REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GRAZIA Benito R. V.
Dott. IACOPINO Silvana G.
Dott. LICARI Carlo
Dott. NOVARESE Francesco
Dott. COLOMBO Gherardo

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere


ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1) M.A., N. IL ***;
avverso SENTENZA del 20/05/2005 TRIBUNALE di PRATO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. COLOMBO GHERARDO;
lette le conclusioni del P.G. Dr. Favalli per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

M.A. ricorre contro la sentenza del Tribunale di Prato emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. il 20.5.04, per il reato di lesioni personali commesso il ***.

La sentenza impugnata da atto che il procuratore speciale e difensore del M. ha proposto istanza di applicazione pena ed ha insistito contemporaneamente per una pronuncia assolutoria ai sensi dell'articolo 129 c.p.p.. Rileva che la richiesta assolutoria non può essere accolta perché il reato è stato correttamente ascritto sia al datore di lavoro che al M.: la macchina sulla quale si è verificato l'infortunio è stata ceduta dalla TMT M. alla P. nel 1993, nello stato in cui era stata costruita nel 1985, e la stessa non ha subito, successivamente all'installazione sul luogo e fino al momento dell'infortunio, manomissioni o modifiche peggiorative in ordine ai dispositivi di sicurezza. Causa determinante del sinistro è stata la mancanza di dispositivi diretti a rendere inaccessibile per gli arti superiori l'ingresso nella zona di operazione degli organi in movimento o a determinare l'arresto immediato degli ingranaggi in situazioni di emergenza. La difesa non contesta la ricostruzione dei fatti, ma sostiene che nessun addebito può essere rivolto al M. perché, non essendo il costruttore- venditore della macchina in condizione di intervenire sul macchinario per rimuovere i difetti che ne provocano la pericolosità, l'infortunio dovrebbe essere attribuito al solo datore di lavoro. In effetti, però, Sezioni Unite del 20 gennaio 1991, n. 1003, e numerose pronunce successive hanno chiarito che, in relazione alle norme che impongono di dotare le macchine da lavoro dei dispositivi di sicurezza oggettivi, i costruttori delle macchine vanno considerati diretti e principali destinatagli delle norme. Essi quindi rispondono per propria condotta e colpa omissiva dei delitti attinenti agli infortuni causati dall'utilizzazione della macchina, se del caso ai sensi dell'articolo 113 c.p.p., unitamente al datore di lavoro.

Accoglie in conseguenza la richiesta di applicazione pena.

Il ricorrente propone un motivo. Premesso che, presentando richiesta di applicazione pena, ha insistito per l'emissione di sentenza di proscioglimento, segnalando come dovesse applicarsi l'indirizzo interpretativo di questa Corte secondo il quale le responsabilità del costruttore, del venditore e dell'installatore delle macchine vengano a cessare nel momento in cui queste sono state poste a disposizione del datore di lavoro (sono citate decisioni di questa Corte del 1983, del 1985, del 1995), assume l'assenza di qualsiasi responsabilità a carico proprio. Lamenta che il Giudice non ha accolto la prospettazione difensiva. Sostiene che l'interpretazione data dal giudice non convince, perché si attribuisce al costruttore e venditore una responsabilità per eventi verificatisi anche a distanza di anni dalla cessione del bene, quando egli non ne ha più la disponibilità e non può comunque intervenire sul macchinario.

In tema di patteggiamento questa stessa sezione ha affermato recentemente che "l'accordo intervenuto esonera l'accusa dall'onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l'accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d'imputazione), con l'affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all'art. 129 cod. proc. pen., per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all'art. 27 Cost." (Cass., 4ª, n. 34494 del 13/07/2006 Rv. 234824).

Questo essendo il principio, si rileva che, di fronte alla richiesta della difesa di valutare esplicitamente il caso con riferimento all'art. 129 c.p.p., il Giudice ha esposto nel dettaglio i motivi per i quali ha ritenuto la sussistenza del reato, adeguandosi esattamente, d'altra parte, alla giurisprudenza più recente di questa sezione, secondo la quale "il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su di lui incombente per il disposto dal D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 7), a meno che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento" (per esempio, nel caso di una totale trasformazione strutturale della macchina - Cass. 4ª, n. 1216 del 26/10/2005 Rv. 233174). Il ricorso è dunque manifestamente infondato e quindi inammissibile, al che consegue l'obbligo al pagamento delle spese processuali nonché, tenuto conto degli elementi di colpa rilevanti ex art. 616 c.p.p., della somma di Euro 1500,00 a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M

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dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2007.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2007