Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 3, 05 aprile 2011, n. 7721 - Infortunio mortale per il ribaltamento del muletto e risarcimento negato 
 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32234-2006 proposto da:

L.A.M. (Omissis), C. G. (Omissis), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AGRI 3, presso lo studio dell'avvocato MORMINO IGNAZIO, che li rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

contro

R. M., C. A., R. S., I. C. S. D. S.R.L.;

- intimati -

 

avverso la sentenza n. 1449/2005 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 21/10/2005, depositata il 28/11/2005 R.G.N. 10/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/02/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l'Avvocato MORMINO IGNAZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso con il rigetto del ricorso.

 

 

Fatto

 

1.- Il (Omissis) il (Omissis) C.P. morì, sul luogo di lavoro, a causa del ribaltamento del muletto (motocarriola abilitata al trasporto di kg. 2000) alla cui guida stava trasportando, lungo una forte discesa con pendenza fino al 41%, un carico di sabbia di kg. 960.

I congiunti - già costituitisi parte civile nel procedimento penale nel quale erano stati assolti con sentenza divenuta irrevocabile l'amministratore della società datrice di lavoro, il direttore tecnico ed il capocantiere - agirono giudizialmente per il risarcimento nei confronti degli stessi e della curatela della società fallita (le persone fisiche convenute resistettero).

 

2.- Il tribunale di Termini Imerese ne rigettò la domanda con sentenza del 20.11.1999 e la corte d'appello di Palermo il gravame, con sentenza n. 1449 del 2005, sui sostanziali rilievi (a) che i convenuti erano stati assolti "perchè il fatto non sussiste" dalla violazione delle norme antinfortunistiche, sicchè in ordine all'esclusione della relativa responsabilità la sentenza aveva autorità di giudicato nel processo civile; (b) che la responsabilità da colpa generica, benchè il relativo accertamento non fosse precluso dalla formula assolutoria "il fatto non costituisce reato" adottata in ordine al delitto di omicidio colposo, doveva in concreto essere esclusa per essere l'evento riconducibile all'incauto comportamento della stessa vittima.

 

3.- Ricorrono per cassazione i soccombenti sulla base di due motivi.

 

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

 

 

Diritto

 

 

1.- Col primo motivo del ricorso è denunciata violazione degli articoli 651, 652 e 654 c.p. e articolo 2909 c.c., nonchè ogni possibile tipo di vizio della motivazione da omesso esame di circostanze decisive.

Si sostiene che, avendo la corte ritenuto che era stata dedotta anche la responsabilità extracontrattuale dei convenuti, la sentenza di assoluzione (n.d.e.: dalle violazioni antinfortunistiche) con la formula "il fatto non sussiste", non precludesse comunque l'accertamento della responsabilità ex articolo 2043 c.c..

 

2.- Col secondo motivo è denunciata violazione degli articoli 2909 e 2043 c.c. e, ancora, ogni possibile tipo di vizio della motivazione da omesso esame di circostanze decisive.

 

Si imputa alla corte d'appello di non aver condotto un autonomo esame delle risultanze processuali, in particolare omettendo di considerare: che il c.t.u. nominato in sede civile aveva affermato "che l'incidente non era certamente avvenuto a seguito di un' erronea manovra del de cuius" (cosi il ricorso, a pag. 11, undicesima e dodicesima riga), ma per "l'inidoneità del mezzo (muletto Dumpex 1000) all'esecuzione del lavoro commesso, in relazione alla particolarità del lavoro stesso ed alla natura scoscesa del terreno in cui è stato utilizzato" (sempre a pagina 11, poco più avanti); che se il mezzo fosse stato dotato da una tettoia di protezione, pur non prescritta dalla disposizioni antinfortunistiche, il suo ribaltamento non avrebbe provocato lo schiacciamento del conducente (pag. 12 del ricorso, in fine).

 

3.- Le censure, che possono essere congiuntamente vagliate, sono infondate.

 

La corte ha sostanzialmente e correttamente escluso, in relazione al disposto dell'articolo 652 c.p.p., che la colpa da violazione di legge fosse autonomamente valutabile in sede civile in relazione all'avvenuta assoluzione dei convenuti, con la formula "perchè il fatto non sussiste", dai capi di imputazione relativi all'aver permesso l'uso del mezzo in quelle condizioni di luogo, con quel tipo di caratteristiche meccaniche e senza una tettoia idonea a proteggere il guidatore (del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 169, 168 e 182).

Ha poi esaminato - appunto compiendo l'autonomo scrutinio delle complessive risultanze del processo penale e di quello civile, com'era doveroso fare - se il fatto fosse ascrivibile ai convenuti sotto il profilo della colpa generica (dunque da negligenza, imprudenza o imperizia), pervenendo alla conclusione che l'evento era riconducibile alla condotta imprudente della stessa vittima.

Ha in particolare ritenuto, in esito alla completa disamina delle risultanze e con motivazione niente affatto insufficiente o contraddittoria, che il ribaltamento era stato provocato da un'errata manovra del conducente, che aveva provocato il repentino sbilanciamento del mezzo in un contesto che avrebbe richiesto "una guida particolarmente attenta, a bassissima velocità (dell'ordine di pochissimi km/h), utilizzando la marcia più bassa e facendo un costante uso dei freni", come ritenuto dal c.t.u. a pag. 22 della relazione.

Si tratta, com'è del tutto evidente, di un apprezzamento di fatto, non reiterabile in sede di legittimità.

 

3.- Il ricorso è respinto.

Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.

 

P.Q.M.

 

 

LA CORTE DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso.