SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Seduta 78, mercoledì 20 aprile 2011

Audizione dei rappresentanti dell'associazione italiana esposti amianto (A.I.E.A.), sezione Val Basento

Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono, in rappresentanza dell'Associazione italiana esposti amianto (A.I.E.A.), Sezione Val Basento, il dottor Mario Murgia, Presidente, il dottor Rocco Regina, Segretario, e la dottoressa Anna Maria Virgili, Presidente dell'A.I.E.A. del Lazio.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione italiana esposti amianto (A.I.E.A.), Sezione Val Basento.
Sono oggi presenti il dottor Mario Murgia, Presidente dell'Associazione, il dottor Rocco Regina, Segretario, e la dottoressa Anna Maria Virgili, Presidente dell'A.I.E.A. del Lazio.
Avverto che della seduta odierna sarà redatto e pubblicato il Resoconto stenografico.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Saluto i nostri ospiti e lascio subito la parola al dottor Murgia.

MURGIA
Signor Presidente, nel documento che illustrerò sono sintetizzate tutte le relazioni che in questi anni abbiamo prodotto per seguire i lavoratori dello stabilimento ex EniChem di Pisticci Scalo, che negli anni '80 aveva una forza lavoro di oltre 3.000 dipendenti diretti e 2.000 maestranze esterne. Lo stabilimento nacque per la produzione di fibre tessili. In seguito sono nati gli stabilimenti Montefibre di Acerra e Casoria e lo stabilimento del comparto fibre di Ottana, nel centro della Sardegna.
Complessivamente ci interessiamo di stabilimenti che hanno dato lavoro, negli anni '80-'90, a circa 11.000 persone.
Lo stabilimento di Pisticci, essendo nato nel 1962, è quello che per primo ha evidenziato determinate problematiche di malattie legate all’amianto; avrebbe potuto dunque essere inserito nell'atto d'indirizzo ministeriale del 2002 che certificava l’esposizione dei lavoratori all’amianto ai fini del riconoscimento dei relativi benefici previdenziali, ma si preferì, per delle decisioni a livello nazionale, inserire invece lo stabilimento di Brindisi, in quanto - si disse - nello stabilimento di Pisticci le maestranze dirette provenivano da esperienze di altri stabilimenti e potevano, in virtù della loro età lavorativa, essere accompagnate alla pensione con cassa integrazione e mobilità. Purtroppo, ciò ha comportato l'esclusione di tanti lavoratori dai benefici previdenziali, ma anche, se vogliamo, dall'inizio di una sorveglianza sanitaria che laddove avviata in una fase precedente avrebbe forse evidenziato prima delle patologie in atto, di cui i lavoratori non erano ancora a conoscenza.
A dire il vero, l'EniChem, prima di abbandonare lo stabilimento di Pisticci, produsse nel 1998 una relazione tecnica in risposta ad un questionario INAIL, che evidenziava quali tipi di amianto venivano utilizzati e quindi indicava la presenza di amianto nello stabilimento in tutte le sue forme e specie. Questo documento CONTARP-INAIL ed EniChem è rimasto tuttavia segreto: i lavoratori non ne erano a conoscenza. In virtù di quello che abbiamo potuto constatare una volta avuto modo di conoscerlo, possiamo affermare che la struttura preposta ad accertare l’esposizione all’amianto, la CONTARP-INAIL (Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione regionale), alla luce delle risultanze in esso contenute e in virtù del mandato ministeriale, avrebbe dovuto appurare con delle ispezioni nell'ambito dello stabilimento l'entità della presenza di amianto e allo stesso tempo in quali impianti esso veniva utilizzato. Tutto ciò non è stato fatto.
Successivamente, si è arrivati a dei riconoscimenti, ma soltanto dopo che dei gruppi di lavoratori si sono coordinati e hanno iniziato a denunciare i fatti avviando azioni legali. Rileviamo oggi che su 5.000 persone, 1.850 hanno inoltrato in tempo utile, ovvero entro il 15 giugno 2005, la domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali: 660 di questi lavoratori hanno ottenuto il riconoscimento dei loro diritti a seguito di trattative successive con le forze sociali e con le organizzazioni sindacali, facendo riferimento ad un protocollo simile a quello dello stabilimento di Brindisi.
Questi 660 lavoratori sono stati avviati a sorveglianza sanitaria a partire dal 2006. Successivamente l'Associazione, in virtù delle disposizioni del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, ha fatto in modo, attraverso protocolli d'intesa con la Regione Basilicata, che la sorveglianza sanitaria venisse estesa a tutti i lavoratori ex esposti, prevedendo altresì, con un protocollo specifico, che per lo stabilimento EniChem si analizzasse non solo la presenza di amianto, bensì di tutte le altre sostanze tossiche e nocive a cui i lavoratori venivano esposti.
Ad oggi sono circa 1.700 su 5.000 i lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria. Tra questi, 230 casi sono stati segnalati dalla medicina del lavoro in quanto portatori di patologie sospette da approfondire. Molti casi gravi, in cui sono state riscontrate patologie maligne, vengono segnalati direttamente al centro oncologico di Rionero, realizzando così una sorveglianza oncologica preventiva. A questi 230 casi sono da aggiungere i numerosissimi casi che in questi anni l'Associazione ha ricostruito, sia attraverso il passaparola, sia a seguito di specifici convegni in cui venivano date informazioni. Ciò ha fatto sì che molte persone, soprattutto le vedove, prendessero coscienza di quello che poteva essere accaduto ai loro familiari.
Come Associazione registriamo ad oggi, su 260 casi di patologie tumorali che abbiamo elencato, oltre a 160 casi di decesso. La maggior parte delle famiglie dei deceduti, circa il 90 per cento, non ha ricevuto alcun genere di aiuto, né da parte delle organizzazioni sindacali, né da parte delle istituzioni provinciali e regionali. Si è trattato di casi di decesso di lavoratori di età compresa tra i 50 e i 70 anni, con nuclei familiari maturi, con figli grandi da far studiare; le vedove quindi hanno dovuto portare avanti il peso della famiglia. Attualmente stiamo sottoponendo a nuovi controlli anche queste ultime e purtroppo registriamo casi di malattia anche tra loro.
Fino ad oggi l'Associazione italiana esposti amianto si è occupata di inoltrare le richieste dei primi certificati medici, aspetto di cui avrebbero dovuto occuparsi i medici di famiglia, che invece sono stati inadempienti.
Se l'avessero fatto, ottemperando alle disposizioni di cui all'articolo 139 del Testo Unico, come aggiornato dal decreto ministeriale del 27 aprile del 2004, queste patologie sarebbero emerse prima. Producendo i certificati medici di questi lavoratori, l'Associazione ha potuto recuperare una trentina di casi che stiamo seguendo sotto il profilo della malattia professionale e del riconoscimento dei benefici previdenziali, nonché con ricorso giudiziario contro l'azienda per danni materiali. Purtroppo l'INAIL non accetta casi postdatati, cioè non analizza i casi di morte quando siano passati più di tre anni e 150 giorni. Esiste tuttavia una circolare INAIL del 2005 ove si specifica che la scadenza dei predetti termini decorre dal momento in cui un familiare ha preso coscienza delle cause della malattia.
Indirettamente, ciò significa che non esiste una scadenza dei termini per le morti premature. Non riusciamo quindi a capire perché l'INAIL della Regione Basilicata respinga, senza neanche analizzarli, i primi certificati medici.
In virtù di quello che abbiamo sinteticamente evidenziato, chiediamo di verificare se da parte dell'INAIL, alla luce delle conoscenze e delle informazioni di cui l'Istituto disponeva, non vi sia stato un abuso di atti d'ufficio, giacché riteniamo che con le sue omissioni si sia reso colpevole del dramma che ha colpito tante famiglie della Val Basento. Infatti, se quelle ispezioni fossero state fatte a tempo debito, la società avrebbe avviato a sorveglianza sanitaria i lavoratori già a partire dalla fine degli anni Novanta e forse si sarebbe potuta dare qualche speranza di vita in più ad alcuni di loro.
Chiediamo anche di sapere per quale motivo, agli inizi del 2009, siano state inspiegabilmente interrotte - ritengo con un fermo ministeriale - le trattative sulle posizioni relative ai lavoratori di impianto. L'INAIL affermò all'epoca che non avrebbe più potuto riconoscere altre posizioni lavorative e che aveva esaurito il proprio mandato, nonostante l'ENI avesse dichiarato che anche per determinate posizioni lavorative di impianto era ammesso il riconoscimento.
La nostra Associazione in questi anni si è occupata dei ricorsi giudiziari di centinaia di lavoratori presso il Tribunale di Matera e la Corte d'appello di Potenza per l'istruzione delle CTU (consulenze tecniche d’ufficio), ottenendo il riconoscimento da CTU e corte d'appello di posizioni che l'INAIL aveva rigettato. Abbiamo presentato oltre 3.000 pagine di documenti, una sintesi dei quali è contenuta nel CD-ROM che abbiamo allegato agli atti che depositeremo. Poiché come Associazione vogliamo interessarci delle malattie professionali e dei molti casi di decesso, abbiamo chiesto che il Ministero intervenga presso la Direzione centrale prestazioni affinché riprendano le trattative, perché ormai quelle posizioni che l'INAIL non aveva riconosciuto lo sono state dalla giustizia.
Eviteremmo così uno sperpero di soldi per l'erario. Ricordo infatti che ogni sentenza, tra corte d'appello e tribunale di primo grado, comporta una spesa di circa 7.500 euro. Chiediamo quindi che si riapra un tavolo di concertazione per il riconoscimento di queste posizioni lavorative che la giustizia ha ormai riconosciuto.
Purtroppo il caso dello stabilimento sardo è ancor più emblematico: parliamo di 6.000 persone, di cui 4.000 lavoratori diretti, tra EniChem e Montefibre, e 2.000 indiretti. Di questi solo 285 hanno inoltrato in tempo utile la domanda. Non esiste sorveglianza sanitaria, nonostante la Regione Sardegna abbia previsto, rinviandolo da un anno all'altro, uno stanziamento specifico di 1,5 milioni di euro. L'anno scorso, ad ottobre, è stato firmato un protocollo d'intesa per uno stanziamento di 300.000 euro, ma non riusciamo a capire perché non siano stati ancora messi a bilancio: ciò è vergognoso. Solo quindici giorni fa abbiamo ricevuto un comunicato dalla ASL 3, in cui si evidenziava che anche in mancanza di questi contributi avrebbero comunque iniziato ad attrezzarsi per la sorveglianza sanitaria.
In virtù delle denunce che come Associazione Val Basento abbiamo fatto a sostegno dei lavoratori dello stabilimento di Pisticci Scalo e considerato che lo stabilimento di Ottana è nato 12 anni dopo, e quindi ancora non si è giunti al picco nel manifestarsi delle patologie, la sorveglianza sanitaria sarebbe fondamentale. Purtroppo non si sta facendo niente e devo registrare responsabilità territoriali di ogni tipo: è inspiegabile che, nonostante la documentazione e i dati che abbiamo fornito ed evidenziato, non si muova niente per prevenire queste malattie e sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori di Ottana che, purtroppo, in taluni casi sono costretti a lavorare pur in presenza di patologie o, là dove debbano sottoporsi a cure, a recarsi fuori dalla Sardegna. In Basilicata, almeno sotto questo profilo, qualcosa si è mosso.
Voglio poi evidenziare l'aspetto della responsabilità politica del datore di lavoro. Per quanto riguarda la Basilicata, la sorveglianza sanitaria ricade interamente sulla Regione. Ritengo però che sarebbe il caso di intervenire nei riguardi dell'ENI, anche perché quest'ultima è presente in Basilicata per l'estrazione petrolifera, quindi lo Stato accorda delle royalties per l'estrazione del petrolio. Sarebbe opportuno che a queste si aggiungessero i fondi di sorveglianza sanitaria, dal momento che le estrazioni, come si è visto anche nell'insediamento EniChem di Pisticci, portano purtroppo degli strascichi non indifferenti. Tra l'altro, è stata pubblicata recentemente su «Scienza Medica» un'indagine che evidenzia i 44 siti nazionali a rischio non solo per i lavoratori, ma anche per i residenti.
Ebbene, il sito della Val Basento è il primo della lista, quindi tutto conferma quello che la nostra Associazione sta denunciando da diverso tempo.
Chiediamo che questa Commissione valuti, in virtù di quanto abbiamo sottolineato, l'opportunità di inserire lo stabilimento di Pisticci nell'atto d'indirizzo ministeriale, prevedendo la riapertura dei termini. Non dovrebbe essere un atto d'indirizzo ministeriale uguale a quello emanato in altri tempi, ma dovrebbe essere frutto di uno studio epidemiologico. Infatti sappiamo che ogni insediamento industriale, se si vuole convivere con l'evoluzione moderna, porta all'utilizzo di sostanze tossiche e nocive; ogni sostanza ha un carico di tossicità e quindi ogni insediamento implica una valutazione dei casi che potrebbero verificarsi. Normalmente il rapporto tra i casi attesi e i casi riscontrati deve essere uguale a uno. Noi chiediamo che venga fatta una valutazione al riguardo; se risulterà che per lo stabilimento di Pisticci si sono superati questi valori ciò vorrà dire che la società EniChem non ha utilizzato nella maniera corretta le sostanze e non ha informato i lavoratori dei pericoli che correvano e delle protezioni che dovevano utilizzare.
Signor Presidente, vorrei infine evidenziare un altro aspetto che ritengo importante. Nel documento elenchiamo 160 casi di decesso, per i quali il medico di famiglia avrebbe dovuto emettere il certificato di malattia professionale. L'INAIL interviene al riguardo con il riconoscimento della malattia professionale per lavoratori in chemioterapia da oltre tre anni, emettendo il certificato medico di malattia professionale solo dal mese successivo alla denuncia: il lavoratore e la sua famiglia cosa devono fare? Devono denunciare il medico? Riteniamo che in questi casi sarebbe corretto, piuttosto, che la malattia professionale venisse riconosciuta dall'INAIL dal momento della prima diagnosi. Questa è la nostra richiesta.

PRESIDENTE
La ringraziamo, dottor Murgia, per questo spaccato non certo edificante che ci ha offerto. Desidero assicurarle che la Commissione, per quanto di propria competenza, assumerà le opportune iniziative in merito. Come lei saprà, non abbiamo una competenza specifica per l'amianto, comunque ci occupiamo delle malattie professionali e in questo senso siamo coinvolti. L'articolo 3, lettera i), della delibera istitutiva della Commissione, recita: «La Commissione accerta la congruità delle provvidenze previste dalla normativa vigente a favore dei lavoratori e dei loro famigliari in caso di infortunio sul lavoro». Ci riserviamo quindi di poter operare proficuamente e stabilire le iniziative da assumere.
Nella sua relazione, ci ha parlato di una serie di inadempienze, negligenze e ritardi. Vorrei sapere se la vostra Associazione ha coinvolto al riguardo anche altri soggetti, nella fattispecie la procura della Repubblica competente.

MURGIA
Abbiamo fatto un esposto denuncia.

PRESIDENTE
Quando è stato fatto questo esposto denuncia e che seguito ha avuto?

MURGIA
Abbiamo fatto l'esposto denuncia a giugno dell'anno scorso.
Siamo stati contattati dal comando dei Carabinieri, nucleo investigativo della Direzione provinciale del lavoro, a cui abbiamo fornito l'intera documentazione e rilasciato ulteriori dichiarazioni. Quello che sappiamo è che il nucleo investigativo ha chiuso l'indagine e relazionato alla procura.
Che cosa stia facendo la procura non è dato sapere, ma lamento che l'anno scorso abbiamo accertato dieci casi di carcinomi polmonari in lavoratori che poi sono deceduti. Altrove sarebbero stati considerati omicidi colposi, in Basilicata non so come si debbano chiamare.
È nostra intenzione conoscere quali provvedimenti si stiano adottando al riguardo da parte della procura, perché se non sarà sufficiente l'esposto denuncia dovremo, tramite i famigliari delle vittime, passare ad una azione legale. Vorrei anche evidenziare che è compito del medico di famiglia produrre, oltre al primo certificato medico, un documento che informi lo SPRESAL, la Direzione provinciale del lavoro, il Registro nazionale dei mesoteliomi (Re.Na.M.) e il Centro operativo regionale (COR). Lo SPRESAL, che è dotato di polizia investigativa, dovrebbe informare la procura della Repubblica. Se in questi anni tale catena non ha funzionato, molto probabilmente è perché è mancata la compilazione del primo certificato da parte del medico di famiglia. Oggi purtroppo registriamo tanti casi che non sono stati denunciati: è questo uno dei motivi per cui non vi è stato il dovuto coinvolgimento dello SPRESAL nel rapporto con la procura della Repubblica.

PRESIDENTE
Ci sono mai state azioni penali?

MURGIA
No.

PRESIDENTE
Come mai?

MURGIA
Nella documentazione in formato digitale che abbiamo allegato è evidenziato che negli stabilimenti di Acerra e Casoria, simili per lavorazioni a quello di Pisticci, la Montefibre ha sempre negato l'esistenza di amianto. Sono state fatte denunce dai famigliari dei lavoratori ed è in corso un procedimento penale presso la procura di Nola. Dallo studio epidemiologico effettuato risulta che al 2001 i lavoratori deceduti fossero 327 su 2.340, di cui 307 con causa di morte certa.

PRESIDENTE
Cercheremo di fare del nostro meglio per fornire delle risposte, ma quello che non riesco a comprendere è come mai i familiari delle persone decedute non abbiano intrapreso alcuna azione di rivalsa giudiziaria.

MURGIA
Come avrà modo di leggere nella documentazione, il caso più allarmante è quello dello stabilimento di Ottana in Sardegna, dove alcuni lavoratori che stiamo seguendo continuano a lavorare, seppure con patologie conclamate. L'INAIL rifiuta di riconoscere la svestosi ad un lavoratore che ha presentato certificato medico, perché dichiara che la società non gli ha comunicato la presenza di amianto. La «pistola fumante» è la svestosi, perché svestosi significa esposizione massiva. Non ci dobbiamo meravigliare se nel Meridione purtroppo avvengono queste cose.
La nostra Associazione è nata per creare un ponte con il Nord Italia. Istruendo i ricorsi e formulando le richieste di riconoscimento per le malattie professionali, stiamo sopperendo alle negligenze e alle carenze informative che purtroppo in questi anni vi sono state. Presso la nostra Associazione è presente anche uno sportello amianto cui affluiscono persone da tutta la Regione.

PRESIDENTE
Lasciando da parte il ruolo della vostra Associazione nazionale, particolarmente attivo e dinamico nella Val Basento, quello che non riesco a comprendere - e sarebbe opportuno capire - è come mai, di fronte a tante morti, che verosimilmente sono state fatte risalire ad esposizione all'amianto, non siano state promosse azioni giudiziarie.

REGINA
Le stiamo cominciando a fare, Presidente.

PRESIDENTE
Ma questi lavoratori sono morti già da tempo. Dobbiamo capire bene questo fatto, premesso che questa sede non è un tribunale. Nella documentazione che ci avete consegnato sono riportate le date dei decessi e alcuni risalgono a qualche anno fa.

MURGIA
Anche a 16 anni fa.

PRESIDENTE
È una lunga storia di decessi.
Il fatto è che denunciate una certa disattenzione da parte di tutti gli organismi territoriali, anche se in realtà mi sembra che non siano stati tutti coinvolti, dal momento che la polemica maggiore o comunque la rivendicazione più cogente che è emersa attiene al fatto che l'INAIL non ha accolto le richieste avanzate dai lavoratori o che voi avete inoltrato per gli stessi. Non si riesce a capire però come mai la magistratura sia stata coinvolta solo molto marginalmente, ad eccezione di un esposto denuncia.

MURGIA
Abbiamo presentato un esposto denuncia, ma stiamo raccogliendo le adesioni dei familiari per fare un ricorso giudiziario contro l'EniChem per i danni materiali, anche se - come ho evidenziato nella relazione - manifestiamo l'esigenza di uno studio epidemiologico. Se vogliamo arrivare ad uno studio epidemiologico in tempi rapidi deve esservi il coinvolgimento diretto della procura della Repubblica. A questo punto faremo in modo che vi sia.
Dal marzo del 2009, quando è nata l'Associazione Val Basento, abbiamo cercato di recuperare dei casi, di mettere a punto degli strumenti e abbiamo ottenuto che si rispettasse il protocollo sanitario. In seguito all'applicazione di quest'ultimo sono emersi ufficialmente alcuni dati: oggi è un dato acclarato che tantissimi lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria hanno contratto le patologie che noi denunciavamo. Abbiamo ottenuto il riconoscimento ufficiale di certi casi e, quindi, come Associazione siamo nelle condizioni di portare avanti una denuncia diretta alla procura della Repubblica. Prima non c'erano i presupposti, perché - ripeto - ci siamo costituiti in associazione nel 2009 e - come evidenziato nella documentazione - questo è il primo ricorso che stiamo preparando per il caso postdatato (per il quale cioè sono passati più di tre anni e 150 giorni) di una morte prematura, che l'INAIL ha rigettato senza neanche prenderlo in esame. Quindi, come associazione abbiamo iniziato a preparare i documenti necessari per denunciare il fatto. Se l'INAIL continuerà a non accoglierlo, faremo un ricorso direttamente contro l'Istituto, con riferimento alla circolare che ho prima citato. È nostra intenzione, disponendo ora dei dati ufficiali forniti dal dipartimento sanitario, oltre a quelli raccolti dall'Associazione, muoverci per una denuncia diretta alla procura della Repubblica.

PRESIDENTE
Credo che questa sia la strada maestra da seguire.

REGINA
Signor Presidente, vorrei rispondere più direttamente a quello che lei ha chiesto. Ci siamo trovati di fronte ad un'ignoranza generale per cui le famiglie che avrebbero dovuto sporgere denuncia dopo la morte dei propri cari sono state da più parti scoraggiate, persino dal sindacato, il quale suggeriva di non andare avanti perché era trascorso il termine di legge, così come era stato interpretato, oppure perché non era ben chiaro come dovessero definire il rapporto legale. Le famiglie non si sono mosse anche per la preoccupazione, che questa gente nutre costantemente, vivendo spesso solo con la pensione o addirittura con la pensione residua, di dover anticipare le spese legali. Ad incoraggiarle è l'Associazione.

DE LUCA (PD)
I rappresentanti dell'A.I.E.A. ci hanno illustrato una situazione oggettivamente drammatica, anche per i molti ritardi culturali rispetto ad alcune questioni, perché avviene spesso che rispetto al lavoro vi sia una tendenza a nascondere. Non entrerò nel merito, anche per le giuste osservazioni che faceva il Presidente rispetto all'attività intrapresa. Da questo documento si evince che sono state presentate una serie di interrogazioni da parte di colleghi parlamentari, tra cui la senatrice Antezza qui presente. Alla luce di tutte le audizioni che abbiamo svolto e per il ruolo che questa Commissione riveste, coglierei l'occasione per avviare una serie di audizioni specifiche dei soggetti interessati, proprio per avere un momento di confronto rispetto ad una situazione che, al di là della Val Basento, riguarda anche altre zone, quali la Campania e la Sardegna.
Ricordo che questa Commissione ha svolto un lavoro prezioso, con la sua relazione annuale in Aula, proprio rispetto al problema dell'amianto, sia ai fini di un'azione di prevenzione sul piano generale, sia rispetto alle malattie professionali. Rappresentando la posizione del Gruppo del Partito Democratico all’interno della , ritengo quindi necessario avere un'audizione in materia con l'INAIL, l'ENI e i rappresentanti dell'EniChem; non disdegnerei anche l'invito specifico a qualche rappresentante delle procure competenti.
Certo, rispetto alle morti sul lavoro si tende a coprire tutto, semmai perché qualcuno garantisce qualcosa, ma poiché in questo caso siamo di fronte a dei numeri veramente tragici, credo sia opportuno intervenire.
Vi ringrazio per questo squarcio, ahimè negativo, che ci avete rappresentato.

ANTEZZA (PD)
Signor Presidente, desidero ringraziarla per l'attenzione e la sensibilità avute nel dare corso a quest'audizione richiesta dall'Associazione, che opera a livello nazionale ma anche a livello territoriale e in particolare in Basilicata. Alla luce del lavoro che questa Commissione ha svolto con la sua guida autorevole ed attenta e circa i punti che il senatore De Luca metteva in evidenza rispetto alla seconda relazione intermedia della Commissione, e quindi alla risoluzione che abbiamo approvato in Aula, mi associo alla sua richiesta di poter audire come legislatori, per la funzione che ha questa Commissione, tutti i soggetti coinvolti. Ciò anche per capire se l'INAIL a livello nazionale si pone in modo univoco rispetto ai vari territori. Non si può infatti assistere al fatto che l'INAIL riconosca alcuni benefici in determinate zone e non in altre; quantomeno che vi sia una interpretazione autentica delle circolari che l'Istituto emana (si faceva riferimento alla circolare del 2005, nella quale non è prevista la prescrizione per i casi di morte prematura, alla quale sul territorio non viene data una applicazione uniforme). Credo sia importante audire i vari soggetti, dall'INAIL, all'INPS, all'ASL, all'ENI, e chiamare a responsabilità le aziende per quanto riguarda i costi della sorveglianza sanitaria e, se vogliamo, anche per gli studi che si potrebbero fare sul territorio.
Credo altresì, signor Presidente, che come legislatori potremmo intervenire rispetto a discriminazioni che vengono fatte tra i lavoratori. Una di queste, riportata nella relazione, che mi ha colpita particolarmente e che ritengo insopportabile, è la discriminazione nei confronti di quei lavoratori che, pur continuando a lavorare sugli stessi impianti e con le stesse mansioni, ma avendo cambiato società (semplicemente perché la precedente è stata acquisita da un'altra) e non avendo raggiunto i dieci anni contributivi con la prima, hanno lavorato magari per nove anni e 11 mesi e si trovano esclusi dai riconoscimenti previdenziali.
Credo che tocchi a noi come legislatori far sì che la legge, i diritti e i doveri siano uguali per tutti. La Commissione potrebbe già impegnarsi perché questo non accada e quindi intervenire con modifiche ed integrazioni che evitino simili discriminazioni e disparità di trattamento tra i cittadini.
Allo stesso modo, potremmo lavorare per capire come far riconoscere a livello legislativo i benefici previdenziali ai lavoratori ex esposti, che hanno lavorato negli stessi ambienti, con le stesse mansioni, senza che costoro debbano ricorrere alle vie legali per avere il riconoscimento dei propri diritti. Sarebbe opportuno fare una valutazione di questo tipo: sappiamo bene che ciò ha un costo per lo Stato, ma credo che la vita dei cittadini non abbia prezzo e che vada loro riconosciuto ciò che è dovuto. Credo (lo potremo valutare meglio in seguito, anche alla luce degli approfondimenti che la Commissione potrà fare) che si possa immaginare un sopralluogo rispetto alle questioni che venivano sollevate sia in Basilicata, sia in particolare in Sardegna.
La ringrazio nuovamente, dottor Murgia, e spero che questa Commissione possa essere utile soprattutto a far sì che queste discriminazioni non ci siano più non soltanto in Basilicata, ma in tutto il Paese.

VIRGILI
Nel Lazio la nostra Associazione si è costituita da pochi mesi e devo dire che abbiamo riscontrato una situazione abbastanza grave dal punto di vista dei ritardi e delle omissioni, al punto che non esiste un piano di sorveglianza sanitaria. Dico questo in aggiunta a quanto osservato poc'anzi dal senatore De Luca, che ringrazio per averlo evidenziato, circa il fatto che la situazione è in effetti generale. A questo proposito, la nostra Associazione ha collaborato alla predisposizione di una legge regionale che affronti il problema dell'amianto nel suo complesso. La situazione delle omissioni e dei ritardi, infatti, è grave; recuperare questi ritardi ha anche dei costi notevoli, quindi quanto prima la Commissione valuterà queste nostre osservazioni, tanto meglio sarà non solo per la Basilicata ma per il quadro generale.

MURGIA
Volevo evidenziare che, anche se si tratta di stabilimenti ceduti ad altre società, poi chiusi e così via, l'ex stabilimento EniChem di Pisticci...

PRESIDENTE
Mi scusi, questo deve essere molto chiaro. Mi faccia capire questo aspetto perché per noi è determinante.

MURGIA
Lo stabilimento di Pisticci è nato come stabilimento ENI, successivamente frazionato e ceduto ad altre società. Molti di questi impianti, interessati dal problema, sono stati chiusi. Nello stabilimento di Pisticci c'è ancora un residuo di forza lavoro.

PRESIDENTE
Cerchiamo di essere più chiari: i reparti dove "si presume" che vi sia amianto - perché secondo il pensiero dell'INAIL dovremmo dire così - sono chiusi o funzionanti?

MURGIA
Sono tutti chiusi.

PRESIDENTE
Da quanti anni?

MURGIA
Da una decina di anni.

PRESIDENTE
Questo vale solo per lo stabilimento di Pisticci oppure anche per gli stabilimenti di Acerra e Ottana?

MURGIA
Vale anche per gli stabilimenti di Ottana e Acerra. Ad Ottana qualche impianto è ancora in funzione.

PRESIDENTE
Li hanno chiusi per questo motivo, cioè perché hanno riscontrato amianto?

MURGIA
No, sono stati chiusi perché superati.

PRESIDENTE
Per motivi industriali?

MURGIA
Sì. Ma l'ENI esiste, tant'è che il soggetto di riferimento per questi casi è sempre l'ENI.
Mi preme però evidenziare, forse perché ho rimarcato troppo il caso dell'amianto, che in stabilimenti chimici quali quelli di Pisticci, Acerra e Casoria, dobbiamo parlare di un cocktail di sostanze che, prese individualmente, potrebbero non essere tossiche per l'uomo - o almeno questo risulta dalle tabelle - ma, se miscelate e in presenza d'amianto, potrebbero in un certo qual modo essere nocive: di qui la necessità dello studio epidemiologico. Infatti, mentre la correlazione tra l'amianto e il mesotelioma è diretta ed accertata e la scienza medica oggi, con l'ausilio della tecnologia, è in grado di approfondire anche la correlazione con il carcinoma polmonare, per quanto riguarda il carcinoma allo stomaco, alla vescica e al colon-retto, questo può essere causato da un insieme di sostanze che individualmente potrebbero non dare origine al problema. Ciò contribuisce a complicare il riconoscimento della malattia professionale da parte dell'INAIL.
Vorrei invece sottolineare la bontà dello studio, realizzato nell'alveo delle indagini connesse al procedimento penale in corso ad Acerra, con il quale si è proceduto ad esaminare diverse aggregazioni di sostanze e solo dalla risultante casistica sono emerse certe malattie professionali. È pertanto necessario uno studio epidemiologico che faccia riferimento anche ad altre realtà produttive. Per lo stabilimento di Pisticci abbiamo avuto ad oggi, a nostra conoscenza (le sto parlando dei casi che siamo riusciti a farvi conoscere), 6 mesoteliomi e 30 carcinomi polmonari. Gli altri casi, compresi quelli postdatati, saranno presi in esame all'esito dei ricorsi amministrativi che stiamo iniziando ad operare. Tuttavia, ritengo molto importante che si dia avvio allo studio epidemiologico.

PRESIDENTE
Ancora qualche domanda per capire meglio. Non avete mai chiesto alla Regione Basilicata un incontro specifico per richiedere lo studio epidemiologico, essendo la Regione il soggetto che nella fattispecie dovrebbe incaricarsene?

MURGIA
Abbiamo chiesto alle organizzazioni sindacali regionali di promuovere un incontro all'assessorato della sanità della Regione Basilicata proprio per discutere di questo.

PRESIDENTE
Avete già fatto questo incontro?

MURGIA
No.

PRESIDENTE
Da quanto tempo l'avete richiesto?

MURGIA
Da un mese.

PRESIDENTE
È una richiesta recente. Allora ci sono buone speranze, perché è importante che sia fatto uno studio epidemiologico dalla Regione, essendo quest'ultimo un soggetto pubblico. A noi interessa questo.

MURGIA
Signor Presidente, vorrei che i dati sensibili contenuti nella relazione presentata, in merito ai casi di vittime accertati, fossero considerati riservati.

PRESIDENTE
La Presidenza accoglie la sua richiesta e disporrà la secretazione dei dati in questione.
Vorrei ringraziare gli auditi per il loro contributo, assicurando loro che la Commissione farà del suo meglio per contribuire alla risoluzione della vicenda, anche se si tratta di una questione che, pur ricadendo nel pieno nelle nostre competenze, esula dalla nostra consueta attività. Vi daremo notizia di quanto riusciremo a fare, ma se contestualmente anche voi riusciste a ridurre i tempi per procedere alle azioni giudiziarie, probabilmente potremmo giungere più celermente ad una soluzione. Per fare una denuncia non ci vuole una consulenza straordinaria o eccezionale.
Se ritenete che dei medici - come lei ha più volte ripetuto - si siano resi responsabili di omissioni, vi invitiamo a procedere legalmente, perché questa Commissione non è una sorta di sancta sanctorum, ma un soggetto istituzionale che cerca di fare - e speriamo di riuscirci al meglio - il proprio lavoro.
Con l'audizione odierna non ci state fornendo una delega, anche perché alla fine non avrebbe effetto. Noi offriremo sicuramente il nostro contributo - nei modi che definiremo assieme ai colleghi - anche sulla base di quanto è stato prima suggerito e proposto, ma sarebbe stato interessante poterci confrontare con le procure del territorio, anche se tali soggetti per il momento, fatta eccezione per un esposto, non sono stati coinvolti. Lo stesso riguarda altri soggetti istituzionali, come la Regione, che è sicuramente sensibile a questi problemi, perché non posso immaginare che esista in tutta Italia un solo assessore alla sanità che non sia sensibile a tali vicende. Solo che bisogna sollecitarli e magari attenzionarli sulla problematica, perché avremo bisogno probabilmente di confrontarci anche con loro. Non vorremmo trovare soggetti che ci vengono a dire di non saperne nulla. Quindi è meglio se ci muoviamo in sincronia, non solo con la vostra Associazione, che svolge un'attività meritoria e riconosciuta in tutta Italia, ma con gli interessati fondamentali, cioè le parti lese.
Soprattutto con riguardo all'azione penale, deve esserci necessariamente la parte lesa e anche da questo punto di vista un discorso per così dire pedagogico può essere funzionale. Peraltro diventa anche difficile sostenere una certa azione con determinazione quando gli stessi interessati hanno meno accelerazione di quanta dovrebbero avere. Cerchiamo di creare, magari anche con la nostra presenza, un clima di attenzione da parte della associazioni e delle istituzioni; sicuramente c'è attenzione da parte di questa Commissione.
Ringrazio nuovamente i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.


Testi non sono stati rivisti dagli oratori.
Fonte: Senato della Repubblica