lavoro e Antonio Fanuzzi, quadro della stessa struttura.
In Lombardia periodicamente vengono elaborate una serie di linee guida in materia di sicurezza sul lavoro. In particolare segnalo l’ultima, che forse conoscete e che, a mio modesto parere, è degna di grande interesse.
Il 13 febbraio 2008 è stato stipulato un patto, siglato da tutte le parti sociali, che ha determinato la produzione di un piano specifico per la sicurezza sui luoghi di lavoro, deliberato dalla Giunta il 2 aprile 2008 con validità triennale.
Tale piano, dunque, è stato elaborato prima dell’adozione del decreto legislativo n. 81 del 2008 e contiene una serie di criteri volti a favorire la semplificazione amministrativa ma soprattutto a rendere trasparente l’attività della Regione. In concreto, ciò vuol dire che il piano si caratterizza per l’enunciazione di obiettivi facilmente misurabili nel triennio (ad esempio, la riduzione degli infortuni mortali del 10 per cento, la riduzione degli infortuni totali del 15 per cento) e il coinvolgimento attivo di tutte le parti che lo hanno sottoscritto. Per questo viene monitorato da un’apposita cabina di regia nella quale sono presenti tutti coloro che lo hanno firmato e che si riunisce con frequenza trimestrale. Il monitoraggio del piano, quindi, non è delegato solamente alla pubblica amministrazione ma vede coinvolti tutti gli interessati alla materia della sicurezza sui luoghi di lavoro, dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ai rappresentanti dei titolari di impresa, a tutte quelle componenti sociali che hanno un ruolo in questo settore. Oltre a questo, dal 2008 è stato attivato il comitato di coordinamento di cui al decreto legislativo n. 81. Anche tale organismo si riunisce con frequenza trimestrale e, a differenza della cabina di regia, vede coinvolte le ASL e i rappresentanti dei Comuni e delle Province.
Queste sono le strutture che sovrintendono all’adozione del piano, il quale, secondo noi, ha il grande significato di dichiarare in modo trasparente gli obiettivi che si vogliono raggiungere e, monitorandoli con frequenza trimestrale, ci dà anche la possibilità di modificare le azioni di programmazione.
L’attività posta in essere ha determinato risultati concreti, che la Regione ritiene particolarmente significativi. Per esempio, relativamente all’obiettivo di riduzione degli infortuni mortali, nel 2008 abbiamo avuto una contrazione del 37 per cento. Il dato deve essere rapportato anche alla contingente situazione economica, e dunque al numero degli addetti e al numero delle imprese. Fino al mese di settembre 2008 è stata registrata una riduzione del numero degli addetti in alcuni settori di attività mentre altri, per esempio l’edilizia, non hanno perso unità. Di conseguenza il rapporto che evidenzia la riduzione del 37 per cento degli infortuni mortali tiene conto anche delle unità locali che sono andate perse e del numero degli addetti. Ancora, secondo i dati INAIL, abbiamo ottenuto una riduzione di circa il 5 per cento degli infortuni totali. Aggiungo che nel computo degli infortuni mortali non abbiamo considerato gli infortuni in itinere perché, secondo noi, le dinamiche per le quali si verificano gli incidenti all’interno dell’ambiente di lavoro sono diverse da quelle degli infortuni stradali. Sappiamo che a livello nazionale i dati accorpano gli incidenti che si verificano durante il tragitto dalla propria abitazione al luogo di lavoro e viceversa a quelli che avvengono sul luogo di lavoro, tuttavia le dinamiche degli uni e degli altri sono diverse, perché nell’un caso dipendono anche dalle condizioni delle strade, dal veicolo e da altri fattori.

PRESIDENTE
L’infortunio sul luogo di lavoro è cosa diversa dall’infortunio in itinere.

MACCHI
Certo. Infatti, mentre i dati INAIL sono generali, i risultati da noi ottenuti riguardano solo i luoghi di lavoro.

PRESIDENTE
Però gli infortuni che avvengono quando si utilizzano mezzi di trasporto per motivi di lavoro devono essere considerati infortuni sul lavoro.

MACCHI
Naturalmente sono infortuni sul lavoro. Però le dinamiche degli incidenti che avvengono all’interno dell’ambiente di lavoro e di quelli che avvengono in itinere non sono uguali e necessitano di attività di prevenzione specifiche. Per questo, a nostro avviso, gli incidenti vanno conteggiati tutti ma le linee d’azione non possono essere identiche; devono essere diverse perché diverse sono le cause degli incidenti. Il piano regionale, quindi, prevede un piano per gli ambienti di lavoro e un piano per la sicurezza stradale.

PRESIDENTE
Vorrei capire meglio questo discorso. Lei parla di un piano per la sicurezza stradale in orario di lavoro?

MACCHI
Sì, Presidente.

PRESIDENTE
Quindi, se ho capito bene, voi distinguete tra diversi tipi di incidenti: gli infortuni sul lavoro, gli infortuni in itinere, che avvengono nel percorso da casa al luogo di lavoro e viceversa, e gli infortuni che si determinano in orario di lavoro, nel caso sia previsto lo spostamento con mezzi meccanici e quant’altro.

MACCHI
Esattamente. Gli incidenti vengono conteggiati tutti, ma se si vuole programmare un piano di prevenzione bisogna tenere conto delle diverse dinamiche con le quali essi avvengono. Bisogna quindi partire da un denominatore comune e poi differenziare le cause degli incidenti per comprenderle al meglio.
La forza del piano sta nel fatto che esso ha costituito una serie di laboratori di approfondimento cui partecipano tutte le parti sociali o comunque tutti coloro che hanno firmato il patto. Inoltre, prima dell’emanazione delle diverse linee strategiche, il piano passa attraverso la cabina di regia e il comitato di coordinamento e quindi viene diffuso nelle ASL per essere realizzato.
Abbiamo individuato 18 laboratori di approfondimento, a seconda delle dinamiche degli incidenti: infortunio muscoloscheletrico, infortunio da stress lavorativo o per la mancata adozione di buone prassi, infortunio in edilizia, in agricoltura, nel settore dei servizi e nelle diverse attività meccaniche.
Per ognuna delle diverse tipologie di infortunio, il laboratorio predispone le linee guida di programmazione per quel tipo di attività. Prima di essere adottata, la misura prevista viene sottoposta alla valutazione dei componenti della cabina di regia. La situazione, quindi, è molto dinamica perché con una periodicità diciamo bimestrale vengono emanate nuove linee guida a seconda delle problematiche emerse, in modo da aggiornare continuamente la situazione.
La prevenzione degli infortuni sul lavoro, secondo noi, è determinata da una serie di aspetti nei quali rientra sicuramente la responsabilizzazione del titolare d’impresa (per cui abbiamo proposto l’adozione di buone prassi per cercare di migliorare le condizioni di lavoro), ma anche l’aumento dell’attività di verifica, di vigilanza e di controllo.

ROILO (PD)
In che percentuale sono aumentati i controlli?

MACCHI
Sono raddoppiati. Se volete posso lasciarvi i dati relativi, in modo che diventino oggetto di riflessione ma soprattutto, per quanto ci riguarda, anche elementi con i quali potrete aiutarci a migliorare il nostro operato.

PRESIDENTE
Vale anche il discorso inverso.

MACCHI
Di questo la ringrazio, Presidente. Noi abbiamo bisogno di sapere come stanno andando le iniziative che abbiamo messo in campo anche perché, secondo il mio modesto parere, si tratta di una modalità di approccio un po’ diversa dal consueto. Per esempio, relativamente ai controlli, abbiamo introdotto un criterio di individuazione degli obiettivi per i direttori generali delle ASL. Rispetto ai diversi obiettivi di mandato e particolari, legati alle liste d’attesa e quant’altro, abbiamo individuato per ciascuna ASL anche il numero dei sopralluoghi che devono essere svolti. Se l’ASL effettua i sopralluoghi previsti, il direttore generale viene premiato. Se tale obiettivo non diventa vincolante, infatti, l’attività di sopralluogo (che è difficile da fare, è fastidiosa e crea tutta una serie di grattacapi) viene trascurata. Per questo abbiamo introdotto un nuovo obiettivo che sicuramente, da due anni a questa parte, contribuisce al raggiungimento dei risultati.
Concludo il mio intervento rilevando una criticità, e lo dico soprattutto come funzionario: noi operiamo in stretta collaborazione con l’INAIL, con la Direzione regionale del lavoro, con l’INPS, con l’ISPESL e quant’altro. Tuttavia vi è la necessità di una maggiore azione di coordinamento tra queste strutture, se non altro perché le competenze, pur essendo diverse, hanno un’unica finalità, il miglioramento della sicurezza sul lavoro. Per superare questa criticità, nonostante ci siano il comitato di coordinamento, la cabina di regia, i laboratori di approfondimento e quant’altro, noi riteniamo sia necessaria una regia regionale che favorisca un’azione di coordinamento di tutta l’attività di vigilanza e di ispezione. In tal modo i dati che riguardano il lavoro nero potrebbero incrociarsi con quelli relativi all’utilizzo o alla fornitura dei dispositivi di sicurezza, o con quelli sulla formazione, che può essere deficitaria o meno. Si tratta di aspetti che magari interessano la ASL e non altre strutture ma la nostra proposta, che è stata presentata in un convegno cui ha partecipato anche il ministro Sacconi, è quella di svolgere, seppure in via sperimentale, un’azione di coordinamento per verificare se l’attività di vigilanza venga migliorata quantitativamente e qualitativamente da uno scambio continuo delle informazioni.

ROILO (PD)
Secondo lei, chi dovrebbe gestire questa regia?

MACCHI
La Regione Lombardia, perché si tratta di enti dello Stato che operano nella Regione. Si potrebbe farlo in via sperimentale, ponendo in modo trasparente obiettivi e azioni: stabiliamo bene qual è l’obiettivo e cosa vuol dire miglioramento della sicurezza nel lavoro. Per me sicurezza nel lavoro vuol dire riduzione degli infortuni ed emersione delle malattie professionali. Si scrivono le percentuali e si studia come misurare questi risultati, ma soprattutto si opera nella logica di uno scambio continuo di informazioni: vado a vedere un’azienda, informo chi di dovere che sono andato, cosa ho rilevato e viceversa.
Tutto ciò permette una migliore razionalizzazione delle risorse umane a disposizione, che non bastano mai, anche se il problema è sufficientemente noto. Un funzionario come me con ciò che ha a disposizione può soltanto avanzare delle proposte, se poi arriva di più meglio così. Quello che si può fare oggi è cercare di razionalizzare al meglio le risorse a disposizione.

ROILO (PD)
Un’ultima domanda. Per quale motivo finora la Regione non si è attivata in questo senso?

MACCHI
Ci è stato detto che la competenza non è regionale ma statale.
Il Ministro ha detto pubblicamente di essere d’accordo e di voler avviare la sperimentazione.

PRESIDENTE
Siete andati oltre il coordinamento previsto dal Testo unico. L’obiettivo è fare in modo che i soggetti di provenienza statale che operano sul territorio si raccordino. Questo può essere un ottimo elemento di riflessione anche da parte nostra.

MACCHI
Come Regione riteniamo che ciò sia possibile in virtù dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, giacché l’organizzazione sanitaria dipende dalla Regione. Inoltre, il 3 aprile 2008 è stata approvata dalla maggioranza del Consiglio regionale una delibera che stabilisce dodici punti fondamentali, uno dei quali concerne la tutela della salute.
Quindi, ai sensi della modifica del titolo V della Costituzione chiediamo che questo sia possibile, magari in via sperimentale.

ROILO (PD)
Le ho rivolto questa domanda perché negli anni passati il precedente prefetto aveva sperimentato a Milano un’iniziativa di questo tipo, pur con tutti i problemi che un prefetto, già all’epoca, doveva affrontare nel tentativo di coordinare strutture che dal punto di vista formale non sono tenute a farsi coordinare né dal prefetto né, stando alla normativa attuale, dalla Regione.

BERTANI
Vorrei intervenire per integrare il quadro. Se affermiamo di aver raddoppiato i controlli nel 2008 potrebbe sembrare che nel 2007 non abbiamo fatto niente. Desidero quindi spiegare il motivo per cui abbiamo raddoppiato i controlli. Ciò è stato possibile grazie ad un piano di controllo finanziato con 20 milioni di euro alle ASL che li hanno utilizzati per assumere personale. La ASL di Milano ha introdotto il cosiddetto «sabato nell’edilizia», per cui tutti i tecnici il sabato mattina invece di starsene a casa vanno a lavorare e a visitare i cantieri edili ottenendo un premio. Ne è derivato che i controlli sui cantieri edili nella ASL di Milano sono raddoppiati.
Come ha già detto il dottor Macchi, abbiamo ottimi rapporti sia con la Direzione del lavoro che con l’INAIL, tant’è che l’anno scorso abbiamo stipulato un accordo con l’INAIL regionale in base al quale non solo le buone prassi definite a livello nazionale determinano per le aziende che le adottano uno sconto sulla quota assicurativa, ma anche quelle deliberate dalla Regione Lombardia entrano a far parte del sistema premiale. Pertanto, i laboratori di riferimento di cui si parlava prima hanno lo scopo di produrre linee di indirizzo, diffuse poi alle ASL o alle parti sociali, affinché le aziende che volontariamente le adottano ottengano questo sconto INAIL.

DEL NERO
Signor Presidente, probabilmente non sono la persona giusta per questo incontro, di cui ho saputo solo venerdì, giacché i soggetti più adatti sarebbero l’assessore ai lavori pubblici e il suo direttore. Non credo di poter aggiungere molto a quanto fin qui detto, posto che l’ente Provincia agisce in misura molto più ridotta in questo settore essendo gli interventi che le competono minori.
Concordo con l’assessore Simini sul fatto che uno dei problemi principali degli appalti è proprio quello del ribasso, a cui in certi casi si cerca di ovviare con punteggi legati alla sicurezza, anche se ciò incide in modo marginale.
Il contributo, che anche al tavolo della prefettura abbiamo cercato di portare, è legato ad un aspetto proprio delle nostre competenze, ovvero al problema del lavoro nero. Dal momento che alla Provincia arrivano quotidianamente i dati relativi alle assunzioni, la possibilità di disporre di questi dati con immediatezza può essere di aiuto nell’effettuare i controlli sui cantieri e verificare che le persone che vi accedono siano effettivamente in regola con l’assunzione. Sono dati informatici di cui disponiamo quotidianamente e che siamo in grado di fornire agli altri soggetti. Credo che questo sia il contributo maggiore che la Provincia può dare agli altri enti e alle altre strutture. Non abbiamo per il resto una competenza diretta e quindi non mi sentirei di aggiungere altro.

SIMINI
Vorrei brevemente avanzare tre proposte, che rappresentano un po’ la sintesi di quanto ho detto poc’anzi (poiché negli appalti comunali abbiamo un tasso di infortuni che tende a zero, non credo che ciò possa rappresentare un caso, neanche statisticamente). Vi ho raccontato dell’allontanamento di oltre 450 società. Questo avviene perché noi obblighiamo le aziende a sottoscrivere, prima dei nostri controlli, dei patti di integrità, vale a dire la promessa solenne che i soggetti non hanno trasgredito le regole e non si sono messi d’accordo. Un po’ come avviene alle frontiere quando il finanziere chiede se abbiamo qualcosa da dichiarare.
Cambia di fatto la posizione di forza, che permette poi di intervenire anche con sanzioni di carattere penale. Naturalmente qualcuno potrà sempre dire di non aver fatto niente di male, ma quando poi si verifica che le cose non stanno così tutti i provvedimenti avviati determinano, dal punto di vista sanzionatorio, prese di posizione pesanti da parte di chi giudica.
La prima proposta è che la sottoscrizione di questi patti di integrità possa essere estesa a tutti perché non comporta altro se non il fatto di sottolineare la volontà politica e amministrativa di fare questi controlli e quindi di avere il coraggio di entrare pesantemente sui comportamenti scorretti. La seconda proposta consiste nel firmare in prefettura protocolli d’intesa con gli operatori privati su tutti i grandi interventi, con una serie di accorgimenti rispetto alle condizioni di lavoro: la certificazione puntuale di chi entra e di chi esce dal cantiere, il badge magnetico e una serie di altri controlli, oggi opzionali rispetto a quanto previsto dai testi di legge. Nulla impedisce però agli enti locali di sottoscrivere questi protocolli, almeno sulle grandi opere e con le grandi imprese. Si tratta di patti che noi sottoscriviamo già dal 2001 e che ritengo opportuni a partire da certi livelli di impegno. La terza è una proposta d’avanguardia che stiamo sperimentando in relazione al fatto che nel sistema della movimentazione terra ci sono molti punti oscuri. Oggi le tecnologie permettono, grazie al GPS, di monitorare esattamente tutti i percorsi effettuati e quindi la tracciabilità degli itinerari, spesso nascosti o oscurati, e degli spostamenti in cantiere, sia dal cantiere alla discarica, sia rispetto ai quantitativi e ai contenuti delle merci. Stiamo mettendo a punto un sistema di monitoraggio che obbliga alla tracciabilità di questi percorsi e dei quantitativi che vengono scambiati, vale a dire del peso del mezzo di trasporto in partenza e in arrivo, per sapere dove va e cosa scarica, con che peso parte e con che peso torna; quindi, sia un controllo rispetto alla discarica che rispetto agli operatori. Lo stiamo sperimentando brillantemente.
Oggi la tecnologia permette con semplicità di realizzare, su tutti i possibili passaggi dei privati, un controllo e una certificazione dei nodi oscuri.
Concludo citando l’insegnamento di un grande ufficiale della Direzione antimafia, al quale ho chiesto se erano sufficienti gli sforzi che ponevamo in essere. Mi ha risposto che la criminalità va dove non esistono controlli. Nessuno decide di fare malaffare dove la vita è complicata perché c’è qualcuno che vigila. È molto più semplice spostarsi in altri ambiti perché di angoli bui ce ne sono tantissimi. Con questo piccolo insegnamento, che ho fatto mio, ho capito che se riusciamo a creare un percorso in cui c’è sempre qualcuno che si occupa responsabilmente del singolo passaggio (ben sapendo che nella filiera del subappalto ci sono ancora tantissime macchie nere dal punto di vista degli adempimenti e delle responsabilità di tutti i soggetti), con soluzioni semplici e non particolarmente costose possiamo arrivare ad ottimi risultati.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per le preziose informazioni fornite e vi chiediamo di depositare agli atti della Commissione tutta la documentazione in vostro possesso.
Ho trovato di particolare interesse il fatto che abbiate posto un focus specifico sui casi di infortunio o morte di coloro che svolgono un lavoro con sistemi mobili. Lo trovo molto interessante perché spesso, in questa tipologia di infortunio, manca la descrizione esatta del contesto. Facendo riferimento all’omicidio, una frase celebre parla di «scena del delitto»; ebbene, quella dell’infortunio spesso invece manca. È un aspetto che mi ha colpito perché da qualche tempo lo stiamo valutando in modo particolare.


Audizione del procuratore aggiunto e di un sostituto procuratore della procura della Repubblica di Milano



Intervengono il procuratore aggiunto, dottor Nicola Cerrato e il sostituto procuratore, dottor Giulio Benedetti.

PRESIDENTE
Rivolgo il benvenuto della Commissione al dottor Nicola Cerrato, procuratore della Repubblica aggiunto, al quale cedo subito la parola.

CERRATO
Signor Presidente, coordino il dipartimento della Procura che si occupa specificamente della tutela della salute pubblica e quindi della sicurezza e degli infortuni sui luoghi di lavoro oltre che delle malattie professionali.
Non ho molto da dire, nel senso che se non fosse per la tragicità anche di una sola morte nel luogo di lavoro, il dato statistico che caratterizza il circondario del tribunale di Milano, costituito dal Comune di Milano e da altri cento Comuni circa, è altamente positivo. Nel settore, infatti, abbiamo registrato un decremento soddisfacente, essendo passati dai 28 infortuni mortali di due anni fa ai 23 dell’anno scorso, ai 9 di quest’anno (mi riferisco all’anno giudiziario, che va dal 1º luglio 2008 al 30 giugno 2009). Come ho avuto modo di riferire anche al procuratore generale della Cassazione in vista del discorso inaugurale per il prossimo anno giudiziario, questo trend favorevole è riconducibile, secondo me, a due ragioni: in primo luogo, ai benefici effetti legati all’entrata in vigore del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, cioè il decreto legislativo n. 81 del 2008, che ha ampliato il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, prevedendo una vigilanza più incisiva e delle sanzioni più severe; in secondo luogo, grazie anche alla sinergia che ha sempre caratterizzato i rapporti istituzionali tra procura della Repubblica, ASL, Direzione provinciale del lavoro e polizia locale in particolare. Già nel novembre 2006 tenemmo una riunione sulla materia. Avevo preso possesso della carica due mesi prima e quindi organizzai un incontro con questi enti, compresi l’INPS e l’INAIL.
In quella occasione puntammo su due aspetti: intensificazione dei controlli e creazione di una banca dati per individuare i cantieri e le società più a rischio, dove cioè si verificavano in maniera più ricorrente infortuni sul lavoro.
L’intensificazione dei controlli e degli accertamenti ispettivi sui luoghi di lavoro è dovuta anche all’incremento del personale della Direzione provinciale del lavoro, che tre anni fa era ridotto ai minimi termini; poi vi è stato un incremento di circa 80 unità. Di queste, però, dobbiamo oggi registrarne 24 in meno, perché prima dieci, poi 14 (ma ve lo spiegherà meglio il dottor Weber, che è il direttore) per ragioni varie non sono più in servizio. Questo aumento degli ispettori del lavoro ha portato anche ad un aumento degli accertamenti ispettivi, delle prescrizioni e delle notizie di reato. Altrettanto ha fatto positivamente la ASL. Pensate, ad esempio, che nella Direzione provinciale del lavoro siamo passati dai circa 2.000 accertamenti ispettivi del periodo 1º luglio 2005-2006, ai 3.700 dell’anno successivo, ai 4.000 dell’anno ancora seguente, per arrivare ai 4.700-4.800 dell’anno scorso. Le prescrizioni sono anch’esse raddoppiate passando da 420 a 852 nel 2007, a 663 nel 2008-2009; il numero delle comunicazioni di reato è addirittura quadruplicato, passando da 200 a 800. Altrettanto può dirsi per i sopralluoghi nei cantieri per i quali, rispetto al 2005, c’è stato un aumento del 300 per cento, dal momento che sono passati da 900 a 2.700, e per le prescrizioni in edilizia da parte delle ASL, anche in questo caso con un aumento del 300 per cento, essendo passati dalle 388 del 2005 alle 1.319 del 2008. Ripeto, ho parlato di infortuni mortali sul lavoro nell’ambito del circondario del tribunale di Milano, che è di nostra competenza. Ho comunque i dati anche di Milano e Provincia forniti dall’INAIL.

PRESIDENTE
I dati che lei ci ha illustrato nascono da un’attività d’iniziativa dell’ispettorato del lavoro o invece da una sinergia tra la procura e l’Ispettorato del lavoro?

CERRATO
Nascono da un’iniziativa da parte della Direzione provinciale del lavoro, perché la procura non può intromettersi nell’autonomia organizzativa. Mi riferivo alla riunione del 2 novembre 2006, la quale si concludeva con questa frase: «Il dottor Cerrato, a conclusione della riunione, con l’approvazione dei presenti, propone» (proposta operativa a cui sono seguiti i fatti) «un incremento delle verifiche nei cantieri quale priorità per i diversi organi, anche per dimostrare la visibilità dello Stato soprattutto nel settore edile, una implementazione qualitativa del tipo di intervento anche attraverso l’individuazione delle aziende a rischio, la creazione di gruppi misti di intervento e di una banca dati comune per la scelta degli interventi prioritari».

PRESIDENTE
Quindi nasce da una volontà comune?

CERRATO
Poi naturalmente la Direzione provinciale del lavoro e la ASL hanno avuto piena autonomia nell’individuazione, però c’è stato un impulso.

PRESIDENTE
Dottor Cerrato, noi stiamo costatando, soprattutto negli infortuni, anche mortali, che interessano coloro i quali in orario di lavoro operano sui mezzi mobili, che chi compie i rilievi del caso considera questo scenario come quello di un infortunio stradale, spesso non prestando attenzione al fatto che quella persona, pur essendo vittima di un infortunio stradale, è nell’orario di lavoro. Quindi la scena che si rileva è più quella di un infortunio stradale che non quella di un infortunio sul lavoro, anche se stradale. Al riguardo la procura di Milano ha fatto delle riflessioni?

CERRATO
Stavo dicendo che i dati relativi agli incidenti mortali a Milano e Provincia si differenziano dai dati che vi ho fornito, i quali si riferiscono ad infortuni mortali esclusivamente con violazione delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro, laddove i dati relativi a Milano e Provincia sono forniti dall’INAIL e comprendono anche gli infortuni stradali in itinere. Sappiamo bene che sembra – almeno per quello che ho letto – che nel 50 per cento dei casi si tratta di infortuni stradali in itinere.

PRESIDENTE
Parlavo degli infortuni stradali non in itinere ma per attività di lavoro. Teniamo molto a capire meglio questo processo.

BENEDETTI
Su indicazione del procuratore della Repubblica, abbiamo emanato nel tempo delle circolari. Oggi il quadro è il seguente: quando avviene un infortunio mortale di qualsiasi tipo viene avvisato il sostituto procuratore di turno che o si reca sul posto o dà le necessarie disposizioni. Ciò che è cambiato rispetto a quattro-cinque anni fa è una sensibilità notevole da parte di tutte le forze dell’ordine, nel senso che quando c’è l’infortunio – anche quello che lei indicava, con mezzo mobile – arrivano sul posto il 118, la Polizia, i Carabinieri, i Vigili del fuoco e la ASL. A questo punto abbiamo da cinque fonti diverse una fotografia ragionevole del fatto. Pertanto anche quando ci sono infortuni come quelli cui lei ha fatto cenno abbiamo un intervento, una modalità d’indagine e, se ci sono dei responsabili, facciamo il processo.

CERRATO
Lei giustamente dice che se c’è un infortunio sul lavoro che avviene sulla strada spesso chi interviene lo individua e lo tratta come un infortunio stradale. Ciò non toglie che non venga trattato adeguatamente.

PRESIDENTE
Stiamo approfondendo molto questo tema per cercare di capire. Ripeto un’espressione che non è mia, però mi sembra molto convincente: come il delitto ha una sua scena, anche l’infortunio sul lavoro ha una sua scena. Se capita sulla strada spesso si rischia di trascurare gli aspetti dell’infortunio sul lavoro.

CERRATO
Il problema è che quando l’infortunio si verifica non si può sapere che quel signore stava andando a lavorare. Solo ex post si può stabilire che andava o tornava dal lavoro.

PRESIDENTE
Non parlo dell’infortunio in itinere, sono due cose diverse; parlo dell’autotrasportatore, del movimento terra, del postino.

CERRATO
L’INAIL tiene conto di questi infortuni.

PRESIDENTE
È chi arriva sulla scena dell’infortunio che deve fare i rilievi. Il problema è emerso quando abbiamo avuto notizia, da parte delle organizzazioni sindacali, che in dieci-undici mesi sono morti ben 12 portalettere.
Questo ci ha fatto sorgere degli interrogativi, allora c’è stata una interlocuzione con le procure di riferimento.

CERRATO
Forse andavano in bicicletta.

PRESIDENTE
Utilizzano un motociclo Piaggio 125, ma si muovono anche in macchina. Anche il dottor Nordio, che abbiamo incontrato a Venezia, conveniva sul fatto che in effetti l’approccio di chi fa i rilievi, non tanto del magistrato che subentra successivamente, è l’approccio di chi sta rilevando un incidente automobilistico o stradale in genere.

CERRATO
Quale potrebbe essere un approccio diverso?

PRESIDENTE
Per esempio, capire se la persona che ha avuto l’incidente stava svolgendo un’attività lavorativa. Quindi bisogna vedere una serie di caratteristiche che riguardano le precauzioni legate alla sicurezza del lavoro.

CERRATO
Questo si può sapere ex post, non nell’immediatezza.

PRESIDENTE
Saperlo ex post non serve, perché non c’è più la scena dell’infortunio.

CERRATO
Le indagini vengono compiute dalla polizia stradale in particolare. È il magistrato che, nel momento in cui accerta che si tratta di un lavoratore nell’esercizio della sua attività, deve approfondire le indagini.

PRESIDENTE
Però non c’è più la scena. Faccio un esempio banale: il postino che porta la posta sul motociclo. Questi mezzi (sono gli stessi in tutta Italia) hanno un contenitore davanti e uno dietro; inoltre i postini hanno una borsa in mezzo alle gambe; viaggiano in questa maniera. Chi effettua i rilievi dovrebbe riportare fedelmente la situazione e non limitarsi a prendere le misure perché magari ritiene che si sia trattato solo di un incidente stradale. Per esempio, dovrebbe fare attenzione alle dimensioni dei contenitori, non per cercare la responsabilità di qualcuno ma per ricostruire la scena dell’infortunio. Vi è la necessità di conoscere se, per esempio, sulla scena dell’infortunio è stato trovato il casco.

CERRATO
Un poliziotto attento potrebbe riportarlo, Presidente, ma se il motorino è passato con il semaforo rosso, il fatto che il lavoratore avesse una borsa più o meno piena è irrilevante perché l’incidente si sarebbe verificato lo stesso.

ROILO (PD)
Sarebbe necessario capire a chi dovrebbe fare riferimento un’eventuale direttiva.

PRESIDENTE
Noi abbiamo pensato di scrivere una lettera a tutte le procure generali e ai comandanti delle forze di polizia per chiedere di fare attenzione a questi elementi; non perché pensiamo che siano volontariamente trascurati ma perché magari si ignora del tutto che l’infortunato, in quel momento, stava lavorando, non ci si pone neanche la domanda. In caso contrario, il rilievo potrebbe magari essere diverso perché alcune evidenze che possono non interessare un normale infortunio stradale potrebbero invece rivelarsi utili in caso di infortunio di un soggetto che sta lavorando.

CERRATO
Al momento sto per varare una direttiva sugli infortuni sul lavoro a tutte le forze dell’ordine e prenderò spunto dal suo suggerimento per sollecitarle ad evidenziare, soprattutto in caso di incidente stradale, se si tratti di un lavoratore nell’esercizio delle sue funzioni.

PRESIDENTE
Dovrebbero descrivere gli aspetti che possono interessare la procura. Diverse procure ci hanno riferito, infatti, che nel caso degli infortuni dei postini, i caschi sono stati ritrovati nell’area circostante.
Ebbene noi non sappiamo, ad esempio, se l’infortunato aveva o meno il casco allacciato, se lo portava sul braccio o se, quand’è partito dal luogo di lavoro per la distribuzione, era invece in condizioni di sicurezza.

CERRATO
Per quella che è la nostra esperienza, mi permetto di sottoporle due aspetti perché vengano eventualmente trasfusi in un provvedimento, magari di indirizzo. Soprattutto in edilizia, negli ultimi tempi, verifichiamo che gli infortuni sono più ricorrenti tra i cittadini extracomunitari.
Secondo me tale dato ha una spiegazione precisa: il cittadino extracomunitario, spesso lavoratore in nero, che dovrebbe essere sottoposto per legge ad un periodo di formazione e informazione, in realtà non conosce la lingua italiana, non capisce e non si sa esprimere, per cui gli viene spiegato a gesti cosa deve fare e a volte può capitare che proprio per la mancata comprensione delle direttive – che magari ci sono state ma non sono state comprese – si verifichi un incidente. Per ovviare a tutto questo, secondo me, occorrerebbe un patentino di conoscenza della lingua italiana.
Chiaramente tale misura non serve per contrastare il lavoro nero, ma in tutte quelle ditte che assumono regolarmente bisognerebbe fare in modo di impedire l’assunzione di lavoratori senza un patentino che ne dimostri la conoscenza della lingua italiana. Secondo me questo aspetto è molto importante.
Un altro aspetto fondamentale è contenuto nel decreto legislativo n. 81 del 2008, che, all’articolo 8, prevede l’istituzione del SINP (Sistema informativo nazionale per la prevenzione) la cui gestione tecnica e informatica è affidata all’INAIL. Pensi che questa banca dati era quella che a Milano abbiamo messo in cantiere insieme alla Direzione provinciale del lavoro nel novembre 2006. Poi è intervenuta la legge n. 123 del 2007 e quindi il decreto legislativo n. 81 del 2008. Oggi, però, il SINP ancora non esiste, laddove una simile banca dati sarebbe fondamentale perché, per esempio, permetterebbe di individuare le ditte in cui si verificano infortuni ricorrenti, il che capita spesso. Noi potremmo quindi colpire queste società escludendole dagli appalti con la pubblica amministrazione o irrogando loro una sospensione o sanzioni interdittive. Il SINP, quindi, è fondamentale, così com’è fondamentale la conoscenza della lingua italiana da parte dei lavoratori stranieri.

ROILO (PD)
Signor procuratore, secondo i dati che ci ha fornito, a Milano nell’ultimo anno gli infortuni mortali sono stati nove, con una notevole diminuzione rispetto agli anni precedenti. Secondo lei, le cause che hanno determinato questa riduzione sono, da un lato, l’attività di vigilanza e di repressione del fenomeno svolta a livello locale e coordinata con le ASL e, dall’altro, la nuova normativa. Ora, lei saprà che recentemente le norme che prevedono sanzioni sono state attenuate. A questo riguardo qual è la sua idea?

CERRATO
Ritengo che, pur essendo state attenuate, le sanzioni previste siano meno afflittive e più efficaci dal punto di vista della prevenzione, nel senso che prevedono di registrare le contravvenzioni e le violazioni di legge e di irrogare delle prescrizioni. Il datore di lavoro contravvenzionato, quindi, non potrà accedere ad alcun beneficio se non elimina le cause della violazione e questo, dal punto di vista preventivo, secondo me è importante. Personalmente mi batto per la prevenzione più che per la repressione.

ROILO (PD)
Anche noi la consideriamo fondamentale.

CERRATO
A me non interessa mandare in galera la gente, mi interessa che i lavoratori non muoiano.

PRESIDENTE

Vi ringrazio per la vostra partecipazione ai nostri lavori.


Audizione del vice questore vicario, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di Finanza e del comandante provinciale dei Vigili del Fuoco



Intervengono, su delega del questore di Milano, il vice questore vicario, dottor Orazio D’Anna e il dirigente UPG, dottor Ivo Morelli; il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, colonnello Sergio Pascali, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, generale di brigata Attilio Iodice ed il comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, ingegner Dante Pellicano.


PRESIDENTE
Desidero ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza in questa sede. La Commissione d’inchiesta è qui con l’intento di raccogliere notizie dal territorio, come abbiamo fatto anche in altre parti d’Italia, in riferimento al tema del quale ci occupiamo che è quello degli infortuni e della salute nei luoghi di lavoro e delle malattie professionali, cioè dell’ambiente di lavoro in senso lato. Siamo qui per acquisire elementi dalle organizzazioni che concorrono, più o meno direttamente, alla prevenzione, alla tutela e anche alla repressione, affinché diventino per noi motivo di riflessione, di arricchimento e di conoscenza più diretta. Abbiamo avviato questa attività di screening in diverse Regioni d’Italia – e non solo – dove sono avvenuti fatti luttuosi che hanno suscitato nell’immediatezza una forte emozione per ovvi motivi. Gli aspetti di nostro interesse, tuttavia, vanno esaminati con freddezza e serenità perché è necessario comprendere le attività che vengono svolte in un determinato territorio anche per poter avere elementi di confronto e di paragone, oggi in modo particolare dato che abbiamo un testo definito, il Testo unico, che contiene norme, principi e riferimenti ai quali bisogna adeguarsi per contrastare questi fenomeni. Vi chiediamo quindi alcune riflessioni sul tema, a seconda delle rispettive competenze.

PASCALI
Signor Presidente, la sicurezza del lavoro è una dei compiti peculiari dell’Arma ed in particolare rappresenta un vero e proprio comparto di specialità dell’Istituzione, che interviene nel settore con Reparti specificatamente individuati. Il problema degli infortuni sul lavoro nell’ambito della Provincia senza dubbio esiste. Considerando soltanto gli ultimi due anni – 2008 e 2009 – il trend è stato piuttosto regolare, con un picco che nel 2008 ci ha portati ad intervenire per 26 infortuni.
Dal 1º gennaio sino al 31 ottobre di quest’anno gli infortuni sono stati 19, quindi siamo in linea con le cifre dello scorso anno. Il nostro impegno di Arma territoriale è di sostegno all’articolazione specialistica del Nucleo Ispettorato del Lavoro che si trova in ogni Provincia e che, come lei sa, dipende funzionalmente dalle Direzioni Provinciali del Lavoro.

PRESIDENTE
Quanti uomini ci sono?

PASCALI
Non conosco con precisione la consistenza organica di ciascun Nucleo Provinciale, ma non vi sono mai meno di dieci uomini e non più di 17 o 18. Tali nuclei dipendono funzionalmente dalle Direzioni Provinciali del Lavoro però, a seguito di ogni evento e quindi anche di ogni intervento, vi è tutta la componente territoriale che supporta i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro. Mi spiego meglio. Se si decide di intervenire in un cantiere in un’ottica preventiva, la parte rilevante del dispositivo (quindi il presidio, la cinturazione e talvolta anche l’intervento dell’elicottero dall’alto nel quadro di una cornice di sicurezza preventiva) rientra nei compiti dell’Arma territoriale. Pertanto, sul piano funzionale c’è una quota di personale abbastanza ristretta che dipende direttamente dalle Direzioni Provinciali del Lavoro e che riguarda l’esecuzione di tutte quelle iniziative, programmate o meno, che provengono dal Dicastero oppure dai suoi uffici periferici. Questo è quanto.
Credo di non dire nulla di nuovo affermando che l’Arma è sempre stata sensibile a questo problema e lo è particolarmente in quest’ultimo periodo.
Risale alla settimana scorsa l’istituzione da parte del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro del Lavoro, di quattro gruppi, uno con competenza areale sul territorio (uno con competenza areale nel Nord Italia e sede a Milano, uno con competenza areale al Centro e sede a Roma e un altro con competenza areale al Sud e sede a Napoli ed uno a Palermo per l’esigenza dell’isola), con a capo un Tenente Colonnello. Tale articolazione sovraintende tutti i Nuclei dell’Ispettorato del lavoro siti in ambito provinciale.
Non so indicare con precisione la consistenza organica, ma si tratta di impegnare ulteriori risorse a favore del Ministero del lavoro.
A Milano è in fieri anche la stesura di un protocollo tra il Comune e il Ministero del lavoro; il Comune ha dato la sua disponibilità per l’individuazione di un immobile che è già stato proposto ai colleghi dell’articolazione specialistica; dovremmo partire entro la fine di gennaio. Parlo di colleghi, perché la nuova configurazione prevede un Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro che ha sede a Roma e – ripeto – quattro gruppi, uno a Milano, uno a Roma e uno a Napoli, competenti sulle macro aree Nord, Centro e Sud e l’ultimo a Palermo. Abbiamo infine i singoli Nuclei Ispettorati del Lavoro a livello provinciale.
Per quanto riguarda il resto, è superfluo descrivere l’opera di sensibilizzazione che svolgiamo. In seno ad ogni azienda il referente è il soggetto sensore che deve segnalare certe anomalie. È impossibile pensare che vi sia un carabiniere per ogni cantiere o azienda. L’input sul piano preventivo deve pervenire dall’interno delle strutture. È chiaro che in seno alle scuole appare necessaria un’attività educativa e formativa, poiché l’attività preventiva è fondamentale, pertanto iniziative in tal senso vanno sposate e portate avanti. Occorre una seria attività preventiva per evitare che si verifichino fatti delittuosi. Anche se il nostro dispositivo ha finalità preventive, interveniamo principalmente a seguito di fatti delittuosi, con un’impostazione portata ad indagare, a investigare, e quindi con finalità più repressive che non informative. D’altronde l’attività informativa in senso lato compete anche ai Carabinieri ma sicuramente in misura ridotta rispetto ad altre grandi agenzie di senso.
Se avete alcuni particolari da approfondire sarò ben lieto di rispondere.

PRESIDENTE
La ringrazio per le informazioni e vorrei farle un’anticipazione.
Stiamo pensando di inviare ai vari comandi dei Carabinieri una nota nella quale chiediamo di rivolgere particolare attenzione a quegli incidenti che coinvolgono lavoratori che in orario di lavoro svolgono attività su mezzi mobili, per valutare meglio lo scenario dell’infortunio e quindi trattare l’incidente stradale non solo come tale, ma tenendo conto della sua specificità, vale a dire del fatto che si tratta di un incidente stradale che coinvolge uno o più soggetti che stanno lavorando. Ciò al fine di raccogliere elementi utili per comprendere se a monte siano state osservate le necessarie prescrizioni e capire la dinamica stessa dell’incidente non solo dal punto di vista stradale, cosa che ovviamente già viene fatta attraverso i rilievi, ma anche sotto il profilo di una maggiore comprensione della scena dell’infortunio.
Da un po’ di tempo, sia parlando con i magistrati che con altri vostri colleghi che sono i primi a compiere i rilievi e a raccogliere le notizie relative ad un incidente, abbiamo colto le difficoltà che incontrano quando si rendono conto di avere a che fare con un lavoratore, perché la scena dell’infortunio si modifica e non è più quella rilevata nel momento in cui l’incidente è avvenuto.

IODICE
L’infortunistica sul lavoro non costituisce oggetto primario dell’attività istituzionale della Guardia di Finanza. Il Corpo interviene nel particolare settore qualora, nell’ambito dei servizi istituzionali, si imbatta nella specifica problematica. Porto un esempio. La Guardia di Finanza svolge attività di verifica fiscale e, in genere, controlli di carattere fiscale.
Se nell’ambito di questo tipo di attività si inserisce tra lavoratori in nero o irregolari, o norme sulla sicurezza sul lavoro non rispettate ecc., verbalizza e persegue le violazioni commesse. Negli ultimi due anni sono stati scoperti 216 lavoratori in nero e 357 irregolari. Non viene svolta quindi in via preventiva o autonoma.
La Guardia di finanza interviene nell’attività di tipo preventivo a richiesta dell’INPS, INAIL e ASL, svolgendo servizi congiunti con i citati enti. In tal caso si organizzano pattuglie miste e si va a verificare l’esatta rispondenza della normativa alla situazione reale per verificare se essa normativa viene applicata correttamente. Si tratta, questa, di un’attività di tipo preventivo decisa da altri, con il coinvolgimento della Guardia di finanza. Quanto alle segnalazioni di illeciti in genere, esse si trasmettono agli uffici di competenza.
In altri termini la Guardia di finanza agisce a scopo repressivo in concomitanza con servizi istituzionali e non in via preventiva allo scopo di prevenire questo tipo di illeciti, se non nei termini in precedenza illustrati.

PELLICANO
Quale comandante provinciale dei Vigili del Fuoco desidero sottolineare che nella nostra attività di soccorso possiamo riscontrare solo situazioni già emerse nell’incidente. Infatti il nostro intervento è legato alle segnalazioni e alla presenza di altri enti che intervengono insieme a noi. Possiamo dare, invece, un notevole aiuto nell’ambito della prevenzione, principalmente nelle attività assoggettate al controllo dei Vigili del Fuoco, nelle quali c’è un’azione ispettiva nei confronti delle aziende con presenza di lavoratori. Quando riscontriamo difformità rispetto alle norme, procediamo valutando anche tutto ciò che è riferibile all’autorità giudiziaria. Da questo punto di vista operiamo nell’ambito della prevenzione. Per quanto concerne l’attività di formazione e addestramento dei lavoratori delle aziende, interveniamo su richiesta dei datori di lavoro, effettuando altresì un accertamento delle caratteristiche della formazione acquisita dai lavoratori attraverso una verifica finale sull’attività professionale dal punto di vista della sicurezza.
Queste sono le nostre attività. Sulla prevenzione tuttavia c’è ancora molto da fare. I nostri funzionari, i tecnici (circa 30 nella provincia di Milano) e il personale qualificato operativo che svolge l’azione ispettiva hanno una formazione specifica e sono in grado di dare un contributo fattivo nelle attività di nostra competenza. Noi non visitiamo cantieri, a meno che non ci sia una segnalazione, un esposto del cittadino, di un utente o anche dello stesso titolare dell’impresa che vuole farci verificare delle situazioni. In quel caso svolgiamo delle verifiche su richiesta, per il resto controlliamo tutte le aziende assoggettate al nostro controllo.

PRESIDENTE
Su questo punto vorrei un chiarimento: quali sono le aziende assoggettate al vostro controllo?

PELLICANO
Un elenco allegato ad un decreto ministeriale del 16 febbraio 1982 individua 97 tipologie di attività assoggettate al controllo antincendio e quindi soggette al possesso del certificato di prevenzione incendi.

PRESIDENTE
Mi deve aiutare a capire un po’ meglio se la norma va chiarita. Noi stiamo lavorando anche su questo tema. Nel momento in cui consegno tutta la documentazione di competenza del vostro ufficio per l’attività che sto svolgendo e che andrò a svolgere, una volta preso atto che quanto previsto è stato osservato, il discorso si chiude?

PELLICANO
Si chiude per quanto riguarda l’aspetto certificativo, l’aspetto autorizzativo, se così vogliamo dire. Vi sono poi le norme di esercizio che devono essere osservate da chi è tenuto a farlo, quindi dal datore di lavoro, dal preposto, dal responsabile della sicurezza dell’azienda.
Ciò non toglie che possono essere realizzati dei sopralluoghi a campione. Però tenga conto che per molte attività la certificazione deve essere rinnovata dopo tre anni o al massimo dopo sei anni e comunque si tratta di una certificazione che rilasciamo previo sopralluogo, non semplicemente dietro presentazione della documentazione da parte del datore di lavoro. C’è una certificazione preventiva sull’approvazione del progetto rilasciata con la consegna dei documenti; poi c’è una seconda parte, a lavori realizzati o ad adeguamenti realizzati, che prevede non solo la certificazione ma anche il sopralluogo. Va sottolineato che non è detto che a seguito di quest’ultimo ci sia il rilascio del certificato di prevenzione incendi.
Il più delle volte interviene una lettera di prescrizione perché si sono trovate delle discrasie, delle difformità, e quindi il sopralluogo viene ripetuto.

PRESIDENTE
Però rimane un cono d’ombra. Abbiamo avuto dei drammi proprio per questo cono d’ombra, che quindi bisogna colmare.

PELLICANO
Mi permetto di dire che può essere colmato nel momento in cui non si fa una lettera dicendo: voglio che vengano osservate queste prescrizioni. Ci può essere anche qualcos’altro: ci sono le condizioni perché l’azienda continui a lavorare? Sì o no? Sì, perché la legge lo consente, a queste condizioni. Pertanto do delle prescrizioni dirette e, in tempi che possono essere immediati o differiti, c’è l’osservanza di queste prescrizioni. Il fatto di mandare soltanto una lettera per dire di eseguire determinati lavori, ma poi magari dimenticare di aver fatto queste prescrizioni, può portare a quegli inconvenienti.

PRESIDENTE
C’è forse una maggiore determinazione, una maggiore specificità. Comunque la ringrazio.

D’ANNA
Sono il vice questore vicario della questura di Milano. Essendo il signor questore fuori sede, mi ha incaricato di rappresentarlo in questa audizione. Sono accompagnato dal responsabile della centrale operativa, il dirigente dell’ufficio prevenzione generale della questura per eventuali supporti informativi. Il nostro intervento come Polizia di Stato è limitato chiaramente al capoluogo e ai cinque centri abitati ove è istituito il commissariato distaccato di pubblica sicurezza, quindi Monza, Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Legnano e Rho.
Il nostro intervento, in occasione di infortuni sul lavoro, si svolge in maniera non dissimile da quella illustrata dai rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Chiaramente all’intervento della pattuglia, a seguito di chiamata, segue – nei casi che lo richiedono – l’intervento di personale del gabinetto regionale di Polizia scientifica per i rilievi, ma soprattutto segue l’immediato contatto con il competente organo dell’unità sanitaria locale, che poi sviluppa in luogo tutti gli approfondimenti di propria specifica competenza.
Vorrei citare un dato per il contributo che lo stesso può eventualmente dare a questa Commissione. In questi primi undici mesi dell’anno abbiamo registrato nel capoluogo un numero di chiamate al 113 pari a 127, per questioni attinenti ad infortuni sul lavoro di varia tipologia, di vario genere. Il dato non è tanto quello numerico, quanto il fatto che la quasi totalità delle chiamate perviene dal personale del 118 che, nell’immediatezza, converge sul posto, anche perché chiaramente chi assiste ad un infortunio è portato per prima cosa a comporre il numero del 118 per dare soccorso agli infortunati.
Una piccola aliquota di chiamate, invece, proviene dai posti di polizia presso gli ospedali. Questo intervento successivo, quando già l’infortunato è stato accompagnato in ospedale, comporta dei rilevamenti sul posto in seconda battuta, sia per quanto riguarda la Polizia, che in questo caso si fa promotrice delle ulteriori iniziative, sia per quanto riguarda la ASL e gli altri organi che intervengono. Solo una minima parte di interventi è dovuta a chiamate dirette, talvolta anche di semplici cittadini. Quindi registriamo un dato: la chiamata delle forze di polizia sul posto quasi mai, se non mai, proviene dal datore di lavoro o dal responsabile di cantiere o da persone che appartengono all’ambiente dell’infortunato.
Un’altra informazione che desidero dare in questa sede è che l’autorità di pubblica sicurezza, quindi l’autorità locale, è tuttora investita da un’ingente attività di tipo cartaceo-burocratico dovuta al gran numero di infortuni sul lavoro con prognosi superiore ai tre giorni e fino ai 25. Infatti in sede locale la procura della Repubblica ha posto il limite di 25 giorni come termine oltre il quale trasmettere il carteggio alla procura della Repubblica; al di sotto di quella soglia, esiste la denuncia di infortunio presentata dal datore di lavoro. Si tratta di una quantità di cartaceo molto rilevante, che impegna gli uffici di polizia in maniera significativa, anche perché alla prima denuncia spesso segue la continuazione e alla ritardata prima denuncia segue un’attività di natura contravvenzionale nei confronti del datore di lavoro che ha ritardato appunto questo adempimento. Da molti anni si registra addirittura, per assimilazione, una quantità non indifferente di situazioni assimilate, quali ad esempio gli infortuni scolastici. Quindi i nostri uffici, i nostri commissariati, sono giornalmente meta di commessi, di addetti alla corrispondenza, o di emissari dei singoli datori di lavori, per una quantità non indifferente di segnalazioni che, per fortuna, in massima parte riguardano infortuni di lieve entità, incidenti in itinere, slogature a carico di ragazzi che giocavano a pallavolo nelle scuole e così via. Sarebbe auspicabile, sotto questo profilo (chiaramente è soltanto un messaggio che viene dalla parte tecnica), una revisione di alcuni meccanismi, anche in un’ottica di alleggerimento dei carichi di impegno delle forze di polizia su versanti che sono stati affidati loro in anni ormai molto lontani, ma che ancora le vedono coinvolte (come su altri fronti che non sto ad elencare) in un’attività che finisce per incidere sui prioritari impegni istituzionali.

PRESIDENTE
Quindi avete questa pressione, se ho ben capito?

D’ANNA
È un’attività che rientra nei nostri compiti e che chiaramente viene svolta come si deve, con impiego di risorse umane e materiali.

PRESIDENTE
Così come avviene per i Carabinieri.

D’ANNA
Però riguarda l’autorità locale di pubblica sicurezza. Nei Comuni in cui non c’è il commissariato distaccato la materia ricade sull’ente locale, sul Comune. Nei Comuni capoluogo di Provincia...

PRESIDENTE
E non si rivolgono ai Carabinieri?

D’ANNA
No, perché l’Arma dei Carabinieri non assolve alle funzioni di autorità locale di pubblica sicurezza.

PASCALI
Laddove sono presenti entrambe le forze di polizia, interviene chi prima viene investito; laddove ci siamo solo noi, eccetto le cinque sedi che ha indicato il dottor D’Anna (Monza, Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Legnano e Rho), in linea di massima interviene la stazione dei Carabinieri.


PRESIDENTE
Che massa di lavoro è questa? Non riesco a configurarla.

D’ANNA
Siamo nell’ordine delle migliaia di denunce di piccoli infortuni sul lavoro (taglietto, martellata) in tutti i settori; poi ci sono gli infortuni in itinere, quindi coloro che si fanno male salendo o scendendo dal tram. C’è un obbligo di denuncia per tutti gli infortuni che vanno oltre i tre giorni.

PRESIDENTE
A voi comunicano tutto ciò che accade.

D’ANNA
Tutto quello che è connesso ad un infortunio.

PRESIDENTE
Inquadrato nel settore del lavoro.

D’ANNA
Andando e tornando dal lavoro, oltre che durante.

PRESIDENTE
Ma anche se una persona va al cinema, sale sul tram e si fa male.

D’ANNA
Questo carteggio viene comunque trasmesso alla ASL, ci sono degli adempimenti.

PRESIDENTE
Oppure se a scuola si fa male un ragazzo.

D’ANNA
Pensi quanti ragazzi ci sono in una città come Milano.

PRESIDENTE
Capisco.

D’ANNA
Con il rischio di andare fuori tema rispetto agli interessi primari della Commissione, volevo però fare un accenno all’argomento.

PRESIDENTE
Non è fuori tema perché una parte di questi aspetti comunque rientrano nella materia di nostro interesse. Lei ha voluto fare il quadro generale del vostro impegno. Ascolteremo il ministro Gelmini mercoledì, in audizione, per affrontare una serie di argomenti e parleremo anche di questo, senza contare che l’infortunio a scuola crea dei problemi serissimi per le responsabilità connesse.

D’ANNA
Certo.

PRESIDENTE
Lo dico perché sono insegnante.

D’ANNA
Se accadono dei fatti gravi...

PRESIDENTE
Anche non gravi. Se un bidello cade da una scala e si frattura una gamba, il
dirigente scolastico è messo sotto pressione. È una situazione di responsabilità e spesso purtroppo non vi sono le disponibilità; è una situazione complessa.

D’ANNA
Di solito tutto questo viene segnalato all’autorità di pubblica sicurezza attraverso una denuncia da farsi nei tre giorni successivi, non viene chiamato sul posto il personale.

PRESIDENTE
Vi ringrazio della collaborazione.


Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS e di rappresentanti delle ASL di Milano e provincia



Intervengono, il direttore provinciale del lavoro, dottor Paolo Weber; su delega del direttore provinciale dell’INAIL, il direttore regionale vicario, dottor Vincenzo Vivaldi; il direttore provinciale dell’INPS, dottor Sebastiano Musco e il dottor Raffaele Perillo; su delega del direttore generale ASL Città di Milano, la responsabile area dipartimentale prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro e del territorio ASL, dottoressa Susanna Cantoni; su delega del direttore generale ASL Milano 1 Rho, il direttore del servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, dottoressa Marina Della Foglia e il dottor Pasquale Pellino; su delega del direttore generale ASL Milano 2 Melegnano, il responsabile servizio igiene ambienti di lavoro, dottor Franco Audisio e il direttore dipartimento prevenzione, dottor Maurizio Montanelli; su delega del direttore generale ASL Monza, il responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro e direttore del dipartimento di prevenzione medica, dottor Roberto Cecchetti.

PRESIDENTE
Il vostro è un gruppo nutrito, composto di soggetti diversi che spero ci fornirà elementi per poter comprendere meglio l’organizzazione dell’attività che interessa la Commissione dal punto di vista istituzionale. Inoltre, se lo riterrete opportuno, vi chiediamo di darci elementi necessari a comprendere le eventuali necessità di modifica della normativa in materia. In modo particolare, in questi primi tempi stiamo monitorando il decreto legislativo n. 81 del 2008 che, come sapete, è stato modificato dal decreto legislativo n. 106 del 2009, approvato ad agosto, per capire quali problematiche permangono attraverso le testimonianze di chi opera direttamente sul territorio e ogni giorno deve confrontarsi con i problemi del proprio ufficio.
Vi chiediamo di sviluppare un ragionamento, sia pure sintetico, tenendo presente che parlate con degli addetti ai lavori che conoscono la materia e che necessitano di informazioni essenziali.

CANTONI
Signor Presidente, sono il direttore del servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro e del territorio dell’ASL di Milano.
La Provincia di Milano ha oggi tre ASL. La prima è la ASL di Milano, che comprende il Comune di Milano e sei Comuni dell’hinterland situati a Nord. Nel 2009, a seguito della costituzione della Provincia di Monza, c’è stata una riorganizzazione del territorio per cui la ASL di Milano ha inglobato alcuni Comuni dell’area Nord: Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cusano Milanino, Cormano e Bresso. La seconda è la ASL Milano 1 che fa capo a Legnano e Magenta. Poi c’è l’ASL Milano 2, che comprende Melegnano e Cernusco; l’ASL Monza e Brianza, costituita nel 2009, copre il territorio della nuova provincia.
Tutte le ASL lavorano per programmazione, incentrando la propria azione essenzialmente sulle attività più a rischio, che presentano maggior frequenza e maggiore gravità di infortuni. A questo proposito è considerata prioritaria la vigilanza del settore edile, sul quale si concentra lo sforzo di tutte le ASL della Provincia. I servizi PSAL esercitano funzioni di vigilanza e di controllo, nell’ambito delle quali si iscrivono anche alcune attività di polizia giudiziaria come le prescrizioni, le inchieste per infortuni, le inchieste per malattie professionali, e altre attività che in termini più generali possono essere definite promozionali e quindi di incentivo alla prevenzione. Abbiamo alcuni dati che possiamo mettere a vostra disposizione. Per quanto riguarda la ASL di Milano, nel 2008 sono stati svolti più di 8.000 controlli e sono stati ispezionati più di 1.400 cantieri che corrispondono al 46 per cento dei cantieri notificati. Questa è l’attività prevalente della ASL Città di Milano, in termini di vigilanza ma non solo, proprio perché nell’edilizia si concentra il maggior numero di infortuni, soprattutto quelli più gravi. Oggi a Milano gli infortuni mortali si verificano quasi esclusivamente in edilizia, per caduta dall’alto. L’ultimo purtroppo è avvenuto la scorsa settimana. Una questione da sottolineare è che in edilizia, ma anche in altri settori come i trasporti, la mancanza di sicurezza e quindi l’inadempienza alle norme di sicurezza, va di pari passo con l’irregolarità. Di qui la necessità di un coordinamento, soprattutto con la Direzione provinciale del lavoro (DPL) che si occupa del controllo della regolarità dei rapporti di lavoro.
Il coordinamento, nell’ambito della Provincia di Milano, è realizzato attraverso il Comitato provinciale di coordinamento, ex articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008. La Regione Lombardia ha, infatti, scelto di istituire, oltre al Comitato Regionale di Coordinamento, anche un’articolazione su base provinciale prima ancora che questa venisse introdotta con la legge n. 123 del 2007. In Lombardia, sia il Comitato Regionale di Coordinamento che i Comitati provinciali operano già dal 1998 e vi partecipano anche le forze sociali. Dunque possiamo dire di aver ampiamente precorso i tempi. Nell’ambito del coordinamento con la Direzione provinciale del lavoro voglio segnalare soprattutto il lavoro svolto nei settori dell’edilizia, quindi nella cantieristica, e dei trasporti sui quali abbiamo cominciato ad appuntare maggiormente l’attenzione in questi ultimi anni. Occuparsi del settore trasporti e logistica vuol dire prevenire infortuni e malattie da lavoro ma anche controllare le condizioni di lavoro e il rispetto degli orari e delle pause, cosa che la DPL può fare grazie al controllo del cronotachigrafo. Inoltre presto sarà avviato un lavoro di coordinamento con la polizia stradale e, in parte, con la polizia locale. Da anni collaboriamo con una squadra della polizia locale, da noi formata e addestrata, che ci aiuta a vigilare sui cantieri.

PRESIDENTE
Dottoressa Cantoni, siamo appena venuti a conoscenza di alcuni elementi di carattere generale che ci sono stati comunicati dai dirigenti dell’assessorato regionale alla sanità, i quali hanno tracciato un quadro in perfetta sintonia con il suo ragionamento. Abbiamo molto apprezzato il vostro sistema organizzativo. Avete anche precorso alcune normative che poi sono state emanate e addirittura ne richiedete altre che ancora non ci sono. Lo stesso incontro di oggi è stato proficuo e ci ha fornito una serie di elementi di riflessione.

CANTONI
Aggiungo qualche notazione sui desiderata. In primo luogo, esiste sicuramente un problema di risorse, che penso sia comune a tutte le ASL. Le risorse a nostra disposizione andrebbero potenziate in modo da consentirci di aumentare i controlli e anche tutta quell’attività di carattere promozionale che porta via molto tempo ma rappresenta comunque un investimento in cultura della prevenzione.
Sicuramente è necessario migliorare il coordinamento con gli altri enti e mi riferisco in particolare alla Direzione provinciale del lavoro. Si sono fatti molti passi avanti ma sarebbe necessario avere un sistema informativo che colloquia e maggiori disponibilità, perché il problema delle risorse riguarda anche la Direzione provinciale del lavoro. Questi due elementi faciliterebbero altresì il coordinamento con i Vigili del Fuoco con i quali le cose vanno meno bene, pur facendo parte tale Corpo del Comitato di coordinamento provinciale.
Un’altra questione, che però riguarda un livello più alto, è relativa alla necessità di una qualificazione delle imprese, in particolare nel settore dell’edilizia. Dovrebbero esserci dei requisiti di qualità da rispettare per poter accedere agli appalti (ad esempio, il rispetto delle norme sulla sicurezza) e le imprese che si rivelassero largamente inadempienti dovrebbero essere escluse direttamente dalle stazioni appaltanti.

PRESIDENTE
Le norme in questo senso ci sono.

CANTONI
Non sono molto efficaci, almeno così ci dicono le stazioni appaltanti più grandi, che riferiscono di incontrare delle difficoltà quando cercano di escludere alcune imprese dagli appalti.

PRESIDENTE
La mancata iscrizione dei lavoratori all’INPS è motivo di esclusione dall’appalto.

CANTONI
È vero, Presidente, ma ci sono delle forme di irregolarità anche molto fantasiose, magari c’è un’iscrizione solo parziale dei lavoratori.

PRESIDENTE
Ma questo deve stabilirlo un’indagine. Il legislatore predispone le norme, ma è chiaro che se la stazione appaltante ha dei dubbi deve agire di conseguenza. Stamattina ci siamo incontrati anche con gli assessori ai lavori pubblici del Comune e della Provincia e abbiamo ribadito lo stesso concetto: è la stazione appaltante che deve decidere.
Non possiamo certo mettere un gendarme per ogni italiano.

CANTONI
Esattamente, ma neanche noi.

PRESIDENTE
È importante che ci sia un impianto normativo che permetta di denunciare le situazioni non in regola. Poi bisogna attuare le norme.

CANTONI
Non è esattamente così.

PRESIDENTE
Dottoressa, faccia delle denunce precise in modo che possiamo prenderne atto.

CANTONI
Di solito gli appalti generali sono corretti ma poi, dietro le quinte, si scopre una catena di subappalti che arriva fino al singolo lavoratore, magari irregolare, come è accaduto per l’infortunio mortale della scorsa settimana.

PRESIDENTE
Questi fatti vanno denunciati alla procura della Repubblica.
Forse non avete riscontri dalla procura?

CANTONI
Dalla procura abbiamo riscontri, ma il sistema ha delle maglie molto larghe e consente alla fine questa strutturazione dei rapporti di lavoro.

PRESIDENTE
Lei cosa propone?

CANTONI
Occorre affidare la vigilanza non solo ai controlli esterni, ma effettuare anche un’autovigilanza. Il committente dei lavori deve vigilare sulla catena dei subappalti e verificare che non vi siano dei vuoti, delle inadempienze; deve controllare che tutti si comportino come da contratto d’appalto, cosa che non accade. Non basta stabilire un protocollo nell’appalto, occorre controllare che questo sia attuato. È un problema che soprattutto le grandi stazioni appaltanti dovrebbero considerare di più. Sono stati fatti dei passi in avanti; sicuramente i protocolli d’intesa siglati con la partecipazione dei sindacati hanno messo qualche paletto.
Adesso però occorre controllare che questi protocolli vengano attuati. Se nel protocollo è scritto che tutte le imprese che partecipano all’appalto, anche con subappalti successivi, devono essere regolari, occorre poi andare a controllare. Se tutti i lavoratori devono essere in regola, occorre andare a verificare che ciò avvenga, senza aspettare l’intervento della Direzione provinciale del lavoro o della ASL. È la stazione appaltante stessa che deve controllare l’attuazione del protocollo.

ROILO (PD)
Nella precedente audizione sia il rappresentante della Regione Lombardia sia il rappresentante della procura hanno evidenziato che nell’ultimo anno a Milano si è registrata una riduzione significativa nel numero degli infortuni, soprattutto di quelli mortali. La Regione ha parlato di un 37 per cento in meno e la procura ha detto che nell’ultimo anno giudiziario hanno registrato solo nove infortuni mortali rispetto ai 20 degli anni precedenti.
Vorrei sapere se anche secondo voi la situazione si presenta in questi termini e quali sono le vostre valutazioni; in sostanza per quali motivi, a vostro avviso, si registrano questi dati. I rappresentanti che ho citato hanno escluso in particolare che questa riduzione sia dovuta al calo delle ore lavorate per effetto della crisi economica; hanno depurato dai loro calcoli la riduzione dovuta alle ore non lavorate.

CANTONI
Confermo che anche a Milano si registra un andamento positivo degli infortuni, quindi una diminuzione dei numeri assoluti e della frequenza degli incidenti, sia in generale che nell’edilizia, il settore più ostico e problematico. Anche in questo settore si registra, infatti, una diminuzione degli infortuni, compresi quelli da caduta dall’alto, a dimostrazione che insistendo nei controlli e nella prevenzione si ottengono dei risultati.
Insieme agli enti bilaterali facciamo molta formazione nella Scuola degli edili e favoriamo i protocolli d’intesa. Nelle grandi opere si adotta un metodo un po’ diverso, caratterizzato non solo dalla vigilanza con sopralluogo, ma anche da un rapporto organico di confronto stabilito sin dall’inizio, mettendo in chiaro, prima ancora che nasca il cantiere, i punti principali da tenere presenti e che la prevenzione si concentri soprattutto sugli elementi salvavita. L’andamento degli infortuni ci dice comunque che lentamente le cose migliorano e che si può fare molto.

CECCHETTI
Sono il responsabile del Servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro e direttore del Dipartimento di prevenzione medica della ASL Monza 1, una costola della provincia di Milano. Vorrei sottolineare che le ASL e tutti gli enti di controllo hanno a disposizione un importante strumento di programmazione che è la banca dati INAIL-ISPESL, sulla quale va fatto un maggior intervento di elaborazione dei dati. Ho portato con me un documento, che depositerò agli atti della Commissione, che descrive il confronto tra l’indice infortunistico dei vari settori produttivi in Italia, in Lombardia e nella nostra ASL, incrociando i dati dell’indice di frequenza degli infortuni con quelli relativi all’indice di gravità dei medesimi; un po’ come il calcolo dell’indice di rischio presente nel decreto legislativo n. 626, che stabilisce che la probabilità di accadimento dell’infortunio per un determinato comparto è data dall’indice di frequenza mentre il danno potenziale è dato dall’indice di gravità degli infortuni.
Questo ci ha permesso di individuare i settori o i comparti a maggior rischio, che da noi oltre alle costruzioni sono i trasporti e l’agricoltura. Il difetto di questo strumento è che è datato. Abbiamo dati sull’andamento degli infortuni a tre anni. Attualmente stiamo elaborando i dati del 2007, che non sono ancora pervenuti, e ciò non ci permette di individuare le aziende a maggior rischio infortunistico.
La nostra richiesta quindi è che l’INAIL, che da quest’anno riceverà la denuncia di tutti gli infortuni, metta a disposizione delle ASL, della DPL e di tutti gli enti di controllo in tempo reale i dati dell’andamento degli infortuni, perché questo permetterà di andare a ricercare all’interno dei settori a maggior rischio le aziende con un indice infortunistico molto elevato. Se il Testo unico stabilisce che l’azienda deve denunciare l’infortunio all’INAIL, quest’ultima una volta ottenuti questi dati deve metterli a disposizione degli enti di controllo.
Accanto al controllo tradizionale le ASL hanno introdotto nelle aziende programmate anche un secondo intervento di audit del sistema di prevenzione aziendale. Oggi non ho portato i risultati di questa indagine effettuata nel 2008 su 188 aziende, ma emergeranno elementi utili di riflessione su come il Testo unico viene applicato all’interno del nostro territorio. Purtroppo il documento di valutazione del rischio – riporto solo questo dato – è ancora uno strumento a disposizione delle ASL e non delle imprese. Occorre migliorare il controllo delle ASL mettendoci in condizioni di «auditare» questi sistemi, soprattutto nelle aziende ad alto rischio infortunistico.
Questo secondo aspetto permette di fare qualcosa di più. Mentre il controllo tradizionale tende a rimuovere le situazioni a rischio, questo controllo tende a fare promozione del sistema. Un audit va comunque ripetuto nel corso degli anni e potrebbe essere interessante disporre di strumenti di lavoro di questo tipo.
Altro dato interessante che l’INAIL dovrebbe sempre metterci a disposizione è quello relativo alla presenza degli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza). Nello studio svolto nel 2008 sul sistema di prevenzione abbiamo visto che dove l’RLS è presente l’applicazione normativa ha una performance migliore rispetto alle aziende dove non lo è. Quindi occorre che l’INAIL metta a disposizione questi dati per permetterci di individuare le aziende che hanno un numero di infortuni più elevato legato anche alla mancanza dell’RLS. Questo come criterio di programmazione. Occorre dare il messaggio di una pubblica amministrazione che si sta dotando di questi strumenti per controllare le aziende che presentano un indice infortunistico elevato e che poco investono sul sistema di prevenzione.
Da ultimo, sottolineo che svolgiamo la maggior parte dell’attività programmata nei cantieri, ma in forza del ragionamento fin qui svolto, insieme alle ASL abbiamo effettuato anche l’audit sul sistema di prevenzione in 20 imprese edili del nostro territorio che si sono dimostrate a maggior rischio infortunistico. Quindi effettuiamo un sopralluogo nel cantiere se si trova nel nostro territorio, altrimenti in collaborazione con la DPL se le imprese si trovano fuori dal territori della provincia di Milano; devo sottolineare che questa collaborazione funziona molto bene. In sostanza andiamo nella sede dell’impresa edile e verifichiamo l’applicazione del sistema di prevenzione attraverso il funzionamento di certe figure (SPP, medico competente, RLS) valutando soprattutto come queste si coordinano tra loro e con il datore di lavoro.
Per quanto concerne il ruolo delle amministrazioni comunali, queste sono molto sensibili alla prevenzione degli infortuni nell’edilizia, nei trasporti e così via, ma anch’esse intervengono principalmente quando vi sono dei riconoscimenti economici. Questo però è un altro tasto. Sarebbe opportuno che anche le amministrazioni comunali avessero accesso alle notifiche, di cui alla normativa sulla cantieristica del decreto legislativo n. 494 del 1996, affinché nell’ambito della loro programmazione, attraverso l’autorità sanitaria locale, la polizia locale e gli uffici tecnici, possano verificare quali sono i cantieri notificati. Come sapete non c’è più l’obbligo di notifica, ma il cantiere che non è stato notificato può essere oggetto di un provvedimento di sospensione dei lavori da parte del Comune. Se l’accesso alla notifica viene consentito anche alle amministrazioni comunali, queste possono controllare la regolarità dei cantieri che appartengono al territorio dal punto di vista normativo e quindi dell’adempimento agli obblighi di legge, che consiste appunto nella notifica del cantiere.

DELLA FOGLIA
Sono il direttore del servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della ASL Milano 1, quindi del nord-ovest della Provincia.
Farò qualche brevissima notazione. Come ASL, abbiamo un territorio con un tessuto produttivo ancora di rilievo, con rappresentazione in tutti i settori (chimico, farmaceutico e così via) e con una grande presenza di attività nelle logistica e negli autotrasporti, connesse anche al polo fieristico esterno che è nel nostro territorio e che quindi ha potenziato questo settore.
Per quanto riguarda il fenomeno infortunistico, anche per questa differenza di strutture economiche del territorio, il nostro quadro è diverso da Città di Milano (tra l’altro con l’inserimento degli altri Comuni il quadro in qualche modo è cambiato). Nel nostro territorio gli infortuni in edilizia sono una quota variabile di anno in anno, anche nel nostro caso in diminuzione, pur con una punta registrata qualche anno fa (d’altronde guardando l’andamento nel decennio, ciò è già capitato). Quasi sempre la metà degli infortuni mortali si verifica nell’edilizia, però nel 2007 il rapporto è stato inverso, cioè il maggior numero di infortuni mortali è avvenuto nell’industria manifatturiera. La caduta dall’alto è sicuramente la dinamica più frequente, però si sono registrati infortuni mortali anche nelle logistiche; quindi la movimentazione dei materiali rappresenta un’altra quota molto rilevante. Si tratta sempre, per fortuna, di piccoli numeri: sette cadute dall’alto e cinque movimentazioni di materiali.
In questo senso, abbiamo individuato nel piano dei controlli tutta una serie di attività, già da due anni le logistiche. Abbiamo inoltre inserito anche i settori chimico, farmaceutico e la gomma plastica, come più importanti, proprio perché abbiamo una trentina di aziende a rischio di incidente rilevante nel territorio e molte altre aziende soggette all’autorizzazione integrata ambientale. Quest’anno abbiamo iniziato anche a svolgere l’attività di controllo programmata – quindi non ad evento, che è altro – sulle aziende a rischio incendio, quelle con obbligo del certificato prevenzione incendi con validità triennale. In queste aziende facciamo dei controlli strutturati programmati su alcune tematiche molto precise, ad esempio le atmosfere esplosive, un tema che stiamo affrontando un po’ in tutte queste attività.
Vorrei sottolineare che l’applicazione normativa nella stragrande maggioranza delle situazioni è diventata più complessa per la modificazione dell’organizzazione aziendale intervenuta negli ultimi anni e che è sempre più importante: ci sono aziende (due anni fa un infortunio mortale è capitato proprio in una di queste) che hanno una forza lavoro presente di 80 persone, 20 delle quali sono dipendenti dell’azienda, mentre le altre sono dipendenti di aziende diverse che operano stabilmente all’interno della prima azienda. È difficile ormai trovare siti produttivi, da cui esce un prodotto con un marchio, che abbiano al proprio interno soltanto i dipendenti di quell’azienda. Ci sono modalità diverse – assolutamente regolari, vorrei chiarire, dal punto di vista del rapporto di lavoro e del contratto – che rendono sicuramente complicata la gestione. Da questo punto di vista il lavoro da fare è ancora tanto, è come se al datore di lavoro mancasse la percezione delle precise responsabilità di ciascuno e quindi tende a confondere e magari a non fare. Questo in parte accade anche in edilizia.
Verificando i dati degli ultimi anni, ad esempio, nel nostro territorio (quindi con tutta la parzialità della cosa e riferito solo agli infortuni mortali), la quota di infortuni mortali è praticamente uguale per quanto riguarda italiani e stranieri. Ripeto, è un campione piccolissimo, per cui magari l’anno venturo cambierà tutto.

ROILO (PD)
La procura parlava di stranieri, soprattutto.

DELLA FOGLIA
No, non nella ASL Milano 1, nel quadro d’insieme.
Così come, ad esempio, per quanto concerne il tipo di rapporto di lavoro, in alcuni anni su otto infortuni mortali tre riguardavano irregolari. Negli ultimi anni invece non ce ne sono stati, perché c’è il fenomeno, ormai abbastanza diffuso, delle partite IVA, per cui il lavoratore ha comunque una partita IVA, magari aperta due mesi prima di avere un grande contratto di appalto. È chiaro che è difficile verificare la sua competenza. Molte volte un lavoratore autonomo, dotato di attrezzature particolari, con costi anche particolari, ha una serie di lavoratori autonomi che lavorano per lui, che tuttavia sono in capo ad un’impresa più grande. Quindi in questa fase c’è una vera e propria difficoltà – e questo lo verificano anche gli altri colleghi – nell’andare a fondo del problema vero, a fronte di un mondo produttivo ed mondo economico molto più articolato di prima. Fino a dieci anni fa si entrava in un’azienda e c’erano 200 lavoratori o 50 lavoratori, poi c’era il manutentore che veniva da fuori. Quindi individuare la responsabilità e, da parte di chi l’aveva, assumersela era più semplice; adesso la situazione è veramente articolata.
Ripeto, nel nostro territorio ci sono sicuramente sacche di lavoro nero, però nell’attività ordinaria quello che si vede è questo mondo variegato, molto articolato, molto complesso, che si fa fatica ad organizzare. Un esempio: abbiamo verificato, negli ultimi due anni, le logistiche. È un settore particolare, è vero, però su 28 siti abbastanza grandi abbiamo controllato 58 imprese.
Oltre alla numerosità delle aziende presenti, vi è proprio una difficoltà nel fare interventi a lungo termine, perché c’è un continuo ricambio. In particolare, vi è la zona ricarica muletti che non è adeguata in termini di sicurezza ed atmosfere esplosive, ma se continua a cambiare il consorzio nessuno la sistemerà mai. Anche se noi interveniamo, quando un soggetto è andato via da quel sito non ha più la responsabilità, ne subentra un altro e si riparte.
Volevo sottolineare questo aspetto che mi sembra di particolare rilievo.

AUDISIO
Sono il responsabile del servizio PSAL della ASL Milano 2, quella che occupa il territorio a sud-est della città di Milano: 57 Comuni, 600.000 abitanti, 40.000 imprese e 200.000 addetti circa. Voglio fornire un contributo di osservazione, dando per scontato che condivido quanto è stato finora riportato dai colleghi delle altre ASL del milanese sul fenomeno degli infortuni mortali per quanto riguarda la nostra realtà.
Premetto che abbiamo preparato una presentazione in power point che lasceremo – se lo riterrete opportuno – agli atti, nella quale si può vedere meglio il dipanarsi dei numeri.
Desidero porre in evidenza il fatto che in undici anni, cioè dal 1999 ad oggi, nel nostro territorio si sono verificati 45 infortuni mortali, con una precisazione: si tratta di infortuni che abbiamo indagato direttamente come Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, quindi – per intenderci – sono esclusi gli infortuni in itinere e gli infortuni da traffico. Ebbene, nel periodo di riferimento, nonostante l’impegno e l’intervento nostro e degli altri attori della prevenzione, il trend degli infortuni mortali nel nostro territorio è rimasto sostanzialmente invariato. È pur vero che c’è una leggera diminuzione, ma è veramente lieve.
Il numero degli infortuni mortali in edilizia, nonostante l’intervento nostro e degli altri attori della prevenzione che operano su questo territorio, è rimasto anch’esso tendenzialmente costante; anzi, per essere precisi, è in lievissimo aumento. Di questi 45 infortuni mortali, 25 (vale a dire il 55,5 per cento) sono occorsi nel comparto delle costruzioni edili. Quindi il primo dato conferma quello che è stato detto, cioè che l’edilizia è sicuramente il comparto produttivo a maggior rischio di infortuni mortali. Se andiamo a vedere per quale motivo sono accaduti questi 45 infortuni mortali, in base ai risultati delle nostre inchieste ci accorgiamo che addirittura per il 64 per cento di essi (16 su 25) è avvenuto per la modalità più primitiva, cioè per caduta nel vuoto, per precipitazione. Gli altri sono avvenuti prevalentemente guidando o lavorando nei pressi di un mezzo di movimento terra, di un mezzo di cantiere. L’ultima modalità di accadimento significativa riguarda l’essere colpiti da un carico. Questo è il risultato di un’osservazione condotta in un periodo di undici anni.
Sul versante degli infortuni mortali in edilizia (stante il fatto che continuano ad avvenire per questa modalità primitiva, la precipitazione), la nostra ASL, come del resto tutte le ASL della Lombardia, aderendo ad una inequivoca circolare regionale che risale al 2004, ha aperto un capitolo di collaborazione in modo particolare con gli enti locali. Ci siamo rivolti ai Comuni come possibili attori del sistema della prevenzione in senso lato, presentando loro la possibilità di intervenire sul livello di sicurezza intrinseca dei nuovi edifici andando ad integrare i regolamenti edilizi comunali con la previsione che i progetti per i tetti presentino già in sede di progetto (è la direzione su cui ci si sta muovendo in questa Regione) la chiara indicazione dei sistemi di trattenuta, che devono essere fissi sul tetto, dei dispositivi di aggancio di quanti si troveranno a salire sul tetto. Quindi si sta parlando non tanto di costruzioni quanto del settore affine della manutenzione degli stabili. Noi stessi, in questo periodo di undici anni, abbiamo avuto più di un infortunio mortale in questo settore. Ad esempio, c’è stato un antennista che è precipitato da un tetto perché, non avendo trovato gli appositi sistemi di aggancio, stava lavorando in condizioni precarie. Dunque per migliorare la sicurezza intrinseca dei nuovi edifici è necessaria l’integrazione dei regolamenti edilizi comunali e la collaborazione con le polizie locali, in coordinamento con le ASL, obiettivi sui quali abbiamo investito parecchio.
Diversamente dalla ASL Città di Milano, che ha lavorato ben prima di noi su questo argomento specifico, noi non abbiamo la fortuna di avere una squadra dedicata di operatori di polizia locale, opportunamente formata dalla stessa ASL, che intervenga in modo programmato per verificare la sicurezza dei cantieri edili, anche se stiamo lavorando per organizzare qualcosa di simile nei nostri 57 Comuni. Dal 2005 ad oggi abbiamo tenuto una decina di corsi per operatori di polizia locale e abbiamo formato 150 singoli operatori che stanno cominciando a lavorare sui cantieri. A questo proposito, come ha detto il collega Cecchetti, è molto importante che dall’assessorato alla sicurezza della Regione vengano degli input per sollecitare uno specifico intervento della polizia locale nei cantieri, partendo dal presupposto che hanno ricevuto o stanno ricevendo una formazione specifica.
Non aggiungo altro ma mi permetto di sottolineare quanto diceva la dottoressa Cantoni relativamente alla necessità che in edilizia si arrivi ad una sempre maggiore responsabilizzazione della stazione appaltante che dovrebbe verificare le modalità di lavoro dei subappaltatori. D’altra parte vorrei aggiungere che si tratta di una questione nota e che la Regione Lombardia sta proponendo alle principali stazioni appaltanti, sia quelle dei lavori per l’Expo 2015 che per le grandi opere (l’abbiamo già fatto per la TAV, lo stiamo facendo per la BreBeMi, la Brescia-Bergamo-Milano, e lo faremo per la TEM, la tangenziale esterna est di Milano), di sottoscrivere alcuni documenti condivisi che prevedano la verifica dell’albero dei subappalti da parte della stazione appaltante.

WEBER
Signor Presidente, sono il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro di Milano. Anch’io vorrei aggiungere alcuni spunti di riflessione partendo dal legame indissolubile tra le irregolarità nei luoghi di lavoro e le problematiche connesse alla sicurezza, un legame nei fatti storicamente sempre sviluppatosi, positivizzato dalla legge nel Testo unico e parzialmente anche prima.
Da circa due anni la Direzione provinciale del lavoro di Milano assume i tassi infortunistici dei diversi settori delle province di Milano e di Monza e Brianza quali indicatori principali nel programmare l’attività di vigilanza.
Nel 2009, per esempio, sono state monitorate edilizia, logistica e trasporti, e lavorazione dei metalli, settore nel quale, soprattutto in Brianza, si riscontra un tasso di infortunistica molto elevato. Sul versante dell’edilizia, negli ultimi tre anni, abbiamo progressivamente incrementato il numero di aziende ispezionate. A partire da quest’anno, inoltre, abbiamo investito le nostre risorse ispettive sul settore degli autotrasporti.
Secondo il rapporto regionale INAIL del 2008, gli infortuni per la circolazione stradale, diversamente da quelli che avvengono in ambiente di lavoro ordinario, sono arrivati a 3.764 e dunque sono aumentati dell’1,7 per cento rispetto ai 3.701 dell’anno precedente. Su questo settore abbiamo una competenza specifica e per questo ci siamo prefissati di quadruplicare il numero di interventi per arrivare ad 80.000 giornate dedicate alla verifica dei cronotachigrafi. I risultati sono positivi ma bisogna evidenziare che nel 2008 la diminuzione degli infortuni rispetto all’anno precedente nella provincia di Milano è stata solo dello 0,2 per cento a fronte di una media regionale del 3,8 per cento. Evidentemente dobbiamo trovare il modo di scendere ancora.
Un passaggio nel quale, secondo me, si potrebbe migliorare, soprattutto in termini di efficacia, è quello del coordinamento tra i vari enti, che a Milano è molto positivo perché i rapporti sono ottimali e ciascuno tenta di fare del proprio meglio. Si potrebbe fare di più relativamente agli obiettivi annuali che vengono assegnati, in ciascuna amministrazione pubblica, ai vari dirigenti e uffici e conseguentemente al personale. In pratica noi abbiamo strutture pubbliche e organi di controllo che a livello centrale procedono o comunque sviluppano la loro azione con metodologie strategiche diverse.
Questo, pur con tutta la buona volontà, dal punto di vista operativo comporta delle conseguenze ed è su queste che si potrebbe lavorare.
Come hanno già detto altri colleghi, una delle priorità che dovremmo tentare di affrontare, sia come sistema Paese che nel nostro piccolo, è la frammentazione del processo produttivo, che rappresenta un dato di fatto rispetto al quale credo non si possa né si debba sviluppare alcuna valutazione pregiudiziale o di merito ma che ritengo sia il cardine sul quale impostare una strategia per il miglioramento della sicurezza e della regolarità dei rapporti di lavoro, anche in relazione ai processi di esternalizzazione. Per esempio, sarebbe necessario approfondire il caso tipico delle cooperative che operano nei centri logistici, i centri di smistamento, e anche in Brianza presso le piccole imprese manifatturiere. Non so nemmeno come vengano classificati statisticamente gli infortuni che occorrono ai lavoratori di queste cooperative.
Spesso si tratta di cooperative che vengono da fuori Milano e che lavorano con un’elevatissima mobilità sul territorio. Sarebbe interessante iniziare ad approfondire questa. A tal proposito aggiungo che esiste un problema di effettività delle norme. Infatti, soprattutto dal punto di vista della regolarità dei rapporti di lavoro e della responsabilità in tema di sicurezza esiste un impianto normativo molto rigoroso soprattutto nei confronti dei committenti o comunque degli appaltatori principali. Si tratta di un ginepraio di norme piuttosto complesse che, a seguito delle ultime modifiche, mettono in difficoltà le stazioni appaltanti, principalmente pubbliche ma anche private. D’altro canto, esistono tuttora situazioni in cui appalti per importi anche complessi o comunque piuttosto rigorosi vengono assegnati in subappalto alle cosiddette catene di imprese, che non hanno dipendenti oppure ne hanno solo un paio. In questo senso c’è un grosso gap tra l’impianto normativo e la realtà dei fatti. Io ritengo che l’amministrazione pubblica, come organo di controllo ma non solo, dovrebbe tentare di inserirsi in questa discrasia fra le norme e la loro realtà applicativa sviluppando la funzione promozionale, che credo sia una delle caratteristiche su cui dobbiamo puntare maggiormente. Anche noi, come strutture lombarde del Ministero del lavoro, in vista dell’Expo 2015, tenteremo di fornire la nostra consulenza e le nostre competenze alle stazioni appaltanti pubbliche e ci stiamo già attrezzando per questo.
Uno strumento sul quale la Direzione regionale lombarda punta molto è quello della certificazione dei contratti d’appalto. Si tratta di una fase prevenzionale, cioè di un istituto che dovrebbe servire a verificare, prima che i problemi si creino, che le imprese abbiano quelle caratteristiche di idoneità e di adeguatezza tecnico-professionale necessarie a consentire loro di dare seguito agli eventuali contratti di subappalto.

MUSCO
Signor Presidente, sono il direttore dell’ufficio provinciale dell’INPS. È chiaro che, a causa della nostra attività istituzionale, in materia di sicurezza siamo un passo indietro rispetto agli altri enti. Il nostro contributo, però, nasce dall’intensa lotta al lavoro nero che, a nostro avviso, è uno degli aspetti che indirettamente contribuiscono alla mancanza di sicurezza. In particolare, per quanto riguarda l’edilizia, stiamo collaborando ad un’attività gestita dalla prefettura insieme all’INAIL, alle ASL e alla Direzione provinciale del lavoro e, in alcune occasioni, anche alle forze dell’ordine.
In questo momento stiamo cercando di aprire un dialogo con la cassa edile per cercare di controllare la regolarità contributiva di ogni singolo lavoratore prima dell’inizio dei lavori nei cantieri. Non si tratta, quindi, di un’operazione in fieri ma in fase iniziale. Inoltre stiamo perfezionando un sistema secondo il quale, all’apertura del cantiere, la cassa edile dovrebbe fornirci i nominativi dei lavoratori impiegati per poterne verificare subito la regolarità contributiva e anticiparne così la verifica. Per quanto riguarda il resto, condivido quanto riferito dai miei colleghi.

VIVALDI
Signor Presidente, sono il dirigente vicario della Direzione regionale INAIL Lombardia, ente che è stato più volte evocato nel corso della seduta. In primo luogo, devo dire che effettivamente lo scorso anno in Lombardia il numero degli infortuni è calato, anche se nella provincia di Milano, come diceva prima il Direttore della direzione provinciale del lavoro, gli infortuni sono diminuiti solo dello 0,2 per cento. A questo proposito posso consegnare alla Commissione i dati che abbiamo presentato nel rapporto per l’anno 2008. La tendenza alla diminuzione degli infortuni sembra continuare anche nel 2009. Infatti per la provincia di Milano, dai dati tendenziali risulta al 31 ottobre un calo nel numero degli infortuni del 3,62 per cento.

PRESIDENTE
Qual è il dato sugli infortuni mortali?

VIVALDI
Non ho una percentuale esatta, ma posso dire che a tutt’oggi gli infortuni mortali avvenuti in Lombardia sono 142, la metà dei quali avvenuti in itinere. Questo per quanto concerne il 2009. La percentuale in Provincia di Milano è un po’ diversa. Su 41 infortuni mortali, solo 18 sono in itinere. Ciò significa che gli accadimenti mortali nella Provincia di Milano hanno più a che fare con l’attività lavorativa che non con la strada. Questi sono i dati, sapere poi perché gli infortuni avvengono è un altro mestiere.
L’anno scorso in Lombardia gli infortuni mortali sono stati 172, con una diminuzione forte rispetto ai 214 del 2007. Per quanto riguarda le modalità dell’evento, sia per gli infortuni meno gravi che per quelli mortali, gli infortuni nel 2008 sono passati dai 155.500 del 2007 a 149.500, quindi con un decremento percentuale di circa il 3 per cento. Gli incidenti sono stati 128.496 in ambiente di lavoro e 21.000 in itinere; dei primi quasi 10.000 sono da circolazione stradale e quindi colpiscono gli autotrasportatori, i commessi viaggiatori e gli addetti alla manutenzione stradale. Anche a Milano si è registrata una lieve diminuzione, ma gli infortuni da circolazione stradale sono aumentati come quelli in itinere. Pertanto, mentre gli infortuni scendono nell’ambito delle fabbriche e degli ambienti lavorativi, aumentano in buona percentuale sulla strada. Anche i lavoratori stranieri risultano essere molto colpiti.
Dai nostri dati emerge che gli infortuni che colpiscono i lavoratori stranieri sono aumentati rispetto all’anno precedente, raggiungendo il 20 per cento circa; quelli mortali il 23 per cento. Abbiamo anche un’evidenza dei Paesi maggiormente colpiti: Marocco, Romania, Albania.

PRESIDENTE
Parliamo di lavoratori stranieri regolari?

VIVALDI
Sì.

ROILO (PD)
L’INAIL, in tutto questo, trattandosi di un’assicurazione che deve poi indennizzare gli infortuni, come si comporta? Avete qualche dato?

VIVALDI
A favore della Lombardia posso dire che la frequenza infortunistica registrata è tra le più basse d’Italia. Certamente i numeri assoluti sono preoccupanti, ma come frequenza infortunistica – ripeto – è una delle più basse d’Italia.
Per quanto concerne le malattie professionali, nel 2008 si sono manifestate in Lombardia 2.865 malattie professionali, 44 in agricoltura, 2.809 nell’industria e 12 nell’ambito dello Stato. Aumentano molto le malattie non tabellate.

PRESIDENTE
È lì il problema.

VIVALDI
Abbiamo tendiniti, artrosi, sindrome del tunnel carpale, malattie dell’apparato respiratorio, tumori e artropatie associate ad altre patologie. Queste patologie sono aumentate di molto rispetto alle malattie tabellate.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per il contributo e chiederei una cortesia alla dottoressa Cantoni. Vorrei avere una nota sulle riflessioni da voi svolte in riferimento al ruolo che dovrebbero avere le società appaltanti.
Si tratta di una questione molto seria, di straordinaria importanza e rilievo, pertanto vi sarei grato se poteste farci pervenire una nota.
Vi è poi un’altra questione. Nei vari interventi si parla di infortuni stradali.
Per noi si tratta di infortuni sul lavoro a tutti gli effetti, vale a dire di lavoratori che operano attraverso spostamenti. Su questo aspetto stiamo portando avanti una campagna di sensibilizzazione, ad iniziare dalle forze dell’ordine, per quanto concerne l’esattezza dei rilievi nel momento in cui si determina l’infortunio. Se i rilievi vengono fatti, come sta emergendo da queste audizioni, con le stesse procedure adottate per i normali incidenti stradali, non abbiamo la scena dell’infortunio sul lavoro. Lo stesso discorso si è aperto con i magistrati, che tra l’altro sono coloro che utilizzano i primi dati di chi ha fatto i rilievi. Se questi dati vengono rilevati in modo non adeguato si compromette la situazione. Penso di parlare anche a nome del collega Roilo affermando che abbiamo molto apprezzato quanto diceva la dottoressa Cantoni circa la possibilità di una collaborazione con la polizia locale.
Spesso i poliziotti sono i primi a recarsi sul luogo in caso di infortunio e quindi possono appurare se la persona vittima di infortunio – al di là della responsabilità – stesse o meno svolgendo la propria attività lavorativa. Questo aspetto spesso non emerge, perché si fanno i rilievi come se si trattasse di un incidente stradale e soltanto successivamente ci si rende conto che quella persona stava lavorando. Ormai però la scena dell’infortunio è stata compromessa, anche se non volutamente, e quindi elementi che potevano servire a capire la presenza di eventuali prove sono venuti meno. Da questo punto di vista mi permetterei di chiedere la vostra collaborazione.

CANTONI
Posso aggiungere che un paio di anni fa abbiamo provato ad analizzare i verbali della polizia locale in caso di infortunio stradale ed effettivamente non c’erano elementi che potessero aiutarci a ricostruire l’infortunio lavorativo, per cui li abbiamo buttati via. Forse, su questa partita, bisognerebbe lavorare anche con l’INAIL.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per il contributo ai nostri lavori.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali



Intervengono, il segretario generale FENEAL UIL Milano, signor Ferdinando Lioi; su delega del segretario generale CISL Milano, il signor Giuseppe Saronni; il segretario provinciale FILCA CISL Milano, signor Francesco Bianchi; su delega del segretario generale CGIL Milano, il signor Antonio Lareno Faccini; il segretario provinciale FILLEA CGIL, signor Franco De Alessandri.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la presenza. Poiché rappresentate un punto di osservazione importante su questo tema, la nostra Commissione oggi vorrebbe conoscere le vostre riflessioni su quanto viene fatto in questo territorio in termini di prevenzione, sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.

LIOI
Sono il segretario generale della FENEAL-UIL e intervengo anche in rappresentanza della UIL in quanto il suo segretario generale è impegnato in altra sede.
Come il senatore Roilo sa bene, avendovi partecipato in qualità di segretario della camera del lavoro, presso la Prefettura abbiamo costituito un tavolo di lavoro in cui sono stati messi a confronto tutti gli enti che si occupano della problematica della sicurezza. Riteniamo che ciò rappresenti una carta vincente poiché si realizza un coordinamento e si socializzano gli interventi nonché le modalità di intervento sui cantieri. Questo tavolo ha prodotto certamente dei risultati, soprattutto per quanto riguarda i cantieri pubblici; mi riferisco in particolare alla cosiddetta contrattazione in anticipo che ha visto la realizzazione di protocolli estesi poi al Comune e alla Provincia, in particolare ai Comuni più grandi. Si tratta infatti di accordi che partono da un certo importo in su. Nella provincia di Milano ci sono circa 25.000 cantieri e quindi è impossibile visitarli o tenerli tutti sotto controllo per cui abbiamo stabilito una soglia di importo da cui partire. Prima dell’inizio dell’opera si tiene un incontro con tutti i soggetti interessati ai vari ambiti (sicurezza, regolarità e così via), il che ha rappresentato un vantaggio perché in quei cantieri il tasso di infortuni gravi è diminuito notevolmente. Ciò vuol dire che questo sistema funziona. Se prima che l’opera parta si mettono insieme tutti gli strumenti idonei per le verifiche, compresa la formazione dei lavoratori che in questi cantieri si svolge in maniera sistematica, si ottiene un vantaggio.
Come sistema degli enti paritetici disponiamo addirittura di un comitato paritetico antinfortunistico di settore che fa formazione direttamente in cantiere; abbiamo un’unità mobile attrezzata, adeguata a fare formazione. Ci stiamo affinando anche per la formazione al personale straniero con sistemi audiovisivi. Abbiamo infatti rilevato che buona parte dei lavoratori stranieri è analfabeta; quindi non basta mettere dei cartelli in lingua, occorre trovare qualcuno che spieghi loro cosa occorre fare o mettere a disposizione del materiale audiovisivo e fotografico. Gestiamo anche la cassa edile, che è un ente paritetico dove arriva una serie di dati. Quando si verifica un infortunio questo è pagato per una parte dall’INAIL e per una parte dall’impresa; la quota dell’impresa viene anticipata dalla cassa edile.
Nel 2007 le imprese che hanno chiesto il rimborso per ogni lavoratore sono state circa 1.887; nel 2008 sono diminuite a 1.727 (una diminuzione dell’8 per cento), però nel 2008 abbiamo avuto un aumento degli addetti. Se consideriamo che c’è stato un calo degli infortuni a fronte anche del fatto che gli addetti nel 2008 hanno toccato un picco di circa 70.000 unità, vuol dire che il trend è in discesa. Al settembre 2009 (che è il dato di chiusura perché l’esercizio va dal 1º ottobre al 30 settembre) il dato è di 1.640.
Quindi il lavoro che è stato fatto con la collaborazione di tutti i soggetti ha prodotto dei risultati; questo non vuol dire che non si possa fare di più o che possiamo abbassare la guardia. Qualche giorno fa c’è stato un infortunio mortale in circostanza del primo giorno di lavoro. Si tratta di una fattispecie che andrebbe rivista, nel senso che è vero che la normativa prevede la comunicazione all’ufficio del lavoro il giorno precedente all’assunzione, però il rischio che corrono le imprese è quello della sanzione amministrativa. Perciò molte decidono di correrlo, assumono le persone in nero e se si verifica l’infortunio dichiarano che è il primo giorno di lavoro e che hanno dimenticato di inviare la lettera, per cui la DPL farà una multa da 150 a 500 euro. Mentre la prima versione della normativa prevedeva il fermo cantiere, almeno fino a quando l’azienda non dimostrava con prove certe che effettivamente era stato assunto quel giorno, in sede parlamentare si è andati sulla sanzione amministrativa.
Abbiamo circolari dei consulenti e dei commercialisti che dicono che se succede qualcosa devono affermare che è il primo giorno di lavoro e al limite corrono il rischio di pagare la multa amministrativa perché si sono dimenticati di mandare la comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro.
Mi permetto di fare qualche proposta. Secondo noi andrebbe rivista la normativa stabilendo un deterrente nel senso che laddove si verifichi che non è stata fatta la comunicazione si deve fermare il cantiere per riaprirlo nel momento in cui si dà la prova certa che quel lavoratore era in effetti al primo giorno di lavoro. Altra questione riguarda il fatto che la maggior parte degli infortuni si verifica per caduta dall’alto, soprattutto quando si montano i ponteggi; inoltre, spesso quando si possiede un camion che non può più circolare lo si manda sul cantiere, magari con i freni fuori uso. Visto che in Italia si è rottamato di tutto, comprese le biciclette, pensiamo che per il rinnovamento del parco macchine dei mezzi d’opera e dei ponteggi automontanti (un sistema che si monta dal basso e per cui quando il lavoratore sale sul ponteggio è già in sicurezza) servirebbe un incentivo. Oltre alla questione dei controlli, pensiamo che quando deve partire un’opera bisogna mettersi tutti intorno ad un tavolo e decidere che essa va realizzata con certi criteri; questo fa da deterrente. Quando si sa che il proprio cantiere è guardato da tanti soggetti diversi è chiaro che le maglie diventano più strette.
Altro aspetto concerne il discorso della premialità. A Milano abbiamo provato ad istituire il bollino blu del cantiere, cioè un cantiere certificato.
Questo non significa che si vince la gara perché si è in possesso del bollino blu, ma che un cantiere al quale viene data questa certificazione è un cantiere in regola. Il problema è che tante imprese, fatto il bollino, vogliono sapere quali sono i vantaggi, perché sul mercato sono considerate come le altre; al momento viene chiesto per una questione di etichetta personale.
So che avete fatto un incontro con i rappresentanti dell’INAIL. È vero che esiste una norma premiale, cioè si paga il premio sulla base dell’incidenza bonus-malus, però se l’impresa è arrivata al minimo da lì non si muove più perché al di sotto di una certa tariffa non si va. Pensiamo che questo sia sbagliato, se vogliamo che le imprese virtuose abbiano dei vantaggi e – perché no – anche i lavoratori. Se un cantiere è ben organizzato, sicuramente ci sono dei meriti che vanno al capo cantiere, agli input che arrivano dalle imprese, ai costi (perché la sicurezza costa), però è anche merito di chi materialmente fa il lavoro. Chi organizza il cantiere? I lavoratori. Quindi, se un cantiere è ben organizzato, il merito è anche dei lavoratori che vi operano.
Di conseguenza, prevedere qualche premio, possibilmente defiscalizzato, anche per i lavoratori (cioè incentivare i lavoratori a lavorare con una certa metodologia che, oltre a salvaguardare la loro salute, permette anche un tornaconto in termini economici), riteniamo possa essere una risposta a tale problematica.
Se su un ponteggio manca una tavola fermapiede non penso che sia stato il geometra a decidere di non metterla per far cadere qualcuno; è lontano dal mio pensiero che possa succedere una cosa del genere.
Le acciaierie del gruppo Lucchini hanno fatto una sperimentazione con i lavoratori che promuovevano delle idee sulla sicurezza; se la loro idea andava avanti e veniva fatto un progetto, i lavoratori o il gruppo di lavoratori che l’avevano avuta ricevevano dei premi. Quindi, secondo noi, non bisogna allentare la morsa dei controlli e delle normative. Abbiamo verificato in questi ultimi tempi che il lavoro completamente in nero, ad esempio, è diminuito notevolmente. Considerato che oggi si rischia la chiusura del cantiere, il messaggio che è passato è che il lavoratore completamente in nero non conviene, per cui si utilizzano magari altri metodi (part-time, poche ore dichiarate).
Infatti la normativa prevede che se in un cantiere ci sono numerosi lavoratori in nero questo viene chiuso. Lo stesso committente si accorge che quel cantiere è fermo e proprio questo è stato un grande elemento di deterrenza; è una norma con la quale non si scherza. Sarebbe utile che sulla sicurezza si riuscisse a creare un deterrente di questo genere.

SARONNI
Sono il segretario generale della CISL di Milano. Ad integrazione di quanto diceva il segretario Lioi, il quadro complessivo deve tenere conto non solo della situazione nell’edilizia, ma anche dell’insieme del mondo del lavoro ed in particolare della situazione territoriale. Nell’attuale quadro legislativo, anche in funzione di recepimento delle delibere europee, l’ultimo Testo unico in materia di salute e sicurezza aiuta e permette una serie di azioni. È vero che c’è una diminuzione complessiva degli infortuni sul nostro territorio, ma per noi questo non è sufficiente. Abbiamo una situazione nella quale, ove possibile, vengono esercitate azioni finalizzate ad aumentare il livello di prevenzione e a diminuire il numero di infortuni. In questo contesto si ricordavano i protocolli fatti in Provincia con tutti i soggetti del mondo del lavoro e non solo. Siamo inoltre coinvolti nell’attività di prevenzione svolta dalle ASL, ma anche con l’INAIL e con il sistema delle imprese (con Confindustria, con gli artigiani e con la piccola impresa); in alcuni casi, soprattutto con il sistema delle imprese, con gli strumenti della bilateralità o degli organismi paritetici, che hanno una loro funzione e che agiscono fondamentalmente su due versanti: tentare di fare una formazione mirata e continua e alzare il livello di cultura sul tema, perché questo è uno degli elementi di debolezza.
All’interno di questa attività territoriale ci sono degli elementi di negatività, che comunque rischiano di depotenziare l’azione che viene svolta. In primo luogo, ormai prevalentemente, l’azione ispettiva viene svolta attraverso i piani e l’obiettivo su indicazioni della Regione e sulla base di indicatori di quantità e non di qualità. I soggetti della prevenzione sono prevalentemente spinti ad agire sulla quantità degli interventi, ma questo non può essere l’aspetto prioritario. Anche le risorse ai servizi di prevenzione delle ASL vengono erogate sulla base della quantità di interventi che vengono realizzati.
Ma non può essere prevalente l’elemento quantità; c’è un problema di qualità dell’intervento che viene fatto, che deve essere quantomeno di pari importanza.
Il secondo elemento che oggi registriamo nell’azione coordinata che portiamo avanti con gli altri soggetti deputati prevenzione, soprattutto quelli istituzionali, è il bassissimo livello di coordinamento. Ognuno si muove su terreni propri, ognuno fa riferimento a normative legislative, ma non solo, in modo proprio.

PRESIDENTE
Mi sento di dirle che questa sua affermazione va in controtendenza (glielo dico per motivi di correttezza, fermo restando che nessuno detiene la verità) rispetto a quanto abbiamo ascoltato nelle audizioni precedenti.

SARONNI
Mi riferisco, ad esempio, all’azione delle ASL e degli ispettorati. Pur avendo oggi il Testo unico affidato compiti precisi, il livello di azione e di intervento di questi due enti, per quello che vediamo noi, non è assolutamente coordinato: molto spesso si sovrappongono, molto spesso non comunicano, disperdendo risorse e potenzialità.

PRESIDENTE
Ne prendiamo atto.

SARONNI
Segnalo questo aspetto perché si riscontra quotidianamente ed è un elemento che dovrebbe essere tenuto in considerazione per il lavoro parlamentare e legislativo. Gli aspetti fondamentali sui quali vorremmo che si concentrasse l’attenzione sono due. In primo luogo, vorremmo che non fossero solo gli elementi quantitativi a determinare l’azione di prevenzione.

ROILO (PD)
Cosa intende per quantitativi?

SARONNI
Oggi le ASL, ma non solo queste, ricevono i finanziamenti necessari per attuare i progetti obiettivo indicati dalla Regione solo sulla base della quantità di interventi svolti. Per questo motivo sono portate a fare il maggior numero possibile di controlli e di conseguenza – lo dico assumendomene la responsabilità – ad evitare quegli interventi che magari avrebbero bisogno di un approfondimento maggiore, di una azione ispettiva più specifica e di un’analisi più accurata della situazione e che quindi prenderebbero molto tempo. A questo proposito segnaliamo che molto spesso gli RLS e gli RSPP chiedono l’intervento delle ASL in situazioni che hanno bisogno di tempo per essere esaminate, magari perché si tratta di realtà lavorative articolate. Ebbene questi interventi slittano in quanto, sempre ragionando nell’ottica della quantità, rallentano l’azione della ASL. Naturalmente, ricevendo finanziamenti in base al numero dei controlli che esegue, la ASL è spinta a comportarsi in questo modo.
I nostri rapporti, comunque, sono ottimi, tanto che abbiamo organizzato un tavolo comune nel quale cerchiamo di sviscerare i vari problemi.

LARENO FACCINI
Signor Presidente, rappresento il segretario della CGIL Milano. Consegno alla Commissione un breve dossier che avevamo predisposto in merito alla materia di vostro interesse, riassumendo quanto esso contiene.
Innanzitutto vi abbiamo portato una raccolta degli accordi territoriali che abbiamo stipulato. Per dirla con uno slogan, di carta ne abbiamo prodotta tantissima. Il delta tra la carta e i fatti, però, resta rilevante. Relativamente alle norme vi segnalo l’esistenza di una commissione che sta tentando di costruire un Testo unico locale, similarmente a quanto è stato fatto precedentemente a livello legislativo. Il lavoro con la prefettura di Milano è cominciato all’inizio di quest’anno e speriamo possa giungere rapidamente a compimento.
Come parti sociali riteniamo quindi di aver fatto il nostro dovere e forse anche qualcosa di più.
Gli aspetti da sottolineare sono moltissimi, come avrete sentito anche negli interventi precedenti, ma io credo sia necessario focalizzare l’attenzione su alcuni punti. Purtroppo al Testo unico sono state apportate alcune correzioni non positive, che in parte lo hanno indebolito ma a questo punto, a nostro giudizio, bisognerebbe fissare delle priorità, cioè scegliere tra le tante cose che indubbiamente occorre fare. Noi abbiamo individuato cinque priorità che abbiamo definito il pentagono delle urgenze non differibili.
Come vedete, abbiamo sottolineato il dato partendo dalla funzione amministrativa più che dalla funzione sindacale: il 30 per cento degli infortuni mortali avviene sotto la responsabilità amministrativa della Direzione provinciale del lavoro di Milano, indipendentemente dal fatto che sia stata creata una nuova Provincia.
La prima delle cinque priorità che abbiamo individuato è relativa alla cultura d’impresa. Ancora oggi, l’impresa considera il lavoro sicuro un appesantimento, dunque sarebbe necessario individuare una normativa premiale che consenta alle aziende virtuose di ricavare un beneficio. La seconda drammatica questione riguarda il problema degli organici delle funzioni statuali di prevenzione, sicurezza e repressione. La Direzione provinciale del lavoro, nonostante gli inserimenti del 2006, è sottodimensionata e sarebbe necessario raddoppiare l’attuale organico operativo. Lo stesso problema esiste nelle sezioni lavoro e prevenzione delle ASL dove, a parte i tagli che ci sono stati, anche i fondi regionali che sarebbero spendibili non sono allocati in una specifica funzione o voce di bilancio e pertanto vengono dispersi in altre direzioni.
La terza questione urgente riguarda i requisiti minimi d’impresa, una situazione che interessa tanti settori ma in particolar modo quello edile. A livello nazionale credo che le imprese edili, classificate fra grandi, medie e piccole, siano oltre 700.000. Infatti basta andare in camera di commercio e iscriversi per diventare imprenditore edile. Questo non deve essere possibile; dovrebbero essere necessari una serie di requisiti minimi d’impresa.
In quarto luogo bisogna mettere mano al codice degli appalti, soprattutto all’articolo 118, per fare ordine in una serie di operazioni nelle quali si infiltra la mafia o comunque la criminalità di carattere economico; ci sono molte inchieste in corso, anche sul nostro territorio, a causa di questo buco normativo.
Infine vi è la questione del massimo ribasso e della eccessiva liberalità con la quale la correzione dell’articolo 1112 del codice civile ha dato la possibilità di frazionare il sistema d’impresa.
A nostro giudizio, occorrerebbe focalizzare alcune questioni. Anche nella legislazione precedente sono state prese diverse iniziative meritorie.
Ovviamente, è meritorio anche il fatto che la legislazione successiva stia procedendo sulla stessa strada, come CGIL non possiamo non apprezzarlo. A questo punto, però, bisognerebbe affrontare le questioni prioritarie, che impartirebbero una svolta alla situazione. Infatti, come vedete, anche se il numero delle vittime sta calando, resta significativo, senza contare che anche una vittima è comunque troppo. Nella sola provincia di Milano poi, avviene il 30 per cento dei decessi totali della Regione Lombardia.

BIANCHI
Signor Presidente, rappresento la FILCA CISL Milano. Vorrei aggiungere due considerazioni a quanto già illustrato dai miei colleghi.
In primo luogo, sottolineo l’importanza degli enti bilaterali che, in materia di sicurezza, sono uno strumento di collaborazione e di crescita culturale che non è sanzionatorio, come potrebbero esserlo altri istituti, ma si concentra sulla comprensione delle problematiche per le quali i rappresentanti di imprenditori e lavoratori cercano di individuare delle soluzioni.
Credo che questo sia un aspetto importante della questione perché gli enti bilaterali hanno un peso sempre più riconosciuto dalla legislazione. Inoltre anche gli altri enti, relativamente alla formazione e alla sicurezza, dovrebbero trovare sempre maggior riconoscimento a livello legislativo.
Abbiamo puntato molto sulla qualificazione dell’impresa perché riteniamo che questo sia un passaggio fondamentale per la sicurezza. In Italia esistono 750.000 imprese, nella provincia di Milano ce ne sono oltre 9.000, e in qualche modo è necessario qualificarle. Noi abbiamo tentato di stipulare alcuni accordi, l’ultimo con il Comune di Milano, soprattutto per gli appalti privati che godono di maggiore libertà, mentre, come diceva il mio collega, per gli appalti pubblici gli accordi sono già stati fatti e funzionano, dunque garantiscono un certo controllo. A questo proposito abbiamo stretto un accordo importante con il Comune di Milano che non è stato ancora recepito nel regolamento ma che ha operato una dura selezione all’interno delle imprese: l’impresa che vuole costruire nel Comune di Milano deve possedere determinati requisiti e se non li ha non può lavorare. Nel momento in cui questo accordo sarà attuato e verrà recepito dal Comune, sarà un grande successo, perché se il settore pubblico in qualche modo viene controllato è nel settore privato che si concentrano il lavoro nero e gli infortuni, soprattutto quelli mortali.
Stiamo lavorando, cercando di giocare d’anticipo con gli accordi, anche sul settore tecnologico che è importante sia per quanto riguarda le entrate che le uscite. Io ripeto sempre che evasione contributiva vuol dire meno sicurezza perché dove c’è il lavoro nero ci sono anche gli infortuni. L’infortunio mortale avvenuto l’altro ieri è accaduto proprio al primo giorno di lavoro, ma probabilmente si trattava di una persona che lavorava da tempo in nero.

LARENO FACCINI
È sempre il primo giorno!

BIANCHI
L’utilizzo della tecnologia è necessario sia per la contribuzione che per gli strumenti atti ad individuare il pericolo all’interno del cantiere. Noi abbiamo lavorato in questo senso con la provincia di Milano con la quale abbiamo siglato un accordo dettagliato che stabilisce come intervenire utilizzando la tecnologia. Questa è sicuramente una strada nuova che stiamo intraprendendo e che crediamo possa dare grandi risultati.
La cosa più importante, però, è intervenire nel meccanismo dell’edilizia privata, che riteniamo sia il vero problema del settore, attraverso una selezione delle imprese. Quelle che hanno un capitale, che riescono a fare progettazione, che riescono a vivere tagliando fuori i subappalti, devono essere salvaguardate mentre vengono spesso escluse dal mercato dato che sopportano costi maggiori. Noi stiamo lavorando in accordo con l’associazione degli industriali, l’Assimpredil, che ha capito qual è il vero problema; se all’inizio gli imprenditori utilizzavano mandati e subappalti per ridurre i costi, adesso hanno compreso che questo meccanismo li stava estromettendo dal loro mondo.

DE ALESSANDRI
Signor presidente, rappresento la FILLEA CGIL. In una riunione tenuta in prefettura qualche anno fa con il senatore Pizzinato facemmo il punto della situazione sugli infortuni e le grandi opere e a seguito di questa voi produceste una documentazione e un lavoro straordinari.

PRESIDENTE
In modo particolare bisogna riconoscere il merito del senatore Pizzinato che coordinò il lavoro del gruppo.

DE ALESSANDRI
Ho preso visione del documento finale prodotto da quella Commissione: era un lavoro che coglieva il cuore dei problemi, molto pertinente con la realtà. Dico questo perché, ahimè, a quattro anni di distanza ci troviamo in una situazione che non si è modificata anzi, relativamente al settore edile, alcuni aspetti perversi che avevamo già notato allora hanno creato una situazione ai limiti dell’ingovernabilità. Faccio alcuni esempi concreti. In primo luogo, a Milano il tasso di lavoro nero, grigio e irregolare non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato. Abbiamo ancora fenomeni gravi e laceranti legati al caporalato, tuttora presente anche se modificato nelle forme. In secondo luogo, anche se il tasso degli incidenti mortali secondo l’INAIL è diminuito, analizzando bene i dati risulta un aumento degli infortuni gravi e gravissimi. Relativamente al settore delle costruzioni sono aumentati gli infortuni che provocano l’invalidità del lavoratore. Al riguardo apro una parentesi che non coinvolge soltanto l’INAIL ma anche alcune forze sociali e comunque lo Stato. Ci sono lavoratori che hanno subito incidenti sul lavoro nel settore dell’edilizia che vivono una situazione lacerante, un trauma silenzioso. Mi riferisco alla situazione sociale di coloro che, da un lato, non riescono ad avere dall’INAIL il riconoscimento della malattia professionale e, dall’altro, non hanno ancora diritto alla pensione perché in edilizia a causa dell’intermittenza del lavoro (apertura e chiusura dei cantieri) per andare in pensione ci vogliono cinque anni in più rispetto agli altri settori produttivi: un lavoratore può andare in pensione con 40-42 anni di lavoro e con 35 anni di contributi. Se un lavoratore si fa male e non gli viene riconosciuta l’invalidità permanente si assiste a dei veri e propri drammi umani. Nelle vertenze che trattiamo vedo persone che non hanno più niente, nessuna assistenza, né da una parte né dall’altra.
Anche se è già stato detto, vorrei essere più preciso riguardo al terzo punto. Occorre un maggiore coordinamento di tutta la rete, di tutti i soggetti che fanno prevenzione. È fondamentale. Abbiamo una serie di soggetti formidabili: i cosiddetti enti paritetici (che il senatore Roilo ben conosce perché ha partecipato al convegno della Commissione nazionale dei CPT svoltosi l’anno scorso), che visitano le aziende; i RLST (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali), soggetti di parte che aiutano lavoratori e imprese; la Cassa edile; l’ESEM (l’Ente Scuola Edile di Milano) e così via.
Il problema – lo diciamo da anni – è che ciascuno fa per sé. La Guardia di Finanza opera da sola, l’Ispettorato del lavoro fa altrettanto, così le ASL ed i Carabinieri. Occorrerebbe studiare a livello territoriale come introdurre strumenti di coordinamento effettivo. Quando quattro anni fa, dopo una manifestazione degli edili sotto gli uffici della Regione, facemmo un incontro con il dottor Pavesi, all’epoca responsabile regionale dell’ufficio del lavoro, scoprimmo situazioni emblematiche sulla presenza e la capacità dell’Ispettorato del lavoro. In Lombardia c’erano 800 ispettori del lavoro, di cui una parte peraltro impiegata negli uffici, mentre il fabbisogno stimato all’epoca per arrivare ad avere un minimo di controllo era di almeno 1.600 ispettori.
Tenete presente che da analisi effettuate insieme alle ASL risulta che il settore della prevenzione, quando va bene, raggiunge il 5 per cento dei cantieri a Milano, Provincia e Regione. Quindi c’è un problema di risorse e di uomini, ma anche un problema di formazione, di strumenti e di innovazione della formazione, che non può più essere fatta come una volta. Oggi esistono strumenti che permettono di cogliere alcuni aspetti attraverso il processo informatico. Questo è un punto sul quale soffermarsi.
Per quanto concerne i requisiti minimi di impresa, è necessario porre in essere una legislazione adeguata, diversamente le cose non cambieranno. Sono anni che affermiamo che per diventare imprenditore edile basta andare alla camera di commercio, versare 130 euro e aprire un’azienda. Se non viene avanzata una proposta legislativa che modifichi le condizioni in base alle quali un soggetto diventa imprenditore edile, tutto il resto è più difficile.
Occorre inoltre tenere conto di un altro elemento. Gli accordi pattizi sono fondamentali, come è stato detto, ma presentano due problemi. Il primo è quello della cogenza: mentre nel settore pubblico riusciamo a far rispettare questi patti, nel privato, anche con riferimento alle grandi opere, non ci riusciamo. Il secondo problema è rappresentato dalla necessità di dotarsi di strumenti di verifica anche per gli accordi pattizi. Siamo ormai nel 2010 e probabilmente occorre porre in essere tutti insieme qualche verifica per adeguare questo tipo di contrattazione, assolutamente innovativa e fondamentale.

PRESIDENTE
Per quanto concerne la rottamazione, la nostra Commissione si è attivata sia aprendo un confronto con il Ministero dell’economia sia votando ufficialmente una risoluzione in Aula relativamente alle macchine nell’edilizia e nell’agricoltura.
Anche per quanto riguarda il problema del massimo ribasso negli appalti abbiamo preso una posizione ufficiale, perché al di là della norma europea appare indispensabile trovare una formula (se necessario aprendo anche una vertenza con l’Unione europea, come ho avuto modo di sostenere in Aula nel corso della mia relazione) che ci consenta di operare perché il massimo ribasso produce effetti devastanti. Ho sottolineato questo aspetto perché lo Stato è sensibile al problema e su questioni importanti cerca di intervenire nel modo migliore, a volte riuscendoci, a volte meno, e comunque quando non riesce non demorde ma insiste.
Vi ringrazio per l’apporto fornito ai nostri lavori.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane



Intervengono, su delega del presidente Assimpredil-ANCE Milano, il dottor Luca Botta; su delega del presidente Assolombarda, il direttore generale, signor Antonio Colombo e la signora Spagnuolo; su delega del presidente API Milano, la dottoressa Raffaella Salvetti; su delega del presidente CNA Milano, il segretario, dottor Marco Vicedomini; su delega del presidente Unione artigiani provincia di Milano-CLAAI Milano, il signor Pasquale Maiocco; il presidente APA Confartigianato Monza, signor Giovanni Barzaghi ed il vice segretario generale signor Vittorio Tonini; su delega del presidente ALI Legnano, il direttore generale, dottor Alberto Duvia ed il funzionario responsabile area ambiente e sicurezza, dottoressa Elena Riva; su delega del presidente Unione commercio, turismo, servizi e professioni provincia di Milano, il direttore Welfare, dottor Francesco Guarini e il responsabile servizio sindacale, signor Paolo Pagaria; su delega del presidente LEGACOOP regionale cooperative e mutue Lombardia, il dottor Dario Vedani.

PRESIDENTE
Ci scusiamo per il ritardo, purtroppo inevitabile in queste occasioni per l’impossibilità di contingentare il tempo degli interventi.
Abbiamo cercato di fare una panoramica molto ampia sul tema in discussione per cogliere le problematiche esistenti sul territorio, per far sentire più vicine le istituzioni agli operatori e agli amministratori locali e perché siamo convinti che per conoscere meglio i fatti bisogna recarsi in loco. Solo così è possibile capire come stanno effettivamente le cose e quindi avanzare proposte migliorative.
Al momento siamo in procinto di attuare il nuovo Testo unico, che ancora è in una fase di studio, e quindi stiamo cercando di valutare e comprendere le eventuali problematicità che la sua applicazione può comportare. Talune di esse sono già state evidenziate in audizioni tenutesi in Senato o nel corso delle varie missioni sul territorio e ora gradiremmo venire a conoscenza delle vostre riflessioni su questo come su altri temi.

BOTTA
Sono uno dei vice presidenti dell’Assimpredil-ANCE Milano. Ho concentrato le mie riflessioni sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in quanto il settore che rappresento e l’ordine del giorno inviatoci riguardano entrambi questo argomento.
Da parte nostra cerchiamo di fare il massimo per la prevenzione. Insieme agli artigiani e i sindacati del settore abbiamo tre enti bilaterali, di cui probabilmente avrete già sentito parlare dai rappresentanti dei lavoratori che ci hanno preceduto. Questi enti sono la cassa edile, l’ESEM e il CPT. La cassa edile fa più di 1.000 verifiche l’anno, mentre il CPT effettua oltre 4.000 interventi mirati sulla sicurezza. Insieme ai responsabili della Direzione provinciale del lavoro di Milano abbiamo realizzato un progetto di notifica preliminare elettronica. Ciò significa che per ogni cantiere, localizzato con un sistema GPS, sarà possibile disporre di una situazione aggiornata in tempo reale di tutti i lavoratori presenti al suo interno. La cassa edile, contemporaneamente, dovrebbe iniziare a sperimentare il sistema di verifica di accesso ai cantieri – per noi altro elemento importantissimo – attraverso la scheda regionale sanitaria, che essendo dotata di chip registra immediatamente il passaggio del lavoratore attraverso la porta del cantiere, o attraverso qualsiasi altro strumento dotato di banda magnetica o di meccanismo similare. In sede di prefettura abbiamo realizzato un ottimo protocollo con la Provincia per tutti gli appalti superiori ad una certa cifra e ne abbiamo fatto un altro con il Comune di Milano. Per i lavori pubblici sta già funzionando, mentre per i lavori privati dobbiamo cercare di realizzarlo al meglio, anche perché – questo forse è l’aspetto più importante – vorremmo riuscire a prevedere per il nostro settore una barriera all’ingresso. Oggi è possibile recarsi alla camera di commercio e dichiarare di essere costruttori edili per venire immediatamente registrati come impresa di costruzione. Questo, a nostro avviso, non è accettabile. Un barbiere giustamente deve avere una qualifica per poter tagliare i capelli e la barba, laddove un costruttore può andare in camera di commercio con un documento di identità e qualificarsi come impresa di costruzioni.
Insieme agli artigiani e ai sindacati, stiamo cercando di portare avanti un progetto (ovviamente non può che essere una legge dello Stato, non ci sono dubbi) che ci aiuti a qualificare il costruttore e quindi a prevedere una barriera all’ingresso, che deve essere di tipo formativo e di tipo economico- finanziario, cioè prevedere la disponibilità di attrezzature per non consentire che dal giorno alla notte ci si possa qualificare come costruttore. Questo per non ritrovarci, come oggi accade, con 600.000 imprese di costruzioni delle quali non sappiamo esattamente quante in realtà hanno un minimo di struttura, un’organizzazione. Siccome riteniamo che sicurezza, formazione e qualificazione siano legate da una sorta di fil rouge, questo ci potrebbe aiutare nell’obiettivo.
I dati degli infortuni INAIL aggiornati ad aprile 2009 (pur premettendo che anche solo un infortunio, ancor peggio se mortale, è superiore a quello che dovrebbe essere l’obiettivo ottimale) dimostrano che il trend rispetto al 2008 e al 2007 è lievemente migliorativo (i dati sono quelli della Provincia di Milano). Questo ci fa pensare che il lavoro che insieme agli artigiani e ai sindacati stiamo portando avanti sta dando qualche frutto.
Concludo dicendo che uno dei progetti dell’Assimpredil-ANCE per il prossimo futuro è teso a cercare di diffondere la cultura della sicurezza non solo presso gli associati, ma anche presso tutto quel mondo che ci gira attorno, quindi professionisti, architetti, avvocati, rivolgendoci anche alle scuole superiori tecniche (a Milano esiste un liceo dell’edilizia, poi ci sono tutti i ragazzi che studiano per diventare geometra). Se riusciamo a diffondere una cultura della sicurezza fin dalla scuola media superiore, quando i ragazzi arriveranno sul posto di lavoro saranno sicuramente più preparati.

BARZAGHI
Intervengo in rappresentanza di APA Confartigianato imprese di Monza. Vorrei ribadire il pieno consenso a ciò che è stato detto sulla sicurezza, ma in modo particolare vorrei riprendere il tema dell’accesso alla professione. Come camera di commercio è opportuno che si faccia un sforzo in tal senso. Infatti per quei lavori (in modo particolare il settore dell’impiantistica) che già hanno ottenuto criteri di accesso ben definiti si sono registrati miglioramenti oltre che della sicurezza anche della qualità delle persone che lavorano nei cantieri.
La formazione e il consenso con i sindacati ha fatto sì che i cantieri, specialmente di lavori pubblici di grande entità, segnassero il passo sugli incidenti, con una effettiva diminuzione a seguito anche di una grande formazione.
Vorrei ribadire la necessità di rimanere sul tema della formazione e della normativa, anche perché i dati delle nuove imprese nel settore dell’artigianato (le CPA) sono abbastanza preoccupanti. In quest’ultimo anno le nuove imprese che vengono formate in tutti i settori, in modo particolare nel settore edile, sono per oltre il 25 per cento extracomunitarie.

SPAGNUOLO
Intervengo in rappresentanza di Assolombarda. Per quanto riguarda l’industria manifatturiera, si riscontra un calo del 10 per cento degli infortuni denunciati in quest’ultimo periodo nel nostro territorio (fonti della Regione Lombardia, dell’INAIL e delle ASL). Questo è sicuramente un dato importante che testimonia il rilevante impegno della nostra associazione nel coinvolgere quanto più possibile gli imprenditori, insieme a tutti i referenti aziendali, per fare in modo che la prevenzione possa funzionare sempre più in modo positivo ed efficace. Questo obiettivo ci ha portato ad investire in attività che sono state rivolte, soprattutto in questi ultimi tempi, direttamente agli imprenditori.
È un impegno di tutto il sistema confederale: proprio oggi a Varese si sta svolgendo un incontro organizzato da Confindustria in attuazione del progetto SIS (Sviluppo impresa in sicurezza), che risponde alla logica di coinvolgere il top management aziendale, perché è da loro che ci si può aspettare l’attuazione di interventi migliorativi e di investimenti che possano riguardare organizzazione, gestione e comportamenti.
Credo che oggi qualche risultato positivo anche nella riduzione degli infortuni sia dovuto proprio a questo forte impegno che si sta mettendo in atto sul versante degli imprenditori e che è partito da Milano. Sia il progetto di Confindustria, sia le attività sviluppate dall’Assolombarda da una quindicina di anni hanno come obiettivo quello di lavorare in modo forte sul versante delle imprese, anche in sinergia con i soggetti pubblici del territorio.
Alcune brevissime considerazioni per quanto riguarda il Testo unico, che chiaramente necessita ancora di approfondimenti per poter essere pienamente applicativo. Segnalo i numerosi rinvii alla Commissione consultiva permanente. Quest’ultima avrà come obiettivo la definizione di alcuni criteri applicativi come per esempio la qualificazione delle imprese negli appalti (nei due interventi che mi hanno preceduto è stato chiarito quanto tale concetto sia importante e significativo) o per la valutazione del rischio stress-lavoro correlato. La Commissione consultiva è un punto di riferimento sicuramente strategico nell’emanazione degli aspetti applicativi. Mi permetto di sottolineare la necessità che essa possa lavorare tempestivamente e in modo efficace. Sappiamo che la numerosità dei suoi componenti non sempre agevola questo tipo di meccanismo, però sui temi che ho accennato in precedenza è necessario che si adoperi al più presto per definire un contesto di «certezza del diritto».
Per quanto riguarda la diffusione della cultura della sicurezza, si accennava prima alla sua importanza nel mondo della scuola. Noi come Assolombarda abbiamo recentemente avviato con la direzione scolastica regionale un bando per le scuole secondarie, al fine di agevolare e facilitare negli allievi una riflessione sul concetto di sicurezza in generale, prima ancora che sulla sicurezza sul lavoro, della quale non hanno in questo momento alcuna idea e alcun elemento di stretta connessione. Si tratta di un progetto che attiene soprattutto alla percezione del rischio e alla modifica dei propri comportamenti in relazione al contesto. Stiamo in sintesi lavorando in modo molto ampio su tutte le tipologie di attività e di situazioni che possano portare ad un incremento della prevenzione nei vari settori.

GUARINI
Intervengo in rappresentanza dell’Unione commercio di Milano. Senz’altro sul piano infortunistico notiamo che l’andamento degli infortuni nel settore del commercio tende ad essere sempre più ridotto; nell’arco degli ultimi anni abbiamo registrato pochissimi casi. Le nostre imprese nel 95 per cento dei casi hanno meno di dieci dipendenti, per cui si trovano proprio in quel range che non fruisce del sistema INAIL.
Dal rapporto annuale risulta che solo 294.000 imprese su 3.600.000 hanno effettivamente bisogno della copertura tramite la struttura dell’Istituto nazionale delle assicurazioni, che obiettivamente in questa fase è troppo ricca rispetto alla mission dell’ente. Abbiamo constatato, anche con le ultime novità sulla possibilità che è concessa agli imprenditori di richiedere una riduzione del premio, che il nuovo modulo INAIL è più complicato, più sofisticato, tende a selezionare, non fornisce quei mezzi che servono nelle piccole imprese a fare prevenzione e cultura. Gli stessi aspetti problematici presenti nel decreto legislativo n. 626 li ritroviamo nel decreto legislativo n. 81. La prevenzione è obiettivamente un punto determinante, le risorse umane sono essenziali.
Il ministro Sacconi ha messo al centro del Libro bianco la tutela degli ambienti di lavoro. Noi siamo assolutamente concordi su questo, vorremmo però che ci fosse un’attenzione maggiore verso le PMI, che in questa fase di crisi sono interessate a dare prevenzione purché opportunamente sostenute.
Il meccanismo vede l’INAIL assolutamente coperta dal punto di vista dei costi. Non si capisce perché non si vogliano abbassare i premi; si tende ad essere molto attenti prima di concedere i benefici. C’è un atteggiamento aristocratico dell’ente che deve invece calarsi nella realtà. L’abbiamo notato anche qualche anno fa con il referendum. Obiettivamente è un ente che tesaurizza troppo rispetto alla funzione. Ha ottime risorse, ottimi funzionari, una struttura che può essere migliorata attraverso la tecnologia. Vive di rendite che probabilmente nel tempo andranno aggredite. Mi esprimo solo per la parte welfare perché per la parte sindacale il collega Pagaria vi potrà rappresentare quanto stiamo facendo sugli enti bilaterali che sono centrali nella nostra contrattazione.

PAGARIA
Anch’io intervengo in rappresentanza dell’Unione commercio della Provincia di Milano. Per quanto riguarda il sistema del commercio e del turismo nei servizi operiamo attraverso gli enti bilaterali, strutture che ovviamente conoscete bene e che hanno fra i loro scopi statutari quello della prevenzione degli infortuni e quindi della diffusione della cultura della sicurezza. In determinati settori, per esempio quello dei pubblici esercizi, operiamo in particolare con dipendenti extracomunitari.
Abbiamo cercato di adoperare, soprattutto nei confronti dei lavoratori che magari poco conoscono la lingua italiana, strumenti semplici e comprensibili. Quindi, oltre che nelle varie lingue di provenienza, anche con un italiano molto semplice, in modo tale da aumentare la conoscenza della nostra lingua, dando al contempo quelle competenze minime di base relative alla sicurezza sul lavoro e, in certi settori, alla sicurezza alimentare.
Un’altra iniziativa è già stata citata dalla collega di Assolombarda. Stiamo lavorando con la Regione Lombardia e con il provveditorato regionale agli studi per quanto riguarda la prevenzione e la formazione dei docenti nell’ambito scolastico, proprio perché è assolutamente necessario che fin dall’età scolastica il giovane capisca che la sicurezza coinvolge tutti gli ambiti, da quello della scuola a – un domani – quello lavorativo. Quindi l’impegno della nostra organizzazione è soprattutto sul versante della prevenzione.

SALVETTI
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza dell’API Milano. Il nostro gruppo sta lavorando molto sulla formazione sui luoghi di lavoro e sulla verifica dell’efficacia della stessa perché ci siamo resi conto che anche le imprese che da molti anni fanno formazione ai propri dipendenti hanno difficoltà, in taluni casi, ad avere un riscontro positivo.
Per questo abbiamo pensato di spostare la nostra attenzione sulla verifica dell’efficacia, cercando di creare con le nostre imprese associate dei test molto semplici per le verifiche di apprendimento e di coinvolgere i lavoratori a più livelli per fare in modo che siano sempre più parte attiva nei processi per la sicurezza.
Ci stiamo occupando altresì della formazione del personale straniero che è sempre più presente in tutti i settori manifatturieri. Se da un lato si può dire che la conoscenza della lingua italiana, per lo meno in forma verbale, è abbastanza diffusa, ci siamo resi conto che il passaggio alla comprensione della forma scritta è molto più difficile. Per questo ricorriamo a supporti audiovisi o a disegni, utilizzando quindi modalità di comunicazione differenti dalle solite.
Relativamente all’attenzione posta sulla sicurezza sui luoghi di lavoro è positivo che, malgrado la forte crisi che ormai da moltissimo tempo sta investendo le piccole e medie imprese, gli imprenditori mantengano comunque alto il livello di attenzione. Potrebbe essere visto come un dato scontato, ma dobbiamo considerare che in questo momento le imprese hanno difficoltà a pagare gli stipendi e ad arrivare alla fine del mese. Chiaramente l’imprenditore si trova in gravi difficoltà anche dal punto di vista psicologico nel portare avanti la sua azienda, quindi si è temuto che gli aspetti legati alla sicurezza, soprattutto sul fronte investimenti che avrebbero intaccato il capitale dell’azienda, potessero essere messi da parte. Invece gli imprenditori, fortunatamente, stanno utilizzando questi lunghi mesi di crisi, nei quali hanno loro malgrado più tempo da dedicare ad altri aspetti dell’azienda che non siano quello della mera produzione, per investire in sicurezza, facendo una maggiore e migliore manutenzione degli impianti e delle attrezzature e dedicando più attenzione alla formazione. Abbiamo riscontrato, infatti, un trend in significativo aumento della formazione in azienda, dato assolutamente positivo.

VEDANI
Signor Presidente, rappresento la LEGACOOP regionale cooperative e mutue Lombardia. La mia associazione comprende un ventaglio molto ampio di aziende che raccoglie quasi tutti i tipi di attività. In alcuni casi, ovviamente, aderiamo anche agli enti già preposti, ad esempio alla cassa edile cui faceva riferimento il dottor Botta, e quindi siamo presenti in settori nei quali, tutto sommato, esiste una certa attenzione alla prevenzione, all’educazione e alla formazione.
Esistono purtroppo molti altri settori in cui si incontrano grandi difficoltà e sui quali non siamo ancora in grado di avere dati quantitativi. A questo proposito, insieme all’INAIL abbiamo costituito un sistema di rilevazione a livello nazionale che dovrebbe riguardare solo le cooperative aderenti all’albo al quale è obbligatorio iscriversi dal 2004. L’INAIL non era nemmeno a conoscenza dell’albo e della sua funzione e quindi ci sono state alcune difficoltà. I primi dati parziali iniziano ad arrivare solo adesso e da essi sembrerebbe che il numero di infortuni non sia superiore a quanto ci si aspettava. Tali dati, però, andrebbero disaggregati perché ci sono interi settori assolutamente privi di qualsiasi controllo.
Voglio approfittare del fatto che siamo in un luogo deputato all’ordine pubblico per dire che ci sono settori, i cosiddetti labor intensive (dove per labor si intende un lavoro di basso contenuto professionale come il facchinaggio o altre attività simili), che ormai sono interamente esternalizzati.
Come diceva il dottor Botta è facile costituire un’impresa di costruzioni senza avere particolari requisiti, figuratevi una cooperativa di facchinaggio che non prevede né professionalità, né capacità economica, né disponibilità di altro tipo. In Lombardia e nella provincia di Milano più della metà delle numerose cooperative esistenti non aderisce ad alcuna centrale cooperativa di rappresentanza. Questo purtroppo è un mondo che sfugge ad ogni tipo di controllo sia dal punto di vista delle centrali cooperative che del Ministero del lavoro che, per carenza di organico, non effettua le revisioni biennali.
Sotto questo aspetto, ripeto, non ho dati riscontrabili ma il fatto che il tasso infortunistico sia molto elevato crea forti dubbi. Penso comunque che la ricetta giusta per intervenire sia quella che è stata data all’inizio: occorre che sia da parte dall’ente pubblico sia da parte di chi è preposto al controllo successivo vi sia una maggior attenzione. Infatti, trattandosi di attività dove la manodopera rappresenta oltre il 90 per cento del costo complessivo dell’impresa, è chiaro che questo meccanismo anziché rendere virtuoso chi opera in condizioni di controllo tende ad escluderlo dal mercato perché la sicurezza ha dei costi e le imprese e le cooperative regolari incontrano rilevanti difficoltà a fronte di un sistema di affidamento degli incarichi che gioca sempre più sul massimo ribasso e sul rispetto delle tariffe contrattuali complessive.

MAIOCCO
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza dell’Unione artigiani della provincia di Milano. Vorrei focalizzare la vostra attenzione sulla cultura della prevenzione per la quale l’Unione artigiani della provincia di Milano da tempo è impegnata in collaborazione con la ASL e la Direzione provinciale del lavoro. So che avete ascoltato anche il dottor Weber che sicuramente a tale riguardo vi avrà informato sugli incontri specifici che si sono tenuti non solo con gli artigiani che operano nel comparto edile, ma anche con quelli che operano in tutti gli altri settori dell’artigianato. La nostra Provincia è considerata la capitale d’Italia del comparto edile ma, nonostante ciò, ogni azienda non ha più di tre o quattro lavoratori. Capite che non è semplice svolgere questo lavoro e raggiungere le singole imprese, eppure abbiamo constatato una partecipazione massiccia agli incontri informativi e formativi volti alla costruzione di una cultura della sicurezza sul lavoro per raggiungere risultati sempre migliori.
I recenti dati dell’INAIL ci confortano in questo senso perché denunciano una sostanziale riduzione degli infortuni in tutto il settore dell’artigianato. Se poi consideriamo che oltre il 50 per cento di questi infortuni avviene in itinere credo che il risultato, ad oggi, possa essere ritenuto positivo. Certamente la guardia non deve essere abbassata anche se si tratta di un solo infortunio che riguarda una piccola impresa artigiana. Noi, come ha già detto chi mi ha preceduto, siamo anche fortemente impegnati nell’ambito della bilateralità, non solo quella che fa capo al comparto dell’edilizia ma anche quella che riguarda tutti gli altri mestieri e settori dell’artigianato. Per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni sul lavoro e il problema della sicurezza sui posti di lavoro, siamo attivi attraverso gli organismi paritetici territoriali ai quali la recente legislazione in materia ha assegnato uno specifico ruolo attraverso una regolamentazione relativa alla figura del rappresentante territoriale alla sicurezza o del rappresentante aziendale. Questo è l’impegno dell’Unione artigiani della provincia di Milano che auspichiamo di poter sviluppare ulteriormente per raggiungere sempre migliori risultati.

RIVA
Signor Presidente, rappresento l’Associazione legnanese industria.
Anche noi abbiamo potuto constatare che in seguito alla crisi, mentre ci si aspettava un calo di attenzione sul tema della sicurezza, la risposta è stata esattamente opposta. Infatti in questo ultimo periodo le richieste di momenti di formazione, sia a livello di vertice che di struttura aziendale, sono state numerose. Le aziende hanno colto questo momento per fare interventi a livello strutturale per mantenere o elevare il livello di sicurezza.
Per il resto sono in linea con gli interventi già svolti dai colleghi.

PRESIDENTE
Desidero ringraziarvi per il contributo dato ai nostri lavori. Avete evidenziato degli aspetti importanti della questione al nostro esame, che non sono in contraddizione con quanto ci è stato riferito dagli altri soggetti che abbiamo audito. Ciò significa che di fatto si sta portando avanti un percorso condiviso.
Il grande tema emerso dalle audizioni odierne è stato quello della cultura della sicurezza e della formazione. Posso affermare che la nostra Commissione, fin dall’inizio dei suoi lavori, ha affrontato questo come tema centrale, sul quale ci auguriamo che il Governo dia risposte tangibili dato che, come diceva il senatore Roilo, abbiamo già sottoposto la questione all’attenzione del Parlamento. Mercoledì prossimo il ministro Gelmini sarà presente nella nostra Commissione, essendo convinti che sia necessario inserire nei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado dei moduli didattici che si occupino della materia. Dobbiamo entrare nell’ordine di idee che la sicurezza è un valore e che va riconosciuto come tale, ma è difficile che una persona di cinquant’anni comprenda questa esigenza.
Ci auguriamo, visto che il Governo si è già mostrato favorevole a questo discorso, che vengano date le risposte necessarie, già in parte fornite dalla legge 3 agosto 2007, n. 123. Sapete bene come funzionano le scuole in Italia: ciascuna nella sua autonomia stabilisce un proprio percorso; non c’è l’obbligo di un’attività didattica in tal senso, tuttavia si lascia spazio alla sperimentazione per delle unità didattiche. Poiché riteniamo che questo non sia un tema facoltativo ma obbligatorio, la nostra aspirazione è fare in modo che la questione possa essere attenzionata nelle scuole di ogni ordine e grado.
Per quanto riguarda poi le parole quasi auliche usate in riferimento all’INAIL, la verità è che questo Istituto si vede passare i soldi davanti, perché questo tesoretto, autentico, non mediatico (in Italia si parla sempre di tesoretti ma l’INAIL lo possiede veramente), in realtà va a finire nella gran cassa del Tesoro. Ci stiamo sforzando su questo fronte, e non da oggi, di portare avanti un discorso serio legato alla premialità e continueremo a farlo. Lo stesso presidente Sartori si è mostrato disponibile ad un ragionamento di questo tipo. D’altronde lo conosco bene, perché anni fa facevamo parte della Commissione lavoro della Camera dei deputati e mi auguro pertanto che voglia dare una risposta in tal senso. Altro tema, che non vi riguarda direttamente ma vi coinvolge indirettamente in qualità di cittadini, è quello della tabellazione di alcune malattie professionali. Abbiamo una continua azione rivendicativa su ipotesi di malattie professionali che ormai sono più che ipotesi, considerate le sentenze in materia. In questo settore stiamo portando avanti un discorso ampio e articolato. Al riguardo potete consultare il sito del Senato, specificamente quello della nostra Commissione, e vedere quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo per creare un collegamento tra le varie iniziative, le vostre, ma anche le nostre. Abbiamo ascoltato i responsabili regionali della sanità della Provincia di Milano e del resto della Lombardia ed abbiamo rilevato la necessità di una sintesi che produca effetti positivi, ad esempio come scendere del 2 o del 3 per cento nel numero di infortuni. Mi riferisco ad una riduzione percentuale globale perché è evidente che vi sono settori dove il rischio è molto più elevato ed altri dove è minore. Abbiamo dati che mostrano un significativo contenimento del 3-4 per cento, anche se c’è ancora molto da fare.
Questa è l’azione che stiamo svolgendo, cercando di monitorare al meglio la situazione e di dare due risposte fondamentali. La prima è finalizzata a far sentire la vicinanza dello Stato con un rapporto più diretto, recandoci sui vari territori per dimostrare che i problemi che state vivendo li stiamo vivendo anche noi in termini trasversali; caratteristica importante della nostra Commissione è il fatto di lavorare senza far emergere quelle differenze che pure sono presenti nelle culture dei singoli componenti (abbiamo tanti altri campi in cui fare l’agone politico, non è necessario farlo in questo). La seconda risposta si concretizza in un lavoro diretto a migliorare la normativa esistente. Il Parlamento si è impegnato in tal senso con la legge n. 123 del 2007, con il decreto legislativo n. 81 del 2008 e con il decreto legislativo n. 106 del 2009, correttivo del Testo unico sulla sicurezza. La normativa quindi esiste, anche se c’è qualcosa da rivedere e sistemare; il tutto va monitorato in corso d’opera e questi incontri servono proprio per comprendere meglio la situazione e portare avanti azioni propositive.
Vi ringraziamo per aver partecipato ai lavori della nostra Commissione e per il contributo fornito agli stessi.
Dichiaro concluse le audizioni in titolo.
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Fonte: Senato della Repubblica