Cassazione Penale, 21 dicembre 2010, n. 44883 - Responsabilità del direttore di una esercitazione militare di tiro per accidentale esplosione di una munizione e conseguente infortunio dell'assistente di tiro


 

Responsabilità del capitano di un reggimento genio guastatori dell'esercito per un incidente avvenuto durante un'esercitazione di tiro della quale era direttore: era infatti accaduto che la mitragliatrice utilizzata per l'esercitazione si era inceppata e nell'intento di riattivarla, l'imputato provocava l'accidentale esplosione di una munizione che colpiva ad una gamba il maresciallo assistente di tiro.

Condannato, ricorre in Cassazione - Rigetto.

Quanto alla contestazione sulla mancanza di una norma cautelare violata, la Corte d'appello considera correttamente che essa discende dalla normativa regolamentare che "prevede il preciso rispetto di aree di sgombero per l'effettuazione dei tiri con arma da fuoco". D'altra parte, il D.M. 14 giugno 2000, n. 284 richiamato dalla Corte d'appello regola proprio "la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro nell'ambito del Ministero della difesa", sicchè neppure può essere posta in discussione la contestata aggravante.

Per ciò che attiene alla responsabilità, continua la Corte, altrettanto correttamente il giudice di merito osserva che l'imputato, nella veste di responsabile dell'esercitazione, prima di imprimere un colpo sull'arma inceppata per riattivarla avrebbe dovuto appurare che l'area di tiro fosse sgombra. L'iniziativa del sottufficiale che si era portato nell'area di tiro per afferrare un sasso da usare per riattivare la mitragliatrice, sebbene improvvida, non costituisce un comportamento tanto esorbitante da interrompere il nesso causale.


 

 




LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Mar - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
1) F.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 379/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 28/01/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Salzano che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 

FattoDiritto

 

1. Il Tribunale di Pordenone ha affermato la responsabilità di F.G. in ordine al reato di lesioni colpose di cui all'art. 590 c.p.p., comma 3. La pronuncia è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Trieste che ha diminuito la pena, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena ed ha concesso quello della non menzione.


L'imputazione attiene ad un incidente avvenuto durante un'esercitazione di tiro in corso presso il terzo reggimento Genio guastatori di Udine. L'imputato, capitano dell'esercito, svolgeva la funzione di direttore dell'esercitazione che aveva luogo utilizzando una mitragliatrice. Essendosi l'arma inceppata, il F. poneva in essere manovre volte a riattivarla ed in particolare colpiva l'asta di armamento con un piede provocando l'accidentale esplosione di una munizione il cui il proiettile attingeva ad una gamba l'assistente di tiro maresciallo P. che, in quel frangente, si era portato davanti all'arma per raccogliere un sasso da utilizzare per sbloccare la mitragliatrice.

2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo diversi motivi.

2.1 Con il primo si lamenta che, pur evocandosi il regolamento del tiro a segno, non è stata individuata una specifica norma cautelare violata, sicchè neppure può compiersi il doveroso apprezzamento in ordine alla congruenza tra il rischio cautelato e quello concretizzatosi nell'evento. Per l'effetto non sussite neppure l'aggravante.
2.2 Con il secondo motivo la stessa questione viene prospettata sotto il profilo del vizio della motivazione: la Corte d'appello non ha risposto alla censura sulla mancata individuazione della norma cautelare in questione.
2.3 Con il terzo motivo si espone che non è stato provato che la vittima avesse espresso il proposito di prendere un sasso per sbloccare l'arma; e vi è inoltre la prova che l'imputato non aveva formulato una richiesta in tal senso al maresciallo. Si è trattato di un'iniziativa improvvisa ed autonoma della vittima che, peraltro, era consapevole del rischio, visto che l'arma non era in sicurezza.
2.4 Con l'ultimo motivo, infine, si argomenta l'imprevedibilità del comportamento del sottufficiale, tanto più che si trattava di professionista esperto con funzione di istruttore.

 

3. Il ricorso è infondato.

Esso tenta in larga parte di sollecitare impropriamente questa Suprema corte alla riconsiderazione del merito; ed a tal fine evoca isolati frammenti delle acquisizioni probatorie.
3.1 Quanto alla contestazione, la Corte d'appello considera correttamente che la disposizione cautelare violata discende dalla normativa regolamentare che "prevede il preciso rispetto di aree di sgombero per l'effettuazione dei tiri con arma da fuoco". D'altra parte, il D.M. 14 giugno 2000, n. 284 richiamato dalla Corte d'appello regola proprio "la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro nell'ambito del Ministero della difesa", sicchè neppure può essere posta in discussione la contestata aggravante.

3.2 Per ciò che attiene alla responsabilità, altrettanto correttamente il giudice di merito osserva che l'imputato, nella veste di responsabile dell'esercitazione, prima di imprimere un colpo sull'arma inceppata per riattivarla avrebbe dovuto appurare che l'area di tiro fosse sgombra. L'iniziativa del sottufficiale che si era portato nell'area di tiro per afferrare un sasso da usare per riattivare la mitragliatrice, sebbene improvvida, non costituisce un comportamento tanto esorbitante da interrompere il nesso causale.
D'altra parte, l'imputato era tenuto a controllare in ogni caso l'area antistante l'arma prima di porre in essere la già descritta condotta. Tali argomentati apprezzamenti sono conformi a consolidati principi in tema di disciplina della sicurezza del lavoro; ed attingono all'essenziale regola che il garante della sicurezza deve farsi carico anche delle possibili condotte imprudenti di altri soggetti coinvolti nella prestazione.


Il reato non è prescritto, considerata la sospensione del processo dal 24 ottobre 2006 all'8 maggio 2007.


Il gravame deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

 


P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2010