Cassazione Civile, Sez. Lav., 29 marzo 2011, n. 7137 - Analista chimico e amianto


 

  • Amianto

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE LAVORO

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente

    Dott. STILE Paolo - Consigliere

    Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere

    Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere

    Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

    ha pronunciato la seguente:

    ORDINANZA

     

    sul ricorso proposto da:

    C. R., elettivamente domiciliato in Roma, via A. Riboty n. 28, presso lo studio dell'avv. Susanna Paladino, rappresentato e difeso dall'Avv. Mussio Francesco, per procura a margine del ricorso;

    - ricorrente -

    contro

    ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avv.ti RICCIO Alessandro, Nicola Valente e Sergio Preden, per procura in calce al controricorso;

    - controricorrente -

    avverso la sentenza n. 138/2009 della Corte d'appello di Firenze, depositata in data 20.02.2009;

    udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 26.01.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. DESTRO Carlo.

     

     

    FattoDiritto

     

    Con ricorso al Giudice del Lavoro del Tribunale di Grossero, C.R. chiedeva la rivalutazione dei contributi ai sensi della Legge 28 aprile 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, essendo stato esposto all'amianto per periodo ultradecennale nell'azienda nella quale svolgeva mansioni di analista chimico.

    Il giudice di prime cure, sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica tecnico - ambientale, rigettava la domanda.

     

    Avverso tale pronuncia proponeva appello Ce. lamentando la carente valutazione delle risultanze istruttorie e chiedendo che gli fosse attribuita la richiesta rivalutazione contributiva relativamente al periodo 1971 - 1992.

     

    La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza depositata il 20.02.09, rigettava l'impugnazione, rilevando l'esaustività della consulenza tecnica espletata in primo grado e la correttezza dell'accertamento. L'elaborato peritale, che escludeva l'esposizione diretta all'amianto nei limiti richiesti dalla legge, non era validamente contestato in secondo grado, essendosi l'appellante solo limitato a dedurre di essere stato indirettamente esposto, avendo egli fallito la prova della manipolazione di materiali contenenti amianto.

     

    Il C. proponeva ricorso per cassazione deducendo il vizio di omessa, carente e/o contraddittoria motivazione, sostenendo che, per oggettive carenze della consulenza tecnica di ufficio, non sarebbero stati presi in considerazione gli elementi obiettivi forniti a proposito della manipolazione diretta dell'amianto e non sarebbe stata considerata la circostanza che per alcuni colleghi di lavoro del ricorrente sarebbe stata riconosciuta l'esposizione nei termini richiesti dalla legge.

     

    Rispondeva l'INPS con controricorso.

     

    Il Consigliere relatore, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., depositava relazione che, assieme al decreto di fissazione dell'adunanza della camera di consiglio, era comunicata al Procuratore generale ed era notificata ai difensori costituiti.

     

    L'INPS ha depositato memoria.

    Nonostante il giudizio sia iniziato nel 2004, il ricorso - presentato alla notifica il 22.2.10 (cadente nella giornata di lunedi') a fronte di sentenza depositata il 20.2.09 - è tempestivo.

    L'articolo 155 c.p.c., comma 5, (introdotto dalla Legge n. 263 del 2005, articolo 2, comma 1, lettera f), che proroga al primo giorno non festivo il termine in scadenza nella giornata di sabato, originariamente applicabile solo ai giudizi instaurati successivamente al 1 gennaio 2006, e' infatti applicabile anche al caso di specie grazie alla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 58, comma 3, che estende la norma anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006 (Cass. 15.3.10 n. 6212 e 3.07.09 n. 15636).

     

    Tanto premesso, deve rilevarsi l'infondatezza del ricorso per la carenza della sua formulazione.

     

    Manca, infatti, il requisito dell'autosufficienza, non essendo precisato con un pur minimo grado di analiticità quale fosse il contenuto dell'accertamento peritale, quali fossero gli elementi posti a disposizione del consulente e quali le omissioni valutative nelle quali lo stesso sarebbe incorso.

    A questa carenza consegue l'insufficienza della sintesi dei passi della pronunzia impugnata contestati e, in particolare, delle ragioni per cui la motivazione non sarebbe idonea a giustificare la decisione, che l'articolo 366 bis c.p.c. impone siano descritte in maniera chiara ed esauriente.

    Il ricorso è, dunque, infondato e deve essere rigettato.

    Le spese di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

     

    P.Q.M.

     

    LA CORTE

    rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.