Cassazione Penale, Sez. 4, 19 maggio 2011, n. 19679 - Mancata adozione di strumenti protettivi e infortunio


 

  • Dirigente e Preposto 
  • Dispositivo di Protezione Individuale
  •  

    Responsabilità di un dirigente della produzione e manutenzione presso una società che produce pasta di legno di pioppo per la carta per infortunio ad un lavoratore che operava quale addetto al controllo di produzione.

    La Corte d'appello ha osservato che l'infortunato (M.) era stato affidato al preposto V. D.; che in data (Omissis) era in atto l'operazione di travaso di acido solforico da una cisterna al serbatoio della società, operazione alla quale era addetto il V. , affiancato dall'apprendista M.; che per le operazioni di travaso era stata impiegata una pompa; che l'acido fluiva troppo lentamente e che l'imputato, sopraggiunto sul posto e vista la difficoltà dell'operazione, aveva ordinato di sospendere l'attività fino all'arrivo di un tecnico.

    La Corte di Appello ha conferentemente considerato che ne' M. ne' V. indossavano gli adeguati strumenti protettivi (maschera e mantella, pure presenti in azienda); che, dopo l'allontanamento del dirigente, V. e M. staccarono la tubazione di aspirazione dell'autocisterna, scaricarono in alcuni secchi l'acido presente dentro la pompa, avvolsero il manicotto che la univa alla tubazione ed aprirono il collegamento; e che detta apertura provocò la violenta fuoriuscita dell'acido solforico ancora contenuto nella tubazione, che venne a contatto con gli arti e con il viso del M., privi di protezione.

     

    La posizione del coimputato V. è stata definita con sentenza ex articolo 444 c.p.p..

      

    Condannato il dirigente in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perchè estinto il reato per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.

     

    La Suprema Corte afferma che la Corte territoriale ha rilevato come il dirigente, destinatario degli obblighi di sicurezza e consapevole del fatto che gli addetti al travaso non vestivano le prescritte protezioni - per avere direttamente assistito alla prima fase del travaso - doveva rispondere della mancata adozione degli strumenti protettivi.
    Proprio il mancato utilizzo degli strumenti protettivi deputati a scongiurare il contatto dell'acido con gli occhi e con il corpo - cautela espressamente prevista nel documento di valutazione dei rischi - è evenienza causalmente determinante rispetto alle lesioni in concreto riportate dall'infortunato.

    Inoltre l'ordine di sospendere le operazioni dato dall'imputato non era stato in realtà trasgredito, atteso che V. e M. avevano effettuato le attività di distacco delle tubazioni e di scarico della pompa che erano necessarie a tal fine; che proprio il malfunzionamento della pompa, verificatosi nel caso di specie, avrebbe dovuto imporre al personale addetto di indossare gli indumenti protettivi; e che M. stava agendo quale apprendista del V. , il quale a sua volta neppure indossava i prescritti indumenti protettivi.



     

     
     
    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE QUARTA PENALE

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. MARZANO Francesco - Presidente

    Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

    Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

    Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

    Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA

     

    sul ricorso proposto da:

    1) R. C. , N. IL (Omissis);

    avverso la sentenza n. 969/2006 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 11/11/2009;

    visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

    udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

    Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per inammissibilita' del ricorso;

    udito il difensore avv. Petretti Alessio.

     

     

    Fatto

     

    1. Il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 22 maggio 2006, resa all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava R.C. colpevole del reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso in data (Omissis) e lo condannava alla pena di giorni venti di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza in data 11 novembre 2009 confermava la sentenziata pronunciata dal primo giudice.

     

    2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione R. C. per mezzo dei difensori.

     

    La parte rileva che la posizione del coimputato V. D. è stata definita con sentenza ex articolo 444 c.p.p., e che altro coimputato, R. M., è stato assolto dal Tribunale.

     

    Ciò premesso, l'esponente deduce la violazione di legge in materia di formazione della prova; osserva al riguardo che le dichiarazioni rese da R. ai Carabinieri non risultano utilizzabili, perchè assunte nelle forme di sommarie informazioni testimoniali. Rileva la parte che, anche utilizzando dette dichiarazioni, dalle stesse si evince che l'imputato non ha sovrinteso all'operazione di travaso nel suo complesso, avendo impartito l'ordine di sospendere ogni attività, una volta appurato il mal funzionamento della pompa.

    Osserva l'esponente che V. contravvenne all'ordine ricevuto dal R., aiutato dal M. il quale era peraltro addetto al controllo del livello della cisterna superiore e non alle operazioni di travaso. E considera che una volta dato l'ordine di sospendere le operazioni di travaso, non vi era necessità per gli addetti di indossare le protezioni anti-acido.

    La parte rileva che l'operazione di che trattasi è di per sè semplice e che in condizioni normali non avrebbe dato luogo a problemi di sorta. Ritiene pertanto che sia accaduto un evento imprevedibile, cioè a dire: che V. abbia disatteso l'ordine di sospendere i lavori; e che si sia fatto aiutare, nella prosecuzione della attività, dal M., il quale avrebbe dovuto rimanere lontano dalla pompa, essendo adibito a diverse mansioni.

    Il ricorrente ribadisce l'eccezione relativa alla dedotta inutilizzabilità della dichiarazioni rese ai Carabinieri dal R., osservando che trattasi di questione distinta dal fatto che la difesa non neghi che l'imputato fosse presente sul posto.

    L'esponente rileva poi che la Corte di Appello ha affermato che l'operazione eseguita dagli operai, che ha causato l'infortunio, era connessa all'esecuzione dell'ordine di sospensione delle operazioni impartito dall'imputato; e sottolinea che detta deduzione non emerge dall'incarto processuale e che la Corte territoriale non spiega sulla base di quali elementi è giunta a tale conclusione. Infine, la parte rileva che l'ordine impartito dal R. era di sospendere le operazioni di travaso e non di staccare la pompa e che l'operazione effettuata - cioè il distacco della pompa - contraddice l'ordine impartito ed interrompe perciò il nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento verificatosi.

    La parte ha depositato memoria rilevando l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

     

    Diritto

     

    3. Si osserva, primieramente, che alla data del 29 marzo 2011 è maturato il termine prescrizionale massimo relativo al reato in iscrizione; pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali. Non di meno, la presenza della parte civile e l'intervenuta condanna in primo e secondo grado impongono a questa Suprema Corte, ai sensi dell'articolo 578 c.p.p., di pronunciarsi sulla azione civile; invero, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. U, sentenza n. 35490 del 28.5.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273), la pronuncia ex articolo 578 c.p.p., implica che, pur in presenza della causa estintiva, si proceda ad un esame approfondito di tutto il compendio probatorio, ai fini della responsabilità civile.

     

    4. Ciò premesso, è dato soffermarsi sul ricorso che occupa ai soli effetti civili, rilevando che il gravame risulta infondato e merita rigetto.

    4.1 L'eccezione processuale oggi reiterata dall'esponente risulta infondata.

    Invero, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che nel giudizio abbreviato, che si celebra con il materiale probatorio acquisito allo stato degli atti, sono utilizzabili dal giudice tutti gli atti confluiti nel fascicolo del pubblico ministero, ivi comprese le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria (Cass. Sez. 4, sentenza n. 10364 del 19.11.1996, Rv. 207147; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 29138 del 25.05.2004, dep. 02.07.2004, Rv. 229457). Nel caso di specie, peraltro, la Corte di Appello, soffermandosi specificamente sui motivi di censura dedotti dall'appellante, ha considerato che la dichiarazione resa nell'immediatezza del fatto da R. ai Carabinieri era certamente utilizzabile nell'ambito del rito abbreviato, tenuto conto della circostanza che nel momento in cui R. veniva sentito non erano neppure emersi elementi di responsabilità a suo carico. Occorre, poi, sottolineare che la Corte territoriale ha osservato che anche eliminando dal panorama probatorio le predette dichiarazioni, la presenza del R. sul luogo poco prima dell'evento emerge dalle deposizioni rese da V. e da Sc. E. - a margine di tale passaggio argomentativo - il Collego ha pure considerato che nella stessa ricostruzione dell'infortunio operata nell'atto di appello si evidenzia che R., dopo avere constatato il malfunzionamento della pompa, aveva impartito l'ordine di sospendere le operazioni di travaso dell'acido.

    4.2 Nel censire il compendio indiziario, legittimamente utilizzabile ai fini del giudizio, per le spiegate ragioni, la Corte di Appello ha quindi rilevato che l'infortunato M. A. operava quale addetto al controllo di produzione presso la s.r.l. P., società che produce pasta di legno di pioppo per la carta e che l'imputato R. C. era dirigente responsabile della produzione e della manutenzione. Il Collegio ha osservato che M. era stato affidato al preposto V. D.; che in data (Omissis) era in atto l'operazione di travaso di acido solforico da una cisterna al serbatoio della P. , operazione alla quale era addetto il V. , affiancato dall'apprendista M. ; che per le operazioni di travaso era stata impiegata una pompa; che l'acido fluiva troppo lentamente e che R. , sopraggiunto sul posto e vista la difficoltà dell'operazione, aveva ordinato di sospendere l'attività fino all'arrivo di un tecnico.

    La Corte di Appello ha conferentemente considerato che ne' M. ne' V. indossavano gli adeguati strumenti protettivi (maschera e mantella, pure presenti in azienda); che, dopo che l'allontanamento del R. , V. e M. staccarono la tubazione di aspirazione dell'autocisterna, scaricarono in alcuni secchi l'acido presente dentro la pompa, avvolsero il manicotto che la univa alla tubazione ed aprirono il collegamento; e che detta apertura provocò la violenta fuoriuscita dell'acido solforico ancora contenuto nella tubazione, che venne a contatto con gli arti e con il viso del M. , privi di protezione.

    La Corte territoriale ha rilevato che R., destinatario degli obblighi di sicurezza e consapevole del fatto che gli addetti al travaso non vestivano le prescritte protezioni - per avere direttamente assistito alla prima fase del travaso - doveva rispondere della mancata adozione degli strumenti protettivi. Il Collegio ha evidenziato, in particolare, di condividere le argomentazioni svolte dal primo giudice, il quale aveva ritenuto non rilevante che V. e M. avessero continuato ad operare anche dopo l'invito del R. ad attendere l'invito del meccanico. Sul punto, la Corte di Appello ha logicamente osservato che l'ordine di sospendere le operazioni dato dal R. non era stato in realtà trasgredito, atteso che V. e M. avevano effettuato le attività di distacco delle tubazioni e di scarico della pompa che erano necessarie a tal fine; che proprio il malfunzionamento della pompa, verificatosi nel caso di specie, avrebbe dovuto imporre al personale addetto di indossare gli indumenti protettivi; e che M. stava agendo quale apprendista del V. , il quale a sua volta neppure indossava i prescritti indumenti protettivi.

    4.3 Orbene, il percorso argomentativo sviluppato dai giudici di merito risulta pienamente conferente e perciò immune dalle dedotte censure; invero, risulta inequivocamente accertato che proprio il mancato utilizzo degli strumenti protettivi deputati a scongiurare il contatto dell'acido con gli occhi e con il corpo - cautela espressamente prevista nel documento di valutazione dei rischi - è evenienza causalmente determinante rispetto alle lesioni in concreto riportate dall'infortunato: ustioni di 2 e 3 grado, al volto ed al braccio sinistro, provocate dal contatto con l'acido solforico. In ordine alla imputazione soggettiva dell'evento, si osserva che la Corte territoriale ha chiarito che R. , specifico destinatario degli obblighi di sicurezza, nel caso concreto, era pienamente consapevole del fatto che il personale addetto non stesse utilizzando le prescritte protezioni, durante le operazioni di travaso dell'acido solforico; e che al predetto garante era, perciò, riferibile la mancata adozione degli strumenti protettivi di cui si tratta.

    5. Si impone il rigetto del ricorso agli effetti civili.

      

      

    P.Q.M.

      

      

    Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perchè estinto il reato per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.